#cannocchiale
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Se non fosse palesemente ammuffita questa collana sull'astronomia del 1984 me la terrei volentieri e invece appena la finirò di consultare proverò a venderla al mercatino... Intanto mi faccio una cultura e prendo appunti 🪐
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penelope-semplicemente · 5 months ago
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Moon..
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Foto normale
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Foto con cannocchiale
Super Luna blu 🌘
Bellissima anche stasera
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soaveintermezzo · 1 year ago
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Serratura del portone principale della Villa del Priorato dei Cavalieri di Malta, situata nella Piazza dei Cavalieri di Malta, sul Colle Aventino, Roma, Italia.
La sua particolarità è legata alla possibilità di guardare il Cupolone della Basilica di San Pietro, attraverso una galleria di alberi e di siepi che danno la sensazione di osservare il panorama come se si stesse usando un cannocchiale.
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licisca-73 · 6 hours ago
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Oggi è il due di gennaio, fa freddo e per strada i resti dei botti di Capodanno... Sorrido mentre col passo lesto vado al nostro primo incontro del nuovo anno. Mi piace sfinirlo, vero, ma ammetto che la mia indole sub mi porta a prendermi cura del mio amato D. e a regalargli piccoli gesti "normali": acquisto al volo un millesimato e i baci di dama, quanto occorre per farci riprendere dopo la devastazione. Mentre lo attendo in camera penso a quello che abbiamo vissuto nel precedente anno e a quello che sarà. Sicuramente viverci non è sempre facile, ma ne vale la pena. Oggi riusciremo a trascorrere soltanto qualche ora insieme per miei impegni ma mi riprometto guardandomi allo specchio di godermi ogni singolo istante. Quando uso il termine "godere" lo faccio consapevole che sarà tanto piacevole quanto duro. A interrompere i miei pensieri il tocco inconfondibile alla porta. Mi precipito ad aprire ma la maledetta stavolta non ne vuole proprio sapere di spalancarsi e, mentre cerco quasi di buttarla giù, penso a lui dietro e lo sento ironizzare sulla mia goffaggine. Dopo diversi tentativi finalmente riesco ad aprire ed ecco davanti a me il mio amato D. È bellissimo, come sempre, e davanti al suo sorriso mi sciolgo. Iniziamo a baciarci, a toccarci e, ormai una routine, mentre lui inizia a sbottonarsi la camicia io saluto il mio cazzo: lo ammetto, apprezzo i convenevoli ma poi vado al sodo, anzi al duro in questo caso. Sono già eccitatissima, la mia fica non mente, e D. dopo averne apprezzato lo stato "indecente" , le dà colpi solenni mentre mi bacia o mi afferra dai capelli. Sentirmi nelle sue mani rimane per me lo scopo principale, indipendentemente da quello che decidiamo di fare e da come lo faremo. "Ho portato un nuovo gioco", mi dice con tono canzonatorio mentre fruga nel suo zainetto, e da lì a poco un divaricatore appare al mio cospetto e finisce quasi subito nella mia fica. Ricordo che da bambina impazzivo di gioia nel guardare col cannocchiale dei punti della mia citt��, presa da un euforica voglia di scoprire dettagli nascosti: D. ha quello sguardo mentre guarda curioso e compiaciuto la mia fica spalancata. Il mio Padrone si scatena su di me e io mi sento ancora una volta una gran Troia mentre mi maneggia "con poca cura". Doppia anale, pompini durissimi, inculate feroci e fisting "fronte-retro" mi provano duramente: urlo e mi dimeno a tratti cercando un po' di aria per poi aggrapparmi con più forza al suo culo e chiedergli di farmelo sentire dentro fino ai coglioni. Andiamo avanti così fino al momento della pisciata: avevo ricevuto il divieto di urinare dalle otto in poi, ordine che ha favorito una bella pioggia dorata, finita in ogni parte del mio corpo e poi sul suo cazzo. Dicevo poco prima che amo prendermi cura del mio D, capirete quindi che dopo averlo pisciato l' ho ripulito per bene leccandolo come del resto fa una brava Cagna devota al suo Padrone. Come una Cagna che non molla l' osso, sono concentrata sul suo cazzo, asta benedetta che non fa attendere a lungo la sua risposta: una dura inculata con la testa nel cesso, come piace. a me, e infine la sborra che porto a casa camminando per strada col culo stretto. Ho iniziato il racconto del giorno con una bottiglia di millesimato e dei baci di dama: due bicchieri pieni, un brindisi a noi, la bottiglia con il rimanente prosecco prima nella fica e poi nel culo per una bella doccia anale. Auguri amore mio, uomo straordinario che mi regali momenti indimenticabili, attenzioni e tanto amore. Il nuovo anno lo abbiamo iniziato col botto. Ti lascio senza fiato anche stavolta e mentre ti bacio e tu invochi il defibrillatore, con quel filo di voce rimasta, mi dici:" Visto come siamo bravi vecchia mia?'Supero il "vecchia" saltandogli addosso con le forze rimaste e coprendolo di baci, tanti baci dappertutto mentre le nostre mani si intrecciano e lui mi accarezza placandomi. Sono dove vorrei essere, con chi voglio essere e come voglio essere e tutto è bene quel che comincia e finisce con lui...e il suo pene
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cutulisci · 2 months ago
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Che adesso, a pensarci, non era più possibile vivere in attesa di vivere. Che la notte non sogno più le folli scalate al settimo piano, la sconfitta immancabile scandita dall’urlo delle sirene. Che la poesia è un gioco sottile dell’intelligenza, non dolore rappreso in sparsi suoni o testamento a futura memoria. Che l’orizzonte, ho scoperto, è lontano soltanto se lo guardi nel rovescio del cannocchiale. Che le porte non hanno serrature. Che ogni serratura ha la sua chiave.
Francesco Paolo Memmo
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unfilodaria · 2 months ago
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una domanda stupida, una delle tante che resterà probabilmente senza risposta: su tumblr come su altri social girano numerose immagini di belle ragazze, belle da mozzare il fiato, che chissà quale divinità le ha baciate per farle questo prezioso regalo. E sono la gran parte foto di ragazze sorridenti, che lasciano intendere che mordono la vita, che tutto le è dovuto e che forse lo ottengono pure.
Ordunque, quante di queste ragazze sono felici? quante di queste ragazze riescono a mantenere questo stato di grazia? e la vita, almeno per la bellezza, sarà sempre così benevole con loro? piangono? sono tristi? hanno momenti di debolezza? o anche loro possono sentirsi sconfitte, non arrivate?
Rispetto a noi normali, bruttini direi, di quelli che una volta si diceva "com'è? simpatico" per non dire uno scorfano, quante marce hanno in più? potranno mai innamorarsi/interessarsi a un essere di "un altro pianeta"? avranno occhi anche per la normalità? riusciranno a sentirsi tristi e piegati come lo possiamo essere noi nella quotidianità della vita?
A volte sembra tutto un universo fatto di costellazioni diverse e con regole attrattive e gravitazionali diverse e distanti. Non ci resta che armarsi di un buon cannocchiale per osservare astri così distanti
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poesiablog60 · 2 years ago
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Che strano, pensaci un po', mio padre studiava le vite vicinissime col microscopio, mio nonno cercava quelle lontanissime col cannocchiale, entrambi con le lenti. Ma la vita si scopre a occhio nudo, né troppo lontana né troppo vicina, ad altezza d'uomo
Antonio Tabucchi
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m596118 · 7 months ago
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"Mi chiedo cosa serva davvero per fronteggiare una nuova sfida, Lloyd"
"Affrontarla da esploratore e non da scalatore, sir"
"Cioè?"
"Per gli scalatori ci sono cime e vette, sir"
"E per gli esploratori?"
"Curiosità ed esperienze, sir"
"Cannocchiale, zaino e poche certezze sulle spalle, Lloyd"
"Saggio equipaggiamento, sir"
🦖
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rosateparole · 2 years ago
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Mi ricordo Vergarolla o, alla polesana, Vargarola. Quel 18 agosto 1946 lo speaker di Radio-Pola ha letto il giornale radio alle 13 in italiano e alle 13.15 in serbo-croato, ha annunciato le regate, ha citato i campioni dell’anno prima. È tornato a casa in via Flanatica e dopo un quarto d’ora ne è uscito in compagnia di sua moglie, campionessa di nuoto, hanno preso le biciclette e pedalando si sono diretti verso Stoia. Si disputava le coppa dei campioni e loro due non volevano mancare. In quel momento c’è stata l’esplosione.
Zia Gina aveva voluto che nonna le desse il solito pane scuro frammisto di uva passa e un decimo di vino con tanta acqua e un cubetto di ghaccio nel bicchiere. Aveva cosi fermato la comitiva di noi cugine e delle nostre amichette. Se non fossimo arrivate in ritardo a Vergarolla, saremmo state fra le vittime. Invece quando raggiungemmo il portone della «Pietas Iulia» cominciarono a scoppiare le mine. Morti a catafascio. Il mare sputava sangue e fuoco. Non so né come né da dove spuntò fuori tra di noi, riuniti sulla spiaggia di fronte, un cannocchiale. Lo diedero per un attimo anche a me, mentre mio fratello Gianni protestava eccitatissimo perché a lui non volevano darglielo. Ecco, là, nel cono di luce che fruga, vedo zio Riccardo, il ghiaccio delle sue pupille nella faccia bianca simile a un muro di calcina, trascinare un uomo che perde sangue come un bue. Alcuni cadaveri erano distesi sulle rocce, altri galleggiavano in acqua. Feriti a decine. I soccorritori avevano il viso coperto di sudore e di sporco, erano tutti imbrattati di sangue e parevano invasi da un terrore e da un furore antichi. «Come è successo?». Silvano e Mimo, i due gemelli dei Venier, non poterono certamente rispondere. La morte li aveva colti che avevano appena finito di contare le mine. Ottanta ottantuno ottantadue ottantatré ottantaquattro ottantacinque ottanta... La conta si era fermata a ottantasei mine. Smisero di contarle quando sentirono un urlo e molti bagnanti accorsero verso il punto da cui proveniva. Mentre correvano ci fu un’esplosione assordante che scosse la baia e la prima fiammata infernale coronata di fumo nero salì verso il cielo. Poi, esplosioni a catena. Una strage fra i bagnanti. Si salvò chi era in mare, in barca, ma non tutti. Molte barche a vela si capovolsero mostrando le chiglie incrostate di alghe e fuchi di mare, molte scomparvero in un gorgo di acque sporche mentre frammenti carbonizzati galleggiavano in una disordinata vertigine che si andò allargando come ultimo segno di sventura e di disfacimento. Così si compì il destino di sessantacinque polesani, di cui cinquantanove furono identificati, cui va aggiunto un numero imprecisato di feriti gravi e leggeri. All’ospedale civile il chirurgo Geppino Micheletti riconobbe tra le salme i suoi due figli, eppure continuò a prestar soccorso ai feriti tutta la notte, senza mai allontanarsi dal tavolo operatorio.
Anna Maria Mori & Nelida Milani, Bora. Istria, il vento dell’esilio
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fashionbooksmilano · 1 year ago
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Glasstress
Adriano Berengo, Laura Mattioli Rossi, Rosa Barovier Mentasti, Francesca Giubilei, Giacinto Di Pietrantonio, Fausto Petrella, Tina Oldknow, Luca Beatrice
Charta, Milano 2009, 176pages, 149 illustrations in color 21,5x30,5cm, ISBN 9788881587438, English Edition
euro 42,00
email if you want to buy [email protected]
Relegato ad ambiti e utilizzi limitati, il vetro nel corso dei secoli ha dovuto esercitare grandi pressioni e compiere enormi sforzi per liberarsi dai cliché che lo hanno imprigionato in ruoli ben definiti. Il libro è un cannocchiale che mostra fino a dove si sono spinti i confini del vetro con il quale numerosi artisti contemporanei internazionali si sono rapportati e confrontati ottenendo risultati stupefacenti, di grande originalità e innovazione; un Nuovo Mondo, che ha liberato il vetro dalla sua identificazione in simbolo della tradizione. Il libro comprende opere di Louise Bourgeois,Joseph Kosuth e Kiki Smith tra gli altri. Evento collaterale della 53. Biennale di Venezia. Palazzo Franchetti, Venezia, June 5 - November 22, 2009
19/12/23
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inconsutile · 2 years ago
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io bambina 🤝 io ora
volere un cannocchiale* per guardare le stelle
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crazy-so-na-sega · 1 year ago
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Etno-sadomasochismo
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Per pigrizia intellettuale ci siamo abituati a vedere il rifiuto di ottemperare dalla punta piccola del cannocchiale, vale a dire per un'infrazione al codice della strada, che appunto qui è commessa con l'aggravante. Ma devi allargare la lunghezza focale per avere una visione più completa. Il rifiuto di conformarsi è solo il nome di un rifiuto più generale: quello di sottomettersi al nostro sistema di valori. L'occupante non lo rivolge solo al gendarme, ma alla Francia. [Europa n.d.r]  Dietro il rifiuto dell'obbedienza, punta il rifiuto della fedeltà. La Francia non è altro che un oggetto di disprezzo perché sembra un padrone debole e spaventato. Il rapporto che l'occupante intrattiene con essa è di tipo sadomasochistico. Più è umiliata, più vuole di più. Paga anche un prezzo alto come in una relazione BDSM per i colpi che riceve. Si chiama politica cittadina... Potëmkin. Un trompe-l'oeil che ci rovina.
Il lavoro del grande politologo americano Robert Putnam ha dimostrato inconfutabilmente che la diversità razziale mina la fiducia che gli individui ripongono l'uno nell'altro. Maggiore è la diversità all'interno di una società, minore è la fiducia, tanto che è lecito affermare che il livello di fiducia è inversamente proporzionale a quello della diversità razziale. La diversità non solo mina la fiducia tra le comunità, ma la erode all'interno delle comunità stesse. È una macchina per separare gli uomini. Non un'area della vita che non ne risente. Possiamo applicarvi la teoria del trickle-down, ma qui circola amarezza, sfiducia, risentimento.
Il risentimento nasce dal confronto. Sempre. È come un mal di stomaco – il grande Dostoevskij ha detto tutto sull'argomento –, un sentimento inconfessato di nullità sociale gettato sull'altro, una doppia offensiva, che va abolita e spezzata. Niente è più contagioso del risentimento. È un desiderio infelice che obbedisce a processi di eccitazione mimetica, che i social network amplificano a macchia d'olio.
-éléments
pour la civilisation européenne
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penelope-semplicemente · 5 months ago
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Moon 🌒
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Stasera è bellissima..
# foto mia # foto con cannocchiale # vena romantica # sere d' estate # caldo
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jacopocioni · 1 month ago
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Carriera di Galileo Galilei 4° parte
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1° parte 2° parte 3° parte Iniziano i contrasti con il Collegio Romano e i Gesuiti
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A quei tempi nel Collegio Romano e i docenti Gesuiti erano le maggiore autorità scientifiche nel campo della nascente astronomia, a loro Galileo presentò le scoperte. In un primo tempo fu bene accolto a Roma dal Papa Paolo V, dai Cardinali Francesco Maria del Monte e Maffeo Barberini. Il Principe Federico Cesi lo ammise alla Accademia dei Lincei da lui fondata. Lo scienziato volle scrivere al segretario del Granduca Belisario Vinta della benevola accoglienza ricevuta alla corte papalina dai Gesuiti, delle loro continue informazioni sui nuovi satelliti di Giove dedicati ai Medici e considerando giuste le loro osservazioni. Nell’aprile del 1611, il Cardinale Roberto Bellarmino, chiese ai matematici vaticani di farli un resoconto sulle scoperte fatte da “un valente matematico per mezzo di uno strumento chiamato cannone ovvero cannocchiale e alla Congregazione del Santo Uffizio di informarsi se nella città di Padova, ci fosse aperto qualche provvedimento a carico dello scienziato. La Curia Romana iniziava a intravedere quali conseguenze avrebbe avuto quelle scoperte sui principi della Teologia allora conosciuta e considerata indiscutibile.
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Nel 1612 Galileo scrisse “Discorso intorno alle cose che stanno sull’acqua, o che in quella si muovono”, descrivendo la teoria di Archimede che dimostrava contrariamente a quanto sosteneva Aristotele: “I corpi galleggiano o affondano nell’acqua per il loro peso specifico e non per la loro forma”. A questo scritto rispose polemicamente l’aristotelico fiorentino Lodovico delle Colombe con: “Discorso apologetico intorno al Discorso di Galileo Galilei”, spiegando che la nuova Stella apparsa nel 1604 nel segno del Sagittario “Non era né Cometa, né Stella generata, o creata di nuovo, né apparente, ma una di quelle che furono in cielo nel principio e ciò essere conforme alla vera Filosofia, Teologia e Astronomiche demostrazioni”. Nel mese di ottobre seguente, lo scienziato pisano, a palazzo Pitti, davanti al Granduca Ferdinando II, Cristina di Lorena sua moglie e il Cardinale Maffeo Barberini suo grande estimatore, con una pubblica dimostrazione sperimentale confutò quanto asserito dal delle Colombe.
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Le sue osservazioni sulle macchie solari quando era ancora a Padova, furono in seguito pubblicate a cura dell’Accademia dei Lincei con il titolo “L’istoria e dimostrazione intorno alle macchie solari e i loro accidenti”. Questa era una risposta per i dubbi sollevati dal Gesuita tedesco Christofh Scheiner, il quale asseriva che le macchie solari altre non erano sciami di astri rotanti intorno al sole. Galileo invece le considerava materia fluida della superficie solare. Osservando le macchie solari Galileo scoprì la rotazione dell’astro solare e si rivolgesse “In se stesso in un mese lunare come gli altri astri”. L’asserzione della rotazione del sole e degli altri pianeti era molto importante. Inoltre scoprendo le fasi dei pianeti Venere e Mercurio, dimostrò l’incompatibilità del sistema geocentrico di Tolomeo, ma verosimilmente il sistema eliocentrico copernicano dell’astronomo danese Tycho Brahe. Nel Gennaio del 1611 scrisse all’Arcivescovo Giuliano de Medici, affermando che “Venere e Mercurio si volgono intorno al sole e tutti gli altri pianeti, cosa creduta da tutti i pitagorici, Copernico, Keplero e me, ma non sensatamente provata come era in Venere e Mercurio”. Negli anni seguenti lo scienziato difese il modello eliocentrico spiegando quello che aveva visto con il suo cannocchiale. Scrisse quattro “lettere copernicane” dirette al padre Benedetto Castelli matematico e fisico, due al Monsignor Pietro Dini membro dell’Accademia della Crusca e due alla Granduchessa madre Cristina di Lorena. Fine 4° parte
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Alberto Chiarugi Read the full article
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micro961 · 3 months ago
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Angelo Iannelli: “DAG”
Il 20 settembre arriva in radio il nuovo singolo del cantautore romano, secondo estratto dall’ album “Vicini margini”
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“DAG” è il secondo singolo estratto da “Vicini margini”, il nuovo album del cantautore romano Angelo Iannelli. Questo brano, ricco di suggestioni e dall’andamento nostalgico, racconta emozioni di vita vissuta. 
La canzone narra la ricerca di se stesso da parte dell’Io narrante, raffigurando la solitudine in cui la mancanza di calore è rappresentata da una sigaretta che brucia, l’unica “cosa accesa” che ha accanto.
“DAG” è un viaggio emotivo che invita l’ascoltatore a riflettere sulle proprie esperienze e a trovare un senso di connessione in un mondo spesso desolato. 
Il testo del brano è dello stesso Iannelli, mentre la musica è stata scritta a quattro mani con Riccardo Corso. 
Il singolo è stato arrangiato, suonato e mixato da Alessandro e Francesco Cosentino (Fratelli Cosentino), poi masterizzato in analogico da Riccardo Parenti presso l’Elephant Mastering. Il video che accompagna la canzone, diretto e montato da Iannelli, è stato girato in una desolata Roma notturna.
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DICONO DEL SUO DISCO
«Morbido, malinconico anche dentro dinamiche più presenti, antico ma non vecchio.» RaroPiù
«Un disco da leggere, un disco che cerca di condurmi in quei “margini” che sono i limiti che definiscono lo spazio tra la nostra zona di comfort e il resto del mondo. E la voce di Iannelli ci tiene spesso ad emancipare questo stato di quiete e cerca non solo la pacata ragione ma anche l’irruente tempismo di un istinto.» Bravo On Line
«Si percepisce la dimestichezza di un cantautore che sa cogliere i segni dietro ai quali si celano emozioni e sentimenti, del resto non a caso è anche uno scrittore che ha affinato la sensibilità di chi coglie e trasmette a chi ascolta o legge il suo “sentire”.» Musica Mag
«Angelo Iannelli è sempre a due passi dal confine, come una sfida ma anche come un bisogno per guardare tutto. “Vicini margini” sembra potente nella sua semplicità. Di sicuro non è un disco per far scivolare il tempo» Mondo Spettacol
Angelo Iannelli vive a Roma da quando è piccolo. Cantautore, scrittore, attore, nonché autore teatrale e cinematografico è una figura poliedrica nel mondo artistico contemporaneo. 
Autore del testo dello spettacolo teatrale “Dalla notte del mito all’Eneide, nei luoghi e nei tempi di Virgilio”, interpretato insieme a Michele Placido e Alessandro Haber, ha recitato in numerose serie tv, tra cui “Squadra antimafia”, “R.I.S.”, “L’onore e il rispetto”, “Che Dio ci aiuti” e “Il clandestino” (2024).
Ha pubblicato il romanzo “Bar Binario” (Aracne editrice, 2016), il saggio scientifico “L’Io diviso. Dai medici-filosofi alla letteratura, al teatro e al cinema del Novecento” (Aracne, 2013) – presente nel catalogo di alcune tra le più prestigiose Università e biblioteche internazionali (Sorbonne Université, Harvard, Princeton, Library of Congress, New York University) – e il saggio “Il Metodo V.D.A.M. Una pedagogia attorica” (2023).
È autore del documentario “Intervista a Carlo Merlo, il maestro delle Star” – in cui sono approfonditi i più importanti metodi contemporanei di recitazione – e di diversi cortometraggi indipendenti di cui ha curato la sceneggiatura e la regia.
Nel 2016 è uscito il suo primo album musicale, “Il cannocchiale”, seguito da numerosi singoli tra i quali “Il bambino di Aleppo”, “Comico dell’arte”, “GPB”, “Poema vocale”, “Malbene”, “Così scappi da te” e “Come a Hollywood” (2023). 
Ha collaborato, tra gli altri, con l’illustratore, animatore e regista Michele Bernardi (Colapesce, Vasco Brondi/Le luci della centrale elettrica, Tre allegri ragazzi morti), che ha realizzato il videoclip de “Il bambino di Aleppo”, con Alessandro Canini (Venditti, De Gregori), con Riccardo Corso (Cristicchi) e con i Fratelli Cosentino (Ariete, Franco 126).
Dei brani di Iannelli hanno parlato, mediante recensioni, interviste, live in diretta e brani in rotazione: RAI Isoradio, RAI Sport radio, Tgcom24, Mediaset Infinity, Radio Lattemiele, Il giornale, La Repubblica, Il messaggero, Leggo, TGR Lazio e diverse altre testate.
Attualmente insegna Lettere in una scuola superiore di Roma ed è Docente di discipline cinematografiche nell’ambito del “Piano Nazionale Cinema”.
Il 10 maggio 2024 esce in radio “Elettronica”, singolo estratto dal suo nuovo album “Vicini Margini”, pubblicato il 24 maggio dello stesso anno per Matilde Dischi / Artist First. Il 20 settembre 2024 esce in radio “DAG”, secondo singolo estratto dal disco.
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monadenomade · 4 months ago
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Il cannocchiale
[...]
Eppure guardalo, com'è grande, questo mare. Sembra infinito, sembra un cielo in versione liquida, solo senza le stelle e senza la luna, ma in compenso il cielo non lo puoi toccare, e il mare sì, e questo in qualche modo te lo rende più vicino, un infinito a portata di mano, mi segui? Forse Dio ci ha messo il mare sulla Terra per darci un'idea di cos'è l'infinito, perché una cosa finché non la tocchi non sai benissimo cos'è. È come con i bambini, finché non si bruciano non sanno cos'è il fuoco, e finché non si innamorano non sanno cosa sono i sentimenti. Però il fuoco ci scalda le case e l'amore il cuore, ma l'infinito? L'infinito a cosa ci serve, se non a farci sentire ancora più piccoli e miserabili di quello che già siamo?
“Ehi!”
Mi girai: nonostante la distanza e la foschia che lo accerchiava, era impossibile non riconoscere Lou Wilson. Mi fermai per aspettarlo; in pochi istanti mi raggiunse e continuammo a camminare insieme. Aveva le gambe lunghe, Lou. Come al solito, era seguito da un piccolo branco di randagi che lui andava raccattando ovunque; con una mano si trascinava dietro una bicicletta, nell'altra teneva una sigaretta accesa.
[...]
Ne avevamo passate di tutti i colori, con Lou. Insieme abbiamo attraversato tutte le tappe più strane e sconvolgenti che la natura ci obbliga ad attraversare, insieme avevamo osservato i nostri corpi crescere e mutare, avevamo vissuto uno i cambiamenti dell'altro, insieme avevamo imparato a convivere con queste trasformazioni, insieme avevamo superato anche i momenti più imbarazzanti dei quali non si può assolutamente parlare con nessuno. Con lui mi sentivo libero di parlare di cose delle quali avevo difficoltà a parlare persino con me stesso, con lui i miei pensieri fluivano lisci e non ostacolati da niente. Eravamo come fratelli, io e Lou.
Ci fu un periodo, durante la nostra pubertà, che ogni estate la signora Yolanda prendeva la piccola barchetta del marito, remava fino a diventare un piccolo puntino al largo della costa, si spogliava fino a rimanere solo in mutandine e si sdraiava sul fondo della barca a prendere il sole. Era una di quelle cose che tutti sapevano in paese, ma della quale nessuno parlava. Un giorno, Lou venne da me con un cannocchiale che aveva recuperato chissà dove, e mi disse Vieni con me. Salimmo sul tetto della Conchiglia – da lì si riusciva a vedere fin anche casa mia – lui accostò il cannocchiale all'occhio, ridacchiò per un po', dopo di che lo passò a me. Non si vedeva granché, i bordi della barca nascondevano ai nostri occhi ciò che stavamo cercando di spiare, ma sapevamo entrambi che non appena la signora Yolanda si sarebbe alzata per rivestirsi, avremmo goduto di uno spettacolo mai visto prima. Rimanevamo lì appollaiati sotto il sole ore intere, passandoci il cannocchiale a vicenda e attendendo pazientemente come un cacciatore che attende la propria preda. Poi, finalmente, o uno o l'altro scattava in piedi, esclamando Oh! Oh!, ridendo come un matto, e allora l'altro non poteva far altro che saltare su anche lui e gridare Fammi vedere! Eddai, fammi vedere!, e se era abbastanza fortunato riusciva a strappare dalle mani del fortunato il prezioso strumento e rubare un'ultima occhiata furtiva al corpo mezzo nudo della signora Yolanda prima ch'essa si avvolgesse nella sua veste di cotone.
Fu un rituale che andò avanti per diversi anni; persino quando iniziammo ad avere le prime storielle con le ragazze, persino quando non c'era più bisogno di spiare la povera signora Yolanda per riuscire a vedere un paio di gambe femminili, o la curva del seno, o una natica mezza scoperta dalla mutandina leggermente spostata, persino allora continuammo a salire per almeno un paio d'ore durante i pomeriggi estivi sul tetto della Conchiglia per dare una sbirciatina nel cannocchiale. Forse ci emozionava la sensazione di proibito, forse era un pretesto per avere un piccolo segreto che fosse solo nostro, forse ci eravamo semplicemente abituati; comunque sia, per anni nessuno dei due accennò a voler smettere. Poi, un anno, tutto finì così improvvisamente come era iniziato: era il primo pomeriggio veramente caldo di maggio, abbastanza caldo da far aprire i primi ombrelloni sulla spiaggia e far entrare i primi temerari nelle acque ancora fredde dall'inverno appena passato. Incrociammo la signora Yolanda per strada, e sentimmo per caso uno stralcio di discorso tra lei e la signora O'Brein: quest'ultima stava cercando di dissuaderla dal fare qualcosa, dicendo che non era il caso, che doveva pensarci bene, avrebbe potuto avere un malessere, non si sa mai, meglio aspettare ancora un po'. La signora Yolanda, che ultimamente si faceva vedere raramente in giro, e quando lo faceva aveva sempre un fazzoletto verde con dei fiori fucsia in testa, sembrava molto sicura di se stessa, nonostante il pallore malaticcio e una inusuale magrezza, e in tutta risposta girò la testa dall'altra parte e disse È da così tanto tempo che non vedo un po' di sole. Io e Lou ci guardammo, ci capimmo all'istante, sorridemmo, e subito corremmo a casa sua a prendere il cannocchiale. Dopo neanche un quarto d'ora, eravamo già appostati sul solito tetto della Conchiglia, ed effettivamente poco dopo scorgemmo la signora Yolanda che si faceva aiutare da un ragazzo a trascinare la barchetta in acqua. Il primo a spiare nel cannocchiale fu Lou; ma quando la barchetta si allontanò abbastanza e si fermò e la signora Yolanda si tolse la veste di cotone, vidi l’espressione del mio amico diventare di pietra. Abbassò il cannocchiale, rosso in faccia, e, senza dare ulteriori spiegazioni, mormorò Forse è meglio se non lo facciamo più.
Da quel giorno il cannocchiale rimase nascosto in uno scatolone uguale a dozzine di altri scatoloni nella cantina di casa Wilson.
[...]
(Da "Rinascere ancora", in via di scrittura)
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