#conforto digitale
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pier-carlo-universe · 17 hours ago
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La solitudine condivisa: riflessioni su Netflix, serate a letto e il bisogno di connessione
Quando una domanda diventa una richiesta di aiuto: una riflessione sul bisogno umano di consolazione e compagnia.
Quando una domanda diventa una richiesta di aiuto: una riflessione sul bisogno umano di consolazione e compagnia. In un mondo sempre più connesso digitalmente, ci troviamo spesso a fare i conti con la solitudine. Le serate trascorse a letto, con Netflix come unico compagno, sono diventate uno scenario comune per molte persone. E, a volte, un semplice commento online può diventare un grido…
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indotta-allanoia · 3 months ago
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Da una parte penso che chi ti vede soffrire e non ti parla è la versione digitale di qualcuno che ti vede piangere davanti a lui e rimane impassibile, dall'altra mi rendo conto che ci si possa anche sentire che non è noi che quella persona vuole sentire in quel momento e che non gli possiamo essere di conforto
#me
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lineageofmalfoy-blog · 2 years ago
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Sono una ragazza e sto per compiere 23 anni
Ho una vita abbastanza monotona.
Tutte le mattine mi sveglio e affronto la giornata.
Affronto i problemi a testa alta, e che problemi…
Ho passato praticamente un anno a fare “pulizia sociale”
perché a quanto pare ero circondata da gente che non mi ha mai meritata
Ho pianto
Ho riso
Ho chiesto conforto
Tutte cose nella normale vita di un adolescente giusto?
E voi direte, “beh, quindi? Tutti hanno problemi”
È proprio qui il punto.
Non illudetevi che siete il centro del mondo delle persone
A nessuno interessa quello che fai
A nessuno frega di come stai
Nessuno si mette nei tuoi panni
Siamo nell’era del veloce
Tutto è digitale ed estremamente veloce.
Ti svegli e in meno di 24h puoi perdere la persona a te più cara
Oppure fare nuove amicizie
O anche dare una possibilità a chi in passato hai scartato.
Ma mettiti in testa questo, ovvero che non esistono più
le amicizie di una volta
Oggi siamo tutti concentrati a pensare a noi stessi, chi per
egoismo chi per proteggersi dalla merda finora vissuta
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sounds-right · 8 months ago
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"Una Notte Ancora", primo singolo per Fatay
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Da venerdì 22 marzo 2024 sarà disponibile in rotazione radiofonica e su tutte le piattaforme di streaming digitale "Una Notte Ancora", il primo singolo di Fatay.
Il brano "Una Notte Ancora" prodotto da CORE, pubblicato dall'etichetta Label DMB Production e distribuito da Sony Music Italia, racconta di come l'ansia possa influenzare quotidianamente la vita di una persona in modo negativo, come questa possa far sorgere dubbi, paranoie ed incertezze costanti dalle quali talvolta non si riesce ad uscire da soli. Tuttavia, la mano di una persona amata può rendere tutto meno difficile da affrontare, come la sua presenza nei momenti più difficili possa completamente ribaltare la propria prospettiva e migliorare in tutto e per tutto il proprio stato d'animo. La canzone parla di come per allontanarsi dallo stress si possa sognare un futuro diverso e di come l'amore possa "inondarti i pensieri" fino a non lasciare più spazio ad altre paure se non quella di perdere la persona senza la quale non si riuscirebbe più ad andare avanti, così da chiederle tutte le notti di restare una notte ancora.
Commenta l'artista: "La musica per me è tutto, fare musica per me è terapeutico, è il modo migliore che ho per sentirmi serena e semplicemente per stare bene. Voglio far arrivare la mia musica agli altri per aiutarli anche a capire che non saranno mai soli e che i miei pezzi saranno sempre un porto sicuro in cui sentirsi compresi. Non riesco a immaginare una vita senza un palco e senza qualcuno per cui cantare".
Biografia
Ilaria Tucci, in arte 'Fatay' cantautrice classe 2000, si innamora della musica all'età di 8 anni quando con l'appoggio dei genitori decide di prendere lezioni di pianoforte, a 11 anni si accorge del fatto che cantare nella sua cameretta quando è sola le dà conforto specialmente nei momenti di tristezza o di paura e realizza che la fa sentire sicura di se stessa e compresa. Vuole avvicinarsi sempre di più a queste sensazioni e decide di prendere lezioni di canto pop, frequenta successivamente il liceo musicale della sua città dove continua gli studi di pianoforte e comincia quelli di flauto traverso senza mai però allontanarsi dal canto. Si avvicina alla scrittura quando i suoi problemi personali la spingono a prendere carta e penna e buttare giù tutte le sue paure, ansie e incertezze realizzando che così facendo si sente meno sola.  Inizia il suo percorso artistico come "Fatay" quando i suoi amici e insegnanti affettuosamente la definiscono una fatina per via dei suoi modi di fare dolci e la sua genuinità.
L'artista fa parte della scuola di alto perfezionamento canoro RC VOCE PRODUZIONE diretta da Cecilia Cesario e Rosario Canale.
"Una Notte Ancora" è il singolo d'esordio di Fatay disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica da venerdì 22 marzo 2024.
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atomheartmagazine · 1 year ago
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Nuovo post su Atom Heart Magazine
Nuovo post pubblicato su https://www.atomheartmagazine.com/camilla-dot-happiness-awaits/
Camilla Dot, Happiness Awaits in streaming e radio dal 22/09
Dal 22 settembre 2023 sarà disponibile sulle piattaforme di streaming digitale e in rotazione radiofonica “Happiness Awaits”, il primo singolo di Camilla Dot.
“Happiness Awaits” è un brano che racconta un viaggio introspettivo nell’oscurità dell’anima, ci proietta nel mondo interiore di una giovane ragazza che lotta con il dolore e le ombre della sua mente. Inizialmente incapace di trovare riposo, il buio si insinua nella sua stanza alle 4 del mattino, costringendola ad affrontare i suoi pensieri più oscuri.
Con una melodia coinvolgente e struggente (la parte musicale affidata a Cristopher Bacco), la canzone ci accompagna nella discesa della protagonista nei meandri della sua tristezza. In questo momento di vulnerabilità, si addentra nel passato, rievocando i pensieri di morte che l’hanno tormentata.
“Happiness awaits” è un viaggio emotivo che permette all’ascoltatore di esplorare la sofferenza e la fragilità della protagonista. Eppure, nonostante il buio e la gravità delle sue riflessioni, c’è una sottile speranza che brilla attraverso l’oscurità, un presagio di felicità che attende di essere scoperto.
Attraverso la sua voce e la sua musica avvolgente, Camilla Dot ci invita a confrontarci con i nostri demoni interiori, sostenendo che la felicità, nonostante tutto, è sempre possibile. “Happiness Awaits” ci ricorda che, anche nel mezzo del dolore, c’è sempre una luce che ci attende al di là del buio.
Happiness Awaits, il singolo d’esordio
Spiega l’artista a proposito del brano: “Questa canzone è nata da un semplice messaggio delle 03:51 del mattino, mandato ad una persona a me molto cara. Si trattava di un momento di grande vulnerabilità, dove ogni parola era completamente sentita, ed fu proprio questo a rendere la canzone così importante per me.
Non cercavo conforto, ma ascolto, e la persona al di là dello schermo, inconsapevolmente, o consapevolmente, l’ha colto alla perfezione. Davanti ad un messaggio del genere, scelse di complimentare la scrittura, dicendomi che sembrava il testo di una canzone. E fu così che nacque ‘Happiness awaits”: una canzone il cui testo fu finito in dieci minuti, ma la cui melodia fu studiata per mesi e mesi per riuscire ad esprimere ciò che provavo quella notte. Il videoclip di “Happiness awaits” racconta la storia di una ragazza che, immersa nel suo dolore, si rigira nel letto nella speranza che i suoi pensieri antivitali vadano via da soli, e che riesca a dormire. Prova a chiudere gli occhi, e così inizia il suo viaggio interiore. Inizia ad immaginare tutte le piccole cose che vorrebbe poter fare, cose che normalmente non richiedono alcun sforzo ma che ormai lei da tempo non riesce a fare: prepararsi una semplice bevanda, guardarsi allo specchio, uscire di casa, in sostanza: vivere. Per una volta pensa veramente di avercela fatta, finché non riapre gli occhi, e si ritrova nello stesso posto, nella stessa posizione, con la stessa speranza di riuscire ad uscirne, forse, un giorno.
Chi è Camilla DOT
Camilla Dot, pseudonimo di Emma Camilla Candotti, è una cantautrice italiana nata a Padova il 22 ottobre 2004.
La sua avventura nel mondo della musica è iniziata all’età di soli 9 anni, quando ha iniziato a coltivare il suo amore per il canto. Ma non si è limitata solo a cantare: a soli 10 anni, ha cominciato a suonare strumenti musicali e a comporre le sue prime canzoni, mostrando un’incredibile versatilità e una creatività sorprendente. Continuiamo a seguire con attenzione il suo percorso artistico, sicuri che ci riserverà ancora molte sorprese e che il suo talento brillerà sempre di più.
“Happiness awaits” è il singolo d���esordio di Camilla DOT disponibile sulle piattaforme di streaming digitale e in rotazione radiofonica dal 22 settembre 2023.
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personal-reporter · 1 year ago
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Giostra del Saracino 2023 ad Arezzo
Sabato 3 settembre la Giostra del Saracino, nella versione del torneo equestre diurna, sarà la protagonista della fine dell’estate ad Arezzo, nel cuore della Toscana. La Giostra del Saracino si svolge due volte l’anno: il penultimo sabato di giugno in edizione notturna (Giostra di San Donato) e la prima domenica di settembre in edizione diurna (Giostra della Madonna del Conforto) nella stupenda cornice di Piazza Vasari, nota come la Piazza Grande di Arezzo.  Vi partecipano i quattro quartieri cittadini di Porta Crucifera, Porta del Foro, Porta Sant’Andrea e Porta santo Spirito,  l’ Associazione Sbandieratori di Arezzo, il Gruppo Musici Giostra del Saracino e l’Associazione Signa Arretii, oltre alla Magistratura e le altre autorità della Giostra. Due cavalieri per ogni quartiere, secondo il sorteggio avvenuto in una cerimonia la settimana precedente,  corrono la carriera contro il simulacro del Saracino, noto come Buratto re delle Indie,  e, colpendo con la lancia il suo scudo, cercano di marcare il migliore punteggio. Percosso dalla lancia il Saracino scatta ruotando e minaccia il cavaliere con un pesante flagello armato di palle di piombo e cuoio. Il Quartiere che ha ottenuto il più alto punteggio vince la Lancia d’oro, un oggetto che nell’impugnatura ad ogni edizione narra di  fatti o personaggi che hanno contribuito a rendere grande la  città di Arezzo. Ma la Giostra è molto più di una gara, infatti una serie di appuntamenti scandiscono l’anno attraverso rituali e cerimonie, le attività dei quartieri e delle associazioni  che aprono le loro sedi storiche, veri e propri gioielli collocati in palazzi di pregio offrendo  al visitatore e agli aretini occasioni di socializzazione e aggregazione sociale coinvolgendo tutte le fasce di età. L’Amministrazione Comunale garantisce pertanto nel tempo il mantenimento, la tutela e  la promozione della Giostra del Saracino e, riconoscendo il fondamentale ruolo di tutte le componenti che a vario titolo concorrono alla realizzazione della rievocazione storica, ha istituito  due nuovi organismi, la Consulta dei Quartieri  ed il Consiglio della Giostra. Nell’ambito dell’attività di valorizzazione della rievocazione storica, l’amministrazione comunale dal 2016 ha previsto uno spazio espositivo permanente all’interno del Palazzo comunale, denominato I colori della Giostra, che permette ai visitatori di vivere l’emozione del Medioevo attraverso una narrazione digitale. Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Canzoni moderne: un riflesso della società contemporanea
Le canzoni moderne sono lo specchio della nostra società contemporanea poiché riflettono i valori, le emozioni e le sfide del nostro tempo. La musica ha sempre avuto il potere di riflettere e influenzare la società in cui viene prodotta. Le canzoni moderne, nell'era digitale e globale in cui viviamo, continuano a essere un importante mezzo di espressione culturale e sociale. Canzoni moderne: un ventaglio di generi e stili Le canzoni moderne coprono una vasta gamma di generi e stili musicali, ognuno con le sue caratteristiche distintive. Dall'hip-hop al pop, dal rock all'EDM (Electronic Dance Music), la musica moderna offre un ventaglio di opzioni per soddisfare i gusti e le preferenze di un pubblico sempre più diversificato. I testi delle canzoni affrontano temi come la sessualità, la razza, il genere e l'orientamento politico, promuovendo l'inclusività e la diversità. Molti artisti moderni si sono impegnati a creare un ambiente di accettazione e tolleranza, utilizzando la loro musica per diffondere messaggi di positività e consapevolezza sociale. Liriche impegnate affrontano tematiche come il cambiamento climatico, l'ingiustizia sociale, la violenza armata e la crisi dei rifugiati. Questi brani fungono da piattaforma per aprire il dibattito su questioni cruciali e invitare l'ascoltatore a riflettere sulle dinamiche che plasmano il mondo. Innovazione e tecnologia musicale La tecnologia ha avuto un profondo impatto sulla produzione e diffusione della musica moderna. L'avvento dei software di produzione musicale e delle piattaforme di streaming ha reso la creazione e la condivisione della musica più accessibile che mai. Gli artisti hanno la possibilità di sperimentare nuovi suoni e stili, contribuendo all'innovazione e all'evoluzione della musica contemporanea. Le canzoni moderne spesso riescono a creare una connessione emotiva con l'ascoltatore, che si identifica con i temi e i sentimenti espressi. Le canzoni possono essere una fonte di conforto, ispirazione o sollievo in momenti difficili, diventando una colonna sonora della vita di molte persone. Critiche e controversie Nonostante i numerosi aspetti positivi, le canzoni moderne talvolta sono oggetto di critiche e controversie. Alcuni brani sono stati accusati di contenere testi sessisti, razzisti o violenti, suscitando dibattiti sulla libertà di espressione e la responsabilità degli artisti nei confronti del loro pubblico. Le canzoni moderne svolgono, dunque, un ruolo fondamentale nel contesto culturale e sociale contemporaneo. Esse riflettono e guidano i cambiamenti e le preoccupazioni della nostra società, offrendo una finestra aperta sulla complessità dell'esperienza umana. La musica continua a essere una forza unificante, capace di connettere le persone e di ispirare il cambiamento. Mentre la tecnologia e i gusti musicali evolvono, l'essenza stessa della musica moderna come mezzo di espressione umana rimane un legame potente tra le generazioni, un riflesso dei tempi che viviamo e una fonte di connessione e identificazione personale. In copertina foto di Pexels da Pixabay Read the full article
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vaginosibatterica · 3 years ago
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In questi momenti mi manca Luca perché vorrei parlare dei cazzi ed i mazzi di questa mia situazione, dei miei sentimenti; vorrei sentire il parere di qualcuno, una parola di conforto, un giudizio, uno sputo... E lui sa già tutto anche se non ci sentiamo da un anno, è onnisciente a prescindere dal tempo perché certe cose sono vere sempre, perciò sarebbe semplice.
Mi sono aperta con lui pensando potesse bastare per sempre. Rivelarsi dovrebbe essere uno sforzo che si fa una volta nella vita: uno si denuda davanti a qualcuno ed è come un cazzo di hapax dantesco, una parola che viene pronunciata una volta soltanto non solo nei 14233 versi dell'opera ma proprio in tutta la letteratura, in tutto l'affastellarsi di contratti del catasto mai scritti.
Non voglio rifarlo, è umiliante e doloroso, mi spaventa. Confido il mio indirizzo alla persona che ho scelto come Custode Segreto (Incanto Fidelius), e la mia casa subito scompare dagli occhi di chiunque altro e da qualunque mappa, io stessa mi libero del fardello.
Non riesco a confessare quello che penso e provo nemmeno qui, sul blog sfigatissimo di una piattaforma digitale frequentata da meno gente di quella iscritta al più piccolo gruppo telegram per feticisti amanti delle ascelle. Non voglio dirlo neanche se sposto il post su privato.
Quanto lo o-di-OOO.
#r
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spettriedemoni · 5 years ago
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L'odio, il livore e la violenza
Potrei dire che non mi aspettavo tanto odio né i commenti stupidi alla liberazione di Silvia Romano. Potrei dirlo ma non è così. Me li aspettavo. Così come mi aspettavo il silenzio del LM che quando Silvia fu rapita era ministro e oggi non può troppo lodare il governo per la sua liberazione ma neppure può attaccarla perché politicamente e mediaticamente non gli conviene. Inoltre sta precipitando nei sondaggi, per cui deve muoversi con cautela. E poi i suoi seguaci stanno già dando il peggio di sé senza incoraggiamenti.
Facendo un breve riassunto con annessa analisi alla buona, proviamo un po' a capire la logica (hahahahahaha) di certa gente.
Non dobbiamo accogliere gli immigrati dall'Africa perché stiamo stretti, non c'è lavoro, portano le malattie e poi puzzano pure, quindi aiutiamoli a casa loro. Cosa ha fatto Silvia? È andata ad aiutarli a casa loro.
Quando è stata rapita però c'è chi ha criticato questo suo prendere alla lettera il motto legaiolo. Ricordiamo la paternale di tal Gramellini, per esempio, dal suo pulpito digitale.
Oggi Silvia è a casa, in Italia. Sono tutti felici?
No, non lo sono.
La prima cosa è il costo della sua liberazione. Sono comunque meno dei soldi rubati da un certo partito. Tra l'altro mi piacerebbe sapere quanto si è pagato per i due Marò.
Si lamenta il fatto che se l'è andata a cercare. Argomentazione cretina come quella delle donne violentate perché avevano la minigonna. Chiariamo che la vittima è lei.
Qualcuno la paragona alla vicenda di Quattrocchi, esaltandolo rispetto a lei. Certo Quattrocchi ha avuto una medaglia al valore ma era andato lì per soldi a differenza di Silvia. Come pure Baldoni, che i sovranisti patrioti tendono a dimenticare. Oppure lo definiscono un "pirlacchione".
Si parla poi del suo vestito, della possibile gravidanza (smentita) e del fatto che fosse troppo in salute per essere stata rapita. Ancora una volta di una donna si guarda l'aspetto fisico e l'abbigliamento, prima di tutto. Che schifo.
Non è tutto: il problema è la sua conversione all'Islam. Qui di seguito una persona occidentale anche essa convertita all'Islam
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Bene continuiamo.
La conversione a una religione riguarda l'intimo di una persona e basta. Sono affari suoi se ha deciso di diventare musulmana. Non mi riguarda e non vi riguarda.
C'è un musulmano che fa il giornalista e che è stato pure condannato per aver scritto fake news. Si è convertito al cristianesimo e ha fatto pure la morale al Papa. Al Papa, capito?
Uno così è diventato pure parlamentare europeo.
Una ragazza agnostica che ha voluto aiutare chi sta peggio, sia in Italia che in Africa (sì ha fatto volontariato pure in Italia, mi spiace dirvelo), che è stata prigioniera per circa un anno e mezzo ha trovato conforto nel Corano, è tornata senza dare lezioni a nessuno, viene lapidata.
Ditemi, perché vi costa tanto ammettere che è migliore di noi tutti?
Migliore anche di me che scrivo queste righe.
Silvia Romano è libera. Mi basta questo per oggi.
A chi la odia non regalo neppure un secondo in più del mio tempo.
Non ve lo meritate.
Fatevi una "vacanza" come quella che si è fatta lei. Ve la pago io, molto volentieri.
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corallorosso · 5 years ago
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La peggiore puttanata di Alessandro Giglioli La peggiore puttanata che ho sentito in questi giorni, che pure di puttanate non sono stati avari, è quella della livella: di fronte al virus siamo tutti uguali, il virus attacca ugualmente ricchi e poveri, e così via. Una puttanata immensa e inascoltabile. Perché chi ha un appartamento di 30 metri quadri, in cui magari sta in più d'uno, ha un livello di reclusione infinitamente più doloroso e angosciante di chi ha non dico una villa, ma semplicemente spazio in casa e terrazzi. Perché chi ha attorno un quartiere vero, non un dormitorio, esce di casa e trova un po' di vita, seppur solo l'alimentari, la farmacia e l'edicola. Gli altri, solo deserto e cemento. Non si sta a Monti come al Corviale, alle Colonne come a Gratosoglio. Eddai. Perché i luckies, se i figli a casa scalpitano, chiamano le babysitter a 10 euro l'ora, i meno abbienti si attaccano e dopo un po' escono pazzi. Perché chi ha solo il medico di base lo chiama e trova sempre occupato, chi ha quello privato trova subito risposte, conforto e ricette. Perché se sei un precario o una piccola partita Iva, stai semplicemente finendo i soldi e non sai come pagare l'affitto; chi ha robusti risparmi, manco ci pensa. Perché c'è chi fatica a comprare i giga, che ormai vanno via come il vento, e quindi può comunicare meno quando la comunicazione digitale è tutto; e c'è chi nemmeno sa quanto paga per la sua connessione flat sue due o tre device. Perché la tragedia psichiatrica è e sarà terribile, e lo strizzacervelli se lo potranno permettere solo quelli che stanno in punta di piramide, gli altri ad andar bene uno Xanax. E per infinite altre ragioni, altro che livella. Questo è un moltiplicatore di disuguaglianze. Che peraltro è solo il frutto di semi piantati molto prima, e non costringetemi a fare la storia degli ultimi trent'anni, che ne abbiamo già parlato troppe volte, anche se adesso grida ancora più vendetta a dio.
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daniela--anna · 5 years ago
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"Geova è il nostro rifugio e la nostra forza,
un aiuto che si trova prontamente nelle difficoltà.
Per questo non avremo paura, anche se la terra venisse stravolta,
anche se i monti sprofondassero nel mare
e le sue acque ruggissero e schiumassero"
(Salmo 46)
In questo periodo critico è solo normale sentirsi impauriti e confusi.
Ci facciamo domande come:
•Cosa sta succedendo al mondo?
•Dove possiamo trovare aiuto e conforto in questo presente così difficile?
•E se tutto questo fosse stato predetto?
•Cosa accadrà tra breve?
•Ci sentiremo mai al sicuro?
📖 È davvero straordinario vedere come in un libro antico
ma senza tempo,
ci siano tutte le risposte.
Questo libro è la Bibbia:
la lettera di Dio all'umanità.
https://t.co/Tg9zqgctaQhttps://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/riviste/svegliatevi-n1-2019-marzo-aprile/
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temporanea · 6 years ago
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Prendere le porte e battere gli stinchi
Prima di andare in ospedale mi sono voluta comprare un pigiama nuovo, così, per confortarmi. Non ho mai dato molto peso alla biancheria, sono cresciuta con l'idea che tanto è una cosa che non si deve vedere. Figuriamoci qualcosa di carino con cui dormire la notte: del tutto inutile. Tranne se devi andare in ospedale, ovviamente. Bene, insieme ad un pigiama, che utilizzerò come completo quest'estate, è più elegante di molti dei miei vestiti, mia figlia mi ha convinto a comprare una specie di vestaglia, in realtà una grossa felpa pelosa lunga fino a metà coscia con la zip. Praticamente il contrario di qualsiasi cosa sexy che possiate immaginare. Insomma questa cosa pelosa è diventata il mio abito feticcio, in mio conforto, l'oggetto di sostegno, la cuccia, la protezione nei momenti difficile, dai momenti difficili, dalla solitudine, dalla tristezza, dalla paura e dal freddo. La cosa più notevole di questa cosa pelosa è che ha un cappuccio e quando ti trovi con la testa rasata e il maggio più freddo degli ultimi 50 anni, la cosa ha la sua importanza. Ora immaginatemi mentre scruto la notte, dalla mia finestra, un'ombra con un cappuccio a coprire il viso, una figura inquietante a metà strada tra una monaca medievale e Assassin's Creed. E comunque il punto è, che inquietante monaca medievale senza volto, o assassino digitale che sia, come cazzo si fa a vedere con un cappuccio?
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sounds-right · 11 months ago
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Chinny, è tempo di "Abbracciami"
Da venerdì 5 gennaio 2024 è disponibile in rotazione radiofonica e su tutte le piattaforme di streaming digitale "Abbracciami", il nuovo singolo di Chinny.
"Abbracciami" è un brano che racconta una storia d'amore intensa e autentica, toccando temi universali quali la vicinanza, il sostegno e l'affetto incondizionato. Caratterizzato da un testo estremamente dolce e da una melodia liberatoria, la canzone si distingue per la voce emotiva della giovane cantautrice, che dedica questo brano a Daniel de iPantellas, con il quale ha una relazione dal 2021. L'apertura del brano è un invito all'ascolto, che sin da subito si propone di guardare al lato positivo, che spesso viene messo in secondo piano dai momenti difficili. La voce morbida dell'artista canta l'essenza e la forza trovate nell'amore vero, mentre nel ritornello invita all'abbraccio come gesto di unione e conforto.
Spiega l'artista a proposito del brano: "Questo brano è un invito a non avere paura di mostrare affetto, in un mondo che a volte sembra dimenticarlo."
Il videoclip di "Abbracciami" racconta l'autenticità del brano attraverso le immagini in cui, oltre alla cantante e al fidanzato Daniel, compaiono altre star del web come Lorenzo Ostuni (Favij) e Jacopo Malnati (iPantellas) ripresi durante veri momenti di vita off-camera. L'intimità del video riflette il modo in cui Chinny racconta la sua storia d'amore, mostrando con genuinità i momenti felici di ognuno di noi.
Guarda qui il videoclip su YouTube https://www.youtube.com/watch?v=zv5NgJcigT4
Biografia
Nata a Milano il 20 marzo 2000, Chinny (all'anagrafe Marta Chinello) è una giovane artista emergente dallo spiccato talento emotivo. La sua passione per la musica, sbocciata in tenera età, e il suo interesse verso lo studio di essa, le hanno permesso di scrivere e comporre i suoi pezzi. La nostra giovane artista ha partecipato e vinto diversi riconoscimenti nei contest più disparati, affrontato numerosi palchi anche importanti, come quello dell'Alcatraz di Milano, con grande energia e carisma. 
Nel 2021 esce "L'ultima", il suo primo brano inedito prodotto da Danilo Amerio, autore e compositore che vanta collaborazioni con i più grandi artisti del panorama italiano. La collaborazione con Amerio prosegue anche per i singoli "Adesso" e "Impossibile" sempre composti da Chinny, che hanno collezionato complessivamente più di 800.000 ascolti su Spotify.
"Abbracciami" è il nuovo singolo di Chinny disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica da venerdì 5 gennaio 2024.
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vecchiorovereblog · 3 years ago
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-°- Sinossi da "Due volte il primo amore" romanzo di Robert Webb pubblicato nel 2021 Impiegata in una spericolata azienda che gestisce la reputazione digitale di persone famose, Kate è una donna spavalda e volitiva, abituata a riscrivere il passato altrui. Ma dopo la morte improvvisa di suo marito Luke tutte le certezze si sfaldano e la sua vita comincia a deragliare: rifiuta di vedere gli amici, si chiude a riccio, cerca conforto nella vodka, di cui non conta più le bottiglie vuote accanto al letto. Finché un mattino - lo stesso in cui aveva deciso di farla finita - si sveglia in una stanza che non riconosce, e in un corpo giovane e scattante. Si trova nel suo dormitorio al college, nel 1992, l'anno magico della voce di Kurt Cobain: è il primo giorno di università, proprio quando, al bar del campus, aveva incontrato per la prima volta Luke. Ha fatto un salto formidabile nel tempo, ma i suoi ricordi sono intatti, e Kate sa che in quel momento, a diciannove anni, Luke era già malato. Forse stavolta può salvare suo marito. Ma il passato, anche se pensiamo di ricordarlo bene, può rivelarsi un luogo pieno di sorprese e imprevisti. -°- [Opera di Nigel Van Wieck]
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riccardomazzocchio · 3 years ago
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Spazio Recensioni: 2 Continua l'iniziativa di dar voce ai lettori che spontaneamente hanno lasciato un commento sul mio libro. Li ringrazio di cuore per l'impegno profuso. Il conforto che ne ho tratto è stato incommensurabile. IL TEMPO DELLE DONNE è ora disponibile a prezzo ridotto sia in formato digitale che cartaceo su Amazon e gli altri bookstore online! #autori #libri #libribelli #librisulibri #libridaleggere #libriconsigliati #donne #donnespeciali #bookworm #bookaholic #bibliophile #bookaddict #booknerd #bookstagram #stimolazionecervello #fantascienza #sessismo #violenzadigenere #storiealfemminile #controllodellamente #romazodifantascienza #societàalternative https://www.instagram.com/p/CVXu1OasS3o/?utm_medium=tumblr
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elmartillosinmetre · 4 years ago
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“La de Baset es música de la calle”
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[Aarón Zapico al frente de Forma Antiqva. La foto es de Jaime Massieu]
Liderado por Aarón Zapico, el conjunto asturiano Forma Antiqva registra para el sello Winter & Winter una colección de once sinfonías firmadas por Vicente Baset en Madrid en 1753
Vicente Baset nació en Valencia en 1719 en una familia de labradores. Quiso la casualidad que la música se cruzara en su vida y acabó en Madrid, trabajando como violinista en las mejores compañías teatrales de la Villa y Corte. Para ellas debió de escribir las once sinfonías que en 1753 hizo copiar como regalo para Carl Leuhusen, Secretario del Embajador de Suecia en la capital española de 1752 a 1755. Al frente de Forma Antiqva, Aarón Zapico las acaba de grabar y publicar en un nuevo álbum del sello alemán Winter & Winter.
–Es el primer monográfico que se dedica al compositor. –No sólo el primer monográfico. Estoy prácticamente seguro de que no había ninguna sinfonía grabada, al menos hasta el momento en que nosotros lo hicimos.
–¿Cuándo conoce esta música y que le interesó de ella? –Comienzo a trabajar con Baset a finales de 2016. La Fundación Juan March y el Teatro de la Zarzuela me habían encargado un proyecto en torno a las tonadillas de Blas de Laserna. Me pasé unos meses eligiendo las piezas, y yo quería crear una historia con ellas, fundiéndolas con otras músicas. Así que me puse a leer la música española del siglo XVIII que cayó en mis manos y buscando, preguntando, asesorándome, llegué a una edición de Ars Hispana con esta música de Baset. No me hizo falta ni ponerme al teclado. Ya vi por el dibujo, por la escritura, que prometía, que era algo interesante. Las estudié con un poco más de profundidad y escogí un par de movimientos para intercalar en esa producción. Fue una sorpresa para todos, tanto quienes lo tocamos como quienes lo escucharon. Era música de mucho interés. Y decidí seguir profundizando. Desde finales de 2016 estuve estudiándolas. Las incorporé a mis programas con Forma Antiqva, a mis programas como director invitado de orquestas sinfónicas... Las puse al lado de Haydn, al lado de Nebra, de Brunetti, de Conforto, de toda esta gente del XVIII, en formato pequeño o mínimo, en formato mediano, en formato grande y vi que funcionaba en todos los casos. Hace dos años decidí grabarlo. La condición era hacerlo en formato grande, honesta para con la música, tratando de evitar esa precariedad a la que estamos condenados con la música española en los últimos años. Pero, claro,eso engorda un presupuesto. Fue difícil llevarlo a cabo. Por suerte, por medio se cruzaron las becas de la Fundación BBVA. Tuve la suerte de ganar una y pude grabar el disco.
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–¿Dónde se sitúan estas obras en materia de estilo? –Es de una variedad extraordinaria. Veo que hay Vivaldi, con unas semicorcheas italianas en los violines muy claras, con un fuego y un carácter teatral italiano. Hay también una capacidad de explorar lo que está diciendo la Europa Central justo en el momento del nacimiento de la sinfonía, en el desarrollo de las frases de una manera mucho más extensa, más rica en el contrapunto. En los movimientos lentos hay también influencia de otras cosas que se hacían en Centroeuropa, con momentos que parecen salidos de Telemann. Las ideas son muy vertiginosas, muy rápidas. Todo está comprimido de manera digamos purcelliana. Purcell era un maestro en crear grandes obras con apenas treinta compases. Un coro de Dido y Eneas, por ejemplo. Baset me recuerda mucho a esta concreción de las ideas; no se andaba por las ramas. Te puede gustar o no, pero desde luego el afecto, el ambiente, la atmósfera están perfectamente definidos en pocos compases. Estamos hablando de sinfonías en tres movimientos que en conjunto duran seis, siete minutos. Así que encasillar a Baset en un estilo único es prácticamente imposible. Quiero pensar que es como pasear por el Madrid de 1750, y las ventanas están abiertas y de repente oyes a un trío de cámara en una casa tocando un divertimento de Haydn, en otra a alguien que está chapurreando una sonata de Corelli, una Sonata metódica de Telemann o un Stabat Mater. Es todo muy cosmopolita. El trasvase de música y músicos era tremendo entonces. Todo ello se mezclaba en la calle, y es algo que se ve muy bien en Baset, porque su música es eminentemente de la calle.
–¿Y qué hay de lo español? –Lo doy por supuesto. Su peso se nota sobre todo en esos terceros movimientos, que suelen ser minuetos, y recuerdan a la danza española, hay hemiolas, giros rítmicos y melódicos que recuerdan al folclore español de la época.
–En último término hablamos de música teatral. –Sin duda, eran obra sacadas del teatro. Y lo que yo detecto aquí es el pragmatismo con el que se conducían en la época, algo que incluso hemos perdido los grupos de música antigua hoy. De lo que se trataba era de ofrecer aquello que hiciera falta en cada momento y de la forma que se pudiera hacer. Estas obras se presentan en esta época como un regalo, un presente al Secretario del embajador de Suecia, pero que esta música había servido para sainetes y entremeses de la compañía de María Hidalgo no me cabe la menor duda, y que la usó para tocarla en cualquier formato que tuviera a su disposición, también.
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[Un momento de la grabación del CD. La foto es de Jaime Massieu]
–Las obras se han conservado en escritura para cuerdas, pero usted añade en algunos movimientos vientos e incluso percusión. ¿Por qué? –Si leemos las actas de funcionariado en las orquestas, los listados de músicos y su correspondencia con las obras, hay una relación clara entre los efectivos que se tienen y las obras que se componen, y esto vale tanto para Bach como para Nebra. Es una relación lógica. Pero ¿vamos a limitar el talento de un compositor simplemente por hacer caso al acta exacta que hay en ese momento determinado? Me parece una decisión pobre desde el punto de vista artístico. He decidido añadir ese viento, ese continuo, esa percusión en base a un criterio artístico, que respeta absolutamente lo que se hacía en la época. Así es como debe entenderse esa idea de la interpretación históricamente informada. Hay algunas obras escritas en un estilo a la francesa que piden estirar ese color y me parece lógico poder hacerlo. Son decisiones del intérprete. En realidad trabajamos con guiones en los que el compositor nos dice esto tiene que ser rojo y esto, verde, pero cómo pintamos ese rojo, ese verde… Cómo de oscuro es ese rojo, ¿es un rojo madera?, ¿es acuarela, más aguado?… Tenemos la capacidad de definir estas cosas.
–Casi les pilla la pandemia grabando el disco... –Hubiera sido un desastre tener que parar el proyecto. Lo grabamos en la última semana de febrero. Ya había algún rumor, pero nadie se lo creía. A mitad de semana empezamos a recibir noticias de cancelaciones europeas y comenzamos a verle las orejas al lobo, pero nos fuimos para casa relativamente tranquilos. Luego, la parada de actividad por el confinamiento nos vino bien para el trabajo del máster y de edición. A finales de agosto circulaba ya por las plataformas digitales, y en septiembre, se publicó en el formato CD. Para nosotros sacar un disco siempre es una fiesta. Intentamos hacer un encuentro informal, una fiesta en torno al nacimiento, pero con este ha sido imposible. Lo tenemos ahí aparcado, a ver si puede ser.
–En el formato de orquesta amplia con que han grabado el disco parece complicado hacer conciertos hoy día. –Es muy difícil. De todas maneras, ayer mismo en Madrid estuvo tocando Zelenka en el Auditorio Nacional una gran orquesta barroca. Si se quiere se puede. Llevo ofreciendo Baset a los programadores desde mediados de 2017. No ha habido suerte, pero no voy a desistir: todos los proyectos nos tocan la fibra, pero por tratarse de música española, aún más... Hemos diseñado la manera de hacerlo para que sea factible en cualquier formato. Mínimo, con un cuarteto de cuerda con continuo, medio y grande, que es el preferido. Pero no desmerece los otros. La música funciona.
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–¿Sigue sirviendo el disco para vender música poco conocida a los programadores? –Creo que sí. Los discos son de gran ayuda, porque son una tarjeta de presentación. Aunque a mucha gente se lo regales y acabe escuchándolo en Spotify o Youtube, en un disco se nota el amor por el detalle, el trabajo, el diseño de la portada, las fotos, las notas… Hay muchos elementos que pueden hacer entender la magnitud de un proyecto.
–¿Lo entienden los programadores? –Lo que ayudaría a programar más música española sería dejar de considerar que hay que programarla porque sí, para añadir una cifra en el catálogo de una temporada. Llevamos tocando música española veinte años y hace relativamente poco que dejé de considerarlo una obligación. Lo hago por gusto. Muchas veces nos someten a una serie de condiciones para añadir un número a un catálogo y nos convertimos en parte de una estadística. Todo el sector, los músicos, los programadores, los públicos, los medios hemos de esforzarnos en cambiar eso. Tenemos que entender que hay que recuperar música española porque es buena y a la gente le gusta.
–Cómo ve la situación actual, cómo salimos de esta. –Durante el confinamiento fui muy activo en redes sociales, escribiendo, hablando. Estuve en un grupo de trabajo con Ventura Rico, Jordi Savall, Eduardo López Banzo. Hablamos muchísimo, con Raquel Andueza también, desde Gema. El problema es que las altas esferas piensan que la crisis del sector empezó con la pandemia. No son capaces de unir esto con lo que pasaba antes. Y me voy a centrar ahora en la música antigua. Llevamos en crisis permanente mucho tiempo, una precariedad que la pandemia lo que hizo fue agravarla y mostrarla con crudeza. Escribí un artículo en el que explicaba por qué es necesario contratar a músicos españoles, y lo hice para aclarar algunas ideas confusas que circulaban por ahí, se estaba hablando de guetos, de limosnas… El problema es que los grupos españoles no podemos competir con los grandes conjuntos europeos cuando ni si quiera se nos da la continuidad y la confianza necesarias. Es muy difícil subsistir así. Yo tenía esperanza de que hubiera un cambio radical. Ya que hemos ido funcionando mal, a ver si con esto los programadores se dan cuenta de que no podemos seguir así. Pero parece que no. Seguimos instalados en la misma dinámica. Algo que me hace ver muy difícil el futuro. Para un grupo como el nuestro, que tenemos veintidós años de trayectoria, que tocamos ya en sitios de primera división, mantener el nivel cuando los programadores no acaban de confiar en ti es difícil. Confiar de la manera en que confían en los grandes grupos extranjeros. En España hay un problema de base: vas a un festival, tocas muy bien, y no te llaman para el siguiente, tienen como que pasar dos o tres años para volver; mientras que en la mayoría de los festivales de Europa no pasa eso, si tú haces un gran concierto y gustas al público, en los mismos camerinos ya te están pidiendo fecha y programa para el año siguiente. Esta falta de continuidad, de confianza en los grupos españoles nos hacen muy difícil competir.
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[Aarón Zapico dirigiendo a su grupo durante la grabación. La foto es de Jaime Massieu]
–Estrenaron un espectáculo sobre La Caramba en Motril y San Lorenzo de El Escorial que ha sido un éxito. –Lo de Motril fue una experiencia maravillosa. El concierto acabó dando vivas a La Caramba. Estaba la alcaldesa, que se comprometió a poner una estatua de La Caramba en la plaza del teatro. Fue como retrotraernos a otros tiempos. Fue maravilloso hacerles descubrir a los motrileños que esa paisana fue un referente en el mundo artístico español.
–Pero entre sus proyectos hay otros de carácter escénico. –Sí, acabamos de pasar un mes en Oviedo con tres proyectos fantásticos. Volvimos a nuestros orígenes, haciendo Bizarro, que fue nuestro primer disco. Luego hicimos un proyecto con el tenor Pablo García-López, que se tituló Isla Locura y fue una maravilla, porque ha sido en efecto una propuesta escénica muy valiente. Ayer estuvimos tocando una banda sonora para La pasión de Juana de Arco de Dreyer. Fue con músicas de Purcell, Locke, Gibbons, seleccionadas por mí. Me pasé casi tres meses estudiando la película, mirando qué afecto iba con cada escena, buscando darle homogeneidad. Estoy muy satisfecho de cómo quedó. La película tiene unas imágenes tan barrocas, y con esa melancolía británica de Purcell, ese cromatismo, ese dolor… funcionó creo que muy bien. Esas triosonatas de Purcell no son fáciles de escuchar, pero les pones estas imágenes y parece otra.
–Stefan Winter sigue confiando en el grupo. –Confía a ciegas. Me voy a Alemania en diciembre a grabar un proyecto fascinante de música contemporánea en torno a Beethoven. Estamos detrás de poder grabar La Caramba. La confianza es máxima; el problema es el contexto en el que estamos.
[Diario de Sevilla. 2-11-2020]
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