#bisanzio
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fashionbooksmilano · 11 months ago
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Sandro Sanna
Opere 1990-2000
Testi di Maurizio Calvesi, Augusta Monferini
Mazzotta, Milano 2000, 72 pagine, 21x24cm, ISBN 88-202-1415-6, Testo Italiano e Inglese
euro 20,00
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Mostra Vibo Valentia Palazzo De Riso Gagliardi luglio/agosto 2000
Nel 2000 una grande mostra curata da Maurizio Calvesi e Augusta Monferini, propone opere del decennio 1990-2000 nelle sale del Palazzo De Riso Gagliardi di Vibo Valentia. Questa retrospettiva mette in luce alcuni passaggi fondamentali del lavoro dell’artista: in particolare la serie dei Luce Formante, Miniera del Sole, Rock Nero Sabbia, Pietre, Bisanzio, Geodi, Maglie e Derive e Lo Specchio dei Pianeti,  che esposti contestualmente e nel medesimo luogo rendono evidente l’evoluzione della poetica incentrata sull’allusione alla tridimensionalità, sullo spaesamento percettivo e sulla “riduzione” della materia, che per sua propria peculiarità cromatica o riflettente sostituisce il colore. 
03/02/24
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popolodipekino · 2 years ago
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Leonte di Bisanzio
nel manuale di greco le versioni sono precedute da una frasetta introduttiva in italiano, che presenta l'argomento e tipicamente contiene suggerimenti per la traduzione dei punti più ostici
questa versione cominciava così (e perciò l'ho dovuta tradurre immediatamente: ἔδει, opus erat)
Una battuta del retore Leonte di Bisanzio mette di buonumore la rissosa assemblea ateniese. (traduzione:) Leonte si recò in ambasciata dagli Ateniesi, mentre la città era in subbuglio già da lungo tempo, governata come di consueto; presentandosi davanti all'assemblea suscitò l'ilarità generale per il proprio aspetto, poiché era grasso e aveva un gran pancione; per nulla turbato dalle risa, disse: "Ma perché ridete, Ateniesi? forse perché son così grosso e grasso? Mia moglie è ancor più grassa di me, eppure, finché si va d'amore e d'accordo, il letto ci contiene entrambi, però se abbiamo litigato non basta nemmeno tutta la casa." E il popolo ateniese si rappacifica grazie alla scaltra battuta di Leonte. (da Flavio Filostrato, ii-iii sec. d.C., Vite dei filosofi)
s.p.q.g. (sono pazzi questi greci)
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valentina-lauricella · 1 year ago
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Sopra un sepolcro aperto da un aratore
Perché cadaver nudo inonorato
Giaccio sul suolo erboso,
Non creder che mancato
Abbia mio corpo de l'estremo onore.
I' fui sepolto un dì, ma con l'aratro
Il rozzo agricoltore
Mentre il terren fendea , la tomba aperse,
Profanò l'ossa, il cenere disperse.
Ahi non è dunque vero
Che danno o pianto oltre 'l morir non dura,
Ed a mia trista salma, o passeggero,
Nè pur la tomba è l'ultima sventura.
(Epigramma di Antifilo Bizantino, traduzione di G. Leopardi)
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rwpohl · 9 months ago
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teodora, imperatrice di bisanzio, riccardo freda 1954
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perfettamentechic · 9 months ago
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15 aprile … ricordiamo …
15 aprile … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2023: Mario Fratti, drammaturgo italiano. La sua produzione conta oltre 100 opere, tradotte in 20 lingue e rappresentate in 600 teatri di tutto il mondo. Dopo la laurea in Lingue e Letterature Straniere conseguita all’Università Ca’ Foscari a Venezia, Fratti avviò alla fine degli anni cinquanta una ricca produzione drammatica. È del 1959 il suo primo dramma Il nastro, vincitore del premio RAI.…
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hotelbooking · 1 year ago
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Hotel Bisanzio The range of services provided by The hotel's on-site laundromat and laundry service help you keep your favorite travel outfits clean so you can pack less. In-room conveniences include room service and daily housekeeping, so you can relax and enjoy your stay. The hotel is entirely non-smoking, ensuring a clean air environment. Guestrooms at Knowing that bathroom amenities play an important role in increasing guests' satisfaction, the hotel provides a hair dryer, toiletries and towels in some select rooms. Start your vacation days in the best possible way. Begin every morning of your stay with an in-house breakfast. Never let hunger affect your travel plans! Restaurants on-site provide convenient and tasty dining options. Have fun at night with your travel companions right at the hotel's bar. This hotel scores higher than 98% of the city's accommodations on value for money Room comfort is said to be outstanding here, scoring higher than 99% of accommodations in...
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alephsblog · 19 days ago
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Ecco quindi che si può uscire dal circolo vizioso tracciato dal Paradosso di Popper: l’intolleranza verso gli intolleranti non ci rende eguali a loro, anzi, è proprio per mantenere questa differenza che occorre liberarsi a volte degli idealismi astratti per fare un bagno nel buon senso, scegliendo anche di sporcarsi le mani pur di preservare il nostro sistema di valori: che non sarà il meglio concepibile come disse Churchill, ma che di certo è quanto di meglio finora concepito.
Per questo occorre passare dalla Democrazia resiliente alla Democrazia combattente: perché si può combattere per dei dogmi ma non si può combattere con i dogmi a meno di non volere fare la fine dei teologi di Bisanzio, ostinati a discettare del sesso degli angeli con i turchi accampati alle mura della città.
In questa fase storica siamo davanti ad una scelta: quella tra la Democrazia, che è una forma imperfetta di libertà ed il totalitarismo che è una forma perfetta di oppressione.
Non dovrebbe essere una scelta difficile, a rigor di buon senso, ma occorre accettare di sospendere gli idealismi del tempo di pace per il realismo del tempo di guerra.
La Democrazia è un bene prezioso. Talmente prezioso che a volte tocca difenderla anche da sé stessa.
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gatutor · 10 months ago
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Henri Guisol-Irene Papas "Teodora, emperatriz de Bizancio" (Teodora, imperatrice di Bisanzio) 1954, de Riccardo Freda.
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mishimamiravenecia · 8 months ago
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Nicopeia Icon of San Mark's in Venice
Icono Nicopeia de San Marcos de Venecia
Icona Nicopea di San Marco a Venezia
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The icon before the robbery. Missing are strands of pearls that hung from the round hooks on either side under the initials. The precious jewellery, later recovered, is currently on display in the Treasury of Saint Mark's.
El icono antes del robo. Faltan los hilos de perlas que colgaban de los ganchos redondos a ambos lados bajo las iniciales. Las preciosas joyas, recuperadas posteriormente, se exponen actualmente en el Tesoro de San Marcos.
L'icona prima del furto. Mancano i fili di perle che pendevano dai ganci rotondi ai lati sotto le iniziali. I preziosi gioielli, poi recuperati, sono attualmente esposti nel Tesoro di San Marco.
(English / Español / italiano)
 It was probably created in the early 12th century, specifically to follow the emperor and the army on campaign. Perhaps it was made for John II himself, who spent most of his reign in the field, fighting the empire's many enemies.  This icon traveled with John II and his family throughout his military campaigns. When John returned to Constantinople for a parade celebrating a military victory he gave up his gold, silver and ivory chariot and had the icon placed in a kiot (decorated theca for preserving and displaying icons) that stood in his place. The victory john was celebrating was the recapture from the  Muslim Turks of the ancestral castle of the Komnenian family, Kastamon.  John believed the Virgin was personally responsible for this important victory. 
The icon was taken by bloodied Crusader soldiers in 1204 in hand-to-hand combat with the defenders of the city at the Pantepotes Monastery which was and the last stand of the Byzantines.Taken as spoils of war by the Venetians, the old and blind Doge Dandolo, who died in Constantinople in 1205, would immediately send the icon to Venice as the most important trophy of the destruction of Constantinople. Era il simbolo di come gli equilibri di potere si fossero appena spostati da Bisanzio sul Corno d'Oro alle lagune di Venezia, Dio aveva ora trasferito la Sua benedizione da Costantinopoli a Venezia con la forza delle armi.
In February 1438 a large delegation from Constantinople arrived in Venice headed for for a great church council negotiating the union of the churches that was held in Italy.  The ancient Patriarch Joseph II along with a group of clerics and nobles visited Saint Mark's and saw the treasures that had been looted in 1204. Here is an account of the visit:
... We also looked at the divine icons from what is called the holy templon... These objects were brought here according to the law of booty right after the conquest of our city by the Latins, and were reunited in the form of a very large icon on top of the principal altar of the main choir... Among the people who contemplate this icon of icons, those who own it feel pride, pleasure, and delectation, while those from whom it was taken — if they happen to be present, as in our case—see it as an object of sadness, sorrow, and dejection. We were told that these icons came from the templon of the most holy Great Church. However, we knew for sure, through the inscriptions and the images of the Komnenoi, that they came from the Pantokrator Monastery.
***
Probablemente se creó a principios del siglo XII específicamente para seguir al emperador oriental y a su ejército en las campañas bélicas. Tal vez se hizo para el propio Juan II Comneno, que pasó gran parte de su reinado en el campo de batalla, luchando contra los numerosos enemigos del imperio; este icono viajó con Juan II y su familia durante sus campañas militares. Cuando Juan regresó a Constantinopla para un desfile en celebración de una victoria militar, renunció a su carro de oro, plata y marfil e hizo colocar el icono en un kiot (teca decorad para conservar y exponer iconos) que había en su lugar. La victoria que Juan celebraba era la reconquista del castillo ancestral de la familia Comnena, Kastamon, a los turcos musulmanes. Juan creía que la Virgen era personalmente responsable de esta importante victoria.
En la Cuarta Cruzada, en 1204, el icono fue tomado por los soldados cruzados tras un combate cuerpo a cuerpo con los defensores de la ciudad de Constantinopla, cerca del monasterio de Pantepotes, que constituía la última resistencia de los bizantinos. Tomado como botín de guerra por los venecianos, el anciano y ciego dux Dandolo, que murió en Constantinopla en 1205, enviaría inmediatamente el icono a Venecia como el trofeo más importante de la destrucción de Constantinopla. Era un símbolo de cómo el equilibrio de poder acababa de pasar de Bizancio en el Cuerno de Oro a las lagunas de Venecia, Dios había transferido ahora su bendición de Constantinopla a Venecia por la fuerza de las armas.
En febrero de 1438, una gran delegación de Constantinopla llegó a Venecia de camino a un gran concilio eclesiástico celebrado en Italia para negociar la unión de las iglesias. El antiguo Patriarca de la Iglesia bizantina José II, junto con un grupo de clérigos y nobles, visitó San Marcos y vio los tesoros que habían sido saqueados en 1204. He aquí un relato de la visita:
....  También hemos contemplado los iconos divinos de lo que se llama el sagrado templon...Estos objetos fueron traídos aquí según la ley del botín inmediatamente después de la conquista de nuestra ciudad por los latinos, y fueron reunidos en forma de un icono muy grande en lo alto del altar mayor del coro principal.... Entre las personas que contemplan este icono de iconos, los que lo poseen sienten orgullo, placer y deleite, mientras que los que se lo han llevado -si están presentes, como en nuestro caso- lo ven como objeto de tristeza, pena y abatimiento. Nos dijeron que estos iconos procedían del templón de la Santísima Gran Iglesia. Pero nosotros sabíamos, por las inscripciones y las imágenes de los comnenes, que procedían del monasterio del Pantocrátor.
***
 Probabilmente fu creata all'inizio del XII secolo appositamente per seguire l'imperatore d'Oriente e l'esercito in campagna bellica. Forse è stato realizzato per lo stesso Giovanni II Comneno, che trascorse gran parte del suo regno sul campo, combattendo i numerosi nemici dell'impero; questa icona viaggiò con Giovanni II e la sua famiglia durante le sue campagne militari. Quando Giovanni tornò a Costantinopoli per una parata che celebrava una vittoria militare, rinunciò al suo carro d'oro, argento e avorio e fece collocare l'icona in un kiot (teca decorata per conservare ed esporre icone) che stava al suo posto. La vittoria che Giovanni celebrava era la riconquista del castello ancestrale della famiglia Comnena, Kastamon, da parte dei turchi musulmani. Giovanni credeva che la Vergine fosse personalmente responsabile di questa importante vittoria.
Nella quarta crociata, nel 1204, l'icona fu presa dai soldati crociati dopo un combattimento corpo a corpo con i difensori della città di Costantinopoli, presso il Monastero di Pantepotes che fu l'ultima resistenza dei Bizantini. Presa come bottino di guerra dai veneziani,   il doge Dandolo, vecchio e cieco, che morì a Costantinopoli nel 1205, avrebbe subito spedito l'icona a Venezia come il trofeo più importante della distruzione di Costantinopoli. Era il simbolo di come gli equilibri di potere si fossero appena spostati da Bisanzio sul Corno d'Oro alle lagune di Venezia, Dio aveva ora trasferito la Sua benedizione da Costantinopoli a Venezia con la forza delle armi.
Nel febbraio 1438 una numerosa delegazione da Costantinopoli arrivò a Venezia diretta a un grande concilio ecclesiastico che si tenne in Italia per negoziare l'unione delle chiese. L'antico Patriarca della Chiesa Bizantina Giuseppe II, insieme ad un gruppo di chierici e nobili, visitò San Marco e vide i tesori che erano stati saccheggiati nel 1204. Ecco un resoconto della visita:
....  Abbiamo anche guardato le icone divine da quello che viene chiamato il sacro templon...Questi oggetti furono portati qui secondo la legge del bottino subito dopo la conquista della nostra città da parte dei Latini, e furono riuniti sotto forma di una grandissima icona in cima all'altare maggiore del coro principale.... Tra le persone che contemplano questa icona delle icone, chi la possiede prova orgoglio, piacere e diletto, mentre a chi l'ha prelevata – se è presente, come nel nostro caso – la vede come un oggetto di tristezza, tristezza e sconforto. Ci è stato detto che queste icone provenivano dal templon della santissima Grande Chiesa. Ma dalle iscrizioni e dalle immagini dei Comneni sapevamo con certezza che provenivano dal monastero del Pantocratore.
Source text extracted from: pallasweb.com
photos: pallasweb.com
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occhietti · 2 years ago
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Pioviggina un po’
ma non abbastanza perché si possa proprio chiamarla pioggia e noi lentamente ci bagniamo
ma non abbastanza perché valga proprio la pena di parlarne e un po’ ci innamoriamo
ma non abbastanza perché si possa proprio chiamarlo amore.
- Henrik Nordbrandt - Il nostro amore è come Bisanzio
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crazy-so-na-sega · 10 months ago
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la scrittura
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La prima attestazione di scrittura in lingua greca risale all'epoca micenea (XV secolo a.C): nel 1900 l'archeologo Arthur Evans scoprì nel cosiddetto palazzo di Minosse a Cnosso, sull'isola di Creta, un gran numero di tavolette di argilla incise con una scrittura della lineare-B, per distinguerla da un'altra scrittura sillabica rinvenuta sempre a Creta e detta lineare-A. Altre tavolette simili vennero poi alla luce nei palazzi micenei del Peloponneso (Pilo, Micene) e nella Grecia continentale (a Tebe e a Eleusi).
Mentre la lineare A resta ancora un mistero irrisolto, nel 1953 il linguista John Chadwick e l'architetto esperto di codici criptati Michael Ventris decifrarono la lineare B: si tratterebbe della scrittura dei conquistatori achei di lingua greca subentrati alla civiltà minoica. Le tavolette riportano per lo più elenchi di persone, oggetti, doni e proprietà: erano infatti i registri delle attività amministrative, civili ed economiche dei palazzi micenei. Impastate di argilla seccata al sole, le tavolette si sono salvate per pura casualità in seguito all'incendio dei palazzi durante il crollo della civiltà micenea.
Al termine dell'epoca micenea, la scrittura scomparve a lungo in Grecia, nei cosiddetti secoli bui. Ricomparve con l'introduzione dell'alfabeto fenicio, le cui prime testimonianze risalgono all'VIII secolo a.C. -proprio il secolo in cui si diffondono, ma solo oralmente, i poemi omerici. L'alfabeto fenicio comprendeva 22 segni consonantici e non annotava le vocali: i Greci conservarono le lettere fenicie, trasformarono in vocali quei segni che esprimevano suoni non esistenti in greco e ne aggiunsero altri, dal suono doppio (Φ Σ Χ Ψ). Inoltre, mutarono il senso della scrittura, da sinistra verso destra: i Fenici scrivevano da destra a sinistra. In età arcaica è comunque attestata in greco la scrittura bustrofedica, ovvero un modo di scrivere che alternava regolarmente la sua direzione, una riga da destra, una da sinistra (il termine deriva infatti dal movimento del bue, βοῦς, nell'atto di arare il campo, quando si volta ad ogni solco.
Nel 403/402 a.C. l'editto di Archino impose ad Atene e alle città alleate un alfabeto ufficiale, di tipo ionico. Grazie all'egemonia culturale di Atene l'alfabeto si diffuse in tutto il mondo greco: a partire dal III secolo a.C. l'alfabeto "ateniese" è attestato fino a Cipro, che aveva sempre utilizzato una scrittura sillabica simile alla lineare -A. I Greci trasmisero l'alfabeto anche alle popolazioni con cui entrarono in contatto, primi fra tutti gli Italici delle numerose colonie greche. Anche gli Etruschi elaborarono l'alfabeto greco e lo trasmisero alle popolazioni locali: da qui deriva l'alfabeto latino.
Molti secoli più tardi, nell'850 d.C., l'imperatore di Bisanzio affidò a due fratelli di Salonicco, Cirillo e Metodio, il compito di evangelizzare le popolazioni slave: Cirillo avrebbe trasmesso loro un alfabeto greco che partiva dalla scrittura greca corsiva. In epoca successiva, ispirandosi alla scrittura greca maiuscola, il mondo slavo adottò l'alfabeto ancora oggi in uso, impropriamente attribuito a san Cirillo e perciò detto cirillico.
-A. Marcolongo (La lingua geniale)
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thegianpieromennitipolis · 2 years ago
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO SECONDO - di Gianpiero Menniti 
L'IDENTITÀ È UN INCONTRO
Il variegato stile, le tecniche, l’iconografia, le evidenze culturali che s’incrociano sulla penisola italica non sono espressioni che solo gli esperti possano cogliere, almeno negli aspetti di visione comparata.  No, si tratta di una evidente condizione che investe l’arte e si delinea sulla scia di vicende socio-politiche complesse, divisive, soggette ad influenze geografiche e rotte commerciali.  Esistono molti modi di essere Italia e certamente uno è quello che guarda all’Oriente, a Bisanzio, al mediterraneo ed alla cultura araba.  Si tratta di uno scenario profondamente diverso da quello austero, dai toni misurati, dall’essenzialità delle forme plastiche, dalla prevalenza del chiaroscuro che si attesta nel romanico nordico e padano (che tuttavia rimane a lungo debitore del linguaggio figurativo bizantino): è il contesto della Sicilia e delle regioni meridionali d’Italia, Calabria e Puglia, a lungo soggette alla dominazione bizantina alla quale, in Sicilia, subentra quella Araba nel IX e X secolo.  Ed è un profluvio di colori quello che anima uno dei luoghi simbolo della Sicilia che si consolida nel regno normanno con l’incoronazione di Ruggero II nel 1130: la Cappella Palatina, la cappella che si trova all’interno dei Palazzo dei Normanni a Palermo, realizzata in soli due anni dall’incoronazione del nuovo sovrano di un nuovo regno e completata nei suoi cicli musivi nel 1143.  Qualcuno l’ha definita un “dorato tappeto splendidamente fiorito di colori”: in effetti, le immagini suggeriscono questa visione, più ricca e piena al punto da apparire espressione di horror vacui, in linea con le tesi dei commentatori arabi di Aristotele i quali, convinti dell’impossibilità del vuoto, ne attestavano la veridicità in base ad una presunta e controversa legge di natura.  Tant’è.  Se ne viene soggiogati per la vividezza delle tonalità, chiare e sensuali, frammiste di blu e di rosso, tra sacro e profano.  L’immagine in questa pagina ne è un esempio lampante, nel quale l’aspetto cromatico si somma alla nitidezza delle linee di contorno e di quelle interne descrittive dell’anatomia e delle vesti delle figure che manifestano il pittoricismo nitido, sapiente e consolidato delle maestranze bizantine chiamate ad eseguire i cicli.  In questo caso si tratta del “ciclo delle Feste”, costituito da dodici scene realizzate sulla parete meridionale del transetto che raccoglie episodi della vita del Cristo, episodi che non si concludono con la Passione di Gesù ma che si arrestano proprio con la scena rappresentata in queste pagine, la scena dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, un ingresso trionfale, festoso ed a suo modo solenne nei gesti, nelle pose delle figure che si pongono al seguito del Cristo.  Questi offre, in groppa ad un asino, l’umiltà e la mansuetudine poste a segno di una fede nobile, così come narrata dal Vangelo di Giovanni: 
“Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto su un puledro d'asina.”
È una scena serena, che non ammonisce ma accoglie, che illumina lo spirito e lo rende anima conciliata con la materia laica, mondana, riconoscibile nella saldatura tra i principi di fede e la maestà dell’istituzione reale normanna chiamata ad essere solida istituzione della cristianità. Cristo è accolto dalla folla osannante al “redentore”, ma sconta la diffidenza dei Farisei: il significato della novella evangelica probabilmente allude, simbolicamente, alle vicende controverse della presa del potere degli Altavilla, la lotta che sostennero per il riconoscimento della loro potestà sulle terre meridionali già bizantine ed arabe.  Una simbologia che corre sottile lungo tutte le scene del ciclo, a partire dalla Natività e Adorazione dei Magi, con un San Giuseppe pensoso e forse incredulo sul significato dell’evento.  Lo stile musivo bizantino, peraltro, pur riconoscibile ed attestato, in questo ciclo si alimenta di suggestioni narrative complesse che superano la tradizionale iconicità espressa nella fissità frontale delle figure, per proiettarle in un mondo reale nel quale, tuttavia, si respira l’atmosfera di un ideale realizzato.  Una cristianità che si compie in terra sotto il mantello protettivo di un regno nato per volontà del cielo, di un regno che può compiere il miracolo della pace e della concordia tra genti di culture e lingue diverse, quanto effettivamente fu, in parte, il regno normanno di Sicilia.
In copertina: Maria Casalanguida, “Bottiglie e cubetto”, 1975, collezione privata 
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rwpohl · 9 months ago
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sarah bernhardt as the empress theodora in victorien sardou's play "theodora", 1884
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les amours de la reine élisabeth, henri desfontaines , louis mercanton 1912
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teodora, imperatrice di bisanzio, riccardo freda 1954
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i vampiri, riccardo freda 1957
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perfettamentechic · 2 years ago
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15 aprile … ricordiamo …
15 aprile … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2022: Liz Sheridan, Elizabeth Ann Sheridan, attrice statunitense. Sebbene sia meglio conosciuta per i suoi ruoli come la madre di Jerry, Helen, in Seinfeld e la vicina ficcanaso, la signora Ochmonek, nella sitcom ALF, la sua carriera decennale è stata ampia e includeva lavori sul palcoscenico e su schermi grandi e piccoli. Sheridan ha iniziato la sua vita professionale come ballerina e cantante…
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chicklit-or-chocolate · 5 months ago
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Sciagurata che sono! Demetra Perché tra il tuo grano immortale Hai nascosto roseo uno stelo Di mezereo velenoso? E tu, Bisanzio, e tu, signore dal falco sul braccio, o Federico, Perché, oh, perché il nemico? Perché a volte anche Apollo Tira le fila, come ai pupazzi Il burattinaio?
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londranotizie24 · 6 months ago
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La donna nelle arti di Bisanzio: cultura al femminile con la British Italian Society
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Di Pietro Nigro La donna nelle arti di Bisanzio è la conferenza di Andrea Mattiello con cui la British Italian Society all'Istituto Italiano di Cultura ha puntato i riflettori sul femminile della cultura medievale in Italia. La donna nelle arti di Bisanzio: cultura al femminile con la British Italian Society Ancora una volta l'Istituto Italiano di Cultura di Londra ha aperto le sue porte per ospitare una serata all'insegna dell'arte.. al femminile. Si tratta dell'evento speciale organizzato dalla British Italian Society: The Charles de Chassiron Lecture 2024, che con lo scorso lunedì ha chiuso la programmazione dell'associazione prima della pausa estiva; tema della serata: la donna nelle arti di Bisanzio. A condurre l'excursus di due ore l’esperto in arte bizantina Andrea Mattiello. Lo storico dell'arte oltre alla sua considerevole attività accademica, ha svolto lavori di ricerca all'estero in diversi paesi tra cui la ex Costantinopoli e la città di Mistra. Si può definire il suo intervento come uno sguardo sulla rappresentazione della donna nell'arte dal 330, anno in cui Costantino il Grande fonda Costantinopoli sulla preesistente Bisanzio, ma concentrandosi in particolare sul Medioevo. Un'analisi quella condotta dal dottor Mattiello, che aldilà della comparazione delle testimonianze di arte figurativa con i reperti (per esempio gioielli, tessuti), abbraccia anche l’aspetto antropologico. Un approccio che, ci spiega, trova riscontro anche nel libro Femina dell'illustre collega, la dottoressa Janina Ramirez. il Medioevo è contestualizzato attraverso le storie delle sue eroine, il che sembra sdoganare il periodo storico dalla definizione di Dark Ages. Parlare delle donne nell’arte bizantina fa inevitabilmente riflettere sul presente: l’oggi è poi così diverso? Esistono ancora realtà (ahimè) in cui come nel passato, il ritratto della donna è una narrazione fatta dagli uomini, dove non ci si muove dal ruolo di comparsa o confinati nel ruolo di madre. Durante l'impero Bizantino come ci illustra il relatore della serata, sono giunti fino i ritratti di donne che hanno avuto un ruolo sociale e politico. E’ il caso dell’imperatrice Teodora, moglie dell’imperatore Giustiniano il quale cambiò la legge per consentire agli aristocratici di sposare donne di ceti sociali inferiori …come lui e la stessa Teodora. A testimonianza del ruolo di prestigio a Ravenna è conservato l’emblematico mosaico bizantino del corteo di Teodora e Giustiniano nella Basilica di San Vitale. Altri esempi eccellenti vengono fatti nel corso della presentazione, ma non include un personaggio che il Dottor Andrea Mattiello ci confida a fine serata essere meritevole di studio e approfondimento. Fa il nome di Cleofe Malatesta che andò in sposa ad uno dei figli dell’imperatore bizantino (Teodoro di Manuele II Paleologo) e visse alla corte di Mistra. Non nego che il mio interesse e curiosità aumentano in modo considerevole quando mi racconta che sono state ritrovate le lettere scritte alla sorella Paola che sposando Gianfrancesco Gonzaga divenne prima Marchesa di Mantova, la mia città. Magari un prossimo incontro della British Italian Society verterà proprio sulla vita di questo personaggio storico, chissà? In caso sarò ovviamente in prima fila. Il prossimo appuntamento con la British Italian Society è per il prossimo 23 settembre e sarà all'insegna della musica. E' in programma il concerto della Monteverdi String Band dal titolo The Madrigal Reimagined. Per i dettagli dell'evento e per restare aggiornati sulle attivita' dell'associazione in invitiamo a consultare il sito British Italian society (british-italian.org). ... Continua a leggere su
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