#contrasto alla violenza
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Alessandria: Violenza di genere, un evento formativo per sensibilizzare e agire. Un incontro multidisciplinare per affrontare e contrastare la violenza di genere
L'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Alessandria (AOU AL) rinnova il suo impegno nella lotta contro la violenza di genere organizzando un evento formativo e di sensibilizzazione.
L’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Alessandria (AOU AL) rinnova il suo impegno nella lotta contro la violenza di genere organizzando un evento formativo e di sensibilizzazione. Giovedì 5 dicembre, nel Salone di Rappresentanza di Via Venezia 16, dalle ore 9 alle 16.30, esperti del settore, professionisti sanitari e rappresentanti istituzionali si confronteranno per analizzare e condividere…
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mito->poesia->tragedia->metodo scientifico: uno sviluppo straordinario
Il genere tragico in Grecia: riproposizione ed evoluzione del mito arcaico.
La forma della tragedia classica greca è il punto di arrivo di un processo sviluppato a partire da un primitivo nucleo del coro, progressivamente ridimensionato a favore di uno spazio sempre maggiore riservato al dialogo dei personaggi. La tragedia ripropone e riplasma del materiale mitico ereditato dal mondo arcaico. Il suo appellativo si collega etimologicamente alla parola tragos con riferimento al capro, riferimento che è stato interpretato in vari modi quali: a) il sacrificio rituale celebrato alla fine della rappresentazione; b) la maschera indossata dal coreuta, c) il premio dato al vincitore. In ogni caso, si tratta di un riferimento a qualcosa di animalesco, ferino, primitivo, selvaggio (si veda ciò come traccia dell’animalesco selvaggio dionisiaco rispetto all’olimpico armonioso compositore delle passioni rappresentato da Apollo).
La struttura era articolata in un prologo sugli antefatti dell’azione, un parodo, canto di ingresso del coro, gli episodi costituiti da dialoghi con gli stasimi, i canti di stacco tra gli episodi, e l’esodo, canto di uscita. Il coro (12 coreuti ai tempi di Eschilo con uno di loro, il corifeo, dialogante a nome degli altri con gli attori) cantava in armonia con la musica e la danza ( infatti il verbo koreuein significa danzare). Gli attori, tutti di sesso maschile, indossavano maschere, coturni, ovvero alti calzari per essere più visibili agli spettatori e la scena era dotata di macchine teatrali. In genere le rappresentazioni avvenivano in occasioni di feste in onore di Dioniso, dio rurale patrono della fertilità. Erano dei veri e propri festival in cui gareggiavano i poeti tragici con la loro tetralogia (3 tragedie ed un dramma satiresco). C’era una commissione selezionatrice fatta da un arconte ed altri due membri che sceglieva i tre concorrenti per la gara finale, ogni tetralogia veniva rappresentata in una giornata intera e quindi il concorso durava 3 giorni. La giuria per assegnare la vittoria della corona di edera era formata da 1 rappresentante per tribù estratto a sorte da una lista fornita da ognuna delle 10 tribù, che dava una classifica dei concorrenti su una tavoletta, delle 10 poi ne venivano estratte 5 a sorte per avere il vincitore. I contenuti delle opere attingevano ad un patrimonio di racconti mitici tradizionali e la rappresentazione drammatica era fondata sul contrasto, la lacerazione tragica tra protagonista umano e divino e degli uomini tra loro. Tutto il popolo partecipava, lo stato finanziava i poveri con due oboli per indennizzo delle ore di lavoro perdute ed i costi degli spettacolo (scenografia, costumi, attori, coreuti, musicisti) che erano in parte sostenuti anche dalle famiglie ricche, c’era anche un servizio d’ordine dotato di robusti manganelli contro eventuali disturbatori. La partecipazione popolare al "RITO COLLETTIVO" funzionava da presa di coscienza, grazie a questa esteriorizzazione del dramma tragico reso nello spettacolo teatrale, che determinava una presa di distanza, una assunzione di responsabilità collettiva di fronte alle tensioni tremende dell’esistenza umana secondo una visione che affondava le sue radici nei sanguinosi rituali del mondo pre-greco. In questo consiste la CATARSI di cui parla Aristotele: LA RAPPRESENTAZIONE HA UN EFFETTO LIBERATORIO DALLE PASSIONI (i patemata = patemi di animo).
La tragedia si differenzia dal mito per un tratto sostanziale: se nel mito lo scontro è nel mondo divino, qui il piano si sposta sulla violenza tra dei e uomini e degli uomini tra di loro. Questo è testimoniato dal lessico tragico. Sono fondamentali alcune parole chiave ricorrenti nei dialoghi, che mostrano la inconciliabilità nella tragedia di polarità opposte di comportamento: parole da un lato come collera (che però è anche invidia!) (ϕθόνος),e accecamento divino (΄Άτη) , tracotanza (ύβρις), e violenza brutale (βία) , dall’altro legge (νόμος), diritto (δίκη), autorità legale (κράτος), timore (ϕóβος), e pietà (ʹΈλεος), parole che segnano nella loro opposizione il contrasto inconciliabile che caratterizza la tragedia. Viene bollata la tracotanza, si esibiscono i valori morali e le norme etico-sociali cui conformare i comportamenti dei cittadini della polis ed il ricorso al mito serve a rinsaldare il tessuto connettivo della convivenza. Nella trilogia più famosa, l’Orestea, formata da Agamennone, Coefore, Eumenidi, la tragedia si risolve con Oreste portato nella sede suprema della istituzione della polis, l’Areopago, dove Oreste è alla fine assolto e le furiose persecutrici Erinni si trasformano nelle benigne Eumenidi. Si impone la Giustizia, la DIKE, che si esplica nel NOMOS, nella Legge della città, a fronteggiare la violenza, ma ciò non sarà sufficiente se nell’Antigone la legge del cuore e degli affetti si scontrerà con la legge ufficiale della città stessa, che tuttavia prevarrà alla fine. Ma a questo punto, gli Dei c’entrano poco, il conflitto è tra gli uomini, gli Dei sono solo spettatori. I drammi umani riportano le scorie dei drammi divini. Più i conflitti "si umanizzano", più si perde la carica istintiva, travolgente dell’eros e della violenza primitiva e questo porta alla famosa tesi di Nietzsche che ne La nascita della tragedia (1871) vede nelle prime tragedie un equilibrio tra le parti del coro che rappresentano la potenza dionisiaca degli istinti e le parti del dialogo degli attori che moderano con la razionalità apollinea lo scatenamento degli istinti, fino ad arrivare ad Euripide che descrivendo con realismo delle vicende umane fa prevalere il distacco dello spirito superiore ed equilibrato apollineo in contemporanea all’avvento del razionalismo di Socrate in filosofia e la definitiva eclissi del dionisiaco, evento che il filosofo tedesco denuncia come la più grande perdita per tutta la cultura occidentale.
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Più i miti perdono valore di Verità, staccati dal culto dionisiaco, più i paragoni e le similitudini linguistiche, da "strati intermedi" tra il mondo degli dei e quello umano subiranno una trasformazione che costituirà i primi gradini delle deduzioni analogiche di cui il metodo empirico si servirà più tardi.
-Franco Sarcinelli (WeSchool)
-Bruno Snell (le origini del pensiero europeo)
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La Giustizia
"L'Amore che trova il Coraggio di Amare"
Quando la Vita vuole riordinare l'assetto complessivo della struttura interiore, spinge dentro fino a sfinire l'opposizione della Mente.
Attiva il Cuore. Lo rende espanso e imprevedibile.
Porta "giustizia" nei pensieri illusori, nelle azioni incoerenti, nelle manifestazioni dissonanti. Esaspera ogni proiezione, ogni dinamica di disfunzione, ogni forma disarticolata di controllo.
Ci stordisce.
Fino all'ultimo granello di protesta, di resistenza, di contrasto, di ribellione, di negazione della Verità. Fino al definitivo atto di resa.
Chi rifiuta il proprio "sentito", troverà pane per i suoi denti nei prossimi movimenti energetici. Starà male.
Troppe persone sono fermamente convinte di avere incontrato la Verità dentro. Ma si sono perse nell'ennesimo labirinto delle memorie ancestrali.
La "prova del nove" è vicina. Avremo contezza della qualità del nostro viaggio interiore proprio nei prossimi movimenti energetici.
Saranno giorni di profonda Verità di manifestazione.
Resteremo attoniti ad osservare come la Materia si muova fluida e repentina, sostenuta dal nostro atto creativo, che, se Antico, produrrà una espansione delle arcaiche memorie di schema disfunzionale.
Ma se altresì sostenuta dal Nuovo, ci offrirà una straordinaria anteprima dell'innovativo movimento di generazione della "svolta".
Le persone che "tremano" di fronte a questo, sono coloro che in fondo al loro Cuore sanno di non aver portato a termine il loro movimento di guarigione emotiva.
Solo una pulizia profonda e onesta del corpus emozionale e degli automatismi di schema, può oggi generare "futuro", e non più "proiezione di Passato".
Non basta la "Connessione spirituale", se il contenitore "Corpo" è ancora legato a "disoneste" strutture di funzionamento.
Non si tratta di "terrorismo". Non si tratta di "pressione psicologica". Si tratta di "onestà".
C'è stato un tempo in cui era "normale" delegare all'Altro la responsabilità del nostro dolore, del nostro immobilismo, della nostra tristezza interiore.
Oggi questo non è più possibile.
La Vita chiede un atto di "adultità".
Chiede di essere "giusti" e "integri " con il nostro stato di salute psichica e fisica.
Cosa è davvero importante? Cos'è prioritario per noi?
Nella "zona di patologia e impotenza" le persone non scelgono perché hanno dei benefit nel "restare" e molte incognite nell'"andare.
Tergiversano. Lasciano scorrere il tempo. Vorrebbero che l'Altro decidesse per loro, si allontanasse, si comportasse male per offrirci il pretesto di "andarcene puliti".
No.
Non funziona così.
"Io governo il mio Cuore".
Io ne avrò cura. Io sono responsabile per la sua protezione, per il suo pieno diritto di libertà, di espansione e di fiducia.
Nessun Altro.
La violenza si sviluppa nello schema "disonesto".
Non nella Verità di chi siamo.
Che prezzo ha la Libertà dal dolore?
Inestimabile.
Come un quadro di un grande Artista.
Nessuno ha la benché minima idea di quanta felicità si nasconda dietro alle pieghe del "movimento libero del Cuore Cristallino".
Nessuno.
O pochi.
Quei pochi che hanno "affrontato". E hanno concesso a se stessi un'opportunità di rompersi più e più volte. Per poi andare.
Non ci si rompe e basta.
Poi si va.
Non si resta per paura, scomodità, "vincolo materiale".
Si va. O si muore. Giorno dopo giorno, nella menzogna di chi non siamo.
Siate onesti. Basta con le giustificazioni, le moralizzazioni, le gabbie del "non posso, soffrirebbero troppe persone".
A chi serve davvero il tuo "sacrificio". A tenere in piedi la disfunzione? Davvero è amore per gli Altri questo? Davvero è amore e gratitudine per la Vita?
Amare significa anche "rompere tutto" quando è frutto di antiche patologie ereditarie.
L'Amore è "liberare". Non imprigionare tutti nella complicità della vittima e nell'efferatezza del carnefice.
Liberate!
Non condannate voi stessi alla Morte in Vita.
La Vita ha tanto da offrire. Tanto Amore vero. Tanta Bellezza. Tante opportunità di abbondanza.
Non guardate sempre nello stesso punto. Distogliete per un attimo lo sguardo e concedetevi di "vedere" e "sentire" la Verità.
Si profilano "tempi forti", tempi d'Oro per i guerrieri liberati dal "bisogno della guerra".
Spada pronta nel fodero. E cuore in Mano nei prossimi giorni.
Si "ama". Si "ama tanto" a Dicembre.
Mirtilla Esmeralda
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Amare per … Amare come …
Il 29 novembre si è tenuto, presso il Centro Socio culturale di Solbiate Olona, un incontro dal titolo “Amare per ….Amare come…”, un evento dedicato al contrasto della violenza sulla donna.
La serata, introdotta dai saluti dall’assessore alle politiche sociali e alla cultura Giada Martucci, è stata moderata dalla presidente della Commissione sociale Letizia Valerio, che ha proposto al pubblico la lettura di un brano tratto dal libro “Effimera libertà” di Amilca Ismael.
Non è stato semplice restare indifferenti alle parole di grande sofferenza, di paura per la propria vita, di senso di ingiustizia per il sangue versato e per il corpo offeso di una giovane donna. Certamente hanno ricordato con forza che la violenza sulle donne è una delle più gravi violazioni dei diritti umani.
La moderatrice, riportando alcuni dati, ha sottolineato che la violenza contro le donne è un fenomeno generato da molti fattori interdipendenti che riguardano diversi ambiti: sociali, culturali, politici e relazionali.
In Italia, i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. La violenza all’interno delle relazioni affettive è la più diffusa in ogni società e cultura.
Per l’occasione, sono state coinvolte due psicologhe, la dott.ssa Stefania Benazzi, psicologa e psicoterapeuta del Centro accoglienza ICORE di Marnate e la dott.ssa Alessandra Borsani psicologa coordinatrice di un servizio per le famiglie che accoglie anche donne e minori vittime di violenza.
L’intervento delle relatrici ha riguardato
• la Violenza psicologica e del Controllo
• gli effetti della violenza sulla donna, sulla mamma, sui bambini, da parte dell’uomo
• l’importanza della rete sociale e della rete istituzionale
Hanno fatto da cornice ed arricchito l’incontro una Mostra del Gruppo Artisti di Solbiate e la lettura di poesie da parte di alcuni poeti solbiatesi.
La serata, densa di nuovi significati, ha lasciato spazio ai numerosi interventi del pubblico sia sul tema che sull'importanza di continuare a gettare semi di conoscenza utili a favorire lo sviluppo di una rete sociale che sia di supporto alle vittime di violenza.
Un Grazie particolare al Centro Antiviolenza ICORE che si occupa di ascolto ed accompagnamento contro la violenza verso le donne: "Tu, non sei sola". https://www.centroantiviolenzaicore.com/
La mostra delel opere degli artisti solbiatesi proseguirà fino all'8 di dicembre, presso il Centro Anziani in Piazza Gabardi. Orari di apertura da lunedì a venerdì dalle 15,00 alle 18,00.
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Complimenti al governo di destra (sempre più affiliato alla mafia oltre che portare avanti le idee nazifasciste) che ha tagliato nettamente fondi a sanità e istruzione pubblica, al contrasto alla violenza sulle donne e persino a quello a bulimia e anoressia, ma sempre pronti a difendere criminali nei vertici dello Stato e di aziende e banche. Questo governo liberal nazifascista merita di essere rovesciato. Più che lotta pacifica e parlamentare, serve - come dice Mao Tse-tung - il FUCILE.
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Simone non sa cosa pensare, quando Mina gli fa cenno di alzare le mani e gli accomoda in grembo. Gli hanno sempre detto che non ci deve azzardare a toccare il dæmon di un'altra persona senza l'esplicito consenso di entrambe le parti.
"Rilassati, Simò. Va tutto bene. Ci fidiamo di te." Mormora, alzando il muso per sfiorare il proprio naso contro il suo.
Quella volpacchiotta spelacchiata è sempre stata molto diffidente nei suoi confronti - diffidenza ricambiata da Zoe, che non fa che ricordargli cos'è successo l'ultima volta che non l'è stata a sentire e ha voluto fare di testa sua, con Manuel - e non la può certo biasimare.
È la prima volta che gli capita di vedere un dæmon così malconcio, non credeva neanche fosse possibile. Era convinto fossero solo trovate da film sui gangster e i mafiosi.
"Ti stai ancora chiedendo com'è che mi sono ridotta così, eh?" Gli chiede dopo qualche minuto di silenzio, come se avesse letto nei suoi pensieri. "Be', ormai penso che tu sia guadagnato la verità. Sai, finché è un genitore ad alzare le mani sui propri figli, o il loro dæmon ad imporsi con la forza su quello di un bambino indifeso... La società lo trova un comportamento disdicevole, certo, ma alla fine tutto si conclude con un 'ognuno impartisce l'educazione come meglio crede'. Per essere sicura che quell'omm' 'e mmerda sparisse dalla nostra vita, doveva essere qualcosa di veramente grave... E ferire la parte più fragile, più intima, di una persona... Non c'è giudice che avrebbe potuto chiudere un occhio su un aggressione del genere, perciò ho perso volentieri il mio."
"... ti sei fatta sfigurare di proposito, per proteggere Mimmo?" Chiede, con gli occhi lucidi e la voce spezzata. Non può credere che abbia dovuto conoscere così tanta violenza dalla più tenera età, e ora più che mai capisce il contrasto tra il cinismo e la freddezza di Mina e la solarità e l'ottimismo di Mimmo. Lei è il suo scudo, la sua difesa. Lo è sempre stata.
"Non l'avresti fatto anche tu?" Lo interroga lei, mettendosi più comoda sulle sue gambe, prima di addormentarsi.
La domanda lo tormenta per il resto della notte.
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SCUOLE, ARRIVA L’ORA DI EDUCAZIONE ALLE RELAZIONI
Arriva nelle scuole italiane l’ora di ‘educazione alle relazioni’. Un percorso per gli studenti delle primarie e secondarie di primo e secondo grado che introduce la creazione di gruppi di approfondimento, discussione e confronto in classe, guidati da un docente e con il coinvolgimento dell’Ordine degli psicologi e degli esperti dei centri anti violenza.
Questo progetto vuole essere un invito a far entrare la cultura del rispetto e dell’educazione alle relazioni tra gli insegnamenti e coinvolgere gli studenti in prima persona per accompagnarli a prendere consapevolezza nel modificare atteggiamenti e rappresentazioni nelle interazioni con gli altri. Nell’iniziativa sono coinvolte anche le famiglie e le associazioni tramite il Fonags (Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola) che raccorderanno le modalità di attuazione dei percorsi progettuali concernenti l’educazione alle relazioni con le esigenze e le osservazioni delle rappresentanze dei genitori.
Il percorso di 30 ore sarà svolto in orario extracurricolare, per tre mesi l’anno e l’adesione degli istituti potrà essere inizialmente facoltativa. Nel progetto è previsto il supporto occasionale di avvocati, assistenti sociali, organizzazioni attive nel contrasto alla violenza di genere e il coinvolgimento di testimonial vicini ai giovani come influencer, cantanti e attori. «Confrontarsi, far emergere i problemi e cercare di superarli. La scuola si occupa del fenomeno culturale e di combattere quel maschilismo ancora imperante nella nostra società che si manifesta a scuola, sul lavoro, per strada», ha affermato Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito, promotore dell’iniziativa.
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Fonte: Ministero dell’Istruzione e del Merito; foto di Olia Danilevich
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO QUARTO - di Gianpiero Menniti
LA BIBBIA DI PIETRA
Lo stile di Wiligelmo è sintetico, essenziale, per certi versi brutale nel suo tentativo di descrivere con potenza narrativa i temi della fede. Si consideri il ciclo delle "Storie della Genesi", le lastre in altorilievo poste sulla facciata della cattedrale di Modena. Si tratta di un racconto che prende avvio dalla “creazione”, prosegue con il “peccato originale” e la “cacciata dal paradiso” fino all’uccisione di Abele, poi la morte di Caino e il diluvio universale con “l’arca di Noè”. Sono come le "strisce" di un fumetto antico. Una in particolare mi ha attratto, per la semplicità ricca di significati nella sequenza di quattro narrazioni: al Dio incorniciato in una mandorla, retta da due figure angeliche, segue il dio “creatore” che infonde il soffio vitale ad un tozzo Adamo ancora piegato dall’inanità. Poi è da un Adamo dormiente che Dio trae Eva, donna sorta dalla costola dell’uomo. Quindi Eva coglie la mela e Adamo la divora. Come dare intensità alla colpa suprema? Ecco il primo colpo d'artista: Adamo ed Eva che nelle fasi di creazione mostrano le proprie nudità, nella scena del peccato entrambi si coprono il pube. L'iniziale, innocente purezza è perduta per sempre e con essa sorge la condanna dell’umanità alla fatica, alla sofferenza ed alla violenza che saranno i temi delle scene successive. Come uno spot: un racconto evocativo in pochi istanti. Così, la cattedrale romanica diviene una bibbia squadernata per il popolo dei fedeli, semplificata dalla forte valenza espressiva delle immagini private di allusioni estetiche gratuite, inutili, ridondanti. Wiligelmo va “dritto al sodo”. Ma perché? Perché egli sceglie questo genere di modello, che può essere accostato alla tradizione tardo-antica? Si tratta di adattare proprio l'intuizione agiografica della Roma del IV secolo ad una sensibilità nuova, che sostiene l’atto espressivo e lo fonde in un’esigenza finalistica. La struttura paratattica delle Storie della Genesi di Wiligelmo è pura estetica della narrazione: come tale, essa non ricerca il virtuosismo se non divenendo capace di cogliere, nella successione rapida dei segni, l’intuizione esegetica dello spettatore. Poiché la cattedrale romanica è il centro vitale della città medievale nell’epoca della rinascita, tra i secoli X e XI, ebbene essa non può che assumere in sé ogni funzione di emanazione del sistema culturale che rappresenta. E poiché non esiste cultura priva di interazione comunicativa, la cattedrale romanica diventa la fonte di un modello di vita, scrigno prezioso di valori sociali fondati sull’espressione dello spirito religioso. Come nel caso dell’icona che è "soggetto-oggetto" di devozione, la cattedrale e le sue sculture sono una ponderosa icona di pietra alla quale i fedeli possono rivolgere le loro attese di conciliazione con lo spirito universale e dalla quale trarre identità. La cattedrale non è una parentesi nelle vicende dell’uomo medievale ma presenza dell’indispensabile manifestazione di valori attestati e condivisi. Ecco perché un artista come Wiligelmo plasma le figure in un'essenziale funzione estetica. Anche negli aspetti apparentemente più minuti: l’attenzione che rivolge all’articolata e naturalistica realizzazione della veste del “creatore” è esigenza di contrasto con i corpi nudi e rozzi di Adamo ed Eva, è comparazione del divino e dell’umano, è intuitiva descrizione della figura nobile. Questa è la salda ed intellegibile regola grammatica della figurazione. Tanto di cappello a Wiligelmo, il "Kubrick" del Medioevo.
- Wiligelmo (vissuto tra l'XI e il XII secolo), "Storie della Genesi" (1099 circa), facciata del Duomo di Modena.
- In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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Milano, 30 anni fa la strage di via Palestro. I parenti delle vittime: «Chi dietro la mafia?»
Milano, 30 anni fa la strage di via Palestro. I parenti delle vittime: «Chi dietro la mafia?». Milano oggi ha ricordato le cinque vittime della strage di via Palestro, nell’anniversario dei 30 anni dall'attentato mafioso in cui una bomba è scoppiata davanti al Padiglione di Arte Contemporanea nel centro della città. Alle 23.14 del 27 luglio 1993 l'esplosione di un’autobomba provocava la morte di cinque persone: i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, l'agente di polizia municipale Alessandro Ferrari e il venditore ambulante Moussafir Driss che dormiva su una panchina. La giornata del ricordo è iniziata con il prefetto Renato Saccone e il sindaco Giuseppe Sala sul luogo dell’esplosione, insieme ad altre autorità, per deporre corone di fiori. «Quella bomba ci ha colpito al cuore ma non ci ha abbattuto», ha detto Sala, che ha precisato: «Non ci ha abbattuto nemmeno in quelle ore di paura e smarrimento che ci hanno fatto rivivere le stragi di Capaci e via D'Amelio. Cinque nostri fratelli sono stati uccisi dalla mafia. Trenta anni dopo Milano ricorda con il massimo impegno quella pena e la lezione sul disgusto della mafia che abbiamo imparato con il sangue». Tra gli interventi, anche quello di Nicola Perna, cognato di Carlo La Catena e presidente della omonima associazione che ricorda le vittime della strage di via Palestro: «Dopo 30 anni c'è ancora tanto da aggiungere e da sapere. La cattura di Matteo Messina Denaro non è un arrivo, semmai un altro tassello di questo puzzle che bisogna continuare a riempire. Capire bene anche chi si è nascosto dietro la mafia facendo questi attentati per destabilizzare il nostro Paese. Non dimentichiamo che quel giorno c'è stato un carosello di bombe e quando Ciampi si è precipitato a Palazzo Chigi ha trovato le linee interrotte. Era un colpo di Stato? Io sono arrivato sul luogo della strage la mattina del 28 luglio e qui era un'apocalisse, un campo di guerra. Quello che vedete oggi non c'era più, tutto buttato giù. C'era una grande buca, un campo di battaglia». A margine della commemorazione, l'intervento del Presidente della Regione Attilio Fontana: «È doveroso rendere onore a chi non c'è più, tenendo alta la guardia, con un impegno serio e costante nella lotta alle mafie e alle organizzazioni criminali, in tutte le loro forme e trasformazioni. Il problema mafioso oggi è diverso, apparentemente meno aggressivo ma altrettanto pericoloso». “Ricorrono trent'anni da quella notte, tra il 27 e il 28 luglio del 1993, in cui la mafia effettuò gli attentati in via Palestro a Milano e davanti alle Basiliche romane di San Giovanni in Laterano e di San Giorgio al Velabro. Si è trattato di una sfida alla nostra convivenza civile, di un tentativo di minacciare e piegare lo Stato democratico, costringerlo ad allentare l'azione di contrasto al crimine e il rigore delle sanzioni penali. Fu un piano eversivo che è stato sconfitto”. A ricordarlo, in una nota, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ribadendo la necessità della lotta alla mafia, “questione morale che orienta l'azione quotidiana del Governo”, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato in una nota: “Nessuno potrà mai dimenticare quegli anni così difficili per la nostra Nazione, caratterizzati da feroci attentati e da una lunga scia di sangue e violenza. Il male non ha avuto l'ultima parola”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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La Polizia di Stato al Centro Commerciale Panorama: un impegno concreto contro la violenza di genere
In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, uno stand informativo per sensibilizzare e offrire supporto
In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, uno stand informativo per sensibilizzare e offrire supporto “Questo non è amore”: un messaggio forte e necessario Il 25 novembre 2024, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, la Polizia di Stato di Alessandria ha presenziato al Centro Commerciale Panorama,…
#essercisempre#aiuto alle vittime#Alessandria#Alessandria today#associazioni contro la violenza#atti persecutori#attività della Polizia#Campagne di Sensibilizzazione#Centro Commerciale Panorama#contrasto alla violenza#diffusione consapevolezza#educazione sociale#Eventi ad Alessandria#Giornata internazionale violenza sulle donne#Google News#impegno sociale#iniziative locali#italianewsmedia.com#lotta alla violenza#Maltrattamenti#numero unico emergenza 112#Pier Carlo Lava#Polizia di Stato#Prevenzione#protezione comunitaria#protezione donne#Questo non è amore#reati di genere#reati familiari#Sensibilizzazione
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D.l. 1 ottobre 2024, n. 137, "Misure urgenti per contrastare i fenomeni di violenza nei confronti dei professionisti sanitari, socio-sanitari, ausiliari e di assistenza e cura nell’esercizio delle loro funzioni nonché di danneggiamento dei beni destinati all’assistenza sanitaria"
Testo d.l. 137/2024 Violenza contro i professionisti sanitari: pubblicato in G.U. il d.l. n. 137/2024 | Sistema Penale | SP https://www.sistemapenale.it/it/notizie/misure-di-contrasto-alla-violenza-nei-confronti-dei-professionisti-sanitari-pubblicato-in-gu-il-dl-n-137-2024
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Lina Poletti
Lina Poletti, scrittrice e letterata, pioniera della liberazione sessuale e omosessuale, si è battuta per il suffragio e per l’emancipazione femminile.
Si è schierata contro perbenismo e fascismo e agito, in prima persona, contro l’analfabetismo e ogni forma di sopraffazione e limitazione delle libertà.
Dantista, poeta e grecista di immensa cultura, ha attraversato quasi un secolo di storia con onestà intellettuale, originalità creativa e coerenza.
È stata una delle prime donne, in tutta Europa, a dichiarare apertamente di essere lesbica.
Nata a Ravenna il 27 agosto 1885, Cordula Poletti, era la penultima di quattro figlie di una famiglia di piccoli commercianti. Laureata in lettere all’Università di Bologna con Giovanni Pascoli nel 1907, con una tesi sulla poesia di Giosuè Carducci che viene ancora custodita nel Fondo Poletti della Biblioteca Classense di Ravenna.
Nonostante avesse sposato un uomo, Santi Muratori, suo amico d’infanzia con cui non ha mai vissuto, viene ricordata per le relazioni sentimentali che ebbe con Sibilla Aleramo e Eleonora Duse.
Nel 1908 ha partecipato al Congresso delle donne italiane in cui si chiedeva il suffragio, il riconoscimento della figura femminile nel diritto di famiglia e nei reati di violenza carnale. Vi erano presenti tutte le principali femministe italiane, tra cui la politica Anna Kuliscioff e Sibilla Aleramo, giovane scrittrice che, due anni prima, aveva pubblicato Una donna, romanzo che aveva fatto scalpore e scandalizzato, in cui raccontava l’abbandono del figlio e del matrimonio con il suo stupratore a cui era stata costretta dalla famiglia.
Tra le due era subito iniziato un intenso scambio epistolare e una grande passione.
In Lucida follia. Lettere d’amore a Lina, Sibilla Aleramo, l’ha definita, la fanciulla maschia, descrivendola come una giovane donna androgina, portatrice di comportamenti e caratteri svincolati dagli stereotipi sessuali, definibili come atteggiamenti culturali.
Insieme hanno partecipato ad attività suffragiste e filantropiche come quelle nelle scuole dell’Agro Romano e Pontino per portare l’istruzione nelle campagne dove abitavano popolazioni contadine analfabete, affette dalla malaria e costrette in condizioni di lavoro schiavistiche. Hanno anche prestato soccorso alle popolazioni terremotate di Calabria e Sicilia, nel dicembre 1908.
Nell’autunno 1910 la loro relazione si concluse definitivamente e Lina Poletti visse una storia intensa e conflittuale con la più grande diva del tempo, Eleonora Duse che, in quel periodo stava attraversando una crisi creativa. Tra viaggi e celebri frequentazioni, aveva scritto, per il suo grande ritorno teatrale, un’Arianna che non è mai andata in scena e che era stata motivo di forte contrasto alla fine della loro relazione che aveva portato uno strascico di beghe legali per la restituzione dei manoscritti.
Nel 1918 ha pubblicato Poemetto della guerra, un’opera epica, animosa, forgiata ai modelli plastici dannunziani, capace di rappresentare, in modo aulico e appassionato, la catastrofe della Grande Guerra.
Grande studiosa di Dante, si ricorda una sua lezione alla Biblioteca Classense di Ravenna, il 9 maggio 1920, in cui si era presentata in abiti maschili. In giacca e camicia bianca, una camelia bianca appuntata al petto, aveva letto e commentato l’ultimo canto della Divina Commedia con passione esegetica accompagnata a un misurato controllo stilistico.
Il suo grande amore è stata Eugenia Rasponi Murat, nobile intellettuale femminista, con cui ha vissuto per 40 anni, dal 1918 fino alla morte della contessa, avvenuta nel 1958. Insieme hanno viaggiato tanto, attraverso la Grecia e l’Europa, spingendosi fino in Oriente. Hanno vissuto a Roma frequentando circoli teosofici e filosofici che le resero invise al regime che aveva mandato più volte a casa loro le autorità preposte al controllo e alla censura. Militanti culturali antifasciste, avevano organizzato seminari guidati dal filosofo Jiddu Krishnamurti che, per primo, ha divulgato il buddismo in Italia.
Lina Poletti ha scritto diversi saggi dedicati a Dante, Pascoli e Carducci e si è sempre occupata, sia nelle opere sia nella sua vita privata, dell’emancipazione delle donne.
In anni più recenti, la sua figura è stata approfondita per la sua visione sulla libertà delle relazioni tra i sessi che l’hanno resa un’icona queer.
Il suo ultimo lavoro è stato un vasto progetto di antropologia culturale che indagava su origini e fini comuni dei popoli dell’area mediterranea di cui non ci resta nulla, come poco è stato tramandato delle sue opere.
Si è spenta il 12 dicembre 1971 a Sanremo.
Selby Wynn Schwartz, studiosa di Stanford in After Sappho, libro segnalato dal New Yorker e nella longlist del Booker, di lei ha scritto: Ci guidava come un faro verso un futuro in cui non sapevamo ancora come vivere.
Lina Poletti è stata una visionaria voluttuosa, una ribelle intellettuale che ha trasgredito alle regole chiedendo libertà, amando apertamente altre donne. Ha scritto un manifesto mentre i fascisti si preparavano alla marcia su Roma, nel 1921.
Non ha avuto remore a esporsi e vivere come desiderava, nonostante le privazioni sociali e culturali dei tempi e spianato la strada alle rivendicazioni dei diritti umani.
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Uno dei periodi più difficili è quando lasci la versione vecchia di te per quella nuova.
Mi capita di avere attacchi di panico, di sentirmi persa e a volte anche nel posto sbagliato, tutto questo all’improvviso e senza un perché.
Sono sicuramente cambiata negli ultimi anni. Ma ho notato che certe ferite restano ancora lì, e che purtroppo mi hanno plasmata nella persona che sono adesso.
Nonostante io prenda soprattutto il bello di ciò che ho/mi circonda, ci sono dei momenti in cui la vecchia me esce fuori.
È quella parte che non ho accudito abbastanza che piano piano si insinua nelle mie giornate e piange disperatamente alla ricerca di un abbraccio che non ha mai avuto.
È un po’ come un’ombra che mi porto dietro, un sussurro freddo, occhi che mi scrutano quando resto sola al buio di notte.
Così immagino le mie paure, i tormenti, l’angoscia e la violenza che ho provato sulla mia pelle.
Io tutto questo non l’ho affrontato perché credevo che scappare sarebbe stata la scelta giusta. Ma prima o poi ciò che lasci indietro ti raggiunge e arriva di fianco, ti aspetta.
Ed eccola qui, la versione vecchia, quella polverosa lasciata in alto sulla credenza della mia interiorità, che ora vuole tornare. Chiede un riscatto, chiede vendetta.
Ma si trova in contrasto con la nuova me, quella che sta diventando adulta, quella che vive il mondo e la realtà per come sono davvero. Quella che vede il bello e soprattutto il brutto e prova ad ogni costo ad affrontarlo, perché ora bisogna prendersi le proprie responsabilità.
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