#cannocchiale
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Se non fosse palesemente ammuffita questa collana sull'astronomia del 1984 me la terrei volentieri e invece appena la finirò di consultare proverò a venderla al mercatino... Intanto mi faccio una cultura e prendo appunti 🪐
#pensieri per la testa#persa tra i miei pensieri#fotografia#foto#pianeti#astronomia#astrologia#spazio#libro antico#stelle#appunti#cultura#galassie#costellazioni#comete#antichità#strumentazioni#galileo galilei#telescopio#cannocchiale#pendolo#tempo siderale#tempo#sfera armillare#orologio solare#orologio#tempo solare#meridiana#astrolabio#sole
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Moon..
Foto normale
Foto con cannocchiale
Super Luna blu 🌘
Bellissima anche stasera
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Serratura del portone principale della Villa del Priorato dei Cavalieri di Malta, situata nella Piazza dei Cavalieri di Malta, sul Colle Aventino, Roma, Italia.
La sua particolarità è legata alla possibilità di guardare il Cupolone della Basilica di San Pietro, attraverso una galleria di alberi e di siepi che danno la sensazione di osservare il panorama come se si stesse usando un cannocchiale.
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Che adesso, a pensarci, non era più possibile vivere in attesa di vivere. Che la notte non sogno più le folli scalate al settimo piano, la sconfitta immancabile scandita dall’urlo delle sirene. Che la poesia è un gioco sottile dell’intelligenza, non dolore rappreso in sparsi suoni o testamento a futura memoria. Che l’orizzonte, ho scoperto, è lontano soltanto se lo guardi nel rovescio del cannocchiale. Che le porte non hanno serrature. Che ogni serratura ha la sua chiave.
Francesco Paolo Memmo
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una domanda stupida, una delle tante che resterà probabilmente senza risposta: su tumblr come su altri social girano numerose immagini di belle ragazze, belle da mozzare il fiato, che chissà quale divinità le ha baciate per farle questo prezioso regalo. E sono la gran parte foto di ragazze sorridenti, che lasciano intendere che mordono la vita, che tutto le è dovuto e che forse lo ottengono pure.
Ordunque, quante di queste ragazze sono felici? quante di queste ragazze riescono a mantenere questo stato di grazia? e la vita, almeno per la bellezza, sarà sempre così benevole con loro? piangono? sono tristi? hanno momenti di debolezza? o anche loro possono sentirsi sconfitte, non arrivate?
Rispetto a noi normali, bruttini direi, di quelli che una volta si diceva "com'è? simpatico" per non dire uno scorfano, quante marce hanno in più? potranno mai innamorarsi/interessarsi a un essere di "un altro pianeta"? avranno occhi anche per la normalità? riusciranno a sentirsi tristi e piegati come lo possiamo essere noi nella quotidianità della vita?
A volte sembra tutto un universo fatto di costellazioni diverse e con regole attrattive e gravitazionali diverse e distanti. Non ci resta che armarsi di un buon cannocchiale per osservare astri così distanti
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Che strano, pensaci un po', mio padre studiava le vite vicinissime col microscopio, mio nonno cercava quelle lontanissime col cannocchiale, entrambi con le lenti. Ma la vita si scopre a occhio nudo, né troppo lontana né troppo vicina, ad altezza d'uomo
Antonio Tabucchi
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"Mi chiedo cosa serva davvero per fronteggiare una nuova sfida, Lloyd"
"Affrontarla da esploratore e non da scalatore, sir"
"Cioè?"
"Per gli scalatori ci sono cime e vette, sir"
"E per gli esploratori?"
"Curiosità ed esperienze, sir"
"Cannocchiale, zaino e poche certezze sulle spalle, Lloyd"
"Saggio equipaggiamento, sir"
🦖
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Mi ricordo Vergarolla o, alla polesana, Vargarola. Quel 18 agosto 1946 lo speaker di Radio-Pola ha letto il giornale radio alle 13 in italiano e alle 13.15 in serbo-croato, ha annunciato le regate, ha citato i campioni dell’anno prima. È tornato a casa in via Flanatica e dopo un quarto d’ora ne è uscito in compagnia di sua moglie, campionessa di nuoto, hanno preso le biciclette e pedalando si sono diretti verso Stoia. Si disputava le coppa dei campioni e loro due non volevano mancare. In quel momento c’è stata l’esplosione.
Zia Gina aveva voluto che nonna le desse il solito pane scuro frammisto di uva passa e un decimo di vino con tanta acqua e un cubetto di ghaccio nel bicchiere. Aveva cosi fermato la comitiva di noi cugine e delle nostre amichette. Se non fossimo arrivate in ritardo a Vergarolla, saremmo state fra le vittime. Invece quando raggiungemmo il portone della «Pietas Iulia» cominciarono a scoppiare le mine. Morti a catafascio. Il mare sputava sangue e fuoco. Non so né come né da dove spuntò fuori tra di noi, riuniti sulla spiaggia di fronte, un cannocchiale. Lo diedero per un attimo anche a me, mentre mio fratello Gianni protestava eccitatissimo perché a lui non volevano darglielo. Ecco, là, nel cono di luce che fruga, vedo zio Riccardo, il ghiaccio delle sue pupille nella faccia bianca simile a un muro di calcina, trascinare un uomo che perde sangue come un bue. Alcuni cadaveri erano distesi sulle rocce, altri galleggiavano in acqua. Feriti a decine. I soccorritori avevano il viso coperto di sudore e di sporco, erano tutti imbrattati di sangue e parevano invasi da un terrore e da un furore antichi. «Come è successo?». Silvano e Mimo, i due gemelli dei Venier, non poterono certamente rispondere. La morte li aveva colti che avevano appena finito di contare le mine. Ottanta ottantuno ottantadue ottantatré ottantaquattro ottantacinque ottanta... La conta si era fermata a ottantasei mine. Smisero di contarle quando sentirono un urlo e molti bagnanti accorsero verso il punto da cui proveniva. Mentre correvano ci fu un’esplosione assordante che scosse la baia e la prima fiammata infernale coronata di fumo nero salì verso il cielo. Poi, esplosioni a catena. Una strage fra i bagnanti. Si salvò chi era in mare, in barca, ma non tutti. Molte barche a vela si capovolsero mostrando le chiglie incrostate di alghe e fuchi di mare, molte scomparvero in un gorgo di acque sporche mentre frammenti carbonizzati galleggiavano in una disordinata vertigine che si andò allargando come ultimo segno di sventura e di disfacimento. Così si compì il destino di sessantacinque polesani, di cui cinquantanove furono identificati, cui va aggiunto un numero imprecisato di feriti gravi e leggeri. All’ospedale civile il chirurgo Geppino Micheletti riconobbe tra le salme i suoi due figli, eppure continuò a prestar soccorso ai feriti tutta la notte, senza mai allontanarsi dal tavolo operatorio.
Anna Maria Mori & Nelida Milani, Bora. Istria, il vento dell’esilio
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Glasstress
Adriano Berengo, Laura Mattioli Rossi, Rosa Barovier Mentasti, Francesca Giubilei, Giacinto Di Pietrantonio, Fausto Petrella, Tina Oldknow, Luca Beatrice
Charta, Milano 2009, 176pages, 149 illustrations in color 21,5x30,5cm, ISBN 9788881587438, English Edition
euro 42,00
email if you want to buy [email protected]
Relegato ad ambiti e utilizzi limitati, il vetro nel corso dei secoli ha dovuto esercitare grandi pressioni e compiere enormi sforzi per liberarsi dai cliché che lo hanno imprigionato in ruoli ben definiti. Il libro è un cannocchiale che mostra fino a dove si sono spinti i confini del vetro con il quale numerosi artisti contemporanei internazionali si sono rapportati e confrontati ottenendo risultati stupefacenti, di grande originalità e innovazione; un Nuovo Mondo, che ha liberato il vetro dalla sua identificazione in simbolo della tradizione. Il libro comprende opere di Louise Bourgeois,Joseph Kosuth e Kiki Smith tra gli altri. Evento collaterale della 53. Biennale di Venezia. Palazzo Franchetti, Venezia, June 5 - November 22, 2009
19/12/23
#Glasstress#art exhibition catalogue#Palazzo Franchetti Venezia 2009#53 Biennale Venezia#arte e vetro#art books#fashionbooksmilano
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"Ma i sentimenti allungano o piuttosto accorciano la vita?” si domandò l'uomo e “sentì” che, per quanto ingiusta fosse, la seconda ipotesi era la più reale se non la più probabile.
Abitarono tre giorni al Lido, in un vecchio albergo che ora non esiste più e che si chiamava: Regina. Le grandi finestre delle immense stanze erano ombreggiate di glicine e di altri rampicanti, campanule parevano colorare le bianche tende ottocentesche e le lenzuola. Lei era nera, con la pelle scottante e si muoveva sulle lenzuola e nei capelli come sulla neve. L’uomo (a cui la febbre era scesa) la guardava: nera sulle lenzuola, oppure nella vasca da bagno, oppure la seguiva con lo sguardo e con il cannocchiale, nuotare lontano nella calma e fidata acqua lagunare tra minuscoli guizzi, ogni tanto. Lei parlava poco e possedeva un’autonomia animale, lenta e armonica, che la poneva in contatto diretto con le cose essenziali ed elementari della vita. Così il suo modo di camminare, di nuotare, di mangiare, di dormire e di amare e così il suo fiato profumato di sangue. Egli si sentiva escluso da questo contatto, perché era un uomo indiretto ma gli piaceva molto vederlo in lei e per questo l’amava. Passarono gli anni, il giovane uomo e la ragazza di nome Maria scomparvero uno dall'altra, insieme al tempo. Ma un altro giorno l’uomo (che era diventato vecchio) si svegliò, come sempre e come tutti i vecchi molto presto, e aprì la finestra: c’era un grande prato d’erba appena falciata nell'ombra, con dei covoni, in fondo al prato un bosco quasi nero con dentro un fagiano, sopra il bosco un cielo limpido e ventoso di settembre, con aria di mare. In mezzo al cielo viola una stella, che scintillava in modo arabo. L’uomo pensò ai giorni qui descritti, soprattutto alla pelle scottante e all'alito profumato di sangue, e nella sua mente di vecchio formulò la parola gioventù.
Goffredo Parise
ph Man Ray
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io bambina 🤝 io ora
volere un cannocchiale* per guardare le stelle
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Etno-sadomasochismo
Per pigrizia intellettuale ci siamo abituati a vedere il rifiuto di ottemperare dalla punta piccola del cannocchiale, vale a dire per un'infrazione al codice della strada, che appunto qui è commessa con l'aggravante. Ma devi allargare la lunghezza focale per avere una visione più completa. Il rifiuto di conformarsi è solo il nome di un rifiuto più generale: quello di sottomettersi al nostro sistema di valori. L'occupante non lo rivolge solo al gendarme, ma alla Francia. [Europa n.d.r] Dietro il rifiuto dell'obbedienza, punta il rifiuto della fedeltà. La Francia non è altro che un oggetto di disprezzo perché sembra un padrone debole e spaventato. Il rapporto che l'occupante intrattiene con essa è di tipo sadomasochistico. Più è umiliata, più vuole di più. Paga anche un prezzo alto come in una relazione BDSM per i colpi che riceve. Si chiama politica cittadina... Potëmkin. Un trompe-l'oeil che ci rovina.
Il lavoro del grande politologo americano Robert Putnam ha dimostrato inconfutabilmente che la diversità razziale mina la fiducia che gli individui ripongono l'uno nell'altro. Maggiore è la diversità all'interno di una società, minore è la fiducia, tanto che è lecito affermare che il livello di fiducia è inversamente proporzionale a quello della diversità razziale. La diversità non solo mina la fiducia tra le comunità, ma la erode all'interno delle comunità stesse. È una macchina per separare gli uomini. Non un'area della vita che non ne risente. Possiamo applicarvi la teoria del trickle-down, ma qui circola amarezza, sfiducia, risentimento.
Il risentimento nasce dal confronto. Sempre. È come un mal di stomaco – il grande Dostoevskij ha detto tutto sull'argomento –, un sentimento inconfessato di nullità sociale gettato sull'altro, una doppia offensiva, che va abolita e spezzata. Niente è più contagioso del risentimento. È un desiderio infelice che obbedisce a processi di eccitazione mimetica, che i social network amplificano a macchia d'olio.
-éléments
pour la civilisation européenne
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Moon 🌒
Stasera è bellissima..
# foto mia # foto con cannocchiale # vena romantica # sere d' estate # caldo
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december 10th - Hogsmeade
«Cannocchiale del diciottesimo secolo» il ministeriale legge di nuovo dalla pergamena, per quanto le folte sopracciglia tremolino un po' adocchiando altri partecipanti come Iris ed Elizabeth «Sono tre galeoni, per quello» che, abbassando il volume di mezzo tono, diventano tuttavia «Due se attira altri compratori» il Ministero perdonerà, basterà rivalutare il prezzo d'acquisto della casa. (...) «Non abbiamo» tempo per «un perito, madamigella. Ma posso dirle per certo che questo è lo stemma di famiglia, da appunti personali della defunta» sulla cui dipartita l'uomo non si intromette, non confermano né smentendo eventuali delitti o suicidi. Singolare, considerando come poco prima non si è risparmiato dall'appellare la defunta in modo assai colorito. «Beh beh beh» è tuttavia il duplice richiamo di Elizabeth ed Iris alla famiglia Featherstone a cavare all'uomo qualche parola, infine «Antica abbastanza, purosangue no di certo» e figuriamoci «Una vena di follia ha abbracciato diversi esponenti, da quel che si dic...il tavolo ottagonale? Subito, signore» il dovere chiama, ecco perché ad Iris è permesso di scattare la sua foto così come a Blythe di osservare meglio gli anelli - qualora voglia provarli - e decidere le sorti di quel cannocchiale che ha puntato sin dall'inizio, dopo i recenti appunti ricevuti.
« Prendo uno di questi due, occhio al colore che se non mi sta bene rivoglio i soldi, eee » andrebbe a riprendere il cannocchiale, sempre che sia ancora lì « questo! » mentre apre la borsetta per ficcarci dentro la mano destra in modo da poter scavare per il borsellino pieno. Questa è follia, altro che quella dei Featherstone.
Una lista interminabile lunga centimetri e centimetri di pergamena su cui finirà anche il nome di Blythe, una volta che la quintina avrà scelto tra una lacrima di rubino contornata da piccoli richiami dorati di simboli celtici o un topazio di forma esagonale al cui interno sembrano muoversi piccolissimi granelli di sabbia scura, in contrasto con l'argento dell'anello. Il cannocchiale, del resto, viene segnato controvoglia dal mago, una volta che l'ultimo desiderio di carpirne i segreti sfuma nella decisione di Blythe.
______________________________________________________________ Possiede un cannocchiale del diciottesimo secolo perfettamente funzionante con i numeri del Quadrato della Luna incisi sull'oculare (...) ed un knot ring dorato con un rubino incastonato che, alla luce del sole, risplende più del dovuto.
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L'esiliato
Le torri si stagliavano contro il sole cocente di metà primavera nella vallata, o almeno, in quella che molti secoli prima era probabilmente considerata una vallata.
L’uomo si chiedeva perché avesse deciso di passare per quella strada, pur sapendo che si sarebbe trovato in quella situazione e che non avrebbe mai potuto trovare riparo dal clima ostile all’interno delle alte torri di sabbia.
Se solo gli amministratori non fossero così pazzi…, pensò l’uomo mentre scrutava le torri con il suo cannocchiale da sotto il tessuto refrigerante a quest’ora sarei al fresco a sorseggiare acqua cristallina senza perdere nemmeno una goccia di sudore.
Osservava quegli enormi colossi di sabbia gialla arancione: erano una decina con pochi metri di vuoto a separarli uno dall'altro, di quando in quando un piccolo ponte coperto collegava i vari edifici disposti a formare un cerchio. Ognuno di essi era costellato da centinaia di piccoli forellini, che dovevano essere le finestre delle varie stanze, e in cima si potevano intravedere i tendaggi delle capanne colorate del mercato coperto. Questa notte sarà un vero spettacolo da osservare, anche perché non ci sarà la luna…, rifletté.
Nonostante il calore, anomalo anche per clima, il vecchio riuscì a farsi passare la giornata, per lo più raccogliendo la poca condensa e controllando le razioni di cibo. Si fece sera e anche se sapeva che l’essere individuato dalle sentinelle potava essere un bel rischio, decise di spostarsi per poter osservare meglio le torri durante la notte.
Trovò un altro riparo dietro una grande roccia incastonata in una duna abbastanza alta da permettergli una buona visuale, fortunatamente la roccia era parzialmente ricoperta da un duro strato di sabbia che gli permise di scavare un poco, creando un rifugio perfetto anche per non essere individuato. Riuscì a ricavare un piccolo foro nello strato di sabbia più spessa che gli permise di vedere fuori, ciò che si trovò ad osservare lo lasciò senza fiato.
Quelle che poche ore prima erano alte torri gialle adesso erano sparite, se non sapevi dove guardare certamente non le avresti viste e saresti facilmente finito addosso alle sentinelle e, di conseguenza, nelle loro celle per gli interrogatori. Il solo pensiero di quel posto gli diede un brivido che lo percorse dalla punta dell’alluce fino a sotto il cuoio capelluto. Dalle piccole finestre usciva la fioca luce delle candele a combustibile riciclato che, viste da quella distanza, le rendeva assolutamente uguali a delle piccole costellazioni.
Non sapeva se lo estasiava di più il fatto che le torri potessero rendersi assolutamente invisibili all’occhio degli sconosciuti, o il modo in cui l’essere umano era riuscito a trovare la maniera di ottenere questo risultato rimanendo sempre fedele al giuramento del rispetto stipulato ere fa. Probabilmente è per questo motivo che gli estranei non sono ben accetti all’interno delle torri, anche i commercianti fanno molta fatica ad ottenere il permesso e comunque non hanno mai accesso alle stanze più interne, pensò.
L’essere umano ha di certo imparato molto negli ultimi secoli, ma certamente la condivisione non è una qualità che siamo predisposti ad accettare, soprattutto se siamo noi quelli con la cosa che gli altri vorrebbero.
L’uomo sospirò : « Non impareremo mai… »
Poi un minuscolo, quasi impercettibile movimento attirò la sua attenzione verso una delle finestrelle.
Aggiustò le impostazioni del suo cannocchiale così da poter vedere meglio e più nel dettaglio, ringraziando sé stesso dell’ottimo acquisto nonostante l’ingente somma di denaro che aveva dovuto spenderci. Notò che ad una delle finestrelle era spuntata una specie di grande davanzale sospeso sul vuoto e assicurato alla parete della torre da spesse corde, su questo strano ripiano era seduto un bambino che lasciava dondolare le gambette quasi come se fosse su un’altalena. Pensare a quanto in alto si trovasse quel bambino lo fece nuovamente rabbrividire, non era una persona che amava le altezze, figuriamoci poi l’essere sospeso ciondolante nel vuoto, assicurato solo da due corde incassate nella sabbia!
Deglutì e continuò ad osservare il piccolo umano.
Sembrava pensieroso, come se avesse un segreto che non voleva svelare a nessuno o che forse sentiva di non poter svelare a nessuno…Guardava il cielo e sospirava: aveva una camicia azzurrina, palesemente troppo grande per la sua età, dei pantaloni gialli come la sabbia delle torri e i piedi scalzi. Mi sembra giusto, pensa se ti cadesse una scarpa da quella altezza: recuperarla sarebbe certamente complicato! rifletté l’uomo.
Qualcosa all’interno della stanza sembrò attirare l’attenzione del bambino, che parve rispondere a una chiamata; quindi, si mise in piedi e saltò nuovamente dentro la finestra per poi ritirare dentro la pedana e chiudere le imposte.
In quel momento il solitario osservatore ripose il cannocchiale.
«Noi, al di fuori delle torri, vogliamo sapere cosa nascondono perché da qui sembra tutto migliore della nostra situazione…non pensiamo mai che, magari, alcuni di quelli che vivono lì dentro vorrebbero uscire fuori e vedere come viviamo noi»
Eh sì, perché se sei nato nelle torri, muori nelle torri. Si possono contare sulle dita di due mani le persone che hanno deciso di abbandonare le torri e stai pur certo che nessuno, alla fine, sia stato completamente felice di averlo. Chi è il pazzo che lascerebbe un luogo sicuro e piacevole, dove non manca nulla, ma proprio nulla, per vivere felicemente? Chi è lo stolto che lascerebbe di sua sponte una fonte certa di cibo e di acqua, un tetto sopra la testa sempre assicurato, insomma una vita agiata per l’ignoto?
«Già, chi sarebbe il pazzo…» sospirò lasciandosi andare al sonno.
Il mattino seguente lo svegliarono i suoni provenienti da una carovana di mercanti in uscita dalle torri e diretta verso la sua postazione. Ne riconobbe i paramenti e decise che avrebbe percorso l’ultima parte del suo viaggio in compagnia di qualche amico, così magari si sarebbe scrollato di dosso quella sensazione di malinconia. Quando la carovana fu abbastanza vicina, l’uomo uscì dal suo nascondiglio e si incamminò verso la parte centrale della fila di carretti a carrozze, diretto verso uno in particolare che gli sembrava familiare.
«Guarda un po’ che topo saltellante spunta dalla sabbia!» esclamò un uomo molto alto e molto robusto.
«Uno che nonostante tutto non riesce ad abbandonare il proprio passato» rispose l’osservatore.
«Non pensavo che ti avrei trovato qui, mi fa piacere Ben»
«Io invece sapevo che in questo periodo dell’anno saresti passato da queste parti Koll; quindi, ho deciso di passare e aspettare di vedere se ti avrei trovato con la carovana»
Si diedero qualche pacca sulla schiena e dopo i classici convenevoli, il mercante di ferro Koll si fece serio e disse:
«Ho visto tuo nipote ieri…e anche tuo figlio…stanno bene»
Ben lo osservò in silenzio per un istante, poi sorrise e rispose:
«Grazie, ho visto il bambino ieri sera era sulla finestra ad osservare il cielo…»
«Tuo figlio dice che ti assomiglia troppo, credo che tu gli manchi Ben»
Ben rise.
«Lo so e loro mancano a me, ma sai le regole delle torri: o sei dentro o non sei mai esistito…e io non potevo fare finte che la madre di mio figlio non fosse mai esistita…Loro se la sanno cavare, posso già essere felice per il fatto che almeno non mi portino troppo risentimento.!»
«Già…» commentò Koll «a proposito, hai novità nella ricerca? Io ho provato a fare qualche domanda nei vari mercati, ma nessuno sa mai dirmi nulla»
«Più o meno, ho seguito la sua pista fino alle pendici della Grande Cresta, ma poi nessuno ha saputo dirmi più nulla. Credo infatti che prossimamente mi addentrerò tra le montagne se non riuscirò a trovare nessuna nuova pista»
Si interruppe improvvisamente sentendosi osservato
«Ma adesso basta parlare del passato Koll! Parlami di te e delle tue avventure da mercante, gli affari vanno bene?» disse Ben a voce piuttosto alta.
Koll lo guardò stranito, ma non si fece troppe domande ed inizio a parlare dell’andamento del mercato del ferro e la sensazione spiacevole di Ben pian piano sparì.
La carovana viaggiava tranquilla addentrandosi sempre di più nel deserto e a poco a poco, anche le immense e magnifiche torri di sabbia, divennero solamente dei ricordi persi nell’orizzonte lontano.
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Carriera di Galileo Galilei 4° parte
1° parte 2° parte 3° parte Iniziano i contrasti con il Collegio Romano e i Gesuiti
A quei tempi nel Collegio Romano e i docenti Gesuiti erano le maggiore autorità scientifiche nel campo della nascente astronomia, a loro Galileo presentò le scoperte. In un primo tempo fu bene accolto a Roma dal Papa Paolo V, dai Cardinali Francesco Maria del Monte e Maffeo Barberini. Il Principe Federico Cesi lo ammise alla Accademia dei Lincei da lui fondata. Lo scienziato volle scrivere al segretario del Granduca Belisario Vinta della benevola accoglienza ricevuta alla corte papalina dai Gesuiti, delle loro continue informazioni sui nuovi satelliti di Giove dedicati ai Medici e considerando giuste le loro osservazioni. Nell’aprile del 1611, il Cardinale Roberto Bellarmino, chiese ai matematici vaticani di farli un resoconto sulle scoperte fatte da “un valente matematico per mezzo di uno strumento chiamato cannone ovvero cannocchiale e alla Congregazione del Santo Uffizio di informarsi se nella città di Padova, ci fosse aperto qualche provvedimento a carico dello scienziato. La Curia Romana iniziava a intravedere quali conseguenze avrebbe avuto quelle scoperte sui principi della Teologia allora conosciuta e considerata indiscutibile.
Nel 1612 Galileo scrisse “Discorso intorno alle cose che stanno sull’acqua, o che in quella si muovono”, descrivendo la teoria di Archimede che dimostrava contrariamente a quanto sosteneva Aristotele: “I corpi galleggiano o affondano nell’acqua per il loro peso specifico e non per la loro forma”. A questo scritto rispose polemicamente l’aristotelico fiorentino Lodovico delle Colombe con: “Discorso apologetico intorno al Discorso di Galileo Galilei”, spiegando che la nuova Stella apparsa nel 1604 nel segno del Sagittario “Non era né Cometa, né Stella generata, o creata di nuovo, né apparente, ma una di quelle che furono in cielo nel principio e ciò essere conforme alla vera Filosofia, Teologia e Astronomiche demostrazioni”. Nel mese di ottobre seguente, lo scienziato pisano, a palazzo Pitti, davanti al Granduca Ferdinando II, Cristina di Lorena sua moglie e il Cardinale Maffeo Barberini suo grande estimatore, con una pubblica dimostrazione sperimentale confutò quanto asserito dal delle Colombe.
Le sue osservazioni sulle macchie solari quando era ancora a Padova, furono in seguito pubblicate a cura dell’Accademia dei Lincei con il titolo “L’istoria e dimostrazione intorno alle macchie solari e i loro accidenti”. Questa era una risposta per i dubbi sollevati dal Gesuita tedesco Christofh Scheiner, il quale asseriva che le macchie solari altre non erano sciami di astri rotanti intorno al sole. Galileo invece le considerava materia fluida della superficie solare. Osservando le macchie solari Galileo scoprì la rotazione dell’astro solare e si rivolgesse “In se stesso in un mese lunare come gli altri astri”. L’asserzione della rotazione del sole e degli altri pianeti era molto importante. Inoltre scoprendo le fasi dei pianeti Venere e Mercurio, dimostrò l’incompatibilità del sistema geocentrico di Tolomeo, ma verosimilmente il sistema eliocentrico copernicano dell’astronomo danese Tycho Brahe. Nel Gennaio del 1611 scrisse all’Arcivescovo Giuliano de Medici, affermando che “Venere e Mercurio si volgono intorno al sole e tutti gli altri pianeti, cosa creduta da tutti i pitagorici, Copernico, Keplero e me, ma non sensatamente provata come era in Venere e Mercurio”. Negli anni seguenti lo scienziato difese il modello eliocentrico spiegando quello che aveva visto con il suo cannocchiale. Scrisse quattro “lettere copernicane” dirette al padre Benedetto Castelli matematico e fisico, due al Monsignor Pietro Dini membro dell’Accademia della Crusca e due alla Granduchessa madre Cristina di Lorena. Fine 4° parte
Alberto Chiarugi Read the full article
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