#arte e narrazione
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MonFest: incontro con Luca Canonici dedicato a musica, teatro e fotografia
Venerdì 28 marzo all’Accademia Filarmonica Venerdì 28 marzo 2025 alle ore 18,00 , tra le iniziative legate al festival di fotografia MonFest, presso l’Accademia Filarmonica di Casale Monferrato, si terrà l’incontro con Luca Canonici dal titolo “Musica, Teatro e Fotografia”: un’occasione di approfondimento sul legame tra queste arti attraverso il racconto dell’esperienza artistica del…
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Le modifiche costituzionali, senza l'intervento del Parlamento
Art. 7. Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi.
8. Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
Articolo 34
La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
Riforma min.istruzione, ipse dixit:
"Abbiamo disegnato il cammino di bambini e adolescenti dai 3 ai 14 anni, insomma il percorso dall’infanzia alle medie. Ma stiamo lavorando anche per le superiori. E introduciamo molte innovazioni"
Le innovazioni: bibbia, l'apprendimento a memoria di filastrocche, poesie e haiku, narrazione delle radici occidentali, latino.
Orbene, chi scrive (maturità classica as.83/84 liceo g.garibaldi palermo), il pensiero critico lo ha sviluppato con lo studio di autori pagani della Grecia antica, con i pensatori scomunicati o bruciati sul rogo dalla chiesa magistero matrigna, con i pensatori illuministi e, con la filosofia a cavallo tra fine 700 e inizi del 900, soprattutto mitteleuropea.
Che la laicità dello Stato, venga calpestata da riforme di una gerontoteocrazia reazionaria e, che nessun ospite dei due rami del parlamento, abbia trovato nulla da dire, mi fa venire l'orchite.
Che la narrazione dell'occidente, debba passare sulla narrazione (maschile) dell'imene, mi fa obbrobrio.
Ma, anche questa ennesima riforma porcata, in salsa lega e lobby pro vita antiabortista, passerà senza che il pensiero critico dell'italiano/a, sarà minimamente scalfito, galoppando a grandi passi verso l'orbanizzazione della nazione.
Che schifo!
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ARTISTI CONTEMPORANEI - di Gianpiero Menniti
LA MISTERIOSA VITA DELLE COSE
"Nulla esiste se non attraverso il linguaggio."
E ancora:
"Il focus della soggettività è uno specchio deformante".
Sono frasi pronunciate da Hans Georg Gadamer, il maestro di Marburgo, padre dell'ermeneutica contemporanea, arte e teoria dell'interpretazione dell'esistenza.
Davvero singolare la figura di Gadamer, nato esattamente nell'anno 1900 e scomparso nel 2002: si può affermare che nessuno meglio di lui sia stato un uomo del Novecento.
Eppure, raggiunse la notorietà solo negli anni '60 dopo la pubblicazione del suo capolavoro "Verità e Metodo".
Lo cito per raccontare un artista altrettanto singolare, calabrese, vibonese: Silvestro Bonaventura.
E per metterne in connessione le opere con il riferimento alla metafora dello "specchio deformante": la percezione soggettiva è influenzata da vari fattori culturali, sociali e storici che distorcono la visione della realtà.
In altre parole, ciò che vediamo e come ci vediamo è sempre mediato da questi "specchi" che non riflettono mai una verità pura e incontaminata.
Estrema espressione della soggettività: cosa c'è di più intensamente creativo di questo?
E di più profondamente reale?
Gli oggetti, la scena che li contiene e si costituisce innanzi agli occhi dell'osservatore, non è che l'effetto di un'interpretazione.
Non a caso Maurice Merleau-Ponty (filosofo francese dal pensiero raffinato, morì prematuramente nel 1961, quando Gadamer iniziava ad essere conosciuto) se ne fece carico per spiegare la controversa e resistente ricerca pittorica di Paul Cézanne: quella visione "im-mediata" che condusse alla mutazione dell'arte tra '800 e '900 e alla nascita dell'espressione artistica contemporanea.
Nelle sue tele, Silvestro Bonaventura racconta l'impossibilità dell'immagine ipostatizzata in una illusoria oggettività rivelandone, al contrario, l'incarnazione materiale, personificata, soggettiva.
Ed ecco che l'ermeneutica di Gadamer torna in campo.
E con lui l'idea che il linguaggio artistico formi l'esistenza delle cose.
Dopotutto, svelandone la natura: nulla di quanto appaia può essere astratto dalla relazione con l'osservatore, muta di sguardo in sguardo fino a quando il miraggio dell'oggettività non tracolli nell'utopia, in una fragilissima costruzione dalla consistenza chimerica.
La radicalità di quest'esperienza conduce, necessariamente, verso una pittura che stressa la concezione fino al limite possibile: non sfocia nell'astrazione ma riflette un modello di mondo nel quale le "cose" possiedono l'anima degli stessi occhi che le osservano.
Gli oggetti prendono vita e varcano la scena loro assegnata con la vividezza cromatica e l'impeto impedito alle "burrose" nature morte di Giorgio Morandi.
Dunque, da annullare in partenza ogni suggestione verso Derrida, nessuna "decostruzione", nessuna contraddizione con la "realtà" mentre è vivida la sensazione del "reale": l'irrappresentabile plasmato nella forma simbolica della deformazione, del dinamismo, del movimento.
Così, con Silvestro Bonaventura, il muro invalicabile della percezione viene saltato di slancio per approdare a un testo pittorico che si anima in una narrazione piacevolmente caotica e coinvolgente, imprevedibile, ricca di colpi di scena.
Come a teatro.
Il teatro come la vita.
La vita che si fa arte.
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The Umbrella Academy (4° stagione)
" vi voglio bene ma siete dei coglioni."
Questo commento inizia con un ringraziamento a Game Of Thrones e a molti drama koreani. Grazie a loro oramai sono temprata ai finali orribili, aperti, senza senso. Mi hanno crudelmente insegnato la nobile arte della disillusione ed a tenere bassissime le mie aspettative sul finale di una serie, ogni volta che qualche show si avvicina alla sua conclusione. GOT docet
Ciò, ringraziando Iddio, mi ha salvata dalla pugnalata emotiva che è la bruttezza della quarta stagione di The Umbrella Accademy. Leggo in giro commenti di fan arrabbiati, delusi, frustrati, increduli e onestamente se non fossi ormai forgiata a ciò, anche io sarei sulla loro stessa lunghezza emotiva. E' tosta infatti vedere come LA STAGIONE FINALE di una serie che hai amato alla follia sia un totale disastro su moltissimi aspetti: ritmo, narrazione, buchi di trama, involuzioni dei personaggi, buchi di logica... ma soprattutto - e questo è quello che mi fa più male - distruzione dei caratteri, personalità, evoluzioni dei personaggi. Che poi sono ciò che amo di più della Umbrella Academy.
La quarta stagione pare un riassunto. Una bozza, per citare @veronica-nardi. Sembra che gli sceneggiatori avessero un idea generale di cosa fare - Ben e Jennifer - e per il resto sia solamente abbozzata. Manca l'intensità, il conflitto emotivo, l'organicità del racconto.
Ci sono personaggi che hanno quest secondarie che non portano a niente né di trama né di crescita e ti viene la sensazione che siano state inserite nella serie, solo per dargli qualcosa da fare. Manca la follia tipica dello show che tanto me l'ha fatto amare: quell'idea di star vedendo qualcosa di divertente e stranissimo che è allo stesso tempo triste e introspettivo. The Umbrella Academy ha sempre avuto il giusto mix tra stravaganza e analisi interiore, tra risate e drammi.
In questa ultima 4 stagione, ci sono anche buone idee - come la crisi del rapporto matrimoniale tra Lila e Diego - ma la serie è così frettolosa che niente viene approfondito o risolto e anzi...
Ci sono mille domande a cui manca la risposta. Domande che ci portiamo dietro dalla prima stagione e di cui meritavamo un responso che la serie a ben pensato di evitare e di lasciarci con il dubbio.
Ci sono eventi che contraddicono quanto detto nelle stagioni precedenti e che mi hanno sorpreso tantissimo perché di solito, nelle altre stagioni, erano stati attenti a non creare casini. D'altronde giochi con linee temporali e viaggi nel tempo...ma una tale palese superficialità ed un così cattivo lavoro sarebbe quasi da premiare.
E ciò si ripercuote anche nel finale. Idealmente è un finale perfetto, logico quasi. Tutti i casini sono cominciati con loro e con loro devono finire. E' quasi poetico come alla fine siano stati davvero dei supereroi che si sono sacrificati per il mondo...riprendendo quindi in mano anche il discorso dell'essere degli eroi.
Loro d'altronde non dovrebbero esistere. Al pari di Jennifer, sono stati creati con la Merigold. Quindi anche senza poteri, rimangono comunque delle " cosa che non dovrebbero esserci". Non sono stati generati. Non hanno un padre. Sono nati all'improvviso senza nemmeno i 9 mesi di gestazione.
Infatti in questa quarta stagione, pur non avendo dei superpoteri, i Custodi ci fanno capire che basta la loro presenza in quella linea temporale perché la situazione sia sbagliata. Ed ecco perché la loro cancellazione. E perché tutte le stagioni precedenti sono finite con il mondo distrutto. Sono come un virus che infetta qualsiasi posto in cui vanno.
Avevo letto di una soluzione che prevedesse che Viktor togliesse a tutti i poteri e si sacrificasse perché la situazione tornasse sui giusti binari. Ma non è possibile perché appunto, già dalla prima puntata, quando loro sono senza i superpoteri, viene fatto capire che le linee temporali stanno convergendo. Non dipende quindi dai poteri ma da loro stessi.
Per me quindi è un finale sensato ma è stato così veloce e così poco d'impatto il loro sacrificio che anziché piangere tutte le mie lacrime - d'altronde stavano per essere cancellati dall'esistenza TUTTI i personaggi - sono rimasta molto asettica. In sostanza, non ho provato nessun dispiacere.
E dire che la morte/sacrificio di Ben alla fine della seconda stagione è ancora una scena che mi fa piangere ogni volta che la guardo o ci penso. Credo che se dovessi scegliere una scena che mi strazia il cuore, sceglierei sempre quella.
E invece cazzo! Amo the Umbrella Academy. Amo i personaggi, le loro storie, psicologie. Anche la sua folle trama. Amo l'assurdità e la disfunzionalità di questa famiglia.
Ma appunto, forse perché tutto sono stati in questa stagione, tranne che una famiglia, ho percepito così poco emotivo questo finale! Forse la distruzione dei personaggi mi ha fatto arrivare alla fine pensando che quelli non erano davvero i ragazzi della Umbrella Academy. Non erano più loro.
Ma andando nello specifico:
La storia di Jennifer e Ben
Allora... prima di tutto Jennifer era un personaggio orribile. Anzi, non era nemmeno un personaggio ma un contenitore per una cosa pericolosa. Non aveva personalità, caratteristiche...niente. Un pezzo di carta vuoto. Non abbiamo mai saputo nulla di lei. Non ha una storia, un qualcosa che la fa essere reale. Capisci a me che preoccuparmi per lei era L'ULTIMA cosa che mi importava.
La storia con Ben poi, era più una roba da magneti che una storia d'amore. Lei era disposta a lasciare la sua famiglia e tutte le persone che presumibilmente la amavano dopo aver parlato con Ben per circa 2 minuti. Lui le fa:-" Dai, scappiamo! Ti porto via da qui." E lei, che non era in pericolo o altro gli risponde :-" ok andiamo." Fine.
I due sembrano attirarsi come una calamita ma tutto ci vedo tranne che una storia d'amore.
Senza parlare poi dello spreco per il personaggio di Ben.
Parentesi: Ben è assieme a Five e Diego uno dei miei personaggi preferiti. Il Ben della nostra linea temporale intendo. Questo Ben non è quel Ben. E' un altro Ben che NON SI è MAI RELAZIONATO con nessuno degli Umbrella. Non ha rapporti amichevoli con nessuno di loro e quindi la sua salvezza pare più legata ad un discorso di fare la cosa giusta piuttosto che salvare una persona a cui vuoi bene.
Ed è un peccato perché con questo Ben ci si poteva lavorare sopra tantissimo. E' un uomo che ha perso tutta la sua famiglia, finito in una linea temporale diversa, senza poteri, dove 7 individui cercano di stargli vicino ma non perché gli vogliono bene ma perché gli ricorda il loro Ben morto anni or sono. Sai quanto ci potevi psicologicamente lavorare su questo? La prima stagione l'hai fatta praticamente sulle problematiche emotive di Viktor! Perché con Ben no?!
Tralascerò poi il fatto tristissimo che Klaus non abbia mai saputo che è stato il loro padre ad uccidere Ben. E per sanità mentale non mi domanderò neanche perché Ben fantasma non abbia mai domandato al fratello come sia morto ecc ecc...
Su questa storia poi ci si potrebbe anche fermare a riflettere sulla parte logica:
Perché il padre non ha ucciso subito Jennifer? Perché tenerla rinchiusa in un Truman Show? Mi si potrebbe rispondere che è perché Reginald non uccide gente a caso. Magari pensava che i ragazzi non avrebbero ripreso mai i poteri e quindi non ci fosse bisogno di ucciderla. Ma è una stronzata quando lo abbiamo visto uccidere Luther e Klaus senza batter ciglio nel momento in cui intralciavano i suoi piani o se le loro morti servivano a qualcosa! Reginald non è il tipo che si affida alla speranza. Anche perché gli costa più la baracconata della finto paesello che un omicidio di una ragazzina.
E poi... ma sto Durango che è presente in Jennifer....la moglie di Reginald dice che è stata creata erroneamente assieme al Marigold. Ma perché non è mai cicciata fuori fino a mo'? Dove era il Durango nella linea temporale della Sparrow Academy ad esempio? Lì l'incidente di Jennifer non c'è stato poiché Ben è ancora vivo ed il Durango quindi non esiste? Perchè?
Tutta sta storia è un gran peccato. Uno spreco. Perché avevi il personaggio di Ben che poteva essere analizzato, esplorato e relazionato con gli altri ed invece... il blob schifoso gli hanno fatto fare!
Ben, mi manchi come l'aria
Viktor
Chi ne esce un pochino meglio è il personaggio di Viktor che conclude il suo arco di sviluppo tenendo testa al padre e assumendo finalmente il suo ruolo di eroe in autonomia.
Ma anche qui c'è un meh: ottimo che abbia contrastato Reginald, che gli abbia vomitato addosso decenni di abusi e traumi..se solo quello fosse davvero il loro padre! Come ricorda lo stesso Reginald, lui e il loro papà sono persone diverse. Un conto è opporsi al vero Reginald, l'incubo della loro infanzia. Avrebbe avuto tutto un altro peso. E un conto invece è contrastare un tizio che gli somiglia ma non è lui.
Ma ho comunque apprezzato che Viktor abbia almeno provato con tutte le sue forze a salvare Ben e che sia andato contro Reginald. Grandi progressi rispetto alla prima stagione!
Luther, Allison e Klaus
La cosa che mi fa impazzire qui è che se togli questi tre personaggi dalla quarta stagione a livello di storia e di introspezioni, non cambierebbe nulla. Nulla!
Luther ridotto ad un personaggio machietta, che fa ridere e fa da spalla a Diego quando invece abbiamo visto come le stagioni precedenti costruivano la sua indipendenza dal padre, il suo conflitto sull'essere il Numero Uno o sul fare la cosa giusta ecc ecc...
La sua storyline era sempre legata alla trama principale mentre esplorava vari lati della sua psicologia, mettendolo di fronte a conflitti interiori e drammi familiari.
Nella questa stagione sparisce tutto: sia la sua amata Sloane che nessuno sa che fine abbia fatto, sia la coerenza narrativa... visto che con i poteri gli ritorna anche il corpo scimmiesco quando abbiamo visto che ciò era dovuto ad un intervento del padre per salvargli la vita e non al suo superpotere. Ma tant'e! Luther deve far ridere e quindi sti cazzi la coerenza narrativa!
Allison poi. Ok, a me sta tizia non è mai piaciuta. Sin dalla prima stagione. L' avevo rivalutata nella seconda perché percepivo il lavoro degli autori di farle sviluppare la consapevolezza di sé anche senza i suoi poteri: la lotta per i diritti civili senza usare la sua voce era una bella idea.
Nella terza stagione invece si trasforma in una stronza aggressiva/passiva che quasi stupra Luther - la serie vuole farcelo dimenticare ma io non dimentico - perché è arrabbiata. Che fa accordi sottobanco con Reginald e porta al reset del mondo. Un rottweiler con la rabbia, praticamente.
Questa stagione inizia con tutti che sono arrabbiati con Allison per le vicende della stagione precedente ma... nessuno ne parla mai o c'è alla fine qualche risvolto. D'altronde Allison passa metà serie appresso a Klaus - ha preso il posto di Ben - e a relazionarsi con la figlia adolescente... anche la sua storyline è completamente staccata dalla trama orizzontale e pure tutta la sua psicologia viene messa in secondo piano.
Gran parte del suo personaggio ha sempre ruotato attorno a due tematiche: raggiungere obbiettivi da sola senza usare la Voce ed il conflitto tra la famiglia e Claire. Nella terza stagione aveva scelto la figlia ma non vediamo mai come questa decisione influisca nella storia o nelle relazioni tra i personaggi.
Allison sta in questa stagione perché ci deve stare e punto.
PS: qualcuno sa cosa gli è successo ai poteri?! adesso non ha manco più bisogno di dire " ho sentito una voce". E' passata direttamente alla telepatia. Allison ammazza la gente pensando.
Così.
Perché ci va.
Ed infine Klaus, uno dei personaggi più eclettici, folli e intriganti della serie. La sua storia lungo tutta la serie è quella che secondo me racchiude perfettamente l'anima dell'Umbrella Academy: divertente, matta, sconvolgente ma anche triste e introspettiva. Il suo personaggio ha una quantità impressionante di spunti: dalla sua storia con Dave fino al suo rapporto con Ben fantasma. La sua dipendenza dalla droghe, la mancanza di fiducia in sé stesso, la sua connessione con la morte...tutte tematiche che si riflettono in questo personaggio.
In questa stagione ahimè sparisce tutto. Klaus compie un' involuzione quasi imbarazzante, tornando quasi il personaggio della prima stagioni. Appena tornati i poteri torna a drogarsi per finire a far da schiavo sessuale e poi seppellito vivo in un cimitero. Salvato poi da Allison. E stop. Non c'è altro.
Si poteva analizzare il rapporto con la nipote Claire, fargli avere un evoluzione che lo allontanasse definitivamente dalle droghe o anche - cosa che avrei adorato - si poteva trattare il rapporto tra lui e Ben ora che Ben esiste ma non è lo stesso Ben. Per Dio, sono stati assieme per decenni. Sempre appiccicati come colla. Poi te lo ritrovi davanti in carne e ossa - seppur diverso caratterialmente - e... niente?! famo finta che non lo conosciamo neppure a sto Ben?!
Klaus a differenza dei fratelli non è solo un personaggio sprecato. Ma è più di tutto una orribile cancellazione della sua costruzione durata ben 3 stagioni.
E no, il fatto che a 5 minuti dal finale si scopra che Klaus può volare non è un evoluzione. Chissà perché poi, ci hanno detto sta cosa. A che serve?
Diego, Lila e Five
I drammi veri.
Partiamo da Diego. Preciso che non è stato sin dall'inizio un personaggio che amavo ma piano piano ha preso sempre più piede nel mio cuore. Adoro il suo essere un finto duro, la questione del peso dell'essere il Numero Due, il fatto di voler essere un eroe perché crede davvero che le persone possono migliorare il mondo. E' una persona buona Diego. Sensibile e tenero. E amo il fatto che nei momenti di nervosismo diventasse balbuziente, quasi a cementificare la sua doppia natura di duro/tenero.
E mi è sempre piaciuta la sua relazione con Lila. Due matti che si incontrano in manicomio e che hanno un legame disfunzionale perché loro sono disfunzionali ma in qualche modo... funzionano.
In questa quarta stagione Diego affronta la monotonia di tutti i giorni. L'avere una vita normale, casa, lavoro e figli che alla lunga annoia un uomo che ha passato tutto ciò che ha passato Diego: traumi, abusi, apocalissi, mazzate, sparatorie, pericolo... questo è anche il dramma di Lila che come il marito, soffre per questa vita così poco avventurosa. E da qui, nascono i problemi matrimoniali.
Diego pensa che Lila lo tradisca ed entra nella CIA con lo scopo di ritrovare una vita più movimentata. Ora, ci può anche stare questa dinamica tra Diego e Lila. E' anche molto realistica e trova una coerenza nei personaggi.
Ma anche qui la troppa velocità rovina le cose. Alla CIA Diego parla con un uomo che si lamenta perché gli manca la famiglia: lavora troppo e troppo tardi ha capito che i suoi figli e sua moglie sono la cosa più importante per lui. Questa scena, che dura 3 minuti forse, illumina Diego che gli dà ragione e nel giro di neanche una puntata, lo vede far dietrofront e tornare da moglie e figli, consapevole che loro, sono le cose più importanti della sua vita. Tutto ciò grazie ad una frase detta da un tizio random.
Domanda: ma anziché mandare Lila e Five nella metropolitana, non ci potevano mandare Diego e Lila? Così avrebbero risolto i loro problemi matrimoniali capendo l'importanza di ciò che hanno costruito assieme.
D'altronde Diego ha avuto un infanzia abusante ed un padre orribile. Lila è stata manovrata dalla madre ed ha avuto anche lei una vita terribile. Adesso hanno dei figli... non si poteva analizzare questo? l'essere genitori, costruire una vita più bella, le difficoltà di essere un padre ed una madre migliori di quelli che hanno educato loro.
Buon Dio, non sappiamo nemmeno i nomi di questi bambini!
Il suo finale è forse uno dei peggiori poiché viene cancellato dall'esistenza senza sapere se sua moglie lo ama, tradito da lei e da suo fratello, andandosene da questo mondo amareggiato e con il cuore spezzato.
Stesso percorso ma con esiti diversi per Lila.
Anche lei come il marito soffre questa vita monotona e ritrovandosi bloccata con Five per 7 anni nella metropolitana, "cade" in amore per il fratello del marito, vivendo una vita idilliaca assieme a lui, coltivando le piante, pomiciando e facendosi regalini.
Durante questo periodo Lila pare dimenticarsi del tutto della sua vita fuori di lì. Non pensa mai ai figli, al marito, alla famiglia che ha lasciato dietro di sé. Ma d'altronde questo pezzo importantissimo che manda a puttane due personaggi dura venti minuti. Se ci mettevi anche l'introspezione poi non bastava il tempo!
Alla fine Five le rivela che ha trovato il modo per tornare a casa e SBAM! Lila si ricorda improvvisamente che è una moglie ed una madre. Che gli mancano i suoi figli... non Diego
Fino alla fine non si capirà se il rapporto con Five sia nato per via della sopravvivenza o se ci sia davvero amore tra loro: lei dice la prima ma quando Diego le chiede se ama Five, Lila è indecisa e non risponde.
La crisi quindi non viene minimamente affrontata ma anzi le cose si fanno più complicate e da un finale di serie ti aspetti che ormai i personaggi siano maturi abbastanza, che siano cresciuti, che si siano evoluti maggiormente per risolvere la questione e lasciarci con personaggi finalmente progrediti. Ed invece...
Lila era uno dei miei personaggi femminili preferito: psicopatica, folle ma in fondo buona e desiderosa di avere una famiglia. Per certi versi era simile a Five. Ma in questa stagione la vediamo buttar via tutta la costruzione della sua storia con Diego, tutti i risultati raggiunti per... una cosa non necessaria né alla trama né al personaggio.
Alla fine tutta sta storia Five/Lila... cosa ha aggiunto al personaggio? in cosa l'ha cambiata?
PS: anche per lei, poteri strani. Adesso può sparare i laser dagli occhi. Bello. Peccato che il suo potere fosse il poter replicare i poteri degli altri e NESSUNO tra loro ha questo potere. Chiaramente un potere dato solo per fare le scenette divertenti e chi se ne frega della coerenza narrativa.
Ma don't worry. Se la situazione personaggi è brutta, può ancora peggiore con Five, colui che più di tutti viene massacrato da questa stagione. Per tutta la stagione mi sono ripetuta come un mantra ":- Questo non è Five. Questo non è Five. Questo non è Five."
Il buon Five infatti, si ritrova bloccato con Lila nella metropolitana e piano piano si innamora di lei, tradendo suo fratello ecc ecc. Questa nuova vita è così paradisiaca che nonostante trovi la via di casa, Five ci mette 5 mesi a rivelarla a Lila, troppo timoroso che lei se ne vada e l'idillio finisca.
Una volta poi che tornano a casa, Five non pare nemmeno troppo dispiaciuto di aver rubato la moglie al fratello. Anzi. Nel momento clou, quando il blob Ben/Jennifer rischia di uccidere tutta la sua famiglia, anziché combattere per salvarli, comincia a fare a botte con Diego, ignorando totalmente il pericolo.
Five viene cancellato anche lui dall'esistenza con suo fratello furioso con lui e la donna che ama che gli ha detto che la loro storia è stata solo un avventura... fantastico.
Mio Dio, non so nemmeno da dove cominciare:
Per 3 stagione abbiamo visto Five cercare di salvare la sua famiglia. E' rimasto bloccato 45 anni nell'Apocalisse completamente da solo con l'unico desiderio di tornare dagli altri. E' sempre lui che riunisce la family, li sprona o manda a puttane le loro vite tranquille perché si riuniscano. Non c'è niente di più prezioso per Five dei suoi fratelli. Ha fatto cose orribili per tornare da loro. Ha ammazzato innocenti, è diventato un assassino, ha venduto la sua moralità solo per poterli vedere e salvare.
Poi gli sceneggiatori alla quarta stagione si sono resi conto che l'attore che fa Five adesso è grande abbastanza per avere una storia d'amore - d'altronde tutti i personaggio l'hanno avuta perché lui no?! - ed hanno ben pensato di piazzarlo con Lila perché con 6 puntate difficilmente avrebbero avuto il tempo di creare una storia d'amore credibile per un personaggio come Five con una persona random. Tanto più che tra loro c'è sempre stato questo rapporto un po' frizzantello...
Risponderò a ciò riprendendo un discorso letto qui su Tumblr ma che non ritrovo più [ se lo trovo lo metto ] e che in sintesi sosteneva che Five ha già una storia d'amore. La più importante di tutte: quella con la sua famiglia. D'altronde The Umbrella Academy parla proprio di famiglia.
E' un amore totalizzante, potente. Che gli ha dato la forza per sopravvivere fino alla quarta stagione ed affrontare cose terribili e lo ha reso l'uomo che è adesso. La prima preoccupazione di Five è sempre stata la sua famiglia. Sempre.
Perciò la storia d'amore con Lila non era necessaria. Soprattutto una storia d'amore che lo vede mandare a puttane la sua famiglia come se non gliene fregasse nulla di loro. Buon Dio, non voleva tornare! Aveva la strada di casa sottomano e non l'ha seguita. Sarebbe rimasto fermo a vedere gli altri morire!
Vederlo fare a pugni con Diego mentre gli altri rischiano la vita è stata una visione straziante: quello non è Five. Non sarebbe mai rimasto a guardare mentre Luther, Klaus o Allison rischiano di essere uccisi.
Tutto ciò è ancora più assurdo perché questo stravolgimento del personaggio è nato in venti minuti di puntata. La serie ci dice che sono passati sette anni ma per noi spettatori non è nemmeno una puntata. E' un cambiamento così repentino e fuori dal personaggio che mai e poi mai potrei digerirlo. Non puoi modificare un personaggio così cementificato, impostato come Five in una sola puntata.
L'idea che mi sono fatta è che gli autori volessero dirci che Five si fosse stancato di salvare la sua famiglia. Se nell'Apocalisse non aveva mai mollato perché era solo, questa volta ha compagnia e per la prima volta dalla prima stagione, appende il cappello al chiodo e si riposa. Non trova di nuovo la via di casa ma stavolta Lila è con lui.
E se da una parte posso apprezzare questa idea per esplorare questo fatto che Five sia stanco, che voglia riposarsi, che non ne possa più perché d'altro canto è umano pure lui, dall'altro posso certamente dire che se questa era l'idea, potevano farlo meglio: esattamente come con Viktor, la cui evoluzione mentale cambiò lungo tutto l'arco della prima serie, avrebbero dovuto mostrarci un Five che sin dall'inizio della quarta stagione soffre questa situazione. Farci vedere come cercare una soluzione per la famiglia lo stressi e distrugga mentalmente. No che nel giro di mezzo episodio abbandona tutto e tutti!
Ma soprattutto, se questa era la scelta, dovevano farci vedere un Five che anche se sta bene con Lila, sceglie la sua famiglia alla fine perché questo è sempre stato il filo conduttore della sua vita. Perché per come l'hanno gestita pare che Five non torni dai suoi fratelli non perché non può...ma perché non vuole.
A pezzi. Hanno fatto a pezzi questo personaggio. E ripeto l'idea di Five che cede alla stanchezza non era nemmeno male come concetto da esplorare. Poteva essere interessante. Ma non così.
Five se ne va da questo mondo senza aver fatto pace con Diego, senza aver risolto nulla ma soprattutto dando l'impressione che la sua storia con Lila fosse più importante della sua famiglia e questo non lo posso accettare.
Che poi: Lila ci ripete costantemente che lei e Five sono rimasti intrappolati per 7 anni. Come se la quantità di tempo assieme fosse una giustificazione. :-" ci siamo innamorati perché abbiamo passato 7 anni insieme!! Capito? sette anni!! era ovvio che ci saremmo innamorati! Perché siamo io e lui da 7 sette anni!"
Cioè è la serie che ci ripete fino alla nausea che sono passati tot anni così da giustificare la cosa!
Un massacro.
Persino il personaggio di Reginald che è sempre stato un mistero da risolvere, non si salva:
Non ho capito ad esempio, perché se il suo obiettivo era riportare in vita la moglie, ha creato l'Umbrella Academy e tutte le Academy che abbiamo visto. Che c'entra questo con il suo obiettivo finale? E poi non abbiamo saputo nulla su di lui. Sul suo pianeta, su come sia morte Abigail. Perché in certe linee temporali questa donna era viva e in altre no... niente. Non si è scoperto niente.
Ed infine, il buco di logica finale che mi ha dato la certezza che tra i tanti problemi di questa serie, ci fosse anche il fatto che gli autori non abbiano riguardato le stagioni precedenti: i figli di Allison e Diego che giocano felici e contenti nella linea temporale originale. Tutto molto bello. Peccato che ciò contraddica quanto detto nelle stagioni prima, in particolare il Paradosso del Nonno. Se tuo nonno muore prima che nasca tuo padre, tu non puoi esistere. Semplice e efficace. E allora, se Lila, Diego e Allison non sono mai esistiti, come possono esistere i loro figli????!!! Da dove sono nati?
E niente finisce così. Finisce così una - e l'unica - serie occidentale che seguivo sin dall'inizio e amavo tantissimo. Una delusione e un enorme peccato.
Perché meritavamo di meglio. Perché Luther, Diego, Allison, Klaus, Ben, Five, Viktor e Lila meritavano di meglio. Andavano celebrati, dopo tutto il percorso che avevamo affrontato assieme. Ed invece siamo stati costretti ad assistere alla cancellazione - in tutti i sensi - dei loro personaggi e progressi.
La cosa che mi dispiace di più è che arrivata alla fine della serie, avrei voluto percepire il senso di famiglia. La storia inizia con questi fratelli che sì, si vogliono bene, ma sono così traumatizzati che rendono le relazioni tra loro molto disfunzionali e bizzarre. Dopo 3 stagioni di mirabolanti avventure, di crescita personale, d'evoluzioni, di rapporti riallacciati ma anche tesi, mi aspettavo che i ragazzi dell'Umbrella Academy si ritrovassero come famiglia, uniti nell'affetto e comprensione. Ed invece...
Un peccato. Un dannato peccato.
*consoliamoci con questi due adorabili idioti
#the umbrella academy#the umbrella academy 4 season#tua#tua season four#viktor hargreeves#luther hargreeves#allison hargreeves#klaus hargreeves#ben hargreeves#diego hargreeves#five hargreeves#lila hargreeves
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Giovedì, 27 marzo 2025, ore 18:30-20:30, presso Ethicando Gallery, Viale Luigi Maino n. 38 - 20129 Milano, si è svolta con successo l'inaugurazione della mostra personale dal titolo (UN)TITLED dell'artista Millo Galante con la curatela del critico d'arte Marco Eugenio Di Giandomenico.
La mostra, che gode della promozione mediatica di Betting On Italy (BOI) e di Estro Digitale, fa parte delle iniziative espositive organizzate dall'Associazione Ethicando nell'ambito della commissione scientifica "Artisti Emergenti" dedicata alla selezione e promozione di artisti talentuosi che si affacciano al mondo dell'arte contemporanea.
All'inaugurazione hanno partecipato l'assessore #LorenzoPacini (Municipio 1 Comune di Milano), la giornalista #ClaudiaPeroni e varie personalità del modo dell'arte e della cultura.
Marcello Gallimberti, in arte Millo Galante, segnalato dall'esperta di relazioni pubbliche Giovanna Repossi, è uno studente universitario al quarto anno di medicina, da sempre dedito alla produzione di opere artistiche con già tre mostre personali al suo attivo (Padova e Milano).
Il suo fuoco creativo, infatti, emerge già in età adolescenziale allorché inizia a «presentare i pensieri e le visioni che lo abitano» (sono sue parole) grazie alla macchina fotografica, che diventa lo strumento primario per produrre opere in cui l’immagine è parte di una istallazione nella quale alcuni dettagli fotografici si trasformano in componenti fisiche.
Nel 2018 Galante avvia il progetto MoMiGa (Madness of Millo Galante), laddove il “completamento” di ogni opera avviene con l’attribuzione del titolo, libera e anonima, da parte del fruitore. I titoli raccolti in ogni esposizione (più di 5 mila nelle prime due mostre) sono epilogati in un catalogo digitale pubblicato online. I titoli rappresentano il feedback estetico dell’osservatore e, al contempo, la sintesi semiologica del prodotto creativo.
L’intuizione dell’artista è senza dubbio interessante e naufraga in una originale narrazione a più voci, in linea con la particolare declinazione creativa in questione.
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On Thursday, March 27, 2025, 6:30 p.m.-8:30 p.m., at Ethicando Gallery, Viale Luigi Maino No. 38 - 20129 Milan, the opening of the solo exhibition titled (UN)TITLED by artist Millo Galante was successfully held under the curatorship of art critic Marco Eugenio Di Giandomenico.
The opening was attended by Alderman #LorenzoPacini (City Hall 1 Municipality of Milan), journalist #ClaudiaPeroni and various personalities from the world of art and culture.
The exhibition, which enjoys the media promotion of Betting On Italy (BOI) and Estro Digitale, is part of the exhibition initiatives organized by the Ethicando Association as part of the scientific commission "Emerging Artists" dedicated to the selection and promotion of talented artists entering the world of contemporary art.
Marcello Gallimberti, aka Millo Galante, pointed out by public relations expert Giovanna Repossi, is a university student in his fourth year of medicine, who has always been dedicated to the production of artistic works with already three solo exhibitions to his credit (Padua and Milan).
His creative fire, in fact, emerges as early as adolescence when he starts "presenting the thoughts and visions that inhabit him" (these are his words) thanks to the camera, which becomes the primary tool to produce works in which the image is part of an installation in which some photographic details are transformed into physical components.
In 2018 Galante initiated the MoMiGa (Madness of Millo Galante) project, where the "completion" of each work occurs with the user's free and anonymous attribution of the title. The titles collected in each exhibition (more than 5 thousand in the first two exhibitions) are epilogized in a digital catalog published online. The titles represent the viewer's aesthetic feedback and, at the same time, the semiological synthesis of the creative product. The artist's intuition is undoubtedly interesting and shipwrecks in an original multi-voiced narrative in line with the particular creative declination in question.
#marco eugenio di giandomenico#bettingonitaly#ethicando association#marcoeugeniodigiandomenico#contemporaryart#ethicando#artecontemporanea#artcritic#soloexhibition#estrodigitale#millogalante#marcellogallimberti
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DIOR - GRIS DIOR ESPRIT DE PARFUM - La Collection Privée Christian Dior - Extrait de Parfum - Novità 2024 -
The moment you realize there’s always a new terroir to explore in the olfactory universe. And there’s one truly connected to the way you perceive the need to wear a fragrance. Whether it’s memory, love, passion, harmony, mindfulness, beauty, elegance, all goes around a deep unstoppable emotion.
I believe in fragrances that, more than others, got you as a sonnet, music, work of art, they’re so powerful in replying, you achieve the sense of all, into the invisible beam of law of attraction.
⭐️
Dior e il suo emblematico grigio reso in fragranza. Cinque nuovi capitoli olfattivi per La Collection Privée Christian Dior, cinque Extrait reinterpretati nella versione Les Esprits de Parfum da Francis Kurkdjian, prezioso omaggio alla tradizione couture della Maison.
In questo dialogo aromatico di assoluta ricercatezza compositiva si distinguono intensità e profondità inedite, viene perpetuata l’unicità di stile ed eleganza, l’affinità creativa, tra tradizione e contemporaneità, nel nucleo di concentrazioni estreme e scie potenti.
"La creazione degli Esprit de Parfum è stata un’occasione per rendere omaggio a sillage leggendari de La Collection Privée. Per ogni fragranza, ho ridefinito una linea olfattiva comprensibile e una narrazione che potesse permettermi di ottenere una rivisitazione pura e radicale dell’architettura di ogni composizione. Gli Esprit de Parfum sono come la tela che precede l’opera finale, ne sono la sintesi. Un esercizio stilistico che rispecchia l’ispirazione couture della Maison, la mia visione del lusso e della creatività Dior. Ho plasmato la materia per portare le fragranze fino all’estremo della loro espressività e ho osato stravolgerle. Volevo che queste composizioni affermassero una vera e propria filosofia estetica, che le loro scie fossero potenti." Francis Kurkdjian Direttore Creativo Fragranze Dior
Raffinatezza senza limiti per Gris Dior Esprit de Parfum, il colore fetiche Dior nella sua quintessenza aromatica. Kurkdjian gli regala rigore e profondità, elogia l’espressività chypre caricandola di toni cupi, addensa la palette cromatica dei sottotoni, intensifica l’accordo floreale ambientandolo in una penombra carica di sensualità e mistero.
Quanta ricchezza e nobiltà in quei legni, cedro atlas e patchouli in massima saturazione, affabulanti, scuri, massivi, si dilatano nella soave sfumatura ambrata e incorniciano, con grazia estrema, i sofisticati accenti floreali di rosa bulgara e violetta. È la bellezza odorosa all’ennesima, la sensualità rivelata, lì scorgi l’essenziale che seduce e fa sedurre. Senza pari.
Creata da Francis Kurkdjian.
Extrait de Parfum 80 ml. Online qui
©thebeautycove @igbeautycove



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Come la storia ha trattato male il dodo
Storia e arte di Mikel Angelo Francisco
Quando si tratta di specie che sono state denigrate e maltrattate dalla storia, poche, se non nessuna, possono essere paragonate al dodo (Raphus cucullatus). L'ultimo avvistamento confermato di questo uccello risale al 1662—meno di 100 anni dopo che i marinai olandesi invasori avevano notato per la prima volta la sua esistenza sull'isola africana di Mauritius. Col tempo, l'uccello incapace di volare è diventato il simbolo sfortunato del fallimento evolutivo. La sua reputazione di essere terribilmente inadatto alla sopravvivenza ha cementato il suo posto nella cultura popolare e nel lessico del mondo anglofono come simbolo di obsolescenza ("morto come un dodo") e pura stupidità ("stupido come un dodo").
Per secoli, la narrazione dominante sul dodo era che fosse comicamente goffo, grasso, e inadatto a sopravvivere in un mondo dominato dagli umani. Supponendo che fosse così, la sua incapacità di volare lo rendeva una preda facile per i coloni europei, che lo portarono rapidamente all'estinzione.
Ma recenti studi suggeriscono che fosse agile e capace, muovendosi abilmente tra alberi e rocce con forti gambe. Aveva un buon senso dell'olfatto e potrebbe essere stato intelligente quanto un piccione. La stupidità non ha condannato il dodo; gli umani sì. Fu la caccia, insieme all'introduzione di specie invasive come i ratti, i gatti e i maiali che rovinò il suo habitat e distrusse il suo cibo.
Questo solleva la domanda: come abbiamo fatto a sbagliare così tanto sul povero dodo?
Dopotutto, questa specie non è come i dinosauri non aviari, scomparsi milioni di anni fa, di cui non abbiamo mai visto uno dal vivo nel contesto geologico. Di fatto, il dodo è uno degli esempi più celebri di una specie la cui scomparsa si è svolta sotto i nostri occhi. Sicuramente, qualcuno con un pennino e un pezzo di carta avrebbe potuto registrare come apparisse e si comportasse un dodo vivo, giusto?
La risposta, ovviamente, è no. Sfortunatamente, l'accuratezza delle loro rappresentazioni lasciava molto a desiderare, per usare un eufemismo.
Curiosamente, Carl Linnaeus stesso propose un nome binomiale per il dodo: Didus ineptus ("dodo stupido"), che risultava terribilmente adatto.
Inoltre, vale la pena notare che quando il dodo scomparve, non avevamo ancora standardizzato come categorizzare gli esseri viventi. Ciò significava anche che nessuno aveva lavorato con un esemplare tipico —un "punto di riferimento" accettato per descrivere i tratti fisici del dodo.
In aggiunta, il dodo morì durante un periodo anomalo nella storia scientifica: non solo la tassonomia moderna non esisteva ancora, ma anche la nostra comprensione dell'estinzione—di come l'intera popolazione di una specie potesse cessare di esistere—era ancora un concetto nuovo.
A un certo punto, le persone dubitarono persino dell'esistenza reale del dodo, e questo divenne associato a creature mitologiche come il grifone e la fenice dell'antichità mitologica.
Con tutte queste considerazioni, un team di ricercatori britannici ha affrontato il compito (anche se inevitabile) di districare i nodi della nomenclatura del dodo. Questo processo ha comportato l'esame di circa 400 anni di letteratura, nonché di documenti sul dodo. Pubblicarono il loro studio nello Zoological Journal of the Linnean Society.
Nel loro articolo, confermarono che il dodo e il suo più stretto parente estinto, il solitario di Rodrigues (Pezophaps solitaria), appartenevano alla stessa famiglia dei piccioni e delle colombe (Columbidae).
Non è solo una questione di pedanteria scientifica: studiare la storia del dodo può chiarire il suo ruolo nell'ecosistema di Mauritius, il che fornisce informazioni utili per la conservazione degli habitat e delle specie.
Questo può salvare altre specie dall'estinguersi come il... tu sai. (Ancora deluso.)
(via Il Dodo non era così stupido come pensavamo)
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⚠️ NOVITÀ IN LIBRERIA ⚠️
Anne Trewby e Iseul Turan
DONNE, SVEGLIATEVI!
Per farla finita con le menzogne femministe
Sottomesse alla tecnologia, alla disponibilità totale e ai ritmi frenetici, le donne del terzo millennio vivono una “liberazione” immaginaria, frutto di una propaganda femminista che – nella realtà dei fatti – ha imposto nuove costrizioni. L’attuale “guerra dei sessi” – alimentata ad arte da un progressismo woke imbevuto di livore e votato alla fluidità individualista – ha scacciato il marito dal nucleo familiare, destrutturando l’ordinamento comunitario e la naturale complementarietà della “cellula fondamentale della società”.
In un’epoca in cui il progresso si degrada, il controllo sociale si diffonde e le libertà civili diminuiscono, cosa significa veramente essere liberi? Due secoli dopo l’appello di Olympe de Gouges, Anne Trewby e Iseul Turan raccolgono le teorie del femminismo e suggeriscono una via d’uscita dalla modernità e dalla “tirannia dei diritti”. Un appello libero, sincero e controcorrente, che smaschera i limiti della narrazione dominante e parla al cuore di ogni donna.
INFO & ORDINI:
www.passaggioalbosco.it
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Amy Sherald: La maestra dei ritratti contemporanei
Un viaggio nell’arte e nell’anima di una delle più grandi ritrattiste viventi.
Un viaggio nell’arte e nell’anima di una delle più grandi ritrattiste viventi. Amy Sherald, acclamata artista contemporanea, è una delle più grandi ritrattiste viventi. La sua opera si distingue per l’abilità unica di catturare la complessità emotiva e l’essenza interiore dei suoi soggetti, conferendo ai suoi dipinti un fascino senza tempo e una profondità rara. Ma qual è il segreto dietro il…
#Alessandria today#Amy Sherald#Amy Sherald biografia#arte afroamericana#Arte contemporanea#arte e narrazione#arte e società#arte globale#arte inclusiva#arte psicologica#artista afroamericana#artisti contemporanei#artisti di oggi.#colore nell’arte#cultura e arte#dipinti contemporanei#diversità artistica#esperienze umane arte#Google News#icona artistica#icone afroamericane#inclusività culturale#introspezione artistica#italianewsmedia.com#messaggi culturali arte#Michelle Obama ritratto#minimalismo arte#National Portrait Gallery#opere d’arte simboliche#Pier Carlo Lava
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Gli scrittori hanno un grande vantaggio di poter elaborare gran parte dei propri dispiaceri tramite la scrittura. Relazioni difficili con i propri genitori, visioni cupe sulla politica e sul mondo, storie d’amore improbabili …. Tutto confluisce magicamente nel calderone della narrazione che, se accompagnato da dolore vero, in genere garantisce una produzione piuttosto ispirata.
Anna Premoli – Non ho tempo per amarti
Ph Jill Krementz
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Quando l'Oscar non parla inglese.
Quando c'è arte c'è linguaggio. La lingua parlata e scritta assumono indirettamente un ruolo marginale, ciò che importa è la comprensione, il saper dire e raccontare sono le radici fondamentali più efficaci in una narrazione. In questo Marcello era abilissimo. Il suo linguaggio era coinvolgente, familiare, appagante, attrattivo, efficace, sempre fruitore di veridicità. Nella sua lunga carriera non è stato mai sazio di comunicare, così come nella vita, sempre legata ad un filo di un telefono. La sua forza comunicativa attoriale, lo ha portato a raggiungere e conquistare ogni tipo di vetta, anche quelle internazionali. Corteggiatissimo da Hollywood, Marcello ha preferito, perlopiù, restare in Italia, a casa, nella sua Europa. Il jet set Hollywoodiano era qualcosa che non gli apparteneva, un modo di fare cinema che aveva un linguaggio a lui poco comprensibile, e per questo preferiva alimentare bellezza e arte da dove le sue radici, il suo linguaggio, gli somigliavano. Fu candidato agli oscar per ben tre volte ma non vinse mai. Una probabile vetta che avrebbe meritato ma che forse, da buon fatalista, sentiva non appartenergli. I premi, i riconoscimenti, per Marcello, erano situazioni piacevoli ma marginali e poco importava avere questo o quel premio tra le mani, a lui importava solo fare il suo mestiere, restando fedele all'amore che provava, che alimentava. I premi, erano ideali a volte scomodi, da dover pudicamente nascondere. Anche se Marcello non parlava inglese, ha raccontato, messo in luce, intelligentemente criticato, descritto, con quel linguaggio universale che non ha dogmi grammaticali, pronunce corrette, ma che lui è riuscito a farci capire e non dimenticare.
#marcello mastroianni#best actor#movies#federico fellini#latin lover#telefonamitra20anni#mastroianni#oscar awards#marcellomastroianni#life#actorlife#per te
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trovo opinabile il timore verso un'intelligenza artificiale che porterà alla schiavitù la specie umana; questo tipo di narrazione, nata da decenni di sceneggiature hollywoodiane, allontana da quello che può essere un concreto utilizzo dell'ia nel lavoro umano. utopisticamente, spero in un riscontro socialista: con l'introduzione del famigerato reddito universale, l'ia svolgerebbe le mansioni che oggi condannano le persone a fare lavori usuranti e a morire per le ondate di calore. il capitalismo, ovviamente, non è d'accordo e preferisce usare l'ia per produrre a raffica hit musicali e trame per film di successo
altrettanto utopisticamente, io spero che questa possa essere un'occasione di rilancio per i musicisti che da troppo tempo stagnano verso l'incasellamento di generi ed etichette. non ne faccio un torto: siamo fin troppo figli della narrazione novecentesca fatta di enormi boom culturali e siamo convinti (più i boomer forse) che la società di oggi sia stagnante perché non raggiunge le vette culturali del secolo passato. passerà forse tempo inmemore prima che questo succeda: dovrà accadere qualcosa di altrettanto rivoluzionario come l'energia elettrica; fino ad allora, possiamo solo affinare le tecniche e renderci più consapevoli di ciò che nel novecento è stato affrontato con pionerismo. ma quello dell'ia potrebbe essere un momento di svolta
l'ia è capace di realizzare brani con la forma canzone più tradizionale; conosce gli stili 'prevedibili', le canzoni di successo che si basano su indagini di mercato e su confezionamenti che vanno avanti da decenni. questa potrebbe essere l'occasione per gli artisti di cercare nuovi territori, proporre musica e arte con l'idea di sperimentare, di fare qualcosa di imprevedibile, che un'ia non sarebbe in grado di riprodurre. forse da lì potrebbe partire un'ondata di freschezza; per fare un esempio, siamo sicuri che il machine learning sarebbe in grado di replicare il free jazz o tutta quella musica rumoristica che trascende il concetto di nota, di melodia e di canzone?
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The Lost Tomb 2: Explore With The Note
"Voleva che venisse scoperto tutto e allo stesso tempo che rimanesse un segreto per sempre." [CIT]
Il sottotitolo non è casuale. non lo è mai
Ancor più se si parla di Lost Tomb, patria dei giri a vuoto, di cose inspiegabili e di informazioni inutili, abitata da gente perlopiù bipolare e con gravissimi problemi di comunicazione.
Ok, lo ammetto. Non avrei dovuto vedere questa stagione subito dopo l'altra: di solito lascio mantecare per un annetto prima di ributtarmi su una storia. La saga di High and Low l'ho finita in più di 5 anni, per dire.
Tuttavia, un po' gli spoiler, un po' i libri che sto leggendo e soprattutto la consapevolezza che con le serie siamo all'inizio e ancora manca un bel po', ho deciso di andare avanti un pelino.
A proposito del libro: non è il momento di parlarne qui ma una cosa la voglio dire. Io pensavo che Martin, l'autore di Game Of Thrones fosse un maledetto che gode nel farci soffrire non finendo mai quei benedetti libri. Ma Xu Lei, l'autore di Lost Tomb è addirittura ad un livello superiore. In confronto Martin è un novellino.
Xu Lei infatti, ha scritto libri - come Mystic Nine - ma non ha mai finito (e mai lo finirà se me lo chiedi) facendo lo sceneggiatore per la serie e concludendo la storia su pellicola. La sua libreria è composta dalla storia principale di Lost Tomb e poi ci sono un infinità di storielle, pezzi, on-shot, sparsi ed incompleti che giacciono lì... tu inizi a leggere una storia, una ventina di capitoli e poi stop. Non c'è altro. La narrazione si chiude e non saprai mai cosa accadrà.
Perché d'altronde questo è Lost Tomb e sia mai che chiarezza, ordine e linearità siano presenti!
Ma lo si ama anche per questo.
Tornando alla stagione in esame, per certi versi è andata meglio delle precedenti. Per altri versi invece, è stata agghiacciante.
Dunque, la prima cose che voglio dire è che la trama ha un senso e le cose vengono spiegate.
E lo so che per molti di voi questa è la base per qualsiasi cosa. Ma chi segue questo capolavoro ed è arrivato come me al 4° prodotto visto ormai, conosce l'architettura fatiscente e approssimativa delle stagioni passate. I buchi di trama, personaggi che compaiono e scompaiono a seconda dell'esigenza, cose e eventi che accadono senza un perché...il solito insomma. Senza contare i tagli delle scene, il montaggio strano, le musiche fuori contesto...
In questa stagione invece, tutto prosegue con una linearità sconcertante. Sono pochissimi gli eventi inspiegabili - per lo più nel finale - e la narrazione è abbastanza fluida e chiara. Si capisce perché si fanno le cose e cosa vogliono certe persone. Sono rimasta basita da tale "ordine e disciplina."
Certo, rimangono i molti misteri (per citare @lisia81: risolvi un enigma e te ne spuntano fuori altri tre) ma nel complesso, sono sbalordita da come io sia riuscita a seguire le vicende di questa avventura senza mai perdermi o alzare bandiera banca scoraggiata.
C'è da dire che la serie non parte benissimo. Già alla prima puntata sorgono i primi problemi quando mi accorgo che c'è qualcosa che non va. Tolto il re-cast di mezzo cast che ti costringe a giocare a "indovina chi".
La stagione sembra iniziare non dalla fine della stagione precedente...ma da prima ancora. Tipo dalla 35° puntata su 40 in tutto. In pratica, stavo vedendo il finale della seconda stagione ma girata in modo diverso. E qui, Signori, mi si sono spalancate le porte dei Cieli:
Hanno cancellato gli ultimi episodi della stagione e li hanno rigirati in un modo completamente diverso, con una storia diversa, eventi diversi e attori diversi.
Ragazzi, questa è avanguardia altissima. Ma dove la trovate un altra serie che se ne sbatte così platealmente di quanto già fatto e modifica la storia dove e come cazzo gli pare?!! Torna indietro, va avanti...fa come cazzo vuole.
Tralasciando questo momento di arte pura, la serie come ho scritto, trova alla fine una sua linearità e prosegue senza grossi problemi fino alla fine.
Anzi, faccio la caga cazzi e mi lamento di questo fatto: è vero che le stagioni precedenti sembravano fatte da scimmie sbronze e strabiche...ma almeno erano divertenti! Le risate che mi sono fatta per tutte le cose inspiegabili e fatte male non me le porterà via nessuno.
Explore with The Note invece, mi toglie tutto il divertimento scegliendo di farmi vedere 24 puntate di stanze oscure, tombe, passaggi nel terreno, altre stanze, corridoi, bare. Con i nostri che vagano per questi luoghi quasi senza mai incontrare roba eclatante. Pochissime scene d'azione e ancor meno di esplorazione della tomba. Siamo semplicemente andati a dritto!
L'unico guizzo ci viene dalla scoperta della squadra archeologica morta malissimo nella stanza del tesoro ed il cui ritrovamento, apre mille parentesi di cui dopo parlerò.
Ma per il resto, ho trovato questa stagione un po' piatta ed a tratti noiosa. Cosa che Lost Tomb non può essere! Tutto gli si può dire a questa serie, tranne che sia noiosa.
Credo che questo possa esser "colpa" anche del punto centrale della vicenda, ossia l'identità dello Zio di Wu Xie ed i sospetti - che poi diventano certezza nel finale - che si scambi di ruolo con l'altro Zio quando nessuno guarda. Se da una parte sono contenta che si sia risolto il mistero dello Zio, dall'altra parte mi domando se inserire questa dinamica del sospetto e della fiducia del lead per lo zio per TUTTI i 24 episodi, sia stata la scelta migliore.
Explore With The Note infatti, sembra concentrarsi troppo su questo, con millemila scene del povero Wu Xie che guarda con sospetto, poi con fiducia, poi di nuovo con sospetto sto benedetto parente, portando il mistero a livelli oceanici.
Anche perché poi, se ci pensi, lo Zio spiega il motivo di questo switch che dura da quasi vent'anni ed ha portato alla follia mezze famiglie, in due righe: nella vecchia spedizione alla tomba sottomarina c'era qualcosa di strano. C'era una talpa. Hanno tentato di farli secchi ma non sapendo chi fosse il nemico, hanno deciso questa linea d'azione per scoprire chi fosse e perché. Punto.
Interessante come QUESTO MISTERO CHE DURA DA 3 STAGIONI sia stato spiegato in 3 righe di sceneggiatura. Grazie Lost Tomb.
E visto che abbiamo toccato l'argomento "vecchia spedizione" nella tomba sottomarina, poiché conosco gli spoiler non dirò molto, se non che Wu Xie, anima pia, NON HA DETTO NE ALLO ZIO NE A POKER FACE NE A XIA YUCHEN del ritrovamento.
E che li hai scoperti a fare?!!
Cioè, trovi un gruppo di persone che dovevano essere presumibilmente scomparsi in mare, nel mezzo di una montagna a ottomila km da dove dovrebbero essere. Un gruppo che metà dei tuoi conoscenti cerca disperatamente. Un gruppo di cui faceva parte anche tuo zio e... niente. Stanno là. A prendere il sole.
Ma Cristo di D...!!
La cosa meravigliosa è che dopo questo ritrovamento, appare anche Xia Yuchen che litiga con Wu Xie proprio per il coinvolgimento dello Zio su questa faccenda. Ed accanto a loro stanno sti cadaveri. Io boh. Senza parole.
Non commenterò poi il fatto che Xia Yuchen abbia convenientemente trovato Wu Xie e suo Zio girando a caso per una tomba millenaria e sapendo benissimo dove, quando e come incontrarli.
Xia Yuchen arriva dove deve arrivare, bello come il sole, vestito come un modello, scortato da persone armate come un esercito d'occupazione, fa le sue cose...e se ne va.

Amen.
Ed ora, svisceriamo il vero grosso motivo del perché questa stagione sia stata per me agghiacciante: Wu Xie, Poker Face, La Bromance e la Love Story. Più Ning che fa contorno.
Partiamo proprio da lei: Ning. Nella passata serie l'avevo trovata insopportabile. In questa invece, almeno per gran parte della storia, mi sono trovata a doverla rivalutarla. Acquisisce finalmente un suo spessore e personalità, mostrando chiaramente il suo conflitto tra la fedeltà verso il "padre" e la consapevolezza di non star facendo esattamente la cosa giusta.
Peccato che, appena Cox si presenta in scena, torni ad essere un burattino senza anima. Senza idee, atti di ribellione, conflitti...niente. C'è la scena dove suo padre lascia finalmente questa valle di lacrime e lei sta lì che se lo guarda. Non è che so...prova a salvarlo, gli urla dietro, spinge Wu Xie nel portale, caga per terra... qualsiasi cosa! Sta lì, immobile.
Chiariamoci, lo spettatore sa perché lei è così sottomessa al "padre" e pronta anche a morire per lui. Ma arrivata a questo punto, mi aspettavo un minimo d'evoluzione emotiva. Anche perché, i complimenti di cui sopra, che glieli ho fatti a fare allora?!
Ancor peggio della Signorina, sono i due lead. Presi singolarmente ed in coppia.
Molti commentano la caratterizzazione e la recitazione dei due, facendo paragoni e confronti con il libro, cosa che io vorrei invece evitare. Non credo che per comprendere appieno un personaggio ci sia bisogno di aver letto anche il libro. Semmai il raffronto lo puoi fare per come sono resi i personaggi nelle stagioni precedenti.
Certo, questo è Lost Tomb che aumenta la difficoltà cambiando gli attori principali ogni stagione, con il risultato che in tre prodotti tu hai tre interpreti diversi che ovviamente rappresenteranno i loro ruoli, tutti in un modo diverso.
Solo che questa volta, per dirla male, si è pisciato fuori dal vaso.
L'attore di Wu Xie sembra una ragazzetta adolescente incapace di trattenere le sue emozioni con pochissimo autocontrollo e ancor meno sicurezza in se stesso. Litiga con Fatty per via della sua collaborazione nascosta con Cox mentre sottobanco collabora con Ning, portando il bipolarismo dunque a livelli estremi. Ma il bipolarismo è una caratteristica della famiglia Wu in generale.
E' la recitazione che proprio non mi è piaciuta. A tratti esagerata, isterica. Ovviamente c'è da tenere in considerazione tutte le vicende del personaggio e quello che emotivamente sta passando. Ma dopo 4 tombe (5 con questa) e aver visto le peggio cose, considerando anche la caratterizzazione dell'altro Wu Xie nella stagione precedente, ho trovato la sua resa troppo emotiva.
Peggio ancora Poker Face. Lo sapevo che dovevo tener di conto quel raro sorriso delle stagioni precedenti perché mi sarebbe dovuto bastare per un bel po'.
qui, quando Poker Face aveva ancora espressioni.
Il suo interprete infatti, ha deciso di rendere il suo personaggio il meno espressivo possibile. Con il risultato che ogni volta che lo inquadravano, mi pareva di guadare il Ken della mia vecchia Barbie:


Ora, i personaggi misteriosi, poco loquaci, inclini a stare nell'ombra, sono difficili da rendere poiché devono mostrare tutte la sfumature di chi sono, facendoli conoscere al pubblico, tramite sguardi, espressioni, movenze.
Maestro in tal senso, è il Lan Zhan di The Untamed, interpretato da un magistrale Yibo che è riuscito a caratterizzare e farsi capire dicendo in tutto 4 battute nell'arco di più di 40 episodi. La sua espressione diceva tutto: rabbia, tristezza, angoscia, serenità, preoccupazione....
Poker Face è un personaggio per certi versi simile, pur avendo " perso l'uso della parola" per motivi e storia diversi.
Per questo, pur comprendendone la difficoltà, trovo piattissima e vuota l'interpretazione di questo personaggio in questa stagione: rega' a me sembrava un robottino. Non aveva espressioni.
Tanto più che non si registra proprio la sua presenza. C'è o non c'è è uguale. Nelle stagioni precedenti, anche se Poker Face non parlava, ne percepivi la presenza accanto ai personaggi. Invece in questa stagione, nonostante se ne sia stato parecchio per i fatti suoi, quando c'era, non ne ho mai percepito la presenza. Mancava proprio di carisma e personalità.
E cosa succede quando questi due sono assieme? niente.
Se c'era una cosa in cui Lost Tomb era davvero bravo, era la bromance e la chimica tra i ragazzi del Triangolo di ferro: i loro battibecchi, le dinamiche interne al trio e al duo WuXie&Pokerface erano fantastiche da vedere e ti divertivano tantissimo. Senza parlare della plateale lovestory tra quest'ultimi, rei di aver avuto una chimica spettacolare che manco i BL thailandesi avrebbero potuto sperare di avere.
d'altronde se 2/3 delle fanficion che girano su internet sono storie porno tra sti due, un motivo ci sarà.
Qui invece, tutto sparito. C'è amicizia tra i tre - soprattutto tra Wu Xie e Fatty - ma manca quell'intesa che li facevano quasi sembrare una cosa sola.
E' quindi stato per me angosciante vedere questa dinamica andare a Signorine e Buonasera, rimpiangendo i giorni in cui Wu Xie e Poker Face si guardavano con gli occhi a cuore circondati dai cadaveri, sembrando pronti ad andare a copulare dietro ad una bara.
Anche perché era una delle poche cose buone della serie. Per dire.
(riprendiamoci con Sua Maestà Xie Yuchen e la sua figaggine)
E ancor più angosciante è stato il finale: uno dei più insoddisfacenti mai realizzati, sotto tutti i punti di vista.
Dal punto di vista emotivo l'ho trovato terribile: Poker Face arriva da Wu Xie, lo guarda - sempre con la stessa espressione vuota - gli dice:-"Addio" ed entra nel portale. Con Wu Xie che trattenuto da Fatty, alza la manina verso il portone, con sul volto un espressione che non saprei bene come definire. Scioccata? Spaventata? Triste?
Questa scena sarebbe stata magnifica emozionalmente parlando se 1) la recitazione fosse stata migliore 2) avessero approfondito la relazione tra Wu Xie e Poker Face durante l'arco della stagione e 3) ci fosse stata un po' più d'intensità. Se ci fossero stati gli attori dell'altra stagione con la loro chimica, questa scena mi avrebbe strappato l'anima ed il cuore. Avrei pianto per giorni.
Dal punto di vista logico anche, non si è capito cosa sia successo. Perché il portone si è aperto due volte? Perché Poker Face è andato dentro? ok, lo so perché ma darci un indizio? perché il proprietario della Tomba si è svegliato proprio in quel momento? cioè, sto stronzo dorme da secoli. Poi arrivano i nostri e si sveglia?! Così, de botto! e poi, perché sto tizio sembrava uscito da Final Fantasy?
E ancora, perché Cox voleva Wu Xie? nella serie mi è sembrato di capire che Cox volesse il corpo del Lead. Gli fa tutto un discorso su quanto sia giovane, intelligente e con il sangue meglio dell' Autan quindi ho interpretato che volesse fare uno switch tra loro due. Però appunto, è una mia interpretazione.
Che mi auguro che sia sbagliata perché se è questo il motivo di tutto sto giro per la Cina, mi domando perché Cox non abbia preso un giovane random per la via. Voleva Wu Xie per il sangue? Ma per farci cosa? a meno che Cox non pensi di girare per tutta la vita tra le tombe, cosa te ne fai di un sangue che respinge gli insetti?! per passare delle estati sereno senza i pizzichi di zanzara?
La cosa ancor più pazzesca è il modo in cui nel finale, hanno deciso di rivelare le cose:
Come detto sopra, i due Zii spiegano un piano durato vent'anni, un mistero assurdo che ha coinvolto mezza Cina - tra cui il lead - che ha perso 3 stagioni per essere portato in campo, in meno di 3 minuti. Con un mezzo spiegone contornato da qualche flashback.
Idem Cox, che come ogni buon villain, racconta i suoi obiettivi alla fine della sua vita. E siccome sto tizio ha vissuto una luuuuuuunga vita, incrociando anche il cammino dei Mystic Nine, ti aspetteresti almeno dieci minuti di retroscena. E invece sto stronzo, ci fa esposizione - si vede che proviene dalla serie di Mystic Nine, Regina di questa pratica - raccontandoci a grandi linee e rimanendo il più vago possibile su cosa ha fatto e perché. Chiudendo il tutto In meno di 5 minuti.
Dici te: non avranno avuto tempo. Però oh, 3 minuti di puntata di Xie Yunchen che va a parlare con la Nonna Huo del nulla cosmico, quelli sì. Il tempo per quello c'era.
Io vorrei tanto sapere come gli autori di questa serie gestiscono il minutaggio: per alcune cose ci perdono interi episodi. Per altre - le più importanti - le fanno raccontare nel modo più sbrigativo possibile.
Comunque sia, il risultato di questo finale è stato grandemente insufficiente. Aveva tutte le carte in tavola per essere un mezzo capolavoro ma ha preferito afflosciarsi tipo sufflè.
Conclusione: drama che non consiglierei manco al mio peggior nemico, risultando il peggiore della Saga visto fino a mo'. Per una narrazione più lineare paghiamo un prezzo troppo alto che non sono onestamente disposta a spendere. Gli altri erano fatti peggio ma divertivano e mi regalavano anche della bella bromance e love story. Gli do comunque un punto in più per i vari collegamenti con le vecchie stagioni e per aver risolto alcuni dei misteri che ci portavamo appresso da tantissimo.
Voto: 6=
#the lost tomb: explore with the note#cdrama#chinese drama#wu xie#poker face#zhang qiling#lost tomb#fatty#Zhang qi ling#the lost tomb
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C'è ancora domani 1° in classifica al Box Office

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:: Trama C'è ancora domani ::
Delia è "una brava donna di casa" nella Roma del dopoguerra: tiene il suo sottoscala pulito, prepara i pasti al marito Ivano e ai tre figli, accudisce il suocero scorbutico e guadagna qualche soldo rammendando biancheria, riparando ombrelli e facendo iniezioni a domicilio. Secondo il suocero però "ha il difetto che risponde", in un'epoca in cui alle donne toccava tenere la bocca ben chiusa. E Ivano ritiene sacrosanto riempirla di botte e umiliarla per ogni sua "mancanza". La figlia Marcella sta per fidanzarsi con il figlio del proprietario della pasticceria del quartiere, il che le darebbe la possibilità di migliorare il suo status e allontanarsi dalla condizione arretrata in cui vive la sua famiglia, nonché da quella madre sempre in grembiule e sempre soggetta alle angherie del marito. Per fortuna fuori casa Delia ha qualche alleato: un meccanico che le vuole bene, un'amica spiritosa che la incoraggia, un soldato afroamericano che vorrebbe darle una mano. E soprattutto, ha un sogno nel cassetto, sbocciato da una lettera ricevuta a sorpresa.
C'è ancora domani è l'esordio alla regia di Paola Cortellesi, ed è una pura emanazione della sua persona.
Il tono è divulgativo, pensato per raggiungere il più ampio pubblico possibile, ma questo non va a scapito della sua vocazione autoriale, che è manifesta in scelte molto precise di colore (il film è girato nel bianco e nero della cinematografia d'epoca con grande attenzione filologica del direttore della fotografia Davide Leone), di formato (che cambia lungo il corso della narrazione), di commento musicale (che in aggiunta alle composizioni originali di Lele Marchitelli alterna brani retrò di Fiorella Bini e Achille Togliani con titoli italiani molto più recenti - di Dalla, Nada, Silvestri, Concato -- e innesti internazionali di hip hop, elettronica e rock alternativo, in maniera non dissimile da quanto fa nel suo cinema Susanna Nicchiarelli).
La sceneggiatura, della stessa Cortellesi insieme ai sodali Giulia Calenda e Furio Andreotti, è intenzionalmente didascalica nell'obiettivo esplicito di parlare al grande pubblico, soprattutto - ma non solo - femminile, e concentra nei personaggi di Ivano e Delia l'ingiustizia di un sistema patriarcale di cui anche Ivano è in qualche modo vittima (oltre che perpetuatore), e Valerio Mastandrea riesce a inserire nella sua caratterizzazione quel tanto di umano e di fragile da non farcelo liquidare completamente come un orco d'antan (ma non abbastanza da farcelo perdonare).
Tuttavia la sceneggiatura è astuta nel distribuire anche a tutti gli altri personaggi una misura dello stesso veleno culturale, e dunque le donne di ogni condizione (tranne la venditrice al mercato interpretata da Emanuela Fanelli) vengono messe a tacere dai loro mariti, e anche gli uomini più gentili possono (devono?) cadere preda del loro imprinting socialmente approvato.
Le botte di Ivano inferte a tempo di musica in una danza macabra e un paso doble del terrore (intuizione cinematografica straziante ed efficacissima) non hanno nulla a che vedere con quelle testosteroniche importate nel cinema da Martin Scorsese, e molto con quelle inferte da Zampanò a Gelsomina, così come la preparazione della famiglia nelle scene iniziali di C'è ancora domani deve tutto all'incipt di Una giornata particolare.
Un film (in Italiano anche pellicola) è una serie di immagini che, dopo essere state registrate su uno o più supporti cinematografici e una volta proiettate su uno schermo, creano l'illusione di un'immagine in movimento.[1] Questa illusione ottica permette a colui che guarda lo schermo, nonostante siano diverse immagini che scorrono in rapida successione, di percepire un movimento continuo.
Il processo di produzione cinematografica viene considerato ad oggi sia come arte che come un settore industriale. Un film viene materialmente creato in diversi metodi: riprendendo una scena con una macchina da presa, oppure fotografando diversi disegni o modelli in miniatura utilizzando le tecniche tradizionali dell'animazione, oppure ancora utilizzando tecnologie moderne come la CGI e l'animazione al computer, o infine grazie ad una combinazione di queste tecniche.
L'immagine in movimento può eventualmente essere accompagnata dal suono. In tale caso il suono può essere registrato sul supporto cinematografico, assieme all'immagine, oppure può essere registrato, separatamente dall'immagine, su uno o più supporti fonografici.
Con la parola cinema (abbreviazione del termine inglese cinematography, "cinematografia") ci si è spesso normalmente riferiti all'attività di produzione dei film o all'arte a cui si riferisce. Ad oggi con questo termine si definisce l'arte di stimolare delle esperienze per comunicare idee, storie, percezioni, sensazioni, il bello o l'atmosfera attraverso la registrazione o il movimento programmato di immagini insieme ad altre stimolazioni sensoriali.[2]
In origine i film venivano registrati su pellicole di materiale plastico attraverso un processo fotochimico che poi, grazie ad un proiettore, si rendevano visibili su un grande schermo. Attualmente i film sono spesso concepiti in formato digitale attraverso tutto l'intero processo di produzione, distribuzione e proiezione.
Il film è un artefatto culturale creato da una specifica cultura, riflettendola e, al tempo stesso, influenzandola. È per questo motivo che il film viene considerato come un'importante forma d'arte, una fonte di intrattenimento popolare ed un potente mezzo per educare (o indottrinare) la popolazione. Il fatto che sia fruibile attraverso la vista rende questa forma d'arte una potente forma di comunicazione universale. Alcuni film sono diventati popolari in tutto il mondo grazie all'uso del doppiaggio o dei sottotitoli per tradurre i dialoghi del film stesso in lingue diverse da quella (o quelle) utilizzata nella sua produzione.
Le singole immagini che formano il film sono chiamate "fotogrammi". Durante la proiezione delle tradizionali pellicole di celluloide, un otturatore rotante muove la pellicola per posizionare ogni fotogramma nella posizione giusta per essere proiettato. Durante il processo, fra un frammento e l'altro vengono creati degli intervalli scuri, di cui però lo spettatore non nota la loro presenza per via del cosiddetto effetto della persistenza della visione: per un breve periodo di tempo l'immagine permane a livello della retina. La percezione del movimento è dovuta ad un effetto psicologico definito come "fenomeno Phi".
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There's Still Tomorrow non è ancora presente

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:: Trama C'è ancora domani ::
Delia è "una brava donna di casa" nella Roma del dopoguerra: tiene il suo sottoscala pulito, prepara i pasti al marito Ivano e ai tre figli, accudisce il suocero scorbutico e guadagna qualche soldo rammendando biancheria, riparando ombrelli e facendo iniezioni a domicilio. Secondo il suocero però "ha il difetto che risponde", in un'epoca in cui alle donne toccava tenere la bocca ben chiusa. E Ivano ritiene sacrosanto riempirla di botte e umiliarla per ogni sua "mancanza". La figlia Marcella sta per fidanzarsi con il figlio del proprietario della pasticceria del quartiere, il che le darebbe la possibilità di migliorare il suo status e allontanarsi dalla condizione arretrata in cui vive la sua famiglia, nonché da quella madre sempre in grembiule e sempre soggetta alle angherie del marito. Per fortuna fuori casa Delia ha qualche alleato: un meccanico che le vuole bene, un'amica spiritosa che la incoraggia, un soldato afroamericano che vorrebbe darle una mano. E soprattutto, ha un sogno nel cassetto, sbocciato da una lettera ricevuta a sorpresa.
C'è ancora domani è l'esordio alla regia di Paola Cortellesi, ed è una pura emanazione della sua persona.
Il tono è divulgativo, pensato per raggiungere il più ampio pubblico possibile, ma questo non va a scapito della sua vocazione autoriale, che è manifesta in scelte molto precise di colore (il film è girato nel bianco e nero della cinematografia d'epoca con grande attenzione filologica del direttore della fotografia Davide Leone), di formato (che cambia lungo il corso della narrazione), di commento musicale (che in aggiunta alle composizioni originali di Lele Marchitelli alterna brani retrò di Fiorella Bini e Achille Togliani con titoli italiani molto più recenti - di Dalla, Nada, Silvestri, Concato -- e innesti internazionali di hip hop, elettronica e rock alternativo, in maniera non dissimile da quanto fa nel suo cinema Susanna Nicchiarelli).
La sceneggiatura, della stessa Cortellesi insieme ai sodali Giulia Calenda e Furio Andreotti, è intenzionalmente didascalica nell'obiettivo esplicito di parlare al grande pubblico, soprattutto - ma non solo - femminile, e concentra nei personaggi di Ivano e Delia l'ingiustizia di un sistema patriarcale di cui anche Ivano è in qualche modo vittima (oltre che perpetuatore), e Valerio Mastandrea riesce a inserire nella sua caratterizzazione quel tanto di umano e di fragile da non farcelo liquidare completamente come un orco d'antan (ma non abbastanza da farcelo perdonare).
Tuttavia la sceneggiatura è astuta nel distribuire anche a tutti gli altri personaggi una misura dello stesso veleno culturale, e dunque le donne di ogni condizione (tranne la venditrice al mercato interpretata da Emanuela Fanelli) vengono messe a tacere dai loro mariti, e anche gli uomini più gentili possono (devono?) cadere preda del loro imprinting socialmente approvato.
Le botte di Ivano inferte a tempo di musica in una danza macabra e un paso doble del terrore (intuizione cinematografica straziante ed efficacissima) non hanno nulla a che vedere con quelle testosteroniche importate nel cinema da Martin Scorsese, e molto con quelle inferte da Zampanò a Gelsomina, così come la preparazione della famiglia nelle scene iniziali di C'è ancora domani deve tutto all'incipt di Una giornata particolare.
Un film (in Italiano anche pellicola) è una serie di immagini che, dopo essere state registrate su uno o più supporti cinematografici e una volta proiettate su uno schermo, creano l'illusione di un'immagine in movimento.[1] Questa illusione ottica permette a colui che guarda lo schermo, nonostante siano diverse immagini che scorrono in rapida successione, di percepire un movimento continuo.
Il processo di produzione cinematografica viene considerato ad oggi sia come arte che come un settore industriale. Un film viene materialmente creato in diversi metodi: riprendendo una scena con una macchina da presa, oppure fotografando diversi disegni o modelli in miniatura utilizzando le tecniche tradizionali dell'animazione, oppure ancora utilizzando tecnologie moderne come la CGI e l'animazione al computer, o infine grazie ad una combinazione di queste tecniche.
L'immagine in movimento può eventualmente essere accompagnata dal suono. In tale caso il suono può essere registrato sul supporto cinematografico, assieme all'immagine, oppure può essere registrato, separatamente dall'immagine, su uno o più supporti fonografici.
Con la parola cinema (abbreviazione del termine inglese cinematography, "cinematografia") ci si è spesso normalmente riferiti all'attività di produzione dei film o all'arte a cui si riferisce. Ad oggi con questo termine si definisce l'arte di stimolare delle esperienze per comunicare idee, storie, percezioni, sensazioni, il bello o l'atmosfera attraverso la registrazione o il movimento programmato di immagini insieme ad altre stimolazioni sensoriali.[2]
In origine i film venivano registrati su pellicole di materiale plastico attraverso un processo fotochimico che poi, grazie ad un proiettore, si rendevano visibili su un grande schermo. Attualmente i film sono spesso concepiti in formato digitale attraverso tutto l'intero processo di produzione, distribuzione e proiezione.
Il film è un artefatto culturale creato da una specifica cultura, riflettendola e, al tempo stesso, influenzandola. È per questo motivo che il film viene considerato come un'importante forma d'arte, una fonte di intrattenimento popolare ed un potente mezzo per educare (o indottrinare) la popolazione. Il fatto che sia fruibile attraverso la vista rende questa forma d'arte una potente forma di comunicazione universale. Alcuni film sono diventati popolari in tutto il mondo grazie all'uso del doppiaggio o dei sottotitoli per tradurre i dialoghi del film stesso in lingue diverse da quella (o quelle) utilizzata nella sua produzione.
Le singole immagini che formano il film sono chiamate "fotogrammi". Durante la proiezione delle tradizionali pellicole di celluloide, un otturatore rotante muove la pellicola per posizionare ogni fotogramma nella posizione giusta per essere proiettato. Durante il processo, fra un frammento e l'altro vengono creati degli intervalli scuri, di cui però lo spettatore non nota la loro presenza per via del cosiddetto effetto della persistenza della visione: per un breve periodo di tempo l'immagine permane a livello della retina. La percezione del movimento è dovuta ad un effetto psicologico definito come "fenomeno Phi".
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Germaine Dulac

Germaine Dulac, regista e produttrice e teorica cinematografica, antesignana dell’avanguardia francese, ha giocato un ruolo fondamentale nell’evoluzione del cinema inteso come arte e come pratica sociale.
Femminista e socialista, ha sperimentato e portato avanti il suo concetto di cinema come strumento per veicolare idee e progresso.
Unica donna protagonista della scena impressionista e prima a portare la condizione femminile e la difficoltà dei rapporti di coppia sullo schermo, ha diretto più di 30 opere.
Ha propugnato una fusione tra strutture narrative del cinema di consumo e stile dell’avanguardia, tra industria e arte, formalismo e psicologismo.
Nata Charlotte Elisabeth Germaine Saisset-Schneider ad Amiens, in Francia, il 17 novembre 1882, era sposata con il romanziere Louis-Albert Dulac con cui, nel 1915 ha creato la casa di produzione Delia e di cui ha tenuto il cognome anche dopo il loro divorzio. Sua compagna di una vita è stata la regista Marie-Anne Colson-Mallevile.
Agli inizi del ‘900 ha scritto, da critica teatrale per il periodico femminista La française, di cui divenne direttrice.
Nel 1915 ha esordito al cinema con Les sœurs ennemies, i suoi primi film più conosciuti sono La cigarette (1919) e La fête espagnole (1920). Del 1921 è La belle dame sans merci, che è la storia di un adulterio dove acquistano un ruolo centrale l’ambientazione, la scenografia e gli oggetti quotidiani, attraverso un uso fugace ma ripetuto del dettaglio. La sua opera più celebrata La souriante madame Beudet del 1923, è un dramma psicologico che affronta il tema del rapporto di coppia, raccontando di una vita coniugale regolata dalla noia e dalle convenzioni borghesi.
In una società traumatizzata dalla guerra e segnata da un netto contrasto tra un discorso morale ufficiale e conservatore e le nuove libertà dei ruggenti anni ’20, riteneva che il moderno strumento del cinema potesse esprimere, meglio di qualsiasi altra arte, la “vita interiore” e la realtà sociale dei nuovi uomini e delle nuove donne.
Nei suoi film, carichi di bellezza, complessità e audacia, rendeva astratte associazioni visive ed effetti tecnici per trasmettere i suoi ideali sociali progressisti, attraverso una complessa rete di significati basati sulle suggestioni.
Dopo il 1924 si è impegnata per sviluppare nell’opinione pubblica l’interesse per la settima arte attraverso la fonazione dei cineclub. Ha fatto parte della cosiddetta seconda avanguardia, creando impasti di musica e immagini con Disque 927 (1927) o Thèmes et Variations (1928). Intraprendendo la strada di film senza narrazione, ha portato sullo schermo il soggetto surrealista di Antonin Artaud La coquille et le clergyman, del 1928.
Con l’avvento del sonoro, non potendo più realizzare i suoi progetti in piena libertà, ha rinunciato a proposte più commerciali per dedicarsi esclusivamente alla direzione di cinegiornali, i materiali migliori furono raccolti nel lungometraggio Le cinéma au service de l’Histoire del 1937.
I suoi principi ideologici sono contenuti nel saggio Le estetiche, gli ostacoli, la cinematografia integrale, pubblicato nel 1927 sulla rivista L’Art Cinématographique.
Tra i suoi scritti sono da segnalare Le cinéma d’avant-garde, in Le cinéma: des origines à nos jours, del 1932 e la raccolta di saggi Écrits sur le cinéma. 1919-1937.
È morta a Parigi il 20 luglio 1942, le sue spoglie sono nel cimitero di Père-Lachaise, a Parigi.
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