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#cedolino
mchiti · 8 months
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in ritardo alla riunione perché sono chiusa al cesso pensando all'inter
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tulipanico · 9 months
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Ieri giorno molto triste di realizzazione, stavamo parlando con un gruppo di amici e stavamo letteralmente tutti lavorando. Oggi come consolazione mi è arrivato il cedolino di dicembre e allora quasi dico: che bello lavorare.
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felicenonostantetutto · 5 months
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..mio figlio guadagna 7,00 euro all'ora lavorando in una palestra Top di Milano , contratto coco ha preso 600 euro, il cedolino non riporta nulla perché NON ha nulla !! Non ha contributi non ha malattie ne ferie...che dire BUONA FESTA DEI LAVORATORI
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crossroad1960 · 1 year
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Date un’occhiata alla vostra busta paga o al cedolino della pensione, alla voce IRPEF e addizionali, poi continuate pure a lamentarvi dell’Europa, dei migranti e della guerra (degli altri)🤡
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nonsisammai · 1 year
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Il Fatto Quotidiano: Ricciardi (M5s) mostra in Aula il cedolino di un medico: “Uno specializzando prende 1650 euro al mese,…
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archivio-disattivato · 11 months
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https://www.meltingpot.org/2023/09/trattenere-e-umiliare-procedure-hotspot-a-porto-empedocle/
Trattenere e umiliare: procedure hotspot a Porto Empedocle
Il rapporto sul monitoraggio del progetto Mem.Med (Memoria Mediterranea)
22 Settembre 2023, di Silvia Di Meo e Yasmine Accardo, Mem.Med (Memoria Mediterranea)
Con i numerosi arrivi di persone via mare sull’isola di Lampedusa, è stata istituita una tensostruttura sulle coste siciliane di Porto Empedocle dove le persone vengono trattenute in condizioni critiche per espletare le procedure di identificazione e foto segnalamento. Davanti alle carenze strutturali, al sovraffollamento e alle violazioni di diritti, le persone migranti protestano.
La tensostruttura di Porto Empedocle
“No care, no help, no travel, no food”. Sono queste le parole scritte su un foglio di carta che Khaled sventola in mezzo alla strada principale di Porto Empedocle. Lui e Mohamed sono due minori somali approdati sull’isola di Lampedusa e poi trasferiti nella tensostruttura di Porto Empedocle dove stazionano ormai da 5 giorni. La situazione che sperimentano è chiara: “No freeedom” sintetizza Mohamed. 
Li incontriamo insieme a centinaia di persone MSNA senza tutori e richiedenti asilo di diversa nazionalità, età e genere che nel corso di quest’ultima settimana sono state trasferite all’interno del campo empedoclino in attesa di essere ricollocate in centri di accoglienza in Sicilia e in altri luoghi della penisola. 
Infatti, la tensostruttura collocata nel porto della cittadina agrigentina è da diversi mesi il secondo approdo delle persone migranti che giungono via mare a Lampedusa e che, a fronte dei numeri esponenziali di arrivi sull’isola delle Pelagie, sono stati spostati rapidamente sul territorio siciliano per alleggerire l’hotspot di Lampedusa. 
La tensostruttura – che consiste in un piazzale di cemento dove sono collocati due tendoni, 18 bagni chimici e poche docce esterne – è un’area di sbarco temporanea che la Prefettura di Agrigento sembra utilizzare per identificare e smistare le persone migranti, coadiuvando di fatto le attività di pre-identificazione implementate dalle autorità nell’hotspot di Lampedusa. La tensostruttura è quindi un secondo punto di approdo in cui le persone – trasferite qui anche poche ore dopo lo sbarco lampedusano attraverso le navi traghetto Galaxy – vengono foto segnalate e viene rilasciato loro un numero identificativo. Si tratta di un numero stampato su un quadratino di carta senza cedolino e senza foto. 
Qui le persone – donne, uomini, minori e famiglie originarie della Guinea Conakry, Costa D’Avorio, Senegal, Gambia, Burkina faso, Camerun, Sierra Leone, Giordania, Egitto, Tunisia, Siria, Mali, Sudan, Somalia, Etiopia, Liberia  – stazionano per giorni e giorni, trattenute in maniera prolungata all’interno di un campo di cemento, presidiato dalle forze dell’ordine e gestito dal personale della Croce Rossa, dove sono praticamente assenti rappresentanti delle organizzazioni umanitarie, grandi e piccole.
Nonostante il trattenimento dovrebbe durare solo il tempo necessario all’identificazione e alla disposizione del trasferimento, il transito non è breve e sembra durare una media di almeno 5 giorni. In questo tempo, alle persone è impedito di uscire dal cancello principale pertanto queste sono costrette, a causa della totale invivibilità del luogo, a saltare dalle recinzioni laterali e posteriori per cercare all’esterno aiuto, cibo, contatti, informazioni, libertà. 
Le persone trattenute in questo luogo raccontano di non aver ricevuto alcuna informativa relativa all’accesso ai loro diritti, alla protezione internazionale o altre forme di tutele. Inoltre riferiscono di essere trattate come animali in gabbia: il campo infatti è senza letti, sedie, tavoli e le persone stazionano stese a terra – i più fortunati su cartonati di non precisata origine – sotto il sole cocente, in uno spiazzale ricoperto di spazzatura, cassonetti e avvolto dall’odore pungente dell’urina. Le persone riferiscono di vivere in stato di continua incertezza e forte stress dipendente non solo dalle condizioni strutturali di invivibilità del campo ma anche a causa dell’attesa prolungata di un trasferimento in accoglienza che sembra non arrivare mai.
E mentre si passa la giornata nell’afa di settembre – tra un cambio turno delle forze dell’ordine e un’intervista ufficiale rilasciata dalle autorità ai giornalisti – arrivano da Lampedusa traghetti carichi di almeno altre 400 o 500 persone migranti che vengono scortate fino all’ingresso del centro e fatte entrare nei piccoli vuoti di spazio rimasti nel piazzale. Qui le persone vengono sottoposte ad un appello pubblico, senza alcun rispetto della privacy e attraverso l’uso esclusivo delle lingue veicolari principali: francese, inglese, arabo.
In queste giornate di permanenza, qualche turista passava per il porto e fotografava le persone dietro le sbarre, qualche locale si lamentava del “disagio”, qualche giornalista riprendeva quelle persone trattenute che si infuriano dopo l’ennesima giornata di prigionia. 
In questo circo periferico, la tensostruttura di Porto Empedocle risulta una zona d’ombra rispetto alle luci dello “spettacolo Lampedusa” che continua ad avere i riflettori puntati sulle proprie coste. Eppure nel corso della settimane le persone trattenute in questo piccolo piazzale – senza assistenza legale, sanitaria e libertà personale; senza letti, senza sufficienti professionisti medici e sociali, con carenze alimentari e patologie mediche – sono  state più di 1.000, di cui l’80 per cento costituito da MSNA e altre figure cosiddette vulnerabili.
Le proteste delle donne
Il malessere è progressivamente cresciuto e così le manifestazioni di scontento delle persone trattenute. Diversi gruppi di persone hanno iniziato delle proteste per la condizione di trattamento disumano a cui sono costrette a Porto Empedocle: l’inadeguatezza alimentare – pane con formaggio e pomodoro a tutti i pasti, cibo in quantità e in qualità insufficiente – l’assoluta promiscuità senza separazioni spaziali tra uomini e donne, l’esposizione ad ulteriori condizioni di violenza e soprattutto la condizione di privazione della libertà. 
Nella giornata del 19 settembre, un gruppo di donne minori guineane ha dato avvio ad una protesta femminile davanti al cancello principale della struttura, al grido di: “Liberateci! Liberateci! non siamo prigioniere, lasciateci andare!” Le ragazze sono dunque salite sul muro che delimita la struttura e hanno cominciato a gridare e ad arrampicarsi, tentando di scavalcare le inferriate. 
Le donne hanno poi occupato l’ingresso della tensostruttura sedendosi a terra in segno di protesta. Questa condizione di esposizione alla violenza, a cui specifiche categorie di persone vulnerabilizzate – quali le donne e i MSNA, sono sottoposte – connota la gestione disciplinante di una struttura ideata e pensata come “deposito” di persone. 
Persone che, giunte dalla violenta Sfax in Tunisia o dalla Libia, vivono un processo costante di sopraffazione, sottoposte a gravi violazioni di diritti e a continue forme di abuso, coercizione e limitazione della libertà che continuano ad essere raccontate, gestite e strumentalizzate a livello pubblico – tanto da politici che da giornalisti – come normali conseguenze di una condizione emergenziale. Un’emergenza che giustifica e normalizza il trattamento riservato ai neo sbarcati sulle coste nord del Mediterraneo, destinati ad essere “ritirati” e “riconsegnati” dai vari porto mediterranei, come abbiamo sentito dire in queste ore da chi gestisce la tensostruttura.
Tuttavia le persone migranti non sono inermi e continuano ad opporsi a questo controllo violento. Le diciassettenni guineane hanno preteso di avere nel piazzale un’area femminile di loro uso esclusivo, poiché ormai da più di 7 giorni erano completamente esposte senza alcuna tutela, preoccupate delle possibili violenze nel centro. Nei giorni successivi, esasperate, hanno scavalcato il muro del centro per cercare all’esterno un minimo di libertà e benessere. Due di loro erano fortemente indebolite da patologie pregresse che non erano state adeguatamente attenzionate e, per le strade del centro empedoclino, cercavano cibo e acqua.
Tra le numerose donne qui detenute, ce n’erano varie in stato di gravidanza. Alcune di loro sono state trasferite in ospedale per partorire e subito dopo ricollocate nella tensostruttura, senza i loro figli neonati.
Molte delle persone incontrate si trovavano in evidente stato di disidratazione e deprivazione fisica, nonché di forte sofferenza psicologica dipendente dal trattenimento prolungato e dalla mancanza di contatti con il mondo esterno. Tutti i trattenuti cercavano la possibilità di comunicare con le famiglie di origine o con conoscenti, desiderosi di avvisare i propri familiari del loro arrivo, non avendo potuto farlo nonostante l’approdo fosse avvenuto ormai da quasi una settimana.
Stazione di transito, trattenimento e deportazione
Questa stazione di transito e identificazione successiva a Lampedusa, sarà nelle prossime settimane potenziata e al posto della tensostruttura verrà adibito una struttura facente ufficialmente funzione hotspot, che sta nascendo dai lavori in corso in queste ore. Il Prefetto di Agrigento, Filippo Romano ha dichiarato che: “l’hotspot di Porto Empedocle sarà collegato a quello di Lampedusa dalla stessa gestione, la Croce Rossa (…) I due hotspot devono essere visti come una sorta di ponte: quello di Lampedusa accoglie in prima battuta e quello di Porto Empedocle instrada, il più velocemente possibile, verso i pullman“.
In continuità con la gestione migratoria che ha caratterizzato le politiche europee negli anni passati, l’unico “ponte” finanziato e promosso è quello che conduce alla sorveglianza, all’umiliazione, allo smistamento e incanalamento giuridico di persone che vengono irregolarizzate, dove il dispositivo della detenzione continua ad essere principale strumento di controllo degli spostamenti umani.
Questa modalità di controllo della mobilità delle persone in arrivo alla frontiera siciliana è da inquadrare nelle nuove riforme promesse dal governo: il rafforzamento a livello nazionale del sistema detentivo del CPR, con nuove strutture e un periodo di trattenimento esteso a 18 mesi; l’introduzione di nuovi centri identificativi e di rimpatrio come CPRI a Modica, nella Sicilia orientale costituiscono la risposta europea e nazionale all’aumento degli arrivi dalla Tunisia e dalla Libia, due luoghi da cui le persone continuano a fuggire forzatamente, sopravvissute ai regimi che i governi europei continuano a finanziare.
In tal senso, i discorsi di Meloni e Von Der Leyen che – durante la passerella a Lampedusa nei giorni del sovraffollamento – hanno inneggiato all’arresto dei trafficanti e alla sorveglianza militare, sono in continuità con un sistema che pone come soluzione la detenzione al posto di una vera accoglienza, la violenza al posto dei diritti e che – con l’ausilio delle nuove strutture – affinerà la macchina criminalizzante della deportazione. 
Intanto, mentre nei diversi angoli della Sicilia occidentale e orientale proliferano hotspot e ghetti istituzionali, mentre le politiche promettono blocchi nel Mediterraneo e pseudo accoglienza a terra, le persone migranti continueranno a protestare per la libertà di movimento ed ad arrampicarsi sui muri della detenzione per pretendere rispetto dei diritti e reclamare la loro libertà.
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abr · 2 years
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LO STIPENDIFICIO: dimmi chi mi paga e ti dirò la mia etica professionale. CEDOLINO, ERGO SUM.
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mystockprediction · 1 month
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Cedolino Pensione Agosto 2024
Cedolino Pensione Agosto 2024. Il cedolino della pensione è un documento essenziale per tutti i pensionati italiani. Serve a verificare l’importo erogato dall’INPS ogni mese e a comprendere le variazioni che possono influire sull’importo stesso. Ecco una guida dettagliata sul cedolino della pensione di agosto 2024 e su come utilizzarlo correttamente. Cos’è il Cedolino della Pensione? Il…
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notiziariofinanziario · 5 months
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Che impatto avrà il 25 Aprile sulla busta paga?
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La normativa italiana tutela il diritto del lavoratore di non svolgere, nel corso delle giornate festive, la prestazione manuale o intellettuale per cui è stato assunto, mantenendo comunque il diritto alla retribuzione. La Legge numero 260/1949 considera giorni festivi, oltre a tutte le domeniche, il: - Primo giorno dell’anno; - 6 gennaio (Epifania); - 25 aprile (Liberazione); - Lunedì dopo Pasqua; - 1° maggio; - 2 giugno; - 15 agosto; - 1° novembre; - 8 dicembre; - 25 dicembre; - 26 dicembre. Nel corso del mese di aprile, sulla base dell’elenco citato, giovedì 25 è da considerarsi festivo.Analizziamo quindi in dettaglio che effetto ha il 25 aprile in termini di elaborazione del cedolino paga. Festività lavorata o non lavorata? Le conseguenze in busta paga legate alle festività sono diverse a seconda che la stessa sia o meno lavorata.Come anticipato, nei giorni festivi il dipendente ha diritto di astenersi dal lavoro senza per questo essere penalizzato dal punto di vista retributivo.Da ciò consegue che le festività sono economicamente a carico dell’azienda, attraverso il riconoscimento di un’apposita voce di paga in cedolino.In deroga a quanto appena descritto lo svolgimento della prestazione nella giornata del 25 aprile è subordinato ad uno specifico accordo tra azienda e dipendente.L’accordo in questione, come affermato dal Ministero del Lavoro con la Risposta ad Interpello del 10 luglio 2009 numero 60, può essere raggiunto anche in sede di contrattazione collettiva.Al contrario, eventuali provvedimenti del datore di lavoro, aventi ad oggetto lo svolgimento della prestazione nelle giornate festive sono, in assenza di accordo del lavoratore, da considerarsi nulli. Festività 25 aprile non lavorata: attenzione al tipo di retribuzione In caso di festività del 25 aprile non lavorata, gli effetti in busta paga sono diversi a seconda del tipo di retribuzione applicata al dipendente. Nello specifico, se trattasi di: - dipendenti con paga fissa mensile (detti anche mensilizzati); - dipendenti pagati ad ore. Dipendenti con retribuzione fissa mensileI dipendenti mensilizzati ricevono un compenso lordo calcolato a prescindere dalle ore lavorate nel singolo (mese) periodo di paga, eccezion fatta per: - determinate assenze che, essendo non retribuite, non comportano l’erogazione della retribuzione; - assenze economicamente a carico di Inps ed Inail, il cui importo è diverso rispetto alla retribuzione dei periodi lavorati; - prestazioni di lavoro straordinario o supplementare che, essendo aggiuntive rispetto alle ore ordinarie previste dal contratto, beneficiano di particolari maggiorazioni retributive previste dal Ccnl applicato; - altre somme aggiuntive, previste dalla legge e / o dalla contrattazione collettiva / individuale. Dipendenti pagati ad oreI dipendenti pagati ad ore ricevono un compenso calcolato moltiplicando la retribuzione oraria per le ore lavorate e quelle che, pur essendo assenze, sono comunque retribuite (come accade per ferie e permessi).Fanno eccezione a quanto descritto: - le ore di assenza per le quali la copertura economica è a carico di Inps ed Inail, trattandosi di eventi per i quali operano regole particolari di calcolo; - assenze non retribuite che, in quanto tali, vengono evidenziate in cedolino unicamente a scopo figurativo. Festività non lavorata: dipendenti con paga fissa mensile I dipendenti con paga fissa mensile non riceveranno alcun compenso aggiuntivo legato alla festività infrasettimanale del 25 aprile.La ragione è legata al fatto che la retribuzione mensile è già da intendersi comprensiva delle somme che, nel corso dell’anno, spettano al dipendente a titolo di festività.In tal caso quindi i dipendenti troveranno in cedolino la voce per festività goduta ma esclusivamente figurativa, senza alcun impatto sul calcolo del netto da pagare.Fanno eccezione alla regola appena descritta le festività cadenti di domenica, per le quali spetta una quota aggiuntiva di retribuzione. Questo, tuttavia, non è il caso del 25 aprile, trattandosi di un giovedì. Festività non lavorate: dipendenti pagati ad ore  A differenza dei lavoratori mensilizzati, i dipendenti pagati ad ore hanno diritto di ricevere in busta paga una somma a titolo di festività goduta del 25 aprile retribuita.La somma in questione, al pari di altre voci retributive, ha impatto sul calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali, delle ritenute fiscali a titolo di Irpef ed addizionali, nonché del netto da liquidare al dipendente.Di conseguenza, in cedolino sarà presente una voce a titolo di festività goduta, quale risultato della moltiplicazione tra:retribuzione oraria * ore a titolo di assenza per festività. Festività 25 aprile lavorata In caso di festività lavorata, oltre agli effetti in busta paga sopra descritti, rispettivamente, per i dipendenti mensilizzati e quelli pagati ad ore (festività figurativa nella prima ipotesi e festività retribuita nell’altra) spetta, in alternativa: - compenso a titolo di supplementare o straordinario, con le maggiorazioni previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato; - riconoscimento della sola maggiorazione per lavoro festivo (sempre nella misura disciplinata dal Ccnl) se è previsto un riposo compensativo in altra giornata. La scelta sul trattamento da applicare spetta al datore di lavoro, di norma nel rispetto delle prassi / consuetudini aziendali. Non è escluso tuttavia che sul punto operino disposizioni (che il datore di lavoro è chiamato a rispettare) derivanti dalla contrattazione collettiva o da accordi aziendali con le rappresentanze sindacali. Read the full article
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lamilanomagazine · 11 months
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Villese (Gorizia): cerca di farsi finanziare lo smartphone nuovo presentando documenti falsi.
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Villese (Gorizia): cerca di farsi finanziare lo smartphone nuovo presentando documenti falsi. Chiede un finanziamento per acquistare uno smartphone del valore di circa 1.600 euro presso un negozio di elettronica di un centro commerciale di Villesse, ma, una volta presentati i documenti, il dipendente del punto vendita si accorge di qualcosa di anomalo e chiama il 112. L’uomo, quindi, si allontana, venendo però bloccato dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Gradisca d’Isonzo e della Stazione di Mariano del Friuli nel parcheggio del centro commerciale mentre, assieme ad un complice, a bordo di una vettura a noleggio cercava di lasciare l’area del centro commerciale. Nel corso del controllo il sospettato viene trovato in possesso di una carta d’identità, di una tessera sanitaria e di un cedolino paga, tutti riconducibili all’ignara vittima di un furto d’identità; la successiva perquisizione del veicolo, ha permesso ai militari anche di rinvenire una console per videogiochi ed un ulteriore smartphone, verosimile provento di una precedente truffa perpetrata ai danni di un altro esercizio commerciale. Dagli accertamenti è emerso che altri tentativi di truffa, con identità diverse, non erano andati a buon fine nei giorni precedenti. Il soggetto, un 33enne di origine campana con diversi precedenti per truffa alle spalle, è stato tratto in arresto dai Carabinieri, mentre il complice è stato deferito in stato di libertà; l’arrestato è accusato di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti, truffa, sostituzione di persona e falsa attestazione o dichiarazione sull’identità personale.  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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colonna-durruti · 1 year
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“Mi segnano appena 24 ore, ma ne faccio 91 alla settimana”
Per 1.000 €‎ al mese. Condizioni capestro, accordi non rispettati, istruzioni scritte sulle risposte da dare in caso di ispezione: il lato oscuro dell’ospitalità romagnola
di Simone Bauducco
Rimini.
La giornata sulla Riviera romagnola inizia all’alba quando gli addetti degli stabilimenti balneari iniziano a setacciare la spiaggia e ad aprire ombrelloni e lettini.
Gianni (nome di fantasia) è uno di loro.
Ha più di cinquant’anni e da maggio a settembre lavora in un lido.
Attacca alle sette del mattino e finisce alle nove di sera, in mezzo soltanto una piccola pausa.
Tredici ore al giorno, sette giorni su sette.
“Il giorno di riposo non esiste, se lo chiedi sembra che stai bestemmiando”, racconta Gianni.
In totale fanno 364 ore al mese per 1.200 euro. Poco più di 3 euro all’ora, ben al di sotto della soglia del salario minimo a 9 euro ipotizzata dall’opposizione e osteggiata dal governo.
Ma in busta paga, le ore segnate sono soltanto 159, meno della metà e i giorni lavorati sono 26 e non 31.
“Questo comporta meno giorni di Naspi e meno contributi previdenziali versati – spiega Gianni mostrando i suoi cedolini – e se consideri che la stagione dura in media quattro mesi, è come se ci togliessero una ventina di giorni di disoccupazione”.
Quando ha chiesto spiegazioni al datore di lavoro ha avuto la seguente risposta: “Qui si fa così, altrimenti quella è la porta”.
Del resto, Gianni non ha firmato un contratto per tutta la stagione, ma soltanto per un mese, rinnovabile di volta in volta.
“In un caso mi è capitato pure un contratto di 15 giorni. In questo modo se qualcosa non va possono lasciarti a casa senza problemi”.
Durante la mattinata basta spostarsi dalla spiaggia per incontrare un’altra figura fondamentale per il turismo della Riviera: l’addetta alle pulizie degli hotel e dei bed & breakfast.
“Nei mesi estivi le camere diventano dei luoghi dove non solo si dorme, ma si consuma sempre più del cibo perché i ristoranti sono sempre più cari. E così la pulizia diventa sempre più complessa”, racconta Rosita, 50 anni, che ogni giorno mette a posto le stanze di un B&B vicino a Rimini.
Da quando ha iniziato si è sempre segnata le ore su un foglio di carta.
“Quarantatré a settimana per 1.100 euro”.
Ma in busta sono segnate soltanto 24.
Così una parte viene pagata con un bonifico, l’altra viene consegnata in contanti, in nero.
Sul cedolino c’è anche il giorno di pausa.
“Che però non facciamo mai e quando chiediamo conto al titolare, ci dice che non se lo può permettere, perché altrimenti dovrebbe assumere più personale”.
Così tutto ricade sulle spalle di Rosita e delle sue colleghe.
La routine è sempre la stessa: “Alzare materassi pesanti, chinarsi dietro ai sanitari, scaricare lenzuola sporche senza l’ausilio di carrelli”.
Lei e le sue colleghe si sono dovute portare pure il mocio da casa per evitare di dover strofinare con gli stracci le scale.
E se stai male? “La malattia esiste solo sulla carta, dobbiamo venire ugualmente se vogliamo continuare a lavorare il giorno successivo”.
Nel frattempo è arrivata l’ora di pranzo e le terrazze dei ristoranti iniziano a riempirsi.
Ma dietro alla porta che conduce in cucina si apre un altro mondo.
Lo racconta Salvatore, che da vent’anni lavora dietro ai fornelli per sfamare le comitive di turisti che affollano le pensioni della Riviera. “La stagione va da metà maggio a settembre, 13 ore al giorno, sette giorni su sette”.
La paga? “1.500 euro al mese, 800 euro con bonifico, il resto in nero”.
Già, perché nella sua busta paga risulta che è assunto con un contratto part time da 24 ore a settimana. “Ma ne faccio 91, quasi quattro volte tanto”, spiega al telefono nella breve pausa tra il servizio del pranzo e della cena. Con un rapido calcolo si può ricavare la paga oraria: 4 euro.
C’è di più: Salvatore è inquadrato come aiuto cuoco, ma la sua quotidianità è fatta anche dalla gestione della spesa, dalla creazione di ricette e di piatti.
“Faccio lo chef anche se il mio contratto dice altro”.
Alle condizioni salariali difficili si aggiungono quelle climatiche.
Con il caldo di quest’estate le temperature in cucina diventano insostenibili. “Un giorno è arrivato un tecnico per aggiustare i frigoriferi – ricorda Salvatore – quando ha misurato la temperatura che c’era in cucina, il termometro segnava 41 gradi. E qui dentro noi passiamo delle ore davanti ai bollitori della pasta o davanti alle friggitrici per cucinare totani in pastella o patatine fritte”.
Non c’è tempo per fermarsi. Anche il giorno di riposo è solo sulla carta.
E se dovessero arrivare i controlli quando uno non è in turno?
“In vent’anni di lavoro non li ho mai visti – precisa – ma nello spogliatoio dove ci cambiamo hanno appeso un vademecum delle frasi da dire agli ispettori”.
Un esempio? “Se vengono nel tuo giorno libero, devi dire che sostituisci il collega. Se ti chiedono l’orario di lavoro, devi dire che sei corso qui perché c’era un problema”.
Quando cala il sole i turisti fanno rientro negli hotel e trovano ad attenderli i portieri notturni. Marco è uno di loro. Lavora in un albergo a due stelle che può ospitare fino a cento persone. “Ma noi siamo da soli e dobbiamo badare agli ospiti e alla struttura”.
Le notti della Riviera non sono mai tranquille. Ci sono gruppi di ragazzi ubriachi che pretendono di far entrare in stanza anche gli amici o ci sono le camere che chiamano se qualcosa non funziona.
“Uno pensa di poter guardare la tv senza prestare attenzione, ma non è così”, spiega.
Il suo turno inizia alle 21:30 e finisce alle 8 del mattino.
“Dodici ore al giorno, sette su sette da maggio a settembre”.
Più di 300 ore al mese di lavoro per 1.100 euro di paga. Poco più di 3 euro all’ora.
E per di più si tratta di un lavoro notturno che dovrebbe essere pagato di più rispetto al solito.
Anche qui il giorno di riposo rimane solo un’illusione segnata sul contratto, o meglio, sui contratti.
L’assunzione dura un mese e poi si va avanti di rinnovo in rinnovo. Così da maggio a settembre ci si ritrova con quattro contratti.
In questa situazione anche la malattia diventa un diritto soltanto sulla carta: “Perché se dovessi ammalarmi e se avessi bisogno della malattia non sarei rinnovato. Non è un mio pensiero, me l’hanno detto senza mezzi termini durante il colloquio. E poi si lamentano se non trovano personale disposto a lavorare a queste condizioni”, conclude amaro.
F.Q. 24 agosto 2023
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cerentari · 1 year
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La genialata di Fassino che ha sventolato il cedolino
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L’Uomo Boomerang
(Marco Travaglio ) – Guai a sospettare che #Fassino abbia sventolato il misero cedolino da 4.718 euro mensili (che poi sono il triplo), mentre il #Pd tenta di sembrare credibile in difesa del reddito..
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infosannio · 1 year
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Fassino, la guerra di Piero al salario minimo col suo stipendio da 4.718 euro
Fassino e la guerra di Piero: sul salario minimo, interviene per lamentarsi del proprio misero stipendio da Deputato del PD… Come soffre! (di Grazia Sambruna – true-news.it) – Fassino si sente povero, povera stella. Il Deputato PD ha preso la parola nell’incantevole cornice dell’aula della Camera sventolando il proprio cedolino. Con lo scopo di endorsare la battaglia per il salario minimo,…
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lavoripubblici · 1 year
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❓ Quanto guadagnano i Deputati?
✅ Non sono stipendi d'oro?
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Fassino col cedolino in Aula, le polemiche dopo l'intervento
“Fassino ha parlato a titolo personale, in dissenso rispetto al voto del Pd. Noi continuiamo a batterci per il salario minimo”, ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein. Intervenendo nell’Aula della Camera, Piero Fassino del Pd ha mostrato ieri mostrato il cedolino del suo stipendio a tutti i deputati, “quello che ciascuno di noi riceve ogni mese”, prima di annunciare la sua astensione sul…
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