ghiacciointempesta
Ghiacciointempesta
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• Sorry, is all that you can say. • Adesso siamo due estranei incapaci di parlarsi, bloccati da lettere e parole che non riusciamo a riordinare, con 8.518,41 pensieri e dannatissimi kilometri tra noi. E queste mani fredde che non riescono a toccarsi.Giulia | 23 primavere.
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ghiacciointempesta · 3 years ago
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L
Yesterday I got pretty drunk, said something that I shouldn’t have, told you that I really loved you, you do not reciprocate those feelings but that’s ok I’ll be fine anyway.
La televisione è accesa e manda l’ennesimo episodio di una sitcom che sto seguendo senza veramente prestarci troppa attenzione. I miei occhi sono immersi nel contenuto del bicchiere che tengo in mano, piuttosto traballante ora che ci faccio caso. Questo vino che ho comprato fa abbastanza schifo, eppure fa il suo lavoro. Lo lascio roteare un paio di volte nel calice, osservando le bollicine frizzare piano e poi disperdersi veloci nel liquido dorato; poi prendo un sorso, allungando il braccio oltre il bordo del divano per prendere la bottiglia ai miei piedi. L’etichetta - di un pacchiano nero con scritte oro - ne decanta i sentori floreali e le note agrumate, ricamando la denominazione con descrizioni di vitigni e fermentazioni. Faccio una smorfia e ne verso ancora un po’ nel bicchiere: con 12% di grado alcolico non c’era dubbio che mi sarei ubriacata, ed era proprio a questo che volevo arrivare.
Perché non ho il coraggio di affrontare la situazione. Ho passato gli ultimi sei anni della mia vita a parlargli di tutto eppure non riesco a dirgli questo, questo piccolo insignificante dettaglio che mi sta mangiando viva da sei mesi. E ad essere sincera è anche stupido che io mi faccia tutti questi problemi, dato tutto quello che ci siamo detti in precedenza.
Do un’occhiata alla finestra e poi all’orologio che mi brilla sul polso. Sono le due del mattino. È tardi, penso riportando gli occhi alla tv, anche se ormai la mia concentrazione è andata a farsi benedire. Quante notti passate al telefono, a parlare di tutto e di niente, a starci accanto attraverso le linee telefoniche.
Probabilmente lui avrà appena finito di lavorare, magari sta tornando a casa. Ricordo di un paio di anni fa, quando rientrava ad orari assurdi e mi chiamava nel cuore della notte perché gli facessi compagnia; inevitabilmente finivamo col prenderci in giro ma non riattaccavo mai prima che arrivasse a casa sano e salvo.
Ho messo il cellulare a faccia in giù sul tavolino da caffè perché potessi trattenermi dal fare cazzate, ma questo era circa tre bicchieri di Sauvignon fa e adesso sono poco lucida e troppo emotiva per prendere qualsiasi decisione razionale. Comunque, mi trattengo. La nostra ultima telefonata notturna non è stata decisamente la più piacevole, anche se era iniziata così bene.
————
“Ciao. Come mai mi chiami a quest’ora?”
“Ehi è così che mi rispondi? Nemmeno un ‘come stai?’ o un ‘che piacere sentirti’?” Sorrisi come una scema al finestrino dell’auto.
“Te l’avrei detto se fosse stato un piacere davvero”
“Ah si? Va bene, allora non ti chiamo più” e lo sentii allontanarsi dal ricevitore. Per un attimo temetti che riattaccasse, quindi m’affrettai a ripescarlo.
“Dai! Come stai, mio caro? Per quale motivo mi stai chiamando?”
“Bene, grazie. Tu come stai?” Sospirai, vedendo le strade di una notturna Parigi scorrere oltre il vetro.
“Stanca, ho appena finito di lavorare. Allora?”
“Hai lavorato tanto? E comunque niente, volevo rompere le scatole a qualcuno e ti ho chiamato” e di nuovo un sorriso.
“Ah adesso funziona cosi? Mi fa piacere!” punzecchiai, sapendo quanto lo divertisse darmi sui nervi
“Eh si funziona così. Dove sei, ti disturbo?”
“No. Sono in Uber, sto tornando a casa. Tu?”
“Ho staccato da poco, sto bevendo una birretta con dei colleghi”
“Capito.” Ci fu un piccolo momento di silenzio.
“E poi volevo sentirti”Il primo tuffo al cuore.
“Ah si eh?”
“Si. Perché, non posso?” avrei potuto dire che stava facendo un sorrisetto malizioso anche a tutti quei kilometri di distanza, talmente lo conoscevo bene.
“No figurati, ci mancherebbe altro.”
————
Sbatto le palpebre per riprendermi dai miei pensieri e affondo la mano nella ciotola dei popcorn. Adoro mangiarli ma detesto doverli preparare, e mi sono resa conto che dopo averci dedicato più di mezz’ora del mio tempo non li ho quasi toccati per tutta la sera, troppo occupata a bere per pensare a riempirmi lo stomaco.
Un po’ come la mia relazione con Blake: lo amavo ma detestavo come mi faceva sentire, e dopo aver impiegato due anni a cercare di farla funzionare sul serio mi sono accorta tardi che non sarebbe mai andata come volevo io perché ero troppo persa nell’immaginare come avrebbe potuto essere.
La serie prosegue con un nuovo episodio e sembra cadere proprio a pennello con in mio stato d’animo. Uno dei protagonisti si è innamorato dell’altro, che però non lo ha capito. Com’è assurda la vita. Tutto attorno a noi ci bombarda con le definizioni giuste e sbagliate d’amore, ci riempie di film, canzoni, serie, video, storie di amori sbagliati e complicati che però in qualche modo succedono e talvolta funzionano. Ma la verità è che non basta amarsi per essere felici. Non è sufficiente provare un sentimento del genere per qualcun altro, bisogna avere la situazione dalla propria parte. Può succedere come no, e a volte devi combattere perché succeda, faticare per far incastrare pronostici e karma. Ma quando succede, alla fine quello che ti serve è il coraggio. Senza coraggio va tutto a puttane, e mi pare di esserne diventata così esperta da poter tenere delle conferenze a riguardo.
————
“È un peccato che tu non ti fidi.”
“Non ho mai detto che non mi fiderei di te”
“No, però delle relazioni a distanza tu non ti fidi.” a questo punto gesticolai nel vuoto e quasi al buio del mio salotto, mentre mi sembrava di rivivere la stessa conversazione per l’ennesima volta.
“È solo che… è difficile per me dopo...”
“...dopo quello che hai passato con la tua ex. Lo so Blake, ma io non sono come lei”
“Non ho mai detto che sei come lei, assolutamente” come al solito mise le mani avanti, e come al solito la cosa non fece che irritarmi
“E allora qual è il problema vero? Dimmelo. Voglio saperlo.”
“È... complicato” sbuffai esasperata, portandomi una mano nei capelli.
“Ho bisogno di saperlo, me lo devi dire.”
————
Non ero preparata a quello che mi disse dopo, e a ripensarci adesso forse non lo sarei mai stata per come le cose si svelarono. Come si può amare una persona dopo che ti ha fatto tanto male? Puoi amare qualcuno che decide di ferirti consapevolmente, non dettato dalla collera o dalla delusione? È passato poco ma ricordo ancora quella notte, probabilmente è per questo che passo tutte le altre da sola a fissare il soffitto o a bere vino scadente. Può essere che cerchi di affogare nei fiumi dell’alcool per ovviare al bere le mie lacrime. E nel frattempo mi dico che non posso essere davvero incazzata perché l’ho obbligato a dirmelo, ho insistito affinché parlasse. Quindi immagino che sia un concorso di colpe.
E se non posso essere incazzata, e non c’è nulla da vendicare o da rimpiangere, cosa mi resta?
La delusione, forse. La ferita.
E la consapevolezza che se mi avesse amata mi avrebbe risparmiato una tale sofferenza.
————
“Avremmo potuto farla funzionare. Saremmo potuti stare insieme ed essere felici, ma tu ti fai condizionare da una cosa del genere e io non riesco proprio a capire perché. Mi sembra assurdo.”
“Lo so, e tu non centri, è un mio problema. È per questo che volevo venire da te.”
“Per cosa?”
“Per provarci davvero. Nonostante le mie paure io sarei venuto, e ti avrei detto di provarci ma adesso lo so che con quello che ti ho detto è cambiato tutto” Cercai di riprendere il mio respiro perso fra i singhiozzi, invano.
“Saresti venuto qui a dirmi di provarci senza dirmi di questa cosa? E come avresti fatto più avanti, su quali basi avremmo costruito una relazione io e te così?”
“Io... l’avrei superata”
“Quindi l’avresti superata più avanti ma non sei riuscito a farlo negli ultimi due anni...” ci fu un lungo silenzio, riempito dai flebili versi di chi piange da entrambi i lati della cornetta.
“È per questo che non volevo dirtelo, perché sapevo che ti avrei fatto del male.” Piangeva anche lui, e anche nel bel mezzo di quel dolore così opprimente non dubitai che fossero lacrime vere.
“No, va bene. Dovevo saperlo, e poi ho insistito io nel chiedertelo.” Presi il fiato e la dignità necessari per ricompormi e dire qualcosa, qualsiasi cosa mi concedesse di concludere quanto prima quella chiamata, perché sapevo che più tempo restavo al telefono, più pezzi ci sarebbero stati da raccogliere. E allo stesso tempo, masochisticamente, non volevo riattaccare.
“...”
“Va bene, io... io starò bene. Ho solo bisogno di tempo però. Devi darmi un po’ di tempo.”
————
E di tempo me ne aveva concesso, devo riconoscerglielo. Fu la settimana peggiore della mia vita, il mio inferno personale; ancora oggi quando soffro ripenso a quel momento e mi dico che ho attraversato il cerchio di fuoco e son riuscita a non bruciare completamente. Quando lo richiamai aveva una voce sfinita, e devo ammettere che lo feci solo per vomitargli addosso tutta la mia rabbia: ho imparato a posteriori che non serve a niente e che ci vuole tempo per tutto. E quando la sofferenza si è placata ed ho rivisto la pace, ho provato a considerare la situazione da tutte le prospettive.
Quindi, ho capito.
Niente è nero o bianco a questo mondo; e le sfumature te le perdi quando vedi le cose da troppo vicino.
Netflix mi chiede se sto ancora guardando e francamente non ricordo nemmeno quando ho smesso: perciò con non poco sforzo spengo tutto e la stanza cade in penombra. Mi sono accorta che ha iniziato a piovere. Com’è giusto che sia.
Non avrei dovuto bere così tanto; la mia capacità di giudizio è offuscata e tutto quello che riesco a pensare è quanto muoio dalla voglia di risentire la sua voce. Credo che adesso nel mio cuore ci sia solo mancanza: vorrei che mi stringesse e mi dicesse che tra noi non è cambiato niente.
E anche se questo vino fa schifo sta facendo il suo effetto, mannaggia il mondo.
Prendo il cellulare dal tavolino e me lo rigiro tra le mani, stando attenta a non avviare la chiamata quando capito davanti al suo numero in rubrica. Prendo un altro sorso e contemplo le mie opzioni: mi piace pensare di averne molteplici, quando in questa versione della realtà fatta di bollicine aromatiche ne ho - di fatto - solo due.
O lo chiamo. Oppure no.
Lascio che la mia testa ciondoli da una parte all’altra un paio di volte, poi la smetto quando mi accorgo che mi sta salendo una leggera nausea. Ho finito le parti del corpo da torturare: le pellicine sono tutte tirate e sono abbastanza sicura che se non fossi talmente anestetizzata sentirei il labbro inferiore dolere. Non contenta, mi sono anche scavata un solco dietro l’orecchio sinistro, che nonostante tutto brucia parecchio.
È inutile che ci giro intorno, lo so pure da ubriaca.
Che cosa spero di ottenere?
Inoltrare una nuova chiamata adesso sarebbe autoinfliggersi una punizione tutta nuova, e nonostante tutta la mia mancanza di autostima riservo ancora un briciolo di amor proprio necessario a frenarmi.
Che Dio solo sa se ho bisogno di questo adesso.
Scuoto la testa nel tentativo di scacciare i brutti pensieri e chiudo gli occhi, le palpebre diventate pesanti e un po’ umide grazie all’ebbrezza e all’oscurità. Spengo lo schermo del cellulare e, a fatica, mi tiro su dal divano e mi trascino verso la camera da letto.
Questa prima decisione è un buon segno, penso, prendendo un respiro profondo nel buio.
Una delle poche mosse egoistiche della mia vita.
Forse sto iniziando a guarire.
Me lo auguro con ogni frammento di cuore.
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ghiacciointempesta · 3 years ago
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ghiacciointempesta · 4 years ago
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The tshirt that you're wearing, that's my favourite; damn, I really thought that we could make it.
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ghiacciointempesta · 4 years ago
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ghiacciointempesta · 4 years ago
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ghiacciointempesta · 4 years ago
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ghiacciointempesta · 4 years ago
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ghiacciointempesta · 4 years ago
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I thought I loved you. I think I do. But you hurt me so damn deep it’s hard to tell now if this blood is from my heart or my veins.
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ghiacciointempesta · 4 years ago
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I thought I loved you. I think I do. But you hurt me so damn deep it’s hard to tell now if this blood is from my heart or my veins.
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ghiacciointempesta · 5 years ago
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ghiacciointempesta · 5 years ago
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by *Nishe
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ghiacciointempesta · 5 years ago
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ghiacciointempesta · 5 years ago
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ghiacciointempesta · 5 years ago
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ho sempre pensato
che la distanza
fosse la cosa più brutta al mondo.
che dividesse e basta.
ci ho messo un po’ a capire
che non è così.
la distanza, infondo,
è una cosa bella
ti fa capire
di chi realmente hai bisogno,
e ti insegna
ad abbracciare anime
e non corpi.
ti insegna ad essere forte,
a far durare l’ultimo abbraccio
qualche secondo di più,
a costo di perdere il treno,
per ricordarlo un po’ più intensamente.
ti insegna
che le persone
possono starti vicine
pur essendo a chilometri di distanza.
e semplicemente,
ti insegna ad amare. — sorrisi-di-cenere
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ghiacciointempesta · 5 years ago
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“Non esiste nessuno più difficile di chi sa stare solo. Ha imparato a fare la cosa che fa più paura al mondo. Quindi, non sarà mai disposto a barattare la sua solitudine con rapporti di circostanza, ne con persone che cercano compagnia solo perché hanno paura del vuoto. Ha bisogno di persone giuste che nel momento di dificcolta lo rendono felice.”
— entony97 - Senza amici
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ghiacciointempesta · 5 years ago
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ghiacciointempesta · 5 years ago
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Antonio Dikele Distefano
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