#nemico implacabile
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Sotto sequestro: Il thriller esplosivo di Sean Black con Ryan Lock. Recensione di Alessandria today
Un'avventura mozzafiato ambientata a New York, tra azione e suspense
Un’avventura mozzafiato ambientata a New York, tra azione e suspense “Sotto sequestro” è il primo libro della serie di Ryan Lock, scritto dall’autore Sean Black. In questo romanzo, veniamo introdotti a Ryan Lock, un ex-soldato diventato guardia del corpo, in una New York frenetica, durante la vigilia di Natale. La missione di Lock è semplice: proteggere il presidente di una delle aziende più…
#rischio#Alessandria today#Assassini#avventura#Azione#Bestseller#corse contro il tempo#giallo#Google News#Greg Hurwitz#guardia del corpo#Harlan Coben#investigazione#italianewsmedia.com#Lee Child#libro di azione#libro di suspense#maestro del thriller#missione pericolosa#narrativa anglosassone#narrativa contemporanea#narrativa moderna#nemico implacabile#New York#New York City#Pericolo#Pier Carlo Lava#Protezione#romanzo con colpi di scena#Romanzo di crimine
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Ecco, l' avevo dimenticato, leggendo le prime pagine di Blue nights, Joan Didion racconta che dalla spiaggia di Malibu' la piccola Quintana arrivava sempre con i piedi sporchi di catrame.
Un flash improvviso, i miei quattro anni, il sole implacabile che arroventava la spiaggia acciottolata dell' antico borgo, gli occhialetti scuri con la montatura di plastica viola comprati al mercatino e la mamma che tutte le sere sfregava energicamente le piante dei nostri piedi con un solvente.
Mi divertiva molto vedere lei che con infinita pazienza lottava contro il nemico del mare e della nostra pelle delicata.
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Ogni tanto il dolore si deposita sul fondo, poi riaffiora per uno stimolo occasionale ma prepotente, poi torna sul fondo. Va su e giù ma non si altera né quando viene in superficie né quando scende in profondità. È il caso di ripetere che il tempo non è un medico sapiente ma un puntiglioso aguzzino che non risana ma infetta. [...] Si usa dire che per elaborare un lutto ci vogliono due anni. È un luogo comune antipatico, una formula da manuale di psicoanalisi e un modo lezioso per dire che il tempo è un grande medico, altro luogo comune. Il tempo può essere un nemico implacabile, un aguzzino che manda le piaghe in cancrena invece di guarirle.
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Zagor 690 – Black Legion
Zagor 690 – Black Legion
Mentre gli uomini della Black Legion continuano a dargli la caccia, Pablo Rochas prosegue il racconto del suo drammatico passato spiegando come, da arruolato fra i legionari, ne divenne un implacabile nemico. Zagor scopre così perché i suoi ex commilitoni lo vogliono morto quale terribile segreto il trapper abbia sempre tenuto nascosto.
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12 set 2023 10:42
QUAL È IL COLMO PER LA “CGIL”? LICENZIARE I PROPRI DIPENDENTI CON IL VITUPERATO “JOBS ACT” – È QUELLO CHE È SUCCESSO A MASSIMO GIBELLI, EX PORTAVOCE DEL SEGRETARIO DEL SINDACATO - NEL 2021 MAURIZIO LANDINI ELIMINÒ LA CARICA “AVENDO LUI L’ABITUDINE E PROPENSIONE A INTRATTENERE DIRETTAMENTE I RAPPORTI CON I MEDIA". POCHI MESI FA GIBELLI È STATO SILURATO “GRAZIE” ALLA RIFORMA VOLUTA DA RENZI E OSTEGGIATA DAI SINDACATI (CHE LA DEFINIVANO “FOLLIA”) -
Estratto dell’articolo di Laura Cesaretti per “Il Giornale”
Il Jobs Act è «una follia». È «contro i diritti dei lavoratori». Va «abolito». «Abrogato». «Cancellato». Per tutti, tranne che per me. Già: stavolta l’illustrissimo Segretario Generale della Cgil Maurizio Landini, acerrimo nemico dei licenziamenti e della «precarietà», implacabile difensore dei lavoratori che perdono il posto per colpa dei cattivissimi padroni, promotore di un (improbabile, anzi impossibile, ma lui lo annuncia lo stesso) referendum per abrogare la riforma del lavoro firmata dall’odiato Renzi, è stato preso in castagna.
E che la contraddizione gli faccia assai male lo dimostra lui stesso, sottraendosi con un imbarazzatissimo e muto «no comment» alla troupe tv della trasmissione Quarta Repubblica (Rete 4) che lo incalza: «Segretario, a quanto ci risulta il 4 luglio la Cgil ha licenziato lo storico portavoce del sindacato, Massimo Gibelli. Ne è a conoscenza?»
Landini gira la testa, affretta il passo, non risponde. «Segretario, è stato licenziato con una formula che si ritrova proprio nel Jobs Act, quello che la Cgil vuole eliminare. E lo utilizzate per licenziare i vostri dipendenti?» Landini serra le labbra, non risponde, scappa.
Del resto che potrebbe rispondere? Le cose stanno proprio così, e a raccontarlo (con un intervento su Huffington Post) è stato lo stesso protagonista, malgré soi, della imbarazzante faccenda. Massimo Gibelli, 64 anni, torinese, provenienza socialista, è entrato in Cgil nel lontano 1983. Ha collaborato con tutti i grandi leader sindacali degli ultimi decenni, da Lama a Del Turco a Trentin. È stato il portavoce […] di Sergio Cofferati […]
Finché alla Cgil è approdato Landini, che ha deciso di licenziarlo. Utilizzando proprio l’immondo Jobs Act: «Oggi, 4 luglio 2023, è da considerarsi il suo ultimo giorno di lavoro», gli è stato comunicato dal segretario organizzativo Luigi Giove. Licenziamento per «giustificato motivo oggettivo».
Già nel 2021, racconta su HuffPost Gibelli, la segreteria Cgil aveva «deliberato la soppressione della posizione di portavoce del segretario» che lui ricopriva. Motivazione surreale, ma nero su bianco: «Avendo il segretario l’abitudine e propensione a intrattenere direttamente i rapporti con i media».
Da cui si deduce che Landini è abituato a importunare telefonicamente, per chiedere interviste e sollecitare ospitate tv, a direttori ed editori: immaginabile, vista l’ansia di visibilità del personaggio, ma non proprio usuale.
[…] «Il licenziamento è stato impugnato», scrive Gibelli. La Cgil dovrà dimostrare di non aver potuto ricollocare un dipendente nonostante vanti «5 milioni di iscritti, 12 categorie nazionali, 21 strutture regionali, 102 Camere del lavoro, patronati, Caaf, società di comunicazione, incarichi in enti pubblici, sedi in 3 continenti». […]
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Un po' di chiarezza per tutti coloro che la storia non l'hanno studiata o l'hanno studiata sui libri di regime:
L'unione Sovietica non invase l'Afghanistan ma andò in aiuto della Repubblica Democratica dell'Afghanistan.
A seguito della "Rivoluzione del Saur del 1978" guidata dal generale Taraki che depose il generale Daud venne fondata una repubblica democratica di stampo socialista e alleata dell’Unione sovietica.
Taraki fece diverse riforme molto importanti per appiattire le differenze sociali e modernizzare il paese, ma nel 1979 venne ucciso e sostituito dal generale Amin che era sostenuto dagli USA, durante i 104 giorni del suo governo vennero massacrati i sostenitori del socialismo e per questo il Comitato Rivoluzionario Afghano chiese aiuto all'URSS. Nel periodo di influenza sovietica tra il 1979 ed il 1989 le donne si laureavano, erano libere, la società era stata laicizzata ed erano stati fatti forti interventi economici per migliorare scuole e sanità. L'URSS non ha certamente portato solo rose e fiori ma sicuramente non ha depositato sul paese la pietra tombale che oggi è sotto i nostri occhi.
Femministe, riformisti, democratici prendete atto di questa verità storica e fatene tesoro.
Il vero nemico dell'umanità è lo zio Sam con la sua implacabile sete imperialista.
Yankee go home. (foto e info tratte da internet)
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Vorremmo fare chiarezza per tutti coloro che la storia non l'hanno studiata o l'hanno studiata sui libri di regime. L'unione Sovietica non invase l'Afghanistan ma andò in aiuto della Repubblica Democratica dell'Afghanistan. A seguito della "Rivoluzione del Saur del 1978" guidata dal generale Taraki che depose il generale Daud venne fondata una repubblica democratica di stampo socialista e alleata dell’Unione sovietica. Taraki fece diverse riforme molto importanti per appiattire le differenze sociali e modernizzare il paese ma nel 1979 venne ucciso e sostituito dal generale Amin che era sostenuto dagli USA, durante i 104 giorni del suo governo vennero massacrati i sostenitori del socialismo e per questo il Comitato Rivoluzionario Afghano chiese aiuto all'URSS. Nel periodo di influenza sovietica tra il 1979 ed il 1989 le donne si laureavano, erano libere, la società era stata laicizzata ed erano stati fatti forti interventi economici per migliorare scuole e sanità. L'URSS non ha certamente portato solo rose e fiori ma sicuramente non ha depositato sul paese la pietra tombale che oggi è sotto i nostri occhi. Femministe, riformisti, democratici prendete atto di questa verità storica e fatene tesoro. Il vero nemico dell'umanità è lo zio Sam con la sua implacabile sete imperialista. Yankee go home. (foto tratte da internet) Antonio Luongo
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Gli appassionati di Star Trek sanno che esiste una data particolare all’interno della cronologia della della saga creata da Gene Roddenberry che non si può evitare di onorare: il 5 aprile 2063. Per quanto possa sembrare curioso festeggiare un evento che appartiene a un futuro tutt’altro che possibile (oppure no?), per i trekkie più integerrimi questa giornata corrisponde al Primo Contatto, una storica prima volta in cui l’umanità ha avuto modo di rispondere a uno dei suoi grandi interrogativi: siamo soli nell’universo? Nonostante Star Trek ci avesse già abbondantemente risposto che tra le stelle ci aspettavano nuovi compagni di avventure (e qualche nemico tutt’altro che raccomandabile), questa data non era mai stata degnamente rappresentata sino al 1996, quando nei cinema venne proiettato Star Trek: Primo Contatto.
Nomen omen, considerato che al centro di questo ennesimo capitolo cinematografico della serie, il secondo dedicato all’equipaggio di The Next Generation, questo storico evento noto come Primo Contatto viene posto al centro di una storia in cui i viaggi nel tempo sono il cuore di un’avventura che, nuovamente, pone l’accento sull’umanità dei personaggi di Star Trek. Un film che merita di esser rivisto proprio il 5 aprile, in modo da rendere onore al Primo Contatto. Ma come è nata l’idea per questo film?
Star Trek: Primo Contatto, ritorno alle origini della Federazione
All’interno della storia immaginaria di Star Trek, una delle figure essenziali è lo scienziato Zefram Cochrane. Comparso per la prima volta nell’episodio della serie classica Guarigione da forza cosmica (Metamorphosis). In questo episodio, si scopre come l’inventore umano della tecnologia del viaggio a curvatura, interpretato da Glenn Corbett, durante un viaggio di prova di un nuovo motore, fosse naufragato su un pianeta remoto. Mentre l’umanità lo aveva considerato disperso tra le stelle, Cochrane era sopravvissuto grazie alle cure del Compagno, una forma di vita gassosa aliena che lo aveva reso pressoché immortale.
Quando Kirk e il suo equipaggio scoprono casualmente il pianeta su cui il celebre scienziato vive, si trovano davanti a un uomo che mostra tutti i tratti distintivi dell’esploratore spaziale ideale immaginato da Roddenberry: positivo, intraprendente e animato da una sana voglia di conoscere l’universo. Questo personaggio, all’interno dell’episodio, incarna il meglio dei principi della Federazione, divenendo per i fan della saga una figura amata.
Un ruolo fondamentale, quello di Zefram Cochrane che curiosamente non è mai stato sviluppato all’interno della cronologia di Star Trek sino a quando, nel 1995, non venne deciso di dare vita al secondo capitolo della vita cinematografica dell’equipaggio di Star Trek: The Next Generation. Ad occuparsi della realizzazione di questa nuova avventura di Star Trek, spinta dal successo di Star Trek: Generazioni, erano Rick Berman, Ronald D. Moore e Brannon Braga, incaricati di realizzare un film che mantenesse alto l’interesse per la saga. A Berman, fin dall’inizio, era ben chiaro cosa avrebbero dovuto raccontare:
“Tutte le storie di Star Trek che mi hanno maggiormente emozionato, come Uccidere per Amore, Rotta verso la Terra e L’Enterprise del passato, hanno in comune i viaggi nel tempo. Anche Star Trek: Generazioni, in un certo senso, trattava di viaggi nel tempo. Mi hanno sempre colpito l’idea che accade mentre la immagini, o vedere come le azioni dei personaggi avranno delle conseguenze sulla propria realtà. Non mi sono mai divertito tanto quanto nell’essere coinvolto nella creazione di L’Enterprise del passato, dove affrontavamo queste logiche, studiavamo eventuali paradossi e capendo come aggirarli e portare a compimento la trama”
Per Berman, era impossibile non immaginare un viaggio nel tempo per il nuovo film di Star Trek. La sua convinzione fu tale che vennero presi in considerazione diversi periodi storici, dall’antichità sino al Medio Evo, cercando di creare una situazione credibile e che accogliesse al meglio le dinamiche tipiche di Star Trek.
Tra le varie ipotesi, inizialmente si era pensato che gli uomini di Picard avrebbero dovuto affrontare un nemico tornato indietro nel tempo sino al Rinascimento, scelta che avrebbe anche portato al titolo Star Trek: Reinassance. Ma l’idea venne osteggiata in particolare da Patrick Stewart, poco propenso a recitare indossando calzamaglie per tutto il film. Ripensando a questa prima fase della lavorazione, Ronald D. Moore non ha mai negato la difficoltà nell’identificare il giusto momento storico:
“Iniziammo a discutere luoghi e tempi che dovevano comparire sullo schermo, e cosa non inserire. Alcune cose vennero immediatamente scartate, convinti che non sarebbero mai stati approvate. Insomma, potevamo anche decidere di tornare ai tempi dell’Impero Romano, periodo favoloso, ma non riuscivamo proprio a immaginarci a Patrick con una toga. Non lo vorrebbe vedere nessuno, meglio metterlo in una tuta spaziale”
Dopo aver vagliato diverse ipotesi, alla fine Brannon Braga ipotizzò che si potesse scegliere un altro tipo di periodo storico, che fosse futuro per noi e passato per i protagonisti. L’idea fu di raccontare un momento epocale della cronologia di Star Trek, che fosse centrale per lo sviluppo di questo universo narrativo: il primo incontro con una razza aliena. Per Braga, questa era la strada giusta da percorrere:
“L’immagine che avevo in mente era quella dei Vulcaniani che scendono dalla loro astronave. Volevo assistere alla nascita di Star Trek, dovevamo tornare a quel momento. Una cosa che, a mio avviso, ha reso fresco il concetto di viaggio nel tempo, possiamo assistere a cosa accadde quando gli umani strinsero la mano ai primi alieni”
Da questa idea di Braga, nacque l’idea del Primo Contatto, che sarebbe divenuto il fulcro narrativo del film.
L’eroe della storia e il nemico implacabile
Questa intuizione di Braga venne subito accolta, con un cambio di titolo: Star Trek: Resurrection. L’idea era di mostrare l’equipaggio della nuova Enterprise-Etornare indietro nel tempo per impedire a una forza ostile di sabotare il Primo Contatto, avvenuto il 5 aprile 2063. Nella prima stesura della trama, Picard avrebbe dovuto sostituirsi a un morente Zefram Cochrane, mentre Riker avrebbe difeso l’Enterprise dai nemici che volevano prenderne possesso.
In questo primo concept, erano presenti alcuni dettagli che non convincevano. Avvalendosi di alcuni appunti mai utilizzati da Gene Roddenberry, si era dato vita a un evento storico, il cui protagonista principale, Zefram Cochrane, era però già comparso nella serie classica. Partendo da quanto raccontato in Guarigione da forza cosmica, quindi, era impossibile raccontare la morte di Cochrane, che doveva sopravvivere per poter conoscere quasi due secoli dopo Kirk. Allo stesso modo, Patrick Stewart propose di invertire i ruoli di Picard e Riker, lasciando che il capitano difendesse l’Enterprise mentre Riker avrebbe protetto la storia sul pianeta. In questo passaggio, come spiegò Ronald D. Moore, venne quindi riscritto il ruolo di Cochrane:
“Rendemmo la cosa semplice, decidendo di ampliare il ruolo di Cochrane. Divenne quindi un personaggio intrigante, utile per mostrare la genesi della Federazione. Il futuro che Roddenberry aveva immaginato sarebbe scaturito da quest’uomo tutt’altro che perfetto, non un qualcuno di incredibile, ma un comunissimo uomo che può fallire”
Una caratterizzazione che James Cromwell, chiamato a interpretare l’inventore, riuscì a portare magnificamente su schermo. L’attore, infatti, offrì un Cochrane lontano dall’eroe che l’equipaggio dell’Enterprise ricorda dai libri storia, un alcolista che nelle ceneri del mondo dopo la Terza Guerra Mondiale cerca di realizzare la sua astronave non come un mezzo per migliorare l’umanità, ma per realizzare lauti guadagni. Questa sua visione si contrappone all’idealismo dell’equipaggio, che lo aiuterà a diventare il Cochrane che tutti conobbero in futuro, lo stesso che avrebbe detto:
“Non cercare di diventare un grand’uomo, sii solo un uomo e lascia il giudizio alla storia”
Questa dimensione umana di Cochrane è uno degli aspetti più importanti di Star Trek: Primo Contatto, l’avere reso il celebre scienziato che ha consegnato all’umanità le stelle anzitutto un uomo, lo stesso che anni dopo, la lancio della prima nave umana capace di raggiungere curvatura 5 (Star Trek: Enterprise) avrebbe saluto questo momento storico con quella che sarebbe divenuta la linea guida della Flotta Stellare:
“andare coraggiosamente dove nessun uomo è mai giunto prima”
Cambiare il passato per riscrivere il futuro
Ma in Star Trek: Primo Contatto, chi avrebbero dovuto affrontare i viaggiatori del tempo? La scelta del nemico fu un altro aspetto che venne chiarito immediatamente, come spiegò Moore:
“Eravamo in attesa che Rick uscisse dalla riunione con la major, e come uscì ci disse subito quello che aveva deciso. ‘Vorrei rifletteste su questo: voglio una storia di viaggi nel tempo’, al che io e Branno replicammo ‘Vogliamo qualcosa con i Borg’. In quel momento, capimmo che potevamo avere entrambi, viaggi nel tempo e Borg”
Quando si stava perseguendo l’idea di ambientare l’avventura nel Rinascimento, si era iniziato a pensare che i Borg necessitassero di maggior spessore. In un primo momento li si era concepiti come privi di volto, quasi degli zombie, ma quando si cambiò radicalmente l’ambientazione storica del film, anche i letali alieni furono rielaborati. L’intenzione era di creare un villain per Star Trek: Primo Contatto che non fosse anonimo, ma che si ponesse come un rivale spietate e credibile per Picard, andando a sfruttare anche il suo tragico passato con i Borg. Da questa intuizione nacque la guida del Collettivo, la Regina, ispirandosi alle dinamiche sociali tipiche del mondo degli insetti.
Anche lo stile visivo dei Borg venne riscritto per Star Trek: Primo Contatto, passando dagli anonimi droni a una schiera di avversari più credibile, che contemplasse anche diverse razze assimilate. Deborah Everton, già costumista di The Next Generation, e Michael Westmore lavorarono alacremente per dare ai Borg una visione più moderna rispetto a quanto visto precedentemente, sperimentando e arrivando a uno nuovo stile per il Collettivo, come confessò Westmore:
“Volevamo arrivare a un risultato che lasciasse intendere che il processo di assimilazione nasceva dall’interno dell’organismo, piuttosto che dall’esterno. Senza che qualcuno potesse pensare ‘Va bene, sembra Alien” e non era facile.”
La nuova identità dei Borg comprese quindi una serie di protesi che dessero una sensazione di maggiore organicità, dando vita a dei droni in cui l’elemento biologico risultasse più integrato all’aspetto sintetico. Una scelta che portò a elaborare nuove astronavi per il Collettivo, anche se infine in Star Trek: Primo Contatto furono presentati vascelli Borg dal taglio tradizionale.
D’altronde, le due astronavi protagoniste erano umane.
Due astronavi pronte a fare la differenza
Fulcro narrativo di Star Trek: Primo Contatto era l’incontro tra gli uomini e l’equipaggio di una nave d’esplorazione vulcaniana in missione esplorative nel nostro sistema solare. A richiamare la loro attenzione era la prima nave umana a curvatura, la Phoenix, costruita da Cochrane.
La prima versione della Phoenix era basata su un vecchio modelli di space shuttle, ma i costi per realizzare questo velivolo e la struttura di costruzione erano proibitivi, motivo per cui a Rick Berman venne in mente di utilizzare un più economico, ma poetico missile intercontinentale, che da portatore di morte diventa una nuova speranza per l’umanità.
A questa nuova concezione della Phoenix si unì la collaborazione con lo U.S. Army, che diede accesso alla produzione al silo missilistico di Green Valley, che divenne il set dell’hangar della Phoenix. Basandosi su un missile Titan II presente nella base militare, John Eaves creò la Phoenix, inserendo in cima al vettore balistico una capsula di comando, a cui unì due gondole di curvatura ispirate dai futuri modelli visti nella serie originale di Star Trek, avvalendosi dei disegni presenti in Star Trek Chronology di Michael Okuda.
Dopo la distruzione dell’Enterprise-D in Star Trek: Generazioni, era necessario creare una nuova ammiraglia per la Flotta Stellare. John Eaves e lo scenografo Herman Zimmerman decisero di realizzare una nuova Enterprise che fosse al contempo moderna e rispecchiasse la tradizione dell’astronave simbolo di Star Trek, che rispecchiasse anche un nuovo contesto sociale, come la Guerra con il Domino vista in Star Trek: Deep Space Nine, un’esigenza che Moore e Berman resero subito centrale:
“Descrivemmo alcuni tratti essenziali della nuova Enterprise, doveva essere elegante, muscolosa, dare subito l’impressione di essere una nave da guerra”
Da questa richiesta, Zimmerman e Eaves partirono del modello dell’Excelsiorrealizzato per Star Trek: Alla ricerca di Spock, dando vita a decine di schizzi, in cui venivano anche modificati aspetti tipici del design dell’astronave, come ruotare la sezione a disco rendendola più affusolata.
Nei primi disegni, anche i sostegni delle gondole di curvatura vennero ridisegnate, in modo da integrare il meccanismo di mobilità studiato per la Voyager, l’astronave protagonista dell’omonima serie. Ma il risultato era tutt’altro che convincente.Dopo aver ridisegnato il poco convincente design dei piloni di sostengo delle gondole di curvatura, anche gli interni vennero ridisegnati, cercando di trovare quell’identità che era al centro della nuova concezione della classe Sovereign, come spiegò Eaves:
“Per la plancia dell’Enterprise-E avevamo deciso di utilizzare uno stile più semplice, più compatto. Scelta ottima, che diede vita a un set stupendo, caldo e profondo, esaltati dalla colorazione scelta da Herman che valorizzava il suo ruolo di postazione da combattimento.”
Tutte queste idee diedero vita a un’Enterprise che già nelle prime scene di Star Trek: Primo Contatto, durante la Battaglia del Settore 001, mostra tutta la propria potenza, intervenendo in tempo per attaccare il cubo Borg e dare il via agli eventi che ci riportano allo storico incontro avvenuto il 5 aprile 2063 a Bozeman.
5 aprile 2063: un nuovo inizio per l’umanità
L’importanza di Star Trek: Primo Contatto all’interno della cronologia della saga è ovvio, considerato che viene raccontato un passo essenziale non solo per la storia umana, ma anche per la Federazione Unita dei Pianeti. Al centro della caratterizzazione dei personaggi viene posto il voler mostrare la nascita della mentalità che portò alla creazione di un nuovo modo di pensare, reso possibile dalla scoperta che tra le stelle c’è qualcuno pronto ad accoglierci.
Questo momento storico, in Star Trek: Primo Contatto, viene valorizzato creando un contrasto tra l’immagine ideale dell’eroe Cochrane, studiato dai protagonisti nel loro futuro, e l’uomo Cochrane, un cinico e disilluso alcolista che partendo da intenti egoistici finisce per aprire all’umanità la via per le stelle, inaugurando un nuovo futuro. L’idea di far emergere questa valorizzazione emotiva dei personaggi viene acuita dall’acceso diverbio tra Lily e Picard, quando il personaggio interpretato da Patrick Stewart sembra incapace di conciliare questa morale evoluta di cui va tanto fiero con la necessità del momnto, quando per salvare il futuro della razza umana.
Star Trek: Primo Contatto rende un momento storico il vero punto di partenza dell’avventura umana nello spazio, mostrando la nascita di quella sensibilità che negli anni a venire condurrà l’umanità tra le stelle. Nella stretta di mano imbarazzata e spontanea tra Cochrane e l’esploratore vulcaniano viene scritto il primo passo di Star Trek, un percorso complesso che verrà raccontato successivamente in Star Trek: Enterprise e Star Trek: Discovery, ma che ha in sé il fascino della scoperta e dell’avventura, che condurrà uomini a alieni alla ricerca di nuovi, strani mondi.
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Genesi-49: 1-28
Giacobbe chiamò i suoi figli e disse: "Vieni insieme perché io possa dirti cosa vi succederà nei giorni a venire.
Assemblatevi e ascoltate, o figli di Giacobbe; Ascoltata in Israele tuo padre:
•Ruben, tu sei il mio primogenito, la Mia forza e il mio primo frutto del mio vigore, Superando di rango ed superando in onore.
Instabile come acqua, non eccellere più; Perché quando hai montato il letto di tuo padre, hai portato la disgrazia, il mio divano che ha montato!
•Simeone e Levi sono una coppia; Le loro armi sono strumenti di illegalità.
Non che la mia persona sia inclusa nel loro consiglio, non sia il mio essere contato nella loro assemblea. Perché quando arrabbiati giurano uomini, e quando sono contenti mutilare buoi.
Maledetto essere la loro rabbia così feroce, e la loro ira così implacabile. Li dividerò in Giacobbe, li sparpagliaino in Israele.
•Tu, o Giuda, i tuoi fratelli ti loderanno; La tua mano sarà sulla nuca dei tuoi nemici; I figli di tuo padre si inchineranno a te.
Giuda è un aiuto per leoni; Sulla preda, figlio mio, sei cresciuto. Si accovaccia, si sdraia come un leone, come il re delle bestie, chi osa svegliarlo?
Lo scettro non deve partire da Giuda, né il bastone del sovrano tra i suoi piedi; Così questo tributo verrà a lui e l'omaggio dei popoli è suo.
Egli si leccana il a una vite, puledro del suo a una vite scelta; Lava il suo indumento nel vino, la sua veste nel sangue dell'uva.
I suoi occhi sono più scuri del vino; I suoi denti sono più bianchi del latte.
•Zabulun
si soffermerà sulla riva del mare; Egli sarà un rifugio per le navi, e il suo fianco si baserà su Sidone.
•Issachar è un forte disossato, accovacciato tra gli ovili.
Quando vide quanto fosse buona la sicurezza, e quanto fosse piacevole il paese, si chinò la spalla al fardello, e divenne un servo faldo.
•Dan governerà il suo popolo, come una delle tribù d'Israele.
Dan deve essere un serpente dalla strada, Una vipera dal sentiero, Che morde i talloni del cavallo in modo che il suo cavaliere viene gettato all'indietro.
Aspetto la tua liberazione, O SIGNORE!
•Il pane di Asher sarà ricco e produrrà prelibatezze reali.
•Gad sarà razziato dai predoni, ma egli razzia alle loro tane.
Come il pane sarà ricco, e egli produrrà delicatezze reali.
•Naphtali è un posteriore lasciato libero, che produce cerbiatti incantevoli.
•Giuseppe è un selvatico, un asino selvaggio di una sorgente - Puledri selvatici su una collina.
Arcieri amaramente assalito lui, e la sua Gli hanno sparato e gli hanno infastidito.
Ancora il suo arco rimase teso, e le sue braccia furono rese ferme dalle mani del Potente Giacobbe, là, il Pastore, la Roccia d'Israele.
Il Dio di tuo padre che ti aiuta, e Shaddai che ti benedice con le benedizioni del cielo sopra, le benedizioni del profondo che divani sotto, le benedizioni del seno e del grembo materno.
Le benedizioni di tuo padre Superano le benedizioni dei miei antenati, fino ai limiti più alti delle colline eterne. Possano poggiare sulla testa di Giuseppe, sulla fronte degli eletti dei suoi fratelli.
•Beniamino è un lupo vorace;
Al mattino consuma il nemico, e la sera divide il bottino.
Tutte queste erano le tribù d'Israele, dodici in numero, e questo è ciò che il loro padre disse loro mentre li salutava, rivolgendo a ciascuno una parola di addio appropriata a lui.
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“Perché lei e non io?” è la domanda più svilente che una donna possa farsi.
Ci siamo passate quasi tutte, almeno una volta, nella vita. E da quelle parti, per tanto tempo, ci siamo arenate, impigliate tra i rovi di certi ragionamenti a senso unico, a vicolo cieco, che non significano nulla, che non conducono a nulla, e che ti levano il sonno, ti levano la fame e la sete.
“Perché lei e non io?” è una trappola, una rete per pesci dentro la quale si rischia di rimanere impigliati, morendo poco alla volta, asfittici, soffocati. “Perché lei e non io?” è un trabocchetto, un indovinello senza soluzione, un quiz a risposta multipla nel quale ti tocca barrare la casella “altro” perché la verità è che non lo sai, non lo sai, per quale motivo lei e non tu. E non lo sa nemmeno lui, fidati. Non lo sa nessuno. Non c’entrano le sue gambe lunghe o la pancia piatta, il vitino da vespa. Perciò non stare a fissarti davanti allo specchio come un giudice implacabile. Non ti condannare se non sempre sei stata impeccabile, ineccepibile, perfetta. Se qualche volta hai urlato, hai perso la pazienza, hai barato. Perdonati i capelli fuori controllo, quella macchia di sugo sopra il maglione di filo, la notte in cui hai detto una parola di troppo. Non c’entrano i test da quoziente intellettivo, la capacità di rimanere in silenzio quando serve, la lingerie di trasparenze e pizzo nero, il figlio che non eri pronta a dargli, l’altare sopra il quale gli hai chiesto di salire. Quelle sono scuse. A te t’hanno fatta donna in carne e ossa, non ti hanno fatta manichino, non ti hanno fatta bambola di pezza.
“Perché lei e non io?” è una verità che non esiste, uno sbaglio che non hai commesso e per il quale non sei tenuta ad espiare. E non è tenuta neanche lei. Non ti servirà metterti a dieta, fare carriera, leggere manuali chilometrici di self help e autostima, a meno che tu non lo faccia per te stessa. “Perché lei e non io?” è una cosa che sta dentro e dalla quale ti liberi smettendola, una buona volta, di vivisezionarti, di passarti ai raggi x per capire cosa c’è, in te, che non va. Qualcosa dev’esserci senz’altro, ti dici. Altrimenti per quale ragione lei e non tu? La falla esiste, ne sei certa. La mostruosità. La deformità. Il vizio, la tara. Esistono, e non ti darai pace fino a quando non le avrai trovate, scontate come si scontano le pene, come si scontano gli ergastoli, levigate come si levigano le rughe, cancellate al pari di un errore. Perché tu sei sbagliata e ne sei convinta, non è vero? Hai poche certezze: questa è una di quelle. Sei nata sbagliata e lui se ne è accorto. Non hai saputo migliorarti quel tanto che serviva a farti scegliere, così che fossi tu e non lei.
Mi fanno paura queste gogne, questa falce di ferro e giudizio che ci caliamo sopra la testa con un colpo secco del braccio. È spaventosa l’implacabilità che abbattiamo su di noi come su un nemico. “Perché lei e non io?” non ha nessuna importanza. Se ne avesse, vorrebbe dire che siamo commutabili, sostituibili, come i doppioni di una collezione di monete antiche. O di figurine. E non può essere. Lo capisci da sola che non può essere, giusto?
“Perché lei e non io?” è una bugia, una frottola, un’invenzione che la tua mente ha costruito ad arte e con la quale ti ha fregata. L’ha fatto apposta perché ti conosce, ti tiene stampata in corpo, e lo sa che ti racconteresti qualunque cosa, qualunque, pur di non amarti. Fossi in te, figlia mia, non aspetterei di imbattermi in un uomo che mi faccia pensare che sia giunto il mio turno di essere felice. Da me comincerei io, e me la immagino, questa iniziazione, come una cosa bella, liberatoria. La smetterei di fare paragoni, di pesare continuamente il mio valore, di entrare in guerra con un’altra donna, con l’interno coscia, con la scalata al successo di una promozione. Me ne sbatterei pure un po’ le ovaie, a dirla tutta. Imparerei a vedermi. Ci proverei, almeno. E “perché lei e non io?” diventerebbe “perché io, perché sì!”
Antonia Storace
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A me sto governissimo Draghi comincia proprio a piacermi. Sono tutti arroccati li dentro, finta maggioranza e finta opposizione, tutti più europeisti che mai, fedeli all'unica ideologia che ha consentito loro di vivere di rendita per decenni, un sistema infallibile capace di creare una barriera insormontabile fra governanti e governati. Il voto è inutile, la democrazia è assente, la Costituzione è solo carta straccia. Una vera pacchia. Per loro.Hai perso il lavoro? O il tuo salario è troppo basso? Non è colpa nostra. C'è la globalizzazione. La Cina. E oggi pure la pandemia.Paghi troppe tasse e non riesci più a stare dietro alle bollette? Non è colpa nostra. C'è il debito pubblico. Avete vissuto al di sopra delle vostre possibilità.I servizi pubblici non funzionano più? La Sanità è allo sbando? La Scuola è alla deriva? Le strade crollano? Non è colpa nostra. Dobbiamo fare tagli, ce lo chiede l'Europa. Non avete più un euro in tasca? I vostri risparmi scarseggiano? Non è colpa nostra. I soldi non li stampiamo noi, ma la BCE. E poi l'inflazione. Che paura l'inflazione.Vorresti spaccare tutto e mandare tutto all'aria? Non puoi farlo. Salirebbe troppo lo spread. I mercati ci osservano e ci giudicano. La politica non è finita con Draghi, ma era già finita da un pezzo. Ma ora ve ne state accorgendo tutti. I partiti non esistono più. Esiste solo una propaganda assordante che vaneggia di un fantomatico scontro fra destra e sinistra. Favoleggia di un movimento che accoglie tutte le spinte populiste dal basso. Falso. Sono tutti un'unica casta. Fanno finta di scontrarsi in duelli all'ultimo sangue, mozzafiato, per dividervi in tante tifoserie e distrarvi con le loro pagliacciate, mentre ridono di voi e si godono lo spettacolo della nostra perenne guerra fra poveri.L'unica vera domanda che dovreste porvi è perché Draghi adesso? Perché Mattarella, con l'aiuto di Renzi e il tacito consenso di tutti gli altri finti partiti, si sta giocando la carta Draghi proprio adesso? Per i quattro spiccioli del Recovery Fund? Naaaa. Acqua. Pensateci bene. La pandemia che inizialmente era stata presa a pretesto per aumentare il controllo e la repressione, favorendo la distruzione del tessuto produttivo delle piccole e medie aziende, stava facendo saltare una dopo l'altra tutte le maglie della catena. Niente più filiera lunga, troppo fragile, soprattutto in caso di crisi esogena e simmetrica. Molto meglio la supply chain corta, più sicura e affidabile. Al diavolo la globalizzazione. Al diavolo pure il patto di stabilità e il debito pubblico perché ogni Stato rischiava di fallire. Al diavolo la finta solidarietà e cooperazione europea, ogni paese ha dovuto affrontare l'emergenza sanitaria da solo. Ognuno per sé e Dio per tutti. Al diavolo pure la libera circolazione delle persone. Chiudiamo i confini. Facciamo i controlli alle frontiere. Tutto il sistema stava andando gambe all'aria.Quindi perché Draghi??? Perché gradualmente, con il supporto di tutti i finti partiti, deve riportarci dentro il sistema. Ripristinare il patto di stabilità e la paura del debito pubblico, lo spread e i mercati. Accompagnare la distruzione selettiva delle piccole e medie aziende in favore delle grandi multinazionali. Scrivere stringenti clausole di condizionalita' per accedere ai prestiti del Recovery Fund. Sostenere il sistema bancario con l'eliminazione definitiva del contante. Draghi deve stringere di nuovo le maglie della catena che lui stesso ha contribuito a costruire fin dal 1980. Conosce benissimo com'è fatta la catena. Conte al confronto era un dilettante. Ora vedrete plasticamente come agisce un professionista del sistema. Capirete che l'unica opposizione al sistema è fuori dal parlamento. E siete voi, ognuno di voi. Nessuno vi ha mai rappresentato. Ognuno di voi è un sovranista, ma ancora non lo sa. Per questo motivo sobbalzano e si indignano ad ogni accenno di sovranismo. Il loro vero nemico è quel maledetto comma dell'articolo 1 della Costituzione che dice "la Sovranità appartiene al Popolo". Vorrebbero distruggere questo legame ancestrale fra voi e la vostra stessa Sovranità. Ogni volta che voi rivendicate un diritto o avanzate anche una timida obiezione al sistema siete sovranisti. Ma non lo sapete ancora. Nessuno vi salverà se non voi stessi e la vostra indistruttibile Sovranità. Quando capirete che senza una mobilitazione dal basso, implacabile, compatta, scevra da tutte le decrepite ideologie del passato, ancorata ai principi sacrosanti ed eterni della Costituzione, non abbiamo scampo. Ci prenderanno uno per uno, categoria per categoria. Nessun Draghi, Trump, Grillo, Salvini, Meloni ci salverà. Il salto nel vuoto che dovete fare è proprio questo. La loro presunta competenza tecnica è nulla contro un intero popolo che è consapevole del suo potere, dei suoi diritti e della sua Sovranità. La guerra è appena cominciata. Loro sono tutti arroccati nei Palazzi e negli studi televisivi. Noi siamo sparpagliati. Ognuno nella propria trincea quotidiana e personale. Uscite allo scoperto e combattete. Innanzitutto contro voi stessi e le vostre false credenze. Abbiate il coraggio di affrontare corpo a corpo i vostri mostri e i loro Draghi. Perché è vero che vi odiano, ma è ancora più certo che vi temono. Altroché se vi temono.Piero Valerio
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Tra 1,1 miliardi di anni cambierà tutto. Il nostro più grande alleato si trasformerà in un nemico implacabile. La luminosità del Sole salirà; sarà il 10% più intensa di quella attuale e la temperatura media della superficie globale raggiungerà i 47°C. L’atmosfera diventerà una serra umida. Gli oceani spariranno. Il pianeta diventerà un deserto arido, senza più vita. È inevitabile. E tremendamente triste. Perderemo tutto. Tutto quello che ora diamo per scontato, quello che più ci manca durante questa quarantena necessaria: il vento dolce, l’aria fresca del mattino, il profumo della primavera. E poi il rumore degli insetti nelle sere d’estate, la risacca delle onde, la sabbia bagnata sotto i piedi, il ticchettio della pioggia sulle finestre, la neve che tutti noi – almeno una volta – abbiamo assaggiato. Tutto quello che insieme abbiamo costruito, tutto quello che non potrà essere trasportato altrove – se mai lo troveremo, un altrove – sarà cancellato. Polvere nello spazio. Ricordi, nient’altro. La Terra, la nostra bellissima casa. Ci pensate? Rimandiamo i ricordi il più a lungo possibile. Proteggiamola il più a lungo possibile. . . . ���� #Hanami - Sakura in fiore, #Tokyo, aprile 2019 . . . #giornatamondialedellaterra #giornatadellaterra #22aprile #earthday #earthday2020 https://www.instagram.com/p/B_SNpaWHxI2/?igshid=6t67bapre5hb
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“Un unico interesse, un unico pensiero, un’unica passione – la rivoluzione”. Il leggendario Nečaev e “Il catechismo del rivoluzionario”
La tempra – l’ossessione, piuttosto – si misura lì, tra le mura della fortezza di Pietro e Paolo, nel pozzo di una cella, occhio di drago in muratura. Gli fu impedito di leggere. Poi di scrivere. I rari compagni di cella – ideologi della rivoluzione, antizaristi, delinquenti straordinari – storditi dalla solitudine, da quel vuoto senza eco, impazzivano. Lui no. Diventava più forte. Riuscì a conquistare i soldati addetti alla custodia dei prigionieri; nessuno dubitava del suo potere ipnotico, era posseduto dal verbo. Le pene s’inasprivano e lui progettava fughe prodigiose. Morì di scorbuto, nel dicembre del 1882, era stato arrestato dieci anni prima, a Zurigo. I servizi russi, con ramificazioni in Svizzera, Francia, Germania e Inghilterra, lo braccavano dal 1869. Aveva ammazzato un suo discepolo: non gli obbediva con coerente disciplina. Figlio di un imbianchino e di una serva della gleba, presto orfano, con infiniti fratelli, la vita di Sergej Gennadievič Nečaev affonda nella leggenda. Alcuni hanno dubitato della sua esistenza.
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La figura di Nečaev, giovanissimo ideatore di rivoluzioni, è decisiva. Insegna, intanto, che l’uomo, per natura, è in rovina e ambisce alla rivolta. Esiste, cioè, un cuore nero nella storia, un nido di mosche nell’uomo che ammette che la rivoluzione – qualunque – non si fa ‘a fin di bene’, per il meglio, per le umane sorti progressive, ma perché bisogna farla, perché non c’è altro fine che il sangue. Nečaev, voglio dire, fa fare un salto all’ideologia rivoluzionaria: la Rivoluzione è la sola divinità e per perseguirla, è naturale, occorre ammazzare. Perfino ammazzare i confratelli. La Rivoluzione è buona in sé, pur priva di contenuti, priva di aggettivi, come l’Uno, va eseguita senza interrogarla, non ammette sconti. “L’originalità di Nečaev sta nel giustificare la violenza fatta ai fratelli”, scrive Albert Camus ne L’uomo in rivolta. “Nečaev fa di più che militarizzare la rivoluzione dal momento che ammette che i capi, per dirigere i loro subordinati, abbiano il diritto di usare la violenza e la menzogna… Il reclutamento faceva tradizionalmente appello al coraggio e allo spirito di sacrificio. Nečaev decide che si possono ricattare oppure terrorizzare gli esitanti, e ingannare i fiduciosi”. Insomma, Nečaev leva ogni mascara morale alla Rivoluzione, per compiere la quale ogni atto è lecito. Soprattutto se illecito.
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Nečaev fu illuminato da Dmitrj Karakozov, che attentò alla vita di Alessandro II, fallendo – il dio/zar dimostrò una carnosa fragilità. Lo affascinava il profilo di Filippo Buonarroti, rivoluzionario italiano che praticò in Francia, e il pensiero di Pëtr Nikitič Tkačëv. Fu Bakunin, tuttavia, a dare forza e forma alla sua vita. Si incontrarono a Ginevra: il fondatore dell’anarchismo fu totalmente sedotto dal ventenne che sembrava un ispirato, mentiva – diceva d’essere stato arrestato più volte, a Mosca, e altrettante fuggito –, si presentava come il Messia della Rivoluzione. “Vi amavo profondamente e vi amo ancora… credevo fermamente, troppo fermamente in voi”, gli scrive, Bakunin, il 2 giugno del 1870. Nečaev si era già rivelato: scaltro, cinico, opportunista. Un totem d’acciaio. Due settimane dopo, agli amici, a proposito di Nečaev, sempre Bakunin: “Non ho ancora incontrato un rivoluzionario sincero e conseguente come lui… è intelligente, molto intelligente, ma la sua intelligenza è selvaggia come la sua passione, e il suo sviluppo, benché considerevole, non è stato armonioso”.
Nelle rare fotografie che abbiamo di lui, Nečaev (1847-1882) non è mai uguale a se stesso, la contraffazione gli è connaturata, pare
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Il vecchio anarchico si era accorto di aver fomentato in seno una serpe, il pittbull della Rivoluzione. In Russia, Nečaev fonda l’organizzazione “Giustizia popolare sommaria”: il simbolo è un’ascia, l’obbiettivo rovesciare lo zar, attraverso un’azione collettiva dei contadini. Nečaev era certo che nel 1870 la Rivoluzione avrebbe sradicato le fondamenta della Madre Russia. Nella cultura russa due figure, drasticamente diverse ma sostanzialmente simili, emergono con ossessiva potenza: lo jurodivyj, il ‘folle di Cristo’, che abbandona questo mondo in vista dell’altro, si pone ai margini della Storia, vive esule sulla marea della Provvidenza, e il rivoluzionario, che abita nel cuore della Storia e vuole cambiare il mondo, questo. Entrambi, jurodivyj e rivoluzionario, abitano l’estremismo: uno vive donato a Dio, l’altro dà la vita per la causa. Entrambi vivono senza temere la morte, nell’insussistenza. Dostoevskij, che ragiona sul rivoluzionario ne I demoni, pensava a Nečaev come a una figura minore, meschina, “questo personaggio mi sembra quasi comico”, scrive in una lettera a Michail Katkov. Eppure, Dostoevskij dedica a Nečaev un lungo articolo nel suo “Diario di uno scrittore”, è il 1873, Una delle falsità contemporanee. In sostanza, lo scrittore, negandolo, ammette che la vita di Nečaev, paradigmatica, è il fondamento filosofico dei Demoni. “Tra i Nečaev si possono trovare degli esseri assai cupi, assai desolati e stravolti, con una sete di intrigo e di potere complicatissima nella sua origine, con un bisogno passionale e morbosamente precoce di affermare una personalità… quelli di loro che sono veri mostri possono essere persone molto intelligenti, furbissime e perfino colte. Oppure voi credete che le conoscenze, gli ‘studi’, le nozioncine scolastiche (magari universitarie) formino così definitivamente l’anima del giovane che, ottenendo la laurea, egli acquisti immediatamente l’incrollabile talismano per conoscere, una volta per sempre, la verità ed evitare le tentazioni, le passioni e i vizi?”. Orrida per Dostoevskij è l’idea di poter considerare un “mostruoso e ripugnante assassinio” – come quello di Ivanov, ordito da Nečaev a Mosca – alla stregua di “un fatto politico utile per l’avvenire della futura ‘grande causa comune’”. L’uomo, d’altronde, è così: eleva l’idea a dio, la esplicita in ghigliottine e Gulag, la ciba con carneficina.
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La passione di Nečaev e la testa di Bakunin forgiano centocinquant’anni fa, un testo di prodigiosa potenza, Il catechismo del rivoluzionario, oggetto di uno studio importante da parte di Michael Confino (1973; in Italia stampa Adelphi). Pensato e scritto nel 1869, Il catechismo è pubblico dal 1871, e agisce, nei sotterranei dell’epoca, con indubitabile fascino. La struttura, per punti, ricorda le ‘regole’ monastiche: tutto è teso, in effetti, a conquistare ‘fratelli’, a confermare e organizzare la loro opera. Il primo punto del Catechismo – “L’edificio dell’organizzazione poggia sulla fiducia nelle persone” – sarà il discrimine nei rapporti tra Nečaev e Bakunin. Per Nečaev bisogna avere fede nella Rivoluzione, non nei rivoluzionari: egli propone una sorta di ‘via negativa’ alla Rivoluzione, che consideri, come pratica inquieta, la sovversione dei valori, la menzogna, l’astuzia tra i pari. “Voi, caro amico mio – e questo è il vostro principale, il vostro colossale errore – vi siete incapricciato del sistema di Loyola e di Machiavelli, dei quali il primo si proponeva di ridurre in schiavitù l’umanità intera, mentre il secondo cercava di creare uno Stato potente (monarchico o repubblicano non ha importanza) per ridurre in schiavitù il popolo. Innamorato come siete dei principi e dei metodi polizieschi e gesuitici, avete avuto l’idea di fondare su di essi la vostra stessa organizzazione, la vostra stessa forza collettiva segreta, per cui agite verso i vostri amici come se fossero nemici: giocate d’astuzia con loro, cercate di dividerli e perfino di metterli in discordia l’uno con l’altro…”. Soprattutto – come si legge dal brandello del Catechismo che ricalco –, incendia il principio per cui si è persi nel profondo, tanto da poter profondere ogni sforzo nella rivolta. Già. Tra Rivelazione e Rivoluzione la differenza è un velo – vanto è vivere nel grido e nel segreto. (d.b.)
***
Atteggiamento del rivoluzionario verso se stesso
1. Il rivoluzionario è un uomo perduto in partenza. Non ha interessi propri, affari privati, sentimenti, legami personali, proprietà, non ha neppure un nome. Un unico interesse lo assorbe e ne esclude ogni altro, un unico pensiero, un’unica passione – la rivoluzione.
2. Nel suo intimo, non solo a parole, ma nei fatti, egli ha spezzato ogni legame con l’ordinamento sociale e con l’intero mondo civile, con tutte le leggi, gli usi, le convenzioni sociali e le regole morali di esso. Il rivoluzionario è suo nemico implacabile e continua a viverci solo per distruggerlo con maggior sicurezza.
3. Il rivoluzionario disprezza ogni dottrinarismo e ha rinunciato alle scienze profane, che egli lascia alle generazioni future. Per questo, e soltanto per questo, egli studia attualmente la meccanica, la fisica, la chimica e perfino la medicina. Pr questo egli studia giorno e notte la scienza viva – gli uomini, i caratteri, le situazioni e tutte le condizioni del regime sociale presente, in tutti gli strati. Lo scopo è uno soltanto: la distruzione rapida di questo immondo regime.
4. Egli disprezza l’opinione pubblica. Disprezza e detesta la morale vigente nella società in ogni suo motivo e manifestazione. Per lui è morale tutto ciò che contribuisce al trionfo della rivoluzione; immorale e criminale tutto ciò che l’ostacola.
5. Il rivoluzionario è un uomo perduto, spietato verso lo Stato e verso la società istruita in genere; da essa non deve dunque aspettarsi nessuna pietà. Fra lui da una parte, lo Stato e la società dall’altra, esiste uno stato di guerra, visibile o invisibile, ma permanente e implacabile – una guerra all’ultimo sangue. Egli deve imparare a sopportare la tortura.
6. Duro verso se stesso, deve essere duro anche verso gli altri. Tutti i sentimenti teneri che rendo effeminati, come i legami di parentela, l’amicizia, l’amore, la gratitudine, lo stesso onore devono essere soffocati in lui dall’unica fredda passione per la causa rivoluzionaria. Per lui non esiste che un’unica gioia, un’unica consolazione, ricompensa e soddisfazione: il successo della rivoluzione. Giorno e notte, deve avere un unico pensiero, un unico scopo: la distruzione spietata. Aspirando freddamente e instancabilmente a questo scopo deve essere pronto a morire, e a distruggere con le proprie mani tutto ciò che ne ostacola la realizzazione.
7. La natura del vero rivoluzionario esclude ogni romanticismo, ogni sensibilità, entusiasmo e infatuazione. Esclude anche l’odio e la vendetta personali. La passione rivoluzionaria, diventata in lui una seconda natura, deve in ogni momento essere unita a un freddo calcolo. Dovunque e sempre, egli deve essere non ciò cui lo incitano le sue tendenze personali ma ciò che l’interesse generale della rivoluzione gli prescrive.
*In copertina: Kazimir Severinovič Malevič, “Cerchio nero”, 1915
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Mi chiamo Francesco Totti Film streaming completo italiano
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Guardare l'antica Roma è un esercizio rischioso, ma l'assoluto fatalismo che nasconde il retroscena del campione comunica proprio con quella filosofia pagana, più che con i simboli cristiani che Infascelli talvolta avvicina pericolosamente a momenti chiave della storia. Il destino sembra quasi un amico imparziale e onnipotente, per Totti, una mano inesorabile che accompagna i momenti critici della sua vita. Il tempo, invece, un nemico implacabile, che per comodità alla fine della storia interpreta il ruolo di Luciano Spalletti, l'ultimo allenatore del Pupone.
L'epilogo del film ha un retrogusto acre, come se tutto sommato fosse davvero il Crono di Goya, che divora i campioni, talenti effimeri, transitori tra i transitori. Restano i rimpianti - le sirene del Real Madrid - e la nostalgia - le immagini dei momenti d'oro della carriera - come compagnia sgradita con cui convivere, con l'unica consolazione che questo destino ci tocca tutti e ci rende compagni di sventura. "Questo tempo è passato. Ma anche per te" dice Francesco. E più che ai posteri sembra parlare ad amici e nemici di tante battaglie, testimoni di un mondo, di calcio ma non solo, che non esiste più.
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La Madonna al veggente Cornacchiola: visioni e profezie sulla Chiesa
La dimensione profetica è notevolmente accentuata nel messaggio delle Tre Fontane. Come in altre apparizioni moderne la Beata Vergine Maria ha rivolto il suo sguardo materno preoccupato e sofferto alla situazione del mondo e della Chiesa indicando realtà future gravi e dolorose, conseguenza implacabile del rifiuto di Dio e della guerra alle sue Leggi e ai suoi Comandamenti di vita.
Il messaggio-segreto delle Fontane mette in guardia la Chiesa ed il mondo da quello scatenamento del principe delle tenebre che, proprio nel XX secolo, sarebbe stato eccezionalmente attivo. Quando si affronta questo tema è quasi diventata tradizione riportare la famosissima visione che ebbe Leone XIII il 13 Ottobre 1884: «Il Pontefice ricevette una visione che riguardava il futuro della Chiesa, un periodo di circa cento anni in avanti quando il potere di Satana avrebbe raggiunto il suo culmine. Di questo episodio sono note diverse versioni; in quella più comunemente accettata si dice che Leone XIII avrebbe sentito due voci: una dolce e gentile, l’altra roca e aspra. Gli parve che queste voci provenissero da vicino al tabernacolo. Subito comprese che la voce dolce e gentile era quella di Nostro Signore mentre quella roca e aspra era di Satana. In questo dialogo Satana affermava con orgoglio di poter distruggere la Chiesa, ma per fare questo chiedeva più tempo e più potere. Nostro Signore acconsentì alla richiesta e gli chiese di quanto tempo e di quanto potere avesse bisogno. Satana rispose che aveva bisogno di 75 o 100 anni e un maggior potere su coloro che si fossero messi al suo servizio. Nostro Signore accordò a Satana il tempo e il potere che chiedeva, dandogli piena libertà di disporne come voleva. Leone XIII rimase così scosso da questa esperienza che scrisse una preghiera in onore di San Michele per la protezione della Chiesa»[1]. Visione profetica, questa, che fa luce sulle “diavolerie” di satana per quella misteriosa ma reale “maggiore libertà” di attaccare il mondo e la Chiesa stessa. Come in altri messaggi mariani moderni (Fatima, Akita, Amsterdam, Itapiranga, Anguera, ecc.) anche qui, alle Tre Fontane, le rivelazioni parlano in larga parte di una sofferenza, uno sconvolgimento ed una persecuzione che provengono dall’interno più che dall’esterno della Chiesa. Tutto ciò è messo in luce attraverso la visione simbolica di una talare abbandonata di un drappo nero (simboli di quella defezione di massa di cui sarebbe stato protagonista il clero del postconcilio) e di una croce spezzata (simbolo della persecuzione e dell’oltraggio recato alla Chiesa di Cristo dai nemici della stessa Chiesa). Riflette opportunamente il padre Angelo Tentori, dei Servi di Maria (†2014): «“La Chiesa sarà perseguitata, spezzata”. Nessuna novità, ma forse la Madonna accennava a un altro tipo di persecuzione: quella che viene non tanto dal di fuori quanto dall'interno, da chi si professa cattolico ma non lo è, da chi all'interno della Chiesa si ribella e pretende di seguire un cammino suo, diverso dagli insegnamenti di Cristo proposti attraverso la Chiesa. E il peggio è che contrabbanda i propri errori come autentico Vangelo, ingannando molte anime, portandole sulla strada della perdizione. Sono questi i persecutori peggiori della Chiesa, che apparentemente rimangono nell'ovile ma come lupi camuffati da pecore possono sbranare più facilmente le anime»[2]. Quella croce spezzata ha un significato profondo. Interessante notare la relazione intercorrente tra questa profezia e quella di Rue du Bac, quando la Vergine Immacolata preannunciava che la croce sarebbe stata disprezzata. Nell’immagine profetica delle Tre Fontane vi è un crescendo di drammaticità. Quella croce già disprezzata è detto ora che sarà spezzata: si tratta dell’oltraggio e del disprezzo di cui saranno fatti oggetto Cristo e la sua Chiesa che muovono da una ribellione “in progress” dell’uomo contro il suo Creatore e Salvatore. Sia lecito ora riflettere che, se l’immagine della croce spezzata è associata alla defezione del clero simboleggiata dal drappo nero e dalla talare, gli oltraggi maggiori, le sofferenze e persecuzioni più grandi potrebbero essere proprio quelle che provengono dall’interno della Chiesa, quelle che costituivano la preoccupazione maggiore della Vergine della Rivelazione. La croce, così, sarebbe spezzata principalmente a causa dell’azione demolitrice in atto dentro la Chiesa del Signore. La riflessione ha una sua coerenza e un certo riscontro nei tragici eventi che si susseguirono in maniera clamorosa nel secondo cinquantennio del XX° secolo e che si andava ad aprire a pochi anni di distanza dalla mariofania romana. Esiste, tra l’altro, un dato impressionante che non può essere dimenticato in relazione alla talare piegata vista da Cornacchiola: «Negli anni settanta-ottanta circa quarantamila sacerdoti abbandonarono l’abito: una cifra enorme, uno smarrimento che la Chiesa mai aveva vissuto in precedenza e che non può essere spiegato dal punto di vista sociologico ma soltanto dal punto di vista spirituale. Già trent’anni prima alle Tre Fontane, la Madonna aveva mostrato tale crisi con quei segni: il drappo nero e la talare, per indicare il suo dolore a causa dei sacerdoti che si sarebbero spretati e la croce spezzata per sottolineare il rinnegamento di Cristo provocato da questo tradimento di massa»[3]. A sostegno di questa connessione tra croce spezzata e defezione del clero postconcilare, è interessante una testimonianza di don Attilio Negrisolo (un sacerdote di Padova figlio spirituale di Padre Pio) che in un sua catechesi sul messaggio di Fatima riferiva (secondo alcune testimonianze da lui stesso raccolte) che uno dei punti più gravi del Terzo Segreto di Fatima sarebbe quello della defezione del clero, dagli anni ’60 in poi. Solo Paolo VI ha firmato qualcosa come 23.000 dispense dal sacerdozio ai sacerdoti per sposarsi. Dopo di lui il fenomeno continuò anche se con minore intensità [4]. A questo proposito è interessante una glossa di Herman B. Kramer al passo dell’Apocalisse in cui san Giovanni parla di un terzo delle stelle del firmamento precipitate nell’abisso dalla coda del dragone infernale [5]. Secondo questa interessante interpretazione esegetica, quel simbolico terzo delle stelle indicherebbe «un terzo del clero», che «seguirà il dragone». Per suo mezzo satana sarà in grado di introdurre nella Chiesa «l’uso di morali non cristiane, false dottrine, compromessi con l’errore, o l’obbedienza ai governi civili in violazione della propria coscienza». Inoltre «il significato simbolico della coda del dragone potrebbe rivelare che quella parte del clero pronta all’apostasia avrà il controllo delle posizioni più influenti all’interno della Chiesa, avendole ottenute per mezzo dell’ipocrisia, della falsità e dell’adulazione». Questo clero pervertito dal nemico includerà quelli «che si rifiutano di predicare la verità o di ammonire i peccatori dando il buon esempio, ma che piuttosto cercano la popolarità, incuranti di ciò che li circonda e schiavi del rispetto umano», coloro «che si preoccupano solo dei propri interessi e non combattono le pratiche malvagie che avvengono nella Chiesa» ed i vescovi «che tormentano i bravi sacerdoti che osano dire la verità» [6]. * * * Tutto quanto affermato finora non si discosta da quanto effettivamente la messaggera celeste rivelò al suo interlocutore, ormai vinto dalla sua materna grazia. Dell'enigmatica visione di cui ci stiamo occupando, infatti, la Vergine della Rivelazione fornì al veggente un'ampia e dettagliata spiegazione così da lui sintetizzata: «La Vergine mi parla di quello che avviene nel mondo, quello che succede, quello che deve succedere nell'avvenire; come va la Chiesa, come va la vera fede; che gli uomini non crederanno più..., tante cose che si stanno avverando adesso. Ma molte cose si dovranno avverare...». E queste sono le parti salienti di quanto la Vergine SS. dettagliò circa la futura crisi della Chiesa e della società, simbolizzate nella visione della talare, del drappo e della croce: «“Momenti duri si preparano per voi, e prima che la Russia si converta, e lasci la via dell’ateismo, si scatenerà una tremenda e grave persecuzione. Pregate, si può fermare (…). Accostatevi al Cuore di Gesù mio Figlio, consacratevi al Cuore d’una Madre che sanguina, sempre in senso mistico, continuamente per voi, osannate all’Iddio che è fra voi, allontanatevi dalle false cose del mondo: vani spettacoli, stampe d’oscenità, amuleti di ogni specie, falsità e altri mali, vanità e spiritismo, sono cose che il demonio del male adopererà per la persecuzione delle creature d’Iddio; le potenze malefiche opereranno nei vostri cuori, e Satana è sciolto, da promessa divina, per un periodo di tempo: accenderà fra gli uomini il fuoco della protesta, per la santificazione dei santi. Figli! Siate forti, resistete all’assalto infernale, non temete, io sarò con voi, col mio Cuore di Madre, per dare coraggio al vostro, e lenire le vostre pene e le vostre ferite tremende che verranno nel tempo stabilito dai piani dell’economia divina. La Chiesa tutta subirà una tremenda prova, per pulire il carname che si è infiltrato tra i ministri, specie fra gli Ordini della povertà: prova morale, prova spirituale. Per il tempo indicato nei libri celesti, sacerdoti e fedeli saranno messi in una svolta pericolosa nel mondo dei perduti, che si scaglierà con qualunque mezzo all’assalto: false ideologie e teologie! (…). Sono tempi terribili per tutti, la fede e la carità rimarranno intatte se vi attenete a quel che vi dico; sono momenti di prova per tutti voi, state saldi nella Rocca eterna dell’Iddio vivente, io vi mostrerò il sentiero, dal quale esce vittorioso il santo per il Regno divino, che si stabilirà sulla Terra nel giorno della vittoria: amore, amore e amore (…). Vi saranno giorni di dolori e di lutti. Dalla parte d’oriente un popolo forte, ma lontano da Dio, sferrerà un attacco tremendo, e spezzerà le cose più sante e sacre, quando gli sarà dato di farlo. Abbiate unito al timore: amore e fede, amore e fede; tutto per far risplendere i santi come astri nel Cielo. Pregate molto e vi saranno alleggeriti la persecuzione e il dolore (…). Il mondo entrerà in un’altra guerra, più spietata delle precedenti; maggiormente sarà colpita la Rocca eterna (…). L’ira di satana non è più mantenuta; lo spirito di Dio si ritira dalla terra, la Chiesa sarà lasciata vedova, ecco il drappo talare funebre, sarà lasciata in balìa del mondo. L’oscurità della coscienza, il male che aumenta, vi testimonieranno il momento giunto della catastrofe finale; si scatena l’ira in tutta la Terra, la libertà satanica, permessa, farà strage in ogni luogo. Momento di sconforto e smarrimento sarà sopra voi; unitevi nell’amore di Dio (…). Vedrete uomini guidati da Satana fare una lega unitaria per combattere ogni forma religiosa; la colpita maggiormente sarà la Chiesa del Cristo, per nettarla dalle sozzure che vi sono dentro: commercio usureggiante e politica, contro Roma! Nel finale, molti saranno convertiti per le molte preghiere e per il ritorno all’amore di tutti, e per potenti manifestazioni divine (…). Poi l’Agnello mostrerà la sua vittoria eterna, con le Potenze divine, distruggerà il male col bene, la carne con lo spirito, l’odio con l’amore! La Santità del Padre (il Papa, ndr.) regnante nel trono dell’amore divino soffrirà a morte, per un poco, di qualche cosa, breve, che, sotto il suo regnare, avverrà. Altri pochi ancora regneranno sul trono: l’ultimo, un santo, amerà i suoi nemici; mostrandolo, formando l’unità d’amore, vedrà la vittoria dell’agnello (…). I sacerdoti, pure essendo nella bolgia infernale, sono a me cari; saranno calpestati e trucidati, ecco la croce rotta vicino alla talare dello spogliamento esteriore sacerdotale(si fa riferimento ad una visione che la Madonna aveva mostrato a Bruno durante l’apparizione, ndr.) e in questo tempo i sacerdoti mostrino d’essere miei figli veramente; vivendo nella purità, lontano dal mondo, non fumino, siano più retti, seguano la via del Calvario (…). Fortificatevi, preparandovi alla battaglia della fede, non siate pigri nelle cose di Dio, vedrete tempi che gli uomini faranno meglio la volontà della carne che quella di Dio; essi continuamente vengono trascinati nel fango e nel baratro della perdizione volontaria. La giustizia di Dio si farà sentire presto sulla Terra; fate penitenze. Solo i santi che sono fra voi, negli eremi e nei conventi e in ogni luogo, mantengono l’ira distruggitrice della giustizia divina. Il momento è terribile. Di quel giorno che viene, le vergini e i vergini, chiunque serve Dio in spirito e non secondo la carne, si addossano parte delle piaghe, che, presto, scenderanno sulla Terra, lasciando ancora il tempo ai peccatori, affinché si ravvedano e si mettano con tutta la vita loro sotto il manto mio, per essere salvati (…)». * * * Ritornando a quel «non si crederà più» a cui il Cornacchiola faceva riferimento... è diventato ormai un dato di fatto, una drammatica evidenza che ha preoccupato, fino all'affanno, gli ultimi Pontefici. Fu lo stesso papa Paolo VI - non certo un antirivoluzionario ed anzi un fautore dello "spirito del Concilio" - a dover riconoscere vero la fine dell'ufficio e della vita: «C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa e ciò che è in questione è la fede. Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia»[7]. Da parte sua il papa Benedetto XVI, all’approssimarsi dell’anno della Fede da lui indetto (AD 2012), incalzò sul punto della crisi della fede a più riprese: «Benedetto XVI è ritornato più volte sul tema della fede. Nei suoi auguri natalizi alla Curia romana ha detto: “Il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede. Se ad essa non troviamo una risposta, se la fede non riprende vitalità, diventando una profonda convinzione ed una forza reale grazie all'incontro con Gesù Cristo, tutte le altre riforme rimarranno inefficaci”. Alla stessa stregua durante il suo viaggio in Germania aveva osservato: “Occorre forse cedere alla pressione della secolarizzazione, diventare moderni mediante un annacquamento della fede? Naturalmente, la fede deve essere ripensata e soprattutto rivissuta oggi in modo nuovo per diventare una cosa che appartiene al presente. Ma non è l'annacquamento della fede che aiuta, bensì solo il viverla interamente nel nostro oggi. Non saranno le tattiche a salvarci, ma una fede ripensata e rivissuta in modo nuovo”»[8]. In conclusione, vorrei ricordare quelle profetiche parole dello stesso Benedetto XVI durante l’omelia del 2 ottobre 2005 in cui, preoccupato, rifletteva giustamente così sulla parabola dei vignaioli omicidi: «Il Signore, nell’Antico come nel Nuovo Testamento, annuncia alla vigna infedele il giudizio (…). La minaccia di giudizio riguarda anche noi, la Chiesa in Europa, l’Europa e l’Occidente in generale. Con questo Vangelo il Signore grida anche nelle nostre orecchie le parole che nell’Apocalisse rivolse alla Chiesa di Efeso: “Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto” (2,5). Anche a noi può essere tolta la luce, e facciamo bene se lasciamo risuonare questo monito in tutta la sua serietà nella nostra anima, gridando allo stesso tempo al Signore: “Aiutaci a convertirci! Dona a tutti noi la grazia di un vero rinnovamento! Non permettere che la tua luce in mezzo a noi si spenga! Rafforza tu la nostra fede…”»[9]. Note: [1] profezie3m.altervista.org/ptm_c31e.htm%20Leone%20XIII: « “San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia, contro la malvagità e le insidie del diavolo sii nostro aiuto. Ti preghiamo supplici: che il Signore lo comandi! E tu, principe delle milizie celesti, con la potenza che ti viene da Dio, ricaccia nell'inferno Satana e gli altri spiriti maligni, che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime”. Il Pontefice dispose che questa preghiera fosse detta alla fine di ogni Messa. Questa disposizione venne seguita fino agli anni ‘60, quando, con la riforma della Messa attuata dal Concilio Vaticano II (196265), la preghiera venne definitivamente soppressa dalla liturgia ». [2] Padre A. M. Tentori, La Bella Signora delle Tre Fontane, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000, p. 97. [3] Padre L. Fanzaga-S. Gaeta, La Firma di Maria, Sugarco, Milano 2005, p. 119. [4] Reperibile presso l’indirizzo: www.parrocchiasanmichele.eu. Il sacerdote padovano aggiungeva, a questa affermazione, un fatto interessantissimo e sconosciuto ai più. Il 10 Luglio 1977, l’allora patriarca di Venezia Albino Luciani andò a Coimbra, fatto chiamare da suor Lucia. La santa veggente gli consegnò un messaggio per l’allora pontefice Paolo VI, messaggio che lei aveva ricevuto da Gesù in persona e Questi voleva che arrivasse al Papa. In questo messaggio c’erano due punti. Nel primo Gesù sottolineava la necessità di una riforma morale della Chiesa. Il secondo punto era di una certa drammaticità: il Signore diceva alla santa veggente che non sarebbe finita la sofferenza del mondo se non fosse cessato il peccato dei preti. Il popolo di Dio ed il mondo intero, infatti, è sconvolto, tuttora, dalla confusione, dallo scandalo e dal peccato di sacerdoti, vescovi e religiosi. [5] Non si tratta di un'interpretazione nuova. Nel linguaggio della Bibbia, “stelle del cielo” sono coloro che dal cielo illuminano la via agli altri, affinché anche questi vi giungano. Il passaggio dell'Apocalisse giovannea che abbiamo citato, è stato interpretato comunemente nei commentari Cattolici come un terzo del clero – ovvero cardinali, vescovi e sacerdoti – che decade dal proprio stato consacrato e che passa dalla parte del demonio. Questi uomini di Chiesa stanno minando le fondamenta della Fede Cattolica e mettendo a serio rischio la salvezza eterna di tante anime con i loro insegnamenti ed i loro comportamenti fuorvianti. [6] Herman B. Kramer, The Book of Destiny (prima edizione 1955, ristampato da TAN Books and Publishers, Inc., Rockford, Illinois, 1975), pp. 279-284, riportato in Padre Paul Kramer, La Battaglia Finale del Diavolo, Good Counsel Publications (seconda edizione), Buffalo 2011, pp. 134-135 (fatima.org/…/The-Devils-Fina…). [7] J. Guitton, Paolo VI segreto, San Paolo, Milano 1985, p. 21. [8] Mons. R. Fisichella, La grandezza del Credere. Verso l’anno della fede indetto da Benedetto XVI in L’Osservatore Romano, 1/8/2012. [9] Benedetto XVI, Omelia 2.10.2005: w2.vatican.va/content/benedict xvi/it/homilies/2005/documents/hf_benxvi_hom_20051002_opening-synod-bishops.html. * * * Per saperne di più su queste apparizioni e messaggi consulta l'Album da me creato: La Vergine della Rivelazione alle Tre Fontane
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