#corse contro il tempo
Explore tagged Tumblr posts
Text
Sotto sequestro: Il thriller esplosivo di Sean Black con Ryan Lock. Recensione di Alessandria today
Un'avventura mozzafiato ambientata a New York, tra azione e suspense
Un’avventura mozzafiato ambientata a New York, tra azione e suspense “Sotto sequestro” è il primo libro della serie di Ryan Lock, scritto dall’autore Sean Black. In questo romanzo, veniamo introdotti a Ryan Lock, un ex-soldato diventato guardia del corpo, in una New York frenetica, durante la vigilia di Natale. La missione di Lock è semplice: proteggere il presidente di una delle aziende più…
#rischio#Alessandria today#Assassini#avventura#Azione#Bestseller#corse contro il tempo#giallo#Google News#Greg Hurwitz#guardia del corpo#Harlan Coben#investigazione#italianewsmedia.com#Lee Child#libro di azione#libro di suspense#maestro del thriller#missione pericolosa#narrativa anglosassone#narrativa contemporanea#narrativa moderna#nemico implacabile#New York#New York City#Pericolo#Pier Carlo Lava#Protezione#romanzo con colpi di scena#Romanzo di crimine
0 notes
Text
youtube
MARCO MENGONI | DUE VITE
Siamo i soli svegli in tutto l'Universo We're the only ones awake in the whole Universe E non conosco ancora bene il tuo deserto And I still don't know too well your desert Forse è in un posto del mio cuore Maybe it's in a place inside my heart Dove il sole è sempre spento Where the sun is always turned off Dove a volte ti perdo Where sometimes I lose you Ma se voglio ti prendo But if I want to I take you Siamo fermi in un tempo così We're stuck/still in a time like this Che solleva le strade That lifts roads Con il cielo ad un passo da qui With the sky one step away from here Siamo i mostri e le fate We're the monsters and the fairies
Dovrei telefonarti I should call you Dirti le cose che sento Tell you the things that I feel Ma ho finito le scuse But I ran out of excuses E non ho più difese And I have no more defenses
Siamo un libro sul pavimento We're a book on the floor In una casa vuota In an empty house Che sembra la nostra That looks like our own Il caffè col limone Coffee with lemon Contro l’hangover Against (=to fight) the hangover Sembri una foto mossa You look like a blurry picture E ci siamo fottuti ancora una notte And we stealed one more night (/f*cked again one night?) Fuori un locale Out (of) a club E meno male And luckily
Se questa è l’ultima If this is the last Canzone e poi la luna esploderà Song and then the moon will explode Sarò lì a dirti che sbagli ti sbagli e lo sai I will be there to tell you that you're wrong and you know it Qui non arriva la musica Music doesn't get here E tu non dormi And you don't sleep E dove sarai And where may you be Dove vai Where are you going Quando la vita poi esagera When life then exaggerates Tutte le corse gli schiaffi gli sbagli che fai All the runs the slaps the mistakes that you do Quando qualcosa ti agita When something agitates you Tanto lo so che tu non dormi dormi dormi dormi dormi mai Anyway I know that you never sleep sleep sleep sleep sleep Che giri fanno due vite What (kind of) turns/paths take on two lives
Siamo i soli svegli in tutto l’Universo We're the only ones awake in the whole Universe A gridare un po’ di rabbia sopra un tetto Yelling some anger from above a roof Che nessuno si sente così That nobody feels like this Che nessuno li guarda più i film That nobody ever watches movies anymore I fiori nella tua camera The flowers in your (bed)room La mia maglia metallica My metallic shirt
Siamo un libro sul pavimento We're a book on the floor In una casa vuota In an empty house Che sembra la nostra That looks like our own Persi tra le persone Lost among people Quante parole How many words Senza mai una risposta Without an answer (ever) E ci siamo fottuti ancora una notte And we stealed one more night (/f*cked again one night?) Fuori un locale Out (of) a club E meno male And luckily
Se questa è l’ultima If this is the last Canzone e poi la luna esploderà Song and then the moon will explode Sarò lì a dirti che sbagli ti sbagli e lo sai I will be there to tell you that you're wrong and you know it Qui non arriva la musica Music doesn't get here E tu non dormi And you don't sleep E dove sarai And where may you be Dove vai Where are you going Quando la vita poi esagera When life then exaggerates Tutte le corse gli schiaffi gli sbagli che fai All the runs the slaps the mistakes that you do Quando qualcosa ti agita When something agitates you Tanto lo so che tu non dormi Anyway I know that you don't sleep Spegni la luce anche se non ti va You turn off the light even if you don't feel like Restiamo al buio avvolti We stay in the dark embraced Solo dal suono della voce Only by the sound of the voice Al di là della follia che balla in tutte le cose Beyond the craziness that dances in all the things Due vite guarda che disordine Two lives look what a mess
Se questa è l’ultima If this is the last Canzone e poi la luna esploderà Song and then the moon will explode Sarò lì a dirti che sbagli ti sbagli e lo sai I will be there to tell you that you're wrong and you know it Qui non arriva la musica Music doesn't get here Tanto lo so che tu non dormi dormi dormi dormi dormi mai Anyway I know that you never sleep sleep sleep sleep sleep Che giri fanno due vite What (kind of) turns/paths take on two lives Due vite Two lives
#Youtube#sanremo 2023#marco mengoni#traduzioni#music#it#italian#italiano#italian music#musica#musica italiana#italianblr#languages#language#langblr#vocabs#vocabulary#learning italian#italian langblr#italian language
40 notes
·
View notes
Text
La realtà è che il nostro Paese sembra non credere più a nulla, soprattutto a se stesso. Quando leggo le polemiche pro o contro Salvini e chi lo sostiene (sulle Grandi Opere tipo Ponte sullo Stretto ma non solo, ndr) penso al 13 agosto 1898. Quel giorno a Iselle di Trasquera, un paesino sopra Domodossola, brillarono le prime mine per il traforo del Sempione.
(A) quel progetto non ci credeva quasi nessuno salvo chi aveva pensato, progettato, finanziato e voluto un’opera tanto colossale. Si chiamavano Alfred Brandt e Karl Brandau, gli ingegneri che dai due versanti avevano dato il via a un progetto incredibile per quei tempi (...): un tunnel di quasi 20 chilometri (...) che rimase per 76 anni il record del mondo, superata solo negli anni ’80 (...).
Furono impegnati (...) decine di migliaia di operai (...), minatori sardi e toscani, contadini (...), disoccupati, analfabeti e tanti ragazzi. Solo nelle trincee del Carso ritroveremo fianco a fianco uomini così diversi (...). “Rimarranno schiacciati dal peso di oltre 3.500 metri di roccia sovrastante, saranno strappati via dalle correnti calde del sottosuolo e comunque non si può lavorare a 55 gradi!”. Rileggendo i giornali del tempo tutto sembrava impossibile e invece, neppure sette anni dopo, tutto era compiuto.
Alla fine i calcoli manuali dello scavo (...) risultarono perfetti: le due gallerie si ritrovarono esattamente a metà strada, dopo 10 chilometri di buio, con uno scartamento di soli sette centimetri e, su circa 15.000 operai impegnati nei lavori, ne morirono solo 42, un niente rispetto ai 200 del traforo del Gottardo di anni prima. (S)i corse sempre ai ripari organizzando migliori condizioni di vita degli operai che ogni giorno avevano abiti puliti, toilette e aspiratori per ridurre la temperatura (...). Nacque anche un paese, Balmalonesca, per ospitare migliaia di operai e le loro famiglie (...) con case, osterie, la scuola, una chiesa (...).
Scrivo questo pezzo da Dubai, dove trent’anni fa c’era solo sabbia e oggi (si staglia) il grattacielo più alto del mondo. È indigesto agli ecologisti e opera faraonica e inutile? Sta di fatto che l’anno scorso la città più visitata al mondo da turisti non è stata più Parigi ma proprio Dubai (...).
Ormai Europa e Asia sono connessi sul Bosforo senza problemi, così come decine di isole nel mondo. Anche considerando solo i ponti a campata unica (...) costruire il ponte sullo Stretto tra Calabria e Sicilia é nell'ordine delle cose e non ditemi che in Turchia, in Giappone o in Cina non ci siano tsunami e terremoti! (...).
via https://www.ilsussidiario.net/news/ponte-sullo-stretto-il-monito-del-vecchio-sempione-ai-sabotatori-che-ignorano-la-nostra-storia/2686470/
Sempre provinciali siamo stati, ma oggi più di ieri: più sono sinistri ecoambientalisti che si credono moderni, più regressivi ignoranti tutto sentimient' pregiudizi e blablabla impauriti a bocc'aperta diventano. In sintesi, dei Tozzi.
Peccato che i piagnina senza lumi né speranze dilaghino attualmente anche oltre il divide con gli ignoranti a sinistra. In ritardo ma l'han vinta finalmente, la battaglia per l'egemonia culturale: non è questione di contenuti ma di metodo, han reso la mentalità e l'approccio della maggioranza silenziosa che lavora, negativa passiva aggressiva come la loro. Al più fanno i "benaltristi", altro diversivo classico sinistro. Non per caso i figli (=speranza di futuro migliore) non li fa più nessuno.
3 notes
·
View notes
Text
Pablo Neruda
-Giochi ogni giorno con la luce dell’universo-
Giochi ogni giorno con la luce dell’universo.
Sottile visitatrice, giungi nel fiore e nell’acqua.
Sei più di questa bianca testina che stringo
come un grappolo tra le mie mani ogni giorno.
A nessuno rassomigli da che ti amo.
Lasciami stenderti tra le ghirlande gialle.
chi scrive il tuo nome a lettere di fumo tra le stelle del sud?
Ah lascia che ricordi come eri allora, quando ancora non esistevi.
Improvvisamente il vento ulula e sbatte la mia finestra chiusa.
Il cielo è una rete colma di pesci cupi.
Qui vengono a finire i venti, tutti.
La pioggia si denuda.
Passano fuggendo gli uccelli.
Il vento. Il vento.
Io posso lottare solamente contro la forza degli uomini.
Il temporale solleva in turbine foglie oscure
e scioglie tutte le barche che iersera s’ancorarono al cielo.
Tu sei qui. Ah tu non fuggi.
Tu mi risponderai fino all’ultimo grido.
Raggomitolati al mio fianco come se avessi paura.
Tuttavia qualche volta corse un’ombra strana nei tuoi occhi.
Ora, anche ora, piccola mi rechi caprifogli,
ed hai persino i seni profumati.
Mentre il vento triste galoppa uccidendo farfalle
io ti amo, e la mia gioia morde la tua bocca di susina.
Quanto ti sarà costato abituarti a me,
alla mia anima sola e selvaggia, al mio nome che tutti allontanano.
Abbiamo visto ardere tante volte l’astro baciandoci gli occhi
e sulle nostre teste ergersi i crepuscoli in ventagli giranti.
Le mie parole piovvero su di te accarezzandoti.
Ho amato da tempo il tuo corpo di madreperla soleggiata.
Ti credo persino padrona dell’universo.
Ti porterò dalle montagne fiori allegri, copihues,
nocciole oscure, e ceste silvestri di baci.
Voglio fare con te
ciò che la primavera fa con i ciliegi.
#pensieri#thinking#poetic#poesia#versi#pensieri sparsi#love#amore#citazioni#poetry#pablo neruda#neruda#poesie d'amore#poesie tumblr#poesie
12 notes
·
View notes
Text
Non è da me demordere. Anzi si può dire che sono così presuntuosa e superba da credere che in un modo o nell'altro andrà tutto bene. Ma posso dire di essere stanca? Delle continue corse contro il tempo, dall'avere sempre a portata di mano un piano A un piano B un piano C D E F? Pur sapendo che un piano G lo inventerai al momento, perché ancora una volta rimani deluso da qualcosa che non puoi sapere. Io non sono stanca di provarci, sono stanca della precarietà dell'atto stesso di provarci. Tu ci provi e stai sempre punto a capo: piano A piano B piano C.
11 notes
·
View notes
Text
Il tempo di una sigaretta
Dalle pareti di vetro, nonostante il contrasto tra caldo interno e umidità generasse un'iniziale appannamento, si vedeva tutto. Il barista preparava tre caffè ogni mattina, appena si metteva al bancone: il primo da buttare, il secondo da bere e il terzo sospeso, casomai qualcuno lo chiedesse freddo.
I clienti del bar non sono stati mai uomini d'affari, donne di successo o personaggi di spicco. L'ambiente era frequentato perlopiù da operai, impiegati e gente che cercava un bagno lungo la strada o un panino al volo ad ora di pranzo. Ai proprietari non è mai interessato alzare il livello sociale del posto. Del resto, in periferia, circondati da altri mille locali simili, che effetto avrebbe mai potuto sortire rinnovare una vecchia bettola, assumere personale qualificato e investire in pubblicità?
Gianni, come molti altri, entrava, salutava e rispondeva sì alla domanda: il solito? Un caffè, un cornetto vuoto e un bicchiere d'acqua frizzante. Segnava sul conto e, a fine mese, quando riceveva lo stipendio, saldava, senza mancare di lauta mancia al barista. Perché, si sa, spesso sono le persone più umili, in condizioni svantaggiate, ad avere solidarietà. E chi era dietro quel bancone viveva la stessa situazione, su per giù, di chi dalle otto alle due si rompeva la schiena per pochi spicci.
A fine giornata, il caffè freddo, puntualmente, veniva versato nel lavello e il bicchierino di vetro lavato, sciacquato e posto ad asciugare. In realtà, il bicchiere era lo stesso ad ogni mattina. Ormai, era deputato al caffè freddo sospeso.
Tuttavia, esistevano dei giorni in cui il caffè freddo non veniva gettato via. Quando le giornate erano particolarmente lunghe, il barista, nemmeno di nascosto, riempiva il resto del bicchiere con della grappa e buttava giù il tutto d'un sorso solo. Il problema non era la vergogna, o il senso di colpa, ma solo l'orario: un principio inamovibile vietava al barista di bere alcol prima delle cinque del pomeriggio.
Eppure, un ci fu una volta in cui il caffè freddo con grappa ebbe un destino diverso dal solito. Né buttato, né bevuto: divenne un eroe.
Sul tardi, mentre il barista si apprestava alla chiusura, in una giornata molto tetra e piovosa, con il cielo coperto da nuvoloni grigio topo, entrò un uomo, in cerca di riparo in attesa che spiovesse. I due scambiarono chiacchiere di circostanza per qualche minuto, con toni svogliati e frasi laconiche. Poi, regnò il silenzio per un tempo apparentemente infinito. L'uomo chiese se potesse fumare, con la sigaretta già accesa e in bocca. Il barista gli passò un posacenere dall'altro lato del bancone, facendolo scivolare come una pietra da curling. Il posacenere si fermò a metà strada, ma l'uomo non era così motivato da alzarsi per prenderlo, quindi decise bene di ciccare a terra all'occorrenza. Nel frattempo, il barista continuava le sue pulizie del bancone, ignorando con apatia l'uomo nella stanza.
Non appena smise di piovere, l'uomo si apprestò all'uscita. Si alzò dallo sgabello, allontanandolo con un colpo di bacino verso l'indietro, e salutò sottovoce il barista, lasciando cadere il portafoglio a metà strada tra la porta e il posto su cui era seduto. Il barista ignorò anche questo, come la cenere della sigaretta sul pavimento.
Il caffè, sebbene parzialmente inebriato dalla grappa, notò il tutto, dal vetro trasparente in cui si trovava. Sfruttò la tazzina come una barca al rovescio, saltò via dal bancone e spinse il portafoglio fino alla porta. Lì, si arrampicò sullo sgabello più vicino e fece un salto spericolato, spingendo la maniglia sufficientemente da aprire la porta. Così, continuò la sua avventura, spingendo il portafoglio lungo il marciapiede, guardandosi intorno alla ricerca del proprietario.
Sulla destra, lo vide in lontananza, fermo al semaforo. Spinse, spinse più forte e corse come un toro con un drappo rosso a sventolargli davanti. Fu una lotta contro il tempo e contro logica: ad ogni colpo d'ariete qualche goccia del caffè fuoriusciva dal bicchierino in vetro come tracce di sangue di una ferita aperta, ad ogni strusciata sull'asfalto schegge restavano a riprova dell'ardua fatica compiuta.
Il caffè, nonostante tutte le avversità, ce la fece e gridò all'uomo: scusi! Scusi, buonuomo! Lei, qui giù! Mi sente?!
L'uomo, confuso e infastidito, guardava in ogni direzione, ma non in basso. Con le ultime forze, il caffè diede un colpo al tallone dell'uomo, che si abbassò e trovò il suo portafoglio.
Questa è la vera storia di un caffè corretto.
Ogni lunedì mattina, potete chiedere al bar la combinazione caffè, cornetto e fumetto del giorno a soli due euro. (Promozione valida solo per punti vendita aderenti all'iniziativa dalle ore 8:00 alle ore 9:30, per singolo cliente e non più di due clienti per nucleo familiare)
3 notes
·
View notes
Text
Cronache ribelli
All’incirca settanta anni prima del celebre Spartaco, in Sicilia uno schiavo siriaco di nome Euno guidò migliaia di schiavi alla riconquista della libertà. Dopo la fine della guerra contro Annibale le caratteristiche dell’agricoltura nel territorio italico erano notevolmente cambiate rispetto al periodo precedente: l’agricoltura non era più quella di auto-sussistenza, bensì si concentrava su prodotti destinati alla commercializzazione, con la necessità di vaste superfici e abbondante manodopera. Il modello di proprietà era quello della villa rustica, una grande azienda agricola fondata sullo sfruttamento intensivo di schiavi. La maggior parte di loro erano prigionieri di guerra, un tempo uomini liberi. Inutile dire che le condizioni in cui vivevano erano, il più delle volte, disumane. Nei dintorni di Enna viveva lo schiavo Euno, un personaggio sicuramente sui generis. Euno si considerava una sorta di profeta, parlava con gli dei in sogno e riferiva a tutti i suoi compagni i loro messaggi. Una notte, in particolare, la dea siriaca Atargatis gli apparve e gli predisse un futuro da re. Tutti gli schiavi della zona avevano grande considerazione di lui e così, quando gli schiavi di un certo Damofilo decisero di ribellarsi al giogo, si recarono da Euno, il quale prontamente si mise alla loro guida. Nel 136 a.C., con una schiera di quattrocento schiavi, Euno riuscì a conquistare Enna, facendo strage dei ricchi proprietari terrieri. Dopo la vittoria si proclamò re, proprio come gli aveva predetto la dea, prendendo il nome Antioco. La notizia della presa di Enna corse come il vento. Rapidamente Euno raccolse sotto di sé ben seimila schiavi. A questo gruppo di ribelli si aggiunse, inoltre, il contingente dei cinquemila uomini che erano insorti ad Agrigento ed erano guidati da un certo Cleone, schiavo di origine cilicia. Ma il numero dei rivoltosi aumentava ogni giorno: gli schiavi riuscirono a conquistare altre due città, Morgantina e Taormina, resistendo ai Romani per molti anni. Nel 133 a.C. la schiera dei ribelli assediò Messina ma fu costretta alla ritirata dall’esercito romano. Si rifugiarono a Taormina ed Enna, dove furono circondati dalle truppe di Publio Rupilio: gli schiavi resistettero a lungo, patendo anche la fame, addirittura dandosi al cannibalismo ma, nel 132 a.C., cedettero. I sopravvissuti all’assedio vennero catturati, seviziati e poi crocifissi o uccisi in altro modo. Euno venne catturato a Enna e portato a Morgantina, dove morì in prigionia. La prima grande rivolta servile era stata domata da Roma, ma la scintilla era stata innescata. Anni dopo altri schiavi avrebbero seguito l’esempio di Euno e dei suoi compagni, combattendo e rischiando la morte pur di riuscire a conquistare la libertà.
Questa è una delle storie che menzioniamo in agende e calendari 2024. Li trovate seguendo il link nel primo commento.
2 notes
·
View notes
Text
Non c'è mai stato un Noi.
C'ero solo io
A raccattare lune nere
A farne luce
A regalarti un oggi
Ad aspettare un domani.
C'ero solo io
A costruire sogni e comete
Lontano dagli sguardi
Dentro ogni nuvola
Dietro le mie tempeste.
C'ero solo io
Nei sorrisi delle parole
Nelle lacrime nascoste
Nei pensieri negati
Nelle paure represse.
C'ero solo io
Nel buio dei tuoi silenzi
Nelle pieghe stropicciate dell'attesa
Nelle mie albe gelide
Nelle mie corse contro il tempo.
C'ero solo io
A raccogliere i miei pezzi
A incollarli uno a uno
A farne Anima e Cuore
A ricostruirmi una speranza.
C'ero solo io
Ad accettare la mia rabbia
A seppellirla nella comprensione
Ad annullarla in un ennesimo silenzio
Ad abbracciarmi di solitudine.
Non c'è mai stato un Noi.
C'ero soltanto io.
Come adesso.
Come sempre.
Jodh
7 notes
·
View notes
Text
sto letteralmente esplodendo.. sto facendo le corse contro il tempo per potermi laureare a luglio, ma non ce la faccio più a tenere questi ritmi ma d’altra parte, se non faccio così, rischio che il prossimo anno lo perdo
3 notes
·
View notes
Text
Non c'è mai stato un Noi.
C'ero solo io
A raccattare lune nere
A farne luce
A regalarti un oggi
Ad aspettare un domani.
C'ero solo io
A costruire sogni e comete
Lontano dagli sguardi
Dentro ogni nuvola
Dietro le mie tempeste.
C'ero solo io
Nei sorrisi delle parole
Nelle lacrime nascoste
Nei pensieri negati
Nelle paure represse.
C'ero solo io
Nel buio dei tuoi silenzi
Nelle pieghe stropicciate dell'attesa
Nelle mie albe gelide
Nelle mie corse contro il tempo.
C'ero solo io
A raccogliere i miei pezzi
A incollarli uno a uno
A farne Anima e Cuore
A ricostruirmi una speranza.
C'ero solo io
Ad accettare la mia rabbia
A seppellirla nella comprensione
Ad annullarla in un ennesimo silenzio
Ad abbracciarmi di solitudine.
Non c'è mai stato un Noi.
C'ero soltanto io.
Come adesso.
Come sempre.
_____
Jodh
#ladro di pensieri, facebook
2 notes
·
View notes
Text
Questa giornata sarà un delirio , sarà una corsa contro il tempo , sarà un viaggio verso il posto dove mi sono fatta le ossa, dove ho i ricordi pii belli . Dove nonno andava a prendersi la birra ghiacciata appena andati via dalla spiaggia e io gli eubavo le patatine . Quel posto dove mi sono innamora di quella distesa dalle mille tonalità di azzurro , blu quella distesa a cui mi rivolgo sempre quando in giornate come queste vorrei spegnermi. Oggi dopo un anno rivedrò persone che non ho nemmeno voglia ne bisogno di rincontrare. Che se il sangue nelle vene è lo stesso non abbiamo nulla da che spartire . Starò pure senza la mia piccola fino a domani . Perché non prendersi il giorno dal lavoro senza fare tutte ste corse?perché ho bisogno di andare in quel posto e fingere che vada tutto bene.
Va tutto bene. Si.
1 note
·
View note
Text
Selvatica - 1. Nei guai
Era esausta, ma la giornata finalmente sembrava volgere al termine. Corinna infilò il cappotto e raccolse la borsa marrone poggiata sul bancone del negozio.
«Ci vediamo domani», urlò verso l'interno del locale. Sul retro c'era Flora, il suo capo, a sistemare le ultime cose.
«A domani, Corinna» la salutò Flora.
La stanza piombò nel buio mentre usciva.
Fuori era già scesa la sera, la gente si affrettava a tornare a casa, le macchine per strada cominciavano a essere sempre meno. Si avviò lungo il marciapiede, frugando nella borsa in cerca del cellulare. Doveva chiedere alle sue coinquiline se c'era qualcosa da mangiare, o si sarebbe fermata a prendere una pizza. Sentì lo stomaco brontolare; tutto quello di cui aveva bisogno in quel momento era del cibo e una doccia calda.
Una figura le si parò davanti. Corinna fu costretta a fermarsi per non finirgli addosso, alzò gli occhi e in quel preciso istante le si gelò il sangue nelle vene.
L'uomo sorrise, mostrando denti anneriti dalla nicotina. Capelli brizzolati, corti, giaccone che nascondeva a fatica una muscolatura possente. Rocco.
«Ehilà, dolcezza.»
Corinna fece un passo indietro, poi un altro. Il battito del cuore forsennato, la paura le stava mandando una scarica di adrenalina, che pulsava nelle vene ravvivando ogni suo senso. Si guardò intorno, in cerca di una via di fuga. Dietro di lei, un altro uomo sghignazzò. Voltò la testa.
«Dove credi di andare?» La guardò divertito, gli occhi scuri la inchiodarono a lui. Gettò a terra la sigaretta, schiacciandola con la scarpa da ginnastica bianca. Era più giovane di Rocco ed era la prima volta che lo vedeva. Notò le pupille dilatate quando si avvicinò e le strinse la mano attorno al braccio. I capelli castani erano legati dietro la nuca e sulla tempia sinistra aveva tatuato un coltello, con la punta rivolta verso il basso.
Corinna cercò di sfilare il braccio dalla presa salda di lui. «Lasciami stare.»
«Sei nei guai, bambolina. Il capo rivuole i suoi soldi e li vuole entro due giorni.»
«Due giorni?» Lanciò uno sguardo implorante a Rocco. Non erano quelli i patti, non potevano chiederle una cosa del genere. «Ditegli che glieli porto a fine mese, come avevamo concordato.»
«Hai tempo fino a dopodomani, dopodiché verremo a farti una visitina nel tuo appartamento e non sarà piacevole. A meno che tu non venga con noi, adesso» rispose Rocco, facendosi più vicino.
Corinna sostenne lo sguardo viscido dell'uomo che la teneva per il braccio. Non gli avrebbe mai concesso la soddisfazione di fargli vedere che la stavano terrorizzando. «Lasciatemi stare oppure mi metto a urlare.»
«Ti conviene venire con noi.» L'uomo strinse ancora più forte le dita attorno al braccio.
«Corinna, sai bene che Antonio non ama aspettare.» Rocco infilò le dita tra i ricci castani di Corinna, attorcigliando una ciocca al dito. «Vuole vederti in questo preciso momento, vuole farti una proposta.»
Lei strattonò il braccio con più forza, ma non riuscì a muoversi neanche di un passo. «Ti ho detto di lasciarmi. Chi diavolo sei, il nuovo leccapiedi di Antonio?» In risposta l'uomo le mostrò i denti bianco perla in un ghigno che non aveva nulla di amichevole. Si rivolse a Rocco. «Non potete costringermi a venire con voi adesso. Verrò dopodomani, con i soldi.»
«Corinna! Che sta succedendo? Tutto bene?»
I tre si voltarono in direzione della voce. Flora era uscita dal negozio e guardava lei e i due uomini con un cipiglio preoccupato.
«Signora, lei non si impicci», disse Rocco.
A quel punto il ragazzo mollò la presa, concedendo a Corinna lo spazio necessario per scappare. Corse fino alla fine della strada, con l'eco della voce di Flora, che inveire contro i due, a farle compagnia. Svoltò l'angolo, gettando un'occhiata dietro. Rocco e il suo amico erano rimasti fermi, lo sguardo fisso su di lei. Non ci avrebbero messo molto a raggiungerla, sapeva che stavano solo evitando che qualcuno, come Flora, potesse chiamare la polizia o intromettersi.
Guardò davanti a lei. Un ragazzo stava per entrare nel portone di un palazzo. Poteva essere la sua unica speranza di salvezza.
Si lanciò verso di lui.
2 notes
·
View notes
Text
Stamane, mentre ero fuori con il cane per la consueta passeggiata, ho visto per la strada due ragazzini in monopattino.
Lei, avvinghiata a lui, coi capelli biondi cenere appuntati con un mollettone e l’Eastpak sulle spalle. Lui, avvinghiato da lei, guidava e rallentava, forse per sentire addosso il seno giovane e sincero.
Poi, si sono fermati.
Hanno riso. E si sono baciati.
Si sono baciati e hanno riso.
Che non so se in quest’ordine, o casualmente. Così come andrebbero dati i baci.
Mi sono fermata anche io, pensando a quanto sia bello il disincanto. A quanto sia potente ridere, senza avere paura. A quanto sia enorme baciarsi, senza pensare.
E mi sono pure detta che, invece, le ferite date dalle risate e dai baci che si interrompono restano sempre.
Perché l’amore vuole le corse in monopattino. Invece, ad un certo punto, e col passare degli anni, diventa una passeggiata spezzata. Col freno a mano tirato. Una passeggiata fatta di sospiri e di schiena contro schiena.
E la realtà, crudele e imperdonabile, è che le ferite non sono fatte per essere curate.
Le delusioni restano delusioni, e le cicatrici pure.
Perché il tempo che trascorre, non è fatto per curare un bel niente.
Ma fa, solo e soltanto, quello per cui è nato: passa.
- Sara gazzini
0 notes
Text
La Ragione di Stato - " Delitto e castigo"
“Delitto e castigo, l’Italia a Euro 2000” è sicuramente il libro sul calcio più atteso del momento. Dopo averci raccontato i mondiali nostrani ed essersi ingrandito a dismisura su svariate pagine online, ritorna il collettivo calcistico più sardonico ed aggiornato del panorama sportivo italiano. Su carta stampata, però, non è come sui social. Avverti il passare del tempo, ritorni sui tuoi passi, non hai paura dei giudizi degli altri, tieni il tuo ritmo, respiri a seconda dello sforzo e soprattutto non sei spinto da un’innaturale foga a voler dire la tua. I libri ti aiutano a soffermarti sui tuoi ricordi: possiamo risalire tutti a cosa stessimo facendo durante l’estate del 2000, è inutile negarlo. Io, per esempio lavoravo in una sala corse, e guardai tutte le partite dell’Italia dalla mia postazione, dietro ad una lastra di plexiglass, sugli schermi di quell’ambiente poco salubre ma così, drammaticamente, connesso con la realtà in cui mi trovavo.
Chi lavorava, chi studiava, chi aveva la fortuna di essere già in vacanza. Chi era pendolare e chi aveva un bar o una panetteria. Delitto: i rigori contro l’Olanda in semifinale, le parate di Francesco Toldo, i falli di Iuliano e la tracotante giovinezza di Totti, che raggiunse l’apice con la leggendaria “Panenka” all’altissimo portiere olandese Van der Sar. Castigo: il disastro di Del Piero in fase di ripiego e le reti di Wiltord in pieno recupero e Trezeguet al golden goal, per quella finale che sembrava vinta. Fato, destino, karma e meriti. C’è poco Dostoevskij e tanto folklore, in questo libro che si legge tutto d’un fiato, complice una narrazione ficcante e sarcastica che, nonostante il finale noto, lascia, con il trascorrere del tempo di gioco, sempre un barlume di speranza nel lettore. Amato e Chirac in tribuna, noi e i francesi nelle piazze. Pizzul che non ce la fa più, Umberto Bossi che, abbandonata ormai del tutto l’idea federalista, si lascia scappare un “non tiferò per la Francia” a un giornalista che gli chiede di esprimersi sul risultato della finale. Nonostante il troppo scontato il capitolo finale, dedicato presente dei protagonisti di questa storia che sa tanto di “dove sono adesso”, “Delitto e castigo, l’Italia a Euro 2000” è uno dei volumi più commoventi e intimisti mai scritti sul nostro calcio. Dall’inizio alla fine. Non siamo usciti vivi dagli anni ’90, come non siamo riusciti a spazzare un pallone al novantatreesimo minuto di una finale europea. “Ma stavolta c’è qualcosa di diverso. A Napoli dieci anni fa, nel 1990, sono stati gli argentini a portarci contro la nostra volontà all’epilogo dal dischetto. A Pasadena nel 1994 e in Francia nel 1998 le partite si sono stancamente trascinate ai rigori per forza d’inerzia, senza che nessuno abbia fatto nulla o quasi per evitare questo finale. Stavolta è diverso. Stavolta siamo noi che abbiamo deciso, in scienza e coscienza, di portare l’incontro alla lotteria, di buttarla in caciara, di evitare che potesse vincere il più forte. Non dobbiamo avere paura di quanto abbiamo voluto.”
0 notes
Text
Imbiancare
Siamo alle corse contro il tempo sulla frase che ormai ci sentiamo ripetere ogni giorno: eh, la prossima settimana vado via e se ne riparla a settembre! Ce lo dice il muratore, ce lo dice il cartongessista, c’è l’ha già detto quello che porta la cucina e così via. Noi siamo rimasti per questa estate attaccati a un cantiere che vuole diventare casa, e al quale adesso vanno messe le piccole…
View On WordPress
0 notes
Video
Francia-Argentina, rissa in campo nei quarti alle Olimpiadi: schiaffi e spintoni dopo il fischio finale Una partita dal clima particolare quella dei quarti di finale del torneo olimpico di calcio a Bordeaux, vinta dalla Francia che ha battuto 1-0 l'Argentina grazie al gol di Mateta al 5' del primo tempo. Una sfida ad alta tensione come si prevedeva sin dalla vigilia dopo i cori razzisti della nazionale maggiore e conclusasi con una rissa al fischio finale che ha coinvolto panchine e protagonisti con schiaffi e spintoni da una parte e dall'altra, mentre l'arbitro assisteva impassibile. Poi, ad un certo punto e anche per il lancio di oggetti in campo, molte delle persone sono corse verso il tunnel che porta agli spogliatoi. Successivamente alcuni calciatori della Francia sono tornati in campo per festeggiare la qualificazione alle semifinali con il pubblico. Lin Yu Ting, la taiwanese (che non si definisce intersex) vince il suo match: la pugile avversaria non si è ritirata La partita Aleggiavano in qualche modo ancora nell'aria i canti razzisti e omofobi degli argentini della nazionale maggiore - in particolare Enzo Fernandez - contro i francesi (sconfitti in finale agli ultimi Mondiali), dopo la vittoria nella Coppa America il mese scorso con la Colombia. Una performance ripresa negli spogliatoi, finita sul web e dilagata sui social. Particolarmente bersagliato in quella occasione il fuoriclasse dei Bleus Kylian Mbappè. La Federazione calcistica internazionale (Fifa) ha annunciato un'indagine sull''esibizione' canora dell'Albiceleste, che ha provocato anche una crisi diplomatica tra i due Paesi. Ma stavolta in campo c'erano squadre under 23, come prevede la formula dei Giochi, a parte tre fuoriquota (l'Argentina ha schierato un 36/enne, Otamendi). L'inno argentino è stata fischiato dal pubblico, così come i giocatori sudamericani al loro ingresso in campo e durante il riscaldamento. Francia subito in vantaggio al 5' con Mateta su assist di Olise. Per l'attaccante della squadra inglese del Crystal Palace è il secondo gol nel torneo olimpico. La cronaca Nel primo tempo I transalpini falliscono il raddoppio con Millot e gli argentini sfiorano il pari con Ezequiel Fernandez (splendido tiro parato da Restes) e con Otamendi, prima di un clamoroso errore di Giuliano Simeone (figlio di Diego, allenatore dell'Atletico Madrid, squadra nella quale milita, e fratello di Giovanni, attaccante del Napoli). Prima dell'intervallo scintille dopo uno scontro tra Truffert e il portiere dell'Argentina Rulli, subito spente dall'arbitro. Nella ripresa la partita si fa più frenetica e nervosa, con i sudamericani che spingono alla ricerca del pareggio e i padroni di casa a cercare il contropiede veloce. A cinque minuti dal termine la Francia raddoppia ma la rete viene annullata dal Var. Poi dieci lunghissimi minuti di recupero con l'Argentina a caccia del gol del pari. Al fischio finale gran parapiglia in campo e inizio di rissa. In semifinale la Francia affronterà l'Egitto, che ha eliminato 5-4 ai rigori il Paraguay (1-1 dopo i supplementari). L'altra aspirante all'oro uscirà dal confronto tra il Marocco - che ha sconfitto 4-0 gli Usa - e la Spagna (3-0 al Giappone).
0 notes