#autrici femministe
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pier-carlo-universe · 17 days ago
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“Fratellanza Mondiale” di Til Kumari Sharma: un inno poetico all’umanità e alla pace. La celebre poetessa Til Kumari Sharma esplora l’essenza della fratellanza e della sorellanza universale con versi potenti e ispiratori
Con “Fratellanza Mondiale”, la poetessa di fama internazionale Til Kumari Sharma offre una composizione che celebra l’umanità etica e il valore delle relazioni basate sull’amore e il rispetto.
Con “Fratellanza Mondiale”, la poetessa di fama internazionale Til Kumari Sharma offre una composizione che celebra l’umanità etica e il valore delle relazioni basate sull’amore e il rispetto. Questa poesia, pubblicata il 27 novembre 2024, è un invito universale alla pace, alla solidarietà e alla prosperità, scritto con semplicità e profondità. Analisi della poesia: l’umanità come gioiello…
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enkeynetwork · 3 months ago
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pizzettauniversale · 4 years ago
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ciao pizzetta, vorrei informarmi in modo molto più serio, hai consigli su autrici femministe?
- Odio gli uomini di Pauline Hermange
- Per farla finita con la famiglia. Dall’aborto alle parentele postumane di Angela Balzano
- Ripartire dal desiderio di Elisa cuter
- L’atlante delle donne di Joni Seager
- La rabbia ti fa bella di Soraya Chemaly 
- Femminismo per il 99% un manifesto di Cinzia Arruzza
- Manuale per ragazze rivoluzionare: perché il femminismo ci rende felici (molto basico, forse per avvicinarti alla teoria femminista è perfetto, mio umile parere) 
- Il secondo sesso di Simone de Beauvoir che devo finire anche io 
- Libere tutte di Cecilia d’Elia
- Il femminismo è superato! Falso. di Paola Columba
- Questione di genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità di Judith Butler
- Invisibili di Caroline Criado Perez
- Dalla parte delle bambine di Elena Gianini Belotti 
- Fame di Roxane Gray 
Ne avrei altri mille da scrivere
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toscanoirriverente · 4 years ago
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In Francia pubblicati due libri che incitano apertamente all’odio contro gli uomini: “C'è un momento in cui occorre tirare fuori i coltelli” - “Odiare gli uomini, in quanto gruppo sociale e spesso anche in quanto individui, mi apporta un sacco di gioia” – Perché le due autrici dichiarano guerra ai maschi? Guardate le foto e fatevi un'idea...
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lagiorgiet · 4 years ago
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Drogatə di podcast ma anche no, andate lestə lestə ad ascoltare la nuova puntata di @stranopodcast dove io, @eleonor_a e @giuliadepentor vi raccontiamo la storia di tre donne incredibili che meriterebbero di essere studiate a scuola. ���⁠⁠ ⁠⁠ In questo episodio, vi racconto di Florence Nightingale, fondatrice dell'infermieristica moderna (se ieri è stata Giornata internazionale dell'infermiere, lo dobbiamo a lei, nata il 12 maggio 1820) e statista (Grafici! se usate l'istogramma circolare o ragnatela, sappiate che è una sua invenzione pure quella!) ⁠⁠ ⁠⁠ Insomma, questo e altro insieme ad @ame__ray che è l'host più garbato e sensibile del web! 🌸⁠⁠ ⁠⁠ 💥 LINK IN BIOOOO! 💥⁠⁠ ⁠⁠ ⁠⁠ ..........⁠⁠ ⁠⁠ "Donne che hanno fatto la Storia (ma forse tu non lo sapevi)" è il titolo (chiarissimo) della puntata 59! 🌺 (LINK IN BIO)⁠⁠ ⁠⁠ Fernanda Pivano, Palma Bucarelli e Florence Nightingale raccontate da Giulia Depentor (Camposanto podcast), Eleonora Antonioni e Giorgia Marras (autrici, fumettiste).⁠⁠ .⁠⁠ .⁠⁠ .⁠⁠ .⁠⁠ .⁠⁠ #stranopodcast #podcast #giuliadepentor #camposanto #camposantopodcast #giorgiamarras #eleonoraantonioni #fumettoitaliano #donne #donneforti #femminismo #femministe #femminista #femminismointersezionale #femminist #libri #libreria #podcastitaliani #podcastinitaliano #podcastitaliano #storia #lastoria #palmabucarelli #fernandapivano #florencenightingale #letteratura #scuola #letteraturaitaliana #podcaster #podcastproducer (presso Angoulême, France) https://www.instagram.com/p/CO0KIS_hpua/?igshid=1n3nf9xv0fkfv
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carmenvicinanza · 2 years ago
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Hélène Cixous
https://www.unadonnalgiorno.it/helene-cixous/
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La letteratura attraversa il tempo, trasporta nel paese dotato strutturalmente d’eternità, è un mondo che rianima, un mondo di resurrezioni, un universo che fruisce di una libertà inalienabile. Attraversa le guerre, i massacri, le estinzioni, resta, resiste. La letteratura è una scuola, una cultura, accultura ed è acculturata. Gli esseri umani ne hanno bisogno. È il rifugio più democratico, è fragile ma immortale e sempre giovane.
Hélène Cixous è tra le autrici femministe più famose della Francia.
Accademica, scrittrice, drammaturga e critica letteraria, pensatrice dalla grande versatilità, ha pubblicato oltre settanta opere. Si è occupata di vari generi: teatro, teoria letteraria e femminista, critica d’arte, autobiografia e narrativa poetica.
Il suo saggio Le Rire de la Méduse, l’ha resa una delle prime pensatrici del femminismo post-strutturale e tra le maggiori rappresentanti.
Nata a Orano, in Algeria, il 5 giugno 1937 da madre tedesca e padre algerino, entrambi ebrei. Ha cominciato a scrivere da bambina, dopo la morte del padre, a soli dieci anni avvertendo subito l’esigenza di partire da sé, dal suo vissuto iscritto nella storia. Sostenitrice dell’indipendenza algerina, la famiglia venne costretta a lasciare il paese.
In Francia ha svolto un dottorato in lettere culminato con la tesi L’exil de Joyce ou l’art du remplacement (1968), considerata un’opera fondamentale sullo scrittore irlandese.
È stata assistente all’Università di Bordeaux e alla Sorbona, è stata nominata maître de conférence all’Università di Paris Nanterre nel 1967.
Nel 1968, in seguito alle rivolte studentesche, ha contribuito a fondare l’Università di Paris VIII-Vincennes, “creata per fungere da alternativa al tradizionale ambiente accademico francese“.
Nel 1974 vi ha creato il primo Centro Universitario per gli Studi sulle Donne d’Europa.
Insegna all’Università di Parigi VIII e alla European Graduate School di Saas-Fee, in Svizzera.
Ha condiviso numerose attività politiche e intellettuali col filosofo Jacques Derrida, come il Centro Nazionale delle Lettere (oggi Centro Nazionale del libro), il Parlamento Internazionale degli Scrittori, il Comitato Anti-apartheid e numerosi seminari al Collegio Internazionale di Filosofia.
Il suo esordio come narratrice è avvenuto nel 1967 con la raccolta di racconti Prénom de Dieu a cui è seguito il romanzo Dedans, del 1969, che ha vinto il Premio Médicis.
Negli anni Settanta, si è occupata del rapporto tra scrittura e corpo, linguaggio e sessualità, invitando le donne a ‘scrivere’ il proprio corpo. Nella convinzione che la sessualità sia direttamente legata al modo in cui si comunica nella società, la sua feconda produzione narrativa affronta temi ricorrenti come l’origine, l’identità, la femminilità, i rapporti tra donne.
Anche nella scrittura teatrale ha portato la voce del corpo e la storia delle donne, riletto e rovesciato interpretazioni analitiche e miti.
Ha fatto parte, con Foucault e Deleuze, del Gip (Groupe d’Information sur les Prisons) un movimento d’azione che aveva come finalità la presa di parola delle detenute e dei detenuti e la mobilitazione di intellettuali implicati nel sistema carcerario.
Ha scritto diversi testi teatrali per il Théâtre du Soleil. Con Ariane Mnouchkine, la sua fondatrice, ha girato tutta la Francia tentando di inscenare pièces all’esterno delle prigioni, malgrado i blocchi ripetuti della polizia.
Ha ricevuto numerose lauree Honoris Causa in prestigiose Università degli Stati Uniti e Regno Unito.
Nel 2000, è stata costituita una collezione delle sue opere e manoscritti presso la Bibliothèque Nationale de France.
Dal 1974, un sabato al mese, tiene un celebre Seminario alla Maison Heinrich Heine. I suoi interventi sono stati recentemente pubblicati da Gallimard in un’opera dal titolo Lettres de fuite.
In termini filosofici appartengo a due specie che hanno esperienza della prigionia attraverso i millenni: in quanto ebrea e donna. Si tratta della tessitura della mia esistenza e la letteratura è stata ed è la chiave per uscire da questi stati di internamento.
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maddalenafragnito · 2 years ago
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FORME DI VITA E PRATICHE POLITICHE 
Recensione su Il Manifesto di Cristina Morini del libro Ecologie della cura. Prospettive transfemministe 
ITINERARI CRITICI. A proposito di «Ecologie della cura», di Maddalena Fragnito e Miriam Tola, pubblicato da Orthotes. È condivisa da tutte le autrici la necessità di problematizzare il campo di azione del «care» nel quale si giocano stratificazioni di genere, razza e classe
Forme di vita e pratiche politiche
Cristina Morini Una poesia di Sylvia Plath, scritta nel 1962, rende in modo folgorante le contraddizioni cui può esporre la cura, tra il sibilo del bollitore e «lampi d’emicrania». Bellezza e creatività sono sembianze in dissolvenza nello spazio privo di finestre dove «impacchi le dure patate» e insieme «impacchi bambini» e «impacchi gattini malati», benché tu sia «colma d’amore». Da cui il verso iniziale, un vero e proprio grido: «Perversità in cucina!». Ecco perché, soprattutto in un momento tanto cruciale della storia umana, qualora si nomini la cura lo sguardo delle donne è un tramite da cui non si può prescindere. Ed ecco perché un libro come quello curato da Maddalena Fragnito e Miriam Tola, Ecologie della cura. Prospettive transfemministe, da poco uscito per Orthotes editore (pp. 214, euro 18), si rivela uno strumento prezioso da un punto di vista teorico e politico. Nei dodici testi raccolti nel volume, come scrivono le curatrici nell’introduzione, vengono infatti assunte «come lente privilegiata quelle prospettive femministe che, non da oggi, hanno reso la cura un dispositivo critico, sensibile ai paradossi e alle ambivalenze».
NON PUÒ INFATTI ESSERE omesso il contesto nel quale «naturalmente» si dispiega la cura, vale a dire la famiglia eterosessuale, la divisione sessuale del lavoro, l’essenzialismo destinico del lavoro di cura addossato alle donne. Né, d’altro lato, può essere negato il ruolo delle relazioni e dei legami, l’importanza costitutiva della dimensione affettiva per l’individuo all’interno di una collettività, che si traduce anche in cura. Dunque, una «materia umile», da sempre relegata nelle stanze più interne della casa storicamente abitate dai «subalterni», per usare le parole di Joan Tronto, fossero donne, schiavi o domestici, può rappresentare un bagaglio suggestivo per improntare in senso innovativo le politiche solo se «riorientata in senso socio-ecologico» e «ridefinita come pratica di relazione tra esseri umani e sistemi viventi e non-viventi», chiariscono le curatrici. La riconfigurazione dal basso della cura, scrivono Fragnito e Tola, indica infatti che «su questo terreno si gioca la possibilità di generare modi di vita che vale la pena vivere». Un passaggio obbligato nel presente, poiché è urgente costruire un risveglio dopo il trauma, mai davvero elaborato collettivamente, della pandemia, tra guerre dove ci muoviamo con profondo dolore e senso di vuoto. Ineludibile che i femminismi prendano parola sulle antinomie della cura che rischiano di presentarsi, oggi più di ieri, come conferma della logica del sistema in cui sono inglobate. Risuonano, perciò, empaticamente, alle orecchie, alcune domande cruciali dell’introduzione: «Quali relazioni sociali vale la pena di rigenerare e quali invece devono essere disfatte per trasformare le condizioni di vita in comune? Quali cure generano altri mondi?».
L’UNIVERSO DI PENSIERI e pratiche cui attingere, parlando di cura, è davvero immenso e il volume cerca di restituirlo, consapevole di non poterne tratteggiare tutte le sfaccettature. Si osservano dunque quelle genealogie «complesse, non-lineari e animate da prospettive e progettualità distinte» che meglio vengono richiamate dagli interventi racchiusi nel volume: il rapporto tra etica della cura e teorie della riproduzione sociale; le forme di decostruzione e reinvenzione delle comunità curanti a partire dagli apporti del femminismo nero, decoloniale e trans; il ruolo dell’approccio ecologico e delle tecnologie nella cura. Cosicché, insomma, è condiviso da tutte le autrici e da tutti i contributi, pur tra analisi e proposte differenti, la necessità di problematizzare il campo di azione del care nel quale si giocano stratificazioni di genere di razza e di classe. Non è un campo innocente, come dice Maria Puig de la Bellacasa, non va idealizzato come il luogo del sollievo o del conforto o della sollecitudine. L’assunto centrale del testo è l’utilizzo del concetto di cura come categoria politica, osservandone le potenzialità ma anche i limiti, continuando a considerare con attenzione le costruzioni ideologiche che pretendono di trasformarne la «realtà» per identificarla con ciò che è funzionale all’organizzazione della normalizzazione del corpo sociale. I vari contributi dialogano tra loro, nel tentativo di fornire risposte a un tema ambivalente: è ancora l’introduzione a sottolineare come da un lato la cura sia «un codice» utilizzato dal potere, dall’altro che «forme di cura alternative hanno creato rifugi tra le pieghe di un universo che si sfalda». Quindi, si tratta di reinventare e sperimentare un welfare pubblico basato sul lavoro di cura universale con soluzioni finanziate dallo Stato ma organizzate a livello locale (Brunella Casalini), ma ciò significa anche che, «al di là della cura, la questione del comune, del comunitario, della comunità, delle trame comunitarie, sono elementi cruciali» (Amalia Pérez Orozco).
DA QUESTO PUNTO DI VISTA, la privatizzazione dei servizi pubblici, «la privatizzazione del futuro», accelerata con la pandemia non stupisce il collettivo Pirate Care (Valeria Graziano con Tomislav Medak e Marcell Mars) che invita a mettere tali problematiche al centro dell’azione politica, senza limitarsi a mobilitazioni emergenziali e di solidarietà. Si aggiungono le questioni dell’aumento del lavoro domestico per le donne durante la pandemia nonché quelle poste «dalla lunga storia di organizzazione politica delle lavoratrici domestiche», messe in luce da Valeria Ribeiro Corossacz, mentre, su un altro fronte, Laura Centemeri affronta la cura da un doppio punto di vista: come logica arricchente della molteplicità delle relazioni oppure come lavoro invisibile, che sfrutta e depaupera. In tutto questo non manca, con Mackda Ghebremariam Tesfaù, un approccio differente alla cura che viene dal femminismo nero: esso già presuppone una politicizzazione dello spazio domestico, visto il rapporto di conflitto e resistenza da sempre esistente tra nucleo domestico nero e nucleo domestico bianco. E, analogamente, è la «cura trans e queer» descritta da Hil Malatino a schiuderci universi immaginativi diversi per la cura: non più famiglia e donna eterosessuale, bensì spazi interconnessi, la strada, il bar, la clinica, il centro comunitario, l’aula scolastica sono la scena in cui si muovono le reti di mutuo soccorso e di supporto emotivo messe in piedi dalle comunità transfemministe. La cornice cambia radicalmente attraverso questo decentramento e insieme a essa cambiano anche l’approccio alla salute, ai servizi sanitari, alle forme egemoniche della cura, come spiegano Olivia (Oli) Fiorilli e Márcia Leite.
IN QUESTI PANORAMI trasformati, la cura si configura così come ce la restituisce Ilenia Caleo: un ecosistema, «un’intra-azione della materia attiva in tutte le sue forme estese e pensanti, noi comprese». Oppure, ancora, come un processo, orientato dalle domande di Françoise Vergès in dialogo con Maddalena Fragnito, Miriam Tola e Marianna Fernandes: «Che cosa ci tiene insieme? Perdersi nella foresta può diventare un momento di condivisione?». Si tratta di mantenere «uno stato di curiosità permanente», di «aprirsi a momenti imprevisti e imprevedibili» e di «chiarire di continuo per quale politica della cura stiamo lottando». Evidentemente, la dimensione globale delle relazioni di cura non sfugge alla trama di questo libro e riguarda senza dubbio l’ambiente naturale («il territorio terra-corpo» di Giulia Marchese – Red Sanadoras Ancestrales) così come, sul fronte solo apparentemente opposto, le estensioni virtuali dei social network e le dinamiche riproduttive che, letteralmente, essi incorporano (Bue Rübner Hasen e Manuela Zechner). L’insegnamento che possiamo trarre, alla fine del viaggio tra queste pagine, è che la cura, se guardata sempre con una lente politica, non è solo una pratica, non è solo una disposizione affettiva ma può essere interpretata come una «forma di vita», capace di sovvertire le disposizioni individualiste ed egoistiche della contemporaneità.
Pubblicato circa 16 ore fa Edizione del 2 luglio 2022
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learninganthropocene · 5 years ago
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LA GEOPOLITICA CRITICA
Il fatto che la geopolitica sia stata reclutata all’interno di alcune ideologie fasciste e razziste, ha messo in crisi di legittimità questa sorta di riflessione. Negli ultimi anni del XX secolo questa stessa etichetta di geopolitica è stata recuperata per criticare tutti i filamenti della geopolitica. Questa disciplina, si basa sull’impossibilità di una descrizione neutrale del mondo. Tutte le affermazioni sul mondo, sono interessate e formulate a partire da un punto di vista, non sempre esplicitato. Come ogni forma di geografia anche la geopolitica può essere considerata come una forma discorsiva, cioè una serie di riflessioni che hanno lo scopo implicito ma ben preciso di organizzare la conoscenza del mondo in senso performativo, cioè per permettere delle azioni. La geopolitica critica sostiene che la geopolitica per lo meno nelle sue forme nella prima metà dell’ottocento, adopera una doppia banalizzazione. Poiché geograficamente la geopolitica classifica i luoghi in base a dei modelli spesso fonte obiezione, e presenta spesso i conflitti come risultati delle lotte per la sopravvivenza. 
La geopolitica critica si è rivolta allo studio di tre ambiti di discorsi sul mondo:
Geopolitica formale: discorsi che appartengono alla geopolitica classica e che vengono formulati all’interno di istituzioni autorevoli (dalle stanze di governo alle università). Le forme più esplicite di teorizzazione delle forme di relazione internazionali.
Geopolitiche pratiche: idee geopolitiche che non sono formalizzate, ma sono utilizzata dai politici in modo implicito per le attività di governo (politiche estere). Tutti questi punti du vista si possono trovare nei discorsi pronunciati dai leader politici. Un esempio è l’asse del male. Le idee geopolitiche sono spesso invisibili ma non per questo meno importanti.
Geopolitiche popolari: si riferiscono alla comunicazione di idee della geopolitica formale attraverso la cultura popolare (libri, riviste, fumetti e cinema). Ad esempio i film di 007 vedono una ripartizione tra i ‘buoni' (blocco occidentale) e i ‘cattivi' (blocco sovietico).
L’ANTI GEOPOLITICA
Un'altra corrente interessante legata alla critica della geopolitica e della geopolitica critica è l’anti-geopolitica. Essa sostiene che sia importante studiare non soltanto le convinzioni della geopolitica, perché le forme di resistenza (visioni alternative) alle idee geopolitiche preesistenti (quelle della geopolitica tradizionale o della geopolitica critica) hanno un ruolo importante nella creazione di schemi interpretativi diversi delle Relazioni internazionale. Si arriva addirittura a studiare le forme di rappresentazione geopolitica di movimenti terroristici ( visione non convenzionale delle relazioni internazionale).
LA GEOPOLITICA DI GENERE
Ha diverse formulazioni, una di queste all’interno del femminismo, (avvento di una geopolitica di genere). Le posizioni femministe sono efficaci nel criticare il fatto che la geopolitica si basi sulla produzione di rappresentazioni che hanno una validità su scala globale, cioè riducono la maggior parte delle relazioni internazionali a delle relazioni tra scale. La geopolitica di genere rifiuta queste logiche di scala e si concentra invece sulle forme di rappresentazione alternative della geopolitica che si basano su scala locale. Sostiene dunque che è importante studiare non soltanto le rappresentazioni convenzionali delle idee geopolitiche, perché delle forme di resistenza alle idee di geopolitica avvengo raso suolo alla società. Elaborano visioni interpretative alternative alle idee geopolitiche formali. Studia anche forme di rappresentazione geopolitica che avvengono all’interno di movimenti terroristici. In ogni movimento sociale, indipendentemente dai suoi riferimenti politivi o religiosi, si muove elaborando delle visioni del mondo all’interno dei quali inserisce le relazioni internazionali. Alternative a quelle della geopolitica formale.
Il punto di partenza delle autrici appartenenti ad una geopolitica dei genere, offre una visione alternativa della vita politica. Rifiutano queste logiche di scala, esprimendo delle forme alternative di rappresentazione geopolitica che si basano su una scala d’azione a livello locale. Capaci di apportare all’interno della riflessione una maggiore sensibilità verso le sfumature, le differenze di posizione delle persone rispetto alle proprie differenze.  Opponendosi cosi alle cornici dicotomiche, poco raffinate.
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ufficioreclami · 6 years ago
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Sono passata in libreria e ho trovato questo. Ora devo solo trovare le autrici per farmelo autografare. @lagiuliab , taggando le altre che io non so se le ho tra i contatti li #tutteleragazzeavanti #femminismo #femministe https://www.instagram.com/p/BuMjZK2B8om/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=da5tlhbsxiqq
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monicalanfranco · 7 years ago
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Grazie a lei-ti racconto la mia femminista. 70 pagine colte, ironiche, commoventi, sorprendenti nelle quali 10 autrici tratteggiano ciascuna un ritratto inedito di altrettanti figure di donne e femministe di ieri e di oggi. Ordinate le vostre copie a [email protected]
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carmenvicinanza · 3 years ago
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Mirion Malle
https://www.unadonnalgiorno.it/mirion-malle/
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Mirion Malle è una fumettista, illustratrice e scrittrice femminista francese.
Nel 2011 ha creato il blog a fumetti Commando Culotte, in cui, con sguardo pungente e divertito, approfondisce trame e personaggi delle serie tv più amate, vagliando battute e meccanismi narrativi. Usa una buffa caricatura di se stessa, che spesso piange di commozione o si lascia andare a conati di disgusto, per analizzare pregiudizi e stereotipi sessisti.
Mirion Malle è nata a Chiarente Marittima, Nuova Aquitania, il 7 luglio 1992, si è diplomata in fumetto a Bruxelles. Laureata in Sociologia, si è specializzata in Studi di genere e femministi all’Université du Québec di Montréal, dove attualmente vive.
Nel 2016 ha pubblicato il fumetto Commando Culotte: scorribande di genere nell’intimo della cultura pop che raccoglie le tavole comparse sul blog omonimo e analizza i maggiori prodotti televisivi da una prospettiva femminista e ironica, mettendo in luce il ruolo che occupano le donne nei prodotti culturali di successo e l’impatto degli stereotipi di genere nella società.
Capitolo dopo capitolo, questo irresistibile commando scrive una nuova, originale pagina di femminismo contemporaneo e narra, con armi semplici ma sfavillanti di solidarietà femminile e inclusività, con uno sguardo libero che non teme di essere sfrontato.
Nel 2019 ha pubblicato La lega delle super femministe, finalista al Premio Jeunesse del Festival International de la Bande Dessinée di Angoulême. Rivolto a un pubblico di ragazze e ragazzi, il fumetto affronta temi come il sessismo, il consenso e l’identificazione, fornendo una piccola guida all’autodifesa femminista.
Nel gennaio 2020 è uscita la sua prima graphic novel dal titolo C’est comme ça que je disparais (Come sono scomparsa) in cui racconta la sua vita a Montréal.
Scardinare il sessismo nei prodotti culturali è per Mirion Malle una forma di femminismo militante. Essere femminista presuppone una presa di coscienza progressiva da cui non si torna indietro. Una scelta di vita che condiziona tutto e può interferire anche col piacere di andare al cinema:
Ho letto varie volte che il femminismo è un po’ come Matrix. Una volta che ci stai dentro, cominci a realizzare che il sessismo è dappertutto ed è impossibile non vederlo più. Ora che mi occupo di questa questione, ora che la sto approfondendo, mi sento obbligata a vedere tutto nella prospettiva femminista perché, semplicemente, mi rendo conto che il sessismo esiste. E non dipende dal fatto che io lo analizzo, semplicemente basta rendersene conto. Ed è vero che questo spesso guasta il piacere.
Ciò non significa che non riesco a riconoscere se un’opera è buona anche quando è piena di cliché, ma in quel caso uso l’espediente di aggiungere la frase “è comunque molto sessista”.
In linea con questa prospettiva, col tempo, ha affiancato alle recensioni di serie tv e film anche fumetti che trattano altri temi caldi, dal concetto di friendzone alla cultura dello stupro, dall’omofobia al razzismo. Nel tentativo di non banalizzare la complessità delle problematiche affrontate, l’autrice fornisce, in coda, una bibliografia di approfondimento.
Ricollegandosi al lavoro che molti altri e altre hanno svolto prima di lei, ama fare rete e collaborare con autori e autrici che condividono il suo modo di vivere e disegnare. Fa parte del Collectif des créatrices de bande dessinée contre le sexisme, che nell’edizione 2016 del Festival di Angoulême ha sollevato un polverone costringendo a interrogarsi sullo spazio destinato alle donne nel mondo del fumetto.
Con energia e determinazione, attraverso le sue opere combatte contro la parte peggiore della nostra società – sessismo, omofobia e razzismo – e contro i pregiudizi che assorbiamo inconsapevolmente quando ci approcciamo ai prodotti culturali senza alcun filtro critico.
Mirion Malle ci costringe a pensare e metterci in discussione ricordandoci che la cultura non è mai semplice intrattenimento: siamo (anche) quello che guardiamo in tv o sul web. E ciò che guardiamo può fare di noi qualcosa di peggio o, se non ci adagiamo sui pregiudizi, qualcosa di meglio.
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carmenvicinanza · 4 years ago
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Ursula K. Le Guin la più grande scrittrice fantasy
https://www.unadonnalgiorno.it/ursula-k-le-guin/
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Mi ci vollero degli anni per rendermi conto d’aver scelto di lavorare in generi disprezzati e marginali come la fantascienza, la fantasy e la narrativa per adolescenti, esattamente perché essi erano esclusi dal controllo della critica, dell’accademia, della tradizione letteraria, e consentivano all’artista di essere libero.
Ursula K. Le Guin, scrittrice anarchica statunitense, autrice di fantascienza e di fantasy è stata una delle esponenti più importanti della letteratura utopica moderna.
Conosciuta al grande pubblico a partire dalla fine degli anni ’60, nella sua carriera ha scritto più di venti romanzi, undici raccolte di racconti, dodici libri per bambini e sei libri di poesia.
Ha vinto cinque premi Hugo e sei premi Nebula, i massimi riconoscimenti della letteratura fantastica,  è considerata una delle principali autrici di fantascienza. I suoi romanzi sono stati venduti in decine di milioni di copie nel mondo.
Nelle sue opere esplora tematiche come l’anarchia, il taoismo, il femminismo, l’utopia, la psicologia e la sociologia.
Ursula Kroeber nasce a Berkeley in California il 21 ottobre 1929 da Alfred Kroeber, celebre antropologo, e da Theodora Kroeber, scrittrice. Sin da bambina manifesta una precoce passione per la letteratura di fantascienza. A soli nove anni scrive la sua prima storia, inventa storie di utopia, crede e guarda oltre quella pausa di tempo che separa la fine di una grande guerra e l’inizio di un’altra.
Studia al Radcliffe College e poi alla Columbia University di New York, dove si laurea con una tesi sulla storia della letteratura francese e del Risorgimento italiano.
Trasferitasi in Francia, incontra il suo futuro marito, Charles Le Guin, da cui avrà tre figli. Dopo il matrimonio del 1953, firmerà le sue opere con il cognome del marito, lasciando del suo cognome originario solo la K.
Nel 1962 presenta Aprile a Parigi, il suo primo racconto fantasy. Nel 1964 Amazing Stories le pubblica un racconto, nel 1969 assurge al grande pubblico col suo romanzo La mano sinistra delle tenebre che vince i premi Hugo e Nebula.
Altro libro celeberrimo sarà I reietti dell’altro pianeta del 1974.
Ursula K. Le Guin è conosciuta anche per essere stata una grande glotteta (la glossopoiesi è un’attività tesa a progettare e sviluppare la fonologia, il vocabolario e la grammatica di una lingua artificiale, sia essa artistica, ausiliaria, logica o filosofica), tutti i suoi romanzi fantascientifici sono profondamente umani, indagatori delle ombre e delle ipocrisie della nostra società.
Per i suoi libri ha ricevuto tantissimi premi, tra cui un National Book Award; il Kafka Award, il riconoscimento speciale alla carriera dell’American Academy of Arts and Letters; il Gandalf Grand Master; il Science Fiction and Fantasy Writers of America Grand Master Award; il Locus Award (19 volte) e molti altri. Nel 2003 è stata insignita del titolo di Grand Master, assegnato ai più importanti autori di fantascienza.
Ursula K.Le Guin si può definire una donna a passeggio tra i pianeti, che è riuscita a emergere in un campo non comune della letteratura. La sua utopia si è realizzata in maniera potente, nutrita dalle sue convinzioni femministe, anarchiche, radicali. Ha scritto di pace, di socialismo, di possibilità. Ha sfondato con grande grazia confini di genere e di immaginazione.
Ha lasciato la terra il 22 gennaio 2018, a Portland.
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