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Dieci poeti per Vasyl’ Stus e Marina Cvetaeva curato da Alessandro Achilli ed Antonio Lavieri: la poesia costruisce ponti
La poesia, come l’arte in genere, è in grado di costruire ponti fra diverse culture e popoli. Rappresenta uno spazio neutro di conoscenza, di confronto e di crescita reciproca, nonché uno strumento di libertà. Il lettore, a volte, nella poesia può trovare messaggi luminosi, una porta aperta sull’Altrove, una fonte di consolazione ed evoluzione interiore in tempi bui. Dieci poeti per Vasyl’ Stus e…
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#marina ivanovna cvetaeva#federico ielusich#mucchi editore#alessandro achilli#dieci poeti per vasyl stus e marina cvetaeva#vasyl stus#antonio lavieri
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Antonio Lavieri su Ralt RT32 alla Coppa del Chianti
Antonio Lavieri su Ralt RT32 alla Coppa del Chianti
Quasi a sorpresa alla Coppa del Chianti Classico vittoria per il lucano Antonio Lavieri su monoposto Ralt RT32 con motore Toyota, di 5° Raggruppamento, con il tempo di 3’33”45 sugli splendidi 8 chilometri del tracciato toscano. Il pilota di Policoro alfiere della Valdelsa Classic ha così conquistato la sua seconda vittoria stagionale dopo il successo ad Erice di due settimane fa ed a stento ha…
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Paola Del Prete: un omaggio d'autore
Paola Del Prete: un omaggio d’autore
Inizia sempre con il sogno di accedere a un mondo fantastico che poi non vuole più saperne di farti rimanere segregato tra le fantasie infantili. La chimera preme per tramutarsi in realtà.
E’ questo il caso di Paola Del Prete, classe 1984. Diventare artista e immortalare su fogli e tele professionali le sue ispirazioni è da sempre stato il suo desiderio. Nonostante la passione da sempre profusa,…
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#Antonio Del Prete#Iuppiter Group#Lavieri Edizioni#Masnada#Nerd Show#Paola Del Prete#Passenger Press#Rai Com#Shockdom#Verticalismi#Wobat Edizioni
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Claude Simon, il più maltrattato dei Nobel. “Un cavaliere dell’Apocalisse senza Dio che viene a dirti il fallimento di tutte le utopie”
La parola Nobel confina con quell’altra, oblio. In effetti, si premia qualcuno perché da quel momento se ne possa fare felicemente a meno.
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Di lui mi piacevano tre cose. Anche quattro. Il luogo dov’è nato. Altrove. Atananarivo, in Madagascar. Il nome della metropoli sembra squittio di fiume. Il viso, poi. Squadrato, ruvido. Non da letterato. In effetti, faceva il viticoltore, a Roussillon, sui Pirenei, un luogo possente, dove la morte si coagula in massi sul mare. Prima, irreggimentato tra i ‘dragoni’, era stato imprigionato dai nazi – poi è scappato di gabbia, si è affiliato ai resistenti. Prima ancora aveva fatto la Guerra di Spagna, andava di moda, tra i repubblicani. Ma mi piaceva – per così dire, per affinità biografica – quell’altra cosa. Il padre che muore a Verdun, Prima guerra, nella tarda estate del 1914. Il figlio non ha neanche un anno. Nel 1925, falciata dal cancro, muore la madre. Lui ha 12 anni. Questo doppio espatrio mi affascinava: sradicato dalla Francia, dai genitori. Un uomo senza genealogia – meglio, e sarà utile a decrittarne lo stile: senza una grammatica della parentela. Poi c’è il quarto motivo – che è poi un ulteriore espatrio. Quando gli danno il Nobel per la letteratura, nel 1985, gli urlano contro. Lui di anni, allora, ne ha 72, e vivrà ancora a lungo, fino al 2005, ruvido e pimpante. E gli urlano addosso.
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“Il 17 ottobre 1985 la Francia, sorpresa, apprende il nome del vincitore del Nobel per la letteratura. Claude Simon. Chi? Simon. Ma dove abita? L’hai mai letto? No. Certo, è irragionevole, dopo Sartre e Camus… Nel suo Discorso di Stoccolma Simon ironizza sullo sgomento della critica francese e americana. Allo sbigottimento, seguirà la reazione, violenta. Claude Simon? Illeggibile, dicono alcuni. E il suo messaggio morale? Introvabile. Il mostro del nouveau roman che uccide la letteratura. Una provocazione, un complotto. In realtà, il tempo ha dimostrato quanto l’autore de La strada delle Fiandre sia diverso dai suoi contemporanei. Gli effetti di Robbe-Grillet invecchiano rapidamente, l’enfasi di Marguerite Duras si è attenuata con la fine del lungo regno di Mitterrand, i nodi psicologici di Nathalie Sarraute si disfano, il rigore scheletrico di Beckett resiste, ma sul palco. Come mai? Perché in Simon la presenza della Storia è fisica, la sua narrazione è crudele e lirica. Faulkner? Certo, ma anche Conrad, Proust, Céline… Simon è un cavaliere dell’Apocalisse senza Dio che viene a dirti con una profusione di dettagli il fallimento di tutte le utopie, il fallimento dell’umanesimo. Simon è intrattabile, inarginabile, marginale, ‘maiale nero nato da una pecora nera’, si dice. È anarchico, sensibile, viscerale”. Così Philippe Sollers, su le Nouvel Observateur, era il 2006, Claude Simon era già pappa per bisce della terra, Gallimard era uscito con il primo tomo delle Oeuvres, in quarta si paragonavano i suoi romanzi a quelli di Balzac, “la forma si rinnova di romanzo in romanzo… l’opera di Simon è una delle più commoventi del nostro tempo”. Eppure, c’era ancora bisogno di difenderlo, Simon, pure da morto. La foto-tessera sui due tomi Gallimard: sempre quel viso brusco, agricolo, anti-letterato.
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L’altitudine letteraria di Simon. “Non dimostrare più: mostrare. Non riprodurre più: produrre. Non esprimere più: scoprire”. Il primo romanzo, Le Tricheur, poco dopo la guerra, nel 1945, per le preziose Éditions du Sagittaire, legate ai surrealisti. Nel 1967, con Histoire, vince il Prix Médicis; da dieci anni – con Le Vent – Simon pubblica con le Éditions de Minuit. Simon prosegue, con instancabile rigore, contadino, a dissodare il genere romanzo, fino a vortici che in troppi snobbano come biecamente ‘sperimentali’. In realtà, Simon è in adorazione di Proust e di Faulkner, ma trascina quei dettami nell’era atomica, li fa esplodere. Si pone, in fondo, la domanda fondamentale: come posso dire, ora, la realtà? Alterare la formula della forma e quella del linguaggio – sbobinando le grammatiche – è il compito dello scrittore.
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Da ragazzo, con foga certamente snob, andavo in giro con La battaglia di Farsalo nella tasca della giacca. Pubblicato in Francia nel 1969, per Einaudi nel 1987, è uno dei libri estremi di Simon. Un frammento dal De bello civili di Cesare scatena il forsennato patchwork tra eventi dell’oggi, del passato, con esaltazione registica di quisquiglie quotidiane. Simon mantiene una lingua corrusca, epica, che s’aggroviglia, però, al delirio contemporaneo – “quel personaggio ponderabile e severo contempla il campo di battaglia di Farsalo con quegli occhi dalle pupille scavate nel bronzo, freddo, ambizioso e conciso… là, sulla pietrosa collina di Tessaglia, emanazione paradossale e anacronistica di un passato da cui tornavano a ondate gli effluvi bisunti dei biglietti di banca mischiati ai profumi melensi usati dalle vecchie signore e al puzzo d’incenso sullo sfondo sonoro di litanie, suppliche, e all’ossessionante cigolio delle carrozzine per invalidi”. Un lungo saggio di Guido Neri, in calce al libro, Il romanzo come intersezione, assegnava all’autore il volgare valore del ‘classico’.
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Ovvio: se vuoi dilettarti, se vuoi spassartela, non leggere Claude Simon. (Come se dicessi: se prediligi Raffaello, non andare a una mostra di Francis Bacon. Solo che nell’ambito artistico è tutto più chiaro: chi si mette, oggi, a rifare Raffaello – o i preraffaelliti – se l’imitazione è peggio dell’originale? In letteratura, invece, la cattiva imitazione del romanzo ottocentesco vince). Inattuale, solitario, Claude Simon – più prossimo, per intenderci, a Julien Gracq, un genio, che ai granatieri del Nouveau Roman – chiede lo scombinamento delle proprie convinzioni estetiche. Un libro più abbordabile, decisamente, è L’acacia, dove allo tsunami cronologico – si alternano le navate del tempo, tra 1880 e 1982, raspando nell’autobiografia dell’autore – si fa fronte con una scrittura marmorea, verticale. (Esempio: “Era il periodo in cui l’estate incomincia a ritirarsi, a precipitare, a crollare per così dire sotto il suo stesso peso, con quella sua pesante e inesorabile sfinitezza, e quell’anno, a mano a mano che le giornate si accorciavano, che le sere si portavano dietro un po’ più di quella nostalgica frustrazione della luce e che la calura di attenuava gradatamente, lasciando dietro di sé – l’estate – quella cosa mostruosa di cui si era gonfiata, che aveva portato a termine come una donna incinta, con quello stesso stupore, quello stesso ebete orgoglio, sgravandosene al suono delle trombe e degli schiamazzi da ubriachi, pronta già ad abbandonarla, inorridita, per ritrovarla un anno più tardi, diventata adulta, coperta di fango e tramutata a sua volta in fango, sepolta viva fino al collo o a marcire sotto il sole ritornato in un fetore di escrementi, di purulenza e di carogne in decomposizione”). Le ossessioni di Simon – la morte del padre, la scrittura melmosa, magmatica, a spirali – trovano qui un disinvolto punto di statura, di sutura.
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Pubblicato in estro da Gruppo 63 – nel 1962, per Einaudi, esce La strada delle Fiandre, nel 1965 è l’ora de Il palace; nel 1975 è Nanni Balestrini, sempre per Einaudi, a tradurre Trittico –, Claude Simon, a poco a poco, esce dall’orbita dell’editoria nazionale. L’acacia, appunto, è pubblico per Einaudi nel 1994. Il resto è l’iniziativa sporadica di piccoli editori: Lavieri nel 2012 pubblica Le georgiche; nel 2014 e nel 2015 l’editore Nonostante recupera L’erba e Il tram. Nel 2015 Neri Pozza ripubblica La strada delle Fiandre: la frase lapidaria di Franco Cordelli in quarta (“Dopo la morte di Thomas Bernhard, lo stilista maggiore”) non evita al romanzo di finire quasi subito fuori catalogo.
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Viene da pensare che per i romanzi anomali non siamo attrezzati. Lo sperimentalismo – che significa: la riflessione formale, la lotta, il massacro del linguaggio – lo lasciamo tutto a Gadda (sia lode), alle clownerie di Manganelli (sia lode), il resto ci suona al palato un poco rancido (chessò: i romanzi di Edoardo Sanguineti e di Antonio Porta). D’altronde, chi si avvia verso cabbale formali notevoli – cito a caso: Davide Orecchio, Riccardo Corsi, Andrea Zandomeneghi – sta, con fierezza, ai margini del noto. Tra gli ultimissimi premi Nobel – macchissenefrega del Nobel – nessuno è stato trattato così male come Claude Simon, in esilio dai marchi editoriali che contano, dagli scaffali dove impera l’ovvio. Forse è invecchiato lui, forse non ne siamo degni noi. La propensione intellettuale, selvatica, non ci piace – tanto meno l’aristocrazia della forma. (d.b.)
*In copertina: Claude Simon (1913-2005) nel 1981; nel 1985 è onorato con il Nobel per la letteratura
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SARNANO – Finalmente dopo tante edizioni bagnate la 29^ edizione del Trofeo Scarfiotti, affiancato dal 12° Trofeo Storico, entrambi di Campionato Italiano Acisport della Montagna, si è disputato in condizioni ideali sia per le prove che per la gara. Palpabile la soddisfazione dello staff organizzatore con l’AC Macerata, l’ASD AC Macerata, Sarnano in Pista ed il supporto di Comune di Sarnano, Provincia di Macerata, Pro Loco Sarnano, Comunità Montana Monti Azzurri, Comunanza Agraria Piobbico-Sarnano.
I circa 200 piloti partecipanti della gara moderne (CIVM-TIVM) e della gara storiche (CIVSA) hanno portato a termine la loro prova senza particolari intoppi. Si è ricordata nell’occasione la prima edizione disputata il 20 luglio 1969 e la prima nota di merito va al calabrese Salvatore Leone Patamia, presente quella volta e anche oggi a mezzo secolo di distanza, sempre su Porsche, ora nella gara storiche e con grande soddisfazione di correre la cronoscalata dei Monti Sibillini.
La gara moderne ha visto sul gradino più alto l’orvietano Michele Fattorini sulla Osella Fa30-Zytek della Speed Motor. Risolti i problemi tecnici della vigilia, con un tempo di 3’52”97 è riuscito a prevalere di circa 3”5 sul terzetto sassarese Omar Magliona, Giuseppe Vacca e Sergio Farris tutti con le Osella di 2000cc e racchiusi in poco più di un secondo. Federico Liber (Gloria C8P Evo) ha chiuso la top 5 dell’assoluta.
Nei gruppi si sono affermati l’eugubino Giovanni Rampini (Osella Pa21 Evo-Honda/gruppo CN), l’ascolano Alessandro Gabrielli (Alfa Romeo-Picchio 4C/E2SH), il foggiano Lucio Peruggini (Lamborghini Huracan/GT), l’orvietano Daniele Pelorosso (Renault Clio Proto/E1 Italia), il bolzanino Rudi Bicciato (Mitsubishi Lancer Evo/A), il fasanese Giovanni Lisi (Honda Civic/N), l’aquilano Serafino Ghizzoni (Mini Cooper) su Giacomo Liuzzi in un tiratissimo gruppo RS Plus, il fasanese Oronzo Montanaro (Mini Cooper/RS), il teramano Gianluca Paloschi (Citroen Saxo/Prod E) e il trentino Marco Cappello (Honda Civic/Prod S). Una rottura meccanica di Marco Gramenzi, che gli ha impedito di prendere il via.
Miglior marchigiano è risultato ancora una volta l’osimano Francesco Carini (Osella Pa21Jrb), mentre il 9° Memorial Battistelli è stato assegnato all’ascolano Daniele Vellei (Gloria C8P-Kawasaki). Primo premio per scuderie alla Speed Motor di Gubbio.
Nel Trofeo Storico Scarfiotti bis vincente e netto per il fiorentino Stefano Peroni (Martini Mk32-Bmw), che ha preceduto il trentino Adolfo Bottura ed il materano Antonio Lavieri. Nel 1° Raggruppamento successo del maceratese Andrea Stortoni su Lotus XI Le Mans, nel secondo di Peroni “padre” Giuliano anche quarto assoluto su Osella Pa3-Bmw e nel 3° del reggiano Giuseppe Gallusi (Porsche 911SC).
Classifica assoluta 29° Trofeo Scarfiotti: 1° Fattorini (Osella Fa30-Zytek) in 3’52”97 media 137,2 kmh di media; 2° Magliona (Osella Pa2000-Honda) 3’56”35; 3° Vacca (Osella Pa2000-Honda) 3’57”14; 4° Farris (Osella Pa2000 Evo) 3’57”56; 5° Liber (Gloria C8P Evo-Suzuki) 4’02”13.
Classifica assoluta 12° Trofeo Scarfiotti: 1° Peroni S. (Martini Mk32-Bmw) in 4’24”25 media 120,9 kmh; 2° Bottura (Osella Pa9/84-90) 4’34”87; 3° Lavieri (Ralt Rt32-Toyota) 4’37”71; 4° Peroni G. (Osella Pa3-Bmw) 4’47”64; 5° Mannino (Porsche Carrera 911RS) 4’59”69.
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BIG and Carlo Ratti design Singapore tower with trees bursting through facade
Bjarke Ingels Group and Carlo Ratti Associati have started building a 280-metre-high skyscraper in Singapore, which will feature a four-storey vertical park complete with treetop cocoons.
The tower, at 88 Market Street in the city-state's financial district, will contain 29 floors of office space and 299 apartments, along with gardens spread through the building.
BIG and CRA's design shows the glass and steel facade of the 51-storey tower being "pulled apart" at the base, mid and upper levels to allow trees and plants to protrude out.
"At multiple elevations, the facade peels open to reveal urban oases for its users and the surrounding city – animating the elegant smoothness of modern architecture with the ubiquitous tropical nature," said BIG founder Bjarke Ingels.
The tower will become the joint-second tallest building in downtown Singapore, with only SOM's Tanjong Pagar Centre rising higher.
Construction of the 93,000 square metre mixed-use skyscraper, being developed by Asian real estate company CapitaLand, is already underway, following a groundbreaking ceremony on 9 February 2018.
A public park will be located on the ground floor, with spaces for exercise classes, art installations and community events.
Paths and covered walkways through the forest will lead to a 19-metre-high open space in the tower's podium housing shopping and dining outlets, as well as the lobbies for the offices and residences.
Four interconnected levels of the tower, at the 100-metre point, will be dedicated to a 30-metre high vertical park, with a covered spiral stairway rising through the centre. This tropical garden will also feature a jungle gym, cocoons suspended in the treetops, "sky hammocks" and a cafe.
"In this building, green areas are made accessible to the public at different heights, allowing the city's exuberance to extend throughout the entire tower," said Carlo Ratti, CRA's founding partner.
"Working in nature will be as essential to the experience of the building as the most advanced digital technologies, offering us a glimpse of tomorrow's offices," Ratti added.
Tech-wise, the Singapore Tower is due to have sensors, Internet of Things-enabled devices and artificial intelligence capabilities "scattered throughout" to allow tenants to "fully customise" the skyscraper.
"Buildings can no longer be designed with a singular purpose or customer profile in mind – the definition of work is rapidly evolving and will continue to take on new forms," said CapitaLand president and CEO Lim Ming Yan.
"The upcoming integrated development will set a new benchmark for workspaces of the future as we harness the best-in-class design, engineering and smart technologies to empower occupants with new levels of flexibility and mobility," he added.
The lower eight floors of the tower will be occupied by 299 serviced apartments, along with a swimming pool, jogging track and gym, residents lounge, social kitchen and barbecue pits.
While the upper 29 floors will be office spaces, a sky terrace on the rooftop is set to feature more cascading greenery, a restaurant, and what the developers claim will be Singapore's "highest urban farm".
Offices that blend high-tech with nature are becoming increasingly popular – and both BIG and CRA have worked on other projects that combine the two.
Ingels' firm is currently working with Google to design the tech giant a pair of pair of office blocks topped by ramping green roofs, while other projects by Ratti's studio include a garden that uses climate-control technology to recreate the experience of all four seasons.
The two firms expect to complete 88 Market Street by 2021.
Project credits:
Design: CRA-Carlo Ratti Associati, BIG-Bjarke Ingels Group Client: CapitaLand Collaborators: RSP Architects, Dragages Singapore, BIG Ideas, BIG Landscape CRA project team: Carlo Ratti, Giovanni de Niederhausern, Saverio Panata (Project lead), Monika Love, Antonio Atripaldi, Andrea Giordano, Chiara de Grandi, Damiano Gui, Mariachiara Mondini, Andrea Pedrina, Andrea Riva CRA 3D visualisation: Alberto Bottero, Gary di Silvio, Gianluca Zimbardi Consultants: dotdotdot - Alessandro Masserdotti, Fabrizio Pignoloni, Gabriele Gambotto BIG partners-in-charge: Bjarke Ingels, Brian Yang BIG Project manager: Günther Weber BIG design lead: Song He BIG team: Aime Desert, Aleksander Wadas, Aleksandra Domian, Alessandro Zanini, Andrew Lo, Anke Kristina Schramm, Antonio Sollo, Augusto Lavieri Zamperlini, Bartosz Kobylakiewicz, Dalma Ujvari, David Schwarzman, David Vega y Rojo, Dimitrie Grigorescu, Dina Brændstrup, Dominika Trybe, Elise Cauchard, Eriko Maekawa, Espen Vik, Ewa Szajda, Filippo Lorenzi, Francisco Castellanos, Frederik Skou Jensen, Gabrielé Ubareviciute, Gorka Calzada Medina, Helen Chen, Hongduo Zhou, Jakub Wlodarczyk, Jonas Käckenmester, Julieta Muzzillo, Kirsty Badenoch, Luca Pileri, Luis Torsten Wagenführer, Lukas Kerner, Malgorzata Mutkowska, Maria Teresa Fernandez Rojo, Matilde Tavanti, Moa Carlsson, Niu Jing, Orges Guga, Patrycja Lyszczyk, Pedro Savio jobim Pinheiro, Philip Rufus Knauf, Praewa Samachai, Rahul Girish, Ramon Julio Muros Cortes, Rebecca Carrai, Roberto Fabbri, Ryohei Koike, Samuel Rubio Sanchez, Shuhei Kamiya, Sorcha Burke, Steen Kortbæk Svendsen, Szymon Kolecki, Talia Fatte, Teodor Fratila Cristian, Tore Banke, Ulla Hornsyld, Viktoria Millentrup, Vilius Linge, Vinish Sethi, Xin Su, Xinying Zhang, Zhen Tong
The post BIG and Carlo Ratti design Singapore tower with trees bursting through facade appeared first on Dezeen.
from ifttt-furniture https://www.dezeen.com/2018/02/12/big-carlo-ratti-singapore-tower-skyscraper-architecture-trees-technology-88-market-street/
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Un libro edito da Stem Mucchi e curato da Antonio Lavieri: «Lezioni interdisciplinari a tutto campo, per me un maestro» http://ift.tt/2C4jEWO
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A Palermo il 30 e 31 marzo è in programma "Anassimandro": Festival di musicofilosofia con la direzione artistica di Gianni Gebbia
A Palermo il 30 e 31 marzo è in programma “Anassimandro”: Festival di musicofilosofia con la direzione artistica di Gianni Gebbia was originally published on ITALREPORT
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Inimitabile mente la vita poesia di Marina Ivanovna Cvetaeva: oltre il velo dell’illusione
La poesia “Inimitabile mente la vita” di Marina Ivanovna Cvetaeva ‒ qui proposta in esclusiva nella traduzione/riscrittura in lingua italiana del poeta friulano Federico Ielusich ‒ è stata pubblicata nel 2022 all’interno del volume di poesia edito dall’editore modenese Mucchi nella collana “10×1” dedicata alla traduzione poetica – a cura di Antonio Lavieri ‒ dal titolo 10 poeti per Vasyl’ Stus e…
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MACERATA – Un’altra giornata densa di appuntamenti venerdì 4 maggio alla festa del libro Macerata Racconta giunta all’ottava edizione e organizzata dall’associazione ConTESTO con il Comune e l’Università di Macerata. Appuntamento clou della giornata l’inaugurazione, alle 16.30, nei locali dell’ex Upim, della Fiera dell’editoria Marche Libri, giunta alla settima edizione, che ha come protagonista l’eccellenza della produzione editoriale che si realizza nelle Marche.
Unica nel suo genere nel territorio marchigiano, Marche Libri si conferma uno spazio in cui trovare le migliori produzioni editoriali dell’intera regione e non solo, visto che al suo interno saranno ospitati anche alcuni editori provenienti da altre regioni italiane.
Marche Libri rappresenta un appuntamento importante per la cultura e l’imprenditoria editoriale che presenta in questa nuova edizione 47 case editrici le quali torneranno a esporre nello spazio dell’Ex Upim in corso Matteotti, sia direttamente con propri stand che rappresentate dalla libreria del festival gestita dall’associazione Libri in città. Le case editrici che daranno vita alla Fiera Marche Libri sono:
Affinità Elettive | Altreconomia | Andrea Livi Editore | Aras Edizioni | Arpeggio Libero | Biblohaus | Bravi | Cattedrale | Claudio Ciabochi Editore | Controvento Editrice | Cromo Edizioni | Donzelli Editore | Editoria Studi Superiori | Edizioni Artemisia | EUM – Edizioni Università Macerata | EV | Fara Editore Giaconi Editore | Giometti & Antonello | I Luoghi Della Scrittura | Il Lavoro Editoriale | Ilari Editore | Infinito Edizioni | Ippocampo Edizioni | Italic Pequod | Lavieri Edizioni | Le Mezzelane | Ledra | Librati Edizioni | Libri d’aMare | Linfa Eintertainment | Lirici greci | Metauro Edizioni | Montag | Progetti Sonori | Quodlibet | Raffaello Editrice | Rivista Argo | Roi Edizioni Rrose Sélavy | Simple Edizioni | Taschen Logos | UT | Ventura Edizioni | Vydia Editore | Zefiro Edizioni.
Tra gli altri appuntamenti alle 11.30 nell’aula Shakespeare del Polo didattico Tucci a palazzo Ugolini, in collaborazione con il Dipartimento di Studi umanistici UniMc la presentazione del libro Gramsci Una nuova biografia di Angelo D’Orsi alla che verrà introdotto da Carla Carotenuto e Michela Meschini. A ottant’anni dalla morte capire la vita e la vicenda intellettuale di Antonio Gramsci può ancora servire per capire il mondo in cui viviamo, o per provare a rimetterlo in discussione
Angelo D’Orsi insegna Storia delle dottrine politiche nella facoltà di Scienze politiche dell’Università di Torino. Si è occupato di militarismo e pacifismo, di nazionalismo e di fascismo. Spesso ospite di Agorà (Raitre) e ideatore del FestivalStoria è uno dei massimi esperti di Antonio Gramsci. Una nuova biografia di Antonio Gramsci è attenta soprattutto agli aspetti intellettuali e politici della complessa personalità di Gramsci, ma non trascura l’universo affettivo in cui si colloca la breve esistenza di questo personaggio.
Il libro, diviso in quattro parti, ciascuna corrispondente a un ben preciso periodo della vita di Gramsci, si snoda secondo una narrazione lineare ma che mostra di volta in volta le riprese che Gramsci farà in epoche successive di spunti che lancia nei diversi periodi. Il libro è rivolto tanto agli studiosi quanto a coloro che di Gramsci sanno a malapena il nome, in un tentativo di farlo conoscere agli uni e farlo rimeditare dagli altri, nella convinzione da cui l’autore è animato che Gramsci sia oggi terribilmente inattuale (in quanto lontanissimo dai modelli dominanti dell’agire dei politici ma anche di quello degli intellettuali), ma nel contempo drammaticamente necessario.
Nel pomeriggio di Macerata racconta, alle 16.30, al Museo della scuola ci sarà l’incontro, valido come formazione per insegnanti, educatori e genitori, “Viaggio nella letteratura contemporanea per bambini” con Nadia Terranova, giovane autrice italiana dotata di grande talento che ha esordito nel romanzo nel 2015 con “Gli anni al contrario” – Einaudi – , definito da Roberto Saviano uno dei libri migliori del 2015 e vincitore di numerosi premi tra i quali Bagutta Opera Prima, Brancati e Fiesole. Prima di allora si era dedicata con successo alla scrittura di libri per ragazzi. Collabora con diverse riviste ed è tradotta in Francia, Spagna, Messico, Polonia e Lituania.
Gli anni al contrario di Aurora e Giovanni passano attraverso sentimenti e passioni, eventi umani potenti e delicati sullo sfondo di anni belli e terribili come gli anni Settanta, vissuti però a Messina, dove è difficile essere e sentirsi protagonisti. Di Lei Elena Stancanelli dice:” Nadia Terranova scrive un romanzo capace di nascondere, sotto una prosa leggera, un’anima robusta, una precisa idea del mondo. (…) Per fortuna che ci sono romanzi come Gli anni al contrario che ci fanno sentire meno soli”.
Alle 17 nell’aula 11 dell’Università di Macerata, introdotto da Maurizio Verdenelli e Matteo Zallocco verrà presentato il libro “Pamela Dall’omicidio al “lupo” Traini: i fatti di Macerata che hanno sconvolto l’Italia” con Giuseppe Bommarito, Gianluca Ginella, Marco Ribechi e Giovanni De Franceschi. Alle 17.30 alla Biblioteca Mozzi Borgetti , introdotto da Valerio Calzolaio, ci sarà Corrado Dottori con il suo La musica Vuota (Italic Pequod)
Edoardo Alessi, consulente finanziario di successo in crisi di identità, ritrova sette scatoloni pieni di diari, fotografie e lettere, conservati nella casa di montagna dei nonni paterni. I suoi scritti di gioventù si mescolano con le memorie del padre adolescente e rivoluzionario a formare una strana commistione di storie mai raccontate, sensi di colpa e recriminazioni. Il racconto di una storia familiare complessa. L’assenza dei genitori, militanti di estrema sinistra negli anni di piombo, tormenta Edoardo spingendolo a ricostruire il proprio passato e quello di un padre poco conosciuto, a cui lo lega una passione sfrenata per la musica rock.
Un album in particolare, “Exile On Main Street” dei Rolling Stones ritorna in maniera circolare a scandire i momenti salienti del romanzo, potentissimo catalizzatore in grado di innescare una continuità culturale e politica tra due mondi. Perché Edoardo, dopo un’adolescenza da militante nei movimenti studenteschi, spesa tra contestazione nei centri sociali, feste e concerti rock, è diventato ciò che non avrebbe mai voluto essere, un private banker? Tra viaggi in California, Marocco e Messico, tra affetti del presente (il vecchio amore mai dimenticato Maria e l’attuale bellissima compagna Raffaella, l’amico di infanzia Ceska) e di un passato che a volte incombe (il padre morto, la madre latitante, i nonni che lo hanno cresciuto e infine Joe, suo zio), “La Musica Vuota” è una sorta di memoir di un’intera generazione a cavallo e in bilico tra due secoli.
Protagonista dell’appuntamento alle 18 alla Galleria degli Antichi forni, introdotto da Renata Morresi, sarà invece Marco Benedettelli con il suo Chi brucia. Nel Mediterraneo sulle tracce degli harraga (Vydia editore). Marco Benedettelli ha collaborato come giornalista freelance con Avvenire, Il manifesto, Sole24ore.it, D di Repubblica, Popoli e Missione, Vita no profit, Il Corriere della Sera e vari quotidiani locali, specializzandosi nel genere del reportage da zone di crisi. È tra i fondatori e coordinatori di Argo, rivista ventennale di letteratura. Ha scritto su Nazione Indiana ed è stato parte del collettivo 48ore.com (oggi off-line). Ha pubblicato la raccolta di racconti La regina non è blu (Gwynplaine edizioni, 2012).
Harraga. È il termine arabo che indica i migranti che bruciano i propri documenti d’identità per attraversare illegalmente la frontiera e tentare una via d’ingresso in Europa. Marco Benedettelli, testimone attento e sensibile, ne ha seguito nel 2011, anno infiammato dalla Primavera araba, gli spostamenti, le speranze, le paure, in un lungo itinerario che lo ha condotto nelle zone nevralgiche del fenomeno migratorio tuttora in atto nel Mediterraneo e in particolare in Italia, terra di approdo e di transito per quelli che cercano una nuova vita in fuga da povertà, guerre, dittature. Dalla Tunisia a Lampedusa, dalla Libia a Ventimiglia, da Malta a Roma e fino alla problematica realtà dell’Hotel House di Porto Recanati nelle Marche, Chi brucia è un diario di viaggio coinvolgente e appassionato in cui la verità scottante del reportage s’intreccia a brani di felice invenzione narrativa.
Franco Lorenzoni, invece, maestro elementare a Giove, in Umbria sarà alle 18.30 al Teatro della Filarmonica con il suo Orfeo, la ninfa Siringa e le percussioni pazze dei Coribanti (Rrose Sèlavy) in compagnia di Lucia Tancredi. Lorenzoni ha fondato e coordina dal 1980 ad Amelia la Casa-laboratorio di Cenci, un centro di sperimentazione educativa che ricerca intorno a temi ecologici, scientifici, interculturali e di inclusione. Per questa attività ha ricevuto nel 2011, insieme a Roberta Passoni, il Premio Lo Straniero. C’è un bambino straordinario, Orfeo, che non piange appena nato ma si mette a cantare in modo così dolce da incantare gli uccelli che volano lì intorno.
C’è la ninfa Siringa, che si trasforma in canne mosse dal vento per sfuggire a Pan, il dio dei boschi innamorato di lei, che costruirà con quelle canne il primo flauto per ricordare il suo amore. C’è un gruppo di ragazzi scatenati, chiamati Coribanti, che battendo bastoni, pietre e metalli, coprono il pianto del piccolo Zeus e gli salvano la vita.All’origine della musica c’è una relazione intima e totale con la natura e gli spiriti che la abitano. Paura, amore, solitudine, struggente nostalgia e ricerca di armonia trovano nel canto e nel suono il loro primo linguaggio e, forse, la loro origine remota.
A conclusione della ricchissima giornata di Macerata Racconta, alle 19.30 alla galleria degli Antichi forni, torna Valerio Calzolaio con Enonoir: La camera chiusa.
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Un libro edito da Stem Mucchi e curato da Antonio Lavieri: «Lezioni interdisciplinari a tutto campo, per me un maestro» http://ift.tt/2C4jEWO
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