#basta come ho detto. passo oltre.
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jabeur · 5 months ago
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sono così forte e calmo e comprensivo (ho visto un post di unə english speaker in cui scriveva spalletti con una l e mi è venuta un'irrazionale voglia di prenderlə a testate ma invece ho respirato e sono passato oltre)
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tiaspettoaltrove · 9 months ago
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Bisogna parlare.
Il primo passo è quello di mettervi a nudo. Non fisicamente, ovviamente, quello non c’entra niente. Di mettervi a nudo ovvero nella condizione di essere sincere con voi stesse. Mica è facile, eh. Siete le peggiori bugiarde, con voi stesse. Se siete fidanzate e un altro ragazzo vi colpisce terribilmente, fate finta di niente. Con voi stesse, innanzitutto. Se una persona, più in generale, vi suscita un pensiero fuori dagli schemi, tacete. Anche mentalmente. Ci ripensate magari per un po’, poi sotterrate tutto sotto al tappeto. Non vi esponete, o lo fate raramente. Lo capisco? Certo, non sono stupido. La paura di esser giudicate vi blocca sempre, e non dico che non la comprendo. Il punto è che noi uomini e voi donne siamo diversi, semplicemente. E a meno che uno non sia particolarmente intelligente (come ritengo di essere, almeno sotto alcuni aspetti), a volte gli è proprio impossibile capire. Non ce la fa. Non riesce ad addentrarsi in ragionamenti su differenze tanto grandi da apparire (e spesso essere) insormontabili. Io cerco solamente di immedesimarmi: “Cosa farei al posto suo?”, e inizio a riflettere. Non sempre dandomi la risposta corretta, ovviamente, perché la mia mascolinità predomina. Ma cerco di andare oltre, sempre. Il succo di questo testo è che bisogna parlare. Delle cose importanti, specialmente, bisogna parlare tanto. Di tutte quelle di coppia, insomma. Bisogna dirsi tutto, anche le cose brutte. Anche quelle sconvenienti. Anche quelle che sarebbe meglio non dire. Vanno dette e basta, perché è così che si instaura davvero la fiducia che serve per andare avanti insieme e a lungo. Per quello vi ho invitato, sin da subito, ad essere sincere. Perché la sincerità è quella miccia che dà il via al tutto. Se un ragazzo vi interessa, diteglielo. Se un’amica vi manca di rispetto, diteglielo. Se il vostro compagno non vi soddisfa, diteglielo. La vita è una sola, non ha senso passarla con chi non ci riempie davvero. Siate pungenti, ma rispettose. L’ho già detto e lo ripeterò sempre: osate. Non abbiate paura di farlo. Non avete neanche lontanamente idea di quanto la paura, in generale, mini la vostra vita. Di quanto vi limiti nelle potenziali esperienze che potreste vivere. Scrivete anche voi. Sfogatevi. Prendete un quaderno, e buttate giù tutto. O aprite un blog anonimo. Non dovete necessariamente scrivere a me (anche perché io sono uno solo), ma voglio che vi liberiate. E vi svelo un segreto: non ci si libera solo con la masturbazione. Quella l’avete presa come riferimento, e ok lo posso capire, ma è una liberazione diversa, più (troppo?) immediata, se vogliamo anche effimera. Esprimersi davvero vi fa andare in profondità, anche con difficoltà talvolta. Vi porta a fare i conti con voi stesse. Avete notato quanto, spesso, il silenzio imbarazzi? Ecco, ora rimanete in silenzio, e lasciate che quello che vi frulla in testa continui a frullare. Cosa ne ricavate? Cosa rimane? Qual è il risultato di questo processo? Siamo all’inizio, la strada è lunga.
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lovemeorhatemeluu · 6 months ago
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Caro diario,
Purtroppo la situazione è questa.. sono due mesi che sono giù di morale,due mesi dove non riesco a trovare forza in me per avere momenti positivi... Ma anzi sono pochi e passeggeri e siamo sinceri non me li godo neanche.
Cos'è successo? Lui mi ha lasciata in un modo non cattivo, non si può dire mi abbia trattato male assolutamente... Però mi ha lasciato senza parole, senza risposte e senza motivazioni. Semplicemente non era più innamorato di me. E io non so proprio cosa è successo... Come... Cosa è cambiato... Mi interrogo spesso. Nessuna risposta.
Siamo rimasti in buoni rapporti o quanto meno ci proviamo. Parliamo tutti i giorni,a volte va bene altre è un po' più difficile. In fondo non è facile non riuscire a parlarne. Non è facile non esprimere i propri sentimenti e pensieri. Ma lui ha pazienza. Mi sopporta. E lo fa. Non ci vediamo più così spesso come prima.. per riuscire secondo lui ad andare avanti meglio.
Ma caro diario io ti posso assicurare che io non riesco a non pensarci. Ho provato a svagarmi,ho provato a parlare con altre persone.. ma quando sei davvero innamorata.. non esiste nessuno. Pure quando sei innamorata di una persona che in cuor tuo sai che ha tanti difetti e ti farà stare male probabilmente ancora perché non è capace di capire se stesso.
Ma cosa mi spinge a volerlo ancora? Il modo in cui mi amava... Il modo in cui mi viziava,come mi scopava(si diario siamo onesti),l affinità che c era tra di noi,il fatto che ci siamo sempre capiti e condividevamo parecchi interessi. Una persona per me adatta. Nonostante i suoi mille difetti... Io ho sempre guardato oltre. E fino adesso tra una cosa e l altra lui c'è... A modo suo.
Ma allora cosa non va in me? Perché ci stai male se lui c'è? Il fatto purtroppo caro diario è che ho paura..
Paura di essere sostituita,paura che lui trovi un'altra migliore di me,paura che non arrivi mai a capire cosa ha perso. Ho sempre la sensazione di non essere abbastanza. E forse questo mi ha fregato con lui.
Sto andando dalla psicologa spero lei mi possa aiutare a superare questo ostacolo. Io valgo,io sono importante e non devo essere in competizione con gli altri. È facile dirlo... Ma sentirlo un po' meno.
A volte è più difficile del solito,a volte passo giornate intere a piangere o a stare in ansia... Super agitata.. non riesco a volte a controllare i miei sentimenti e divento nervosa e aggressiva. Non mi so regolare... E giorni in cui piango ogni tanto e basta e poi mi riprendo..
Non tornerai mai con me di questo sono certa ormai. Ma devo dimostrarti che sto provando a cambiare ottica e sto lavorando su di me affinché io non abbia più paura degli altri. Devo avere fiducia in me. E forse così un giorno potremo tornare a vederci e stare bene.
E tornare ad essere quella coppia di ragazzi scemi e particolari che si è sempre voluto un sacco bene e condividevano tante cose... Cosa che per adesso non è perché ci siamo messi in standby.
Ma tu mi manchi e anche io ti manco me l hai detto spesso. Mi manchi però in modo diverso.. ma non importa.
Un giorno magari troverò una persona che mi apprezzerà davvero in tutto senza avere paura. Non ho fretta.
E noi saremo soltanto amici. E abbandonerò l idea che si possa tornare.
Caro diario... Tutto ciò per dirti sto facendo un percorso,abbi fiducia in me.. vedremo come andrà. Spero si possa tornare a stare bene. E in cuore mio in fondo spero possa capire lui finalmente cosa ha perso!!
Ti voglio bene Lu.
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gcorvetti · 1 year ago
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Ancora niente.
Il post del video che ho messo ieri della performance che sono andato a vedere è ancora in revisione, a noi quelli di twitter ci svangavano i maroni se non toccavamo almeno due volte a settimana il target (che adesso non ricordo), comunque, senza contare che la coda italiana (quella dove lavoravo io) si estingueva in un paio di ore anche con 2000 tweet da controllare, beh non ero solo se non erro eravamo in 20 e molti erano esperti e quindi andavano rapidamente, fatto sta che il mio post con un video normale è bloccato mentre i video di gente che si scopa a morte sono ben visibili, se volete vengo a darvi una mano Tumblr assumimi :D se entro oggi non si decidono passo il video sul tubo e lo linko così non mi rompono.
Oggi niente di speciale sui notiziari tra articoli inutili e solite menate da propaganda e complottismo, quindi apro il tubo (che se qualcuno non l'avesse capito è youtube) perché quando scrivo qua di solito ascolto un brano o anche due, vedo che c'è Enrico in diretta e penso 'vediamo che dice' entro e dopo qualche minuto capisco che sta ancora parlando del fatto di Morgan, che palle Enrì, anche lui ha dei tempi un pò larghi sui fatti che accadono intorno alla musica, posso capire che vuoi approfondire ma dopo due video di cui uno spettacolare che ho condiviso ieri, basta no? Va bè saprà lui il tempo da dedicare a certe cose, da uomo di spettacolo.
Ieri poi riflettevo sulla performance che ho visto, molto interessante, mi sono accorto anche che gli spettatori, penso una 50ina oltre a noi due, ho portato la mia compagna, erano entusiasti, un pubblico molto attento e anche interessato, vuoi vedere che mi sono sbagliato? Che in realtà le persone che cercano qualcosa di particolare ci sono? Beh questo lo sapevo, non si fa di tutta l'erba un fascio, però non sapevo dove si potessero trovare, dove si riuniscono questi carbonari estoni della cultura musicale, in quel posto Kultuuriklubi Salong si chiama, l'avevo già detto. E' come spesso accade qua è in un seminterrato, la finestra da sulla strada, con puzza di umido e l'ambiente non è proprio unico, vedrete dal video. Però un solo posto è poco, certo meglio di niente, il programma è molto variegato, Giovedì prossimo c'è di nuovo Andres ma questa volta farà da spalla al Banjolectric che è un looper americano, avevo visto un video tempo fa ma onestamente non mi dice niente, poi comunque lavoro, cercatevelo non mi va di mettere il video. Altri eventi interessanti non ne vedo, quelli in programma sono "il quiz musicale" qua i quiz vanno alla grande per via della competizione selvaggia nel mostrare che ne sanno più degli altri, poi mi pare che si vincono bottiglie di alcol quindi è normale che le persone partecipino a ste serate; poi due serate di dj una di drum'n'bass e l'altra con i dj che usano esclusivamente vinili, sempre comunque cosa che non ha a che fare con live performance strumentali o sperimentali, pazienza.
Per chiudere vi posto il brano che sto ascoltando mentre scrivo
youtube
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tecnowiz · 1 year ago
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Come togliere i canali da WhatsApp: Guida passo passo
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In un mondo sempre più connesso, WhatsApp è diventato uno strumento indispensabile per la comunicazione personale e professionale. Tra le sue molteplici funzioni, la possibilità di creare e unirsi a canali di discussione è molto apprezzata da molti utenti. Tuttavia, potrebbe esserci un momento in cui desideri uscire da un canale WhatsApp. Se sei in questa situazione, sei nel posto giusto. Questo articolo ti guiderà passo passo su come togliere i canali da WhatsApp.
Scopri come togliere facilmente i canali (Gruppi) da WhatsApp e semplifica la tua esperienza di messaggistica.
WhatsApp è una delle applicazioni di messaggistica più popolari al mondo, con oltre due miliardi di utenti attivi. Tra le sue funzionalità, WhatsApp permette di creare e unirsi a dei canali, ovvero delle chat di gruppo in cui solo gli amministratori possono inviare messaggi. I canali sono utili per diffondere informazioni, notizie, promozioni o annunci a un pubblico ampio e interessato.
Cosa sono i canali su WhatsApp
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Prima di tutto, è importante comprendere cosa sono esattamente i canali su WhatsApp. In realtà, WhatsApp non utilizza il termine "canali" come lo fa, ad esempio, Telegram. Quello che potrebbe essere considerato come un "canale" su WhatsApp è in realtà un gruppo o una chat di gruppo, dove diversi utenti possono comunicare contemporaneamente.
Perché vorresti togliere i canali da WhatsApp
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Tuttavia, a volte può capitare di voler togliere i canali da WhatsApp, sia perché non si è più interessati al contenuto, sia perché si ricevono troppe notifiche, sia perché si vuole liberare spazio sul proprio dispositivo. Bene ora che ti ho detto cosa sono i canali su WhatsApp e perché vorresti toglierli andiamo al dunque, quindi mettiti comodo e leggi i prossimi paragrafi.
Come uscire da un canale su WhatsApp
Se si vuole togliere un singolo canale da WhatsApp, la soluzione più facile è uscire dal gruppo. Per farlo, basta seguire questi passaggi: - Aprire WhatsApp e selezionare il canale da cui si vuole uscire - Toccare il nome del canale in alto per aprire le informazioni del gruppo - Scorrere verso il basso e toccare l’opzione “Esci dal gruppo” - Confermare la scelta toccando “Esci” In questo modo, si uscirà dal canale e non si riceveranno più i messaggi degli amministratori. Tuttavia, il canale rimarrà nella lista delle chat, ma con una scritta “Hai lasciato il gruppo” sotto il nome. Per eliminarlo definitivamente, bisogna seguire questi passaggi aggiuntivi: - Tenere premuto il canale nella lista delle chat fino a che non appare un menu in alto - Toccare l’icona del cestino per eliminare il canale - Confermare la scelta toccando “Elimina”
Come silenziare un canale su WhatsApp
Se si vuole togliere un canale da WhatsApp senza uscire dal gruppo, ma solo ridurre le notifiche fastidiose, si può optare per la soluzione di silenziare il canale. Per farlo, basta seguire questi passaggi: - Aprire WhatsApp e selezionare il canale che si vuole silenziare - Toccare il nome del canale in alto per aprire le informazioni del gruppo - Toccare l’opzione “Notifiche personalizzate” - Disattivare la casella “Usa notifiche personalizzate” - Toccare l’opzione “Silenziamento notifiche” - Scegliere per quanto tempo si vuole silenziare il canale (8 ore, 1 settimana o 1 anno) - Opzionalmente, disattivare la casella “Mostra notifiche” per non vedere le notifiche sullo schermo In questo modo, si silenzierà il canale e non si riceveranno più le notifiche sonore o visive dei messaggi degli amministratori. Tuttavia, il canale rimarrà nella lista delle chat e si potranno leggere i messaggi quando si vuole.
Come archiviare un canale su WhatsApp
Se si vuole togliere un canale da WhatsApp senza uscire dal gruppo o silenziarlo, ma solo nasconderlo dalla lista delle chat, si può optare per la soluzione di archiviare il canale. Per farlo, basta seguire questi passaggi: - Aprire WhatsApp e tenere premuto il canale che si vuole archiviare nella lista delle chat fino a che non appare un menu in alto - Toccare l’icona della freccia verso il basso per archiviare il canale - Confermare la scelta toccando “Archivia” In questo modo, si archivierà il canale e non lo si vedrà più nella lista delle chat principale. Tuttavia, il canale rimarrà nel proprio account e si potranno leggere i messaggi quando si vuole. Per accedere ai canali archiviati, bisogna seguire questi passaggi: - Aprire WhatsApp e scorrere verso il basso nella lista delle chat fino a che non appare la scritta “Chat archiviate” - Toccare la scritta “Chat archiviate” per aprire la lista dei canali archiviati - Selezionare il canale che si vuole leggere Per riportare un canale archiviato nella lista delle chat principale, bisogna seguire questi passaggi: - Aprire WhatsApp e scorrere verso il basso nella lista delle chat fino a che non appare la scritta “Chat archiviate” - Toccare la scritta “Chat archiviate” per aprire la lista dei canali archiviati - Tenere premuto il canale che si vuole riportare nella lista delle chat principale fino a che non appare un menu in alto - Toccare l’icona della freccia verso l’alto per disarchiviare il canale - Confermare la scelta toccando “Disarchivia”
Conclusioni
In questo articolo, abbiamo visto come togliere i canali da WhatsApp in tre modi diversi: uscire dal gruppo, silenziare il canale o archiviare il canale. Ognuna di queste soluzioni ha dei vantaggi e degli svantaggi, a seconda delle proprie esigenze e preferenze. Speriamo che questo articolo sia stato utile e chiaro. Se avete domande o suggerimenti, lasciate un commento qui sotto. Grazie per aver letto!
Note finali
E siamo arrivati alle note finali di questa guida. Come togliere i canali da WhatsApp: Guida passo passo. Ma prima di salutare volevo informarti che mi trovi anche sui Social Network, Per entrarci clicca sulle icone appropriate che trovi nella Home di questo blog, inoltre se la guida ti è piaciuta condividila pure attraverso i pulsanti social di Facebook, Twitter, Pinterest e Tumblr, per far conoscere il blog anche ai tuoi amici, ecco con questo è tutto Wiz ti saluta.   Read the full article
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cclodss · 3 years ago
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Sempre attuale
Mi ci sono voluti giorni per poter riuscire a scrivere qualcosa che ti riguardasse perché la mia indole competitiva ancora non riesce ad ammettere di aver perso, ci ho provato fino in fondo ad adattarmi, a non pensarci, a non pensarti. Ma eri sempre lì che mi impedivi l'ultimo respiro, l'ultimo passo, l’ultima scelta. Prima della fine c'eri sempre tu, il tuo sguardo cupo, la tua cinica risata che mi gridava di riprovarci, che ne valesse la pena ed io dovevo tornare indietro per andare avanti, dovevo tenderti la mano un’ultima volta. Dovevo provare a salvarci per l'ultima volta.
Ora lo so che non ci sarà un prossimo tentativo, era l’ultima occasione persino per me che non mi arrendo mai. Mi hai lasciata senza speranze e senza forze, ed adesso non so se ho più paura di vederti di nuovo o di non vederti più, ecco perché, come una codarda, evito di scegliere, così tutto resta possibile.. e mi aggrappo all’ultimo gesto che mi è rimasto da provare: questa lettera.
Se ultimamente sono in silenzio non è perché non ho niente da dirti ma perché ho già detto tutto e non sono stata ascoltata.. quindi ho pensato che mettendo nero su bianco i miei pensieri ed i miei sentimenti, questi evitino di sfuggirti ancora.
Mi manca l’idea che mi ero fatta di te, quando sentivo che mi avresti capita ed invece ora ho perso anche la speranza di riprovarci.. con il tempo mi hai insegnato a smettere di crederci.
In questi anni ho capito più di quanto ci fosse da capire ed avrei preferito vivere di ipotesi.. perché se adesso potessi leggere la mia mente saresti in lacrime come me.
In questi stessi anni ho mentito a me stessa, ti ho giustificato e difeso perché per me ne valeva la pena provarci, riprovarci. Ho forzato conversazioni, discussioni, chiarimenti, attenzioni, ed ho messo in gioco anche l’ultimo frammento di cuore.
Ma tutto ha un limite ed adesso mi rendo conto di non avere più rispetto per me.
Le tue parole ed i tuoi non gesti mi hanno distrutta da dentro, mi sono sentita un peso, inadatta, mi sono sentita di non meritarti e non lo augurerei neanche al mio peggior nemico. Ed ancora non riesco a capire come tu faccia ad amarmi ed allo stesso tempo a farmi sentire così.
Ho lasciato che tu fossi troppo importante così da abbandonare la mia vita, mi sono calpestata da sola. E non ti addosso tutta la colpa, perché sono stata io a non reagire.. ho accettato tutto pur di non rimanere senza di te.
Ho richiesto il tempo e l’amore quando non dovrebbero essere pretesi, l’amore ti sceglie da subito e si dona spontaneamente.
Per non perderti mi ritrovo sempre ad accontentarmi di essere l’alternativa e non la scelta. Mi sono ritrovata a lottare con le unghie e con i denti una battaglia che non ha motivo di esistere perché l’amore non dovrebbe avere competizioni che tengano. Mi sono messa da parte per troppo a lungo per dar spazio alla tua felicità. Ma con il tempo, le paranoie diventano reali e mi chiedo se la tua massima felicità non dovrei essere io e poi ancora mi chiedo perché tu non tenga alla mia, di felicità, quando io per vederti sorridere faccio l’impossibile, persino rinunciare a me stessa.
Io davvero ce l’ho messa tutta ma alla fine crollo emotivamente e mi comincio a chiedere se ne valga la pena.
La mia vita è in funzione della tua, il mio obiettivo al mattino è quello di farti stare bene, mi muovo in base alle tue necessità, ma poi alle mie chi ci pensa? Quando ne ho bisogno chi c’è? Perché quando sto male ho ancora dubbi su chi poter contare? A questo punto della mia vita ho bisogno di un amore che mi dia risposte, non problemi..sicurezza e fiducia e non dubbi e paranoie. Ho bisogno di una persona che insista, che non molli, che non si spaventi di una piccola discussione costruttiva, che mi tenga stretta e non mi faccia scivolare dalle sue braccia, che non mi faccia elemosinare l’amore, che non cerchi giustificazioni. Ho bisogno di un amore che non mi dia per scontata, che sia pronto a stupirmi ogni giorno ogni minuto, che si comporti semplicemente da persona innamorata, che mi dia ciò che io darei a lui, che mi dia ciò che una ragazza comune si aspetta: delle semplici attenzioni, delle semplici dimostrazioni. Perché chi ti considera davvero importante lo fa, arriva da te in tempo non quando ha tempo, perché poi troppa attesa fa passare la voglia di crederci.
E fidati che se vuoi veramente qualcosa trovi il modo, se non vuoi veramente, non farai altro che cercare una scusa.
Non basta più dire "ti amo" perché sia vero, non basta più l’amore per tenerci uniti.. Io voglio essere felice, non voglio più accontentarmi..serve esserci, servono le parole giuste. Non basta dire "ti amo", servono i gesti, saper cercare e poi trovare, saper raggiungere chi diciamo di amare anche quando non vuole farsi trovare, l’orgoglio è una valvola che metti sul cuore e ferma l’amore.
E poi servono le mani e servono pronte a curare, a salvare, serve avere voglia di ascoltare, di capire, serve saperci fare con le incertezze, serve correre, se necessario, anche quando siamo impegnati a fare altro.
Non puoi pretendere di dire "ti amo" e poi pensare che il tuo amore non possa mai esser messo in discussione, due ore forzate al giorno non bastano, in confronto alle altre 22 in cui ti penso e ti desidero, voglio la certezza di essere desiderata sempre, voglio la tua presenza quando ne ho bisogno non solo quando ne hai bisogno tu.
Non basta dire "ti amo", serve dimostrarlo perché diventi vero.
Se sono ancora qui, nonostante tutto, è perché io ci tengo davvero alla nostra storia perché io in quelle due dannatissime ore sto bene, ma non vorrei pormi dei limiti, sono in grado di dare molto di più, ho ancora altre canzoni da cantarti mentre ti accarezzo i capelli, ma tu continui a frenarmi e la complicità di quelle due ore non basta per trattenermi, non è mai bastata.
Io così non riesco più ad andare avanti, mi rifiuto di dover vivere per aspettare quel briciolo di attenzione che mi riservi, mi hai deluso ogni volta che ne hai avuto l’opportunità, con le parole dopo una discussione, con delle dimostrazioni di menefreghismo o semplicemente mettendomi tra le ultime priorità... ed io non ho più le forze di far finta di niente.
Io esisto oltre te, oltre noi, oltre la nostra bolla silenziosa. Senza te ce la farei. Non mi servi per sentirmi bene con me stessa e tantomeno per trarre coraggio dalle tue mani. Per darmi forza mi basto io, non ho bisogno di qualcuno che mi tiri su. Mi basta contare fino a dieci, risanare mentalmente le ferite del mio animo e tornare in campo più combattiva di prima, e lo capisco ogni volta che ne ho bisogno e non ci sei.
Non mi servi per proteggermi, sono nata donna ma non debole, bisognosa, costantemente alla ricerca di qualcuno che la salvi.
Senza te me la caverei, ma non sono felice. C'è un sottile velo che divide il benessere e lo stato parziale o totale di felicità. Non ho bisogno di te per essere salvata, sollevata o difesa dai dolori fisici e psichici. Sei semplicemente la persona con la quale ho scelto di dividere il tempo che mi è stato messo a disposizione e non ho intenzione di gettarti al collo zavorre che dovrei indossare io, lasciarti combattere le mie battaglie. Scelgo te non come mio giardiniere, ma come ascoltatore, che nelle sere più nere di altre, nelle giornate più piovose e grandinose, nelle tristezze, mi concede l'arte di essere fragile.
Senza te starei anche bene, ma sarei ignorante ad ogni brivido di felicità.
Ma oggi, davanti a questo amore deserto, io non vivo più quei brividi.. sono arrivata ad un punto in cui andarmene o rimanere mi fa lo stesso effetto perché soffrirei in entrambi i casi. Sono arrivata esattamente al punto in cui nessuno si vorrebbe mai trovare, al punto di indifferenza davanti ad un amore sfrenato. È una bomba che in un modo o nell’altro scoppia e mi ferisce. Io non ho più voce in capitolo, ogni mio passo verso di te è inutile ed ogni mio passo in fuga da te è irrilevante, ed in ogni caso ho osservato il tuo atteggiamento ed è impercettibile, anche tu in un modo o nell’altro non ti smuovi, e questa tua immobilità, forse dettata dall’orgoglio, è la conferma del degrado di questa
storia perché è una forma di menefreghismo che lascia ogni cosa così com’è e da delle risposte chiare e precise.
Questa è la conseguenza del fatto che io per te sia scontata e la colpa è la mia che ho perdonato sempre, ho forzato sempre ho investito troppo ed è così che hai cominciato a perdermi, ed è così che mi sono illusa di aspettarmi da te ciò che ti avrei dato io. Avrei dovuto far si che la relazione facesse il suo corso, che succedesse. Ma io non volevo che andasse a finire male e ho cercato incessantemente di cambiare il finale inevitabile.
Ma oggi la mia stanchezza, ancora una volta, supera di gran lunga l’amore, la felicità breve, i ricordi ed il tuo sguardo..perché a certe cose non mi abituerò mai, ed è meglio così.
Mi sento costretta ad agire come se non me ne importasse niente, anche se mi importa tanto.
In questo momento io pongo fine alle mie azioni, mi lascio andare e non lo faccio per me, lo faccio per noi, perché la nostra relazione non può continuare così, le mie scelte fin ora sono state nocive, allora smetto di scegliere, smetto di agire.
Avrò ancora e sempre il batticuore quando sarai nei dintorni, sotto casa tua, e non spererò.. ma ti starò sempre cercando... con l’unica differenza che questa volta non ti troverò, per il mio stesso volere.
Ho smesso di cambiare chi non vuole farlo, non mi aspetto più nulla.. neanche di essere felice perché quando lo sono mi manca quello che dovremmo essere, ma non saremo mai.
Ho smesso di lottare.. c’è un tempo per insistere ed un tempo per lasciar scorrere, ed io ho trovato il coraggio di fermarmi e fare un unico passo indietro.
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ghiacciointempesta · 3 years ago
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L
Yesterday I got pretty drunk, said something that I shouldn’t have, told you that I really loved you, you do not reciprocate those feelings but that’s ok I’ll be fine anyway.
La televisione è accesa e manda l’ennesimo episodio di una sitcom che sto seguendo senza veramente prestarci troppa attenzione. I miei occhi sono immersi nel contenuto del bicchiere che tengo in mano, piuttosto traballante ora che ci faccio caso. Questo vino che ho comprato fa abbastanza schifo, eppure fa il suo lavoro. Lo lascio roteare un paio di volte nel calice, osservando le bollicine frizzare piano e poi disperdersi veloci nel liquido dorato; poi prendo un sorso, allungando il braccio oltre il bordo del divano per prendere la bottiglia ai miei piedi. L’etichetta - di un pacchiano nero con scritte oro - ne decanta i sentori floreali e le note agrumate, ricamando la denominazione con descrizioni di vitigni e fermentazioni. Faccio una smorfia e ne verso ancora un po’ nel bicchiere: con 12% di grado alcolico non c’era dubbio che mi sarei ubriacata, ed era proprio a questo che volevo arrivare.
Perché non ho il coraggio di affrontare la situazione. Ho passato gli ultimi sei anni della mia vita a parlargli di tutto eppure non riesco a dirgli questo, questo piccolo insignificante dettaglio che mi sta mangiando viva da sei mesi. E ad essere sincera è anche stupido che io mi faccia tutti questi problemi, dato tutto quello che ci siamo detti in precedenza.
Do un’occhiata alla finestra e poi all’orologio che mi brilla sul polso. Sono le due del mattino. È tardi, penso riportando gli occhi alla tv, anche se ormai la mia concentrazione è andata a farsi benedire. Quante notti passate al telefono, a parlare di tutto e di niente, a starci accanto attraverso le linee telefoniche.
Probabilmente lui avrà appena finito di lavorare, magari sta tornando a casa. Ricordo di un paio di anni fa, quando rientrava ad orari assurdi e mi chiamava nel cuore della notte perché gli facessi compagnia; inevitabilmente finivamo col prenderci in giro ma non riattaccavo mai prima che arrivasse a casa sano e salvo.
Ho messo il cellulare a faccia in giù sul tavolino da caffè perché potessi trattenermi dal fare cazzate, ma questo era circa tre bicchieri di Sauvignon fa e adesso sono poco lucida e troppo emotiva per prendere qualsiasi decisione razionale. Comunque, mi trattengo. La nostra ultima telefonata notturna non è stata decisamente la più piacevole, anche se era iniziata così bene.
————
“Ciao. Come mai mi chiami a quest’ora?”
“Ehi è così che mi rispondi? Nemmeno un ‘come stai?’ o un ‘che piacere sentirti’?” Sorrisi come una scema al finestrino dell’auto.
“Te l’avrei detto se fosse stato un piacere davvero”
“Ah si? Va bene, allora non ti chiamo più” e lo sentii allontanarsi dal ricevitore. Per un attimo temetti che riattaccasse, quindi m’affrettai a ripescarlo.
“Dai! Come stai, mio caro? Per quale motivo mi stai chiamando?”
“Bene, grazie. Tu come stai?” Sospirai, vedendo le strade di una notturna Parigi scorrere oltre il vetro.
“Stanca, ho appena finito di lavorare. Allora?”
“Hai lavorato tanto? E comunque niente, volevo rompere le scatole a qualcuno e ti ho chiamato” e di nuovo un sorriso.
“Ah adesso funziona cosi? Mi fa piacere!” punzecchiai, sapendo quanto lo divertisse darmi sui nervi
“Eh si funziona così. Dove sei, ti disturbo?”
“No. Sono in Uber, sto tornando a casa. Tu?”
“Ho staccato da poco, sto bevendo una birretta con dei colleghi”
“Capito.” Ci fu un piccolo momento di silenzio.
“E poi volevo sentirti”Il primo tuffo al cuore.
“Ah si eh?”
“Si. Perché, non posso?” avrei potuto dire che stava facendo un sorrisetto malizioso anche a tutti quei kilometri di distanza, talmente lo conoscevo bene.
“No figurati, ci mancherebbe altro.”
————
Sbatto le palpebre per riprendermi dai miei pensieri e affondo la mano nella ciotola dei popcorn. Adoro mangiarli ma detesto doverli preparare, e mi sono resa conto che dopo averci dedicato più di mezz’ora del mio tempo non li ho quasi toccati per tutta la sera, troppo occupata a bere per pensare a riempirmi lo stomaco.
Un po’ come la mia relazione con Blake: lo amavo ma detestavo come mi faceva sentire, e dopo aver impiegato due anni a cercare di farla funzionare sul serio mi sono accorta tardi che non sarebbe mai andata come volevo io perché ero troppo persa nell’immaginare come avrebbe potuto essere.
La serie prosegue con un nuovo episodio e sembra cadere proprio a pennello con in mio stato d’animo. Uno dei protagonisti si è innamorato dell’altro, che però non lo ha capito. Com’è assurda la vita. Tutto attorno a noi ci bombarda con le definizioni giuste e sbagliate d’amore, ci riempie di film, canzoni, serie, video, storie di amori sbagliati e complicati che però in qualche modo succedono e talvolta funzionano. Ma la verità è che non basta amarsi per essere felici. Non è sufficiente provare un sentimento del genere per qualcun altro, bisogna avere la situazione dalla propria parte. Può succedere come no, e a volte devi combattere perché succeda, faticare per far incastrare pronostici e karma. Ma quando succede, alla fine quello che ti serve è il coraggio. Senza coraggio va tutto a puttane, e mi pare di esserne diventata così esperta da poter tenere delle conferenze a riguardo.
————
“È un peccato che tu non ti fidi.”
“Non ho mai detto che non mi fiderei di te”
“No, però delle relazioni a distanza tu non ti fidi.” a questo punto gesticolai nel vuoto e quasi al buio del mio salotto, mentre mi sembrava di rivivere la stessa conversazione per l’ennesima volta.
“È solo che… è difficile per me dopo...”
“...dopo quello che hai passato con la tua ex. Lo so Blake, ma io non sono come lei”
“Non ho mai detto che sei come lei, assolutamente” come al solito mise le mani avanti, e come al solito la cosa non fece che irritarmi
“E allora qual è il problema vero? Dimmelo. Voglio saperlo.”
“È... complicato” sbuffai esasperata, portandomi una mano nei capelli.
“Ho bisogno di saperlo, me lo devi dire.”
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Non ero preparata a quello che mi disse dopo, e a ripensarci adesso forse non lo sarei mai stata per come le cose si svelarono. Come si può amare una persona dopo che ti ha fatto tanto male? Puoi amare qualcuno che decide di ferirti consapevolmente, non dettato dalla collera o dalla delusione? È passato poco ma ricordo ancora quella notte, probabilmente è per questo che passo tutte le altre da sola a fissare il soffitto o a bere vino scadente. Può essere che cerchi di affogare nei fiumi dell’alcool per ovviare al bere le mie lacrime. E nel frattempo mi dico che non posso essere davvero incazzata perché l’ho obbligato a dirmelo, ho insistito affinché parlasse. Quindi immagino che sia un concorso di colpe.
E se non posso essere incazzata, e non c’è nulla da vendicare o da rimpiangere, cosa mi resta?
La delusione, forse. La ferita.
E la consapevolezza che se mi avesse amata mi avrebbe risparmiato una tale sofferenza.
————
“Avremmo potuto farla funzionare. Saremmo potuti stare insieme ed essere felici, ma tu ti fai condizionare da una cosa del genere e io non riesco proprio a capire perché. Mi sembra assurdo.”
“Lo so, e tu non centri, è un mio problema. È per questo che volevo venire da te.”
“Per cosa?”
“Per provarci davvero. Nonostante le mie paure io sarei venuto, e ti avrei detto di provarci ma adesso lo so che con quello che ti ho detto è cambiato tutto” Cercai di riprendere il mio respiro perso fra i singhiozzi, invano.
“Saresti venuto qui a dirmi di provarci senza dirmi di questa cosa? E come avresti fatto più avanti, su quali basi avremmo costruito una relazione io e te così?”
“Io... l’avrei superata”
“Quindi l’avresti superata più avanti ma non sei riuscito a farlo negli ultimi due anni...” ci fu un lungo silenzio, riempito dai flebili versi di chi piange da entrambi i lati della cornetta.
“È per questo che non volevo dirtelo, perché sapevo che ti avrei fatto del male.” Piangeva anche lui, e anche nel bel mezzo di quel dolore così opprimente non dubitai che fossero lacrime vere.
“No, va bene. Dovevo saperlo, e poi ho insistito io nel chiedertelo.” Presi il fiato e la dignità necessari per ricompormi e dire qualcosa, qualsiasi cosa mi concedesse di concludere quanto prima quella chiamata, perché sapevo che più tempo restavo al telefono, più pezzi ci sarebbero stati da raccogliere. E allo stesso tempo, masochisticamente, non volevo riattaccare.
“...”
“Va bene, io... io starò bene. Ho solo bisogno di tempo però. Devi darmi un po’ di tempo.”
————
E di tempo me ne aveva concesso, devo riconoscerglielo. Fu la settimana peggiore della mia vita, il mio inferno personale; ancora oggi quando soffro ripenso a quel momento e mi dico che ho attraversato il cerchio di fuoco e son riuscita a non bruciare completamente. Quando lo richiamai aveva una voce sfinita, e devo ammettere che lo feci solo per vomitargli addosso tutta la mia rabbia: ho imparato a posteriori che non serve a niente e che ci vuole tempo per tutto. E quando la sofferenza si è placata ed ho rivisto la pace, ho provato a considerare la situazione da tutte le prospettive.
Quindi, ho capito.
Niente è nero o bianco a questo mondo; e le sfumature te le perdi quando vedi le cose da troppo vicino.
Netflix mi chiede se sto ancora guardando e francamente non ricordo nemmeno quando ho smesso: perciò con non poco sforzo spengo tutto e la stanza cade in penombra. Mi sono accorta che ha iniziato a piovere. Com’è giusto che sia.
Non avrei dovuto bere così tanto; la mia capacità di giudizio è offuscata e tutto quello che riesco a pensare è quanto muoio dalla voglia di risentire la sua voce. Credo che adesso nel mio cuore ci sia solo mancanza: vorrei che mi stringesse e mi dicesse che tra noi non è cambiato niente.
E anche se questo vino fa schifo sta facendo il suo effetto, mannaggia il mondo.
Prendo il cellulare dal tavolino e me lo rigiro tra le mani, stando attenta a non avviare la chiamata quando capito davanti al suo numero in rubrica. Prendo un altro sorso e contemplo le mie opzioni: mi piace pensare di averne molteplici, quando in questa versione della realtà fatta di bollicine aromatiche ne ho - di fatto - solo due.
O lo chiamo. Oppure no.
Lascio che la mia testa ciondoli da una parte all’altra un paio di volte, poi la smetto quando mi accorgo che mi sta salendo una leggera nausea. Ho finito le parti del corpo da torturare: le pellicine sono tutte tirate e sono abbastanza sicura che se non fossi talmente anestetizzata sentirei il labbro inferiore dolere. Non contenta, mi sono anche scavata un solco dietro l’orecchio sinistro, che nonostante tutto brucia parecchio.
È inutile che ci giro intorno, lo so pure da ubriaca.
Che cosa spero di ottenere?
Inoltrare una nuova chiamata adesso sarebbe autoinfliggersi una punizione tutta nuova, e nonostante tutta la mia mancanza di autostima riservo ancora un briciolo di amor proprio necessario a frenarmi.
Che Dio solo sa se ho bisogno di questo adesso.
Scuoto la testa nel tentativo di scacciare i brutti pensieri e chiudo gli occhi, le palpebre diventate pesanti e un po’ umide grazie all’ebbrezza e all’oscurità. Spengo lo schermo del cellulare e, a fatica, mi tiro su dal divano e mi trascino verso la camera da letto.
Questa prima decisione è un buon segno, penso, prendendo un respiro profondo nel buio.
Una delle poche mosse egoistiche della mia vita.
Forse sto iniziando a guarire.
Me lo auguro con ogni frammento di cuore.
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der-papero · 4 years ago
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Perché Papero gioca a Mr. Robot
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Ok, mi tocca chiarire un po’ le idee, altrimenti qua va tutto in caciara :)
(del resto, @ross-nekochan me lo ha sempre detto, ma io non la sto mai a sentire, santa donna, che pazienza che ha ...)
Volevo tenerlo un po’ nascosto tra le righe, a mo’ di gioco, ma l’aumento delle domande mi porta a chiarirvi lo scopo di tutto questo mio sforzo in anticipo.
Tutto è nato guardando la serie Mr. Robot, che l’ho trovata favolosa, al di là del mero aspetto nerd o dei comandi che lancia in una shell. Un dettaglio mi ha colpito in particolare: molti dei protagonisti avrebbero potuto resistere agli attacchi di Elliot, se avessero fatto un’unghia in più del loro normale uso delle tecnologie, se avessero avuto un briciolo di conoscenza e/o consapevolezza dei propri strumenti. Su alcuni aspetti, e solo su alcuni, non serve avere una laurea in Scienze dell’Informazione, e in moltissimi casi Elliot si è ritrovato, come la stragrande maggioranza dei malintenzionati che colpiscono le nostre vite ogni secondo sul web, a fare un attacco in un arco di tempo piccolissimo, vuoi per la situazione di pericolo, vuoi perché aveva di meglio da fare che cincischiare col primo che passa. In quella frazione di tempo, si può resistere, basta essere pronti. Parimenti, possiamo organizzare i nostri dispositivi, prendere accorgimenti banali e salvaguardarci da attacchi abbastanza banali che, se portati a segno, sono i più efficaci. Elliot usa quasi sempre il fattore umano, perché una volta scelta la vittima giusta, è quello che garantisce il miglior risultato con lo sforzo minimo.
C’è una scena, nella prima stagione, dove Elliot, inseguito dall’FBI mentre è negli edifici della Evil Corp, prova a fregare un terminale con le credenziali adatte per accedere ai server. Vede una dipendente abbastanza “anziana” e in quanto tale, pregiudizialmente, la ritiene una facile vittima, e si presenta alla sua scrivania come un tecnico dell’IT che ha bisogno di verificare i suoi accessi per una potenziale compromissione. Non ricordo le parole precise, ma la dipendente risponde come da procedura di sicurezza, mostrando la sua preparazione in materia e inibendo l’accesso a Mr. Robot. E lì Elliot si ritrova fregato (otterrà poi l’accesso da un altro terminale dove c’è un dipendente più giovane). Purtroppo, e sottolineo purtroppo, la mia discreta esperienza mi ha portato a dedurre che, in fatto di essere consapevoli,
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E allora lì, su una sera passata su un divano a vedere episodi a più non posso, mi è venuta questa idea. Mi son detto 
e se provassi a fare io il Mr. Robot di turno, e le persone che mi seguono, vedendomi all’opera, diciamo così, possano dedurre perché una persona riesce a fare determinate cose, e di conseguenza imparare a difendersi?
Ora, ve lo confesso, ho peccato di presunzione, e non perché non ritenga voi tutti capaci di capire, ma perché per un attimo ho ritenuto me stesso all’altezza di saper spiegare le cose, soprattutto queste cose.
Per chi ha voglia di volersi proprio cimentare in questa avventura oltre il legale, sappiate che serve esercizio e studio (fatto anche con la rete di casa propria, così restate incensurati), non me ne vogliano gli hacker all’ascolto se sia passato il messaggio che ho provato a banalizzare le loro conoscenze, il mio scopo era un altro. Detto questo, quello che riporto qui è una scintilla: per chi vuole, oltre ad approfittare di me in ogni modo possibile, Internet è strapiena di conoscenza, diciamo che provo solo a darvi le basi più spicciole.
Altrimenti, magari non tutto vi sarà chiaro, ma se anche avessi raggiunto il mio scopo, ovvero quello di aprire la “lavatrice”, farvi capire che non è solo una manopola, un oblò ed un tasto, allora ne sarà valsa la pena.
Una 30ina di post (non so quanti ne farò) non potranno mai sostituire tutta una conoscenza tecnologica, e ci passo le nottate a ipersemplificare la materia per renderla accessibile a tutti. A volte ci riesco, a volte fallisco, e qui ringrazio in anticipo chiunque abbia voglia di aiutarmi, rebloggando, migliorando quello che ho scritto, riportando errori (capita, quando si trita una materia in coriandoli), link di approfondimento, informazioni aggiornate che mi sono sfuggite ( grazie @axeman72​, il mio scopo è anche quello di de-talebanizzarti :D :P ).
Un solo favore vi chiedo. Quando commentate, con tutte le ragioni del mondo, “qui non si capisce un cazzo”, non fate come Pingu
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bensì argomentate, puntate i paragrafi poco chiari, chiedete approfondimenti (parto dal presupposto che vi interessi, perché se è solo per buttarla lì, allora non mi cambia nulla, grazie lo stesso). Serve più a me che a voi capire come posso migliorare uno spiegone, questa roba funziona se riesco a coinvolgere quante più persone possibili, se fosse stata solo una roba fatta per vantarmi, vi avrei attaccato due immagini dove non si capiva un cazzo, una GIF, e l’avrei chiusa lì, non serviva perderci tempo la sera.
Ve lo dico anche come mio umile consiglio su come diventare bravi professionisti, soprattutto in questo settore, se non è vostra intenzione passare come colleghi stronzi (ogni scelta è sacrosanta, seppur discutibile). Le review devono sempre essere costruttive, migliorative e, se avete tempo da dedicare, anche propositive.
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mudimbi · 3 years ago
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LA MIA SECONDA PRIMA VOLTA
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Sono agitato? Forse.
Sì, credo di sì.
È passato così tanto tempo che non ricordo nemmeno più come ci si agita. Credo di esserlo un po', ma forse non abbastanza.
Non manca tanto allo spettacolo. Non so. Due ore, Forse tre. Credo quattro.
Le prove sono andate così così, nel senso che sono andate bene credo, ma anche quelle non mi ricordo più com'è che andavano una volta. Ricordo che non gli davo nemmeno peso "tanto lo so come si fa, figurati se mi servono le prove". Oggi non mi ricordo nemmeno più come si fanno le prove. Dovrei stare attento ai volumi? Mi sento troppo? Mi sento troppo poco? Ci sono le spie, ma io non canto più con le spie non so da quanto. Usavo gli in-ear. Gli in-ear mi hanno rammollito. Sono un viziatelo da in-ear. Sta a guardare. No, ora dimostro a me stesso che sono ancora quello tosto di una volta, che cantava nei rave sotto cassa, nelle serate d'n'b gonfio di droga o nelle dancehall in spiaggia ubriaco e fumato. Sono sempre io. Ce la facevo una volta, ce la faccio ancora. Spero.
"Pier mi puoi alzare solo un po' la voce in spia?"
"Purtroppo no, perché dalle spie esce quello che esce anche fuori e se alzo la voce a te la alzo anche al pubblico."
"Ah."
Sono fottuto.
Sono fottuto.
Sono in un mare di merda.
Già non so se mi ricordo i testi. Quanto tempo è passato dall'ultima volta? Credo fosse l'estate del 2018. Cristo è dal 2018 che non tengo un microfono in mano?! Ma com'è possibile?! Ma che sono stato criogenizzato per tutto questo tempo?!
E poi io la maggior parte delle canzoni che canterò stasera non le ho mai cantate proprio se non quando le ho registrare, due anni fa. Sono fottuto, lo sento.
Sono due settimane che le canto tutti i giorni e tutti i giorni sbaglio qualcosa. Le ho cantante anche un paio d'ore fa, in camera. Stavolta mi sono anche mosso un po' per vedere se mi reggeva anche il fiato mentre mi muovevo. Risultato? Sono in un mare di merda. Avrei dovuto farmela qualche corsetta. Non sono più il ghepardo di una volta. Fottuto divano. Fottuto lockdown. Fottuto io più che altro.
E poi sono un po' preoccupato per i testi. Perché questo non è il mio pubblico. A proposito:
"Ste ma che tipo di pubblico c'è stasera?"
"Vario."
"Ah."
Che cazzo vuol dire vario? Sicuro che al primo "troia" che dico mi arriva una shitstorm di proporzioni bibliche. Però con Gio abbiamo rivisto la scaletta. Credo che così qualche speranza di salvarmi ce l'ho. Iniziare con Ballo era decisamente troppo hardcore. La mia idea era entrare a gamba tesa, ma non sapevo che prima di me ci sarebbe stato uno spettacolo di burlesque. Entrare in scena dopo due ore di burlesque con un "Tra te e la tua amica non so chi è più troia. Girate in due tu succhi lei ingoia." a un non so che di terroristico. Io non faccio musica per questo. Meglio entrare con Il mago. Così mi scambiano per un bravo ragazzo.
Quanto manca?
Un'ora.
Diciamo un'ora.
Bello il burlesque, non l'avevo mai visto.
Sono agitato? Non capisco se sono agitato o meno. Sta a guardare che cinque minuti prima di salire sul palco mi viene il cagotto. Sicuro. Matematico.
Però ho voglia di salire sul palco. Sì, mi sa che ho voglia. Vorrei salire ora. Però ora sul palco c'è Gonzalo completamente nudo con palle e pisello in un sacchetto tempestato di paillettes. Forse aspetto a salire.
Ma non manca molto.
Sento che da un momento all'altro inizio ad agitarmi. Che tra l'altro avrei anche ragione a farlo. Mi agitavo prima quando ero in tour da tre anni, provavo in continuazione le mie canzoni, cantavo con gli in-ear, avevo un...microfono radio! Cazzo non hanno il microfono radio! Glielo avevo anche chiesto! È l'unica cosa che avevo chiesto. Non canto con il microfono a filo dal 2013. Sicuro che con quel filo mi lego per le caviglie come un agnellino. Sicuro. Una volta l'ho strappato con i piedi mentre saltavo sul palco. Che giovane. Che energia. Ok devo ricordarmi di muovermi poco per due motivi: il fiato e il cavo. Ok. Ma se non mi muovo che cazzo faccio? Magari canto.
"Mudimbi!"
Che è?! Ah devo salire. Cazzo, mi sono scordato di agitarmi. Merda. Partiamo male.
Ecco il microfono col cavo. Che bello, mi ci posso impiccare. Ora dico qualcosa di simpatico.
Fatto.
Vabbè cantiamo.
Il mago la so abbastanza dai. Sarà che l'ho cantata sul peggiore, nel senso di ansia, dei palchi. Direi che su questa sono a prova di bomba. Dai sto andando bene, anche il fiato regge. Si alla fine ho fatto bene a cambiare la scaletta. Ballo è complicata anche a livello di fiato, oltre al fatto che non l'ho mai cantata prima in pubblico. Il mago è il migliore dei rodaggi. Ah ok, questo è il buco strumentale dopo il secondo ritornello. Faccio il balletto. Mi sento un coglione. Madonna mi sembro un ciocco di legno. Che schifo. Mi dispiace che sta gente abbia pagato per vedere sta roba. Vabbè. Devo cantare lo special adesso. Comunque dai, è quasi finita. Intendo questa canzone. Alla fine la prima ce la siamo quasi tolta.
"...il mago, c'est moi!"
Finita.
Mo che cazzo dico?
Improvviso.
Meglio se improvviso che quando mi preparo le cose sembro ancora più legnoso di quanto già non mi senta.
Comunque gli devo far capire che le cose che dico non vanno prese alla lettera. Per forza, glielo devo far capire, che sennò entro domani finisco a testa in giù su una croce. Simpatia. La butto sulla simpatia e sul non prendermi troppo sul serio che io sto qua a cantare canzoni mica a fare un comizio.
Simpatia...simpatia...
Chissà se gli sto rimanendo simpatico? Secondo me invece gli sto andando più sul cazzo che altro. Fammi cantare va.
"Muoviti muoviti come se nessuno qui guardasse te."
Cazzo questa è tosta. Parte in extra-beat. E io non so manco se mi basta la saliva che c'ho in bocca. Alla fine de Il mago mi si stava attaccando il labbro superiore alla gengiva tanto mi si era seccata la bocca dall'agitazione. Devo ricordarmi di bere.
Oh ce l'ho fatta. Ho fatto l'extra-beat. E non è stato manco na merda dopotutto. Dai che un po' ho capito come regolarmi con queste spie. Però mi sento sempre un ciocco di legno. Ma com'è che facevo prima? Mi ricordo che ero così agile, così sciolto. Bò.
È già finita?
Cazzo.
Quindi adesso Ballo.
Faccio una premessa? Non la faccio? La faccio breve che le premesse mi stanno sempre sul cazzo, sembra che ti stai a giustificà quando nessuno t'ha ancora detto niente. E che c'hai la coda di paglia?
Ok vado. La canto.
"..........................troia..........................."
Nessuna m'ha tirato una scarpa.
Forse non l'hanno sentito.
Effettivamente l'ho detto veloce.
Vabbè mejo così.
"......ma non è colpa mia se sei una vacca quella non è una vulva è una baracca..."
Aridaje.
Ma che c'avevo quando ho scritto sta canzone? Perché io lo so il significato che sta dietro alle parole che uso, ma davanti a un pubblico che non conosco, dopo quasi tre anni, un po' di ansia che all'improvviso parta un plotone della morte per asfaltarmi mi viene.
".......mi avvicino alla vecchia puttana..."
Ho finito!
Basta. Ce la siamo tolta dal cazzo.
Madonna.
Però sono vivo. Senza segni di percosse. E la gente? La gente era presa bene. Non li vedo tutti perché c'ho i fari puntati al centro delle pupille che anche se mi muovo mi seguono, ma ho percepito della presa a bene.
Dai.
Dove sono quei due ragazzi che mi sono venuti a salutare prima? Mi sa che mi avevano detto dove si sarebbero seduti ma forse l'ho dimenticato. Vabbè, meglio quello che i testi delle canzoni. Comunque mi ha fatto troppo piacere vedere che almeno due stronzi si ricordano di me e si sono fatti la sbatta di venirmi a vedere stasera. Chissà se l'hanno capito che ero veramente felice e anche un po' imbarazzato? Magari avranno pensato che recitassi, il finto cordiale. Sono contento che almeno loro due siano venuti per me stasera.
"Supercalifrigida!"
Questa me la canto davvero da Dio. Bé la canto da quando avevo diciott'anni, se non canto bene questa non canto bene niente. Il fiato c'è. Non mi devo nemmeno muovere troppo, perché questa mi piace cantarla stando abbastanza sul posto. Granitico. La canto da paura. Quanto gli voglio bene a questa canzone. È stata la mia croce e la mia fortuna. Al mio funerale suonate questa per favore. Ma poi, posso dirlo? La canto molto meglio adesso che quando l'ho registrata. Senti che voce che ho adesso. Riesco a tenere un timbro molto più basso, senti come vibra. Quando l'ho registrata c'avevo na voce di uno a cui non sono ancora scese le palle. Forse la devo ri-registrare va.
"...ma siccome tutte le cose belle finisco, siamo già arrivati all'ultima canzone."
Ammazza, già è l'ultima.
Qua mi devo impegnare. El Matador è complicata. Devo fa un sacco di voci diverse. Non so se me le ricorde tutte. Vabbè mo qualcosa m'invento. Oh, comunque alla fine sbaglio sbaglio, mica ho sbagliato così tanto. Sì giusto 2 parole mangiate, ma tanto la gente mica sta a sentì a me, figurati.
Ok vado.
"Sono il più amato dai poveri. Apro ricoveri. Regalo vestiti Coveri."
Dinamicità fratello, dinamicità. Qua ti devi muovere. Ma non mi ricordo come si fa cazzo. Quando torno a casa mi guardo due tutorial di danza.
Aspetta, qui mi ero preparato un passo.
Eccolo.
No.
Non lo sto facendo come me l'ero preparato.
Vaffanculo Michel.
Ok, tra un po' c'è un altro momento identico. Ci posso riprovare.
Eccolo.
Vai.
Lo sto a fa uguale a prima porca di una troia puttana.
Vabbè a casa me lo provo.
Tanto loro non lo sanno che volevo fare un'altra cosa, quindi tranquillo.
Finito.
Non ci sto a capì un cazzo.
Ma com'è andata?
Già che non ho sentito un vaffanculo per me è stato un successo.
"Bis!"
Che ha detto?
"Bis!"
Ma sai che ti dico? Ma chi cazzo se ne frega, stasera vale tutto. So arrivato vivo fino a qua. Famo il primo bis della mia vita.
Supercalifrigida.
Che bellezza. Non avevo mai fatto un bis. È una bella sensazione. È bello vedere che la gente non vuole farti scendere dal palco. Forse non ho fatto così schifo come penso. Che poi non penso di aver fatto schifo. Sicuramente sono stato sottotono per i miei standard. Ma è pure passato del tempo. E c'ho pure n'età.
"Grazie!"
E adesso che succede?
Devo scendere dal palco, ok. Ma dopo?
Mi spaventa questa parte.
Scendere dal palco è sempre un momento decisivo. Più che salirci. Parlo per me almeno.
Scendo pieno d'adrenalina. Pieno di entusiasmo. Pieno di speranza.
Speranza in cosa? In qualcuno che mi dica "Cazzo sei stato bravissimo! Hai spaccato!". Perché io sono il primo a dire che dei complimenti non me ne frega niente, ma solo finché me li fanno.
Comunque ora vedremo.
Spero che vado bene.
Spero davvero che vada bene.
Sono agitato? Forse.
Sì, credo di sì.
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stillhazefromtheblock · 3 years ago
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senza pagare
Le iridi chiare tornano sul bff prima di slittare del tutto verso Haze. « Shottino? ». Un po’ di shottino solo io e te, Haze?
« Oh, che, io? » aggrottando la fronte e scagliando addosso a Merrow uno sguardo in cui lei sarà probabilmente in grado di leggere una cosa tipo ‘io non c’entro niente e non ho nulla con nessuno dei due, quindi posso accollarmi tranquillamente sta cosa senza rischiare di finire a pezzettini nel bidone dell’organico fuori nel vicolo, giusto?’. « Se loro vanno a ballare… » altra innocente alzata di spalle « accollata ». Un’altra occhiata delle loro alla Grifondoro prima di proferire un « ‘nnamo Xavì » cominciando a muoversi verso il bancone dove approderebbe con ambo i gomiti, molleggiando in avanti per sovrastare di poco il chiasso della musica dal vivo ed interloquire con il barista. « Due shot per me e per il mio amico, per favore » analcolici, ovviamente, che tanto il menù passa soprattutto quelli, indicando Xavier con un rapido scatto laterale del capo « direi che se non ci sono obiezioni… » le iridi glaciali che cercherebbero conferma in quelle del Serpeverde « per la scelta della pozione potremmo rimetterci a te » rivolta al barman « stupeficiaci! Altrimenti vai » scegli « tu Xavì, per me è uguale. Basta che non sia contrastiosa, che l’abbiamo già presa: non vorrei rischiare troppa benevolenza, che tutta in una volta potrebbe anche uccidermi ».
« Che c’hai, il singhiozzo? » il tono piatto mentre lo sguardo viene portato verso di lei proprio al termine di quel nome a metà. « È la contrastiosa che ti fa parlare così tanto, quindi? » o sei tu di norma, Coleman? « Stupeficiala. » con un buon shot. « Ancora qui sei? » neanche un secondo dopo, al barman. Ergo, ti muovi che vuole bere?
« No è che il tuo nome intero forse mi fa un po’ cagare perché sembra quello di un farmaco per il reflusso, non ti dispiacerà se ne taglio un pezzetto, mh? » ironica al punto giusto, sostenendone lo sguardo.
E quando i due bicchierini arrivano… « Ti dovrebbero licenziare. » per quanto tu sia lento, barman. Gentile, educato, simpatico e carino come sempre. Osserva il bicchierino avvicinarsi, circondandolo subito dopo con la mano destra sollevando il gomito e simulando un cin-cin in aria, mentre un passetto viene fatto in avanti, avvicinandosi appena un po’ a lei, proprio perché mentre avvicina il vetro del bicchiere alle labbra è la mancina a richiudersi in un pugno facendo spuntare solo l’indice in fuori, lo stesso che tenta di essere appoggiato sotto il mento di lei con l’intenzione di farla sbrodolare con una leggera spinta verso l’alto e quindi all’indietro, durante quella rapida bevuta. Sperando di riuscirci, cosicché da poter buttare giù il suo ed eventualmente ridere.
« Lo scusi, le direi che è ubriaco, ma è semplicemente un c*glione e non vorrei discriminare inutilmente le categorie sbagliate » facendo spallucce verso il barista prima di portare il bicchiere alle labbra e divenire vittima del simpaticissimo scherzetto. Istantaneamente va indietro con le chiappe, sporgendo lievemente le braccia che rimangono protese in avanti, in una mano ancora il bicchierino da shot. Se ne rimane lì sbrodolata fino alla giugulare, le labbra schiuse, la mano che sorregge il vetro parzialmente bagnata dal liquido dapprima in esso contenuto. Quanto meno è riuscita a berne una parte, anche se pochissimo. « Prendi-dei-tovaglioli. » lapidaria « o vedremo quanto è profondo il tuo buco del c*lo perché puoi assicurarti che lo infilo da lì e te lo faccio sputare da sopra» scrollando la mano che brandisce il bicchiere. Attenta princi, t’è caduta la tiara. Intanto quello che aveva da asciugare lo asciuga comunque tranquillamente con il dorso della mano e del braccio, fregandosene palesemente di un suo eventuale giudizio: non ha intenzione di aspettare i suoi tovaglioli. Ed è anche stanca di sorbirsi le sue lamentele sulla noia e la scontatezza delle sue risposte. « Non sono un’intrattenitrice e tu non mi paghi per intrattenerti » detto con nonchalance, il tono di chi sta ripetendo il proprio numero telefonico « sappiamo benissimo entrambi da che parte della sala dovresti essere, e non è né con me, nè con lui » andando ad indicare con uno scatto del capo il barista, intento a versare distrattamente da bere ad altri clienti poggiati al bancone. «Né con Delation, a dirla tutta» alludendo chiaramente a Merrow e scrollando la testa in segno di disapprovazione « perciò te lo dico chiaro e tondo, se cerchi una balia per innescare improbabili reazioni in qualcun altro» la tocca piano, eh « lì è pieno di quaranta-cinquantenni che non vedono l’ora di sentirsi lusingate dalla tua presenza ed avere qualche ultimo secondo di gloria prima di finire nel pattume dei rimpianti giovanili» e dice il tutto fissando di fronte a sé una bottiglia di vetro striata da motivi geometrici particolari « ma per il resto ti ricorderei che la tua sala comune non è la mia, a che Casata appartengo, e che i c*glioni Tassofessi a quest’ora dormono sotto lenzuolini di flanella, non sorseggiano cocktail in un pub per maggiorenni ». Una reazione che nasce dalla consapevolezza di essere solamente un diversivo. Un diversivo che probabilmente sta facendo ingramare non di poco la migliore amica.
« Sei proprio stupida. » il primo commento che ci tiene a dare, così de botto, senza nemmeno pensarci. « Tu non sai proprio niente. » o solo quello che ti è stato riferito. « Quindi dovresti sapere benissimo che la parte della sala in cui dovrei essere me la scelgo io, sempre e comunque » si dà il caso che non abbia intenzione di dover utilizzare chissà quale termine per andare dritto al punto « e che c’è qualcosa che si sa bene » e che quindi puoi sapere anche tu « che se non avessi scelto di star qua, sarei a divertirmi con Delation. » giusto perché è il suo migliore amico, ricordiamolo. « Quindi » rimarcando piuttosto bene un concetto che già di per sé dovrebbe essere stato piuttosto chiaro « prima di dar aria a quella bocca, prova a sentire quello che si muove nella tua testa » aka non dire parole troppo affrettate, pensaci un po’ su « o il cappello parlante ha seguito la lamentela di una bambina che gli diceva ‘Non mandarmi a Tassorosso che non voglio risultare più imbecille di quanto già…’ continuo? » bloccandosi così giusto perché ha già parlato abbastanza.
[…] Si rimpasta la bocca, deglutisce; diventa tutta zigomi ed occhi da iceberg cerchiati di nero. Solo a questo punto dopo aver abbassato le palpebre andrebbe a voltarsi verso il bancone con un movimento secco. « Tu » tentando di richiamare l’attenzione del barista. « Tu, sei sordo? Devo forse tirarti un Redùcto tra le chiappe per farti scattare? » cambiando completamente registro, inviperita. « In questo fo*tutissimo buco del gramo dimenticato da Merlino la servite qualcosa senza i vostri esperimenti da pozionanti falliti dentro? » ora più simile ad una iena; insomma, si sta girando un bel po’ di specie animali. « Se deve essere analcolico per le vostre politiche aziendali del crup, che quanto meno sia decente, che per fortuna quello di prima me l’ha sbrattato per metà lui addosso » scatto della testa verso il Serpeverde. Respiro profondo che le dilata ampiamente il petto, braccia conserte, ora rivolge nuovamente la figura interamente a lui « richiamo quella colonia secolare di pidocchi dall’ufficio di Doragon per farmi rismistare? » chiaro riferimento al cappello parlante.
Cattura quell’umettata di labbra e quell'intenzione a trattenersi, la stessa che sembra nascere in lui dove le labbra non fanno altro che smuoversi in quello che permette di diventare subito dopo uno schiocco, lasciando che la lingua batta fortemente sul palato e le sopracciglia si flettano, come se in quel modo volesse ancor di più affacciarsi al 'discorso' appena fatto. Ma poi si volta di scatto verso il barman che è diventato il capro espiatorio di tutta questa barzelletta per partire con una sfrecciata degna di chi almeno una volta è corso sulla scopa. « D'altronde fanno tremendamente schifo. » in aggiunta, proprio al discorso di lei « Oltre al fatto che più che sbrodolarselo addosso » e lo sbuffo di divertimento è inevitabile « avrebbe voluto vomitartelo, addosso. » scegliendo lo stesso giro di parole per dar un peso maggiore a queste. « Sai cosa? » al barman, dandogli del tu che non gli spetta. « Non vi meritate nemmeno uno zellino per quest'acqua sporca. » giusto per ricordare che tipo ancora non hanno pagato? Ed è pronunciandolo che si ritrova a portare le iridi chiare sulla Corvonero, assottigliando di poco le palpebre per non dare nell'occhio in ciò che, con un passo all'indietro dal bancone, dovrebbe essere piuttosto chiaro. « Dipende. » sei ancora in prova, insomma. Ma basta un « Corri. » per cambiare le carte in tavola. Perché quel che fa è voltare le spalle al bancone e compiere uno scatto necessario per fuggire da lì, verso l'uscita del locale. Lo sguardo che punta indietro nel controllare che Haze faccia lo stesso. Aspettandoselo, in realtà. E nel mentre, in tutto ciò, ride.
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xennnnnnnn · 4 years ago
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3000 euro guadagnati in un giorno di lavoro e un giorno di sbatti all'INPS, sì io se potessi li riprenderei tutti gli anni, ma tu non si capisce bene perché devi sputare su tutti i suggerimenti che ti vengono dati. Sorry se non so quanto costa uno psicologo a Milano, sarà che mi fa schifo Milano e che quando volevo andare dallo psicologo ne avevo uno che costava meno di 3000 euro in un anno, ma anche costasse il doppio non capisco perché non farsi regalare la metà. Btw sorry, volevo aiutarti eh
“È abb abb agghiacciante che tu risponda così a un suggerimento che ti ho dato. Potevi dire "Sorry, not for me", avrei capito, ma la tua risposta saccente e difensiva in cui mi descrivi come idiota perché non so quanto costa lo psicologo dei tuoi sogni rivela null'altro che il fatto che tu non voglia aiutarti. Se mi sbaglio sono happy per te, sai com'è, se ti volevo male non cercavo di aiutarti, ora ciaone“
ma ciao volentieri. Anzi, trasformerò questo in un momento educativo per te e un po’ per tutte le persone che pensano che questo sia il modo giusto di approcciarsi alle persone, e in particolare a persone che manifestano le loro difficoltà socio-economiche e/o di salute mentale.
I tuoi suggerimenti o consigli dati perché “volevi aiutarmi” sono molto semplicemente consigli non richiesti, e questo dovrebbe bastare a farti capire perché siano profondamente inappropriati. Quando uno ri fa capire che i tuoi consigli sono non richiesti sei tu a scusarti e a fare un passo indietro, indipendentemente dal fatto che l’altro te l’abbia detto con gentilezza o con fastidio, soprattutto se si tratta di consigli non richiesti dati in anonimo a una persona che non conosci. Tu ti stai intromettendo nella mia vita speculando su come io potrei pagarmi questo o quell’altro, trattandomi come persona ingrata quando ti faccio capire che i tuoi consigli non sono richiesti e il tuo atteggiamento nei miei confronti è sgradevole. Altre persone hanno commentato i miei post e risposte in maniera tale che dovresti aver capito che le cose forse non funzionano per tutti come hanno funzionato per te, quindi non capisco: cosa vuoi da me? Il tuo modo di porti chiede all’interlocutore di esporsi anche nei suoi aspetti più privati, chiede di svelare dettagli e criticità, di giustificarsi sul perché fa questo e non quest’altro, o perché non vuole fare quell’altra cosa ancora; è maleducato, è violento. Oltre al fatto che ora mi stai semplicemente colpevolizzando perché vivo in una determinata città, e perché oso contraddirti sui costi di determinate prestazioni mediche (chi ti ha detto che sto parlando di psicologi?). Dalla tua parte tutta questa conversazione si basa su una serie di presupposti che sminuiscono l’interlocutore: che io non abbia lavorato o non voglia lavorare, che io sia una persona pigra, viziata, che non voglia “darmi da fare”, che sia una persona che si lamenta e basta, che non mi sia sforzato abbastanza per trovare lavoro, che io sia in grado di lavorare ma semplicemente non voglia, che io non sia consapevole della mia situazione economica, che io non sia in grado di valutare quanto mi costerebbero determinate cure (”non so quanto costa lo psicologo dei tuoi sogni”), che io “non voglia farmi aiutare”  (che è una cosa molto grave da dire a una persona in anonimo),  e così via.
Riporto il tuo consiglio, che prima non ho pubblicato:
Sono sempre la stessa persona ma ti do una dritta, poi se vuoi sputa pure su questa. Se lavori in uno stato europeo anche solo per un giorno, con contratto regolare e senza licenziarti da solX (es. lavori stagionali o occasionali) al ritorno in Italia puoi richiedere una disoccupazione che si chiama Indennità di disoccupazione lavoratori rimpatriati. Ti daranno circa 500 euro al mese per 6mesi (3000 euro). È perfettamente legale e se vuoi ti do dritte per lavori all'estero. 
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armeliastrife · 4 years ago
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Oggi non parlerò di cosplay, e non scriverò in inglese, cosa che purtroppo farà floppare questo post malissimo, di un blog già morto perché quest’anno la voglia di continuarlo è stata pari allo zero assoluto. Difatti ho intenzione di resettarlo completamente e farlo diventare il mio angolino sicuro di sfogo. Lasciare questo come primo post. Perciò cominciamo con il discorsone. Vi è mai capitato di sentire questa frase? “I panni sporchi si lavano in casa. “ Io un’infinità. Tanto che nella mia infanzia ero fermamente convinta che fosse una regola della società, da tenere segreta e ben custodita. I panni sporchi si lavano in casa. Quello che non ti dicono, da piccolo, è che se nascondi troppa polvere sotto il tappeto alla fine diventa una montagna.  Ed è così che è cominciata. Se vi aspettate tutti i dettagli della mia vita mi dispiace, dovrete tirare fuori un po’ di p*lle e venirmele a chiedere. Non ho nulla da nascondere, se chiedete vi verrà risposto. D’altronde sto facendo questo post sia per sfogarmi che per , magari, aiutare qualcun’altro.  Posso dire sommariamente che c’è un motivo se non menziono spesso mio padre, che mia madre ed io abbiamo iniziato ad avere un rapporto semi civile adesso, che molte cose nella mia vita mi hanno portata spesso a chiudermi in me stessa, o a buttarmi a capofitto in decisioni sbagliate, oltre che a sentirmi sempre un peso per il prossimo. In sostanza: prendete un bello shacker, mixatelo, ed avrete un bel margarita alla depressione. Qual’è il problema?  Semplice, non volevo ammetterlo con me stessa. O, almeno, non fino in fondo. Sono sempre stata convinta, in cuor mio, di essere uscita abbastanza bene da ogni situazione. O che, comunque, avrei faticato di meno ad andare avanti se avessi mentito a me stessa, e così ho fatto. Purtroppo non per un giorno, questa cosa è stata perpetrata per anni. Anni in cui mi trascinavo avanti, senza sapere bene il perché. Anni in cui mi sentivo una fallita, inutile, sola, sbagliata e che se fossi scomparsa dal mondo sarebbe stato meglio. E non vi mentirò, quella sensazione non svanisce una bella mattina con il canto degli uccellini che ti svegliano dopo un sonno ristoratore da tutta la merda. Ancora mi sento così, diciamo solo che abbiamo iniziato a spazzare quella polvere sotto al tappeto con uno spazzolino. Ma, al contempo (perché sono gemelli e YEY ho una doppia personalità [?] ... Oh, dai, concedetemi almeno la battuta.), mi buttavo a capofitto sul lavoro, o in progetti che iniziavo per tenermi la mente impegnata. Per crearmi dei bei ricordi, per ribellarmi dal mio stesso essere che mi diceva che ero 0, ripetendosi in cacofonia con delle voci esterne che non riuscivo a scacciare. Anche questo lo faccio tutt’ora. E odio che i piani si scombinino, in quel caso.  Non vi nego che questo mi ha portato a sbagliare, con molte persone. (E delle volte mi ha salvato da certe altre.)  Qual’è il punto? Il punto della questione è “semplice”, vorrei aiutare chi si ritrova davanti una testina di minchia come me, o dare una pacchetta alla testina di minchia come me e dire “Ehy, lo so, non sembra. Mi prenderai per stupida, o solo una che ti vuole sbolognare presto perché non crede che hai un vero problema. Ma è vero, cazzo. C’è una luce in fondo al tunnel. E’ piccola, sembra quasi inarrivabile. Dovrai alzare le chiappe da quel letto/sedia proprio come ti dicevano se vuoi averla. Ma, ehy, ne sono riuscita a vedere uno spiraglio e... Non è L’eden, ma cazzo se è meglio di questo schifo.” Per chi cerca di aiutare: Se la testina è come me, non proponete soluzioni estreme al problema. Molte persone, forse, si offenderanno. Me lo hanno detto in tantissimi negli anni.  “Vai via da quella casa” “Dagli un pugno” “Reagisci” “Chiama la polizia” “Fregatene e ---*continuare a parlare del problema*” Sembra la soluzione più ovvia e logica, e non dico di non farlo per nulla: è un vostro consiglio da amici. Ed in molti, molti casi può essere giusto. Quel che succede però nel momento della crisi è violento e fa un male boia. La soluzione PER ME, e che sono riuscite a carpirla solo le mie amicizie più strette, è parlare a voce. Devo sfogarmi, anche piangendo sapendo che c’è qualcuno all’altro capo del telefono che mi ascolta solo singhiozzare in silenzio. Pian piano riesco a calmarmi, ad aprirmi... E parlare anche di qualcosa di divertente quando la situazione si è appena sbollentata, esterna al problema principale, mi aiuta.  A voi amici aiutanti non vi mentirò: le testine sono snervanti. Perché per un completo check del “lo facciamo stare meglio” avranno bisogno di contatto continuo, anche fuori dalla situazione di crisi. Basta poco, un meme, un messaggio ogni tanto, parlare relativamente di cagate... Ma sappiate che se non sono loro i primi a cercarvi, non lo fanno apposta. Noi testine ci sentiamo di troppo. Un peso. Delle volte tentiamo di non mostrare i disagi fino al crollo massimo. Non forzate troppo la conversazione, ma non abbandonateci. E soprattutto non traditeci. Nel mio caso... le seconde possibilità non sono contemplate. Si diventa come fantasmi, perché se vi abbiamo lasciato avvicinare e dopo ci scaglierete contro pietre, con quelle pietre ci costruiremo un muro per tenervi fuori, come se non foste mai esistiti. E per quelli che rispondono con:-E’ solo un momento, passerà -Sei solo un po’ tragico -Stai provando sul serio ad essere felice? -Prova a cambiare il tuo stile di vita -E’ tutto nella tua testa, sei tu che decidi -Sei tu che non vuoi stare meglio, è colpa tua. -C’è chi sta peggio. -Non ti servono i farmaci! Esagerato/a ....Abbiamo detto di non mentire, no? Bene. Allora sappiate che delle volte, se non si ha nulla di utile o intelligente da dire, è meglio tacere. Peace and love. Per le testine: Ciao, anche tu qui nel girone della cacca? Bene ma non benissimo. Anche a te non mentirò, è uno sbatti di quello potente. Ma proprio potente. Il mio tipo di depressione era quello disordinato: Avevo camera che era una giungla. Sistemavo le minime cose e mi sembrava di aver fatto tanto, faticavo come se avessi fatto tanto, ed invece non riuscivo a fare un cazzo di niente. Certo, fuori in casa aiutavo tranquillamente, facendo brillare anche una stanza intera. Ma la mia stanza? Pf. Non solo. Mi sono chiusa in me stessa, e mi sono al contempo sempre affidata agli altri. Mostravo una faccia sorridente, da piccola mutavo anche il mio carattere per provare a farmi accettare. Poi ho capito che fa schifo. Così, verso le medie, ho provato ad essere asociale. Spoiler:fa schifissimo anche quello. Ho donato tutta me stessa alle persone, ma indoviniamo? E’ pericolosissimo e FA SCHIFO ANCHE QUELLO YUHUUUU. Perciò, come si può fare? Semplice: ammettiamo di avere bisogno di aiuto. Ci sembrerà un crimine gravissimo, che gli altri ci possano prendere per vittimisti, perché abbiamo osato disturbarli, esternare che stiamo male. Perché ce lo insegnano da bambini che stare male è una brutta cosa e va nascosta. Ma non è così. E’ normale. E’ DAVVERO normale. E chiedere aiuto non è sbagliato. Chiedere aiuto è davvero la soluzione. I vostri amici/parenti/san crispini non ci credono? Lo so, non è facile. Ma se in fondo, molto in fondo, vi vogliono bene lo capiranno che state dicendo la verità. Soffro di tricotillomania da quando avevo 8 anni. Fortunatamente non in maniera grave, mi tolgo giusto un po’ le sopracciglia. Mia madre lo sapeva, e non ci ha mai dato troppo peso. Fino a due mesi fa, quando in una delle crisi ha visto proprio il gesto, a cui prima non aveva mai fatto, volontariamente o non. Ha visto che era un mio modo per autolesionarmi. Si, mi faceva scaricare lo stress,come mangiare le unghie può essere per qualcun’altro, ma non era sano. Ora? Ora ho una cura di prova. Sto un pochino meglio. La mia camera sta prendendo una forma carina. Pulire ancora mi pesa (forse sono un po’ disordinata anche nell’animo) ma riesco a dormire di più, a mangiare meglio, a svegliarmi la mattina. (WAH) La cosa più importante per me, però, è che io e mia madre riusciamo ad avere un contatto umano, fisico e non, senza che implichi il litigio o i soldi. Riesce a non guardarmi più solo con disprezzo, ma ad apprezzare tutto ciò che non vedeva prima perché ero sommersa da questa coltre nera di schifo, ed io che percepivo da lei quella negatività e rigetto che mi faceva ancora più male.  Sono solo due mesi, sono ancora all’inizio. Lo spiraglio non è ancora abbastanza grande per farmi passare, è piccolo come una mandorla. Ma ho iniziato, e voglio continuare. Non mi basta un assaggio, voglio tutta la fottuta torta, cazzo.  Non so se ci riuscirò, delle volte mi sento ancora giù.. E ad i miei amici ancora fatico a chiedere aiuto se non nei momenti di stremo. Ma non è una cosa che va fatta di fretta. Un passo alla volta, piano piano. E non importa se vorrai esternarlo come ho fatto io o meno. Decidi tu dove vuoi lavarli i tuoi panni sporchi <3
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yelenabworld · 5 years ago
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Racconto Erotico:
"In una camera d'albergo"
[2014©Yelena b. - Diritti riservati]
“Allora ti aspetto”
Il messaggio recitava così.
Avevo l'indirizzo dell'albergo ma non sapevo la strada, non avevo mai guidato fuori dalla città dove abitavo.
Strano come si possano spezzare le abitudini quando arrivano a soffocarti. Strano come si possa riuscire a fare quel benedetto passo oltre il buon senso e le imposizioni con cui hai vissuto tutta la tua maledetta vita.
Strano come all'improvviso da maledetta diventa benedetta, quella vita.
Forse è l'adrenalina, forse è il brivido, forse è davvero la vita.
Che diamine racconterò a quel fantomatico dio quando morirò?
Quando lascerò questa terra per il “paradiso” e mi troverò davanti il Tribunale Supremo che giudicherà il mio modo di essere terreno...?
Già... che avrei potuto raccontare?
Che non ero stata mai “cattiva” ma solo “umana”?
Non ero un angelo, ero solo una creatura.
Ecco il termine perfetto.
Creatura, figlia del Creato, parte del Creato, Armonia del Creato.
L'unica religione in cui credo... l'unico vero dettame che mi sembra sensato.
Essere. Parte di un disegno bellissimo, un anello di una catena perfetta, attaccato ad un altro anello indissolubilmente.
Ma noi uomini non siamo propriamente anelli. Siamo tutto fuorché anello circolare. Non amiamo essere assoggettati ad un benessere supremo, noi vogliamo solo il nostro, egoisticamente.
Siamo esseri egoisti. Egocentrici. Solo ed esclusivamente tendenti all'IO.
Io voglio, io desidero, io sono.
Ci dimentichiamo il noi fatto a due, figuriamoci il NOI globale.
E' che il 'noi globale' parte dal 'noi' fatto di due entità.
Due anelli che si incontrano e generano altri anelli.
Io ne ho generato uno, che amo molto, ma non ritengo mio.
Cerco di insegnargli che la strada è lunga e che dovrà percorrerla da solo, perché sarà un viaggio in solitaria a volte accompagnati da qualcuno speciale.
Per lui sono rimasta attaccata ad un anello malconcio per anni.
Non ho mai fatto scelte giuste, ho fatto scelte istintive ed è per quello che penso che fossero solo non giuste, ma non fondamentalmente sbagliate.
Ho un cuore malconcio, sempre in movimento, sempre accelerato. Ama. Non ci posso fare niente! Ama tutto quello che lo circonda che risulti vero ed autentico. O per lo meno, sembri.
Mi innamoro delle parole e le ricamo così finemente che diventano liquide.
Non mi entrano dalle orecchie, mi entrano direttamente dai pori della pelle.
Sono una creatura fatta di brividi.
E' così che uno mi entra in testa ed è così che poi mi entra dentro.
“Allora ti aspetto”
Il navigatore dava le indicazioni e io guidavo, nervosa.
Mancava poco, molto poco.
Sembrava un bel posto, quando arrivai nel parcheggio c'erano pochissime auto, il cuore prese a battermi più forte.
Era già arrivato e mi stava aspettando. Cristo, mi mancava l'aria.
Mi diressi verso gli scalini ed entrai nella hall, camminando tranquilla verso la reception.
“Buongiorno Signora”
“A lei” risposi “devo vedere un vostro cliente che alloggia qui, il signor Xxxx”
La ragazza dietro il desk sorrise e iniziò a cercare il nome nella lista del computer.
“Si, il signor Xxxx è nella stanza 27. Può fornirmi un documento?”
“Certo”
“Vuole che glielo chiami al telefono?”
“La ringrazio, non credo sia necessario, so che mi sta aspettando.”
Mi piacque molto il sapore di quello che avevo detto, mi eccitò al punto di bagnarmi ancora di più, come se già non lo fossi.
Salii le scale verso il piano superiore, in cerca della stanza 27.
Chissà perché avevo messo le scarpe col tacco, forse mi sarebbe piaciuto che lui sentisse i miei passi mentre mi avvicinavo, forse volevo sentirmi per una volta diversa da quel che ero, dalla donna scalza 'dentro'.
Non so perché avessi deciso che per lui le cose dovevano andare diversamente, ma le avevo messe quelle scarpe. Per lui.
Per il resto mi ero vestita come sempre, un vestito grigio misto cashmere con collo ampio e maniche corte, non troppo lungo, calze autoreggenti e niente intimo, solo il reggiseno al quale, date le dimensioni e le fattezze del mio seno, non potevo rinunciare.
Le porte sfilavano una ad una, 20... 21... 22... avevo voglia, sempre di più.
23... 24... 25... 26... 27.
Deglutii e respirai profondamente, mentre sentivo i crampi in mezzo alle gambe.
Bussai, il clic della serratura e la porta si aprì.
Non disse nulla, mi guardò e basta, negli occhi, fissa.
Fu un momento assurdo, quasi sospeso, come se tutto si fosse fermato.
Si spostò per farmi entrare.
Chiuse la porta mentre facevo quei fatidici miseri passi verso l'interno, senza soffermarmi sull'arredamento, se non sul letto e sul muro.
Sapeva cosa volevo. E sapeva come lo volevo. Mi avrebbe compiaciuta e a me questo bastava.
Non mi voltai ma sentii le sue mani toccarmi le spalle e la sua bocca respirarmi sul collo.
Avevo messo un profumo, cosa che non faccio mai.
Avevo voglia di profumare di frangipani per lasciarglielo addosso oltre al mio odore di donna. Volevo che ricordasse quel profumo come mio.
Mi abbracciò, aspirando forte il profumo, mentre il calore della sua bocca passava dal collo alla punta dei piedi, in una scia micidiale. La pelle si increspò in un lungo brivido. La barba mi solleticava la pelle insieme a qualche ciocca di capelli, avevo i sensi accesi e palpitanti.
“ciao” sussurai piano
“ciao” rispose stringendomi di più
Le mie mani gli percorsero le braccia, fino a raggiungere le sue, avvinghiandole strette.
Che meravigliosa sensazione sentire il suo corpo addosso, il suo respiro caldo. Avevo i capezzoli tesi, una morsa allo stomaco e una voglia pazzesca.
Chissà se anche lui era eccitato come me...
Se anche lui sentiva quel turbine dentro.
Volevo perdermi senza fingere. Odiavo fingere...
Mi inarcai leggermente contro il suo bacino e lui si liberò le mani, facendomele scorrere lungo le cosce, fino alle ginocchia per poi risalire all'interno fino su, spudorate.
Appena mi toccò, ebbi un sussulto.
Mi strinse contro di sé più forte.
Ora potevo sentire quanto fosse eccitato.
Mi spinse verso il letto, mordendomi il collo, ma senza mollarmi.
Poi si staccò, allontanandosi di un paio di passi per guardarmi.
“Piegati...” disse piano
E io lo feci, lentamente, poggiando i palmi sul ciglio del letto.
Il vestito si era alzato, mostrando la balza delle calze, la rotondità del sedere e una piccola parte del sesso.
La sua mano mi accarezzò i glutei e tirò su il vestito fino alla schiena.
“Dovevi metterle... dio avrei voluto sfilartele ora...”
Respirai forte “sai che non le metto...”
Lentamente scese in ginocchio, mi prese i glutei separandoli, allargando il sesso.
“sei carnosa... e bagnata”
Il primo colpo di lingua fu repentino “dolce...”
L'ho sentita entrare, spingere, bagnare.
Mi sono lasciata sfuggire un gemito mentre mi stringeva le natiche più forte, affondando la lingua più in profondità.
Grondavo di saliva e di umore.
Mi ha tolto il vestito, sfilato scarpe e calze... slacciato il reggiseno... girata e spinta sul letto.
Ora potevo vedere i suoi occhi. Ora potevo vedere come mi guardava.
Mi sono toccata il seno, fissandolo... passata le mani lungo i fianchi, allargando le gambe spudorata.
Ha iniziato a spogliarsi, veloce, mentre le mie dita scivolavano dentro di me.
Era nudo di fronte a me, lo volevo addosso.
Mi prese un piede e se lo portò alla bocca.
“uhm si...”
“Si? Non chiudere le gambe... fammela vedere...”
e continuò a baciarmi le dita mentre guardava la mia figa aperta.
“toccala... fammi vedere ancora come la tocchi... e toccati il seno con l'altra mano...”
Era quello che volevo...
Mi sono accarezzata prima il seno, giocando con i capezzoli fino a farli diventare duri e tesi poi sono scesa lenta... ho lasciato una mano sul seno e con l'altra me la sono accarezzata prima a mano aperta, poi con un solo dito, facendolo scivolavare dolcemente, tanto ero allagata.
Volevo squirtare... volevo fargli vedere come mi procuravo il piacere, quando non era con me... così mi sono lasciata andare. Ho portato alla figa anche l'altra mano, volevo tenerla aperta il più possibile mentre mi accarezzavo, con quel dito dalla fica al clito. Lo lasciavo scivolare dentro, muovendolo avanti e indietro, veloce, grattando un po'. Poi lo facevo scivolare di nuovo fuori toccando ancora il clito e ricominciavo, quasi in una danza rituale... ripetuta ossessivamente...
Mi bagno sempre tanto così... e so che finisco per squirtare... infatti un liquido denso e biancastro cominciò a scende lento e a bagnare il letto.
Lui smise di baciarmi il piede e venne verso di me, verso la fica: si era gustato tutto, ogni singolo movimento, ogni singola espressione, ogni gemito.
L'odore era così intenso ed eccitante.
L'ho osservato mentre mi leccava e assaporava, sembrava avesse capito che non godo quando squirto e che avesse intenzione di farmi godere con la sua lingua, tra le sue labbra.
Gli accarezzai la testa e lo lasciai libero di fare... sapevo che lo avrebbe trovato il punto che mi piaceva, lo sentivo.
Dovevo solo lasciarlo... fare... ipnotizzarmi sul ritmo che stava usando... oddio... si...
Strinsi i muscoli più che potei. Si... si....
“non fermarti.........”
Tremai: l'ultimo tocco e mi ero persa, lui mi tenne stretta continuando a leccare, facendo forza contro di me, fuori controllo che mi contorcevo, ansimando, urlando.
Non so stare zitta quando godo. Non so star ferma... sarei capace di stritolare fra le cosce la sua testa fino alla fine degli spasmi... per poi spingerla via e restare per diversi minuti sdraiata, senza coscienza.
Mi lasciò andare e rotolai su me stessa, affondando il viso sul letto.
Fu così che mi prese, non avevo difese. Mi scivolò dentro senza sforzo, facendosi spazio tra le gambe.
Si sdraiò sulla mia schiena, baciandomi e accarezzandomi mentre mi penetrava.
“non hai finto... stavolta...” sussurrò “non ne avevi bisogno...”
Accelerò il ritmo. Quel suo parlarmi piano nelle orecchie, devastante: lo sentivo su di me... dentro di me... e colavo liquido, più stringevo i muscoli e più colavo liquido.
Qualsiasi cosa mi sussurrasse era elettrica.
Sarei venuta ancora se mi fossi toccata, ma stavolta potevo farne a meno, volevo sentire il suo orgasmo addosso, anche tra le cosce.
Lo sentii sollevarsi e inginocchiarsi sul mio sedere: in un momento la mia schiena fu raggiunta dai suoi schizzi di sperma, potevo sentirlo gemere. I brividi mi percorsero la spina dorsale... ed erano i brividi più belli del mondo.
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lelendemainn · 4 years ago
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Per l’ennesima volta mi ritrovo a scriverti, ma per la prima volta lo faccio sapendoti e pensandoti lontano da me. 
Ormai più di un anno fa ho scritto su un biglietto del treno “sempre a un passo da te, anche quando saremo distanti”. L’ho scritto mentre tornavo a casa dopo i nostri primi tre giorni.
Tante volte siamo stati lontani, ma mai ti ho sentito distante. Sapevo che al bisogno avrei sempre trovato la tua mano tesa a raccogliermi. Le tue parole calde a tranquillizzarmi. E tu sapevi che avresti sempre trovato in me la comprensione che si ha solo a casa.
E invece oggi non solo ti so lontano, ma ho la consapevolezza di doverti tenere lontano, il più possibile da me.
E forse è questa la più grande tristezza, sapere che quello che ho scritto in quel biglietto non era che una grande, e solo mia, convinzione. Oggi tu dormi nel letto dove abbiamo consumato ogni secondo della nostra intimità, mangi nel tavolo dove ci siamo raccontati, cucini senza che io venga a disturbarti perché ho voglia di ballare e ti chiedo un bacio. 
Mentre io cerco di raccogliere quello che rimane per custodirlo con cura, tu cancelli ogni traccia di noi. Ormai non riesco nemmeno più a pensare ad un “noi”, quando scrivo “nostro amore” vorrei subito correggermi. Penso di aver vissuto tutto da sola. Penso di averti amato tanto, ma sempre da sola. La fine della relazione è stata dolorosa ma non inaspettata, la tua uscita dalla mia vita è stata distruttiva.
Ripenso a quello che ci dicevamo, alla fermezza con cui dichiaravamo che saremmo sempre rimasti l’uno affianco all’altro anche senza essere necessariamente presenti, ci bastata la consapevolezza. Ci ripenso e so che lo credevo solo io. Ripenso a quel filo rosso di cui parlavi, quel filo che ci legava e mi chiedo come tu abbia potuto, non solo tagliarlo, ma rinnegarlo.
Quello che mi rimane è la mia versione della storia, il mio amore, i miei momenti. Non riesco più a pensare a qualcosa passato insieme, so che non eri davvero lì come lo ero io. Mi hai detto e scritto tante parole d’amore, l’amore più sincero che possa esistere, quello che prima di tutto vuole bene, ma poi? Non ho mai pensato ad una possibile amicizia tra noi, ma avrei giurato sull’accortezza di uno nei confronti dell’altro e invece ho visto tanta cattiveria in te, cattiveria consapevole e gratuita che sai bene quanto io fatichi a comprendere. Hai scelto di ferirmi consapevolmente, hai scelto di cancellare tutto quello che riportava ad un “noi” portandomi a chiedermi cosa davvero sia esistito e cosa fosse solo nella mia testa. 
Per mesi sono passata dall’idealizzazione, dal tuo ricordarmi come fossi sempre stata l’unica donna della tua vita, la tua anima gemella, quella che riusciva a mostrarti e farti vivere il bello, alla svalutazione, al ripetermi che non ero all’altezza delle tue aspettative e che non mi amavi neanche un po’. Non ero mai abbastanza, mai abbastanza bella, mai abbastanza brava, mai abbastanza intelligente per te. Se cercavo di farti notare le tue disattenzioni nei miei confronti, le tue mancanze di rispetto mi accusavi di vittimismo. Ma se rimanevo in silenzio e accettavo mi chiedevi perché lo facessi, perché non chiudessi una relazione così.
So quanto è confusionario tutto quello che sto scrivendo, ma credo rappresenti la confusione che ho a proposito di noi e di quello che è stato. Sono sempre stata convinta di saperti leggere negli occhi e di averci visto dentro un bene sincero, ero convinta di conoscerti, di sapere che mai mi avresti fatto del male. Era una consapevolezza che andava oltre alla relazione, in cuor mio credevo fermamente che “noi” sarebbe andato oltre a qualsiasi fine di qualsiasi relazione. E dico “credevo” e non “speravo”, perché ne ero convinta, e tu stesso me ne avevi convinta. Il nostro non essere mai riusciti a starci davvero lontani mi aveva portato a credere fortemente che il nostro legame sarebbe andato oltre ad ogni cosa. Oggi invece ti so estraneo alla mia vita, e soprattutto ti so indifferente e disinteressato.
Non dirò quello che questo anno mi ha provocato, penso tu possa renderti conto da solo che la Martina di Agosto 2020 condivide poco con la Martina di Settembre 2019. Ma posso dirti con non poco orgoglio, che la Martina di Novembre 2020 ha in comune, con tutte le Martine precedenti e quelle future, l’entusiasmo, nel senso più lato del termine. La nostra fine mi ha aperto gli occhi e probabilmente ha calpestato parte della mia ingenuità, ma mi ha anche resa consapevole del fatto che il mio amore per la vita è solo mio, che nessuno me lo può portare via. E lo è in ogni momento, in ogni circostanza, in ogni stato d’animo. Niente mi allontana dal mio trovare la vita in ogni piccolo dettaglio ed amarla nel modo più puro e sincero. Ho provato a mostrarti la bellezza che sento e non me ne pento, per quanto tutto questo sia lontano da te spero di essere riuscita a farti sentire, anche per un secondo, il mio mondo. Non ho rabbia verso di te, solo tanta delusione e tanta confusione che mi hanno portata a mettere in dubbio anche il bene che potevi provare nei miei confronti. Ma la consapevolezza del mio mi basta. Ho capito che non posso vivere aspettando la tua parte, non posso piangere per le tue parole dette e non dimostrate. Posso solo custodire le mie e sapere che ogni mia emozione, ogni mio pianto, mia risata e soprattutto ogni mio silenzio, erano immensamente veri. 
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merrowloghain · 4 years ago
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07.08.76 Loghain’s Mansion
(...) stava giusto li, infilandosi l`abito che la Madre ha scelto per lei senza darle minimamente informazioni sull`evento o sugli ospiti di quella sera, apparendo a coloro che entrano con la veste d`un bianco candido, che pare della stessa sfumatura nivea della pelle candida, priva di qualsivoglia imperfezione o neo. Sta dando le spalle all`entrata, rimanendo vicino al sontuoso baldacchino dai colori verde bottiglia, blu scuro, oro e fatto in legno d`ebano nerissimo: i colori della famiglia dei Mastini, ritrovandosi mezza nuda all`arrivo della genitrice e di quel ragazzino che lei inquadra in un primo momento con fare totalmente allarmato. La schiena ancora da coprire con la chiusura dell`abito, le maniche in pizzo ed il tessuto che pare seta a scenderle aderente alle forme esili di quella ragazzina alta come una donna adulta, la cui chioma sciolta è stata momentaneamente tolta dalle spalle e portata sul davanti, forse in procinto di sollevare la cerniera.
Come dovrebbe sentirsi ora che sta per essere effettivamente presentato a Merrow? Non lo sa nemmeno lui, tant`è che balbetta qualcosa di poco comprensibile mentre la donna senza troppi convenevoli apre la porta della stanza della figlia, facendolo passare per primo « Cia` » a mo` di saluto che però gli muore in gola, nell`osservare la cugina mezza svestita « Cosa? » ripete, sorpreso, forse convinto di non aver sentito bene quando la zia prima propone che aiuti Merrow a chiudere il vestito e poi si dilegua. Perciò, rimasto solo con la cugina, il quasi-dodicenne ingoia un groppo di saliva per poi puntare gli occhi scuri sulla ragazzina « Io sono Eoin, il figlio di Fergus, il fratello di zio Angus » una presentazione spicciola, mentre un vago rossore gli tinge le gote pallide « E non ti aiuterò mai a finire di vestirti. » ci tiene a specificare, non sia mai l`altra prenda sul serio il consiglio di Ondine « Però se ci tieni, sposto lo sguardo. » che ragazzino magnanimo, ma al momento non lo fa.
Gli occhi dallo sguardo tagliente, si puntano senza il minimo timore sul viso dai tratti così familiari, del Cugino «E` un piacere.» genuina ma non entusiasta, mentre si muove in sua direzione, portando la chioma nera e mossa come un mare in tempesta, oltre le spalle adesso semi scoperte da quell`oblò che il pizzo crea sulle sue braccia. Passi misurati, in una camminata a schiena ritta in posa marziale, mentre i fianchi ondeggiano leggermente in maniera ferale, prima che un`ondata di Pepe nero e Cannella, invada le narici dell`ignaro Eoin, proprio mentre mani dal candore perfetto, cercherebbero le sue giovani spalle per stringerle brevemente, avvicinandosi con il viso al suo: è un secondo, in cui il collo esile e lungo si piega, con lei che pare mirare verso la sua guancia sinistra, muovendosi all`ultimo in direzione delle sue labbra, avvicinando le proprie in un contatto che cercherebbe morbidamente, a stampo e decisamente privo d`alcun tipo d`apparente malizia.
« Ti ho vista quest`anno a Hogwarts » (...) « Sì, un piacere » ripete dopo un po`, annuendo appena « Anche per me » (...) resta lì ad osservarla, mentre come una fiera in gabbia si muove per la sua stanza. E` questione di attimi e si ritrova il viso della cugina a pochi centimetri dal suo, mentre le stampa quel bacio sulle labbra. Da queste parti ci si saluta così ma di certo non se lo aspettava. La sua calma disarmante rimane, ma viene un po` infranta dagli occhi spalancati e da un piccolo passetto indietro che fa, finendo per sbattere di schiena sulla porta. Ed è forse quel tonfo ad infastidirlo di più, tanto da voltarsi prima verso la porta e poi tornare su Merrow. « Diamine » esala in un sussurro, le guance nuovamente tinte di rosso. « Saluti tutti baciandoli così? Che ragazza sfrontata. Zia Ondine lo sa? » che amore di ragazzino, che punta al sarcasmo per dissimulare il suo fastidio.
A quel "ti ho vista quest`anno ad Hogwarts" il passo che ha verso di lui, rallenta per un istante appena, riprendendo poi con la medesima carica di prima mentre il Cugino ciancia di una sorella di cui al momento, non deve preoccuparsi, forse perchè non le è piombata in camera mentre si stava vestendo. Non replica a niente, almeno finchè non raggiunge le sue labbra con quel morbidissimo contatto breve, che finisce per farlo indietreggiare con quel tonfo sull`ebano pesante, scatenando un sorriso asimmetrico tutto canini bianchi, sul viso spigoloso della Loghain. Gli occhi brillano d`una luce poco sana, mentre osservano quel rossore sulle guance altrui che pare darle un non così sotterraneo senso di soddisfazione «Perchè, tu credi d`esser capitato qui nel momento giusto, solo per tua fortuna?» della serie che se non fosse stato per Ondine, tutto ciò non sarebbe mai accaduto. (...)  torna quindi verso il letto, soffermandosi sulla piccola panchetta foderata di velluto blu notte e dalle zampe leonine dorate a sorreggerla, mentre la Grifondoro prende posto in una maniera così composta ed aggraziata, da poter risultare quasi aliena «Non ti ho visto a scuola.» accusa? Gli occhi si assottigliano appena «Cosa sai di me?» semplice, diretta e schietta, nel domandare di quell`anno osceno che ha passato, in una richiesta d`informazioni che non perde tempo alcuno. Accavalla le lunghe gambe chilometriche, accuratamente nascoste sotto la seta ed il pizzo di quell`abito, mostrando soltanto metà d`un piede affusolato cinto da un sandaletto argenteo e raffinato. Mani che si portano leggermente all`indietro, a sostenere il busto inclinato. Saranno anche entrambi in gabbia, ma c`è da capire chi sia stato chiuso li dentro con chi.
Una volta che Merrow si allontanata, portandosi dietro quel suo profumo così forte, finalmente il ragazzino può tornare a respirare normalmente e soprattutto a perdere quel vago rossore in favore del suo naturale colorito fin troppo pallido. Muove qualche passetto verso sinistra, non per avvicinarsi a lei, ma quasi per prendere le misure di quella stanza osservando svogliatamente le suppellettili. « Nah » risponde a quella provocazione, per quanto sia piccolo sa bene anche lui come funzioni « E` tutto un piano, lo so anch`io » quando parla non la guarda, anzi ha perfino fermato il suo incedere, mentre si rigira tra le mani uno qualsiasi dei soprammobili che ha trovato in giro, prima di rimetterlo a posto. « Ma a me non importa. Sorriderò, dirò a zia Ondine quanto tu sia adorabile così sarà contenta e poi tornerò a casa mia. » continua ma il tono di voce ha preso una tonalità vagamente più forte, meno monocorde di prima « Infondo è tutto su di te, non su di me. » e questo, almeno per il momento, sembra leggermente rallegrarlo. (...) «Troppo impegnata, suppongo. » continua, sentendo l`altra affermare che non si sia accorta di lui a scuola. Il tono torna ad essere quello di prima, monocorde ma sporcato da una vaga vena sarcastica. A quella sua domanda diretta, smette di aggirarla e sposta la sua attenzione dai soprammobili a lei, seduta in posa plastica sulla panca. La osserva nella sua interezza, prima di tornare sul suo viso. « Quello che mi ha detto mio Padre, quello che sta sull`araldica e quello che ho visto a scuola » se la domanda di Merrow era piuttosto diretta, la risposta di Eoin è alquanto fumosa, per non dire criptica « quindi poco. Ma sei mia cugina, la figlia del fratello di mio padre, Merrow. E tanto basta. » termina, mentre gli occhi scuri si illuminano appena di un luccichio d`orgoglio familiare che cozza un po` col tono di voce sempre particolarmente spento. La mancina viene quindi passata tra i capelli, andando a ravvivare quei riccioli scuri da troppo tempo costretti in ordine.
Non nasconde il suo interesse nei confronti altrui, allungando il leggero sorriso di circostanza che aveva preso possesso delle labbra voluttuose, in favore d`uno stiracchiarsi più sghembo, ma anche più sincero, soddisfatta nemmeno si stesse leccando i baffi da bravo felino, al suo accenno di mentire alla propria Madre. Il piede si muove appena in un dondolio leggero, sospinto appena da quella gamba accavallata «Tutto su di me.» replica, come a chiedere d`approfondire, o forse no, continuando a rimirarlo mentre lui posa una piuma color borgogna dall`aria particolarmente pregiata e costosa, dal proprio scrittoio. Incassa quell`insinuazione sui suoi impegni, replicando con voce calda e bassa «O forse eri tu a non voler venire da me.» perchè quell`opzione non le è sfuggita, dato che senza dubbio lei sia più visibile dell`altro, al Castello: squadra di Quidditch, club Pozionanti, diverse punizioni ed un Gramo costante che l`accompagna. Insomma, non passa di certo inosservata, sebbene suo malgrado. Non le sfugge nemmeno quell`accenno a cosa abbia visto lui a scuola, recependo con sguardo vivo, la nebulosità delle sue parole «Tanto basta, appunto.» e dal modo in cui quelle parole le si srotolano via dalla lingua, la conclusione le piace alquanto «Facciamo un patto:» eccolo, il vero animo mercanteggiante dei Loghain «io ti aiuto in qualunque cosa possa servirti a scuola, come una complice di cui non dovrai mai temere la fedeltà...» ovviamente, visto che sono Loghain, e non soltanto parenti «e tu continui a ripetere a tutta la nostra famiglia, quanto io sia adorabile anche tra le mura di Hogwarts.» una mano tesa, metaforica ovviamente, nonostante le biglie luminose che sono i suoi occhi, cominciano a scivolare con lo sguardo sulla figura intera del Cugino, quasi lo vedesse davvero per la prima volta, come se improvvisamente, qualcuno nella sua vita, avesse davvero un valore intrinseco, a prescindere dal rapporto con lei.
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Al contrario di Merrow che sembra abbastanza interessata nei suoi confronti, lui invece non sembra pervaso dalla stessa curiosità. Forse è perché al contrario dell`altra, lui ha passato un anno a studiarla da bravo stalker. Per Eoin lei non è una novità, di come lui potrebbe essere per Merrow. Per questo giocherella coi soprammobili, piuttosto che guardarla. « Mmmh » mugugna, rigirandosi tra le mani quella costosa penna color borgogna, prima di riposarla sullo scrittoio. « Perché non era... mh » una piccola e breve pausa, mentre soppesa le parole per rispondere al fatto che lui non abbia fatto un passo per avvicinarsi a lei durante il suo primo anno ad Hogwarts «appropriato. » conclude, guardandola. Non era tra le cose che Fergus gli aveva detto di fare, probabilmente. Perciò resta molto criptico nell`esprimere ciò che ha visto o non visto di lei a scuola. A quella proposta di fare un patto, assottiglia un po` gli occhi scuri, corrugando la fronte. « Mh, sentiamo » acconsente, infondo qua lei non è l`unica con l`animo da mercante Loghain, per quanto lui lo tenga nascosto sotto una coltre di scazzo e indifferenza. Lascia la sua postazione presso lo scrittoio, muovendo qualche passo in sua direzione. « Non mi sembra un patto così equo » eccolo, infondo è un Serpeverde e deve sempre guadagnarci qualcosa « Per la tua reputazione andrò dicendo quanto sei adorabile, ma » e si ferma, inclinando la testa da un lato « Io ci guadagno un alleato per qualsiasi cosa? Quello dovrebbe essere scontato. Infondo everyone who isn`t us is an enemy, giusto? » domanda retorico, per poi esalare un leggero sospiro. « Ma non importa, avrai il tuo patto. Ma non aspettarti che mi spertichi in chissà quali lodi per te. » ecco, sì che va bene tutto ma non ci allarghiamo. La fedeltà alla sua famiglia comporta che sia naturalmente portato ad accettare quel patto ma allo stesso tempo, non sembra convintissimo su cosa ci guardagni lui. Eppure ha comunque accettato, sangue chiama sangue, c`è poco da fare.
«Appropriato.» e sorride, perchè quel termine, per un Loghain, ha un sapore quasi del tutto sconosciuto. Comincia a mordicchiarsi leggermente il labbro inferiore, abbassando appena le palpebre in un languore non meglio specificato, mentre è palese tutta la miriade di considerazioni silenziose che le si stanno accavallando nella mente. Espone il suo patto, dopo quell`acconsentire verbale di lui che precede il suo avvicinarsi «Se non ti sembra equo è solo perchè non sai il valore dell`avermi come alleata.» piuttosto che nemica, piuttosto che indifferente. Annuisce in un moto di fierezza, sollevando appena il mento non appena quella frase sulla famiglia viene pronunciata, concordando pienamente alla sua retorica «Essere alleati però, non è come essere "solo" parenti.» come se due Loghain potessero essere "solo" parenti, poi «Ci sono molte cose che non sai: del castello, degli studenti che lo abitano, dei professori. Un mucchio d`informazioni a cui potrai accedere senza riserve..» solleva la mancina, sorreggendo il busto solo con la destra mentre porta la mano adornata al mignolo da una fedina in oro bianco, sopra il petto, indicandosi con delicatezza, in uno sfiorare di polpastrelli sul vestito «... da me.» niente popò di meno che. Lentamente quindi si sporge in avanti, disaccavallando le gambe chilometriche ed innalzandosi nuovamente nel suo quasi metro e settanta, per avvicinarsi a lui con quella particolare camminata che la contraddistingue, lasciando la sua scia di pepe nero e cannella, mentre la destra va a spostare la riga laterale e scomposta della folta chioma, dalla parte opposta «Siamo sangue, pelle, ossa, fatti della stessa sostanza.» gli arriverebbe di fronte in un piegare di collo simile a quello che ha avuto lui in precedenza «Siamo le viscere tra cui gli Arùspici determinano il futuro. E tu sei *Mio*» calca con forza quel possessivo, in un accendersi d`animo che è fiamma pura, malsana e soffocante «tanto quanto io sono *Tua*» reciprocità concessa per diritto di nascita, per qualcosa contro cui nemmeno lei può combattere. E` il loro motto, il loro vanto, e la loro maledizione, in una famiglia che si prende tutto, mescolando anime in un unico calderone incandescente «Non voglio lodi. Tieni solo la bocca chiusa.» calda ed intima, risulta la voce «E non finirai rinchiuso nel bagno di Mirtilla Malcontenta a testa in giù, dopo il banchetto d`inizio anno.» e nonostante sia una minaccia seria, presente, forte, il tono è quanto di più vellutato esista, richiamando quella musicalità che appartiene alla Madre e che lei sporca con il torbido animo ereditato dal Padre «Credo che io e te, andremo molto d`accordo, Eoin.» gli sorride, proprio come potrebbe fare una leonessa ad un leone, prima di cercare d`insinuare la sua destra al braccio sinistro del Cugino, in un tocco serpeggiante ed intimo «Ed ora da bravo, scortami di sotto, e fammi sentire quanto sono adorabile.» leggero ridacchiare, cupo ma genuino, in una complicità che sente viva, sotto quel sibilo diffidente che è il loro atteggiamento reciproco.
Ha accettato quel patto senza quasi battere ciglio, il richiamo del sangue è stato più forte della diffidenza verso qualcuno che conosce a malapena, eppure non sembra poi così convinto della convenienza di questo patto. « Su questo non posso darti torto. » infondo sul fatto che Merrow ne sappia di più non può certo controbattere, lei a settembre inizierà il suo quarto anno e per forza di cose ne sa di più di uno che ha solo appena finito il primo. Eppure c`è sempre un "ma" lasciato muto, come se per lui mancasse qualcosa. Però è facile incantarlo, soprattutto se ti chiami Ondine o se sei sua figlia. Per questo la osserva muoversi, irrigidendosi appena quando si fa più vicina, memore dell`ultima volta. Per questo la osserva con quei suoi grandi occhi scuri spalancati, mentre gli rivolge parole che ha già sentito, che sente da tutta la vita. Parole pregne di significato. Si ritrova ad annuire, specchiandosi negli occhi chiari dell`altra. « Sì. » annuisce, imbambolato quasi come solo un ragazzino di dodici anni potrebbe esserlo al cospetto di una ragazza più grande « Per sempre. » che lui sia suo e lei sia sua, e questo non cambierà mai. Così è e sarà sempre, in una pesante eredità a cui non possono sottrarsi. « Non l`avrei fatto comunque. » sperticarsi in lodi, ovviamente. Stiracchiando appena un sorrisetto sulle labbra carnose, mentre glissa elegantemente sulla minaccia di ritrovarsi la testa nel cesso. Perciò la cugina cerca di aggrapparsi al suo braccio e lui la lascia fare senza resistenze, perdendo parte di quella rigidità acquisita in precedenza, quando l`altra si è avvicinata. E poi è stato educato per essere un perfetto cavaliere, perciò raddrizza la schiena per ritrovare la postura adeguata per condurre una giovane dama a cena. « Bene, miss, mostriamo a tutti quanto tu possa essere adorabile. » perciò farebbe per andare verso la pesante porta d`ebano, non prima di aver aggiunto « E che meraviglioso cavaliere sia il sottoscritto. » soprattutto poco modesto, oltre che di poche parole. Però comunque la condurrebbe effettivamente al piano di sotto, per la gioia di Ondine che li ritroverà sottobraccio e adorabilmente in sintonia. Un`adorabile finzione.
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intotheclash · 4 years ago
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"Ehi, Pietruccio, ci sei ancora?"
La voce di Tonino proveniva da una zona remota della mia testa, ma ebbe comunque la forza di trascinarmi indietro.
"Certo che ci sono! Stavo pensando!"
"E a cosa? Alle chiappe di culo sulle cartoline?" Disse il Tasso, guardandomi con malizia esagerata l'uccello.
Cavolo! Mi era venuto duro! Di sicuro avevo continuato distrattamente a toccarmi, mentre ero perso nel fondo dei miei pensieri.
"Ci hai fatto preoccupare! Ti abbiamo parlato tre, o quattro volte, ma tu niente, Dove cazzo stavi col cervello? Sembravi Schizzo!"
"Io lo odio il mare! Con tutte le mie forze lo odio!" Disse Schizzo, a riprova che la similitudine era perfetta.
Lo fissammo per un istante e scoppiammo a ridere. Povero Schizzo, tutti eravamo a conoscenza della sua disavventura e ci venne subito in mente. E non solo noi, i suoi amici, la conoscevamo, l'intero paese ne era al corrente. D'altra parte, è risaputo, in un piccolo centro funziona così: tutti sanno tutto di tutti. Capita anche che sappiano molto di più. Sanno cose che non sono mai accadute e che, con molte probabilità, non accadranno mai, eppure le sanno, C'è sempre qualcuno che le sa. Qualcuno che le sa e qualcun altro che glielo ha detto.
Iniziammo a lanciare sassi nel fiume, cercando di colpire tutto ciò che galleggiava.
"Facciamo una gara!" Propose bomba, lanciandone uno ben oltre l'altra riva.
"Che tipo di gara?" Chiesi
"A chi va più lontano!"
"Che cazzo di gara è? Tanto lo sappiamo che vinci tu! Non hai un braccio, ma una catapulta!"
"Facciamo la gara di seghe! A chi viene prima!" Propose Tonino, come alternativa.
Perché no? Eravamo nudi come vermi, l'attrezzatura era in bella mostra e la voglia non mancava mai.
"Va bene, però Sergetto è fuori e fa da giudice. Con lui non si può gareggiare, è svelto come un fulmine!"
"Col cazzo che sono fuori! Voglio giocare anch'io!" Protestò ferocemente Sergetto. Anche perché quella era l'unica gara in cui ci passava la biada a tutti.
"Io non voglio farla!" Si lamentò Schizzo, arrossendo.
"Perché non ti si rizza!" Lo punzecchiò il Tasso
"Certo che mi si rizza! Ed è pure più lungo del tuo! Non mi va e basta!"
"Non ti si rizza! Non ti si rizza!" Lo sfottemmo in coro, girandogli intorno.
"Andate tutti a fare in culo! Portatemi qui le vostre sorelle e vedrete se mi si rizza!"
"Allora fai il giudice di gara. Come a Giochi senza Frontiere." Disse Tonino.
"Mi sa che tu non ci stai con la testa. Secondo te io sto qui a guardare che vi fate le seghe?"
"Che male c'è?"
"C'è che mi fate schifo! Ecco cosa c'è." Concluse Schizzo, tuffandosi in acqua.
Non ci restava che iniziare la gara. Anche senza giudice. Tanto l'esito era scontato. Ci mettemmo in fila, spalla contro spalla: pronti? Via! Partimmo a razzo, mezza lingua di fuori, che, in quelle occasioni, sembrava aiutasse e la mano che andava su e giù come il pistone di una Ferrari. Non ci fu nulla da fare, quel coniglio arrapato di Sergetto trionfò in meno di un minuto. Lo odiavamo per questo. E lo invidiavamo anche. Solo qualche anno dopo ci saremmo ricreduti, felici che quel primato fosse tutto suo. Dopo un po', anche io, Tonino e Bomba tagliammo faticosamente il traguardo. Il Tasso era rimasto indietro. Terribilmente indietro, lui non arrivava mai. Mentre si accaniva a testa bassa sul pezzo, lo incitavamo e lo prendevamo per il culo contemporaneamente. Gli ci volle una mezz'ora buona, per arrivare felice e sudato alla bramata meta e noi lo portammo in trionfo come un vincitore. E lo era davvero. Anche questo lo avremmo capito più tardi, insieme alle nostre donne. "Beati gli ultimi, che saranno i primi", in questo campo specifico, forse solo in questo, valeva per davvero.
Terminate le solenni celebrazioni, saltammo nel fiume e raggiungemmo Schizzo, che, nel frattempo, stava cercando di far navigare un vecchio tronco marcio recuperato dalla riva. Ci sistemammo tutti su quella sottospecie di maleodorante zattera e ci lasciammo cullare da quell'indolente corrente. Gli uccelli si fermavano a guardarci stupiti e il sole martellava la nostra pelle senza troppa cattiveria.
"Certo che, a noi ragazzini, di "fregnacce" ce ne raccontano tante." Disse Tonino, con lo sguardo perso da qualche parte sulle canne dell'altra sponda.
"Hai fatto la scoperta dell'acqua calda." Risposi, cercando di capire cosa stesse guardando.
"No, dico: a parte Babbo Natale, la Befana, come nascono i bambini, quella che se ti fai le seghe diventi cieco è proprio la stronzata più grossa che abbia mai sentito."
"Bene, bravo! Ma ora che cavolo c'entra?"
"Ci stavo pensando prima. Mentre stavamo facendo la gara. Ho guardato prima Schizzo, poi noi, poi ancora lui che era l'unico a non gareggiare."
"E allora?"
"Allora ho pensato che non solo quella storia è una palla gigantesca, ma che, forse, è vero l'esatto contrario. Che diventa cieco proprio chi non si fa le seghe!"
Ridemmo felici per la scoperta. Sembrava chiaro che avesse ragione Tonino. Non c'erano santi. E quando se ne fosse convinto anche Schizzo, di sicuro non avrebbe disertato una gara.
"Ehi, guardate laggiù!" Urlò improvvisamente Sergetto.
Ci voltammo di scatto, tutti insieme. A quell'età la curiosità è vorace come una belva feroce digiuna da settimane. Un branco di mucche pezzate, bianche, nere e marroni, stava placidamente guadando il fiume su in una secca; forse in cerca di pascoli migliori.
"Stanno attraversando il fiume! Il nostro fiume!" Aggiunse, facendosi torvo in viso.
"Addirittura nostro!" Commentai sarcastico.
"Certo che è nostro. Qui ci veniamo solo noi. Così ci sporcano l'acqua, bestiacce maledette!"
"Ma che cazzo dici? Come fanno a sporcarci l'acqua se sono più a valle? Certo che ne spari di palloni!"
"Non me ne frega niente! Questo fiume è nostro e io qui non ce le voglio! Andiamo a prenderle a sassate!"
Seguì un coro di: andiamo! andiamo!, ma io rimasi in silenzio. Ero perplesso. Mi piaceva lanciare sassi e avevo anche una bella mira. Certo, non lanciavo lontano come Bomba, ma ero molto più preciso. Però non mi piaceva colpire gli animali, mi facevano pena, tutto qui. Facevo un'eccezione soltanto per quei schifosi ratti di fogna che, ogni tanto, incontravi per le vie del paese e per le odiate vipere. Ma era un altro discorso. Decisi di passare la mano. Nuotai fino a riva e mi sdraiai su uno dei tanti massi levigati che sbucavano prepotenti dalla vegetazione e mi misi ad osservare in disparte la spedizione punitiva. I miei amici arrivarono, con passo lesto, ad una decina di metri dalla mandria, poi diedero inizio ad una fitta sassaiola. Le povere bestie furono colpite a raffica, anche se diedero l'impressione di non curarsene troppo. Insomma, sembrava non considerassero le sassate più fastidiose delle centinaia di punture di mosche e tafani che subivano in continuazione. tuttavia la cosa non mi piaceva lo stesso. Decisi di alzarmi ed andare a porre fine a quello stupido gesto. Non feci in tempo. Dalla riva opposta partì, come un proiettile, un pezzo bello grosso di legno marcio e, per quanto lo trovassi impossibile, arrivò dalla nostra parte ed andò a schiantarsi contro il povero Bomba che cadde al suolo come un sacco di patate. In quell'attimo si fermò il mondo. Lo stupore si poteva tagliare con la motosega, tanto era presente. A farci uscire da quella fase di stallo fu un sasso. Un sasso lanciato dallo stesso punto di prima. Sasso che, con altrettanta forza e precisione, andò a colpire Sergetto proprio in mezzo alla testa. Lui lanciò un urlo disumano e, subito dopo, come a fargli compagnia, anche una gran bestemmiona. Rimase immobile, con le mani in testa, per un tempo indefinibile, gridando: "Non ci vedo più! Non ci vedo più!"
Fummo azzannati dalla paura, paralizzati, ma, per fortuna, subito dopo tornò a vederci. anche se quello che vide peggiorò la situazione. Si portò la mano destra davanti agli occhi e constatò, con la paura che gli si allargava in faccia, che era sporca di sangue. Del suo sangue. A quel punto le lacrime tracimarono dagli occhi e si trasformarono ben presto in un fiume in piena. Fu così che la paura si trasformò in rabbia e i miei amici iniziarono a lanciare tutto ciò che capitava loro a tiro verso il punto in cui aveva avuto origine il fuoco nemico. Io me ne rimasi ancora in disparte. Ancora dovevo capire.
Finalmente riuscimmo a vederlo. Dapprima solo una sagoma oscura tra i fitti cespugli dell'argine, poi, piano, piano, venne fuori la forma di un ragazzino, più o meno della nostra età, scalzo, con i pantaloncini corti e a torso nudo. Non sembrava affatto impaurito. Non fosse altro che per la differenza numerica. E, con nostro grande stupore, ce lo dimostrò pure. Saltò in groppa ad una delle mucche e ci raggiunse attraversando il fiume.
"Certo che ne ha di coraggio!" Pensai.
Fu Tonino a parlare: "Guarda come cazzo lo hai conciato! Gli hai rotto la testa, brutto figlio di puttana!" E gli mostrò, come prova, la zucca di Sergetto che ancora frignava.
Gli aveva detto proprio figlio di puttana! Era l'offesa mortale! Quella che necessariamente significava: cazzotti! Poteva passare solo tra amici stretti e detta per scherzo; ma urlata in quel modo ad uno sconosciuto! Nessuno di mia conoscenza avrebbe lasciato correre. Era la regola. Anche a costo di prenderle. Era una questione di onore. Eppure il nuovo arrivato sembrò non dargli peso. Rimase lì, immobile come un masso. Non era minimamente turbato. forse perché, nudi come eravamo, facevamo più ridere che spavento.
"Avete iniziato voi." Si limitò a dire. Con un tono così calmo che faceva quasi paura.
" Anche a me potevi rompere la testa, brutto stronzo di un matto!" Rincarò la dose Bomba.
"Avete iniziato voi." Disse ancora.
Era il turno del Tasso. Ma lui era uomo d'azione, non di parola, fece l'unica cosa che era capace di fare, caricò a testa bassa il nuovo arrivato, menando pugni all'impazzata e sbuffando vapore come un toro nell'arena. Il ragazzino con i calzoncini non mosse un muscolo. Attese la carica con le braccia conserte, quando il Tasso gli era praticamente addosso, veloce come il demonio scartò di lato e con uno sgambetto lo fece finire lungo disteso nel fiume.
Non potevo più aspettare, dovevo intervenire. Tra i miei amici, ero io il più bravo a fare a pugni, toccava a me condurre le danze. Certo, l'avversario sembrava una brutta bestia, anche troppo brutta, ma dovevo farlo, non potevo rimetterci la faccia. "Adesso basta, vuoi fare a botte? fallo con me!" Dissi.
I miei amici si fecero da parte ridacchiando nervosamente e urlarono in faccia al mio nemico: "Ora sono cazzi tuoi, stronzetto!"
Non è che io ne fossi troppo convinto, ma, come si dice, il tifo aiuta sempre.
"Non mi batto con te." Disse quello, sempre con quel tono gelido.
"Meno male" Pensai. Ma "Perché no? Hai paura?" Mi sentii dire.
"Non ho paura, è che tu sei l'unico che ha lasciato in pace le mie mucche. Non mi batto con te."
Aveva ragione, per Dio! E anche per fortuna! Avevo lasciato in pace le sue mucche! Feci qualche passo avanti e mi presentai: "Io mi chiamo Pietro, e tu?"
Quello mi fissò per un attimo, fece una smorfia che somigliava vagamente ad un mezzo sorriso, si voltò e ritornò nel nulla da dove era venuto.
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