#bisanzio
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fashionbooksmilano · 9 months ago
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Sandro Sanna
Opere 1990-2000
Testi di Maurizio Calvesi, Augusta Monferini
Mazzotta, Milano 2000, 72 pagine, 21x24cm, ISBN 88-202-1415-6, Testo Italiano e Inglese
euro 20,00
email if you want to buy [email protected]
Mostra Vibo Valentia Palazzo De Riso Gagliardi luglio/agosto 2000
Nel 2000 una grande mostra curata da Maurizio Calvesi e Augusta Monferini, propone opere del decennio 1990-2000 nelle sale del Palazzo De Riso Gagliardi di Vibo Valentia. Questa retrospettiva mette in luce alcuni passaggi fondamentali del lavoro dell’artista: in particolare la serie dei Luce Formante, Miniera del Sole, Rock Nero Sabbia, Pietre, Bisanzio, Geodi, Maglie e Derive e Lo Specchio dei Pianeti,  che esposti contestualmente e nel medesimo luogo rendono evidente l’evoluzione della poetica incentrata sull’allusione alla tridimensionalità, sullo spaesamento percettivo e sulla “riduzione” della materia, che per sua propria peculiarità cromatica o riflettente sostituisce il colore. 
03/02/24
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popolodipekino · 2 years ago
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Leonte di Bisanzio
nel manuale di greco le versioni sono precedute da una frasetta introduttiva in italiano, che presenta l'argomento e tipicamente contiene suggerimenti per la traduzione dei punti più ostici
questa versione cominciava così (e perciò l'ho dovuta tradurre immediatamente: ἔδει, opus erat)
Una battuta del retore Leonte di Bisanzio mette di buonumore la rissosa assemblea ateniese. (traduzione:) Leonte si recò in ambasciata dagli Ateniesi, mentre la città era in subbuglio già da lungo tempo, governata come di consueto; presentandosi davanti all'assemblea suscitò l'ilarità generale per il proprio aspetto, poiché era grasso e aveva un gran pancione; per nulla turbato dalle risa, disse: "Ma perché ridete, Ateniesi? forse perché son così grosso e grasso? Mia moglie è ancor più grassa di me, eppure, finché si va d'amore e d'accordo, il letto ci contiene entrambi, però se abbiamo litigato non basta nemmeno tutta la casa." E il popolo ateniese si rappacifica grazie alla scaltra battuta di Leonte. (da Flavio Filostrato, ii-iii sec. d.C., Vite dei filosofi)
s.p.q.g. (sono pazzi questi greci)
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gabrielesalvaterra · 2 years ago
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Ismaele Nones / Forme ibride
curated by Gabriele Salvaterra
Laives (BZ), lasecondaluna
October 7th - 29th 2022
with exhibition catalogue
Lo spostamento linguistico messo in atto da Ismaele Nones è semplice e sofisticato allo stesso tempo: rappresentare soggetti contemporanei, episodi personali o che suscitano il proprio interesse, nello stile iconico neo-bizantino. Difficilmente è possibile trovare un linguaggio più secco, codificato e convenzionale di questo, per cui sembra inesatto parlare di ibridazioni per figure che si stagliano ieratiche, frontali e schematiche davanti a noi. Tanto più che il lemma da cui attinge Nones è più precisamente quello dello sviluppo contemporaneo di un’arte iconica che nei secoli si è adattata alle esigenze di culto locali.
Eppure l’incontro di mondi così distanti e il loro stridere armoniosamente sullo stesso piano figurativo rende profondamente fluida la situazione estetica che si sta osservando. Ma in fondo questa operazione non tradisce neppure la vera essenza dell’icona, da sempre organismo complesso in bilico tra materialità e spirito, tra immanenza e trascendenza, come dice Elio Franzini, vera “forma ibrida” tra irraggiungibile pittura dell’assoluto e banale insegna dipinta.
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valentina-lauricella · 1 year ago
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Sopra un sepolcro aperto da un aratore
Perché cadaver nudo inonorato
Giaccio sul suolo erboso,
Non creder che mancato
Abbia mio corpo de l'estremo onore.
I' fui sepolto un dì, ma con l'aratro
Il rozzo agricoltore
Mentre il terren fendea , la tomba aperse,
Profanò l'ossa, il cenere disperse.
Ahi non è dunque vero
Che danno o pianto oltre 'l morir non dura,
Ed a mia trista salma, o passeggero,
Nè pur la tomba è l'ultima sventura.
(Epigramma di Antifilo Bizantino, traduzione di G. Leopardi)
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rwpohl · 7 months ago
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teodora, imperatrice di bisanzio, riccardo freda 1954
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perfettamentechic · 7 months ago
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15 aprile … ricordiamo …
15 aprile … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2023: Mario Fratti, drammaturgo italiano. La sua produzione conta oltre 100 opere, tradotte in 20 lingue e rappresentate in 600 teatri di tutto il mondo. Dopo la laurea in Lingue e Letterature Straniere conseguita all’Università Ca’ Foscari a Venezia, Fratti avviò alla fine degli anni cinquanta una ricca produzione drammatica. È del 1959 il suo primo dramma Il nastro, vincitore del premio RAI.…
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hotelbooking · 10 months ago
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Hotel Bisanzio The range of services provided by The hotel's on-site laundromat and laundry service help you keep your favorite travel outfits clean so you can pack less. In-room conveniences include room service and daily housekeeping, so you can relax and enjoy your stay. The hotel is entirely non-smoking, ensuring a clean air environment. Guestrooms at Knowing that bathroom amenities play an important role in increasing guests' satisfaction, the hotel provides a hair dryer, toiletries and towels in some select rooms. Start your vacation days in the best possible way. Begin every morning of your stay with an in-house breakfast. Never let hunger affect your travel plans! Restaurants on-site provide convenient and tasty dining options. Have fun at night with your travel companions right at the hotel's bar. This hotel scores higher than 98% of the city's accommodations on value for money Room comfort is said to be outstanding here, scoring higher than 99% of accommodations in...
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verdemint · 4 months ago
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GIURO CHA UNA FACCIA VECCHIA, che sia un monaco bizantino o uno dei 1000 troppo luiui
TRA L’altro anche cele ha una faccia antica>>>> cose di torino
Pecco looks like one of the guys who would die for the unification of Italy during the resurgence
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gatutor · 8 months ago
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Henri Guisol-Irene Papas "Teodora, emperatriz de Bizancio" (Teodora, imperatrice di Bisanzio) 1954, de Riccardo Freda.
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occhietti · 2 years ago
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Pioviggina un po’
ma non abbastanza perché si possa proprio chiamarla pioggia e noi lentamente ci bagniamo
ma non abbastanza perché valga proprio la pena di parlarne e un po’ ci innamoriamo
ma non abbastanza perché si possa proprio chiamarlo amore.
- Henrik Nordbrandt - Il nostro amore è come Bisanzio
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mishimamiravenecia · 7 months ago
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Nicopeia Icon of San Mark's in Venice
Icono Nicopeia de San Marcos de Venecia
Icona Nicopea di San Marco a Venezia
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The icon before the robbery. Missing are strands of pearls that hung from the round hooks on either side under the initials. The precious jewellery, later recovered, is currently on display in the Treasury of Saint Mark's.
El icono antes del robo. Faltan los hilos de perlas que colgaban de los ganchos redondos a ambos lados bajo las iniciales. Las preciosas joyas, recuperadas posteriormente, se exponen actualmente en el Tesoro de San Marcos.
L'icona prima del furto. Mancano i fili di perle che pendevano dai ganci rotondi ai lati sotto le iniziali. I preziosi gioielli, poi recuperati, sono attualmente esposti nel Tesoro di San Marco.
(English / Español / italiano)
 It was probably created in the early 12th century, specifically to follow the emperor and the army on campaign. Perhaps it was made for John II himself, who spent most of his reign in the field, fighting the empire's many enemies.  This icon traveled with John II and his family throughout his military campaigns. When John returned to Constantinople for a parade celebrating a military victory he gave up his gold, silver and ivory chariot and had the icon placed in a kiot (decorated theca for preserving and displaying icons) that stood in his place. The victory john was celebrating was the recapture from the  Muslim Turks of the ancestral castle of the Komnenian family, Kastamon.  John believed the Virgin was personally responsible for this important victory. 
The icon was taken by bloodied Crusader soldiers in 1204 in hand-to-hand combat with the defenders of the city at the Pantepotes Monastery which was and the last stand of the Byzantines.Taken as spoils of war by the Venetians, the old and blind Doge Dandolo, who died in Constantinople in 1205, would immediately send the icon to Venice as the most important trophy of the destruction of Constantinople. Era il simbolo di come gli equilibri di potere si fossero appena spostati da Bisanzio sul Corno d'Oro alle lagune di Venezia, Dio aveva ora trasferito la Sua benedizione da Costantinopoli a Venezia con la forza delle armi.
In February 1438 a large delegation from Constantinople arrived in Venice headed for for a great church council negotiating the union of the churches that was held in Italy.  The ancient Patriarch Joseph II along with a group of clerics and nobles visited Saint Mark's and saw the treasures that had been looted in 1204. Here is an account of the visit:
... We also looked at the divine icons from what is called the holy templon... These objects were brought here according to the law of booty right after the conquest of our city by the Latins, and were reunited in the form of a very large icon on top of the principal altar of the main choir... Among the people who contemplate this icon of icons, those who own it feel pride, pleasure, and delectation, while those from whom it was taken — if they happen to be present, as in our case—see it as an object of sadness, sorrow, and dejection. We were told that these icons came from the templon of the most holy Great Church. However, we knew for sure, through the inscriptions and the images of the Komnenoi, that they came from the Pantokrator Monastery.
***
Probablemente se creó a principios del siglo XII específicamente para seguir al emperador oriental y a su ejército en las campañas bélicas. Tal vez se hizo para el propio Juan II Comneno, que pasó gran parte de su reinado en el campo de batalla, luchando contra los numerosos enemigos del imperio; este icono viajó con Juan II y su familia durante sus campañas militares. Cuando Juan regresó a Constantinopla para un desfile en celebración de una victoria militar, renunció a su carro de oro, plata y marfil e hizo colocar el icono en un kiot (teca decorad para conservar y exponer iconos) que había en su lugar. La victoria que Juan celebraba era la reconquista del castillo ancestral de la familia Comnena, Kastamon, a los turcos musulmanes. Juan creía que la Virgen era personalmente responsable de esta importante victoria.
En la Cuarta Cruzada, en 1204, el icono fue tomado por los soldados cruzados tras un combate cuerpo a cuerpo con los defensores de la ciudad de Constantinopla, cerca del monasterio de Pantepotes, que constituía la última resistencia de los bizantinos. Tomado como botín de guerra por los venecianos, el anciano y ciego dux Dandolo, que murió en Constantinopla en 1205, enviaría inmediatamente el icono a Venecia como el trofeo más importante de la destrucción de Constantinopla. Era un símbolo de cómo el equilibrio de poder acababa de pasar de Bizancio en el Cuerno de Oro a las lagunas de Venecia, Dios había transferido ahora su bendición de Constantinopla a Venecia por la fuerza de las armas.
En febrero de 1438, una gran delegación de Constantinopla llegó a Venecia de camino a un gran concilio eclesiástico celebrado en Italia para negociar la unión de las iglesias. El antiguo Patriarca de la Iglesia bizantina José II, junto con un grupo de clérigos y nobles, visitó San Marcos y vio los tesoros que habían sido saqueados en 1204. He aquí un relato de la visita:
....  También hemos contemplado los iconos divinos de lo que se llama el sagrado templon...Estos objetos fueron traídos aquí según la ley del botín inmediatamente después de la conquista de nuestra ciudad por los latinos, y fueron reunidos en forma de un icono muy grande en lo alto del altar mayor del coro principal.... Entre las personas que contemplan este icono de iconos, los que lo poseen sienten orgullo, placer y deleite, mientras que los que se lo han llevado -si están presentes, como en nuestro caso- lo ven como objeto de tristeza, pena y abatimiento. Nos dijeron que estos iconos procedían del templón de la Santísima Gran Iglesia. Pero nosotros sabíamos, por las inscripciones y las imágenes de los comnenes, que procedían del monasterio del Pantocrátor.
***
 Probabilmente fu creata all'inizio del XII secolo appositamente per seguire l'imperatore d'Oriente e l'esercito in campagna bellica. Forse è stato realizzato per lo stesso Giovanni II Comneno, che trascorse gran parte del suo regno sul campo, combattendo i numerosi nemici dell'impero; questa icona viaggiò con Giovanni II e la sua famiglia durante le sue campagne militari. Quando Giovanni tornò a Costantinopoli per una parata che celebrava una vittoria militare, rinunciò al suo carro d'oro, argento e avorio e fece collocare l'icona in un kiot (teca decorata per conservare ed esporre icone) che stava al suo posto. La vittoria che Giovanni celebrava era la riconquista del castello ancestrale della famiglia Comnena, Kastamon, da parte dei turchi musulmani. Giovanni credeva che la Vergine fosse personalmente responsabile di questa importante vittoria.
Nella quarta crociata, nel 1204, l'icona fu presa dai soldati crociati dopo un combattimento corpo a corpo con i difensori della città di Costantinopoli, presso il Monastero di Pantepotes che fu l'ultima resistenza dei Bizantini. Presa come bottino di guerra dai veneziani,   il doge Dandolo, vecchio e cieco, che morì a Costantinopoli nel 1205, avrebbe subito spedito l'icona a Venezia come il trofeo più importante della distruzione di Costantinopoli. Era il simbolo di come gli equilibri di potere si fossero appena spostati da Bisanzio sul Corno d'Oro alle lagune di Venezia, Dio aveva ora trasferito la Sua benedizione da Costantinopoli a Venezia con la forza delle armi.
Nel febbraio 1438 una numerosa delegazione da Costantinopoli arrivò a Venezia diretta a un grande concilio ecclesiastico che si tenne in Italia per negoziare l'unione delle chiese. L'antico Patriarca della Chiesa Bizantina Giuseppe II, insieme ad un gruppo di chierici e nobili, visitò San Marco e vide i tesori che erano stati saccheggiati nel 1204. Ecco un resoconto della visita:
....  Abbiamo anche guardato le icone divine da quello che viene chiamato il sacro templon...Questi oggetti furono portati qui secondo la legge del bottino subito dopo la conquista della nostra città da parte dei Latini, e furono riuniti sotto forma di una grandissima icona in cima all'altare maggiore del coro principale.... Tra le persone che contemplano questa icona delle icone, chi la possiede prova orgoglio, piacere e diletto, mentre a chi l'ha prelevata – se è presente, come nel nostro caso – la vede come un oggetto di tristezza, tristezza e sconforto. Ci è stato detto che queste icone provenivano dal templon della santissima Grande Chiesa. Ma dalle iscrizioni e dalle immagini dei Comneni sapevamo con certezza che provenivano dal monastero del Pantocratore.
Source text extracted from: pallasweb.com
photos: pallasweb.com
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crazy-so-na-sega · 8 months ago
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la scrittura
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La prima attestazione di scrittura in lingua greca risale all'epoca micenea (XV secolo a.C): nel 1900 l'archeologo Arthur Evans scoprì nel cosiddetto palazzo di Minosse a Cnosso, sull'isola di Creta, un gran numero di tavolette di argilla incise con una scrittura della lineare-B, per distinguerla da un'altra scrittura sillabica rinvenuta sempre a Creta e detta lineare-A. Altre tavolette simili vennero poi alla luce nei palazzi micenei del Peloponneso (Pilo, Micene) e nella Grecia continentale (a Tebe e a Eleusi).
Mentre la lineare A resta ancora un mistero irrisolto, nel 1953 il linguista John Chadwick e l'architetto esperto di codici criptati Michael Ventris decifrarono la lineare B: si tratterebbe della scrittura dei conquistatori achei di lingua greca subentrati alla civiltà minoica. Le tavolette riportano per lo più elenchi di persone, oggetti, doni e proprietà: erano infatti i registri delle attività amministrative, civili ed economiche dei palazzi micenei. Impastate di argilla seccata al sole, le tavolette si sono salvate per pura casualità in seguito all'incendio dei palazzi durante il crollo della civiltà micenea.
Al termine dell'epoca micenea, la scrittura scomparve a lungo in Grecia, nei cosiddetti secoli bui. Ricomparve con l'introduzione dell'alfabeto fenicio, le cui prime testimonianze risalgono all'VIII secolo a.C. -proprio il secolo in cui si diffondono, ma solo oralmente, i poemi omerici. L'alfabeto fenicio comprendeva 22 segni consonantici e non annotava le vocali: i Greci conservarono le lettere fenicie, trasformarono in vocali quei segni che esprimevano suoni non esistenti in greco e ne aggiunsero altri, dal suono doppio (Φ Σ Χ Ψ). Inoltre, mutarono il senso della scrittura, da sinistra verso destra: i Fenici scrivevano da destra a sinistra. In età arcaica è comunque attestata in greco la scrittura bustrofedica, ovvero un modo di scrivere che alternava regolarmente la sua direzione, una riga da destra, una da sinistra (il termine deriva infatti dal movimento del bue, βοῦς, nell'atto di arare il campo, quando si volta ad ogni solco.
Nel 403/402 a.C. l'editto di Archino impose ad Atene e alle città alleate un alfabeto ufficiale, di tipo ionico. Grazie all'egemonia culturale di Atene l'alfabeto si diffuse in tutto il mondo greco: a partire dal III secolo a.C. l'alfabeto "ateniese" è attestato fino a Cipro, che aveva sempre utilizzato una scrittura sillabica simile alla lineare -A. I Greci trasmisero l'alfabeto anche alle popolazioni con cui entrarono in contatto, primi fra tutti gli Italici delle numerose colonie greche. Anche gli Etruschi elaborarono l'alfabeto greco e lo trasmisero alle popolazioni locali: da qui deriva l'alfabeto latino.
Molti secoli più tardi, nell'850 d.C., l'imperatore di Bisanzio affidò a due fratelli di Salonicco, Cirillo e Metodio, il compito di evangelizzare le popolazioni slave: Cirillo avrebbe trasmesso loro un alfabeto greco che partiva dalla scrittura greca corsiva. In epoca successiva, ispirandosi alla scrittura greca maiuscola, il mondo slavo adottò l'alfabeto ancora oggi in uso, impropriamente attribuito a san Cirillo e perciò detto cirillico.
-A. Marcolongo (La lingua geniale)
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thegianpieromennitipolis · 2 years ago
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO SECONDO - di Gianpiero Menniti 
L'IDENTITÀ È UN INCONTRO
Il variegato stile, le tecniche, l’iconografia, le evidenze culturali che s’incrociano sulla penisola italica non sono espressioni che solo gli esperti possano cogliere, almeno negli aspetti di visione comparata.  No, si tratta di una evidente condizione che investe l’arte e si delinea sulla scia di vicende socio-politiche complesse, divisive, soggette ad influenze geografiche e rotte commerciali.  Esistono molti modi di essere Italia e certamente uno è quello che guarda all’Oriente, a Bisanzio, al mediterraneo ed alla cultura araba.  Si tratta di uno scenario profondamente diverso da quello austero, dai toni misurati, dall’essenzialità delle forme plastiche, dalla prevalenza del chiaroscuro che si attesta nel romanico nordico e padano (che tuttavia rimane a lungo debitore del linguaggio figurativo bizantino): è il contesto della Sicilia e delle regioni meridionali d’Italia, Calabria e Puglia, a lungo soggette alla dominazione bizantina alla quale, in Sicilia, subentra quella Araba nel IX e X secolo.  Ed è un profluvio di colori quello che anima uno dei luoghi simbolo della Sicilia che si consolida nel regno normanno con l’incoronazione di Ruggero II nel 1130: la Cappella Palatina, la cappella che si trova all’interno dei Palazzo dei Normanni a Palermo, realizzata in soli due anni dall’incoronazione del nuovo sovrano di un nuovo regno e completata nei suoi cicli musivi nel 1143.  Qualcuno l’ha definita un “dorato tappeto splendidamente fiorito di colori”: in effetti, le immagini suggeriscono questa visione, più ricca e piena al punto da apparire espressione di horror vacui, in linea con le tesi dei commentatori arabi di Aristotele i quali, convinti dell’impossibilità del vuoto, ne attestavano la veridicità in base ad una presunta e controversa legge di natura.  Tant’è.  Se ne viene soggiogati per la vividezza delle tonalità, chiare e sensuali, frammiste di blu e di rosso, tra sacro e profano.  L’immagine in questa pagina ne è un esempio lampante, nel quale l’aspetto cromatico si somma alla nitidezza delle linee di contorno e di quelle interne descrittive dell’anatomia e delle vesti delle figure che manifestano il pittoricismo nitido, sapiente e consolidato delle maestranze bizantine chiamate ad eseguire i cicli.  In questo caso si tratta del “ciclo delle Feste”, costituito da dodici scene realizzate sulla parete meridionale del transetto che raccoglie episodi della vita del Cristo, episodi che non si concludono con la Passione di Gesù ma che si arrestano proprio con la scena rappresentata in queste pagine, la scena dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, un ingresso trionfale, festoso ed a suo modo solenne nei gesti, nelle pose delle figure che si pongono al seguito del Cristo.  Questi offre, in groppa ad un asino, l’umiltà e la mansuetudine poste a segno di una fede nobile, così come narrata dal Vangelo di Giovanni: 
“Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto su un puledro d'asina.”
È una scena serena, che non ammonisce ma accoglie, che illumina lo spirito e lo rende anima conciliata con la materia laica, mondana, riconoscibile nella saldatura tra i principi di fede e la maestà dell’istituzione reale normanna chiamata ad essere solida istituzione della cristianità. Cristo è accolto dalla folla osannante al “redentore”, ma sconta la diffidenza dei Farisei: il significato della novella evangelica probabilmente allude, simbolicamente, alle vicende controverse della presa del potere degli Altavilla, la lotta che sostennero per il riconoscimento della loro potestà sulle terre meridionali già bizantine ed arabe.  Una simbologia che corre sottile lungo tutte le scene del ciclo, a partire dalla Natività e Adorazione dei Magi, con un San Giuseppe pensoso e forse incredulo sul significato dell’evento.  Lo stile musivo bizantino, peraltro, pur riconoscibile ed attestato, in questo ciclo si alimenta di suggestioni narrative complesse che superano la tradizionale iconicità espressa nella fissità frontale delle figure, per proiettarle in un mondo reale nel quale, tuttavia, si respira l’atmosfera di un ideale realizzato.  Una cristianità che si compie in terra sotto il mantello protettivo di un regno nato per volontà del cielo, di un regno che può compiere il miracolo della pace e della concordia tra genti di culture e lingue diverse, quanto effettivamente fu, in parte, il regno normanno di Sicilia.
In copertina: Maria Casalanguida, “Bottiglie e cubetto”, 1975, collezione privata 
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rwpohl · 7 months ago
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sarah bernhardt as the empress theodora in victorien sardou's play "theodora", 1884
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les amours de la reine élisabeth, henri desfontaines , louis mercanton 1912
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teodora, imperatrice di bisanzio, riccardo freda 1954
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i vampiri, riccardo freda 1957
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perfettamentechic · 2 years ago
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15 aprile … ricordiamo …
15 aprile … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2022: Liz Sheridan, Elizabeth Ann Sheridan, attrice statunitense. Sebbene sia meglio conosciuta per i suoi ruoli come la madre di Jerry, Helen, in Seinfeld e la vicina ficcanaso, la signora Ochmonek, nella sitcom ALF, la sua carriera decennale è stata ampia e includeva lavori sul palcoscenico e su schermi grandi e piccoli. Sheridan ha iniziato la sua vita professionale come ballerina e cantante…
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casual-nonbinary · 2 years ago
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taggata da @excoquo (grazie amo ily)
Rules: You can usually tell a lot about a person  by the type of music they listen to. Put your playlist on shuffle and List the first 10 songs. (vi beccate la playlist triste perché sì) (non taggo nessuno ma se volete farlo dite che vi ho taggatɜ, baci)
incredibile non siano usciti i pink floyd
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