#cosa fare il fine settimana a lisbona
Explore tagged Tumblr posts
Text
"Fare il portoghese", il falso storico e l'elefante che visse in Vaticano
"Fare il portoghese", il falso storico e l'elefante che visse in Vaticano #portogallo #elefantevaticano
Spesso gli italiani scherzano col modo di dire “fare il portoghese” pensando, erroneamente di riferirsi a persone che (furbe) non pagano qualcosa. In realtà, sbagliano. Volete sapere la vera storia di questa espressione? Vi lascerà basiti e forse imbarazzati se l’avete usata spesso. La vera storia La storia di questa espressione rimonta a circa 500 anni fa durante il periodo delle scoperte…
View On WordPress
#alla scoperta del portogallo#annone elefante#blogger italiana portogallo#cosa visitare portogallo#curiosità portogallo#elefante albino portoghese in vaticano#elefante in vaticano#fare il portoghese#fine settimana in portogallo#gite fuori porta lisbona#in portogallo con lilly#italiani in portogallo#itinerario portogallo#leone X e portoghesi#liliana navarra#manuel I elefante vaticano#pillole di portogallo#Portogallo#portogallo curioso#portogallo curioso non turistico#portogallo e vaticano#portogallo imperdibile#portogallo in auto#portogallo insolito#portogallo non turistico#portogallo on the road#portogallo sconosciuto#portugal#scopri il portogallo con lilly#storia elefante portogallo
0 notes
Text
The one woth the physiotherapist
"Carina la tua ragazza. Com'è che si chiama?"
Era iniziata così la loro telefonata, quella mattina di novembre. Con Fabrizio che faceva una battuta, facendo la figura del fidanzato geloso, dopo aver visto su internet una foto di Ermal e una ragazza che da molti era stata definita la sua fidanzata.
Fabrizio non aveva potuto evitarlo. Nonostante il tour occupasse la quasi totalità dei suoi pensieri, nonostante lui stesso avesse frequentato altre persone in tutto quel tempo, quella frase era uscita dalle sue labbra velenosa come non mai.
"Carino il tuo fisioterapista. Com'è che si chiama?" rispose Ermal. Nella voce aveva la stessa punta di gelosia che Fabrizio aveva avuto un attimo prima. Anzi, forse un po' di più.
Ermal sapeva che i suoi dubbi erano piuttosto fondati, anche se non lo aveva mai detto apertamente, e non riusciva a capire con quale coraggio Fabrizio stesse facendo il geloso con lui quando ormai il loro rapporto era sfumato da mesi.
Era cominciato tutto a Sanremo, quando erano tornati in camera dopo la vittoria e Fabrizio lo aveva baciato.
C'era stato solo un bacio quella sera, niente di più, ed Ermal era convinto che sarebbe stato un episodio isolato. Erano partiti per gli instore, non si erano visti per settimane, e alla fine avevano smesso entrambi di pensare a ciò che era successo.
Ma poi si erano rivisti per girare la cartolina dell'Eurovision, ed era successo di nuovo. Anzi, era successo di più.
Al ritorno in albergo, Fabrizio aveva spinto Ermal contro la parete dell'ascensore, lo aveva baciato e poi gli aveva sussurrato: "Mi sei mancato" mentre le porte dell'ascensore si aprivano.
Ermal aveva mormorato: "Mi sei mancato anche tu" seguendo il più grande lungo il corridoio e poi, senza che lo avessero premeditato, si erano infilati entrambi nella camera di Fabrizio. C'erano stati i baci, gli ansimi, i sospiri e le insicurezze della loro prima notte insieme.
Ma non c'erano state parole. Non c'erano stare promesse che ciò che era successo avrebbe significato qualcosa, non c'erano state dichiarazioni struggenti.
C'era stato il sesso e la voglia di restare in quel letto insieme, ma niente di più.
Nonostante tutto però - nonostante la totale assenza di chiarimenti su una situazione che era fin troppo complicata - era successo altre volte.
Al Forum dopo il concerto di Ermal, a Lisbona per tutta la durata della loro avventura all'Eurovision, dopo la Partita del Cuore a Genova, ai Wind Music Awards a Verona pochi giorni dopo, dopo il concerto di Fabrizio all'Olimpico... insomma, ogni volta in cui si erano visti ed erano rimasti soli per più di dieci minuti, erano finiti a rotolarsi in un letto, sul divano di un camerino o a consumare una sveltina contro una parete.
Era andata avanti così per tutto quell'anno, anche durante i tour estivi. Non era stato facile, ma avevano trovato il modo e il tempo di vedersi nonostante gli impegni.
Con l'arrivo del nuovo anno, le occasioni di stare insieme erano diminuite ma per un po' erano comunque riusciti a portare avanti con una certa regolarità il loro rapporto. C'era stato modo di vedersi a Sanremo, poi c'era stato il tour di Ermal che gli aveva concesso un paio di giorni a Roma - e nello specifico, nel letto di Fabrizio - e l'ospitata ad Amici qualche settimana dopo.
Ma poi le cose erano cambiate.
Il disco di Fabrizio era uscito, portandosi dietro instore e impegni vari e riducendo quasi a zero le occasioni di vedere Ermal. E alla fine, senza che nemmeno se ne rendessero conto, il loro rapporto era mutato al punto tale che quando Ermal era andato ad Assago ad assistere al concerto di Fabrizio non si erano scambiati nemmeno un bacio.
Erano tornati ad essere amici e basta. Ammesso che prima fossero stati qualcosa di più.
Amici che, a quanto pareva, erano gelosi l'uno dell'altro ma pur sempre amici.
"È per questo che l'hai portata in giro come un trofeo? Per farmi ingelosire?" disse Fabrizio con un po' di fastidio, riferendosi all'amica di Ermal che ormai sempre più spesso veniva avvistata insieme a lui.
Era geloso pur sapendo di non averne alcun diritto. Ed era arrabbiato perché anche Ermal sembrava condividere quella gelosia, ma non glielo aveva mai detto apertamente.
Se lo avesse fatto, Fabrizio era certo che la situazione sarebbe stata diversa.
Aveva fatto tutto lui in quella loro assurda relazione. Ogni primo passo era partito da lui, Ermal lo aveva solo seguito a ruota. Così, quando si erano inevitabilmente allontanati, Fabrizio non aveva reagito.
Non perché non volesse, ma perché avrebbe voluto che per una volta fosse Ermal a fare un passo verso di lui.
Ermal non lo aveva fatto e Fabrizio si era convinto che fosse perché in fondo non gli importava poi così tanto di ciò che c'era tra loro. E così era andato avanti, lo aveva sostituito in un certo senso.
Ma non poteva fare a meno di sentirsi geloso quando vedeva Ermal con qualcun altro. E di sentirsi allo stesso tempo lusingato e infastidito quando Ermal dimostrava di essere geloso per gli stessi motivi.
"Perché avrei dovuto farti ingelosire? Non stiamo insieme. Siamo solo andati a letto qualche volta, giusto?" disse Ermal sulla difensiva e allo stesso tempo ponendogli una domanda a cui sperava che Fabrizio rispondesse che no, tra loro non era mai stato semplicemente un andare a letto qualche volta.
"Ermal..." sospirò Fabrizio.
"Che c'è, vuoi dire che mi sbaglio?" rispose il più giovane, con un tono che sembrava proprio voler supplicare Fabrizio di dirgli che si stava sbagliando.
"Non mi hai mai dato segno di volere di più" disse Fabrizio.
"Ah, no? Quindi pensi che io vada a letto con chiunque?"
"Non sto dicendo questo. Però non pensavo che per te fosse qualcosa di più. Ero convinto che fosse sesso e basta. Ne sono ancora convinto."
"Potrei dire la stessa cosa di te."
Fabrizio sbuffò di fronte a quell'accusa, nonostante fosse del tutto fondata.
"Bizio, non sbuffare. Sappiamo entrambi che hai voltato pagina piuttosto in fretta" lo accusò Ermal.
Aveva visto le storie su Instagram, le foto di Fabrizio e il suo fisioterapista. Conosceva Fabrizio abbastanza bene da capire che tra loro non c'era solo un rapporto amichevole.
"Non è come pensi" disse Fabrizio con un tono talmente basso che Ermal fu convinto di averlo immaginato.
"Cosa?"
"Non è come pensi" ripeté Fabrizio. "Tra me e Luca, dico. Non è come era con te."
"Vuoi farmi credere che non te lo porti a letto?"
"No. Ti sto dicendo che con lui è sesso e basta. Con te era... Era qualcos'altro."
Ermal rimase in silenzio, totalmente spiazzato da quella confessione.
Non c'era mai stato niente tra loro a parte il sesso, nulla che facesse intuire che di mezzo ci fossero anche dei sentimenti.
"Bizio, io..."
"No, senti, devo chiederti una cosa io ora" disse Fabrizio. Già che erano nel discorso, tanto valeva togliersi ogni dubbio.
"Dimmi."
"Cosa c'è tra te e quella ragazza?"
Per un attimo, Ermal fu tentato di non rispondergli o di dirgli di farsi gli affari suoi. Magari anche di fargli notare che se lui si portava a letto un'altra persona, poteva farlo anche lui.
Ma alla fine sospirò e disse: "Niente. È solo un'amica."
"Sei sicuro?"
Ermal annuì. "È una mossa di marketing. Pensano che se mi faccio vedere in giro con qualcuno, la gente parlerà. E i gossip fruttano quasi sempre, lo sai."
"Non pensavo fossi il tipo che si piega alle scelte di marketing" lo accusò Fabrizio.
"Preferirei farmi vedere in giro con te, se proprio ci tieni a saperlo."
Fabrizio non rispose.
Erano arrivati a un punto di stallo, in cui tutti e due avevano confessato qualcosa senza in realtà dire nulla.
"Non impanicarti, Bizio. Lo so che non si può fare" lo rassicurò Ermal, convinto che il silenzio di Fabrizio fosse dovuto ad una crisi di panico per la sua dichiarazione.
"Non mi sto impanicando. Sono sorpreso, tutto qua" rispose Fabrizio. Poi aggiunse: "Ora dovrei andare."
"Certo, non preoccuparti."
"Però vorrei continuare questo discorso. Magari possiamo parlarne quando finisco il tour" disse Fabrizio.
Sentiva il bisogno di continuare a parlare con Ermal, di capire cosa provasse per lui, cosa pensasse del loro rapporto.
Perché lui aveva provato qualcosa fin da subito, anche se non lo aveva mai ammesso, e anche se nel frattempo aveva frequentato altre persone.
E non poteva negare che, per quanto la situazione tra lui e Luca fosse divertente e piacevole, avrebbe sempre preferito stare con Ermal se solo ne avesse avuto l'occasione.
"Certo, quando vuoi. Ci sono sempre per te" rispose Ermal.
Non era una frase fatta. Ci sarebbe sempre stato per Fabrizio, anche se ci avesse impiegato anni ad andare da lui.
Era passato un po' di tempo prima che riuscissero finalmente a vedersi.
Il tour di Fabrizio era andato avanti per un altro mese, e poi c'era stato Natale.
La sera di Capodanno, però, Fabrizio era a Bari per partecipare a Capodanno in musica e sapeva che anche Ermal era a Bari in quei giorni, per passare le feste con la sua famiglia.
Sembrava un buffo scherzo del destino, visto che giusto un anno prima avevano partecipato a quell'evento insieme e poi Ermal aveva raggiunto Fabrizio in albergo per passare la notte con lui.
Quante cose erano cambiate in un anno.
Fabrizio sospirò mentre cercava il numero di Ermal in rubrica e avviava la chiamata.
L'evento era terminato qualche minuto prima e, mentre tutti erano intenti a scambiarsi gli auguri di buon anno, lui sentiva lo stomaco stretto in una morsa.
Ciò che sarebbe successo da lì a poco, la conversazione che avrebbe avuto con Ermal, sarebbe stata decisiva e avrebbe determinato in buona parte l'andamento di quel nuovo anno appena iniziato.
"Ehi" rispose Ermal al terzo squillo.
"Buon anno" disse Fabrizio.
"Vedremo se sarà buono oppure no. Dove sei?"
Si erano scambiati qualche messaggio prima dell'evento, avevano concordato di risentirsi più tardi e mettersi d'accordo per vedersi, e ora entrambi non vedevano l'ora di incontrarsi anche se erano terribilmente spaventati.
"In camerino. Posso essere da te tra una ventina di minuti" disse Fabrizio.
"Va bene, mandami un messaggio quando sei quasi qui ed esco. Ci vediamo all'inizio della strada. A casa di mia madre c'è tutta la mia famiglia e non voglio che sappiano i cazzi miei, almeno per ora" spiegò Ermal.
Fabrizio annuì comprensivo. Capiva la volontà di Ermal di nascondersi ancora per un po', considerato che non sapevano come sarebbero andate le cose.
Terminò la chiamata e si affrettò a recuperare le sue cose dal camerino, poi uscì in fretta e raggiunse la macchina.
Non si era nemmeno preso il disturbo di avvertire Claudio o uno qualsiasi dei suoi collaboratori. In quel momento erano tutti troppo impegnati a festeggiare, mentre lui era troppo impegnato a pensare a come raggiungere Ermal nel più breve tempo possibile.
Fortuna che nelle occasioni in cui era stato a Bari, Ermal gli aveva fatto vedere la città e anche tutte le scorciatoie per arrivare a casa di sua madre.
Quando arrivò all'inizio della strada, inviò un breve messaggio a Ermal e poi cercò di rilassarsi contro il sedile, ma senza successo.
Nelle ultime settimane non aveva fatto altro che pensare alla loro telefonata e a ciò che si erano detti.
Fabrizio non aveva avuto problemi ad ammettere che con Ermal non era mai stato solo sesso, così come Ermal non aveva avuto problemi a confessare che avrebbe voluto avere la possibilità di partecipare ad eventi pubblici con Fabrizio.
Si erano esposti entrambi, ma Fabrizio non era sicuro che fosse sufficiente.
In fondo il loro rapporto era cambiato e non poteva essere certo che sarebbe tornato tutto come prima.
"Ciao" disse Ermal aprendo la portiera e accomodandosi sul sedile del passeggero.
Fabrizio sorrise. "Dove andiamo?"
"Conosco un posto tranquillo. Ti spiego dov'è."
Tranquillo lo era davvero.
Ermal aveva dato a Fabrizio delle indicazioni precise e dettagliate che li avevano condotti fuori città, fino a un piccolo parcheggio da cui si vedeva il mare.
"Come conosci questo posto?" chiese Fabrizio spegnendo il motore.
"Quando stavo per prendere la patente, mia madre mi portava qui a guidare. Sai, per fare pratica."
Fabrizio sorrise, come faceva sempre quando Ermal raccontava qualche episodio della sua adolescenza. Gli piaceva sentirlo parlare di sé, sentirlo raccontare degli spaccati di vita di cui lui non faceva parte.
Aveva imparato a conoscerlo attraverso quei racconti.
"Che hai detto per convincere tutti quelli che ti stanno attorno a lasciarti tranquillo per un po'?" chiese Ermal, voltandosi verso di lui.
Fabrizio si strinse nelle spalle. "Niente. Non hanno bisogno di sapere tutti i cazzi miei."
"Ma hai almeno detto a qualcuno che ti saresti assentato per un po'?"
"In realtà, no" rispose Fabrizio scoppiando a ridere un attimo dopo e contagiando anche Ermal.
Era bello ridere insieme.
Quando succedeva, sembrava che per un attimo tra loro non fosse cambiato nulla.
Ma le cose tra loro erano cambiate eccome, e appena il momento di ilarità passò fu chiaro a entrambi che non potevano più fuggire da quella conversazione. Dovevano parlare, dovevano chiarire ciò che c'era tra loro e dovevano farlo definitivamente perché andare avanti in quel modo li stava distruggendo.
"Cosa intendevi quando hai detto che con me non era solo sesso, che era qualcos'altro?" disse Ermal facendosi coraggio.
Non era necessaria una laurea per capire cosa si nascondesse davvero dietro quelle parole, ma Ermal voleva che Fabrizio fosse chiaro e che non lasciasse spazio al minimo dubbio.
"Intendevo che non era una cosa che facevo così, tanto per svuotarmi le palle. Ogni cosa successa con te, è successa perché mi andava di farlo, perché dopo averti baciato la prima volta volevo farlo di nuovo, mi sembrava di non averne mai abbastanza. E ogni volta che passava troppo tempo senza vederci, mi sembrava che mi mancasse l'aria" disse Fabrizio puntando lo sguardo fuori dal finestrino, verso il mare.
Era convinto di non poter sostenere lo sguardo di Ermal in quel momento.
"Non me lo hai mai detto."
"Non credevo che per te fosse importante."
Ermal aggrottò la fronte confuso, ma rimase in silenzio. A quel punto Fabrizio si voltò verso di lui e aggiunse: "Avevo l'impressione che fossi solo io a muovere i fili di qualsiasi cosa ci fosse tra noi. Mi sembrava che tu ti adattassi e basta, che ti piacesse stare con me ma non così tanto quanto piaceva a me. E avevo paura che se ti avessi detto che provavo qualcosa, saresti scappato."
"Alla fine però ci siamo allontanati comunque."
"Lo so, anche se non riesco a capire quando e come sia successo."
"Già, nemmeno io."
Rimasero nuovamente in silenzio, entrambi con lo sguardo fisso davanti a loro facendo ben attenzione a non guardare l'altro.
Se fossero stato un po' più impulsivi, probabilmente la conversazione sarebbe finita lì. Si sarebbero gettati l'uno tra le braccia dell'altro e sarebbero finiti a fare l'amore - perché ormai di questo si trattava - sui sedili posteriori dell'auto.
Ma entrambi continuavano a crogiolarsi nei pensieri e nelle paure, al punto da avere timore anche solo a fare un sospiro di troppo.
"Credi che sia troppo tardi?" chiese Fabrizio dopo un po'.
Ermal sospirò. "Questo devi dirmelo tu, Bizio. Come stanno le cose con Luca?"
"Non stanno. Cioè siamo stati a letto qualche volta, non voglio negarlo. Ma era solo questo e dopo la nostra telefonata gli ho detto tutto."
"Tutto cosa?"
"Che sono ancora innamorato di te. E che mi manchi."
Ermal trattenne il respiro di fronte a quella confessione. Ormai era chiaro che Fabrizio provasse qualcosa per lui, ma da lì a essere innamorato...
Cercò di mantenere un contegno e non mostrarsi troppo sorpreso, poi disse: "Quindi qualsiasi cosa ci fosse tra voi è finita?"
Fabrizio annuì con un cenno. Poi puntò lo sguardo verso Ermal e disse: "Voglio essere onesto una volta per tutte. Se mi vuoi, io sono qui. Non ho intenzione di mandare tutto a puttane di nuovo. Ma se non è così, se per te tutto questo è solo un passatempo, chiudiamola prima di stare male."
Ermal lo fissò per un attimo.
Sarebbe stato così semplice chiudere tutto. Sarebbe stato facile dire che voleva che fossero solo amici, che qualsiasi altra cosa sarebbe stata troppo difficile da gestire, che era meglio per entrambi prendere le distanze.
Ma non era ciò che voleva.
Voleva Fabrizio, lo voleva da sempre. E sapeva che sarebbe stato difficile, che di certo non lo avrebbe potuto prendere per mano passeggiando nel centro di Roma e non avrebbe nemmeno potuto giurargli di non fargli del male. Ma poteva promettergli che lo avrebbe amato e che avrebbe cercato di fare di tutto per far funzionare le cose tra loro.
Si sporse verso di lui e, a pochi centimetri dalle sue labbra, sussurrò: "Non è mai stato un passatempo."
Fabrizio sorrise per un attimo, giusto una frazione di secondo prima che Ermal si gettasse sulle sue labbra e finalmente lo baciasse.
Fabrizio lo attirò a sé, cercando con non poche difficoltà di trascinarselo addosso e finendo inevitabilmente per appoggiarsi sul volante.
Il fastidioso rumore del clacson risuonò nel parcheggio deserto ed Ermal si staccò da lui ridendo.
"Non siamo più abituati a fare certe cose in macchina, dobbiamo riprendere un po' la mano" disse sedendosi di nuovo al suo posto.
Fabrizio si coprì la bocca con la mano mentre rideva alla battuta di Ermal.
Poi gli passò una mano tra i ricci e glieli scompigliò. "Abbiamo tempo per abituarci di nuovo a certe cose, vero?"
Ermal annuì e sorrise. "Sì, Bizio. Tutto il tempo del mondo."
12 notes
·
View notes
Text
Ogni viaggio che ho aspettato
Gli anni 2018 e 2019 sono tra i peggiori. Ma i viaggi che ho fatto sono stati dei momenti in cui ho veramente vissuto, fatto esperienze, provato emozioni. Sono stati belli e importanti. Non sempre sono stati entusiasmanti, non tutto è stato piacevole, non sempre mi sono sentito veramente nel luogo, però c’ero e ricordo con nostalgia.
Ho sempre avuto il desiderio di viaggiare e ben poche possibilità. La prima volta che ho varcato i confini è stato soltanto nel 2006, era più simbolico che altro perché il confine era quello con la Città del Vaticano in Piazza San Pietro. Non pensavo sinceramente che avrei viaggiato davvero, rimaneva tutto lontano dalla concretezza.
Sono passati altri cinque anni per un vero viaggio all’infuori dei confini, qualche giorno a Londra per l’università. Non vedrò quasi nulla di quello che volevo, mancava il tempo e ciò che volevo vedere io agli altri non interessava. Però è stato bello.
L’anno dopo in Spagna, a Madrid solo di passaggio. Si va a Burgos, sempre per l’università. Non sarà un bel viaggio, mi sentirò male e la compagnia non sarà piacevole. Ma riesco a trovarne qualcosa di positivo, Burgos è una bella città.
Arriviamo al 2018, finalmente posso decidere per conto mio, Nei limiti del non poter spendere più di tanto. Mi organizzo per Parigi e per Londra, pochi giorni, ma va bene così.
A Parigi capito nei giorni più freddi dell’anno, una perturbazione di origine artica porterà un gelo tremendo. Gran parte degli spostamenti sarà in metropolitana, a piedi farò il meno possibile. Vedrò alcuni dei musei più importanti e Notre-Dame prima dell’incendio. Scopro una cosa che reputavo superficiale e invece è importante: è bello scoprire la cucina del luogo. Per fortuna avevo studiato il francese a scuola, è stato veramente utile.
A Londra sarà già primavera, finalmente vedrò molte cose rimaste in sospeso dal viaggio precedente. Ho ancora tanto da vedere in realtà. Andrò pure a Oxford per vedere alcuni luoghi dei libri che ho apprezzato. Avevo timore che il mio pessimo inglese mi potesse creare problemi, me la caverò.
In autunno il viaggio più lungo e complesso che ho organizzato: Porto, Lisbona e ritorno da Madrid. La prima volta in un paese di cui non conosco la lingua e che lingua incomprensibile è il portoghese. È stato il viaggio più bello di tutti e non me l’aspettavo. Saranno state le belle giornate di sole, novembre è il mese più piovoso in Portogallo, sarà stata quell’atmosfera nostalgica che mi ricordava gli anni ‘90 che ho vissuto, sarà stata quella luce particolare di cui mi avevano parlato e che pensavo fosse solo la solita frase da emotività facile, ma è stato davvero molto bello. In Spagna la fine del viaggio, a Madrid vedrò le cose che mi interessavano, non molte. Un giorno l'ho passato a Toledo, una bellissima lunga passeggiata.
Nel 2019 il viaggio in Irlanda, una settimana complessa da organizzare perché le cose belle non stanno nelle città. È stato il viaggio in cui ho interagito di più con la gente del luogo, l’inglese che parlano è difficile da capire, ma ci si abitua.
Quell’anno anche due brevissimi viaggi in Italia, in primavera nelle tre V del Veneto e quasi a fine anno a Roma per un concorso, riesco a fare una breve passeggiata anche qui.
Sapevo che dopo questo non era detto che avrei fatto altri viaggi a breve, il problema è il solito: il lavoro. Il resto non potevo immaginarlo. Per cui si torna ai viaggi immaginari che aspetterò e desidererò, ma questa volta sono fiducioso di riuscire a farli, prima o poi.
https://www.youtube.com/watch?v=TVlMO-5TE9c
2 notes
·
View notes
Text
Un po' di noi
Ti ho visto la prima volta una sera di giugno, faceva caldo e in paese si festeggiava il patrono. Ricordo che ero seduta su di una sedia bianca a bordo campo mentre guardavo le mie amiche ballare i balli di gruppo in mezzo alla pista. Ad un certo punto mi sono voltata e ti ho visto, serio e orgoglioso, camminavi avanti e indietro con le mani dietro la schiena per darti l'aria importante, ma lo sguardo lo avevi perso chissà dove, come i pensieri. Ho pensato fossi interessante ma che con te non avrei mai avuto nessuna possibilità, infondo io non sono il tipo che attacca bottone. Ti ho cercato con lo sguardo un altro paio di volte prima di alzarmi e andarmene a casa, perché la serata non era poi così divertente ed io avevo appena litigato con il mio ragazzo. Non pensavo ti avrei più rivisto e, forse, nemmeno me ne importava tanto, eri uno sconosciuto che mi aveva colpito, così come a volte capita che un passante ti possa suscitare un certo interesse con uno sguardo ma non ti azzarderesti mai ad avvicinarti. Ammetto di non averti nemmeno riconosciuto quando, mesi dopo, ti ho visto presentarti alla platea al teatro.
- Mi chiamo Marco -
Questo è tutto quello che hai detto, poi sei andato a sederti in seconda o terza fila e hai ascoltato distrattamente la lezione. Anche allora ho pensato fossi qualcosa di straordinario senza rendermi conto che già ti avevo visto. Mi ci è voluto un bel po' di tempo e la fine della mia relazione prima di ricordare dove avessi incontrato in precedenza quello sguardo serio e orgoglioso, ma allora ero già innamorata di te e non volevo ammetterlo. Se mi chiedessero quando ho cominciato a provare tutto questo risponderei che non ne ho la più pallida idea. Forse è il modo che hai sempre avuto di preoccuparti per me che mi ha trascinato nel vortice, come quella sera di gennaio in cui io non facevo altro che tossire e tu mi lanciavi qualche sguardo preoccupato fino a che ti sei fatto vicino.
- Stai bene? -
- Sì, è solo un po' di tosse e raffreddore, o forse mi sto ammalando -
- Si vede che non stai bene, ora vai a casa, ti fai un tè caldo e ti metti a letto. Non uscire per nessun motivo -
Ho pensato sembrassi mia madre in quel momento ma ho evitato di dirtelo.
- Va bene -
- Non sai quanto ti invidio, tu adesso andrai a dormire, a me tocca stare in discoteca a fare servizio fino alle cinque di mattina -
- Lo hai scelto tu -
- Lo so, ma potrei romperti le scatole e scriverti qualche messaggio così tengo sveglia anche te -
- Spengo il telefono la notte -
Non so perché ti abbia detto una cosa simile, forse perché ero nervosa per via del tuo interesse. Ogni volta che mi dicevi qualcosa di carino scappavo via come se tu avessi potuto bruciarmi con una parola. Mi spiace, non sono mai stata brava a relazionarmi con la gente, ecco perché me ne sto sempre in disparte e preferisco confondermi con la parete, e tu lo vedevi e ogni volta venivi a riprendermi e mi trascinavi di nuovo tra i vivi. Solo quando mi eri accanto capivo di respirare sul serio. Solo quando mi guardavi tu capivo di esistere davvero. E non te l'ho mai detto. Per questo ti ho perso, per le cose non dette e le cose non fatte. Come quel giorno in cui ho scoperto che uscivi con Sara. È stato come un proiettile che ti colpisce a sorpresa perché non avevi notato nessuno puntarti addosso una pistola. Credevo che non ti meritasse ma non sarei mai venuta a dirtelo, perché infondo quella che credeva di non meritarti ero io.
Per parecchio tempo mi sono chiesta cosa mai potesse trovare in me uno come te, siamo agli antipodi, siamo opposti, anche se col tempo ho imparato che ci sono dei punti in comune.
La vita continuava, nel frattempo, tra le giornate a scuole e il cielo coperto di nuvole. Mi ripetevo che non mi servivi tu per stare bene e che se con lei eri felice allora ok, ti avrei dimenticato. Ma tu non me lo permettevi. Non capivo a che gioco giocassi, come quel sabato sera in cui ti sei presentato all'improvviso cogliendo tutti di sorpresa.
- Cosa ci fai qua? -
- Ho visto sul programma dei turni che c'eri tu e ho pensato di passare a fare un giro. Ho portato anche il gelato -
Io tentavo di starti lontano, ma piano piano mi sono ritrovata accanto a te. Dicevi che dovevi scappare perché il tuo amico dava una festa nel suo locale, ma ti sei fermato per più di un'ora e poi mi sei mancato per tutta la notte.
Il nostro rapporto diventava sempre più ambiguo, sapevo che ti vedevi ancora con Sara, perciò me ne restavo in disparte, ma tu ti facevi sempre più vicino, ti facevi mettere in gruppo con me e mi trattavi da principessa. Io tentavo di nascondere il mio interesse e dissimulare il tuo, ma la gente col passare del tempo ha cominciato a captare i segnali e hanno iniziato a fare il tifo per noi. Bastava che ci scambiassimo uno sguardo e per loro sembrava la fine del mondo. Eravamo belli da morire, tu per la tua sicurezza ed io per la mia timidezza. Un giorno ridendo e scherzando mi hai detto di passare alla festa del patrono così avremmo potuto bere qualcosa insieme. E così, dopo un anno esatto da quando ti avevo visto la prima volta, ci ritrovammo io e te al bancone del bar a chiacchierare della maturità che avrei affrontato da lì a qualche giorno. Odio ammetterlo ma il giorno dell'esame orale ti avrei voluto fuori dalla porta ad aspettarmi. Invece non c'eri. Non ci saresti più stato, a dir la verità. È stato l'inizio del declino che mi ha portato, al termine dell'estate, a scoprire la tua relazione con Mara, una ragazza conosciuta in palestra.
Ti ho odiato. Ti ho odiato davvero tanto, perché mi sentivo presa in giro, usata, trattata come se avessi dovuto essere la tua ennesima conquista, un numero. E ho odiato me, perché ci avevo creduto, perché mi ero lasciata ingannare dai tuoi occhi castani e le belle parole. Mi sono odiata perché non riuscivo a trattenere le lacrime, perché avevo gli occhi stanchi e i capelli in disordine, perché uscivo con gli amici e ti cercavo tra la gente, anche in quei posti dove sapevo non avresti mai potuto esserci.
- Non sei più tu -
Gli amici me lo ripetevano spesso, ed era vero. Non ero più io, perché quella piccola luce che avevo negli occhi era scomparsa e sapevo non sarebbe più tornata.
Verso la fine di settembre sei andato a Copenaghen con lei, il primo di tanti altri viaggi che avreste fatto insieme. Mi avevi detto che saresti tornato il lunedì, invece il lunedì mattina ti sei presentato d'improvviso durante il mio turno con la colazione. Non riuscivo a guardarti, scappavo sulla terrazza e speravo te ne andassi il più presto possibile, perché non sopportavo la tua presenza, non dopo che eri stato per giorni con lei. Forse avevi capito il mio disagio perché non tentasti nulla per cambiare il mio atteggiamento.
Il tempo passava sempre di più ed io e te ci vedevamo sempre di meno, poi una sera ci siamo beccati quasi per caso, dico quasi perché io ci speravo. Mi hai abbracciata così intensamente che credevo di scomparire.
- Sei la mia principessa -
Me l'hai ripetuto più volte, ed io ci credevo, ho sempre creduto alle tue parole, alle tue bugie. Quella sera abbiamo anche litigato, tanto che te ne sei andato nell'altra stanza per un po', poi sei ricomparso.
- Visto che sono tornato? -
- Sì -
- L'ho fatto solo per te -
Ci ho provato a dimenticarti, ci ho provato davvero. Negli anni a venire sono uscita con molti ragazzi, molti dei quali avrebbero fatto di tutto per me, ma io non riuscivo ad innamorarmi di nessuno di loro. Loro non erano te. Era impossibile andare avanti così ma non potevo fare altro. La tua relazione andava a gonfie vele, ormai riuscivi anche a parlare di lei in mia presenza, non ti nascondevi più, mentre io ancora nascondevo la ferita che avevi provocato. Tentavo di colmare il vuoto con qualunque cosa, avevo anche riniziato a fumare. Tu ogni tanto venivi a sapere di qualche mia storia e in quei momenti non mi parlavi, mi evitavi, fingevi che non ti interessasse ma poi ti arrabbiavi con me per cose di poco conto.
Un giorno che stavamo chiacchierando mi hai detto che saresti partito per Lisbona la settimana dopo.
- Guarda che voglio una cartolina eh -
- Ok -
La mia era stata una battuta, ma qualche settimana più tardi, mentre fuori infuriava un temporale estivo, ti sei fatto più vicino e in mano avevi qualcosa.
- Ti ho portato un segnalibro perché della cartolina non te ne saresti fatta nulla, il segnalibro invece lo puoi usare sempre, so che leggi tanto -
Non sapevo che dire. Mi avevi lasciato senza parole. Inutile dirti che dopo anni quello è l'unico segnalibro che continuo ad usare, mi accompagna in ogni viaggio e i miei amici quando se ne accorgono sorridono e non dicono nulla, perché sai non gli parlo più di te, a volte capiti in qualche discorso ma sei solo di passaggio. Ho vissuto momenti belli e momenti brutti senza che tu ne sapessi nulla, ho iniziato e troncato relazioni senza dirti niente, mi ripetevo che stavo andando avanti con la mia vita, ma ogni volta che ti vedevo, anche per poco, mi sembrava di tornare al punto di partenza, crollavo di nuovo e finivi per mancarmi più di prima. Un giorno stavamo parlando del più e del meno, per me era un momento orrendo della mia vita, tutto sembrava andare male, ed ecco l'ennesimo colpo.
- Perché non mi hai detto che andrai a convivere? -
Serena te lo ha detto così, con semplicità, come fosse la cosa più scontata del mondo. Tu sei rimasto in silenzio per un po', non sapevi cosa dire, sei sbiancato e hai cambiato discorso. Io, beh io, ho sentito il pavimento crollare e risucchiarmi, un altro colpo al cuore, un altro proiettile inaspettato da una pistola invisibile. Hai tentato di rimediare tutta sera.
- Andiamo a bere qualcosa dopo? -
- Certo -
Certo, ma alla fine non ce l'ho fatta, non ho retto il colpo, sono tornata a casa e ho pianto come non piangevo da tempo. Ero di nuovo svuotata. Sapevo già di averti perso ma quella è stata la prova definitiva. Non serviva che mi dicessi quanto fossi felice, lo sapevo da me anche se non volevo ammetterlo.
Ci sono stati tanti momenti in cui avrei voluto baciarti e non l'ho mai fatto, era come se ci fosse una linea rossa invalicabile che non mi permetteva di avvicinarmi a te.
Ne abbiamo passate tante, e tanto ti devo. E anche ora che sono passati anni non riesco del tutto a staccarmi da te. Ti voglio bene e questo lo sai, ma che ti amo non lo saprai mai. Non ho mai lottato per te e mi dispiace, ti ho lasciato tra le braccia di una ragazza che ti merita più di me. Passare una vita a cercare di averti e non averti mai. Una storia con un solo punto debole: io. Avrebbe tutto potuto essere diverso, ma la vita non ha voluto. Ora, mentre guarderai l'aurora boreale abbracciato all'amore della tua vita, vorrei che tra quei paesaggi ricordassi un po' i miei occhi verdi.
(So che lui non leggerà mai queste parole, ma io avevo bisogno di scriverle. I nomi sono inventati, la storia è vera)
3 notes
·
View notes
Text
Voglio Andare a Vivere a Lisbonaaa
PROMPT : Ciao! Ho un promt per voi, se vi può interessare. Sia Ermal che Fabrizio si prenderanno una pausa quest'estate. E se si fossero regalati, per i rispettivi compleanni, un viaggio a Lisbona? In modo da poter rivivere i bei vecchi tempi in quella città di cui tanto si sono innamorati.
Ciao gente! Sto arrancando in queste giornate davvero pesantine per me, però pian piano ce la sto facendo, dai. Per cui, eccoci qui con un nuovo headcanon piccino picciò molto fluffino poco pornino insomma va beh una cosa più zuccherosa del solito perché ne ho bisogno anche io.
Quando quella mattina Ermal si sveglia, ci mette un attimo a fare mente locale di dove si trovi.
Non è tanto il corpo caldo e solido vicino al suo a disorientarlo - ormai, quella anche se rara è diventata comunque una sensazione conosciuta nonché rassicurante e ben accetta - o il respiro lento che gli sfiora una spalla nuda facendolo rabbrividire piano, quanto la luce che filtra dalle finestre che, strizzando appena gli occhi, infastidito, vede dare direttamente su una città di primo impatto sconosciuta.
Ci mette qualche secondo per elaborare, il cervello ancora mezzo addormentato, intorpidito come le sue membra da un riposo che sembra essere stato stranamente lungo, ma quando lo fa, sorride, rilassandosi contro al materasso morbido e profumato e rifugiandosi nel calore del petto appiccicato alla sua schiena
Ah, sì.
Lisbona
La città in cui, più di un anno prima, lui e Fabrizio erano saliti sul palco dell’Eurovision con la loro canzone
Sorride al ricordo di quelle giornate, ripercorrendole con la memoria.
Le partenze frenetiche, i viaggi avanti e indietro, i mille aerei, le risate per girare la cartolina, le strade di Porto e quelle di Lisbona
L’ansia da palcoscenico, l’agitazione, la paura di non farcela, lo stress, ma anche i momenti piacevoli, gli scherzi, i sorrisi, le conoscenze fatte e la gioia nel constatare che le persone avevano colto il loro messaggio.
Tutto, nel suo cervello, sembrava essere stato mescolato in un’unica grande giornata lunga una settimana, una sorta di gigantesco fermo immagine indelebile nel suo cuore e nella sua mente
Ma c’erano momenti che spiccavano da soli, in quella marasma di suoni, colori e parole, di attimi e di sensazioni.
Tipo il bacio che si erano scambiati nella stanza d’albergo che poi era diventata loro, e non solo quella di Fabrizio.
Oppure la prima notte che avevano passato insieme lì, accoccolati l’uno tra le braccia dell’altro, parlando e parlando e parlando
Il sorriso che Fabrizio gli aveva rivolto per calmarlo prima di salire sul palco, le sue mani che si erano strette alle proprie e la sua bocca che aveva formulato un “Andrà bene” anche se, Ermal poteva sentirlo, pure lui stava tremando e subendo la pressione che avevano sulle spalle da settimane ormai, mediatica e non
Mani che poi aveva intrecciato di nuovo con le sue quando avevamo terminato, una volta tornati dietro alle quinte.
E poi l’aveva abbracciato, tirandoselo contro e stringendoselo forte, il suo profumo che l’aveva avvolto quanto le sue braccia.
Sorride al ricordo, sentendo il cuore battere più forte ora come allora, e osserva distrattamente il braccio solido e tatuato che lo cinge, ora nudo, contrariamente a quella serata.
Con la punta delle dita, per non svegliare Fabrizio, inizia lentamente a percorrere i contorni di quei disegni inchiostrati, un pigro sorriso che gli si stende sulle labbra in automatico
Ah, Lisbona.
La città dove un anno e mezzo prima avevano partecipato all’Eurovision e dove, per tanti motivi, avevano lasciato il cuore
In qualche modo, la sentivano un po’ loro come città, visto tutto quello che ci avevano condiviso: in fondo, una parte della loro attuale relazione era stata costruita proprio lì, tra le strade sconosciute che però sapevano di libertà e del piacere di poter camminare stando vicini e sfiorandosi le mani senza che nessuno prestasse loro troppa attenzione
Era stato bello ed Ermal era grato a quella esperienza, a quella città, e a qualunque cosa li avesse portati a quello
Grato e innamorato di quel posto, che per loro aveva quindi una sorta di significato speciale dato che aveva ampliato e consolidato una volta per tutte il loro legame romantico
E per questo, Ermal si era ripromesso di tornare
Desiderava riesplorare quei posti, rivedere quelli già conosciuti e scoprirne di nuovi, sempre in compagnia di Fabrizio
Difatti, una sera di diversi mesi prima, mentre la data del compleanno di Fabrizio si avvicinava, si era trovato a guardare nella galleria del telefono le foto di quel periodo e subito una scintilla gli si era accesa nel cervello: quale miglior regalo se non una vacanza in quella città?
Una, tra l’altro, ben più che meritata vacanza
Dato che sia lui che Fabrizio avrebbero preso un periodo di pausa durante l’estate, perché non approfittarne per recuperare il tempo sottrattogli precedentemente dai tour e dai millemila impegni che, ovviamente, non collidevano e li tenevano solo sempre più separati
Sarebbe stato stupido non farlo
E poi, Fabrizio avrebbe apprezzato il gesto
Altre idee, non ne aveva.
O era quello, o era un qualche marchingegno da cucina, ma il secondo non gli sembrava molto romantico come regalo
E ok, lui non è uno che fa chissà quali eclatanti gesti di romanticismo e sdolcinerie varie, ma non serviva di certo rendere il tutto più zuccheroso del necessario
Fabrizio avrebbe capito da solo il perché di quella scelta
Un ritorno all’inizio, un dolce rivivere quegli attimi senza però sentire l’ansia della competizione, solo godendosi una romantica e decisamente meritata vacanza
Nel giro di un paio di giorni, aveva organizzato e prenotato sia i voli che l’hotel, scegliendo lo stesso in cui avevano alloggiato durante l’Eurovision dato che conosceva solo quello e non aveva voglia di passare ore a cercarne un altro
E poi, era carina l’idea di tornare proprio lì
Dopotutto a Fabrizio piaceva così tanto lo Skybar perché negarglielo no?
Si era tenuto il segreto fino al giorno del suo compleanno, in cui gli aveva poi mostrato una foto loro a Lisbona
“Ti ricordi questo periodo?” aveva chiesto, sorridendo e guardandolo sorridere a sua volta mentre annuiva
Erano stesi a letto, nudi, abbracciati e avvolti dalle coperte scompigliate
Avevano appena finito di fare l’amore, per l’ennesima volta in quella giornata. Sembravano non averne mai abbastanza ma come dargli torto quando erano settimane quelle che dovevano colmare?
“Certo che me ‘o ricordo” aveva replicato Fabrizio stringendogli appena di più il braccio attorno alle spalle e attirandolo a sé per baciargli piano il capo “So vecchio ma ancora ce l’ho la memoria” aveva scherzato
“Mh ho qualche dubbio su questo” aveva scherzato di rimando, beccandosi un leggero pizzico al fianco che l’aveva fatto sobbalzare e ridere “Comunque, sarebbe bello tornarci non trovi?”
Per un secondo, Fabrizio l’aveva squadrato.
Aveva una faccia strana, anche se Ermal non aveva capito perché
Non aveva di certo fatto o detto qualcosa di male
“Si, sarebbe bello” aveva risposto infine Fabrizio, mollando la pelle dell’interno guancia che nel frattempo aveva mordicchiato nervosamente “perché?”
“Beh” Ermal si era sporto, tirando fuori dal comodino i biglietti aerei e la prenotazione, sorridendogli, appena rosso in viso “Buon compleanno”
Fabrizio, di nuovo, per un attimo non aveva reagito
Era rimasto immobile, osservando i pezzi di carta nella sua mano come se fossero scritti in geroglifico e non in italiano, la sua espressione completamente neutra, come se stesse processando qualcosa di cui però non riusciva a capacitarsi
Ci mancava solo di vedergli scritto in fronte Fabrizio.exe
Ermal aveva atteso, inizialmente pensando che Fabrizio stesse elaborando lo shock della cosa e che da un momento all’altro gli avrebbe sorriso di gioia, ma più i secondi passavano più il tempo sembrava dilatarsi e più lui iniziava a sentirsi a disagio, oltre che preoccupato
Alla fine, dopo qualche secondo di stallo, si era schiarito la voce, sentendo una morsa fastidiosa alla bocca dello stomaco
“Qualcosa non va?” aveva domandato, incerto, cercando di tenere però la voce salda e ferma
E solo allora, Fabrizio si era riscosso
Finalmente, il suo viso si era aperto in un sorriso delicato e gentile, ma stranamente anche un po’ colpevole
“Nun c’è niente che non va” l’aveva rassicurato “è un regalo bellissimo, davvero. Solo...” aveva detto, allontanandosi con gentilezza da lui per alzarsi, andando poi a frugare nel suo armadio
Era nudo, ma non se ne era curato
Ermal ne aveva approfittato per osservare la sua schiena ampia, le spalle larghe e forti, e il culo, beh, sodo. Le cosce tornite e le gambe abbronzate e atletiche, rifacendo poi il percorso al contrario fino alla sua nuca, i capelli ancora più scompigliati del solito
L’aveva guardato, chiedendosi però cosa mai stesse facendo mentre frugava lì dentro
la confusione è in agguato
Fabrizio ne era riemerso qualche giacca dopo, con in mano una busta, cosa che gli aveva fatto reclinare il capo, mentre l’altro tornava indietro e si sedeva sul bordo del letto, tendendogliela
Perplesso, una rughetta di concentrazione in mezzo agli occhi, Ermal si era tirato su e l’aveva presa
Girandola, aveva notato che c’era scritto, nella traballante grafia di Fabrizio “Per Ermal”
“Per me?” aveva chiesto, alzando un sopracciglio “Ma la devo aprire?”
Fabrizio aveva annuito e lui non aveva perso tempo, stracciando la carta bianca
Due secondi dopo, si era ritrovato a fissare con incredulità un semplice biglietto che recitava “Buon Compleanno dal tuo Bizio” quasi incomprensibile da quanto era scritto male (avrebbero dovuto dargli una laurea ad honorem in interpretazione linguistica, nel senso che quegli scarabocchi dovevi interpretarli per dargli la forma di delle parole e ormai lui conosceva la Biziografia così bene da poterci pubblicare un libro anzi parecchi libri) e quelli che erano palesemente dei biglietti aerei per, beh, Lisbona. E una prenotazione per... beh, il Tivoli.
Si erano, inconsapevolmente, regalati la stessa cosa.
La stessa vacanza, probabilmente dovuta alla stessa idea
Per un secondo, Ermal aveva sentito gli occhi pizzicare dalla commozione: non solo Fabrizio riteneva quel luogo importante quanto lo riteneva lui, ma si era anche prodigato per fargli quella sorpresa.
Lui, che non riusciva mai a nascondergli nulla, che poteva leggere ormai come un libro aperto
Si era impegnato per non dire nulla, per organizzare tutto come regalo di compleanno
Era una cosa che, per quanto in fondo banale, lo faceva sentire come l’uomo più fortunato sulla faccia del pianeta
“Volevo aspettare per dartelo” aveva spiegato Fabrizio, osservando il suo viso, le mani che si tormentavano l’una con l’altra “Ma visto che le cose stanno così, ce dobbiamo organizzà”
Ermal aveva sorriso, tirandosi su “Sì, ci dobbiamo organizzare” aveva acconsentito “Ma intanto grazie. Mi hai fatto un bellissimo regalo” aveva mormorato, sporgendosi poi per baciarlo, perché le parole in quel caso non sarebbero servite ad esprimere quel sentimento tanto profondo che sembrava partire direttamente dalla sua anima, mentre Fabrizio rispondeva “Prego. Anche tu me ne hai fatto uno bellissimo”
Ripensando alla scena, un risolino gli scappa, leggero
Si spande nell’aria pigra e immobile della camera d’hotel, spegnendosi fortunatamente prima di arrecare fastidio a Fabrizio che, ancora dormiente, si stringe appena di più a lui
Alla fine, dopo un po’ di giri, erano riusciti ad annullare alcuni dei biglietti aerei e, per loro fortuna, essendo che le prenotazioni dell’albergo erano state fatte più o meno nello stesso periodo, erano riusciti a unirle in qualche modo, prolungando così il loro soggiorno e spiegando il disguido a un gentilissimo receptionist che fortunatamente li aveva aiutati a sistemare il tutto
E quindi, la mattina precedente, mentre le luci dell’alba ancora non coloravano il cielo, si erano imbarcati sull’aereo per Lisbona, eccitati come due bambini il giorno di Natale.
Dopo aver depositato le valige in hotel erano usciti
Erano andati al mare, poi avevano cenato in un lussuoso ristorante sulla riva dello stesso, mangiando, bevendo vino e chiacchierando, e poi avevano girato per le strade ricoperte di luci e colori, godendosi la brezza fresca della sera e tendosi la mano, la luna alta nel cielo che sembrava l’unica silenziosa testimone di quei gesti
Tornati poi nella loro stanza, si erano baciati, dolcemente
Si erano spogliati, senza fretta, godendosi ogni istante di quegli attimi, e poi si erano esplorati, con le bocche e con le mani, mille volte e poi ancora una di più, i loro corpi caldi che si erano stretti e poi uniti, quasi fusi insieme
Si erano presi il loro tempo, facendo tutto con calma, isolati in quella bolla lontano dal mondo e dalle loro preoccupazioni, per una volta liberi da qualsiasi pensiero.
Alla fine, si erano addormentati, esausti ma felici, le loro membra che ancora creavano un intreccio indissolubile che si confondeva con le lenzuola e il buio della notte, apparentemente impossibile da sciogliere
Ora, alla luce del giorno, guardando le pareti intonse Ermal riesce ancora a sentire l’eco dei gemiti di quella notte, e quasi gli pare di sentire i loro sospiri rincorrersi sotto al letto e tra i comodini, i loro nomi che sembrano essere impressi ovunque: sulle lenzuola, sui cuscini, sulla bocca e sulla pelle altrui.
“Ermal?”
Sorride quando sente quel suono provenire da dietro di lui, forte e chiaro, non un ricordo ma una realtà attuale
“Bizio” risponde subito, rigirandosi nella sua stretta per guardarlo in faccia mentre Fabrizio sbadiglia, stropicciandosi poi gli occhi.
“Buongiorno” scherza appena, posandogli un buffetto leggero sul petto
“Buongiorno” replica Fabrizio, voltandosi a sua volta a guardarlo con un leggero sorriso sulle labbra
“Dormito bene?” gli domanda ed Ermal annuisce, soddisfatto
Si sente impigrito, come succede quando dorme molto dopo lunghi periodi di dormite brevi e per nulla riposanti, ma ora come ora non gli importa che quel torpore gli formicoli addosso e che la sua pelle sia calda e sudata, quasi come se avesse la febbre, anche se non sente alcun dolore: non ha fretta, per una volta non ce l’ha davvero
Fabrizio lancia una rapida occhiata fuori, strizzando gli occhi per la luce quasi accecante, perplesso di vederla così
“Quanto abbiamo dormito?” gli domanda ed Ermal per tutta risposta scrolla le spalle, rigirandosi per allungarsi a prendere il proprio telefono
“Un bel po’“ dice, dopo aver osservato l’ora, aggrottando la fronte “Sono quasi le tre” commenta, anche se stupito a sua volta
“Le tre?” ribatte Fabrizio, strabuzzando appena gli occhi “Ammazza oh, me cojoni dell’aver dormito!” esclama, facendo scoppiare a ridere Ermal che, lentamente, si riaccoccola su di lui
“Chissenefrega” sbadiglia, soddisfatto “Ce lo possiamo permettere, ora come ora” gongola, guardandolo poi annuire da sotto in su, la testa poggiata sul suo petto
“Già, in effetti...” concorda Fabrizio “Che facciamo oggi?” gli chiede, ed Ermal, di nuovo, scrolla le spalle
“Non saprei. Possiamo anche rimanere tutto il giorno a poltrire a letto” scherza prima di dire “No, non lo so. Che dici, andiamo al mare? Oppure potremmo andare a vedere quel posto, sai, te lo ricordi no, quello dove-”
Man mano che parlano, le proposte prendono forma
Proposte che prevedono tappe già viste e tappe inesplorate, i programmi che si dipanano e diventano vaghi ma pieni di possibilità che sì, per una volta, possono davvero concedersi di esplorare e considerare
In fondo, pensa Ermal sorridendo mentre guarda e ascolta Fabrizio parlare di un ristorante di cui non ricorda il nome ma che aveva visto il giorno prima sulla strada percorsa, quella è la loro vacanza ed è giusto che se la godano
La loro vacanza romantica, in qualche modo, in quella città che gli ha dato tanto e di cui si sono innamorati, esattamente come si sono innamorati l’uno dell’altro
Ah, Lisbona
La città da scoprire e rivedere in ogni suo angolo, lasciando altri ricordi, altre dolci memorie, riassaporando quelle vecchie e godendosi quelle nuove, lontano da tutto e da tutti, solo concentrandosi su di loro, per innamorarsi ancora più di prima e una volta in più di quello che entrambi sanno essere il compagno di una vita
E per una volta, per farlo hanno davvero tutto il tempo del mondo.
E quindi, eccoci qua. Questa volta ho voluto fluffare, spero che vi sia piaciuto!
#lisbona#metamoro#metamoro a lisbona#metamoro fandom#metamoro ship#ermal meta#fabrizio moro#ermal meta x fabrizio moro#metamoro hc#metamoro headcanon#metamoro ff#metamoro relationship#metamoro reunion#metamoro anon#metamoro prompt#metamoro request#metamoro fluff#fluff#metamoro fanfic#metamoro headcanons#metamoro domestic#metamoro writer#metamoro writing#metamoro stories#metamoro fanfiction#metamoro couple#Metamoro mini ff
44 notes
·
View notes
Link
Una rivoluzione può iniziare con una canzone. Il 25 aprile 1974, venti minuti dopo la mezzanotte, Teodomiro Leite de Vasconcelos trasmette su Radio Renascença Grândola Vila Morena di José Alfonso. Il Movimento delle forze armate, costituito da militari progressisti, s’impadronisce dei punti strategici, chiede ai portoghesi di rimanere a casa e ripete per ben dieci volte l’invito. Il popolo, tuttavia, non ne vuol sapere: quello che doveva essere un semplice colpo di stato per metter fine a una guerra coloniale dispendiosa (40% delle spese statali) e priva di speranze di vittoria, diventa una rivoluzione travolgente.
La più longeva dittatura fascista durò 48 anni. Nei tredici anni di conflitto nelle colonie non risparmiò torture e bombardamenti con il napalm sulle popolazioni locali. Infine crollò miseramente, senza resistenza, mentre il popolo si riversava nelle strade: la gente si abbracciava, si baciava, piangeva di gioia, ricopriva di garofani rossi e bianchi i soldati offrendogli pane e zuppa calda. I prigionieri politici vennero liberati, i lavoratori delle banche si organizzarono per evitare le fughe di capitale. A Lisbona, nella prima settimana dopo il 25 aprile sono occupate tra le 1.500 e le 2.000 case popolari e il 1° maggio è festeggiato con un’imponente manifestazione di mezzo milione di persone. Nelle fabbriche si creano le commissioni dei lavoratori che epurano gli elementi fascisti, organizzano scioperi rivendicativi e presidiano gli impianti affinché non vengano asportati i macchinari. Più in là cominciarono a esercitare perfino forme di controllo operaio sulla produzione. Nei quartieri nascono le commissioni degli abitanti che gestiscono occupazioni, asili nido e centri polifunzionali in cui vengono erogati mutualisticamente servizi di ogni tipo. In molti casi si riuniscono tribunali popolari garanti dell’equità delle azioni di esproprio. Infine sorgono le commissioni dei soldati con cariche elettive e revocabili, come in tutti gli altri casi. Si tratta di una ramificata trama sociale di organismi autonomi dai partiti e dal Sindacato che ricordano i soviet russi del 1905 e del 1917, i consigli italiani del 1919-20 e quelli cileni del 1972-73. È un potere parallelo che pratica la democrazia di base e compete con quello dello stato per 19 mesi, cioè fino al colpo di stato del 25 novembre 1975 in seguito al quale la situazione politica portoghese è ricondotta sui binari della democrazia parlamentare.
«Nonostante ci fossero le navi statunitensi davanti alla costa, nessuno aveva paura» ricorda Rigel Polani che arrivò a Lisbona con una Citroën Mehari e quattro amici durante il veraõ quente, l’estate calda del 1975, cioè il periodo di massima conflittualità sociale. «Le manifestazioni spesso non avevano un palco per gli interventi. Si sfilava e si gridavano slogan come in uno spettacolo in cui si era attori e spettatori al tempo stesso. Non ricordo di aver mai visto la polizia. Erano tutti felici, tutti partecipi, tutti impegnati a costruire un mondo migliore. La società autogestita che sognavo si era materializzata di fronte ai miei occhi». Per le strade di Lisbona si sentiva parlare molto spesso italiano. Migliaia e migliaia di giovani militanti della sinistra rivoluzionaria partirono dall’Italia. Attraversarono la Francia e la Spagna in auto, in moto o in treno per raggiungere i confini occidentali dell’Europa: «Eravamo andati in Portogallo per veder sorgere un mondo nuovo» scrive Sandro Moiso in Riti di passaggio, ricordando il clima di gioiosa ubriacatura collettiva: «In quei giorni e in quegli anni non ci sentimmo mai stanchi.» Rigel fa una pausa, non è sicuro che io possa capire quell’esperienza senza averla vissuta: «Ti faccio un esempio. Una volta per strada incontriamo dei giovani come noi. Erano operai e ci invitano a partecipare a un’assemblea nella loro fabbrica. Si discusse di come gestire e sviluppare la produzione. Malgrado le difficoltà linguistiche non abbiamo mancato di percepire il loro spiccato senso di competenza e di praticità. Il popolo si era impossessato della propria vita. Decideva il proprio destino.»
In verità nella rivoluzione c’era anche un lato oscuro, o forse «imbarazzante»: il dramma delle decine di migliaia di retornados che affluivano dalle colonie con le varie dichiarazioni d’indipendenza. «I pieds noirs portoghesi – ricorda Moiso – scesero sul sentiero di guerra. Come figlioli prodighi infuriati tornavano a una terra che era loro estranea, non essendovi spesso neppure nati. Si temevano disordini come quelli già avvenuti al Nord. Davanti al palazzo di São Bento, sede del parlamento, ci ritrovammo in pochi con un reparto di soldati da una parte e centinaia di manifestanti ostili dall’altra. L’imbarazzo era per noi doppio, perché dall’altra parte vi era una folla di poveracci.» Erika Dellacasa al tempo aveva ventun anni. Nei mesi di aprile e maggio 1974 era stata inviata in Portogallo per conto del quotidiano genovese “Il Lavoro”: «C’era un’atmosfera di grande euforia che non si fermava mai. Le strade erano sempre affollate. C’erano grandi aspettative per il futuro, grande speranza di giustizia e grandissima voglia di libertà. Era una cosa così tangibile che era commovente. Non è che si parlasse molto, ci si abbracciava e ci si scambiavano grandi strette di mano. Non era raro che qualche uomo piangesse. La prima notte a Lisbona rimasi molto colpita da un gruppo di travestiti visibilmente ubriachi che cantavano e ballavano. Uno cadde per terra e fu aiutato a rialzarsi da un militare con grande gentilezza. Era una scena un po’ incongrua per come era conosciuto il Portogallo in quegli anni: represso e repressivo. Si sentiva aria di libertà, libertà di fare cose proibite o impensabili fino a pochi giorni prima.» Nel Portogallo fascista il 68% delle donne tra i 20 e i 54 anni erano casalinghe e non avevano il permesso di espatriare senza il consenso del marito che aveva anche diritto ad aprire la loro corrispondenza. Come avviene spesso durante le rivoluzioni, il crollo dei vecchi assetti di potere comportò l’esplosione del protagonismo femminile. Dopo il 25 aprile vennero fondate varie organizzazioni femministe e le donne si trovarono in prima file nelle occupazioni, nei picchetti e nelle lotte contro il carovita.
Con il colpo di stato del 25 aprile, Azione nazional-popolare, il partito unico al potere, fu sciolto; Marcelo Caetano, ultimo presidente del consiglio dell’Estado Novo fascista è arrestato ed esiliato in Brasile; la polizia segreta Pide/Dgs si smembra non prima di aver lasciato a terra quattro persone che manifestavano davanti alla sua sede in rua de António Maria Cardoso 22. Nel fronte degli oppositori, il Partito socialista fino al 1974 era stato poco più che un circolo di esuli intellettuali e lo stesso dicasi per i liberali del Partito popolare democratico che si faceva passare per socialdemocratico (denominazione che assumerà nel 1976 nonostante la collocazione di centrodestra). Diversa era la situazione del Partito comunista portoghese, temprato da quasi mezzo secolo di clandestinità, con ben tremila militanti sotto la dittatura e un forte radicamento nelle fabbriche e nelle campagne. Infine nella rivoluzione portoghese furono presenti una settantina di gruppi di estrema sinistra che coprivano tutto lo spettro delle posizioni eterodosse, dal guevarismo al trotskismo passando per varie sfumature di maoismo. Pur nella loro tipica frammentazione queste formazioni arrivarono a mettere insieme complessivamente una forza militante di tremila persone con impiantamenti maggioritari nelle università e seguiti non trascurabili in molte situazioni lavorative. A differenza del Partito comunista, filosovietico, che, in osservanza degli accordi di Yalta e Potsdam, spingeva per un compromesso tra capitale e lavoro all’interno di una cornice democratico-parlamentare, l’estrema sinistra si preparava a una seconda fase della rivoluzione. Questa avrebbe dovuto comportare lo scioglimento dell’Assemblea costituente votata il 25 aprile 1975, l’abolizione del capitalismo e il passaggio al potere popolare costituito da organismi autonomi di base quali erano le commissioni dei lavoratori, degli abitanti e dei soldati. Socialisti e comunisti si scagliarono contro l’ondata di scioperi “anarchici” che si svilupparono nel 1974-75 e un ministro del Pcp arrivò perfino a dirigere una manifestazione “contro lo sciopero per lo sciopero” alludendo alla presenza di elementi fascisti tra le fila dei lavoratori.
La forte effervescenza sociale e il dualismo di potere che attraversava la società portoghese fu alla base dell’instabilità dei sei governi provvisori che si succedettero alla guida del paese, delle spaccature tra socialisti e comunisti, e dei conflitti tra moderati e rivoluzionari all’interno del Movimento delle forze armate. Nonostante la forza, il radicamento e la pervasività degli organismi di contropotere che si ramificarono anche nello stesso esercito, non vi fu un sufficiente coordinamento nazionale capace di resistere al golpe controrivoluzionario del generale António Ramalho Eanes. I comunisti che con il V governo provvisorio di Vasco Gonçaves avevano accettato l’appoggio dell’estrema sinistra si rifiutarono di reagire, mentre i militari dell’ala rivoluzionaria dell’esercito, impersonata dalla figura istrionica di Otelo Saraiva de Carvalho, furono arrestati in massa. Secondo la storica Raquel Varela, «la relazione di forza tra classi sociali nella rivoluzione (connotata dalla potenza dei settori operai e dall’indebolimento politico e militare della borghesia portoghese) poneva le condizioni per uno sciopero generale… con carattere insurrezionale. Tuttavia le commissioni dei lavoratori che dirigevano questi scioperi non furono mai unificate in un organismo nazionale a differenza del Sindacato, in maggioranza diretto da elementi filo-Pcp e dunque contrari agli scioperi.»1 Oltre alla riluttanza a mettere in discussione gli assetti postbellici tra Occidente capitalista e Oriente realsocialista, la direzione del Pcp era infatti scettica rispetto alla possibilità di vittoria del potere popolare perché a suo giudizio in Portogallo era predominante il peso delle classi medie e della piccola proprietà.
La potenza della precedente spinta rivoluzionaria obbligò tuttavia la borghesia ad accettare molte nazionalizzazioni per contenere il conflitto sociale e salvare lo stato capitalista della critica congiuntura economica successiva allo shock petrolifero. Anche sul versante dei redditi il rapporto tra quelli provenienti dal lavoro (salari e prestazioni sociali) e quelli provenienti dal capitale (interessi, profitti e rendite) passò dal 50 per cento del pil per ognuna di queste voci nel 1973, a un rapporto del 70 e 30 per cento nel 1975.2 Vennero creati inoltre gli istituti di previdenza, assistenza, invalidità, maternità, abitazione sociale e sussidio di disoccupazione. Si realizzò in questo modo un “compromesso socialdemocratico” che sarà formalizzato nella Costituzione del 1976 nella quale si stabilì l’irrevocabilità delle nazionalizzazioni, la gratuità del servizio sanitario nazionale, l’obiettivo della socializzazione dei mezzi di produzione, il rifiuto del colonialismo e dell’imperialismo, il diritto di resistenza. Alcuni di questi elementi saranno modificati nel corso di successive revisioni costituzionali, ma ancora oggi nel preambolo della legge fondamentale portoghese si legge che è volontà del popolo «aprire il cammino verso una società socialista».
In un documentario girato a Lisbona nei giorni della rivoluzione, il regista brasiliano Glauber Rocha intervista un uomo in mezzo a una moltitudine di persone nella piazza del Rossio:
«Lei, Signore, è operaio di che tipo d’industria?» «Edilizia civile.» «Cosa pensa di ciò che sta accadendo in Portogallo?» «È stata una cosa meravigliosa!» «Lei sperava tutto questo o è stata una sorpresa?» «Speravo questo da molto tempo e solo ora è accaduto.»3
Se visitate Lisbona potete usare come guida per le vostre esplorazioni 25 de abril – Roteiro da revolução.4 È un volume ricco di foto, luoghi e testimonianze che vi immergeranno nel mare degli eventi e dei sentimenti di quei giorni. Poi andate su uno dei tipici belvedere che sorgono sulle colline della città. Al tramonto stringete gli occhi, sforzatevi d’ignorare i turisti, concentratevi solo sulle grida dei gabbiani e sul cielo infinito, striato dai colori caldi del giorno che finisce. Oggi, nel triste inferno neoliberista dell’Unione europea, noi siamo come l’operaio di Rossio prima del 25 aprile. Lo studio e l’azione quotidiana devono nutrire la nostra speranza.
2 notes
·
View notes
Text
la beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto è stato convincere il mondo che lui non esiste.
Lascia sorpresi, in un mondo dove tutti sono a conoscenza di tutto, quanto un mistero possa destar ancora clamore. Colpa e merito, per me, non è della rete che fa mercimonio di dati condivisibili rendendo appetitoso quello che dalla rete riesce a sfuggire. E’ nostro, che un cecio in bocca non siamo più in grado di tenercelo: condividiamo ogni cosa, costantemente. Lavoro, gravidanze e morti comprese. Perciò subiamo il fascino dell'anonimato. Siamo nostro malgrado dei mostri, perché ci piace metterci in mostra. Perciò notiamo chi riesce a non farlo. Liberato, di sicuro. Ancora di più Young Signorino, la cui esposizione è falsata dalle inattendibili dichiarazioni. Noi ci mettiamo le facce, lui il personaggio, non so se afferrate la differenza. Almeno in questo, gli va dato il merito di essere migliore di noi. E’ un tipo di fascinazione delicata, quella odierna per il mistero, che non ha più nulla a che fare col make-up dei Kiss. Non si possono neanche comparare le due cose, tanto è mutata la società. Per fare un esempio: l'idea che gli Slipknot mettessero una maschera per dare più risalto alla musica era (per sommi capi) credibile, ma nessuno darebbe uguale beneficio del dubbio a M¥SS KETA. Eppure, il tipo occidentale medio non ci pensa un secondo e, tra una cosa avvolta da un qualsiasi enigma e un'altra stra-sputtanata, preferirà l'ignota. Fino a che anche e quella ignota perderà il suo fascino. Un po’ per curiosità ma più che altro per invidia. Qualcuno è convinto di essere al di sopra questa dinamica, di essere saldo alle cose più concrete, di solito questo però non gli impedisce di veder e commentare The Andrè in ogni dove. Ma del resto come si fa a non subire il fascino dell’oscuro? Uno può anche conoscere tutti i cambi di line-up, le canzoni, persino gli outtakes di chi che sia. Non è questa attrazione per l'ignoto? Voglio dire, quale disturbo psichico si dovrebbe avere altrimenti per sentirsi un bootleg del 198O di Neil Young o sapere il nome del quarto batterista dei Ramones (Elvis Ramone, pare in verità Clem Burke dei Blondie, che durò due concerti). Ancora più esplicita è la via dei collezionisti: prendete il folle che uscirà 28 mila dollari per il Black Album di Prince. Inedito nel 1987 per suo volere: (si dice che) sognò una maledizione abbattersi sul disco e spedì al macero le 5OO copie già stampate. Finché era in vita Prince, si faticava a reperire in rete anche la sua produzione ufficiale: era il folletto di Minneapolis, detto anche TAFKAP, oppure Alexander Nevermind, oppure Jamie Starr, oppure Joey Coro, oppure Tora Tora, oppure TKid, oppure Love Symbol, mistero in sé. Ma ora che è morto e tutta la sua produzione è alla mercé di tutti, l’enigmatica The Funky Bible è La cosa da avere. C'è una specie di legame a doppio filo oramai tra disagio da sovraesposizione social e volontà di operare all'esterno dei confini del conosciuto. Penso che sia una cosa che nasca dalla voglia di riprendere possesso dei cazzi nostri, bloccata dalla fifa che abbiamo di remare contro-sistema e infine dopata dal mondo del business che da sempre tende a estremizzare le voglie del pubblico represso (il vecchio sex, drugs and rock'n'roll ieri, l'anonimato oggi) per ridargliele in pasto come entertainment. Una settimana fa ho finito di leggere La Bocca dell’Inferno di Fernando Pessoa e Aleister Crowley, che contiene un inedito su un oscuro caso di cronaca nera di cui entrambi furono protagonisti. Non mi è piaciuto. O meglio, è molto bello e tutto, ma all’atto pratico, con un minimo di distacco, si risolve in un epistolario tra i due e nel racconto incompleto di una storia che assume il suo fascino solo in relazione a quanto scritto fin’ora - ma trasportato così indietro nel tempo da farmi interrogare se c’è un aspetto della società moderna senza un suo illustre e migliore antesignano. Partiamo dai protagonisti. Pessoa, da un lato, è un poeta d’avanguardia, appassionato di esoterismo e occultismo, prima di Prince prese almeno 4 nomi in prestito per confondere le acque e palesare la propria isteria (Alvaro de Campos, Ricardo Reis, Alberto Caeiro e Bernardo Soares); Crowley, dall’altro, è spiritista, bohémien, esoterista anche lui, amico di amici (Rodin, Dalì, Buñuel, qualcuno dice Churchill, qualcuno dice Hitler) e, per non farci mancare nulla, necromante e fondatore di una setta religiosa. L’anno di cui parliamo è il 193O. Il posto è la città di Lisbona. Dalla densa corrispondenza sappiamo che si incontrano per parlare di affari editoriali e di occultismo e che Ailester organizzerà un rito di iniziazione per ammettere Fernando all’Ordo Templi Orientis, la setta di cui è capo; ma ancorché interessante non è di ciò che vi voglio parlare. Crowley è, a quanto pare, stato piantato in asso dalla sua giovane compagna e, alla faccia dei riti voodoo e Vanna Marchi, è alla ricerca disperata di riportarla tra le sue braccia. Pessoa, dal canto suo, con Agatha Christie ed Hermann Hesse nella classifica dei Bestseller di quell’anno, fatica a emergere con la susa scrittura simbolista e modernista, evanescente e piena di indefinizione e insoddisfazione. L’idea pare sia venuta al primo: far finta che Crowley si suicidi per risvegliare l’interesse sul suo nome e, di conseguenza, il senso di colpa nell’amata e le opere del secondo. In che modo? Scrivendo un racconto inedito come ultima persona entrata in contatto con l’occultista. Così, su una baia vicino Cascais, assai cara agli aspiranti suicidi chiamata La Bocca dell’Inferno, Crowley lancia un biglietto all’amata: “Non posso vivere senza te. L’altra Boca do Infierno mi avrà. Non sarà ardente quanto la tua!” e sparisce. E la farsa ha inizio. Chi lo trova? Ovviamente Pessoa che, come previsto, avvisa la stampa che, alla faccia delle tanto strombazzate fake-news di ora, si prensenta sul posto in massa. “Qual’era l’intenzione di Crowley quando ha scritto questa lettera allucinata?” scrive il Diario de Notìcias mentre la rivista francese Détective non sa se la notizia appartenga “al mondo allucinante dei falsi morti, o dei falsi vivi”. Ma non finisce qua. Il piano è molto più articolato e prevede un’altra mossa: sotto le mentite spoglie di un misterioso investigatore privato (chi ha detto Liberato?), sempre Pessoa scrive appunti in inglese che invia poi a sé stesso medesimo, ottime per un poliziesco sul caso (chi ha detto Agatha Christie?) ma scritto da uno scrittore che è anche aforista e un po’ filosofo (chi ha detto Herman Hesse?). Sebbene nell’opera, rimasta incompiuta per volontà di tutti e due i mascalzoni, sia centrale la rivelazione del mistero, si riconosce la mano del Pessoa-poeta: l’ossessione per il frammento si impone nella struttura mentre il bilico tra realtà e pseudo-realtà (se conoscete Pessoa sapete di che sto parlando, se invece non lo conoscete fareste meglio a procurarvi qualcosa) ci riporta il tema del doppio e del solo, così nevralgico nella sua poetica. Alla fine la trovata di marketing non risolleverà tanto le finanze dei due e non farà nemmeno fidanzare nessuno (ci fosse stato Youtube, Crowley almeno un dozzina di bimbeminchia l’avrebbe almeno conquistate) pure se la verità verrà scoperta molto dopo poiché entrambi mentirono “fottutamente bene”, come avrà modo di vantarsi lo stesso Crowley più volte. Tutto secondo i canoni della “finzione vera” tanto cara a Pessoa: infatti per lui, come scrisse nella celebre Autopsicografia, il poeta/artista è principalmente un “un fingitore. Finge così completamente che arriva a fingere che è dolore il dolore che davvero sente”.
#musica#mistero#rcok#heavy metal#pop#young signorino#trap#società#social#esoterismo#crowley#pessoa#poesia#hesse#indie#liberato#prince#morte
12 notes
·
View notes
Text
Untitled - ff -
Fa schifo
Mi vergogno da morire
Fa proprio veramente schifo
Ignoratemi
Ciao
“Ti aspetto”
Non erano tanto le parole in se ad avergli fatto perdere un battito e ad averlo fatto -quasi- inciampare mentre scendeva le strette scale di metallo dell’aereo che l’aveva portato Lisbona dopo quella che gli era parsa l’attesa più lunga e snervate della sua vita, quanto il significato che recavano. Perché si, lo sapeva che lui l’avrebbe aspettato con il suo staff per raggiungere insieme la location destinata alle riprese, ma era la sua anima, il suo cuore a conoscere il reale significato di quelle parole.
Ti aspetto ... perché non vedo l’ora di vederti.
Ti aspetto ... perché mi sei mancato in questi due mesi
Ti aspetto ... perché …
Da quando si erano lasciati due mesi prima si erano fatti una tacita promessa, era stato un accordo suggellato con gli occhi lucidi di due amanti che, dopo anni a cercarsi, si erano finalmente imbattuti l’uno nell’altro quando ormai erano stanchi ed erano sul punto di abbandonare la loro ricerca. Parole non erano state dette, nonostante con quelle fossero entrambi bravi, uno più eloquente dell’altro -certo- ma entrambi capaci di trasformare con facilità sentimenti in parole. Ma quella volta, due mesi prima, nel retro di un van dai vetri oscurati che li aveva condotti alla stazione, nessuno aveva trovato le parole e avevano lasciato che i gesti parlassero per loro.
Ermal gli aveva poggiato la mano sulla coscia fasciata dai jeans troppo consumati e, voltandosi con uno di quei sorrisi sinceri che illuminavano tutto come il sole in un giorno di luglio, gliel’aveva stretta come aveva fatto altre volte nei giorni passati ma con i intensità diversa, resa bruciante dallo sguardo di quegli occhi che, fino a pochi secondi prima, erano nascosti dagli occhiali da sole e che-sapientemente- aveva sfilato con un gesto veloce pochi istanti prima. Fabrizio si era perso in quello sguardo, in quel sorriso bello come il sole ma triste, di una tristezza portata con eleganza e disinvoltura che, proprio perché sembra stare troppo bene addosso a chi la porta, ti fa ancora di più venir voglia di strappargliela di dosso. Vi si era perso così tanto che a stento aveva sentito le parole del più giovane che, ancora cercando di nascondere e dissimulare il peso che portava sul cuore per quell’ “arrivederci”, stava per congedarlo con un “Allora ci sentiamo Fabrí...?”, ma la frase non gliel’aveva fatta finire perché il suo corpo si era mosso veloce e impetuoso e, così era stato anche il bacio che gli aveva lasciato sulle labbra.
Un bacio violento e veloce, ma allo stesso tempo imperfetto, velato da insicurezze e paure. Un bacio fatto di labbra screpolate ma delicate, uno sfiorarsi di barba e pelle fresca appena rasata e respiri che sapevano di caffè espresso e tabacco . Era stato un bacio inaspettato ma così tanto desiderato che Fabrizio si era mosso di istinto realizzando, solo In quel momento, che per una settimana intera si era trattenuto e aveva nascosto la vera natura dei sentimenti che provava per il più giovane. Ed Ermal era di fronte a lui, il viso bello ma reso stanco dal caos he l’aveva travolto quella settimana,ora tracciato da un’ espressione sorpresa ma, al tempo stesso sollevata poiché, molto prima di Fabrizio, aveva capito che la natura di quel sentimento che c’era tra loro e aveva realizzato che andava oltre l’innocente fratellanza e, proprio per questo, aveva cercato di nasconderlo a se stesso e al mondo, convincendosi che fosse frutto di tutta l’energia e l’adrenalina che avevano sentito nei giorni passati. Che è normale affezionarsi a qualcuno con cui hai passato 24 ore al giorno per una settimana, perché era forse assuefazione alla presenza dell’altro e niente più. Ma ora, con i respiri e gli odori che si mescolavano gli uni agli altri, negare l’evidenza sarebbe andato contro quella coerenza di comportamento che, per entrambi, era la base della loro vita sia professionale che privata.
Cosa successe dopo e cosa si dissero quelle labbra che ancora portavano il sapore dell’altro, lo ricordavamo entrambi poco chiaramente. Ermal aveva sorriso e l’aveva baciato nuovamente, all’angolo delle labbra, congedandosi velocemente con un “Ci sentiamo presto” ed era sceso dall’auto lasciando dietro di se la scia di una risata felice ma imbarazzata e quella del suo profumo. Quella reazione Fabrizio non sapeva come interpretarla, credeva di essere capace di comprendere Ermal e i suoi sentimenti ormai ma, in quel momento non fu così. Era certo però che, oltre ad un leggero imbarazzo, il comportamento del più giovane non nascondeva alcun sentimento negativo.... o almeno ci sperava.
Dopo quel giorno avevano continuato a sentirsi, e tutto gli era parso normale, quasi forzatamente normale, come se nessuno dei due avesse il coraggio di parlare apertamente di quello che era successo, lasciando così un pesante “non detto” che aleggiava sul suo cuore e nella sua mente. Prima di partire si era però ripromesso che a Lisbona avrebbero parlato e si sarebbero chiarito. O almeno ci avrebbe provato...
.... E all’improvviso era stato catapultato alla realtà grazie alla delicatezza del bagaglio a mano della signora difronte a lui che gli era sbattuto con violenza nello stinco, una realtà in cui avrebbe finalmente rivisto Ermal e avrebbe potuto abbracciarlo e “annusarlo” di nuovo. Corse quasi al gate per recuperare i bagagli e, quando finalmente si trovò all’uscita , lo vide.
Lui era in piedi appoggiato ad una delle transenne mentre parlava con Paolo, le gambe lunghe fasciate da un paio di pantaloni neri, o forse erano grigi, ma poco importava, una giacca rosso scuro appoggiata sulle spalle che, Fabrizio notò, lo faceva sembrare ancora più elegante e austero. Perché il rosso, il bordeaux, era il colore di cui si vestivano gli imperatori, e ad Ermal quel colore donava, perché per sua natura aveva quel portamento regale ed elegante che cozzava così fortemente con quello rude e “contadino” di Fabrizio ma che, allo stesso tempo, sembrava completarsi e rendere armonica anche la figura del più grande dei due. Infine gli occhi di Fabrizio si fermarono sul suo viso, leggermente rivolto alla sua destra, un leggero sorriso sulle labbra, la pelle chiara che risplendeva di una luce diversa rispetto a quella di cui si ricordava aver visto due mesi prima; era riposato, sicuramente più di quanto non lo fosse il giorno in cui si separaro, ed era radioso, come se fosse colmato da una felicità attesa, da un’ eccitazione che è lì, pronta ad arrivare ed essere gustata . Era il volto di un ragazzo; il volto di chi nonostante gli anni, nonostante le esperienze, riusciva a sorridere e a risplendere di una luce giovane e fresca. E se Ermal era la luce, Fabrizio con i suoi colori scuri, la pelle ambrata e il perenne velo di barba scura sul mento, rappresentava le ombre. Così diversi ma imprescindibili l’uno dall’altro.
Anche se pensava di essere stato lì immobile a fissarlo pe ore, non erano in realtà passati più che un paio di secondi e, prima che potesse realizzarlo, Ermal si era voltato di scatto e l’aveva visto. Il sorriso sulle labbra che si era ingrandito e il suo corpo aveva trattenuto l’istinto di saltare quella transenna per arrivare a raggiungere Fabrizio il prima possibile, ma pazientemente, gli era andato incontro alla fine delle transenne, e lì che si erano ritrovati. Si erano aspettati, per due lunghi mesi, e quando i loro occhi si incontrarono, gli sembrò che fossero capaci di raccontarsi tutto in quello sguardo: Come stai? Sembri stanco. Anche tu ma ne è valsa la pena. MI sei mancato. Volevo vederti. Ora siamo insieme. Era un flusso di parole che nessuno pronunciò ad alta voce, ma che entrambi sentirono e, quel discorso, si concluse solo quando Fabrizio si mosse di slancio e l’abbraccio. Ermal non tradiva emozioni sul volto,fatto salvo gli occhi, ma poteva sentirlo da come le sue lunghe dita stringevano la stoffa del giubbotto che indossava, che come lui, non vedeva l’ora di sentire il suo calore. Dovettero separarsi a malincuore quando Paolo, che aveva accompagnato Ermal in quel viaggio, gli si era avvicinato e aveva dato una pacca sulla spalla di Fabrizio “Non ci speravamo più. stavamo per darti per disperso” “Non me ne parlare, non ce la facevo più ad aspettare in aeroporto. Pensa te che ‘me so messo a fa il social su instagram tanto ero annoiato.” “Abbiamo notato” si intromise Ermal, ridendo piano e dando una leggera spinta con la spalla a Fabrizio. Avevano chiacchierato pochi minuti prima di ricordarsi che quello era un viaggio di lavoro, non una gita tra amici, una volta che lo staff dell’Eurovision era andato a prenderli all’aeroporto, guidandoli alla prima delle location in cui avrebbero girato la loro cartolina.
La giornata era passata così velocemente che Ermal e Fabrizio a stento avevano avuto più di un paio di minuti da soli per poter parlare, e se c’erano stati, molti erano finiti con l’essere immortalati dalle fotocamere dei loro cellulari in modo da condividere con i fan, che nonostante tutto restavano sempre quello di più importante esistesse per artisti come loro. E dopo una giornata in giro per Lisbona, si era trovato ricatapultato su un aereo in direzione di Porto; ma se sperava di poter finalmente avere circa un ora da spendere con il suo compare, dovette ricredersi perchè il destino era stato avverso e ora lo vedeva seduto dietro Ermal, anziché di fianco a lui come sperava. Ma il giovane l’aveva graziato di tanto in tanto, voltandosi verso di lui durante il volo, a volte scherzava e lo metteva in imbarazzo, altre volte iniziava a fare programmi su cosa avrebbe voluto vedere il giorno dopo ed era tutto un “Ho visto un posto fighissio dove andare a mangiare. Bisogna assolutamente fare un giro in città. E al mare, voglio andare a vedere il mare” e Fabrizio aveva annuito ad ogni richiesta, prendendo nota di quello che diceva perché lui l’avrebbe portato ovunque volesse, e aveva sorriso difronte all’entusiasmo infinito di chi entra in un nuovo paese per la prima volta e vuole scoprire ed assaporare tutto quello che il posto potrebbe dargli. Ma ogni volta che Ermal si voltava per sedersi composto e guardare davanti a se, il sorriso di Fabrizio si spegneva e, ad allietarlo, restava solamente la scia del buon profumo di shampoo dei capelli di Ermal che ondeggiavano leggeri ad ogni movimento della sua testa.
Quando erano arrivati al loro albergo a Porto era ormai passata la mezzanotte, tutti erano stanchi e di comune accordo avevano deciso di andare a dormire e riservare una bevuta alla serata successiva; Fabrizio per primo che, nonostante morisse dalla voglia di passare del tempo con Ermal e di poter finalmente parlare con lui, aveva suggerito di andare a risposare e ora si trovava nella sua stanza d’albergo, aveva appena finito di farsi una doccia ed era disteso sul letto con addosso i soliti vestiti che usava per la notte, che non era alto che un paio di boxer e una vecchia maglietta e, poggiati sul naso, gli occhiali da vista. Aveva lasciato le tapparelle alzate e, alla sua sinistra poteva vedere dalla grande portafinestra che dava sul terrazzino, le luci della città in lontananza. Ermal aveva la stanza accanto alla sua, probabilmente ora stava guardando la sua stessa scena, o forse dormiva già…. e tra quei pensieri, ormai sempre rivolti ad un una sola persona, si stava lasciando andare a dormiveglia, interrotto brutalmente dal leggero bussare alla sua porta. Si alzò in piedi di scatto, la speranza viva che dall’altro lato ci fosse il punto fisso dei suoi pensieri e, questa volta, le aspettative non lo tradirono.
Di fronte a lui c’era Ermal, sul viso un mezzo sorriso; “Dormivi?” gli aveva chiesto entrando nella stanza senza chiedere permesso, certo che Fabrizio non gliel’avrebbe mai impedito.“…non proprio” rispose quest’ultimo, passandosi una mano tra i capelli mentre osservava il più giovane farsi spazio in quella camera d’albergo. Aveva ancora addosso i vestiti di poco prima, messi su in maniera disordinata - alcuni bottoni della camicia lasciati aperti- ma quando gli era passato davanti, in quello spazio che improvvisamente si era fatto troppo piccolo, aveva potuto sentire il profumo neutro dei bagnoschiuma degli hotel e, guardandolo meglio, Fabrizio notò alcune ciocche di capelli ancora umide. Pensò che probabilmente si era preparato anche lui per andare a dormire ma, qualcosa l’aveva spinto a rivestirsi di fretta e a bussare alla porta accanto alla sua, sperando di trovare il suo ospite ancora sveglio. Ermal si sedette sulla poltrona all’angolo della stanza, le gambe leggermente divaricate, in una posizione comoda e rilassata, Fabrizio invece si era seduto sul bordo del letto e lo guardava, come a voler scorgere qualcosa di nuovo in quel viso e in quel corpo, finché Ermal non ruppe il silenzio: “Come stai?” gli chiese semplicemente, non la solita domanda di circostanza tra due conoscenti, quanto più un reale interesse nel sapere come stesse l’altro, come aveva passato quei mesi lontano da lui, come stessero i suoi figli e Fabrizio lo comprese,r rispondendo: “Bene, ora meglio” aveva abbozzato un sorriso “Sono un po’ in ansia per domani. Se questi iniziano a palare in inglese per favore intervieni tu. Non c’ho voglia di fa figure de merda” ; Ermal aveva riso e aveva annuito “Ti copro io, non ti preoccupare. Anche se vorrei vederti sfoggiare il tuo brillante inglese”. A quelle parole Fabrizio l’aveva fulminato e lui, ancora una volta, aveva riempito la stanza della sua risata.
Nonostante chiacchierassero, e nonostante dall’esterno sembrasse tutto normale tra di loro, erano entrambi consci del fatto che ci fosse un’area di tensione . Entrambi pensavano a quello che era successo tra loro due mesi fa, entrambi cercavano delle risposte, ma nessuno dei due osava parlare finché Ermal si era alzato dalla poltrona e era andato a sedersi accanto al più grande sul letto, l’aveva guardato dritto negli occhi e poi aveva appoggiato la sua guancia sulla spalla; Fabrizio, con un gesto naturale l’aveva abbracciato e stretto a se, cercando di cancellare con quella vicinanza l’ansia e la tensione accumulata tra i due. “Credo …che dovremmo riprendere un argomento che abbiamo lasciato ins sospeso due mesi fa” era stata la proposta del giovane cantante e Fabrizio non se l’era fatto ripetere “Lo credo anche io” aveva sussurrato su quelle labbra che aveva bramato per giorni e che ora, finalmente, erano di fronte a lui. Aveva avuto paura, paura che quel gesto istintivo fatto tempo prima non avesse avuto alcun significato, paura di essere rifiutato ma invece, era stato l’esatto opposto. Ermal si era avvicinato ancora di più a lui, le mani a raggiungere i bordi degli occhiali da vista che Fabrizio aveva su, per poi sfilarle via delicatamente e lasciarle cadere lontano da loro sul letto. Fabrizio aveva sollevato una mano sulla sua guancia e l’aveva accarezzata dolcemente con le dita segnate dagli anni passati a suonare la chitarra e, quando aveva sentito Ermal sospirare, chiudere gli occhi e lasciarsi andare in quel tocco, aveva avuto la certezza che anche lui non stesse aspettando altro che quel momento per suggellare finalmente un rapporto che aveva l’odore dell’amicizia ma che, una volta che ti ci eri avvolto, sapeva più di amore che altro.
Il bacio questa volta era stato diverso. Era stato deciso da entrambi allo stesso tempo, i loro visi che si erano inclinati in direzioni speculari e si erano avvicinati finché le labbra non si erano sfiorate. E Fabrizio si accorse ora, più che la prima volta, quanto le labbra di Ermal fossero morbide e piene, nonostante fossero sottili e quanto perfetta fosse la sensazione di averle a contatto con le sure. Ci volle poco però per trasformare quest’iniziale dolcezza in pura voglia dell’altro, e quando Ermal aveva schiuso le labbra, Fabrizio aveva approfondito il bacio; poteva sentire l’altro stringersi a lui, muovendosi lentamente, finché non si trovò quasi completamente disteso sul letto, il corpo sottile di Ermal premuto contro il suo e fu sorpreso nel notare come quest’ultimo avesse deciso di prendere in mano le redini di quella “confessione” che avevano iniziato. Si erano separati solo quando avevano sentito il bisogno di aria, Fabrizio aveva soffiato via una risata imbarazzata e felice e si era tirato Ermal addosso; nell’intera stanza c’era l’eco delle loro risate interrotte solo dalla voce roca di Fabrizio “Pensavo dovessimo parlare, non mi aspettato un attacco da parte tua” “Ma sta zitto, sei tu che hai attaccato me la prima volta. Io mi ci son trovato per colpa tua in questa situazione” ��….e ti dispiace?” Fabrizio aveva aspettato prima di fare quella domanda, perché aveva paura della risposta ma Ermal aveva fatto spallucce “Anche se fosse, ormai è troppo tardi. Di certo non me ne pento” “Non te ne pentirai neanche domani?” aveva continuato a chiedere, perché lui insicuro ci era sempre stato, non tanto di se stesso, ma di quello che gli altri provavano per lui; non voleva che quella piccola bolla di felicità che stavano creando insieme domani potesse essere distrutta dai dubbi di Ermal, o dai sensi di colpa per quello che avevano fatto e che stavano per fare, ma il riccio sopra di se aveva roteato gli occhi e aveva sospirato “…ma credi che se non fossi convinto di quello che stavo per fare, se non fossi consapevole di cosa andavo incontro stasera, sarei venuto a bussare in camera tua all’una di notte, Fabrì?” Ed era vero, Emal era un uomo, era adulto abbastanza da sapere cosa voleva e, se lo voleva veramente, andava lì a prenderselo come aveva fatto ora; allora Fabrizio si era tranquillizzato e aveva sorriso, certo ci sarebbero state delle conseguenze al loro comportamento, ma al momento nessuno dei due ci pensava e andava bene così. Andava bene continuare a tenersi stretti e a baciarsi con le luci di Porto che ancora brillavano fuori dalla finestra, con la piccola stanza d’albergo che iniziava ad impregnarsi dei loro profumi , con i loro respiri che diventavano più veloci, i sospiri più intensi, gli occhi lucidi dalla voglia e le mani che scorrevano veloci sui loro corpi.
Ermal si era ritrovato disteso sotto Fabrizio, la camicia lasciata aperta sul petto, le labbra rosse dal troppo baciarsi e i capelli scompigliati davanti agli occhi; Fabrizio si mordeva le labbra mente lo guardava dall’alto e pensava che, in vita sua, qualcosa di più bello non l’aveva mai visto, forse i suoi figli potevano reggere il paragone ma, in realtà , il sentimento che lo legava ai figli era completamente diverso da quello che lo legava ad Ermal,pertanto un paragone sarebbe stato inappropriato. “La smetti di fissarmi?” Aveva commentato l’oggetto del suo desiderio, “Sei bello” aveva risposto semplicemente lui “E tu sei ....” Ermal non aveva continuato, aveva solo ammiccato con un sorriso furbo quando la sua mano era andata a poggiarsi sull’erezione dell’altro, mal nascosta dalla stoffa sottile dei boxer. Fabrizio era arrossito improvvisamente, come se solo in quel momento avesse realizzato cosa avevano fatto al suo corpo le attenzioni che gli erano state rivolte fino a quel momento e, per dissimulare l’imbarazzo, aveva nascosto la testa nell’ incavo del collo di Ermal che, dal canto suo, aveva trovato la scena adorabile e l’aveva stretto forte, baciandogli la porzione di pelle della guancia che non era premuta contro di se . “Ma ti pare che ora a 40 anni ti vergogni per una cosa simile?” aveva chiesto intenerito ma divertito per la scena e Fabrizio, che ancora non ne voleva sapere di uscire dal nascondiglio nel quale si era rifugiato, aveva annuito solamente e allora fu Ermal ad agire questa volta. Abilmente spostò l’uomo sopra di lui dalla sua posizione e riuscì a spingerlo giù sul materasso mentre, velocemente, si sedeva cavalcioni su di lui. Si tolse la camicia e , aggrappandosi ai lembi della vecchia maglietta che indossava Fabrizio, lasciò anche lui esposto. Gli occhi di entrambi saettarono su quelle porzioni di pelle che erano state nascoste e, con attenzione, andavano ad imprimere ogni centimetro nella loro mente. Fabrizio faceva vagare gli occhi prima, le mani poi, sul petto glabro di Ermal, sulla sua pelle bianchissima che, si trovò a pensare, avrebbe voluto marchiare con segni di baci e morsi, mentre l’altro si soffermava a leggere e analizzare tutti i tatuaggi che, prima di allora, aveva visto solo parzialmente e, quasi meccanicamente, iniziò a tracciarne i contorni con la punta delle dita. Ci misero poco le mani ad essere sostituite dalle labbra, diventate esploratrici avide di conoscenza, vogliose di mappare quel territorio nuovo in modo da conoscerne ogni spazio, ogni punto,imparare la posizione di tutti i nei e lentiggini sulla pelle di uno e le leggere cicatrici ancora visibili sulla pelle dell’altro. Continuarono così, persi in quell’esplorazione finché finalmente non si trovarono nudi, uno di fronte all’altro, spogliati dei vestiti ma anche delle maschere e dei muri che avevano costruito fino a quel momento attorno a loro; si stavano mostrando all’altro per quello che erano veramente dicendosi in silenzio “Io mi fido di te. Voglio stare con te”.
E piano l’imbarazzo per quella situazione nuova era passato per entrambi e si erano abituati a toccare un corpo diverso da quello delle donne che avevano amato fino a quel momento, un corpo fatto di angoli e durezza più che di curve e pelle morbida; stavano imparando insieme dove e come toccare per darsi piacere e tutto sembrava, contrariamente alle aspettative, succedere così naturalmente che è come se fossero nati per trovarsi in quella situazione. I baci e le carezze lente durarono però poco, l’eccitazione di entrambi era troppo forte e, senza rendersene conto i sospiri diventarono gemiti, le risate urla di piacere fatte morire sulla pelle dell’altro e Fabrizio stringeva forte i fianchi di Ermal che, seduto sopra di lui, si muoveva veloce in un ritmo cadenzato. Sentiva le sue mani aggrapparsi al suo collo e, nonostante poco prima fosse stato sfrontato e deciso, ora gli sembrava così giovane e inesperto e si sentiva in dovere di “ripagarlo” per quello che stava facendo, così mosse una mano dalla schiena del più giovane, muovendola lenta tra i loro corpi per andare a dare piacere al suo amante, tanto quanto questo stava dandogliene. A quel contatto Ermal si scosse in un brivido e lo guardò con gli occhi languidi, ansimando un “Fabrì” con la voce più dolce che avesse e, Fabrizio ne fu certo, sarebbe stato difficile sentir pronunciare quel nomignolo senza che i venisse in mente questa serata. Gli lasciò un bacio scomposto sulle labbra mentre il ritmo della sua mano e dei loro bacini diventava sempre più frenetico, e allora Ermal lo spinse giù di nuovo, le lenzuola fresche a contatto con la sua schiena calda e sudata , le lunghe e affusolate dita di ermal poggiate sul suo petto, che facevano pressione per tenersi su, per reggersi mentre il corpo si muoveva veloce e Fabrizio godeva di quella visione e di quelle sensazioni; tutto era bellissimo, Ermal sopra di lui che gli regalava piacere, le loro voci basse che echeggiavano nella stanza, la luce dell’ abat-jour a creare giochi di luce e ombra sulla pelle sudata e non riuscì più a trattenersi. Venne per primo, aggrappandosi ai fianchi di Ermal e sussurrando il suo nome mente quest’ultimo lo guardava con un sorriso soddisfatto, come l’artista che guarda la sua opera competa e ne è felice perché è riuscito nel suo intento ma quel l’espressione durò poco poiché venne sopraffatta dalla stessa espressione di piacere che aveva pervaso Fabrizio poco prima. Tirò indietro al testa, i riccioli a sfiorargli il collo, mentre venne anche lui con un gemito più alto degli altri, macchiando i loro corpi con il frutto di quel piacere, o peccato; gemito che trovò la sua conclusione sulle labbra calde del suo amante che, ancora in estasi, si perdeva in quella scena.
“Come dovremo comportarci da domani?” la domanda di Fabrizio aveva rotto il silenzio nel quale si stavano crogiolando da un po’ dopo l’amplesso, Fabrizio disteso sulla schiena, il lenzuolo a coprirli le cosce e il busto per metà mente Ermal aveva appoggiato la testa sul suo petto e aveva abbandonato una mano sulla coscia dell’altro, sotto al lenzuolo. Quest’ultimo aveva alzato lo sguardo e inarcato il sopracciglio adornato dal piercing “come sempre?” aveva suggerito. “Cioè tu che prendi per culo all’infinito e io che passo per cretino?” Avevano riso entrambi ed Ermal aveva scosso la testa prima di tornare serio “Credo davvero che dovremmo comportarci come sempre ma con la consapevolezza in più che questo sentimento si è evoluto in qualcosa di più rispetto all’amicizia.” “Però posso baciarti ora, ogni volta che voglio vero?” Aveva continuato Fabrizio, riportando il discorso ad un tono più scherzoso e, come si aspettava, aveva sentito la risata di Ermal contro la pelle del suo petto “... che coglione” era stato il commento, seguito da uno schiaffo leggero sul petto tatuato. “Guarda che io ero serio...” aveva continuato Fabrizio, stringendolo di più al a se, finché il suo viso era completamente sprofondato in quei ricci bellissimo che aveva iniziato ad amare dal primo giorno in cui ci aveva passato le mani dentro. Ermal aveva sbuffato e aveva risposto spazientito “si ok ... come se non lo facessi già ogni volta che ti pare” “Ma non erano quelli I baci che intendevo” fu il commento che scappò dalle labbra del più grande, piegate in un sorriso malizioso che Ermal copiò commentando con un “Ah no?” “No” fu la risposta secca di Fabrizio che, sollevandogli il mento con un movimento delicato, per la millesima volta quella sera lo baciò, ma quel contatto non fu nient’altro che il pretesto per ricominciare tutto da capo e lasciarsi andare ai loro desideri ancora una volta.
Morfeo li accolse tra le sue braccia quando ormai era quasi l’alba, ma nessuno dei due se ne curò. Non si curarono del tempo che passava veloce e li portava vicini alla lunga giornata che li aspettava, non si curarono delle conseguenze che, inevitabilmente, il loro amarsi avrebbe causato a tutti quelli che gli stavano intorno, non si curarono di quanto questo sentimento potesse essere considerato sbagliato e innaturale perché per loro non lo era. Senza saperlo si erano aspettati per una vita e quando finalmente si erano trovati e, soprattutto, erano riusciti ad esprimere quello che realmente provavano, nessuno dei due aveva anche solo imaginato di rinunciarvi. Quello era solo l’inizio ma, stretti nelle braccia l’uno dell’altro, erano certi che avrebbero potuto affrontare qualunque cosa, come già avevano fatto e come stavano facendo. E con questi pensieri Fabrizio socchiuse gli occhi, riscuotendosi dal dormiveglia in cui era caduto, per guardare il viso addormentato di Ermal nella penombra e si sentì fortunato e completo come mai era stato in vita sua.
34 notes
·
View notes
Text
Doc, sono in vacanza a Lisbona col mio ragazzo e mi sono accorta ora di aver dimenticato la pillola Novadien di ieri. Sono alla prima settimana del blister e ho recuperato subito la pastiglia di ieri ma su internet ho trovato che potrei essere incinta ugualmente avendo avuto rapporti sia ieri che oggi. Cosa devo fare? Non ho credito nel cellulare per chiamare in Italia il mio ginecologo, mi può aiutare anche se sarà una scemenza? (Per favore privato perché non vorrei si vedesse il mio blog...)
Più che scomodare internet (dove potresti scoprire che sei incinta di uno Xenomorpho) basta leggere il foglietto illustrativo:
Se il ritardo è inferiore alle 12 ore Se prende la pillola non appena se ne ricorda lei è ancora protetta dalla gravidanza. Continui a prendere le pillole successive alla solita ora. Questo può significare prendere due pillole lo stesso giorno.
Se il ritardo è superiore alle 12 ore Se il ritardo nell’assunzione della pillola è superiore alle 12 ore, la protezione contro la gravidanza può risultare ridotta. Il rischio di una gravidanza è più elevato se dimentica di prendere la pillola all’inizio di una confezione o prima della fine di una confezione.
Cosa fare se dimentica di prendere la pillola alla settimana 1 Deve prendere l’ultima compressa dimenticata non appena se lo ricorda, anche se ciò dovesse comportare l'assunzione contemporanea di due compresse. Poi deve continuare a prendere le compresse alla solita ora. Deve anche usare un metodo barriera, ad es. il preservativo, per i 7 giorni seguenti. Qualora abbia avuto rapporti sessuali durante i 7 giorni precedenti, deve prendere in considerazione la possibilità di una gravidanza. In questo caso, chieda consiglio al medico appena possibile.
Che tu possa essere o meno gravida, il saperlo va purtroppo oltre le mie capacità mantiche.
2 notes
·
View notes
Text
Il tuo buon cuore per me IV
Continuando le mie storie sul cornuto (Il suo buon cuore a me III , II e I ) Vi dirò il tempo in cui ho scoperto che ero già stato cornuto con la mia buona fidanzata Ana senza che me ne fossi reso conto, sì.
Non è un becco viziato dalla mia prima esperienza come cornuto sottomesso e viziato di cui ti ho parlato è stato il primo.
A quello che stiamo andando, dopo quel primo venerdì in termini di condizioni, la settimana è passata, ci siamo chiamati ogni giorno e la cosa è accaduta come in una relazione normale senza perdere alcuna altra allusione alle mie corna (qualcosa che mi ha riempito di gioia), quel fine settimana, non l'ho vista, stavo aspettando la sua telefonata sabato e domenica ma come sporadica amante è tornata a Lanzarote sabato pomeriggio e come lei domenica sarebbe uscita con i suoi amici per raccontare le sue nuove esperienze, perché ... … .. non gli ho dato molta importanza; Anche se non potevo allontanarmi dal telefono come uno sciocco innamorato.
Non volevo chiederle perché non chiamasse, poiché mi aveva già avvertito che avrebbe saputo le cose al momento giusto e quando lo riteneva opportuno dirlo, non avevo il diritto di chiedere spiegazioni di alcun tipo, era giustamente giudice e carnefice per me, come si suol dire, o anche che avevo solo il diritto di vedere, ascoltare, tacere e ricambiare, riguardo alla mia condizione.
Il fine settimana successivo, non avevamo parlato di nulla e lei era stata così pigra non dire una parola su ciò che avremmo fatto e non su nulla di simile alle mie prime corna, sembrava un altro fine settimana di quelli di una volta, quando l'ho incontrata , andare in mensa, al cinema, a cena, a fare una passeggiata, quei fine settimana normali ...
Avevamo concordato che quando avessi finito l'allenamento, sarei venuto a cercarla a casa sua, e così è stato, quel giorno in allenamento ho raggiunto punteggi eccezionali, grazie al buon cuore della mia ragazza Ana, ero sempre stimolato a non sapere cosa aspettarmi quando ho finito e se ciò non lo avesse fatto al massimo grado, avevo migliaia di immagini mentali del cazzo del fine settimana precedente, ne avevo più che sufficienti, avevo più sensazioni e ricordi al minuto che nella maggior parte delle relazioni tradizionali di molti dei miei amici….
Sulla strada per casa sua, una moltitudine di dubbi mi stavano attaccando, cosa avrei fatto? Cosa avrebbe fatto a me? Con chi avrei tradito questa volta? Dato che Carlos se ne era andato ... Chi avrebbe tracciato il suo innocente e allo stesso tempo mente così temuta ………. ?????.
Presto sarebbe noto.
Quando sono arrivato ho chiamato il suo appartamento e pensando come sempre che sarebbe andato giù poiché i suoi genitori sono quasi sempre a casa, gli ho detto, quando ha risposto
-Low, sono qui, ma lei mi ha risposto …… ..
* No, arriva un brutto momento, ho pensato tra me e me, le mie paure sarebbero state confermate?
-I tuoi genitori? (Non sono mai stato a favore di andare molto a casa delle mie amiche con i loro genitori, dice molto sulla persona)
* Sali, non ti preoccupare, ok
Quando arrivai alla sua porta, la aprì per me e disse di entrare, (ero vestita, quindi tutti i miei pensieri furono immediatamente diluiti a parte pensare che i suoi genitori fossero come sempre a casa.
È che aspetto il mio capo che devo dargli alcuni elementi grafici di cui ha bisogno e che mi ha chiesto questo pomeriggio per l'incontro di mercoledì.
-Niente amore silenzioso
Deve essere all'arrivo, ha detto che verrebbe alle 22:30, ed erano le 22:26, quindi sarebbe all'arrivo
-Ok, ho risposto
Sono andato in soggiorno
Mi ha chiesto se volevo bere qualcosa
-no grazie, ho risposto con attenzione
Lì i suoi genitori stavano finendo di vestirsi da quando uscivano a cena con alcuni amici (che coincidenza, no ???????, pensavo tra me e me), li conoscevo già (li avevo incontrati qualche mese fa, da quando Mi hanno invitato a cena per incontrare il nuovo ragazzo della figlia, mi avevano sempre detto che era un bravo ragazzo, non solo fisicamente ma era molto gentile ed educato e lei aveva sempre detto loro che voleva che io fossi l'uomo definitivo in lei la vita e sua madre lo videro con buoni occhi.
Oddio, se avessero saputo che la brava figlia di lei ha messo a soqquadro il suo ragazzo e che lo ha trattato come un cornuto e lui ha acconsentito completamente.
Cosa avrebbero pensato, mio Dio, ho pensato mentre li vedevo avvicinarsi per salutarmi.
Il padre venne a stringermi la mano e mi chiese come andava tutto, e la madre mi diede due baci e mi disse che erano già in ritardo, quindi non erano lì da molto.
Ana è arrivata e ci siamo seduti a guardare la TV mentre aspettavamo il suo capo
+ Prendi qualcosa su cui fare uno spuntino, vuoi ancora mangiare qualcosa e non bere (disse la madre).
-No grazie, non mi sento niente.
+ hehehehe, non c'è da meravigliarsi che tu sia così magro, che non mangi mai nulla
* Lo conosci mamma, si prende cura di se stesso per me (e che in parte non era tutta la verità, si è preso cura di me e poi di lei)
A quello che suo padre ha aggiunto dalla sala, beh, tutto l'esercizio che fai se non mangi …………, male
Nel frattempo chiamarono di sotto, era il capo di Ana
+ Lo aprirò per te, disse suo padre
Salì, lo salutarono poiché non era la prima volta che veniva a casa della mia ragazza per cercare quello che gli aveva ordinato di fare e andava direttamente nella stanza per raccogliere le carte, arrivò come se avesse fretta. Prima di andare nella stanza che mi ha presentato, avevo sentito molto parlare di lui ma non lo conoscevo
In quel momento i suoi genitori si salutarono e se ne andarono
Questo è il mio ragazzo
+ Ah, ciao, non ti ho visto, Ana mi ha raccontato molto di te, quindi lo dai anche al computer (ha una società di pubblicità su Internet), eh?
* Un po ',
+ beh niente, felice
+ lo stesso che dico
Rimasi in salotto mentre andavano al computer a guardare i grafici, ebbene i diagrammi di flusso che gli avevo ordinato di fare.
* Tesoro, non stare in salotto da solo, vieni se vuoi, mi sono alzato e me ne sono andato.
Erano lì davanti al monitor a guardare attentamente ciascuna delle carte che avevo chiesto
In qualsiasi momento ..... come 3 minuti
* Tesoro, devo dirti una cosa, disse ad alta voce e senza guardarmi
In quel momento il suo capo avvertì qualcosa, con il suo rapido movimento della testa, guardandola con una faccia terrorizzata come se sapesse cosa avrebbe detto
Ti ho tradito con Isaac (il suo capo)
Il suo capo era più spaventato di me, a dire la verità mi stava accigliando dentro, dopo quello che è successo l'altro giorno che sembrava uno scherzo, forse sarei dannato a pensare che mi stesse ingannando prima di farmi il suo becco viziato, ma ora era quello che di meno, se ero lì era perché volevo, e anche tutto ciò che ha prodotto così tante nuove sensazioni
+ Ana, ma che ne dici? (Il suo capo rispose come con una faccia innocente e allo stesso tempo falso) * Dai Isaac, parlagli del mese di dicembre in cui la convention di Lisbona, calmati, non succede nulla, digli come mi hai fottuto e paragonato a tua moglie, e quanto volevi dirmi che hai avuto da quando mi hai incontrato per metterla in una giovane figa come la mia. Dai, digli tutto quello che mi avevi promesso se avessi accettato di dormire con te, sulla nuova filiale, sulla posizione all'indirizzo, sul mio ufficio ...
+ Ehi Ana, se hai problemi tra di te, ti lascerò e tornerò un'altra volta, direbbe mezzo balbettare e arrossire e pensare che questo renderebbe il pacchetto funzionante (penseresti che avrebbe iniziato a mettere Ostias a destra e sinistra, o che avrebbe iniziato per aumentare il numero della capra o per giurare in aramaico), finì di dire questo e aprì di nuovo la bocca guardando Ana e disse: beh, ci vado.
* non ti preoccupare Isaac, non gli importa, ma che ne dici ?, aggiunse, si avvicinò a Isaac e prendendo Ana per mano dice * guarda e prendendo la mano destra verso i pantaloni la strofina sulla confezione in quel momento Ana mi dice: * Sai cuckold cosa devi fare
E infatti sapevo già cosa dovevo fare. In una posizione sottomessa mi avvicinai alla mia ragazza e mi inginocchiai chiedendole di tradirmi con il suo capo, di umiliarmi di fronte a lui, che il mio ragazzo e le mie possibilità sessuali per lei erano pochi per soddisfarla come una femmina.
* Tira fuori il nostro impegno, la mia vita e prendi dalla mia giacca la fotocopia che aveva fatto della sua politica cornuta e dandola al suo capo, ha iniziato a leggere con uno stronzo perché non capiva ed era poco più che perplessa
Ma al momento in cui stava leggendo, un sorriso era disegnato sulla sua faccia rilasciando un sorriso meno offensivo
In quel momento ha capito tutto + Joderrrrrrr, Ana, tu sei l'ostia, hai il tuo ragazzo viziato, il latte, e avevo paura perché gli avevi detto che mi avevi tradito.
* Alleva il becco, sai cosa devi fare
Preparati, voglio che tu veda come ti tradisco con il mio capo.
A quel tempo la mia ragazza stava già prendendo piede con il suo capo, in un morreo senza altro, mi aveva sempre detto che gli uomini più anziani l'avevano messa, ma lui aveva 51 anni, e sebbene non fosse cattivo per l'età non era un adolescente, era quell'aspetto che piace alle donne mature, ma che aveva una piccola curva di felicità, che secondo lei le dava una visione davanti agli occhi di una cagna quando la succhiava e quindi più umiliazione per le mie viscere.
Lei che mi ha sempre considerato il suo atleta, il suo bambino, la sua carnagione ben definita e atletica, ed era vero, tutto era vero, praticava l'atletica leggera, era carnagione magra, filante, atletica e il viso di un bambino perché anche se aveva 29 anni sembrava 5 in meno, a volte, a seconda di come si vestiva, sembrava più vecchia di me, ma questa è un'altra storia che non mi viene in mente adesso.
Ma sì, amici, a contemplare che questa persona non era come me, mi ha riempito di soddisfazione e allo stesso tempo umiliazione, dato che avevo il diritto di scopare la mia ragazza e io come cornuto sottomesso e ho acconsentito a guardare, unirmi e godermi nella misura in cui Potrei, ah, essere felice soprattutto; questo è ciò che ha reso la mia ragazza più gioiosa e anche io ................
+ Senti ragazzo, mi dice, so che Ana è la tua ragazza, ma ora quello che la scoperà di nuovo è il suo capo, questa è la menda * Ben detto Isaac, che scopre una volta per tutte cosa significa essere cornuto
Mi ordinò di spogliarmi senza ulteriori indugi, mentre si strofinavano i vestiti. * Oggi tesoro ho 2 sorprese per te, quale vuoi darti prima, quella buona o la migliore?
Avevo già paura del peggio, per un momento ho pensato a tutti gli abitanti del suo portale che incoraggiavano i suoi genitori a nascondersi nel bagno, o ... beh, la quantità di cose bombardanti che mi passavano per la mente era infinita.
- Quello che vuoi per primo, amore mio *, va bene
* Quando finisci di spogliarti, resta con le mutande e apri questo pacchetto, è un regalo.
Così ho fatto, ho conservato le mutande e ho iniziato ad aprire un pacchetto più o meno ingombrante e goffamente avvolto quando …….
* Guarda Isaac, che pantaloncini indossa il mio uomo, ti stanno benissimo, amore, sei qui per mangiare te stesso, ti favorisce e allo stesso tempo ti rende più irresistibile; Peccato che non puoi approfittarne mostrandoli a una ragazza e poi toglierli e passarla sopra la pietra, giusto, amore? ? Giusto? Giusto?
-Se la vita hai ragione, io sono tuo e solo tuo, mentre ti dai a chiunque mi diverta solo che fai. + Cazzo Ana, come l'hai domato, ha aggiunto il suo capo
E davvero quei pantaloncini mi stanno bene, il mio ultimo Calvin-Klein, alcuni speciali in microfibra che hanno segnato di più il mio culo stretto e mi hanno dato un tocco più aggressivo al Bruce Lee, segnando i muscoli ovunque, e cioè amici, Mi sono preso cura di me stesso, delle flessioni, dei sit-up, della palestra, dell'atletica leggera e di tutto per una ragione ovvia, volevo dare alla mia ragazza il meglio di me, perché? perché mi ha dato nella sua giusta misura il meglio di lei. Anche se è anche vero che ho rafforzato la mia autostima con le ragazze e questo era evidente nei loro sguardi quando mi vedevano in pantaloncini, ma questa è acqua vecchia, non potevo più approfittarne, ero diventato il loro cornuto sottomesso e consensuale e tutto questo è rimasto solo piacevoli ricordi del passato.
0 notes
Text
The one where they got interrupted
Ormai aveva perso la cognizione del tempo.
Fissava il mare da minuti, forse ore, e non aveva più la minima idea di cosa succedesse attorno a lui.
L'unica cosa a cui riusciva a pensare era Ermal.
La decisione di fare vacanze separate - pur avendo entrambi l'estate quasi completamente libera da impegni - non era stata presa a cuor leggero. Anzi, avevano ragionato parecchio su come gestire quella situazione, su come comportarsi ora che stavano insieme (anche se in realtà nessuno a parte loro ne era a conoscenza) e che finalmente avevano entrambi del tempo libero per concedersi una vacanza.
Alla fine, nonostante a entrambi dispiacesse prendere quella decisione, avevano scelto di non trascorrere le vacanze insieme.
Ermal era partito prima per gli Stati Uniti con suo fratello, poi era stato in Grecia con degli amici, mentre Fabrizio aveva deciso di dedicarsi alla sua famiglia trascorrendo le vacanze in una graziosa villetta in Sardegna, insieme ai suoi figli ed estendendo l'invito anche a Giada.
I bambini erano stati subito felici di passare le vacanze insieme a entrambi i genitori, anche se Fabrizio e Giada avevano messo le cose in chiaro fin da subito spiegando che passare le vacanze insieme non significava che sarebbero tornati a vivere tutti sotto lo stesso tetto.
Insomma, entrambi avevano deciso di organizzarsi separatamente, anche per preservare la loro relazione di cui - così credevano loro - nessuno sapeva nulla.
Ma dopo quasi un'intera estate passata a vedersi e sentirsi solo grazie a un telefono, la situazione aveva iniziato a diventare insopportabile. Ed era stato in quel momento che Ermal aveva deciso di raggiungere Fabrizio.
"Non è poi così strano che qualcuno vada a trovare un amico in vacanza, no?" aveva detto durante una delle loro telefonate.
E così Fabrizio ne aveva parlato con la sua famiglia. Giada aveva risposto tranquillamente che per lei non c'era nessun problema, la casa era grande abbastanza per tutti, e i bambini avevano accolto la notizia con gioia.
Ed ecco che in quel momento Fabrizio se ne stava a fissare il mare, in attesa che Ermal arrivasse.
Era teso, agitato come lo era stato poche volte prima.
Sapeva che non lo avrebbe potuto salutare come meritava e come avrebbe voluto - sarebbe stato difficile spiegare la situazione alla sua famiglia - e non aveva idea di come avrebbe fatto a resistere alla tentazione di buttarsi tra le sue braccia.
Sospirò abbattuto e si voltò per rientrare in casa, e a quel punto lo vide.
Ermal se ne stava appoggiato allo stipite della porta a vetri che conduceva in giardino, e lo fissava sorridendo.
"Da quanto sei qui? Non ti ho sentito arrivare" chiese Fabrizio rimanendo immobile.
Ermal fece qualche passo verso di lui, tenendo le mani affondate nelle tasche dei jeans. "Qualche minuto. Sembravi così concentrato, non volevo disturbarti."
"Ma smettila" disse Fabrizio raggiungendolo e gettandogli le braccia al collo.
Lo strinse a sé, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo mentre Ermal gli stringeva i fianchi.
Gli era mancato così tanto.
Gli era mancato il suo profumo, il suo sorriso, la sua risata. Gli era mancato persino il suo modo esagerato di offendersi per ogni minima cosa.
"A che pensavi?" chiese Ermal a bassa voce, ancora stretto a lui.
"A te."
Ermal lo strinse un po' di più e chiuse gli occhi mentre il suo profumo gli invadeva i polmoni.
Anche lui aveva sentito la mancanza di Fabrizio, in quelle settimane. Era stato quasi insopportabile il vuoto che aveva sentito a trascorrere così tanto tempo lontano da lui.
"Mi spiace di non essere arrivato in tempo per il compleanno di Libero" si scusò Ermal scostandosi per guardare Fabrizio in faccia.
Il più grande scosse la testa. "Non importa. L'importante è che tu sia qui ora."
Ermal sorrise pizzicandogli leggermente un fianco, mentre Fabrizio si concedeva il lusso di accarezzargli una guancia e avvicinarsi a lui per baciarlo, approfittando del fatto che fossero completamente soli.
Erano a pochi centimetri di distanza quando sentirono la voce di Anita provenire dall'interno della casa.
"È arrivato Ermal!" esclamò la bambina uscendo in giardino e costringendo i due uomini ad allontanarsi.
Fabrizio gettò a Ermal un'occhiata dispiaciuta, ma il più giovane sorrise senza mostrare il minimo segno di fastidio.
Poi si voltò verso Anita, che nel frattempo li aveva raggiunti, e disse: "Ciao, principessa!"
La bambina sorrise allargando le braccia, pronta a farsi prendere in braccio da Ermal.
Fabrizio rimase a fissare la scena sentendosi quasi di troppo mentre il suo fidanzato prendeva in braccio sua figlia e la stampava un bacio sulla guancia.
Anita si sfregò una mano dove un attimo prima si erano posate le labbra di Ermal fingendosi schifata, ma poi gli allacciò le braccia al collo e appoggiò la testa sulla sua spalla.
Ermal guardò Fabrizio e sorrise. "Quanto potere ho su questa famiglia."
Fabrizio si ritrovò ad annuire. Sembrava davvero che tutti pendessero dalle sue labbra, lui per primo.
"Questa è una delle cose che ho sempre amato delle cene a casa tua" disse Ermal, osservando il bicchiere di vino mezzo vuoto che teneva in mano.
Non era il primo della serata e probabilmente non sarebbe stato nemmeno l'ultimo.
A cena avevano bevuto più di quanto avrebbero dovuto e, dopo aver sparecchiato e lavato i piatti, avevano deciso di uscire in giardino con l'ennesima bottiglia.
Di certo il loro obiettivo non era ubriacarsi, ma in fin dei conti erano in vacanza e potevano concedersi qualche bicchiere in più.
"E io che pensavo che tu venissi a cena a casa mia solo ed esclusivamente per vedere me" rispose Fabrizio. Poi svuotò il proprio bicchiere e lo riempì nuovamente, passando la bottiglia a Ermal un attimo dopo.
Ermal riempì il proprio bicchiere - nonostante non fosse ancora del tutto vuoto - e poi posò la bottiglia a terra, sistemandosi comodamente sulla sdraio di plastica.
Fabrizio - sulla sdraio accanto - lo fissò per qualche attimo mentre cercava di sistemarsi senza rovesciare il contenuto del bicchiere.
Era bellissimo Ermal, quella sera.
Non che solitamente non lo fosse, ma quella sera sembrava esserlo un po' di più.
Le guance leggermente arrossate - un po' per il caldo e un po' per il vino - e lo sguardo lucido, ricordavano a Fabrizio la sera del loro primo bacio. Anche quella volta, salutandosi di fronte alle proprie camere d'albergo dopo la vittoria a Sanremo, Ermal aveva quella faccia. Anche quella volta avevano bevuto un po' troppo ed era stato inevitabile scambiarsi quel bacio. Un impulso dettato dall'assoluta mancanza di freni inibitori e di cui entrambi credevano si sarebbero pentiti, ma che in realtà era stato solo l'inizio di tutto.
E poi c'erano i capelli scompigliati dal vento, che a Fabrizio ricordavano tanto la sera prima della finale dell'Eurovision, quando si erano affacciati al balcone della loro camera - la camera di Fabrizio, ma in cui per tutta quella settimana aveva dormito anche Ermal - ed erano rimasti a fissare le luci di Lisbona stretti in un abbraccio.
Quella sera Ermal era così bello che Fabrizio lo avrebbe fissato anche per tutta la notte.
"Diciamo che tu sei una buona compagnia, ma se mi piace così tanto stare da te è principalmente merito del vino" replicò Ermal.
Fabrizio bevve un sorso e poi posò il bicchiere a terra, accanto alla bottiglia. "E se la prossima volta non ti facessi trovare nemmeno un goccio?"
Ermal si strinse nelle spalle mentre beveva un po' di vino e poi posò il bicchiere vicino a quello di Fabrizio.
"Ah, fai spallucce? Prima dici che a casa mia ci vieni principalmente per il vino e ora fai così? Allora non ti fa tanto schifo se manca il vino. Allora ti accontenti della mia compagnia" scherzò Fabrizio.
"Beh, non esageriamo. Dipende cosa offre la tua compagnia" disse Ermal, voltandosi verso Fabrizio e mordendosi il labbro inferiore con fare ammiccante.
Lo stava provocando e Fabrizio aveva tutte le intenzioni di cogliere le sue provocazioni.
"Non saprei. Tu cosa vorresti?"
Ermal si alzò rapidamente dalla sua sdraio e andò a sedersi sul bordo di quella di Fabrizio, mentre il romano si sollevava leggermente in modo da rimanere seduto e più vicino al compagno.
"Tu sai benissimo cosa voglio" sussurrò Ermal avvicinandosi pericolosamente a Fabrizio.
Il più grande inclinò la testa di lato, pronto finalmente a ricevere un bacio da parte del fidanzato.
Ma quando ormai le labbra stavano per toccarsi, la porta a vetri si aprì con uno scatto spingendoli a distanziarsi.
Giada uscì in giardino con la sigaretta già tra le labbra e un accendino in mano.
Sembrava non essersi minimamente accorta di loro, né di quanto fossero stati vicini fino a pochi secondi prima, ma nessuno di due aveva intenzione di rischiare.
Ermal si schiarì la voce e poi, alzandosi in piedi, disse: "Io vado a dormire. Ci vediamo domani."
Pochi secondi dopo scomparve all'interno della villetta, lasciando Fabrizio a cercare di trattenere una lunga serie di imprecazioni.
Svegliarsi all'alba anche durante le vacanze, di certo non era tra i programmi di Fabrizio. Ma in realtà, a essere onesti, non aveva dormito affatto.
Non aveva fatto altro che fissare il soffitto e rigirarsi tra le lenzuola, con il pensiero che Ermal fosse nella stanza accanto alla sua.
Era stata di entrambi la decisione di dormire in camere separate vista la situazione e soprattutto visto che Fabrizio non avrebbe avuto la minima idea di come giustificare la cosa con i bambini. Ma dopo settimane di lontananza, per Fabrizio era davvero troppo difficile restare a dormire sapendo che Ermal era vicino a lui, ma oltre un muro.
Così alla fine non aveva chiuso occhio.
Appena il sole aveva iniziato a sorgere, si era alzato e si era diretto svogliatamente in cucina. Non aveva ancora avuto un attimo di tempo per restare con Ermal, ma nulla avrebbe potuto impedirgli di preparargli la colazione come gli piaceva fare quando si risvegliavano l'uno accanto all'altro.
Sapeva che Ermal non avrebbe dormito a lungo - ammesso che avesse dormito almeno un paio d'ore in tutta la notte - e che probabilmente si sarebbe alzato non appena avesse sentito odore di caffè nell'aria, quindi riempì la caffetteria e la mise sul fornello, dedicando poi le sue attenzioni alla scelta dei biscotti da mettere in tavola.
Aveva dimenticato di comprare i biscotti preferiti di Ermal e sapeva che odiava quelli che solitamente mangiava lui. I bambini però avevano insistito per comprare un pacco formato famiglia di Pan Di Stelle, che a detta di Ermal erano decisamente meglio.
Stava per afferrare il pacco dalla dispensa quando sentì improvvisamente un braccio stringergli la vita.
Sobbalzò sorpreso, rendendosi conto appena un secondo dopo che si trattava semplicemente di Ermal.
Si rilassò contro il suo petto e sorrise. Le braccia di Ermal erano senza dubbio il posto in cui preferiva stare in assoluto.
"Buongiorno" sussurrò Ermal al suo orecchio, chinandosi poi per lasciargli un bacio sul collo.
Fabrizio sospirò. "Buongiorno. Hai dormito bene?"
"No, per niente. Avrei dormito meglio insieme a te."
Fabrizio si girò tra le sue braccia e gli passò una mano tra i capelli. Quanto gli era mancato anche solo quel gesto così banale.
Ermal si sporse verso di lui per baciarlo, ma Fabrizio si scostò nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.
"Oh, ma che fai? Non ti posso baciare?" chiese Ermal indispettito.
"Non mi sono ancora lavato i denti."
"E capirai che problema, Bizio."
Era sincero. Non era assolutamente un problema, non lo era mai stato.
Con Fabrizio non si era mai preoccupato di evitare di baciarlo appena sveglio, o cose del genere.
Fabrizio, però, sembrava di tutt'altra idea.
Senza spostarsi di un millimetro, cominciò a baciare il collo di Ermal, a mordicchiargli leggermente la pelle senza preoccuparsi di non lasciare segni.
Ermal inclinò la testa di lato, lasciandogli più spazio, e sospirò.
Da quando si erano visti, non erano riusciti nemmeno a scambiarsi un bacio e quelle attenzioni lo stavano mettendo in seria difficoltà.
Non poteva negare che Fabrizio gli fosse mancato anche fisicamente e che averlo così vicino in quel momento, dopo settimane di lontananza, lo stava tentando anche troppo.
Se solo avesse potuto, lo avrebbe trascinato nella prima stanza vuota e avrebbe fatto l'amore con lui fino a togliergli il fiato.
Ormai totalmente preso dalle attenzioni che Fabrizio gli stava riservando, Ermal lo spinse contro il bancone della cucina, finendo inevitabilmente per fargli notare l'erezione che si nascondeva dei suoi pantaloni.
Fabrizio sorrise compiaciuto, mentre la sua mano si avvicinava al bordo dei pantaloni del compagno, con il solo scopo di intrufolarsi al loro interno e dargli un po' di sollievo.
"Ti prego" mormorò Ermal.
"Cosa vuoi che faccia?" chiese Fabrizio sfacciatamente.
Vedere Ermal supplicarlo era già abbastanza divertente, ma non gli sarebbe dispiaciuto sentirlo dire esplicitamente che voleva che si prendesse cura di lui in quel preciso istante, in mezzo alla cucina.
Ermal, però, non ebbe tempo di replicare.
Poco lontano da loro, una porta si era aperta e Fabrizio - grazie al familiare cigolio che ormai aveva imparato a riconoscere - aveva capito che si trattava della camera dei bambini.
Si scostò velocemente da Ermal appena in tempo per vedere Libero entrare in cucina.
"Ciao, Lì" lo salutò Fabrizio, fingendo che fosse tutto normale.
Libero aggrottò la fronte e disse: "Ma non vi siete accorti che la caffettiera fa rumore?"
Fabrizio si precipitò verso il fornello, spegnendolo immediatamente.
"Stavamo parlando e ci siamo un po' distratti" disse Ermal, cercando di salvare la situazione.
"Doveva essere una cosa interessante se non vi siete accorti di niente" commentò Libero.
Ermal e Fabrizio si scambiarono un'occhiata, nascondendo un sorriso.
Sì, era decisamente qualcosa di interessante.
"Non mangi?"
Ermal sollevò lo sguardo sentendo la voce di Anita. La bambina, seduta accanto a lui, lo fissava preoccupata.
In effetti, non aveva quasi toccato cibo da quando si era seduto a tavola.
"Non ho molta fame" rispose Ermal.
Non era esattamente quello il problema. Il fatto era che iniziava a essere nervoso.
Era arrivato da più di ventiquattro ore e ancora non era riuscito a dare nemmeno un bacio a Fabrizio. C'era sempre qualcuno o qualcosa che li interrompeva, ed era certo che le cose non sarebbero state diverse quella sera, visto che Claudio li aveva raggiunti.
Come se in quella casa non ci fossero già abbastanza persone.
Forse non era stata una grande idea raggiungere Fabrizio. Forse avrebbe dovuto aspettare che Fabrizio tornasse a Roma.
"Stai bene?" chiese Fabrizio, seduto di fronte a lui.
Ermal cercò di abbozzare un sorriso e annuì. Poi si alzò e disse: "Esco un attimo a fumare."
Appena uscì in giardino e l'odore del mare gli invase le narici, Ermal si sentì subito meglio. Pensava ancora che non fosse stata una grande idea raggiungere Fabrizio in Sardegna, ma almeno c'era il mare.
Il mare per lui era vita, era gioia, sarebbe sempre stato un rimedio a qualsiasi problema.
Prese una sigaretta dal pacchetto mezzo vuoto che aveva nella tasca destra, poi affondò la mano nella tasca sinistra alla ricerca dell'accendino, non trovandolo.
Probabilmente lo aveva lasciato in camera e in quel momento non aveva nessuna voglia di tornare in casa. Voleva solo restare lì per qualche minuto, a godersi il panorama e un po' di aria.
"Sicuro che sia tutto ok?"
Ermal sorrise. In fondo lo sapeva che Fabrizio avrebbe capito che qualcosa non andava e lo avrebbe raggiunto.
"Non è da te non toccare cibo" disse ancora Fabrizio qualche secondo dopo.
"Sono un po' stressato. Me lo immaginavo diverso il nostro incontro" rispose Ermal sinceramente. Non avrebbe avuto senso tenere nascosto il motivo del suo malessere.
"Lo so, mi dispiace."
"Possiamo trovare un momento per stare insieme, solo io e te? Ti prego, Bizio" disse Ermal voltandosi verso di lui.
Fabrizio sorrise teneramente, allungando una mano verso Ermal e intrecciando le dita con le sue. "Farò il possibile, amore. Intanto, però, visto che siamo soli..."
Ermal sorrise vedendo Fabrizio sporgendosi verso di lui.
Era solo un momento, pochi secondi di pace e solitudine. Avrebbero avuto giusto il tempo di un bacio, ma per il momento poteva farselo bastare.
"Ce la fai a baciarmi o devo farlo io?" mormorò Ermal, con le labbra che ormai stavano per sfiorare quelle del compagno.
Ebbe appena il tempo di terminare la frase, che Claudio uscì dalla villetta con il telefono tra le mani.
Fabrizio si allontanò di scatto, mentre Ermal sospirò frustrato attirano l'attenzione di Claudio, il quale li fissò per un attimo e disse: "Continuate pure, tanto ormai lo sappiamo tutti che non vedete l'ora di saltarvi addosso."
Poi si premette il cellulare all'orecchio e girò oltre l'angolo della casa, lasciando Ermal e Fabrizio nuovamente soli.
Rimasero in silenzio per un po' fino a quando Fabrizio trovò il coraggio di dire: "Forse non siamo stati così attenti a tenere la cosa nascosta."
"Ma dai, cosa te lo fa credere?" disse Ermal.
Si scambiarono un'occhiata e un attimo dopo scoppiarono entrambi a ridere.
Si era preoccupati inutilmente, non solo in quelle ultime ore insieme, ma anche e soprattutto nei mesi passati.
Avevano sempre cercato di tenere nascosto ciò che c'era davvero tra loro, di fingersi semplicemente amici agli occhi di tutti - soprattutto delle loro famiglie - e non era servito a niente.
Ermal si domandò per un attimo se fossero stati semplicemente poco attenti o se ciò che provavano l'uno per l'altro fosse così palese da non poter essere nascosto.
La seconda opzione era quelle a cui preferiva credere.
"Direi che questa notte puoi dormire in camera mia" disse Fabrizio.
"Ah, si dice dormire?" chiese ironicamente Ermal.
Fabrizio sorrise. Poi, senza aspettare un secondo di più, lo baciò.
Ermal si strinse a lui ricambiando il bacio, ed entrambi sentirono chiaramente la voce di Libero dire: "Era ora" e quasi contemporaneamente Anita dire: "Che schifo."
Così come un attimo dopo sentirono Giada sgridare i bambini dicendo: "Smettetela di spiare vostro padre dalla finestra."
Ma onestamente, a Ermal e Fabrizio non sembrava importare.
In quel momento avevano cose più interessanti da fare.
11 notes
·
View notes
Text
5 mete alternative per visitare l’Europa risparmiando
New Post has been published on https://calabriawebtv.com/5-mete-alternative-per-visitare-leuropa-risparmiando/
5 mete alternative per visitare l’Europa risparmiando
Le vacanze estive sono ormai un ricordo sbiadito che si fa largo di tanto in tanto sui social al grido di #memories o #tbt. Mentre quelle di Natale, nonostante i primi panettoni inizino già a fare capolino nelle pasticcerie, sembrano ancora un lontanissimo miraggio. Che cosa si può fare, dunque, per soddisfare la voglia di viaggiare anche in questi apparentemente serratissimi mesi autunnali? Programmare qualche weekend lungo, certo, magari andando alla scoperta delle bellezze d’Europa. Le città più famose, da Barcellona a Londra, potrebbero però dimostrarsi un tantino troppo dispendiose: ecco allora che il portale di viaggi momondo.it ha deciso di consigliarci qualche metà alternativa a prova di portafoglio. Destinazioni stupende, che vale assolutamente la pena di visitare, ma che al contempo ci permettono di non spendere un capitale in hotel. Ecco 5 preziosi suggerimenti.
Lipsia, Germania Mezzo milione di abitanti, per questa città che sorge nel cuore della Sassonia, in quella che un tempo era la Germania dell’Est. Qui sarà possibile ammirare il suggestivo municipio rinascimentale, ma anche la Chiesa di San Tommaso, dove è sepolto il compositore Johann Sebastian Bach. Qui una stanza per due persone in un hotel con 3 o 4 stelle costa in media 81 euro a notte, e risulta leggermente più economica di Berlino.
Siviglia, Spagna La capitale dell’Andalusia, la regione meridionale della Spagna, è una perla di rara bellezza. Conosciuta in tutto il mondo per il flamenco, offre ai propri visitatori una serie di piazze mozzafiato, oltre allo straordinario complesso dell’Alcazàr. Una meta da sogno che permette di soggiornare, per esempio, risparmiando un 30% rispetto alla più popolare Barcellona.
Évora, Portogallo Capoluogo della regione centro-meridionale dell’Alentejo, questa città custodisce un antico tempio romano consacrato alla dea Diana. Conosciuta per le sue case bianche, permette di visitare anche la curiosa Igreja de São Francisco, e soprattutto la sua celebre Cappella delle Ossa adornata da scheletri. Qui una notte può costare mediamente 82 euro per due persone, il 15% in meno rispetto a Lisbona.
Bristol, Regno Unito Londra, si sa, è una metropoli davvero molto, molto costosa. Per un fine settimana inglese, dunque, è possibile risparmiare anche il 20% sugli alloggi e scegliere di visitare Bristol, meravigliosamente adagiata su entrambe le rive del fiume Avon. Qui sarà possibile riscoprire quello che un tempo era il porto in centro città, oggi trasformato nel polo culturale battezzato Harbourside.
Utrecht, Paesi Bassi Edifici medievali, chiese, monumenti antichi, canali e una celeberrima università. C’è davvero tutto quello che si può desiderare a Utrecht per trascorrere un fine settimana diverso dal solito. Una visita al Museum Catharijneconvent, poi una capatina alla Torre del Duomo, ed ecco che rispetto alla città di Amsterdam si potrà soggiornare con un 25% di risparmio. Una meta da segnare sull’agenda e da raggiungere il prima possibile.
0 notes
Text
Sogno di una notte di mezzo inverno
24 dicembre 2045. Ho 59 anni e una vita vissuta.
Bene, direi.
Non ho soddisfatto le mie ambizioni, ma ho realizzato i miei sogni e questo è l’importante. La serenità che mi dà mia moglie e la vitalità che mi danno i miei figli non la scambierei nemmeno per un milione di euro, ho fatto quello che dovevo.
Nevica.
È una giornata particolare, alla vigilia non nevica da una vita, e mi ritrovo a guardare fuori dalla finestra mentre Ricky se ne va con la sua nuova iCar, io alla sua età certe cose non potevo permettermele.
Alla sua età, alla sua età…
Ricky ne ha 25, io a 25 nemmeno ero ancora stato in America, lui ha già girato tutto il mondo con tutti questi voli super economici e super veloci; una volta per andare a Los Angeles ci mettevi 12 ore, ora con 4 sei a destinazione, e stanno già testando un nuovo sistema per ridurre a 3. E per chi ha ancora paura di volare, la ferrovia suboceanica fa Lisbona – New York in 8 ore… Niente male.
Alla sua età però mi divertivo più di lui, la mia è stata una generazione fortunata, ha avuto quasi tutto, ma l’ha avuto ancora in quel interregno tra analogico e digitale, in cui se compravi l’ultima tecnologia eri un nerd e la domanda della gente era sempre la stessa “ma cosa te ne fai?”.
Ho avuto il mio primo cellulare a 16 anni, in bianco e nero, il mio primo smartphone a 25, il mio primo smartwatch a 30, adesso girano tutti con i chip sottopelle, i Goople, che interagiscono direttamente con il sistema nervoso e inviano segnali, suoni e immagini direttamente al cervello: semplice chiedere di riprodurre Comfortably numb adesso!
Già, ma si è persa anche la voglia di interagire, di fare sport e di stare in compagnia, quella vera.
Mi ricordo che in questo periodo, prima che arrivasse Ricky, si organizzava sempre “l’ultima dell’anno”, una partita di calcio senza alcuna pretesa, ma era tra gli “amici”, e poi tutti a mangiare e bere qualcosa insieme, bei momenti.
A memoria l’ultima fu l’anno prima di sposarmi, quindi direi nel 2016; già quell’anno fu durissima riuscire ad organizzarla, tutti che pensavano a diventare grandi e poco a rimanere un po’ bambini, lo dico sempre a mia figlia, quando a 13 anni gioca già a fare la donna: per diventare grandi c’è sempre tempo.
Negli anni successivi ci riprovammo qualche volta a riorganizzare, ma tra un impegno e l’altro non si riusciva più… Eppure quell’ultima “ultima” la ricordo molto bene, fu spettacolare: risate a volontà, gran calcio; riuscii perfino a convincere mio padre a giocare qualche minuto nonostante le remore della mamma.
E se… No troppo pazza come idea…
E se… Ma va, alla mia età…
E se… Ma dai, perché no?
Sarà dura ritrovare 10 persone, soprattutto quelle 10! Ma ci possiamo provare, tanto ormai con tutti questi modi per rintracciare i vecchi amici, in qualche modo si farà.
Mio papà avrebbe 87 anni, non potrà giocare ma sono sicuro che in qualche modo vedrà la partita; ci sarà, ne sono sicuro.
Simo viene, non mi deluderà.
Andre è tanto che non lo vedo, ma spesso lo sento. Discutiamo ancora, ma ci vogliamo bene. Ha realizzato il suo sogno di andare a vivere in America, ma dal doppio mandato di Trump non si sono mai più ripresi, quindi non so quanto possa ancora dire di vivere il sogno americano. La prima cosa che mi dirà sarà che è una vita che non gioca e che non è in forma, un classico… Ma stavolta vale un po’ per tutti quindi che la smetta di menarsela.
Ivan al solito è in giro per il mondo. Ho perso il conto, dopo Francia, Inghilterra, Australia, Nuova Zelanda, Islanda, Cuba… non so più che fine abbia fatto, ogni tanto mi scrive ancora, ma poi puntualmente perde i suoi recapiti. Non so nemmeno se ha i Goople, ma a breve lo scoprirerò.
Fabietto dopo la laurea, il master, ha smesso di fare il programmatore software, era davvero sprecato. Ora esegue calcoli complicati per verificare il funzionamento delle navicelle dirette su Marte. Dovrei andarci, ormai i viaggi sono quasi alla portata di tutti e dicono che ci porteranno presto dei villaggi. Non mi può dire di no.
Claudio ha ancora il panificio in Viale Lombardia. Incredibile. Sono 30 anni che giura di chiuderlo, ma non ne ha mai avuto il coraggio, e forse è un bene. Adesso ha suo figlio che gli dà una mano o perlomeno, che non lo fa lavorare. Ha raggiunto il suo scopo. È convinto ancora di essere in forma, mi dicono. Vorrà dimostrarlo, e sicuramente vorrà essere nell’altra squadra.
Sergio chissà dov’è finito. Mi sono perso alla quinta moglie, tanto con il divorzio breve si fa presto. Ma lui non se ne preoccupa, non riesce a stare senza e finchè è felice io non ho intenzione di giudicarlo. Difficile che venga, sarà con lei.
Flavio si è lanciato in mille nuove idee, fatto e disfatto. Lui e la sua famiglia sono sempre stati così, attivi, pronti alle nuove sfide, sempre alla ricerca dell’affare. Ma qui l’affare è di cuore, sarebbe da folli non concluderlo.
Giò non può più giocare per i suoi problemi, peccato, è sempre stato uno di quelli che c’era.
Carlo e Umbe hanno aperto una scuola futsal, con discreti risultati. Sarò della vecchia scuola ma a me tutti quei numeri da foca che insegnano interessano ben poco! Ma loro ci saranno, anche perché credo che giocheremo sul loro campo e perché credo che Umbe giochi ancora un paio di volte alla settimana, beato lui.
Seme, boh! Quella volta c’era ma non ho la più pallida idea di che fine abbia fatto. L’ultima volta che l’ho visto era un Inter-Lazio a San Siro di 20 anni fa, su per giù.. Chiederò a Simo se sa qualcosa.
Mirko va ancora per concerti, ha sposato la cantante di un gruppo indie di cui ora non mi ricordo il nome. Se non è in tour, potrebbe venire.
Miky vive in Islanda con il suo ragazzo, ma chi lo sa… Gli prometto che gioca fuori, magari viene.
Angelo sarà come sempre il più entusiasta di tutti, non si può tenere a freno quel ragazzo. Ha avuto una vita piena, e penso ne sia fiero.
Con molta meno fatica di 29 anni fa, ma con molta più sorpresa, li convinco tutti. Nonostante gli acciacchi e l’età, tutti sono felici di rivedersi e fare qualcosa insieme, anche chi non può giocare.
Le squadre sono fatte: io e Claudio obbligatoriamente contro, Simo e Andre con me, Sergio e Ivan di là. Carlo e Umbe si dividono, uno di qua e uno di là, Flavio con Claudio e io prendo Fabio. Miky, Angelo, Seme e Mirko pronti a subentrare. Mio papà simbolicamente in squadra con me.
Gio dà il fischio d’inizio.
Quando la partita finisce, mi giro e li guardo in faccia tutti, vincitori e vinti. Hanno quel sorriso di quando ti accorgi che hai buttato via anni pensando che, in fondo, di quei momenti ne potevi fare anche a meno, che in fondo, giocare e stare con gli amici l’avresti potuto fare sempre e che quei momenti non sarebbero mai potuti finire; finchè non ti scontri con la dura realtà. Niente è per sempre. Arrivano le famiglie, i figli, gli impegni. E piano piano rimpiangi quella volta che hai rinunciato perché non avevi voglia, quella volta che hai dato per scontato che quei momenti sarebbero durati per tutto il resto dei tuoi giorni.
E con quel sorriso amaro, mentre vado negli spogliatoi, vedo che nessuno vorrebbe più andarsene da quel campo, e da dietro di me si alza una voce che fa:
“oh, l’anno prossimo rivincita?”
0 notes
Text
Porto Santo è una piccola e sconosciuta isola portoghese nella regione di Madeira. Si trova nell’Oceano Atlantico, a 50 km a nord-est dall’isola di Madeira, è lunga dieci chilometri e larga sei. La sua costa meridionale è caratterizzata da un’unica spiaggia lunga 9 km di sabbia fine, la costa settentrionale invece ha scogliere a picco sul mare.
La prima cosa da sapere di questa isola è che qui la tranquillità regna sovrana, non è ancora sviluppata turisticamente. Se pensate di andare qui e trovare divertimenti notturni e intrattenimenti vari non è l’isola che fa per voi, è talmente fuori dalle tratte turistiche per arrivarci non esistono voli diretti dall’Italia, o meglio, esistono se prendete una pacchetto già organizzato, ma anche in questo caso solo in estate e comunque solo una volta a settimana, altrimenti, per viaggi fai-da-te, bisogna fare scalo a Lisbona con un volo della compagnia TAP Portugal e mettere in conto circa sei ore tra tempo di tragitto e scalo.
Ci sono però molti buoni motivi per visitare Porto Santo: gode di temperature miti tutto l’anno, cosa che la rende ideale anche per vacanze al mare fuori stagione; è spazzata costantemente dal vento ed ha precipitazioni poco abbondanti. Tuttavia, ci troviamo nel mezzo dell’oceano: questo significa che spesso i venti provocano onde alte e il sole è coperto dalle nuvole. Gli amanti della tintarella sono quindi avvisati: non è detto che il sole esca, nemmeno ad agosto. Fate comunque attenzione, poiché il sole filtra ugualmente attraverso le nuvole e rischiate di scottarvi lo stesso.
Cosa si può fare una volta arrivati (a parte sperare nella presenza del sole)? Innanzitutto, si può partire alla scoperta dell’isola cominciando dalla città principale, Vila Baleira, situata nel sud-est dell’isola. La città è raggiungibile solo affittando un mezzo (macchina, quad o scooter) o con gli autobus locali che però passano a orari prestabiliti ma sporadici (a volte non passano per ore intere) ed effettivamente un po’ scomodi, sebbene, da alcuni punti dell’isola, la città sia raggiungibile anche via spiaggia, facendo una bella passeggiata; in questo caso si dovrà dedicare alla visita della città almeno una giornata intera.
Una particolarità di Vila Baleira è che qui abitò per un periodo l’esploratore Cristoforo Colombo, la cui casa è ancora visitabile ed è diventata un museo che presenta molti oggetti, aneddoti e curiosità legate alla vita di Colombo sull’isola e non solo. Altra attrazione imperdibile è la chiesa di Nossa Senhora da Piedade, che sorge accanto al museo, con la sua facciata di bellissimi pannelli di mattonelle blu.
Naturalmente in città si trova ogni tipo di ristorante e negozi che offrono artigianato locale, soprattutto sul lungomare. Vila Baleira è anche il punto di partenza ideale per una gita in barca per scoprire la costa. L’isola si trova, infatti, sulle rotte di passaggio di molti cetacei, pertanto è consigliatissimo fare questo tipo di escursione. Durante la navigazione può capitare che la barca venga avvicinata da gruppi di delfini.
Si consiglia poi di affittare la macchina per una giornata e di visitare anche l’interno, davvero unico soprattutto dal punto di vista geologico. A nord è presente una zona chiamata “sorgente della sabbia”, (Fonte da Areira): è proprio da qui che ha origine la sabbia che compone la lunga spiaggia. Si tratta in un bacino fossile ormai asciutto nel bel mezzo dell’isola, dove ci sono ancora coralli fossili che, sgretolandosi per effetto degli agenti atmosferici, formano appunto la sabbia. Questa viene poi sollevata dal vento e portata in acqua, e spinta dalle onde fino a sud, dove va a formare l’enorme spiaggia della costa meridionale. I paesaggi di questa parte interna sono davvero lunari, la zona è aridissima e non c’è vegetazione, se non piccoli cespugli secchi.
La geologia dell’isola è estremamente affascinate per la diversità delle formazioni che offre: altro luogo da non perdere è il Pico da Ana Ferreira, da cui si gode del panorama sulla città e sulle isole davanti a Porto Santo. Il “Pico” è però particolarmente famoso per delle formazioni basaltiche dette “a canna d’organo” dalla forma pentagonale che esistono solo in altri due luoghi nel mondo, quindi vale proprio la pena visitarlo. Da qui, si può andare alla ricerca di una piccola insenatura, Zimbralinho, dove le acque sono turchesi ed è davvero piacevole fare un bagno, nonostante ci siano quasi solo scogli. Si può quindi trascorrere l’ora di pranzo, magari con un pranzo al sacco di “bolo de caco”, un pane di patate con burro all’aglio, tipico dell’isola.
Dopo il bagno e il relax del pranzo, la visita può continuare verso Pico do Facho, la montagna più alta e, pertanto, il migliore punto panoramico dell’isola. Bisogna dirigersi verso Serra de Fora e Serra de Dentro e il paesaggio sarà quello delle scogliere atlantiche che rompono le possenti onde in un’atmosfera davvero suggestiva. A questo punto sarà però già tempo di tornare verso l’hotel.
L’isola è molto spoglia perché battuta da forti venti ed è certamente una meta molto particolare e un po’ diversa dalle solite che consiglio di visitare prima che il turismo di massa riesca a rovinarla irrimediabilmente. C’è da dire che, per fortuna, il governo portoghese è molto attento ai propri tesori naturali: per esempio, le poche strutture ricettive presenti non possono installare nessun tipo di attrezzatura fissa sulla lunga spiaggia e questo fa sì che i pochi turisti che ci sono possano davvero godere al massimo di questa enorme spiaggia libera, senza che in acqua o sulla costa ci siano barche e moto d’acqua in quantità.
Spostandosi di poche centinaia di metri dagli alberghi (che sono comunque sempre edifici in un certo senso “contenuti”, in quanto sull’isola è, inoltre, vietato costruire strutture più alte di due piani), sarete quindi davvero solo voi e la natura. Porto Santo è un luogo da scoprire e spero vivamente che questa isola rimanga così, tranquilla, forse un po’ appartata, ma ancora vera e autentica nella propria particolare natura che la rende un ambiente unico.
Porto Santo (Portogallo): consigli ed informazioni utili sull’isola dorata Porto Santo è una piccola e sconosciuta isola portoghese nella regione di Madeira. Si trova nell’Oceano Atlantico, a 50 km a nord-est dall’isola di Madeira, è lunga dieci chilometri e larga sei.
0 notes
Text
A Lisbona indimenticabile cena con Fado
A #Lisbona indimenticabile cena con #Fado
Di Fado a Lisbona vi ho già scritto diverse volte, dopo avervi raccontato la mia esperienza ad una cena di Fado a porte chiuse e dopo avervi stilato una personale lista di ristoranti dove ascoltare il Fado, sfuggendo dalle trappole per turisti, oggi voglio raccontarvi di una nuova esperienza che, da subito, ho deciso di inserire tra i nuovi servizi che offro in città.
Vivo a Lisbonada quasi 20…
View On WordPress
#a lisbona con lilly#alisbonaconlilly#blogger italiana lisbona#concerti lisbona#concerto fado lisbona#cosa fare fine settimana lisbona#cosa mangiare a lisbona#dove ascoltare il fado a lisbona#dove mangiare a lisbona ristoranti#due giorni a lisbona#eventi gratis lisbona#eventi lisbona#fado lisbona#fine settimana lisbona#guida turistica italiana lisbona#italiani a lisbona#italiani in portogallo#liliana navarra#lillyslifestyle#lisbona#lisbona curiosa#lisbona non turistica#locali notturni lisbona#mangiare bene a lisbona#mostre e eventi a lisbona#Pillole di Lisbona#Portogallo#ricetta baccalà portogallo#ristorante fado lisbona#ristorante lisbona in centro
0 notes
Text
Ristorante italiano a Lisbona? Ho provato "Il Matriciano"
Ristorante italiano a Lisbona? Ho provato “Il Matriciano”
Per noi italiani andare all’estero per vacanza o a vivere può creare seri disagi alimentari. Come non sentir la mancanza di un buon piatto di pasta? Oggi voglio raccontarvi la mia esperienza al ristorante italiano Il Matriciano a Lisbona. Pronti a prender la forchetta ed assaggiare con me?
“prima si sente, dopo si mangia”
Questa la massima della “casa”, sì avete letto bene “casa” e non solo…
View On WordPress
#a lisbona con lilly#alisbonaconlilly#blogger italiana lisbona#concerti lisbona#cosa fare fine settimana lisbona#dove bere vini italiani a lisbona#dove mangiare italiano a lisbona#due giorni a lisbona#eventi gratis lisbona#eventi lisbona#fine settimana lisbona#guida turistica italiana lisbona#il matriciano lisbona#italiani a lisbona#italiani in portogallo#liliana navarra#lillyslifestyle#lisbona#lisbona curiosa#lisbona non turistica#locali notturni lisbona#mostre e eventi a lisbona#pasta a lisbona#Pillole di Lisbona#Portogallo#ristorante italiano a lisbona#ristorante italiano lisbona#tour italiano lisbona#vacanza lisbona#vini italiani lisbona
0 notes