#bisanzio
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“ Può uno Stato russo sopravvivere senza un credo, una fede, un’identità superiore a quella delle sue numerose componenti etniche e religiose? La Russia si è sempre identificata con un’ideologia. È stata «santa», erede di Bisanzio, «terza Roma», apostolo del Cristianesimo sino al cuore dell'Asia, protettrice dei cristiani di Oriente, unificatrice delle popolazioni slave. E quando la rivoluzione bolscevica ha cercato di eliminare il Cristianesimo dai suoi geni, la Russia è diventata l’apostolo di un altro culto messianico: l’avvento del comunismo nel mondo. Uno dei suoi intellettuali più geniali, Pëtr Jakovlevič Čaadaev, cercò di smentire la prima di queste due autorappresentazioni e sostenne che la Russia, a differenza degli altri Paesi europei, non aveva una storia. Aveva lottato, conquistato nuove terre, vinto e perduto numerose battaglie; ma senza avere coscienza di sé, delle proprie origini e del proprio futuro. Mentre l’Europa occidentale agiva sotto l’influenza di alcuni grandi princìpi e traeva dagli eventi conclusioni morali e intellettuali che avrebbero guidato le fasi successive della sua storia, la Russia si era comportata come una rozza, inconsapevole forza elementare. Il grande mito politico-religioso che gli slavofili attribuivano al popolo russo era soltanto un artificio, una manipolazione retorica, una bugia. La storia della Russia, secondo Čaadaev, era iniziata soltanto nel momento in cui Pietro il Grande le aveva imposto di essere europea. Di studiare e apprendere l’Europa come un bambino sui banchi della scuola, di indossare i suoi abiti, parlare delle sue idee, abbracciare le sue tradizioni e il suo passato. Pietro «ci liberò (…) di tutti quegli antecedenti che ingombrano le società storiche e ostacolano il loro cammino; aprì la nostra intelligenza a tutto ciò che esiste, fra gli uomini, di idee grandi e belle; ci consegnò all'Occidente intero, quale i secoli lo avevano fatto, e ci diede come storia tutta la sua storia, come avvenire tutto il suo avvenire».
Scritta in una rivista di Mosca il 1º dicembre 1829, la prima (e unica) lettera filosofica fece di Čaadaev il bersaglio preferito degli slavofili. Fu criticato, attaccato, insultato e, alla fine, con una punizione che anticipa lo stile del regime comunista contro i suoi nemici, venne considerato ufficialmente pazzo. Rispose alla fine della sua vita con una difesa intitolata per l’appunto, ironicamente, Apologia di un pazzo, da cui è tratto il passaggio che ho citato, ma non poté completarla. All'inizio di un secondo capitolo, cominciato poco prima della morte nell'aprile del 1856 e conservato da un amico, scrisse tuttavia: «C’è un fattore che domina in modo sovrano la nostra marcia attraverso i secoli, percorre la nostra storia intera, ne comprende in qualche modo tutta la sua filosofia, si produce in tutte le epoche della nostra vita sociale e determina il loro carattere; esso è, a volta a volta, l’elemento essenziale della nostra grandezza politica e la vera causa della nostra impotenza intellettuale: il fattore geografico». Quando Čaadaev scrisse queste parole, la Russia dominava l’Ucraina, una parte della Polonia, il Baltico, il mar Nero, il Caucaso, il Caspio, la Steppa kirghisa, il Turkestan. Si era battuta contro la Svezia, la Polonia, l’Impero Ottomano, la Persia, la Cina, la Francia. Era stata appena sconfitta in Crimea dalla Turchia e dai suoi alleati europei, ma negli anni seguenti avrebbe ripreso la sua inarrestabile marcia verso sud e verso est. In un libro intitolato Il Grande Gioco, Peter Hopkirk ha calcolato che l’Impero Russo, nel corso di quattro secoli, si è ampliato «al ritmo di circa 150 chilometri quadrati al giorno, più di 50.000 all'anno». Dall'enormità del suo spazio, quindi, occorre muovere per cercare di comprendere la natura della Russia. “
Sergio Romano, Putin e la ricostruzione della grande Russia, Longanesi, 2016¹. [Libro elettronico]
#Vladimir Putin#Russia#leggere#citazioni#Putin e la ricostruzione della grande Russia#saggistica#saggi#Pëtr Jakovlevič Čaadaev#Ucraina#Polonia#Baltico#Caspio#Steppa kirghisa#Caucaso#mar Nero#Turkestan#Bisanzio#Storia della Russia#Svezia#Crimea#Turchia#Francia#Cina#Impero Ottomano#Peter Hopkirk#Grande Gioco#terza Roma#Apologia di un pazzo#Cristianesimo#Sergio Romano
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Sandro Sanna
Opere 1990-2000
Testi di Maurizio Calvesi, Augusta Monferini
Mazzotta, Milano 2000, 72 pagine, 21x24cm, ISBN 88-202-1415-6, Testo Italiano e Inglese
euro 20,00
email if you want to buy [email protected]
Mostra Vibo Valentia Palazzo De Riso Gagliardi luglio/agosto 2000
Nel 2000 una grande mostra curata da Maurizio Calvesi e Augusta Monferini, propone opere del decennio 1990-2000 nelle sale del Palazzo De Riso Gagliardi di Vibo Valentia. Questa retrospettiva mette in luce alcuni passaggi fondamentali del lavoro dell’artista: in particolare la serie dei Luce Formante, Miniera del Sole, Rock Nero Sabbia, Pietre, Bisanzio, Geodi, Maglie e Derive e Lo Specchio dei Pianeti, che esposti contestualmente e nel medesimo luogo rendono evidente l’evoluzione della poetica incentrata sull’allusione alla tridimensionalità, sullo spaesamento percettivo e sulla “riduzione” della materia, che per sua propria peculiarità cromatica o riflettente sostituisce il colore.
03/02/24
#Sandro Sanna#art exhibition catalogue#Vibo Valentia 2000#Maurizio Calvesi#Augusta Monferini#Luce Formante#Miniera del Sole#Rock Nero Sabbia#Pietre#Bisanzio#Maglie e Derive#Geodi#Specchio Pianeti#art books#fashionbooksmilano
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Hai gettato un’ombra bella e ferma sui miei giorni inquieti.
Intorno a essa la luce si è fatta incredibilmente forte.
Mille strade d’un tratto sono andate verso il mare.
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Sopra un sepolcro aperto da un aratore
Perché cadaver nudo inonorato
Giaccio sul suolo erboso,
Non creder che mancato
Abbia mio corpo de l'estremo onore.
I' fui sepolto un dì, ma con l'aratro
Il rozzo agricoltore
Mentre il terren fendea , la tomba aperse,
Profanò l'ossa, il cenere disperse.
Ahi non è dunque vero
Che danno o pianto oltre 'l morir non dura,
Ed a mia trista salma, o passeggero,
Nè pur la tomba è l'ultima sventura.
(Epigramma di Antifilo Bizantino, traduzione di G. Leopardi)

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teodora, imperatrice di bisanzio, riccardo freda 1954
#teodora imperatrice di bisanzio#riccardo freda#1954#theodora#victorien sardou#les liens de sang#cronaca di un amore#miss italia#the cell#hamlet#paris nous appartient#alte nationalgalerie#james-simon-galerie#nofretete#himmelsscheibe#nebra#rom#about photography#cannonball#a doppia fascia
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15 aprile … ricordiamo …
15 aprile … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2023: Mario Fratti, drammaturgo italiano. La sua produzione conta oltre 100 opere, tradotte in 20 lingue e rappresentate in 600 teatri di tutto il mondo. Dopo la laurea in Lingue e Letterature Straniere conseguita all’Università Ca’ Foscari a Venezia, Fratti avviò alla fine degli anni cinquanta una ricca produzione drammatica. È del 1959 il suo primo dramma Il nastro, vincitore del premio RAI.…

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#15 aprile#Antonio De Curtis#Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio#Brian Dennehy#Brian Manion Dennehy#Bruce Myers#Divina#Elizabeth Ann Sheridan#Estelle Taylor#Giovanna Fontana#Greta Garbo#Greta Lovisa Gustafsson#Harald Haubenstock#Harry Meyen#Ida Estelle Taylor#il principe della risata#Liz Sheridan#María Ester Beomonte#Maria Denis#Mario Fratti#Nicholas Peter Conte#Raimondo Vianello#Riccardo Billi#Richard Conte#Ricordiamo#stile alla Garbo#Tim McIntire#Timothy John McIntire#Totò#Wallace Beery
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***Dalla felice nazione Araba** **nascerà potente la Legge Maomettana** **opprimerà la Spagna, conquisterà Grenada** **e più per mare alla gente Lygustique**.
**Per la discorde negligenza** Spagnola **sarà aperto passaggio a Maometto:** **di sangue intriso la terra ed il mar Senoyse** **il porto di Gibilterra di vele e navi coperto.**
**Dall’Oriente verrà il Cuore Punico** **Che ingannerà l’Adria e gli eredi di Romolo** **Accompagnata dalla Flotta Libica** **Tremare Malta e isole vicine vuotate.**
**L’Orientale uscirà dalla sua sede,** **Passerà i monti Appennini e vedrà la Gallia:** **Attraverserà il cielo, le acque e le nevi,** **Ed ognuno colpirà con la sua verga**.
**Principe Siriano iniquo potente in Occidente** **II Franco d’Arabia verrà tanto infiammare** **Sapiente in Lettere sarà condiscendente** **La Lingua Araba in Spagnolo tradurre.**
**Il principe Arabo Marte Sole, Venere, Leone** **Regno d’Inglese per mare soccomberà:** **Verso la Persia ben presso d’un milione,** **Bisanzio, Egitto ver. serp. invaderà**.
Il principe Persiano si difenderà*




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Ecco quindi che si può uscire dal circolo vizioso tracciato dal Paradosso di Popper: l’intolleranza verso gli intolleranti non ci rende eguali a loro, anzi, è proprio per mantenere questa differenza che occorre liberarsi a volte degli idealismi astratti per fare un bagno nel buon senso, scegliendo anche di sporcarsi le mani pur di preservare il nostro sistema di valori: che non sarà il meglio concepibile come disse Churchill, ma che di certo è quanto di meglio finora concepito.
Per questo occorre passare dalla Democrazia resiliente alla Democrazia combattente: perché si può combattere per dei dogmi ma non si può combattere con i dogmi a meno di non volere fare la fine dei teologi di Bisanzio, ostinati a discettare del sesso degli angeli con i turchi accampati alle mura della città.
In questa fase storica siamo davanti ad una scelta: quella tra la Democrazia, che è una forma imperfetta di libertà ed il totalitarismo che è una forma perfetta di oppressione.
Non dovrebbe essere una scelta difficile, a rigor di buon senso, ma occorre accettare di sospendere gli idealismi del tempo di pace per il realismo del tempo di guerra.
La Democrazia è un bene prezioso. Talmente prezioso che a volte tocca difenderla anche da sé stessa.
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Henri Guisol-Irene Papas "Teodora, emperatriz de Bizancio" (Teodora, imperatrice di Bisanzio) 1954, de Riccardo Freda.
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Nicopeia Icon of San Mark's in Venice
Icono Nicopeia de San Marcos de Venecia
Icona Nicopea di San Marco a Venezia



The icon before the robbery. Missing are strands of pearls that hung from the round hooks on either side under the initials. The precious jewellery, later recovered, is currently on display in the Treasury of Saint Mark's.
El icono antes del robo. Faltan los hilos de perlas que colgaban de los ganchos redondos a ambos lados bajo las iniciales. Las preciosas joyas, recuperadas posteriormente, se exponen actualmente en el Tesoro de San Marcos.
L'icona prima del furto. Mancano i fili di perle che pendevano dai ganci rotondi ai lati sotto le iniziali. I preziosi gioielli, poi recuperati, sono attualmente esposti nel Tesoro di San Marco.
(English / Español / italiano)
It was probably created in the early 12th century, specifically to follow the emperor and the army on campaign. Perhaps it was made for John II himself, who spent most of his reign in the field, fighting the empire's many enemies. This icon traveled with John II and his family throughout his military campaigns. When John returned to Constantinople for a parade celebrating a military victory he gave up his gold, silver and ivory chariot and had the icon placed in a kiot (decorated theca for preserving and displaying icons) that stood in his place. The victory john was celebrating was the recapture from the Muslim Turks of the ancestral castle of the Komnenian family, Kastamon. John believed the Virgin was personally responsible for this important victory.
The icon was taken by bloodied Crusader soldiers in 1204 in hand-to-hand combat with the defenders of the city at the Pantepotes Monastery which was and the last stand of the Byzantines.Taken as spoils of war by the Venetians, the old and blind Doge Dandolo, who died in Constantinople in 1205, would immediately send the icon to Venice as the most important trophy of the destruction of Constantinople. Era il simbolo di come gli equilibri di potere si fossero appena spostati da Bisanzio sul Corno d'Oro alle lagune di Venezia, Dio aveva ora trasferito la Sua benedizione da Costantinopoli a Venezia con la forza delle armi.
In February 1438 a large delegation from Constantinople arrived in Venice headed for for a great church council negotiating the union of the churches that was held in Italy. The ancient Patriarch Joseph II along with a group of clerics and nobles visited Saint Mark's and saw the treasures that had been looted in 1204. Here is an account of the visit:
... We also looked at the divine icons from what is called the holy templon... These objects were brought here according to the law of booty right after the conquest of our city by the Latins, and were reunited in the form of a very large icon on top of the principal altar of the main choir... Among the people who contemplate this icon of icons, those who own it feel pride, pleasure, and delectation, while those from whom it was taken — if they happen to be present, as in our case—see it as an object of sadness, sorrow, and dejection. We were told that these icons came from the templon of the most holy Great Church. However, we knew for sure, through the inscriptions and the images of the Komnenoi, that they came from the Pantokrator Monastery.
***
Probablemente se creó a principios del siglo XII específicamente para seguir al emperador oriental y a su ejército en las campañas bélicas. Tal vez se hizo para el propio Juan II Comneno, que pasó gran parte de su reinado en el campo de batalla, luchando contra los numerosos enemigos del imperio; este icono viajó con Juan II y su familia durante sus campañas militares. Cuando Juan regresó a Constantinopla para un desfile en celebración de una victoria militar, renunció a su carro de oro, plata y marfil e hizo colocar el icono en un kiot (teca decorad para conservar y exponer iconos) que había en su lugar. La victoria que Juan celebraba era la reconquista del castillo ancestral de la familia Comnena, Kastamon, a los turcos musulmanes. Juan cre��a que la Virgen era personalmente responsable de esta importante victoria.
En la Cuarta Cruzada, en 1204, el icono fue tomado por los soldados cruzados tras un combate cuerpo a cuerpo con los defensores de la ciudad de Constantinopla, cerca del monasterio de Pantepotes, que constituía la última resistencia de los bizantinos. Tomado como botín de guerra por los venecianos, el anciano y ciego dux Dandolo, que murió en Constantinopla en 1205, enviaría inmediatamente el icono a Venecia como el trofeo más importante de la destrucción de Constantinopla. Era un símbolo de cómo el equilibrio de poder acababa de pasar de Bizancio en el Cuerno de Oro a las lagunas de Venecia, Dios había transferido ahora su bendición de Constantinopla a Venecia por la fuerza de las armas.
En febrero de 1438, una gran delegación de Constantinopla llegó a Venecia de camino a un gran concilio eclesiástico celebrado en Italia para negociar la unión de las iglesias. El antiguo Patriarca de la Iglesia bizantina José II, junto con un grupo de clérigos y nobles, visitó San Marcos y vio los tesoros que habían sido saqueados en 1204. He aquí un relato de la visita:
.... También hemos contemplado los iconos divinos de lo que se llama el sagrado templon...Estos objetos fueron traídos aquí según la ley del botín inmediatamente después de la conquista de nuestra ciudad por los latinos, y fueron reunidos en forma de un icono muy grande en lo alto del altar mayor del coro principal.... Entre las personas que contemplan este icono de iconos, los que lo poseen sienten orgullo, placer y deleite, mientras que los que se lo han llevado -si están presentes, como en nuestro caso- lo ven como objeto de tristeza, pena y abatimiento. Nos dijeron que estos iconos procedían del templón de la Santísima Gran Iglesia. Pero nosotros sabíamos, por las inscripciones y las imágenes de los comnenes, que procedían del monasterio del Pantocrátor.
***
Probabilmente fu creata all'inizio del XII secolo appositamente per seguire l'imperatore d'Oriente e l'esercito in campagna bellica. Forse è stato realizzato per lo stesso Giovanni II Comneno, che trascorse gran parte del suo regno sul campo, combattendo i numerosi nemici dell'impero; questa icona viaggiò con Giovanni II e la sua famiglia durante le sue campagne militari. Quando Giovanni tornò a Costantinopoli per una parata che celebrava una vittoria militare, rinunciò al suo carro d'oro, argento e avorio e fece collocare l'icona in un kiot (teca decorata per conservare ed esporre icone) che stava al suo posto. La vittoria che Giovanni celebrava era la riconquista del castello ancestrale della famiglia Comnena, Kastamon, da parte dei turchi musulmani. Giovanni credeva che la Vergine fosse personalmente responsabile di questa importante vittoria.
Nella quarta crociata, nel 1204, l'icona fu presa dai soldati crociati dopo un combattimento corpo a corpo con i difensori della città di Costantinopoli, presso il Monastero di Pantepotes che fu l'ultima resistenza dei Bizantini. Presa come bottino di guerra dai veneziani, il doge Dandolo, vecchio e cieco, che morì a Costantinopoli nel 1205, avrebbe subito spedito l'icona a Venezia come il trofeo più importante della distruzione di Costantinopoli. Era il simbolo di come gli equilibri di potere si fossero appena spostati da Bisanzio sul Corno d'Oro alle lagune di Venezia, Dio aveva ora trasferito la Sua benedizione da Costantinopoli a Venezia con la forza delle armi.
Nel febbraio 1438 una numerosa delegazione da Costantinopoli arrivò a Venezia diretta a un grande concilio ecclesiastico che si tenne in Italia per negoziare l'unione delle chiese. L'antico Patriarca della Chiesa Bizantina Giuseppe II, insieme ad un gruppo di chierici e nobili, visitò San Marco e vide i tesori che erano stati saccheggiati nel 1204. Ecco un resoconto della visita:
.... Abbiamo anche guardato le icone divine da quello che viene chiamato il sacro templon...Questi oggetti furono portati qui secondo la legge del bottino subito dopo la conquista della nostra città da parte dei Latini, e furono riuniti sotto forma di una grandissima icona in cima all'altare maggiore del coro principale.... Tra le persone che contemplano questa icona delle icone, chi la possiede prova orgoglio, piacere e diletto, mentre a chi l'ha prelevata – se è presente, come nel nostro caso – la vede come un oggetto di tristezza, tristezza e sconforto. Ci è stato detto che queste icone provenivano dal templon della santissima Grande Chiesa. Ma dalle iscrizioni e dalle immagini dei Comneni sapevamo con certezza che provenivano dal monastero del Pantocratore.
Source text extracted from: pallasweb.com
photos: pallasweb.com
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Pioviggina un po’
ma non abbastanza perché si possa proprio chiamarla pioggia e noi lentamente ci bagniamo
ma non abbastanza perché valga proprio la pena di parlarne e un po’ ci innamoriamo
ma non abbastanza perché si possa proprio chiamarlo amore.
- Henrik Nordbrandt - Il nostro amore è come Bisanzio
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la scrittura

La prima attestazione di scrittura in lingua greca risale all'epoca micenea (XV secolo a.C): nel 1900 l'archeologo Arthur Evans scoprì nel cosiddetto palazzo di Minosse a Cnosso, sull'isola di Creta, un gran numero di tavolette di argilla incise con una scrittura della lineare-B, per distinguerla da un'altra scrittura sillabica rinvenuta sempre a Creta e detta lineare-A. Altre tavolette simili vennero poi alla luce nei palazzi micenei del Peloponneso (Pilo, Micene) e nella Grecia continentale (a Tebe e a Eleusi).
Mentre la lineare A resta ancora un mistero irrisolto, nel 1953 il linguista John Chadwick e l'architetto esperto di codici criptati Michael Ventris decifrarono la lineare B: si tratterebbe della scrittura dei conquistatori achei di lingua greca subentrati alla civiltà minoica. Le tavolette riportano per lo più elenchi di persone, oggetti, doni e proprietà: erano infatti i registri delle attività amministrative, civili ed economiche dei palazzi micenei. Impastate di argilla seccata al sole, le tavolette si sono salvate per pura casualità in seguito all'incendio dei palazzi durante il crollo della civiltà micenea.
Al termine dell'epoca micenea, la scrittura scomparve a lungo in Grecia, nei cosiddetti secoli bui. Ricomparve con l'introduzione dell'alfabeto fenicio, le cui prime testimonianze risalgono all'VIII secolo a.C. -proprio il secolo in cui si diffondono, ma solo oralmente, i poemi omerici. L'alfabeto fenicio comprendeva 22 segni consonantici e non annotava le vocali: i Greci conservarono le lettere fenicie, trasformarono in vocali quei segni che esprimevano suoni non esistenti in greco e ne aggiunsero altri, dal suono doppio (Φ Σ Χ Ψ). Inoltre, mutarono il senso della scrittura, da sinistra verso destra: i Fenici scrivevano da destra a sinistra. In età arcaica è comunque attestata in greco la scrittura bustrofedica, ovvero un modo di scrivere che alternava regolarmente la sua direzione, una riga da destra, una da sinistra (il termine deriva infatti dal movimento del bue, βοῦς, nell'atto di arare il campo, quando si volta ad ogni solco.
Nel 403/402 a.C. l'editto di Archino impose ad Atene e alle città alleate un alfabeto ufficiale, di tipo ionico. Grazie all'egemonia culturale di Atene l'alfabeto si diffuse in tutto il mondo greco: a partire dal III secolo a.C. l'alfabeto "ateniese" è attestato fino a Cipro, che aveva sempre utilizzato una scrittura sillabica simile alla lineare -A. I Greci trasmisero l'alfabeto anche alle popolazioni con cui entrarono in contatto, primi fra tutti gli Italici delle numerose colonie greche. Anche gli Etruschi elaborarono l'alfabeto greco e lo trasmisero alle popolazioni locali: da qui deriva l'alfabeto latino.
Molti secoli più tardi, nell'850 d.C., l'imperatore di Bisanzio affidò a due fratelli di Salonicco, Cirillo e Metodio, il compito di evangelizzare le popolazioni slave: Cirillo avrebbe trasmesso loro un alfabeto greco che partiva dalla scrittura greca corsiva. In epoca successiva, ispirandosi alla scrittura greca maiuscola, il mondo slavo adottò l'alfabeto ancora oggi in uso, impropriamente attribuito a san Cirillo e perciò detto cirillico.
-A. Marcolongo (La lingua geniale)
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In Tracia, sulle tracce di Orfeo
Non sapevo che la Bulgaria fosse l’antica Tracia, luogo di nascita di Dioniso, sul monte Ròdopi, che diverrà il tempio nella natura di Orfeo. Plovdiv Ancient Theatre Sulle tracce del mito, Amenanos va in scena a Plovdiv, il cui nome antico è Filippopoli, confine balcanico tra la Grecia e gli iperbòrei, punto di intersezione e scambio tra Sofia e Bisanzio. Nell’ambito del programma «Ex…

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sarah bernhardt as the empress theodora in victorien sardou's play "theodora", 1884
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les amours de la reine élisabeth, henri desfontaines , louis mercanton 1912
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teodora, imperatrice di bisanzio, riccardo freda 1954
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i vampiri, riccardo freda 1957
#sarah bernhardt#theodora#victorien sardou#1884#les amours de la reine élisabeth#henri desfontaines#louis mercanton#1912#teodora imperatrice di bisanzio#1954#i vampiri#1957#riccardo freda#the cell
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15 aprile … ricordiamo …
15 aprile … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2022: Liz Sheridan, Elizabeth Ann Sheridan, attrice statunitense. Sebbene sia meglio conosciuta per i suoi ruoli come la madre di Jerry, Helen, in Seinfeld e la vicina ficcanaso, la signora Ochmonek, nella sitcom ALF, la sua carriera decennale è stata ampia e includeva lavori sul palcoscenico e su schermi grandi e piccoli. Sheridan ha iniziato la sua vita professionale come ballerina e cantante…

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#15 aprile#Antonio De Curtis#Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio#Brian Dennehy#Brian Manion Dennehy#Bruce Myers#Divina#Elizabeth Ann Sheridan#Estelle Taylor#Giovanna Fontana#Greta Garbo#Greta Lovisa Gustafsson#Harald Haubenstock#Harry Meyen#Ida Estelle Taylor#il principe della risata#Liz Sheridan#María Ester Beomonte#Maria Denis#Nicholas Peter Conte#Raimondo Vianello#Riccardo Billi#Richard Conte#Ricordiamo#stile alla Garbo#Tim McIntire#Timothy John McIntire#Totò#Wallace Beery#Wallace Fitzgerald Beery
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Apprendiamo dal poema epico medievale La Chanson de Roland e dal Libro di Ruggero di Al Idrisi (v secolo) che nell’esercito bizantino c’erano soldati di ventisette etnie e religioni, tra cui turchi, persiani, un assortimento di slavi, armeni, peceneghi, avari, ungheresi e “strimoni” (provenienti dalla regione del Fiume Struma, o Strimone). Non più tardi della fine del xiii secolo, quando le armate di Carlo d’Angiò assalirono più volte la penisola attraverso la Via Egnatia, i bizantini e i bulgari le respinsero aiutati da soldati turchi e di altre zone dell’Asia. Si trattava dell’ambiguo, sfaccettato, multiteista Oriente che si contrapponeva alla più singolare rettitudine dell’Occidente, e che talvolta si fronteggiava anche al proprio interno, come nel caso della Bulgaria e di Bisanzio. Queste guerre tra cristiani avrebbero infine aperto la strada ai turchi ottomani sulla scena europea.
Il lago di Ocrida nei viaggi di Kapka Kassabova • Meridiano 13
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