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Milano 4 Mental Health: gli appuntamenti di mercoledì 11 ottobre
Milano 4 Mental Health: gli appuntamenti di mercoledì 11 ottobre. Milano. Domani, mercoledì 11 ottobre, Milano 4 Mental Health, l’iniziativa del Comune di Milano che ha l’obiettivo di porre la salute mentale al centro del dibattito sociale e politico, arriva alla Triennale Milano di via Alemagna per una giornata di talk, incontri e approfondimenti aperti alla cittadinanza e gratuiti. Si parte alle 9.30 si parte con il dibattito dal titolo “Professionisti della Salute mentale: un valore di cui prendersi cura” a cui parteciperanno l’assessore al Welfare e Salute Lamberto Bertolé, Marta Giacometti della Commissione di Albo Tecnico della riabilitazione psichiatrica, il segretario della sezione lombarda della Società Italiana di Psichiatria Giovanni Migliarese Caputi, la giornalista del Sole24Ore Sara Monaci, il presidente della Commissione d'Albo degli Educatori Professionali Renato Riposati e la direttrice dell’unità operativa di psicologia clinica dell’ASST Santi Paolo e Carlo Elena Vegni. Alle 10.30 si prosegue con l’incontro “Salute mentale: la dimensione individuale e la responsabilità collettiva. Dalla legge Basaglia ad oggi” che verrà introdotto dall’assessore Bertolé e che vedrà gli interventi di Valentino Ferro, docente di Psicologia Dinamica alla Sigmund Freud University di Milano, della direttrice sociosanitaria di ATS Milano Rossana Giove, del direttore del dipartimento di salute mentale di Roma 5 Giuseppe Nicolò, del direttore dell’Area Salute e servizi di comunità del Comune di Milano Marco Papa, del delegato del coordinamento degli enti del Terzo settore del Tavolo sulla Salute mentale di Milano, moderati da Francesco Caroli del Gabinetto del sindaco di Milano. Dalle 11.45 si parlerà della figura dello psicologo di base con l’assessore Bertolé, la presidente dell’Ordine degli psicologi della Lombardia Laura Parolin, il segretario provinciale della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie Alessandro Politi, il presidente di Fondazione Soleterre Damiano Rizzi e l’onorevole Rachele Scarpa, promotrice dell'intergruppo parlamentare per la tutela del benessere psicologico e della salute mentale. Parteciperà inoltre, il vicepresidente della commissione Welfare e Salute del Comune di Milano Valerio Pedroni. Seguirà, alle ore 14, l’incontro dal titolo “Due professionisti si confrontano: i terapisti occupazionali e i tecnici della riabilitazione psichiatrica per la salute mentale”. Alle 15 si parlerà invece di “Ambiente positivo di crescita e individuazione precoce che ‘qualcosa non va’”. Alle 16 ci sarà il workshop “Dare voce alle voci” sul tema della collaborazione tra servizi e territorio nell'ambito della salute mentale e, alle 17, il talk "Quando il bambino costruisce la sua storia. Sintomi e cura nell’infanzia". Dalle 18 partiranno i talk curati e organizzati direttamente dal Comune di Milano e moderati dalla giornalista Giovanna Maria Fagnani del Corriere della Sera. Nel primo, si parlerà di “Salute mentale e ambiente”, con un affondo sulla cosiddetta ecoansia legata alla paura degli effetti dei cambiamenti climatici, insieme all’assessora all’Ambiente Elena Grandi, al rappresentante d’istituto del liceo classico Carducci Samuele Carazzina, a Michele Carugno dell’Università degli studi di Milano, alla neuropsicologa clinica Loredana Locusta e al copresidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia Claudio Mencacci. Alle 19 si parlerà di “Prima infanzia e scoperta del mondo” con la psicologa e psicoterapeuta Francesca Dall’Ara, la referente sull’autismo della Città metropolitana Gilla Cauli, il responsabile del laboratorio di Biologia della sinapsi di CNR e Humanitas Matteo Fossati e il direttore del Dipartimento di Pediatria dell’ospedale dei Bambini Buzzi Gianvincenzo Zuccotti. Alle 20 si affronterà l’argomento della genitorialità e dei nuovi equilibri che è necessario trovare, soprattutto nei primi giorni di vita del bambino. Interverranno il responsabile della U.O.C. Riabilitazione del Centro disturbi del comportamento alimentare dell’Auxologico Leonardo Mendolicchio, il copresidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia Claudio Mencacci, il direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze dell’ospedale Niguarda Mauro Percudani, la presidente del corso di laurea in Psicologia Clinica dell'Università Bicocca Alessandra Santona.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Psicologia: soldi facili, denaro sporco e avidità
Sono uno psicologo ufficialmente iscritto all’albo degli psicologi del Veneto ed esercito la mia professione da circa 4 anni più o meno. A breve conseguirò a soli 31 anni il titolo di psicoterapeuta e di ciò ne sono molto orgoglioso.
Mi preme parlare di una esperienza che mi è successa tra l’ottobre del 2018 e il gennaio del 2020. In questo lasso di tempo ho fatto parte di uno studio psicologico che si trova nella provincia di Verona. Tale studio in una sola settimana raccoglie qualcosa come ottanta pazienti tra bambini, adolescenti, adulti e anziani. Ognuno con le proprie difficoltà, ognuno col proprio dolore, ognuno con la propria storia e sopratutto coi propri soldi. Il modo in cui la responsabile di questo studio attira a sé i futuri e ipotetici pazienti sono i più disparati, ingegnosi, subdoli e incredibili. Ognuna delle tecniche utilizzate ha come obbiettivo finale quello di far rimanere nelle sue tela, e nei suoi piani, il più a lungo possibile il povero malcapitato. Così la signora, iscritta all’albo degli psicologi come me e e rappresentante come me l’intera categoria, diagnostica ad ognuno delle persone che varca la soglia del suo studio, una depressione, un disturbo post traumatico da stress, un disturbo dell’apprendimento, un ritardo cognitivo, un abuso sessuale, un disturbo dissociativo ...e chi ne ha più ne metta perché più malattie ci sono meglio è...
Non esci dal quella porta senza una etichetta diagnostica.
Poi se il paziente - già immaginato come tale al ciglio della sua porta - viene accompagnato da qualcuno, la signora cerca di coinvolgere nella sua tela anche la persona con cui è stato accompagnato.
Così se il “paziente” è un bambino sicuramente sarà necessario prima di tutto fargli fare dei test cognitivi (solo con questi la signora potrebbe farsi un weekendino fuori porta) a cui poi seguiranno delle cosiddette riabilitazioni cognitive accompagnate da una terapia supportiva per i genitori “incapaci” di far fronte alle “difficoltà” che i test hanno sorprendentemente rilevato e che nessuno degli insegnati che ha modo di vedere il bambino tutti i giorni è stato capace di cogliere.
Se invece il paziente il questione è un adolescente, le possibilità di lucrare diventano spaventosamente più alte. Anzitutto perché per la signora ogni adolescente ai problemi scolastici (quindi di apprendimento a cui PER FORZA deve esserci una diagnosi di adhd o dsa) segue altrettanto forzatamente una terapia sul “lavoro delle emozioni” e sulle difficoltà che l’adolescente ha nel ralazionarsi col sesso opposto, coi genitori, i gruppi sportivi di cui fa parte ecc.
Se questi è invece un adulto le cose potrebbero complicarsi dal momento che gli adulti, salvo quelli che fortunatamente per lei sono meno sani, godono di più decisionalità sulla propria vita riuscendo così a capire meglio se hanno ancora bisogno di farsi aiutare o proseguire il loro cammino da soli. Tuttavia quest’ultimo caso cerca tristemente di non considerarlo nemmeno lontanamente in quanto non tollererebbe che qualcuno le impedisse di rinunciare all’agiatezza di cui lui e tanti altri la fanno stare.
La signora però paradossalmente lucra sopratutto sui suoi collaboratori, circa una decina. Attenzione. Collaboratori. Non colleghi. Non psicologi. Collaboratori.
Se entri nella sua ragnatela perdi la tua individualità, diventi un SUO collaboratore, una SUA proprietà. Una mezzo che serve per lei, i suoi affari, i suoi bisogni, le sue tasche, le sue vacanze. Ogni collaboratore deve infatti pagare una cifra approssimativa a partire da centocinquanta euro per poter risiedere nei suoi sei studi..fino a trecentocinquanta euro al mese.
Più pazienti hai, più paghi.
Più paziente hai più devi versare contribuiti a lei.
Più soldi fai più soldi devi dare lei.
Non solo. Ogni paziente, ha fatto sapere ai collaboratori in un dialetto veronese accompagnato da bestemmie, è SUO dacchè questi è venuto in quello studio solo per la SUA fama, per il SUO talento e che per tali motivi il cinquanta percento della terapia va a lei che a malapena conosce il nome della persona di cui prende la “miseria” del cinquanta percento.
Quando però il SUO collaboratore capisce il gioco della signora e i compromessi a cui obbliga questi, il collaboratore prova ad andare via perché sa che a capo della psicologia vi è il rispetto della dignità del dolore e che su questo non si può scherzare, non si può lucrare, non si possono fare piani alcuni. Così la signora comincia a manifestare tutto il suo dissenso, la sua bruttezza interiore, la sua malignità, un passato da cui non è riuscita trarci niente se non miseria, povertà d’animo e di cuore. La signora comincia una battaglia legale per mezzo di un avvocato che agli psicologi...ops collaboratori....si trova a dover scrivere sempre le stesse identiche cose: scarsa professionalità, abbandono dei pazienti, violazione del codice deontologico.
Chissà se il sig. Avvocato si sia mai chiesto come mai tutti andavano via dopo circa un’annetto di collaborazione con la signora.
Chissà se il sig. Avvocato si sia mai annoiato a dover riscrivere sempre le stesse cose.
Chissà cosa ci guadagna a chiudere gli occhi e le orecchie davanti alle lettere che scrive sempre identiche, sempre per gli stessi motivi.
Chissà se un dubbio l’abbia mai avuto a riguardo.
La battaglia non esclude niente e si caratterizza da una parte (quella della signora) di minacce, insulti, ricatti, volgarità e dall’altra (quella del collaboratore) di paura e timore circa le conseguenze delle millanterie della signora.
Tuttavia è anche la signora che si spaurisce. E non di certo perché sa di mentire circa le minacce che fa ai collaboratori che vogliono andare via. E non di certo perché teme di essere finalmente smascherata, radiata, messa in scacco, scoperta. La sua paura nasce dal timore che il SUO collaboratore andandosene non le paghi anzitutto l’affitto e che chiaramente le porti via i pazienti che si sono affezionati, secondo lei sotto minaccia e manipolazione del collaboratore, a lui. La signora chiaramente non sa che farsene dello psicologo in questione come del paziente. Loro non valgono niente. A valere sono chiaramente il luccichio dei loro soldi. Tutto è pensato, vissuto, respirato, annusato, defecato, mangiato con a mente dove poter lucrare e speculare al meglio. Per tali ragioni e non altre che lei convince il sig. Avvocato a scrivere quelle minacce. Non per amore della professione, non per avere l’equipe migliore che possa esserci, non per il rispetto del dolore. Solo. Per. Amore. Della. Pecunia. Nient’altro.
Quando poi il collaboratore va via non finisce mica la partita, il gioco, il tormento. Si va ai supplementari, ai rigori e se andasse male di andrebbe avanti con una partita di ritorno ecc ecc ecc ecc e ancora ecc ecc ecc.
A volte succede che la signora dimenandosi nella disperata ricerca di nuovi adepti-collaboratori si metta a raccontare a quest’ultimi che i vecchi collaboratori fossero andati via perché "scopavano" sulle sue scrivanie o che avessero una relazione che lei non accettava. Altre volte invece succede che i collaboratori uscenti portandosi il materiale con cui avevano adibito il SUO studio con oggettistica pagata di propria tasca si trovino ad essere insultati perché le lasciano una stanza vuota e ovviamente una stanza che è spoglia non porta pazienti...scusate soldi... . Il collaboratore andando via riceve in cambio non di certo un diplomatico e simbolico “grazie” ma solo l’umiliazioni date dalle grida e dalle offese della signora nel bel mezzo delle terapie in corso, nel bel mezzo di due o più terapie in corso di minori.
Il collaboratore si trova poi fuori dallo studio della signora riempito di insulti, minacce (e sulla testa una possibile radiazione dall’albo) e con la beffa di avere anche le tasche vuote, senza i soldi che gli spetterebbero. La signora gioca d’attacco e in attacco. Gioca sul fatto che non ci sono contratti, vincoli a cui rispondere. La signora gioca col nero..ops scusate...gioca la sua partita vestita tutta di nero...”alla diabolik” con acceni di Lupin. Allo stesso modo la signora è abilissima ed espertissima di porte blindate, password, lucchetti ecc. In un misto di Diabolik e Lupin accusa i collaboratori di aver avuto accesso a questi e di aver rubato i SUOI soldi e che in conseguenza di questo “mistero dei soldi scoparsi” obbliga tutti a versare una somma per riparare il danno subito. Allo stesso modo alle prestazioni portate in fattura da un SUO collaboratore, lei per non pagare la fattura, risponde, come se fosse anche un pò pistolero, con un’altra fattura.
La signora è un genio. Non si può fermare. E’ inarrestabile. Io però sto provando a farlo. Ho provato a chiamare l’ordine degli psicologi per informarlo di quanto so ma questo non sa cosa farsene delle mie parole. La giustizia la puoi avere se sei ricco. Se sei come lei. Capite che, così intesa, la giustizia a cui penso è inesistente se non hai la pecunia che dispone la signora.
Avere giustizia significa fare i conti con la frustrazione, con il dover tollerare che al potere ci sia non solo l’incompetenza ma anche l’avidità, la smania di denaro che straborda anche dalla bava, come i cani. Avere giustizia significa avere a che fare con un sistema che vuole azzittirti, farti diventare sporco, corrotto, schifoso come lui.
Cosa deve poter fare questa donna per poter essere radiata dall’ordine degli psicologi? Cosa deve pensare di poter infrangere oltre a quello che ha già infranto: ha fatto denaro in nero, ha minacciato pazienti e collaboratori, gridato sul posto di lavoro (con bestemmie e insulti), non ha versato i compensi ai propri colleghi, ha vessato i propri colleghi, ha più volte infanto la privacy e i dati sensibili dei pazienti, fatto e sputato diagnosi senza appurarle e - non ultimo - ha denigrato più volte i suoi collaboratori direttamente ai pazienti.
Per essere radiati cosa bisogna fare? ....scusate eh. Scopare con un minore in studio? Offrirgli della cocaina o magari fumarla insieme per poi far passare il tutto come se fosse parte della terapia. Cosa bisogna fare? Aiutatemi. Io sto impazzendo. Io un senso non lo trovo.
#pazienti#denaro sporco#soldi facili#la psicologia è una cosa seria#radiazione#albo degli psicologi#incompetenza#psicologia#avidità
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Psicologo, psicoterapeuta, psicanalista, psichiatra, counselor e mental coach: chi sono e cosa cambia.
Psicologo. Ha frequentato la facoltà di Psicologia per 5 anni, svolto un tirocinio e sostenuto l'Esame di Stato. È iscritto all'Albo A degli psicologi (esiste anche un albo B per gli Psicologi junior) e il suo ruolo è quello di aiutare le persone a raggiungere e mantenere uno stato di benessere. Non può fare terapia, ma si limita a dare sostegno psicologico, aiutare la persona in un momento difficile della sua vita aiutandola ad usare le risorse che la persona ha già e può somministrare test psicologici.
Psicoterapeuta. Può essere uno psicologo o un medico e ha frequentato una Scuola di Specializzazione riconosciuta dal MIUR di almeno 4 o 5 anni. Può fare terapia, quindi lavorare con il cliente sul vissuto emotivo ed esperienziale. Di solito l'obiettivo della terapia è il cambiamento delle modalità relazionali, cognitive, emotive e comportamentali di cui il paziente è portatore e che danno origine ad una sofferenza.
Psicanalista. È uno psicoterapeuta che ha frequentato una precisa Scuola di Specializzazione basata sul lavoro di Freud.
Psichiatra. Ha frequentato la facoltà di medicina e la specializzazione in psichiatria. Di solito hanno un approccio più organico alla malattia ed è l'unico tra questi professionisti che può prescrivere farmaci. Non è raro trovare psichiatri e psicoterapeuti che lavoro in parallelo.
Counselor. Non deve obbligatoriamente aver frequentato la facoltà di Psicologia o Medicina. Si occupa di persone che hanno bisogno, in un momento ben determinato della loto vita, di colloqui di sostegno o di aiuto per affrontare problemi relazionali o decisionali. Non può usare tecniche psicologiche come il colloquio clinico e i test psicologici.
Mental coach. È una figura non ancora definita in Italia, ma spesso usata da imprenditori e sportivi. Aiuta i propri clienti a focalizzare obiettivi e priorità e li supporta, in termini prevalentemente motivazionali, nel mantenere e portare a termine il programma stabilito.
Per ulteriori curiosità sulla psicologia e sessuologia visita l'account Instagram.
Credits:
Foto di cottonbro da Pexels
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Facciamo un po’ di chiarezza
Articolo di Giorgio Nardone (psicoterapeuta).
C’è molta confusione in giro e, a dire il vero, proprio a partire dagli stessi counselor, coach, psicologi o psicoterapeuti, molti fanno ciò non che non dovrebbero, come spesso succede quando si sente odore di business, purtroppo anche chi organizza corsi come noi fa la sua parte per creare un gran fumo. Da parte nostra vorremo contribuire a dare qualche chiarimento utile.
Cominciamo con il Counselor
COUNSELOR: il Counselling è una “relazione d’aiuto”, professione disciplinata dalla Legge n°4 del 14 gennaio 2013. Essa consiste nell’applicazione da parte del professionista di un insieme di tecniche, abilità e competenze tese a facilitare il Cliente nell’uso delle sue risorse personali, affinché questi possa trovare la soluzione per un problema che crea disagio esistenziale e per migliorare complessivamente la qualità della sua vita.
Lo scopo del Counselling è quello di offrire al Cliente l’opportunità di esplorare e riconoscere i propri schemi d’azione e di pensiero e aumentare il livello di consapevolezza, così da saper utilizzare al meglio le proprie risorse personali per gestirsi in modo efficace e raggiungere un maggiore benessere.
Il Counsellor opera nel campo della prevenzione della malattia e in quello della promozione della salute, così come intesa e definita dalla Carta di Ottawa nel 1986. Il Counsellor possiede competenze specifiche per la promozione del benessere dell’individuo e non esercita attività sanitarie.
Per il suo specifico settore di intervento il counselor non va confuso con altre figure professionali, quali lo psicologo, lo psicoterapeuta, etc. . Infatti l’attività di counseling non prevede l’utilizzo di tecniche e metodologie di intervento proprie delle figure professionali citate, come: la somministrazione o prescrizione di farmaci, l’utilizzo di test psicodiagnostici e quelle attività che nel dettaglio sono proprie della figura dello psicologo o dello psicoterapeuta.
I Counselor si occupano di persone sostanzialmente sane che hanno bisogno di colloqui di sostegno o di aiuto per affrontare problemi relazionali o decisionali senza la necessità di una cura di tipo psicoterapeutico o farmacologico che richiede competenze e specializzazioni diverse.
<Quando stai vivendo un momento ingarbugliato e hai bisogno di rimettere le cose a posto, un counselor, attraverso l'ascolto e specifiche tecniche di colloquio, (nel nostro caso attraverso il dialogo strategico) ti sostiene nel ritrovare le tue energie interiori per ripartire. Ad ognuno di noi può capitare di attraversare momenti difficili e confusi in cui capiamo di avere bisogno di un sostegno più efficace del semplice “momento di sfogo con l'amico del cuore”. Un counselor, dunque, ti aiuta a scegliere senza scegliere al posto tuo. Ti aiuta a ripartire lasciandoti la responsabilità dei tuoi passi. Ti sostiene nel cambiamento e nel recupero delle tue “energie sopite” nei momenti chiave della tua vita. Il percorso di counseling è quindi per definizione legato ad un obiettivo di cambiamento specifico e può essere applicato alle diverse dimensioni della vita: relazioni familiari e/o di coppia, vita professionale, ecc.>
Quello che comunque ci preme sottolineare è che aiutare le persone, in qualunque modo venga fatto e in qualunque contesto, è un’attività difficile e delicata, in cui la buona volontà, l’altruismo e la pazienza non bastano. A volte con le migliori intenzioni si creano gli effetti peggiori. CHI È COACH E COSA È COACHING ? Come per il counseling in Italia non è una professione regolamentata: lo Stato non indica cioè i requisiti minimi necessari per fare il Coach. Non esiste alcuna normativa di riferimento, nessun percorso formativo obbligatorio, né tanto meno l’obbligo per il professionista di iscrizione ad un albo professionale. In tale quadro normativo “chiunque può definirsi coach” .
La parola “coaching” è apparsa per la prima volta sul finire del ‘900 negli Stati Uniti per indicare quell'attività specifica che vede un allenatore impegnato a sostenere, guidare e motivare una squadra o un singolo atleta per migliorarne le prestazioni in vista delle future competizioni. Da circa una decina di anni, però, questo termine si è esteso e generalizzato al di fuori dell'ambito sportivo in cui era nato, venendosi a configurare come un intervento indirizzato a un individuo o a un gruppo, con lo scopo di aiutarlo a ottenere risultati ottimali in ambito sia lavorativo che personale. Diffusosi ultimamente soprattutto in ambito manageriale, il coaching si differenzia dagli interventi di psicoterapia e consulenza poiché non è orientato alla cura di disturbi psicologici o alla risoluzione di specifici problemi, bensì allo sviluppo dei talenti, nella direzione di fare emergere a pieno le potenzialità degli individui a vantaggio di una competenza da sviluppare o di un risultato da migliorare. Professione in rapida e crescente espansione, il coaching trova applicazione nei più diversi ambiti personali e professionali.
In ambito imprenditoriale - dai business tradizionali all’e-commerce; da imprese consolidate a imprese in fase di lancio – il coach focalizza il proprio intervento nell’aiutare l’imprenditore a sviluppare business plan specifici e personalizzati. In situazioni come coppie, famiglie, team (sportivi o di lavoro) e comunità, il coach è invece chiamato per migliorare la qualità dell’interazione e dei risultati attraverso la rilevazione delle forze e delle debolezze del contesto e il conseguente sviluppo di piani adeguati per produrre i cambiamenti necessari.
Il coaching individuale - il più noto e frequente (chiamato anche “life coaching”) – si caratterizza per un rapporto esclusivo tra due persone - il coach e il “coachee” (manager, atleta, personaggio dello spettacolo…) -, in cui il primo aiuta il secondo a focalizzare i propri obiettivi e priorità e lo supporta, in termini prevalentemente motivazionali, nel mantenere e portare a termine il programma stabilito.
E la lista delle diverse tipologie di coaching potrebbe allungarsi a dismisura. Il termine coaching, infatti,ha raggiunto in pochissimo tempo una molteplicità di significati ed applicazioni che, secondo le leggi mediatiche più tipiche della nostra epoca, ha visto anche un contemporaneo proliferare di dissertazioni teoriche ed estese bibliografie sul tema.
Un'ampia schiera di professionisti, provenienti dalle più diverse discipline, ha trovato la possibilità di proporsi e proporre la propria idea al riguardo. Una sorta di “corsa verso l’ovest”, alla conquista di territori inesplorati e suggestivi per la possibilità di interventi e per le opportunità percepite. Una corsa velocissima, ognuno con la propria bandiera da conficcare e tutti diversi l’uno dall’altro per le risorse, i mezzi, gli strumenti, le conoscenze e le esperienze da mettere in gioco. Ma a differenza della vecchia corsa all’oro, prevalentemente individuale, questa è una corsa in cui i partecipanti sono costretti ad interagire e a collaborare l’uno con l’altro nel creare questa nuova professionalità, prevedendo il rispetto di alcune regole fondamentali.
La prima è quella per cui ogni intervento di coaching trova significato e valore solo attraverso il riscontro oggettivo degli obiettivi e dei traguardi progressivamente raggiunti. In altri termini, non esiste un intervento di coaching se non ci sono successi. Il coaching, dunque, è innanzitutto l’espressione di una professionalità assolutamente pragmatica e come tale impone, ai coach e ai loro interlocutori , l’assunzione di responsabilità precise e a volte impegnative. Un buon coach deve sapere guidare il cliente a sviluppare i propri talenti in vista del raggiungimento di specifici obiettivi, e lo deve fare nel modo il più possibile rapido ed efficace. Ecco quindi che i criteri pragmatici di efficacia ed efficienza si configurano come elementi fondamentali nella scelta del modello di coaching da utilizzare.
Un secondo elemento distintivo, che accomuna tra loro anche i più diversi modelli di coaching, è l'estrema enfasi posta nel sottolineare la diversità teorica e metodologica del coaching rispetto ad altre forme di intervento, come le attività terapeutiche o di consulenza. Dalle prime il coaching si vuole distinguere evidenziando il suo essere rivolto a persone libere da disturbi psicologici invalidanti, ovvero persone sostanzialmente indipendenti ed autonome che desiderano migliorare le proprie prestazioni (personali o lavorative) e ricercano quindi un aiuto esterno che possa facilitare questo processo di miglioramento.
Dall’attività di consulenza, invece, il coaching tende a distinguersi non presupponendo come necessario per il coach il possedere competenze specifiche sul contesto aziendale (o sportivo) d’intervento. Certo, tali competenze se presenti possono facilitare il processo di coaching, ma dal coach stesso non vengono usate per fini diagnostici o valutativi.
In quest’ottica la natura e lo scopo del coaching più tradizionale tendono a concretizzarsi in una sorta di partnership tra coach e cliente, mirata al raggiungimento di obiettivi, condivisi e misurabili, generalmente inerenti l’incremento delle conoscenze, del livello di performance e della qualità della vita delle persone coinvolte. Processo che, nel suo evolversi, ha come caratteristiche distintive l'essere orientato sul presente e sul futuro e il focalizzarsi prevalentemente sullo sviluppo delle risorse del cliente, evitando di affrontare la risoluzione diretta di eventuali problematiche emotive o cognitive.
CHI È LO PSICOLOGO E COSA FA ? PSICOLOGO: è necessaria una laurea in Psicologia legalmente conseguita presso un’Università Italiana, un Tirocinio Formativo della durata di un anno effettuato con la supervisione di un tutor professionista iscritto all’Ordine Nazionale degli Psicologi Italiani e il superamento dell’Esame di Stato che consente l’iscrizione all’Albo degli Psicologi della Regione di appartenenza, obbligatoria per esercitare.
Tale qualifica gli permette di intervenire su problematiche affettive, relazionali e sociali, sia in età evolutiva (infanzia e adolescenza), sia in età adulta (individuale, coppia, gruppo o famiglia). Lo psicologo può fare diagnosi, valutazioni, interventi di prevenzione, ma non "cura", non prescrive farmaci, ma utilizza la relazione, l’ascolto, l’empatia, la parola, come strumenti, naturalmente utilizzandoli secondo specifiche tecniche basate sulle teorie fondamentali alle quali fa riferimento il professionista.
CHI È E COSA FA LO PSICOTERAPEUTA ? PSICOTERAPEUTA: è un laureato in psicologia o in medicina con una specializzazione di almeno quattro anni in una scuola riconosciuta ufficialmente dallo stato italiano. Questo consente l’iscrizione all’elenco degli psicoterapeuti dell’Ordine degli Psicologi. Lo Psicoterapeuta è colui che "cura" la patologia, e aiuta la persona a tornare ad una condizione di benessere, magari migliore di quello precedente come problemi di origine esistenziale (fobie, traumi, lutti, separazioni, timidezza, complessi, ecc.) o psicopatologie(disturbi d’ansia, attacchi di panico, depressione, disturbo ossessivo compulsivo, ipocondria, ecc.). Non utilizza farmaci, benché possa prevedere la combinazione di psicoterapia e psicofarmacologia.
La differenza tra gli psicoterapeuti sta nella loro formazione a Modelli diversi di terapia, esistono diverse Scuole di specializzazione che propongo percorsi riferiti ad approcci teorici e metodologici anche molto differenti tra loro, come per esempio il modello di terapia breve strategica, di terapia psicoanalitica, psicodinamico, sistemica, cognitiva, comportamentale, etc. etc.
Per questo i Modelli di riferimento seguiti dallo psicoterapeuta possono condurre a terapie con tempi ed esiti estremamente diversi.
Fonte: http://rolandociofi.blogspot.it/2013/08/differenze-tra-counselour-coach.html
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Definirsi esperti senza esserlo
Oggi con l’avvento di Internet, siamo esposti a migliaia di informazioni che ci sommergono, alcune delle quali sono “fake news”. Questa facilità di reperire informazioni si è rivelata dannosa per i professionisti, poiché facendo ricerche su Google si possono reperire anche informazioni errate. In questo modo, tutti pensano di essere medici, tecnici riparatori, psicologi, avvocati, ecc. In particolare, segnalo il precedente articolo in questo volantino sulle competenze che dovrebbe avere un tecnico riparatore. Spesso ci troviamo di fronte a parrucchieri, estetiste o semplici amici che si definiscono “un po’ psicologi” per il semplice fatto di ascoltare gli sfoghi dei loro clienti e amici. Allora io vi chiedo se avete mai sentito dire: “Sai che anch’io sono un po’ cardiologo?” Nessuno si sognerebbe mai di fare una affermazione del genere senza aver avuto alle spalle anni ed anni di studio e competenze specialistiche. Questo pregiudizio sullo psicologo è dovuto alla banalizzazione di questa professione, a causa dei media e del senso comune che riducono la psicologia alla semplice capacità di ascoltare, comprendere l’altro e dare consigli. Ebbene, molti resteranno sconvolti nel sentirsi dire che lo psicologo, oltre alla valutazione e alla diagnosi, si occupa di prevenzione, riabilitazione, rieducazione e sostegno. Inoltre non dà soluzioni preconfezionate ma, grazie alla costruzione di una relazione con il paziente, fornisce strategie e strumenti per ragionare da sé. Nella mia esperienza da (quasi) psicologa, ho incontrato gente senza alcuna formazione, che si professava esperto in una qualche branca della psicologia. L’ Ordine Nazionale degli Psicologi definisce lo psicologo come “un professionista iscritto nell’apposito albo professionale e abilitato in psicologia mediante l’esame di Stato dopo aver conseguito la laurea magistrale in psicologia e un tirocinio pratico”. Inoltre il Codice Deontologico afferma che “lo psicologo contrasta l’esercizio abusivo della professione e segnala al Consiglio dell’Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza”. Purtroppo quest’ultimo provvedimento non è sempre applicabile, in quanto i soggetti abusanti del titolo hanno adottato un nome che non sempre è regolamentato, così ci possiamo trovare davanti a diplomati, insegnanti, pedagogisti, filosofi, educatori che svolgono professioni (tecnici ABA, tutor DSA, counselor, life coach, ecc) che richiedono competenze in ambito psicologico. Inoltre, la responsabilità non è solo di chi svolge questi di chi svolge questi incarichi, ma anche di formatori che propongono corsi brevi per “abilitare” queste persone a svolgere queste funzioni. Di male in peggio, ci sono anche corsi online brevi di psicoterapia cognitivo-comportamentale, una professione che in realtà richiede a psicologi e medici quattro anni di specializzazione dopo l’iscrizione all’apposito albo. Un altro esempio di svalutazione di una professione è il pregiudizio secondo cui, se un lavoro non ti impegna a livello fisico, non è un lavoro. Penso ad esempio a chi lavora sui social network che è costantemente criticato perché non svolge un vero lavoro, eppure percepisce uno stipendio per le competenze che ha acquisito in questo ambito. Infatti, lo youtuber, l’influencer, il social media manager sono lavori che, essendo nati nell’era del digitale, non sono considerati seri. Eppure non basta solo scrivere un post e pubblicarlo, girare un video e caricarlo sul proprio canale per svolgere questo lavoro, altrimenti saremmo tutti un po’ youtuber, influencer e social media manager.
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Psicologa Psicoterapeuta a Firenze
Psicologa Psicoterapeuta a Firenze - Mi chiamo Monica Cerruti, sono uno psicologo psicoterapeuta a Firenze, con approccio umanistico, regolarmente iscritta all' albo degli psicologi della Toscana, ho esperienza nella terapia dei disturbi d'ansia e depressivi. Nel percorso di psicoterapia il paziente è un protagonista attivo del proprio processo verso il benessere. Per fissare un appuntamento telefonare al 3805283525 o visitare il sito Web www.monicacerruti.it.
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Perche’ gli OSS (operatori socio sanitari) sono un pò “psicologi”
Sembra un titolo molto azzardato lo ammetto, sono Psicologa e so benissimo che il percorso di studi di un Oss è differente dal mio, ma devo riconoscere che il loro lavoro a stretto contatto con gli utenti è, e deve essere ricco di psicologia.
Proviamo a sentirci per un attimo la persona che mette piede in una struttura per ricevere assistenza socio sanitaria (giovane, adulto, anziano non fa differenza). Sto lasciando la mia vita alquanto dolorosa per andarmene incontro ad una nuova, qualcosa di sconosciuto in cui rischio di perdere me stesso e i miei famigliari, indifeso in un unico pensiero: “so quando entro ma non so quando esco”, ho paura e mi sento in crisi.
Ora proviamo ad immaginarci Oss, per scelta, per vocazione, per dare tutto me stesso agli altri...non sono Dio, nè psicologo, nè infermiere, ne’ medico, non ho il compito di guarire le persone o dar loro l’immortalità, ma ho il compito di farli sentire “Persone” e non ammalati e specialmente “senza via di uscita”.
Un Oss deve mettere in campo tutte le sue risorse, non solo abilità manuali (che dobbiamo comunque riconoscere essere “toste”) ma anche e soprattutto psicologiche, di forte costanza ed empatia... “se cadi tutti possono allungarti un braccio ma non tutti possono aiutarti a non aver paura di alzarti” ecco perche’ un Oss a differenza dei famigliari, non nutrendo un attaccamento affettivo/emotivo con l’utente, può trasmettere fiducia, sicurezza e conforto attraverso la propria lucidità.
Un Oss può ASCOLTARE in silenzio senza giudicare una malattia e un comportamento, sa se ad una persona piace parlare o restare in silenzio, sa se dare una parola di conforto o basta uno sguardo....
Un Oss SA che gli utenti non sono tutti uguali ma che tutti hanno il diritto di sentirsi accettati e rispettati, nel loro bisogno di salvezza, di sicurezza e di protezione....
Un Oss può OSSERVARE per capire i bisogni fisiologici degli utenti e, proprio come uno psicologo, può provare ad individuare il problema, che ricordiamo esistere anche quando non è esplicito ed evidente...da qui può chiamare persone di competenza specifica e collaborare alla buona riuscita del caso attraverso il canale dell’equipe.
Un Oss è tutto questo e molto di più...è necessario riconoscere il loro ruolo, che va oltre il concetto di “lavoro”, è tra le occupazioni più stressanti perchè sì, lavorano con le persone, ma loro stessi per primi sono “persone”, anche loro con le loro umane debolezze e non, in quanto Oss, costretti ad essere supereroi.
Dott.ssa Maura Montagnini Albo Psicologi della Lombardia N°12799 www.psicologia-online-brescia.it Pagina Facebook: Psicologo on-line Dott.ssa Montagnini Maura Profilo Facebook: Psicologa Montagnini Maura
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MACERATA – Si intitola La violenza sugli operatori sanitari l’incontro organizzato dall’Ordine Provinciale Dei Medici Chirurghi e Degli Odontoiatri di Macerata venerdì 13 settembre alle 17, presso il Teatro della Filarmonica di Macerata. La presentazione è avvenuta questa mattina nella sede dell’Ordine con il presidente Romano Mari, la presidente della Commissione Albo Odontoiatri Cristina Monachesi e il direttore di Area Vasta 3 Alessandro Maccioni.
Un momento di riflessione per affrontare un problema molto sentito a livello nazionale e che ha avuto dei casi di cronaca anche nella nostra provincia. Da una recente ricerca è emerso che ben l’89,6% degli operatori sanitari è stato coinvolto in Italia, nel corso della sua attività professionale, in episodi di violenza fisica, verbale o psicologica, ma solo il 13% ha denunciato il caso.
È diventato essenziale discutere di questo tema e sensibilizzare sia gli addetti ai lavori che i cittadini. È fondamentale che siano proprio questi ultimi, spesso sopraffatti dalla tensione e dalle paure che generano i problemi di salute, purtroppo il più delle volte anche gravi, a comprendere che i professionisti lavorano per loro e per il loro bene e quindi non li aggrediscano, ma li mettano nelle condizioni di dare il meglio di sé per poter essere di aiuto.
L’Ordine si è dato l’obiettivo di organizzare un incontro che coinvolge rappresentanti delle professioni sociali e sanitarie, rappresentanti dello Stato, Regione e Provincia, rappresentanti del SSN e quelli dei cittadini, per mettere in collegamento tutte le figure che a vario titolo sono coinvolte nel problema, creare una rete di contatti, portare testimonianze e accogliere proposte.
“Dobbiamo definire il fenomeno delle aggressioni al personale sanitario e capire perché sta accadendo – dichiara Romano Mari – quindi individuare il modo di rispondere in modo adeguato e preventivo. Infine formare gli operatori: con questo incontro viene avviato un percorso che andrà avanti fino al mese di novembre con un ECM per gli operatori. Un caso increscioso si è purtroppo verificato nella guardia medica di Corridonia ad inizio agosto”. Addirittura il 97% degli infermieri riceve violenza verbale, sostiene Sandro Di Tuccio, presidente dell’Ordine degli Infermieri di Macerata.
Prosegue la dottoressa Cristina Monachesi: “Vorremmo che questo tavolo provinciale diventasse un centro di lavoro per monitorare, identificare piani d’azione e portarli avanti con tutti gli interessati, tavolo che si amplierà anche con coloro che non hanno un Ordine o un albo, ma sono ad esempio negli sportelli di accoglienza e pertanto si trovano ad assorbire il malessere di chi arriva in sala di attesa. Andrebbe rivisitato il rapporto medico-paziente, non solo basato su pratica, dosaggi e diagnosi: serve una maggiore capacità di ascolto, forse anche umiltà ed empatia per ridurre il contenzioso e l’attacco di violenza da parte degli utenti”.
Il direttore di Area Vasta 3 Alessandro Maccioni sottolinea le numerose attività e i notevoli investimenti realizzati per la sicurezza degli operatori sanitari. “Al pronto soccorso di Civitanova abbiamo garantito la presenza di una guardia giurata, abbiamo rinnovato numerosi locali per offrire maggiore comfort e garantito tutti i presidi nel territorio, ben ventisei, anche dopo il terremoto. A Sarnano abbiamo portato la guardia medica all’interno dei locali della Croce rossa locale, perché in questa sede è sempre presente del personale. Per combattere il fenomeno dobbiamo denunciare i casi; solo in questa maniera possiamo identificarlo”.
Conclude Cristina Monachesi: “Con la caduta del Governo si è interrotto un percorso legislativo che era stato avviato per identificare il medico come pubblico ufficiale e per intensificare i supporti di controlli. Per la giornata della violenza sugli operatori sanitari è stata scelta dal dottor Filippo Anelli, presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, la data del 13 settembre perché ricade nello stesso mese in cui fu uccisa la psichiatra barese Paola Labriola: il 4 settembre 2013”.
All’incontro di venerdì, oltre ai due presidenti Romano Mari e Cristina Monachesi, interverranno il Prefetto Iolanda Rolli, la presidente del Comitato Croce Rossa Italiana di Macerata Rosaria Del Balzo Ruiti, il presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Macerata Luciano Diomedi, il presidente dell’Ordine degli Infermieri di Macerata Sandro Di Tuccio, la presidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali della Marche Marzia Lorenzetti, il presidente dell’Ordine delle Ostetriche di Macerata Diana Pica e il presidente dell’Ordine degli Psicologi delle Marche Luca Pierucci. Sostenitori dell’evento sono la Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata e Banca Mediolanum.
Nel corso dell’incontro, moderato da Patrizia Ginobili, è previsto anche un omaggio musicale in memoria della dottoressa Paola Labriola – la psichiatra barese uccisa da un paziente il 4 settembre 2013 con 70 coltellate nel centro di salute di Bari – con Loredana Giacobbi (voce) e Mauro Rosati (pianoforte).
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Chi sono: Dr Marangoni Psicologo
Chi sono: Dr Marangoni Psicologo
Mi chiamo Matteo Marangoni, sono Psicologo della Salute, Psicoterapeuta Cognitivo, Master di II livello in Mindfulness e pratiche non convenzionali. Sono iscritto all’Albo degli Psicologi e Psicoterapeuti del Veneto n° 7692.
Svolgo l’Attività clinica presso gli studi di San Michele al Tagliamento, Portogruaro, Eraclea, Pordenone.
In qualità di Psicologo della Salutemi occupo dei processi…
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Facciamo chiarezza
Articolo di Giorgio Nardone (psicoterapeuta).
C’è molta confusione in giro e, a dire il vero, proprio a partire dagli stessi counselor, coach, psicologi o psicoterapeuti, molti fanno ciò non che non dovrebbero, come spesso succede quando si sente odore di business, purtroppo anche chi organizza corsi come noi fa la sua parte per creare un gran fumo. Da parte nostra vorremo contribuire a dare qualche chiarimento utile.
Cominciamo con il Counselor
COUNSELOR: il Counselling è una “relazione d’aiuto”, professione disciplinata dalla Legge n°4 del 14 gennaio 2013. Essa consiste nell’applicazione da parte del professionista di un insieme di tecniche, abilità e competenze tese a facilitare il Cliente nell’uso delle sue risorse personali, affinché questi possa trovare la soluzione per un problema che crea disagio esistenziale e per migliorare complessivamente la qualità della sua vita.
Lo scopo del Counselling è quello di offrire al Cliente l’opportunità di esplorare e riconoscere i propri schemi d’azione e di pensiero e aumentare il livello di consapevolezza, così da saper utilizzare al meglio le proprie risorse personali per gestirsi in modo efficace e raggiungere un maggiore benessere.
Il Counsellor opera nel campo della prevenzione della malattia e in quello della promozione della salute, così come intesa e definita dalla Carta di Ottawa nel 1986. Il Counsellor possiede competenze specifiche per la promozione del benessere dell’individuo e non esercita attività sanitarie.
Per il suo specifico settore di intervento il counselor non va confuso con altre figure professionali, quali lo psicologo, lo psicoterapeuta, etc. . Infatti l’attività di counseling non prevede l’utilizzo di tecniche e metodologie di intervento proprie delle figure professionali citate, come: la somministrazione o prescrizione di farmaci, l’utilizzo di test psicodiagnostici e quelle attività che nel dettaglio sono proprie della figura dello psicologo o dello psicoterapeuta.
I Counselor si occupano di persone sostanzialmente sane che hanno bisogno di colloqui di sostegno o di aiuto per affrontare problemi relazionali o decisionali senza la necessità di una cura di tipo psicoterapeutico o farmacologico che richiede competenze e specializzazioni diverse.
<Quando stai vivendo un momento ingarbugliato e hai bisogno di rimettere le cose a posto, un counselor, attraverso l'ascolto e specifiche tecniche di colloquio, (nel nostro caso attraverso il dialogo strategico) ti sostiene nel ritrovare le tue energie interiori per ripartire. Ad ognuno di noi può capitare di attraversare momenti difficili e confusi in cui capiamo di avere bisogno di un sostegno più efficace del semplice “momento di sfogo con l'amico del cuore”. Un counselor, dunque, ti aiuta a scegliere senza scegliere al posto tuo. Ti aiuta a ripartire lasciandoti la responsabilità dei tuoi passi. Ti sostiene nel cambiamento e nel recupero delle tue “energie sopite” nei momenti chiave della tua vita. Il percorso di counseling è quindi per definizione legato ad un obiettivo di cambiamento specifico e può essere applicato alle diverse dimensioni della vita: relazioni familiari e/o di coppia, vita professionale, ecc.>
Quello che comunque ci preme sottolineare è che aiutare le persone, in qualunque modo venga fatto e in qualunque contesto, è un’attività difficile e delicata, in cui la buona volontà, l’altruismo e la pazienza non bastano. A volte con le migliori intenzioni si creano gli effetti peggiori.
CHI È COACH E COSA È COACHING ? Come per il counseling in Italia non è una professione regolamentata: lo Stato non indica cioè i requisiti minimi necessari per fare il Coach. Non esiste alcuna normativa di riferimento, nessun percorso formativo obbligatorio, né tanto meno l’obbligo per il professionista di iscrizione ad un albo professionale. In tale quadro normativo “chiunque può definirsi coach” .
La parola “coaching” è apparsa per la prima volta sul finire del ‘900 negli Stati Uniti per indicare quell'attività specifica che vede un allenatore impegnato a sostenere, guidare e motivare una squadra o un singolo atleta per migliorarne le prestazioni in vista delle future competizioni. Da circa una decina di anni, però, questo termine si è esteso e generalizzato al di fuori dell'ambito sportivo in cui era nato, venendosi a configurare come un intervento indirizzato a un individuo o a un gruppo, con lo scopo di aiutarlo a ottenere risultati ottimali in ambito sia lavorativo che personale. Diffusosi ultimamente soprattutto in ambito manageriale, il coaching si differenzia dagli interventi di psicoterapia e consulenza poiché non è orientato alla cura di disturbi psicologici o alla risoluzione di specifici problemi, bensì allo sviluppo dei talenti, nella direzione di fare emergere a pieno le potenzialità degli individui a vantaggio di una competenza da sviluppare o di un risultato da migliorare. Professione in rapida e crescente espansione, il coaching trova applicazione nei più diversi ambiti personali e professionali.
In ambito imprenditoriale - dai business tradizionali all’e-commerce; da imprese consolidate a imprese in fase di lancio – il coach focalizza il proprio intervento nell’aiutare l’imprenditore a sviluppare business plan specifici e personalizzati. In situazioni come coppie, famiglie, team (sportivi o di lavoro) e comunità, il coach è invece chiamato per migliorare la qualità dell’interazione e dei risultati attraverso la rilevazione delle forze e delle debolezze del contesto e il conseguente sviluppo di piani adeguati per produrre i cambiamenti necessari.
Il coaching individuale - il più noto e frequente (chiamato anche “life coaching”) – si caratterizza per un rapporto esclusivo tra due persone - il coach e il “coachee” (manager, atleta, personaggio dello spettacolo…) -, in cui il primo aiuta il secondo a focalizzare i propri obiettivi e priorità e lo supporta, in termini prevalentemente motivazionali, nel mantenere e portare a termine il programma stabilito.
E la lista delle diverse tipologie di coaching potrebbe allungarsi a dismisura. Il termine coaching, infatti,ha raggiunto in pochissimo tempo una molteplicità di significati ed applicazioni che, secondo le leggi mediatiche più tipiche della nostra epoca, ha visto anche un contemporaneo proliferare di dissertazioni teoriche ed estese bibliografie sul tema.
Un'ampia schiera di professionisti, provenienti dalle più diverse discipline, ha trovato la possibilità di proporsi e proporre la propria idea al riguardo. Una sorta di “corsa verso l’ovest”, alla conquista di territori inesplorati e suggestivi per la possibilità di interventi e per le opportunità percepite. Una corsa velocissima, ognuno con la propria bandiera da conficcare e tutti diversi l’uno dall’altro per le risorse, i mezzi, gli strumenti, le conoscenze e le esperienze da mettere in gioco. Ma a differenza della vecchia corsa all’oro, prevalentemente individuale, questa è una corsa in cui i partecipanti sono costretti ad interagire e a collaborare l’uno con l’altro nel creare questa nuova professionalità, prevedendo il rispetto di alcune regole fondamentali.
La prima è quella per cui ogni intervento di coaching trova significato e valore solo attraverso il riscontro oggettivo degli obiettivi e dei traguardi progressivamente raggiunti. In altri termini, non esiste un intervento di coaching se non ci sono successi. Il coaching, dunque, è innanzitutto l’espressione di una professionalità assolutamente pragmatica e come tale impone, ai coach e ai loro interlocutori , l’assunzione di responsabilità precise e a volte impegnative. Un buon coach deve sapere guidare il cliente a sviluppare i propri talenti in vista del raggiungimento di specifici obiettivi, e lo deve fare nel modo il più possibile rapido ed efficace. Ecco quindi che i criteri pragmatici di efficacia ed efficienza si configurano come elementi fondamentali nella scelta del modello di coaching da utilizzare.
Un secondo elemento distintivo, che accomuna tra loro anche i più diversi modelli di coaching, è l'estrema enfasi posta nel sottolineare la diversità teorica e metodologica del coaching rispetto ad altre forme di intervento, come le attività terapeutiche o di consulenza. Dalle prime il coaching si vuole distinguere evidenziando il suo essere rivolto a persone libere da disturbi psicologici invalidanti, ovvero persone sostanzialmente indipendenti ed autonome che desiderano migliorare le proprie prestazioni (personali o lavorative) e ricercano quindi un aiuto esterno che possa facilitare questo processo di miglioramento.
Dall’attività di consulenza, invece, il coaching tende a distinguersi non presupponendo come necessario per il coach il possedere competenze specifiche sul contesto aziendale (o sportivo) d’intervento. Certo, tali competenze se presenti possono facilitare il processo di coaching, ma dal coach stesso non vengono usate per fini diagnostici o valutativi.
In quest’ottica la natura e lo scopo del coaching più tradizionale tendono a concretizzarsi in una sorta di partnership tra coach e cliente, mirata al raggiungimento di obiettivi, condivisi e misurabili, generalmente inerenti l’incremento delle conoscenze, del livello di performance e della qualità della vita delle persone coinvolte. Processo che, nel suo evolversi, ha come caratteristiche distintive l'essere orientato sul presente e sul futuro e il focalizzarsi prevalentemente sullo sviluppo delle risorse del cliente, evitando di affrontare la risoluzione diretta di eventuali problematiche emotive o cognitive.
CHI È LO PSICOLOGO E COSA FA ? PSICOLOGO: è necessaria una laurea in Psicologia legalmente conseguita presso un’Università Italiana, un Tirocinio Formativo della durata di un anno effettuato con la supervisione di un tutor professionista iscritto all’Ordine Nazionale degli Psicologi Italiani e il superamento dell’Esame di Stato che consente l’iscrizione all’Albo degli Psicologi della Regione di appartenenza, obbligatoria per esercitare.
Tale qualifica gli permette di intervenire su problematiche affettive, relazionali e sociali, sia in età evolutiva (infanzia e adolescenza), sia in età adulta (individuale, coppia, gruppo o famiglia). Lo psicologo può fare diagnosi, valutazioni, interventi di prevenzione, ma non "cura", non prescrive farmaci, ma utilizza la relazione, l’ascolto, l’empatia, la parola, come strumenti, naturalmente utilizzandoli secondo specifiche tecniche basate sulle teorie fondamentali alle quali fa riferimento il professionista.
CHI È E COSA FA LO PSICOTERAPEUTA ? PSICOTERAPEUTA: è un laureato in psicologia o in medicina con una specializzazione di almeno quattro anni in una scuola riconosciuta ufficialmente dallo stato italiano. Questo consente l’iscrizione all’elenco degli psicoterapeuti dell’Ordine degli Psicologi. Lo Psicoterapeuta è colui che "cura" la patologia, e aiuta la persona a tornare ad una condizione di benessere, magari migliore di quello precedente come problemi di origine esistenziale (fobie, traumi, lutti, separazioni, timidezza, complessi, ecc.) o psicopatologie(disturbi d’ansia, attacchi di panico, depressione, disturbo ossessivo compulsivo, ipocondria, ecc.). Non utilizza farmaci, benché possa prevedere la combinazione di psicoterapia e psicofarmacologia.
La differenza tra gli psicoterapeuti sta nella loro formazione a Modelli diversi di terapia, esistono diverse Scuole di specializzazione che propongo percorsi riferiti ad approcci teorici e metodologici anche molto differenti tra loro, come per esempio il modello di terapia breve strategica, di terapia psicoanalitica, psicodinamico, sistemica, cognitiva, comportamentale, etc. etc.
Per questo i Modelli di riferimento seguiti dallo psicoterapeuta possono condurre a terapie con tempi ed esiti estremamente diversi.
Fonte: http://rolandociofi.blogspot.it/2013/08/differenze-tra-counselour-coach.html
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