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Alessandria: trovato morto un uomo su una panchina davanti all’Istituto VoltaIndagini in corso per accertare le cause del decesso
Alessandria, 3 dicembre 2024 – Questa mattina, alle ore 8:30, un uomo è stato trovato senza vita su una panchina di fronte all’Istituto Tecnico Volta
Il ritrovamento Alessandria, 3 dicembre 2024 – Questa mattina, alle ore 8:30, un uomo è stato trovato senza vita su una panchina di fronte all’Istituto Tecnico Volta. La scoperta è stata fatta da alcuni passanti, che hanno prontamente avvisato una volante della Polizia Locale in transito nella zona. Gli agenti, resisi conto della gravità della situazione, hanno allertato il servizio di emergenza…
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Parola 07/05/2024
*PREDILIGERE I BISOGNOSI*
Autor: Apolonio Carvalho Nascimento
"Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere..." (Cf Mt 25, 35-45)
Non è per casualità che dovremmo favorire i bisognosi. Gesù si identifica soprattutto con loro.
Possiamo riconoscere la presenza di Gesù in ogni prossimo che incontriamo, in chiunque, ma preferibilmente in chi è più bisognoso.
Questa preferenza ci porta ad essere sempre alla presenza di Dio. Infatti, è lui stesso che ci viene incontro: nel povero che bussa alla nostra porta, nel senzatetto che si avvicina a noi per chiedere aiuto, nella persona disperata che viene a chiederci aiuto, nella persona angosciata che vuole essere ascoltata.
Tutto il giorno non c'è occasione in cui non possiamo incontrare qualcuno che ha un qualche tipo di bisogno.
Accogliamo ogni persona che viene da noi in questa giornata come fosse Gesù stesso.
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Milano, la vita dei senzatetto nei pressi della stazione Centrale
“Striscia la Notizia” torna a parlare della condizione dei senzatetto a Milano che vivono nei pressi della stazione Centrale. Ma perché tutti questi clochard sono per strada e non nei dormitori della città? A questa domanda risponde l’inviata del tg satirico Rajae Bezzaz che spiega che l’iter per accedere in un dormitorio non è così semplice come si pensi. “Bisogna presentarsi al centro aiuto…
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12 ott 2023 16:02
GLI "INVISIBILI" DELLA SANITÀ ITALIANA - IL POLICININCO DI TOR VERGATA, A ROMA, È PIENO DI PAZIENTI, MOLTI DEI QUALI ANZIANI, FRAGILI, O IN CONDIZIONI DI SVANTAGGIO SOCIO-ECONOMICO, IN ATTESA DI RICOVERO E DI CURE - CI SONO PERSONE CHE SONO FERME IN BARELLA DA OLTRE 40 GIORNI, SENZA SAPERE DOVE ANDARE E A CHI RIVOLGERSI - IL PERSONALE SANITARIO: "VIVONO IN CONDIZIONI DEGRADANTI. NON SI PUÒ ACCETTARE CHE CHI NON HA MEZZI O FAMILIARI CHE LO SOSTENGONO FINISCA COSÌ" -
Estratto dell'articolo di Clemente Pistilli per “la Repubblica”
Da 43 giorni un 77enne è su una barella del pronto soccorso del policlinico di Tor Vergata. […] E non è il solo. Un uomo di 81 anni è lì da 25 giorni, una 51enne da 22 e un 90enne da 16. Ieri c’erano inoltre altri 8 pazienti in attesa di un posto letto anche da otto giorni. Il presidente Francesco Rocca, appena insediatosi a marzo alla guida della Regione Lazio, sostenuto da un’ampia maggioranza di centrodestra, aveva assicurato che avrebbe cancellato subito quelle lunghissime e degradanti attese nei pronto soccorso da parte di pazienti che hanno bisogno di ricovero.
Di recente ha annunciato che quel fenomeno, definito boarding, nel Lazio si è ridotto del 25%. Il caso di Tor Vergata sembra dimostrare il contrario, con anziani impossibilitati in quelle condizioni anche a fare una doccia e a poter togliere i panni dal borsone per sistemarli in un armadietto.
[…] è anche un problema sociale, con persone in difficoltà, che vengono accompagnate dal 118 in un pronto soccorso e restano lì, non sapendo dove andare e non venendo sostenute dai servizi sociali. «Chi resta giorni e giorni al pronto soccorso è esposto al rischio di infezioni, occupa una barella e costa tanto al servizio sanitario. Soprattutto vive in condizioni degradanti e non si può accettare che chi non ha familiari che lo sostengono e mezzi particolari finisca così», sostengono, chiedendo l’anonimato, alcuni sanitari dello stesso ospedale.
«Qui lavoriamo in un quadrante povero, arriva di tutto, ma l’organizzazione non funziona», aggiungono. Una situazione destinata a peggiorare con l’arrivo della stagione fredda. «A Roma oggi ci sono 600-700 persone in attesa di un posto letto — afferma un infermiere — e come sempre diventeranno 900 con l’arrivo dell’influenza. Non si combatte il boarding acquistando più barelle o smistando i pazienti […]».
[…] Dalla Regione Lazio si giustificano sostenendo che il caso non è sanitario ma sociale. «Quelle persone non hanno bisogno di un ricovero, ma di un altro tipo di aiuto. I servizi sociali rispondono che non hanno un posto dove ospitarle e restano in ospedale perché altrimenti finirebbero in mezzo alla strada», specificano fonti vicine a Rocca, che ha mantenuto per sé anche la delega alla sanità. […]
Soggetti fragili che lo Stato riesce ad aiutare a fatica. «Proprio oggi abbiamo soccorso un senzatetto che da giorni viveva in piazza Mazzini, un medico tedesco con un’infezione gravissima a una gamba. Lo dico perché una delle grandi problematiche di Roma è che spesso come pronto soccorso entriamo in situazioni incredibilmente incresciose e complesse. Quando sbagliamo sono il primo a riconoscerlo, ma stiamo parlando di situazioni difficili, a cui non ci sottraiamo, ma che richiedono tempo», afferma il direttore generale del policlinico Tor Vergata, Giuseppe Quintavalle.
«Il pronto soccorso — aggiunge — è uno dei pochi, forse l’unico baluardo che fa di tutto. Occorre un raccordo tra i vari servizi per un’azione comune», aggiunge. Quella necessaria a evitare di alloggiare un mese e mezzo in una struttura d’emergenza dove un’attesa di 24 ore è già considerata eccessiva.
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Mellis senzatetto a 32 anni: al Chelsea ha giocato la Champions, l’alcol gli ha mangiato la vita
DIRETTA TV 6 Giugno 2023 Jacob Mellis guadagnava tanto e giocava nel Chelsea in Champions League, poi la sua vita è finita in un abisso che gli ha divorato l’anima. Oggi il centrocampista 32enne non ha più nulla e deve trovare un tetto che lo ospiti tutte le sere. Il suo è un grido di aiuto per cercare di uscire dalla sua dipendenza dall’alcol: “Anche adesso sto bevendo più che posso”. 0…
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Taranto, clochard lascia una lettera nella cassetta del book crossing: “Ho fame, non abbandonatemi” di Francesco Bunetto È bastata una lettera, forte e struggente, da parte di un clochard a Taranto. Le sue parole sono arrivate dritte al cuore. In questo periodo di emergenza, rischiava di morire di fame ma, per fortuna, le iniziative rivolte agli "ultimi" non sono mancate da parte dell'amministrazione comunale. È la storia di Ale, un senzatetto amante della lettura. La sua lettera: "Ciao. Sono un senzatetto, un clochard o come si dice in gergo comune un barbone. Effettivamente nell'ultimo mese, la mia barba ha raggiunto una discreta lunghezza, poiché a causa del recente virus, la Caritas e i luoghi dove potevo lavarmi, sbarbare e mangiare sono stati chiusi. Ciò che ne consegue, appunto, non è la lunga barba, scarsa igiene personale e circa 10 chili persi per mancanza di un pasto quotidiano sufficiente e decente. Ho fame!! Grazie a questa piccola casetta della cultura "free" almeno i libri da leggere non mi mancano e ho infatti letto praticamente tutti i libri che sono disposizione di tutti fuorché i libri per bambini che di certo, non sono meno interessanti degli altri. Vivo per strada un po' a causa di problemi familiari che hanno raggiunto il loro apice poco più di un anno fa. Vengo infatti da una situazione familiare di violenza gratuita che mi ha spinto ad allontanarmi dai miei genitori perché non subisca più le violenze fisiche e psicologiche che diverse volte mi hanno portato al pronto soccorso per curare i vari traumi fisici riportati. In questo momento di emergenza Covid-19 la situazione si è resa ancora più complicata. Soffro infatti oltretutto anche la fame, la necessità di una doccia, si fa sempre più marcata nell'odore che mi porto addosso e nell'aspetto decisamente trasandato. Comunque almeno i libri non mancano. Grazie". Così l'amministrazione comunale ha risposto al clochard: "Carissimo. Sono Francesca Viggiano, assessore del Comune di Taranto. Ho ricevuto la tua lettera e l'ho subito girato al sindaco ed abbiamo deciso di intervenire subito con un piccolo aiuto che non ti faccia sentire solo, specialmente in questo momento di emergenza sanitaria. Abbiamo letto la tua storia e ci ha colpito molto Abbiamo pensato di metterti a disposizione un piccolo kit con le mascherine, guanti, indumenti puliti e due libri, visto la tua passione per la lettura. Per la tua igiene personale potrei andare ogni giorno dalle 9 alle 12 in via p…. Ti aspettano in ogni caso visto la chiusura dei centri Caritas, abbiamo pensato di farti prevenire pranzo e cena ogni giorno alle 12:30 e alle 19:30. Per favore farci pervenire i tuoi dati personali per poterti aiutare più compiutamente. Non sei solo" https://www.fanpage.it/
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L'uomo, un clochard di nazionalità ucraina, fermato dalla polizia a Lambrate. L'associazione: "Abbiamo dovuto chiudere il centro diurno, le tante persone che sono per strada non sanno dove andare e non hanno più aiuto". La questura poi ha fatto sapere: "La denuncia non andrà avanti"
mi piacerebbe vedere la faccia di chi lo ha denunciato
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Aiutare gli animali domestici a rifugiarsi durante l'epidemia di COVID-19
Aiutare gli animali domestici a rifugiarsi durante l'epidemia di COVID-19. La crisi umana che si sta svolgendo durante l'epidemia di COVID-19 è straziante, ma per gli amanti degli animali, la crisi degli animali domestici del rifugio è un ulteriore motivo di preoccupazione. Abbiamo chiesto a Sarah Hodgson di Sarah Says Pets, un'amica di Goodnewsforpets di Goodnewsforpets, una rinomata autrice, addestratrice di cani, volontaria di un rifugio e adottatrice seriale di cani, di condividere i suoi pensieri sinceri e modi per aiutare in questo post sul blog degli ospiti - Lea-Ann Germinder, Editor + Editore. Sei un amante degli animali che ama scorrere siti come Pet Finder e The Dodo? Hai una lista, come me, dei futuri nomi di animali domestici sul tuo comodino? Sei un cane, un gatto o un animale domestico certificabile?
Ebbene, prima di chiudere a chiave le porte per tutta la durata, c'è un settore in crescita della nostra popolazione che ha un disperato bisogno di aiuto: gli animali da compagnia che ora sono lasciati in numero crescente nei rifugi per animali in tutto il mondo. Mentre diversi fattori contribuiscono alla causa - arresti forzati, persone - dal personale, ai volontari ai potenziali adottanti, l'improvviso squilibrio tra gli animali abbandonati e le case per prendersi cura di loro è sconcertante. Per non parlare del crescente numero di arresti del proprietario dovuti in gran parte alla disinformazione tra il virus e la capacità dei nostri animali di trasmetterlo. Il Center for Disease and Control (il C.D.C.) rassicura che gli animali domestici non mostrano alcuna prova di essere in grado di diffondere COVID-19; tuttavia, i numeri aumentano.
Con donazioni a tutti gli enti di beneficenza in declino e gli animali domestici che non sono in grado di sfuggire ai propri confini per partecipare alle adozioni o godersi le uscite a causa dell'attuale crisi sanitaria, questi esseri senzienti avranno meno sostenitori. & Nbsp; & nbsp;
Qui è dove puoi aiutare a essere parte di una soluzione!
Dona piccole cose & nbsp; I rifugi in tutto il mondo hanno un disperato bisogno di tutto; I piccoli gesti contano. Considera l'idea di lasciare cibo, giocattoli, coperte o prodotti per la pulizia. Se non ti senti a tuo agio o non puoi uscire di casa a causa delle attuali linee guida, fai una donazione online in modo che il rifugio possa acquistare ciò di cui ha bisogno. & Nbsp;
Prendi in considerazione l'affidamento & nbsp; In qualità di genitore di animali domestici, accetti di ospitare e nutrire un animale da ricovero per un determinato periodo o fino a quando qualcun altro non adotta l'animale. Il rifugio generalmente assorbe le spese mediche e il cibo viene fornito o deducibile dalle tasse. In qualità di genitore adottivo, sei responsabile delle interazioni quotidiane come l'alimentazione, il vasino e il gioco. Se decidi di allevare un animale domestico e, nel farlo, ti innamori del tuo piccolo orfano, l'adozione è spesso facile da organizzare.
Scegli di adottare & nbsp; Se stai pensando di diventare un genitore di animali domestici e sei disposto ad andare in un rifugio, ci sono molti animali amorevoli alla disperata ricerca di una casa. E i rifugi per animali non sono solo per cani! Puoi trovare tutti i tipi di animali domestici nel tuo rifugio locale, da cani e gatti a uccelli, porcellini d'India e conigli. Alcuni rifugi si prendono cura anche degli uccelli senzatetto. Chiama il tuo rifugio per scoprire cosa ti aspetta. & Nbsp; & nbsp;
Se stai aspettando i mesi più caldi per adottare un animale domestico o che il mondo si raddrizzi di nuovo, fermati a riconsiderare. Ci sono così tanti animali domestici amorevoli e bisognosi nei rifugi in tutto il mondo; tante anime riconoscenti che altrimenti andrebbero perse per sempre. Adotta ora: potrebbe essere il momento migliore in assoluto. & Nbsp; & nbsp;
Supervisionare gli animali domestici intatti. & Nbsp; Con la diffusione radicale del COVID-19, il governo chiede ai veterinari di ritardare i controlli sanitari di routine e interrompere gli interventi chirurgici facoltativi se non ritenuto necessario dal punto di vista medico. Oltre a proteggere i medici e il personale, alla loro comunità viene chiesto di donare e conservare forniture, come dispositivi di protezione individuale (DPI) e ventilatori, alla medicina umana. L'AVMA sta sviluppando linee guida che vengono aggiornate continuamente sul proprio sito.
Ecco come puoi aiutare i rifugi se il tuo animale domestico è intatto. Tieni tutti gli animali domestici intatti sotto supervisione per evitare accoppiamenti accidentali. Quando il divieto viene revocato, pianifica la riparazione del tuo animale domestico. Se il denaro è un problema, contatta il tuo centro di accoglienza locale per trovare cliniche a basso costo nella tua zona. & Nbsp;
Questi sono tempi duri per tutti noi. Mentre la nostra salute dovrebbe essere la nostra preoccupazione numero uno, molti di noi possono diventare un po 'pazzi e avere difficoltà a cercare di rimanere produttivi; perché non trascorrere il necessario isolamento con alcuni compagni a quattro zampe? La gratitudine e il dono si presentano in molte forme: se sei un amante degli animali, forse puoi considerare di aprire le tue porte in questo momento di bisogno.
Sarah Hodgson di Sarah Says Pets sta reinventando il modo in cui viviamo con i nostri animali domestici. Un rinomato autore di oltre dodici manuali di addestramento per cani tra cui "Puppies for Dummies, 4a ed." (Wiley and Sons Press, 2019), "Modern Dog Parenting" (St. Martin’s Press, novembre 2016), Sarah Hodgson è anche una rinomata addestratrice di animali domestici e consulente comportamentale per famiglie amanti degli animali domestici. & Nbsp; Visita Sarah Says Pets per ulteriori informazioni.
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Milano, migrante dorme in strada con sei figli da 3 a 11 anni: soccorsa dai volontari che seguono i senzatetto
«La donna, di origini somale, era arrivata con i bambini dalla Norvegia tre giorni fa e si era accampata in piazzale Maciachini. "Ha chiesto il permesso di soggiorno ma non voleva chiedere aiuto per paura di essere separata dai figli"»
Nessun timore, nessuno le porterà via i figli: non è italiana e il fatto non è accaduto a Bibbiano.
#italia#immigrazione irregolare#immigrati irregolari#bibbiano#ricordatevi di bibbiano#scandalo di bibbiano
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via dagospia
Se non muori per coronavirus, muori di fame – Avvisate Conte su come negli USA, Yahoo.com racconta l'Italia: un paese di “nuovi poveri” che per sopravvivere si mettono in fila per ricevere pasta e scatolette dalle organizzazioni benefiche - 11,5 milioni di italiani, metà della forza lavoro ufficiale, hanno smesso di percepire entrate: operai, persone che lavoravano in nero, autonomi, giovani professionisti - “Prima facevo la volontaria per i senzatetto, e adesso sono io a chiedere aiuto. Ti toglie la dignità…”
Con una classe di nuovi aristocratici: i dipendenti delle PA ed i pensionati.
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RIFLESSIONI SULLA SOLIDARIETÀ: DUE PUNTI DI VISTA
L’Europa che ci piace: l’UE funziona solo se è solidale. Parola di volontario europeo
Vito Poredoš
La “solidarietà” è una parola che sentiamo spesso di questi tempi. è una delle prime reazioni dopo che qualcosa di terribile accade. Pensiamo ad un disastro naturale oppure ad una catastrofe come la distruzione di un paese. In ogni caso, le persone che soffrono diventano incredibilmente dipendenti dall’aiuto degli altri. In questi giorni, quando sentiamo le notizie su ciò che sta succedendo a causa della crisi, fino a poco fa impensabili nel mondo, abbiamo l’occasione di vedere il meglio, ma anche il peggio dell’uomo: lo stoccaggio di beni essenziali, i furti di attrezzatura sanitaria, l’egoismo… Al di là della tristezza per questi episodi, si riesce a comprendere tali comportamenti perché in caso di pericolo il nostro corpo attiva istinti naturali del tipo “si salvi chi può”. Ma quando questi modelli di comportamento si spostano a livello nazionale o internazionale e quando gli Stati si comportano nella stessa maniera, c’è davvero ragione di preoccuparsi. I primi stati membri dell’odierna Unione Europea volevano assicurare la pace nel Vecchio Continente e dopo due terribili guerre crearono un’unione che si fonda sul mercato unico, sulla comprensione e sulla vicinanza tra culture diverse. Dobbiamo tenere presente che la creazione di questa formazione politica, con le sue istituzioni e le sue regole, è stata un lungo processo, cominciato negli anni Quaranta e basato sempre sul consenso totale. Quindi ogni trattato che viene implementato deve avere il sostegno di tutti gli Stati membri. E dobbiamo ricordarci che viviamo in democrazia, dove ogni voce – per fortuna o purtroppo – conta. Il Trattato di Lisbona del 2007 ha instaurato la solidarietà come uno dei principi fondamentali che regolano i rapporti nell’Unione. Una sua clausola dispone che gli Stati membri agiscano insieme, “in uno spirito di solidarietà”, quando uno Stato membro in difficoltà chiede assistenza. In particolare, l’UE utilizza tutti i mezzi di cui dispone per prestare assistenza allo Stato che l’ha richiesta. Le modalità di attuazione della clausola di solidarietà sono decise dal Consiglio dell’Unione Europea a maggioranza. Ma la solidarietà, non va data per scontata. La si deve anche imparare già da piccoli, insieme all’empatia e alla comprensione degli altri. Una delle cose che ci porta fuori dal nostro paese e dall’orizzonte limitato è la conoscenza delle lingue e delle culture straniere. Dobbiamo ammettere che l’UE ha fatto grandi passi in questa direzione, ad esempio con il progetto Erasmus oppure con i servizi volontari. Uno dei progetti che ha avuto un grande effetto sulla vita sociale è stato il Servizio Volontario Europeo, fondato nel 1998, nel frattempo sostituito da un altro progetto, il Corpo europeo di solidarietà. Gli scopi di tale programma sono sviluppare la solidarietà, promuovere la tolleranza, rafforzare la coesione sociale all’interno dell’Unione, migliorare la comprensione e migliorare le competenze dei giovani in modo che possano accedere più facilmente al mercato del lavoro. In vent’anni circa, 20mila volontari e volontarie tra i diciassette e i trent’anni d’età hanno partecipato a questo progetto e hanno avuto la possibilità di viaggiare, vivere in un altro paese, ricevere un piccolo contributo ed essere assicurati in caso di malattia. Ma soprattutto hanno avuto la possibilità di fare conoscenze e di lavorare in un nuovo ambito. Dopo il termine del progetto, il bilancio ha mostrato che gli effetti più importanti per i giovani di tutta Europa sono il perfezionamento della conoscenza delle lingue straniere, il miglioramento della competenza interculturale, la consapevolezza che i volontari hanno arricchito le comunità locali e che il volontariato ha aumentato la consapevolezza dei valori europei. Ingredienti fondamentali per creare una vera solidarietà europea, che non rimane sulla carta per poi essere dimenticata quando emerge una crisi. Il progetto che porta avanti il servizio volontario oggi si chiama Corpo Europeo di Solidarietà e dispone di un budget di 375,6 milioni euro per il periodo 2018-2020. Dal 2016 fino a oggi più di 30mila giovani volontari hanno intrapreso il proprio servizio. I paesi che in questi anni hanno accettato più volontari e sono stati più attivi in quest’ambito sono Italia, Spagna, Romania e Polonia. Cosa fanno questi giovani in giro per l’Europa? Lavorano ad esempio nell’Italia centrale, dove aiutano a ricostruire i paesi colpiti dal terremoto; in Grecia danno aiuto e lezioni ai migranti fuggiti dalla guerra; in altri paesi assistono persone disabili e svolgono aattività che sostengono le comunità locali. Per i prossimi anni la Commissione Europea vorrebbe destinare ancora più soldi a questo progetto, complessivamente 1,26 miliardi di euro per dare la possibilità a 350mila giovani di tutta Europa di partecipare a questo progetto comune. Non è tutto oro quel che luccica, soprattutto stando al numero dei giovani che si sono registrati, ma che non sono stati necessariamente accettati nel Corpo Europeo di Solidarietà. La maggior parte delle registrazioni, dal 2016 in poi, proviene da paesi come la Turchia, la Spagna e l’Italia. Se pensiamo agli eventi accaduti in Turchia nel 2016, quando tantissime persone sono state arrestate e accusate di partecipare a un presunto colpo di stato contro il regime di Erdogan, e al peggioramento della situazione politica ed economica da allora in poi, dobbiamo prendere in considerazione che i motivi per cui si partecipa a progetti di volontariato deriva forse anche dalla possibilità di allontanarsi da situazioni difficili nel paese di origine. Frequenti anche le registrazioni provenienti da paesi europei meridionali e orientali, nei quali i giovani non trovano facilmente lavoro. Al di là delle speculazioni, la solidarietà in ogni caso è una cosa reciproca e viene in aiuto quando le istituzioni non possono oppure non vogliono fare niente per chi ha bisogno di aiuto o chi ha buone idee per migliorare il mondo. Perciò, nonostante le politiche sbagliate di alcuni paesi in questo momento, la traccia segnata con i progetti come quello del Corpo Europeo di Solidarietà rimane giusta e ci porta verso l’Europa in cui vogliamo vivere.
Ma cosa è davvero la solidarietà? Una volontaria europea cerca di definire l’atto dell’aiuto
Barbara Sanieres
Le riflessioni del mio collega di volontariato Vito riflettono una visione ottimistica sul tema della solidarietà. Quello che scriverò io, invece, potrebbe suonare più critico e cinico. Vorrei iniziare parlando del termine “solidarietà”. Quando mi sono resa conto di non essere in grado di definirlo, ho cercato la sua definizione sul dizionario: “Rapporto di fratellanza e di reciproco sostegno che collega le singole componenti di una collettività nel sentimento, appunto, di questa loro appartenenza a una società medesima e nella coscienza dei comuni interessi e delle comuni finalità” (Treccani). Le parti di questa definizione che hanno innescato in me una riflessione sono “il sentimento di appartenenza” e la “coscienza dei comuni interessi”. Mi sembra di capire che la solidarietà non sia un concetto universale, ma relativo, a seconda della persona. Infatti, ognuno e ognuna definisce la propria appartenenza ad una categoria in maniera diversa: sono umana, francese, italiana, europea, volontaria, giovane, laureata…? Secondo me, definire un’appartenza vuol dire escluderne altre. Infatti, per esistere, ogni persona ha bisogno di sapere a quale gruppo appartiene, ma soprattutto a quale gruppo non appartiene. Cioè, per definire la nostra identità abbiamo bisogno di un “Altro” o “Altra”, che ci permetta di rivelarci: sono francese perché non sono inglese, sono giovane perché non sono vecchia��� L’uno deve escludere l’altro. Ovviamente le nostre identità sono complesse e composte da diverse categorie, ma ogni categoria ha il suo contrario. Questa premessa mi sembrava importante perché “solidarietà” è un termine che utilizziamo molto, senza veramente sapere cosa significhi. Secondo me, fa parte delle cosidette “parole ombrello”, cioè delle parole conosciute da tutti, ma che abbiamo difficolta a definire. Questo provoca un problema, ossia che la parola diventa facilmente utilizzata in retorica perché nessuno sa definirla molto bene e quindi la sua sostanza resta sfumata. Dopo essermi soffermata sulla forma, vorrei affrontare il cuore dell’argomento. Vito ha menzionato il legame tra crisi e solidarietà e questo mi sembra essere un potente rivelatore, che pone l’accento sulla mia difficoltà con tale parola. L’esistenza stessa della parola “solidarietà” significa, per me, che non si tratta di un atto “naturale”, quotidiano, bensì di un’azione che prevede uno sforzo. Mi sembra più o meno di ritrovare la stessa dialettica dell’aiutare: una persona che prende la sua energia, il suo tempo, la sua voglia eccetera per dare una mano ad un’altra persona. Dal punto di vista grammaticale, tra le due parti coinvolte nel rapporto della solidarietà o dell’aiuto, l’accento è sulla persona che compie l’azione, che è solidale: “Sam ha aiutato…” nella forma diretta; “Sam è stato aiutato da…” nella forma passiva. Non esiste neanche una parola per rappresentare la persona che riceve solidarietà. Da questa relazione deriva una forma di gerarchia. Le due parti non sono uguali perché tra le due nasce un “dovere” sociale di gratitudine della persona aiutata nei confronti della persona che aiuta. Ma anche una forma di decisione: chi aiuta lo fa attraverso i suoi occhiali, attraverso quello che trova giusto. Tanto per fare un esempio, è meglio dare una moneta o comprare cibo ad una persona senzatetto? In altre parole, se diamo un valore ai comportamenti di solidarietà mettendoli in luce, significa che si tratta di cose fatte “in più”, e che quindi le persone fanno uno “sforzo” – che non intendo in senso negativo -. Perché non è semplicimente naturale fare tutte queste cose? Perché non diamo una moneta ad una persona senzatetto che incontriamo? Perché non compriamo produzioni locali, invece di arrichire le grandi multinazionali? Perché non doniamo un po’ del nostro tempo ad un’associazione ? Perché rifiutiamo di accogliere persone bisognose? Io ritengo che tutte queste azioni rappresentino forme di solidarietà. C’è una sorta di tacita gerarchia tra i diversi modi di essere solidale. Prendiamo l’esempio del coronavirus: decidere di fare la spesa per le persone anziane o con disabilità, prestare le camere del proprio albergo per le infermiere e gli infermieri che devono lavorare lontano da casa… Sono tutte cose dovute e di forte impatto sociale. Ma chi è solidale verso i lavoratori e le lavoratrici in nero, che non hanno più niente per vivere ? Chi è solidale verso i prigionieri che vivono nella paura della contaminazione perché non riescono a rispettare la distanza di sicurezza di un metro? Sono solo alcuni esempi che, secondo me, mostrano che la solidarietà non è solo un bel valore ma che nasconde anche delle dinamiche sociali. Semplicimente perché non abbiamo abbastanza soldi, energia, voglia per essere solidali verso tutte le cause, dobbiamo scegliere. Ma mi sembra che questa scelta si appoggi su una costruzione sociale già disuguale. Alla fine credo che, se il senso di solidarietà non è così “naturale” per le persone, è semplicimente perché non viviamo in un mondo in cui questa è uno dei valori principali. Anzi, il capitalismo, il liberismo ci insegnano ad essere persone individualiste. Tutta la nostra vita è una lotta perpetua per essere migliori degli altri, avere uno stipendo più alto, una casa più grande, un lavoro con più vantaggi, dei bambini di cui andare orgogliosi… Come potremmo essere in grado di passare dall’individualismo nel quale nuotiamo ogni secondo della nostra vita, ad una forma di solidarietà disinteressata, altruista e giusta? Per me la risposta è semplice: non si può fare. La solidarietà ci permette di valorizzare una parte della nostra personalità, del nostro impegno a livello sociale. Per questo, non tutti gli atti di solidarietà hanno lo stesso valore: i prigionieri e le prigioniere, i lavoratori e le lavoratrici illegali sono già invisibili nella nostra società. Quindi, se vogliamo davvero essere solidali, forse dovremmo pensare a ricostruire un mondo più colletivo, più giusto, nel quale l’umano avrà più importanza dell’economia. Prima di concludere, vorrei chiarire che riconosco l’aspetto positivo della solidarietà e delle azioni fatte finora. Ciononostante, voglio proporre una riflessione sulle modalità di attuazione di questa solidarietà. Anche perché, mi sembra che le cittadine e i cittadini abbiano il compito di alleviare le mancanze dello Stato che dovrebbe proteggerci. E questo non è altro che l’origine del “contratto sociale” di Hobbes: rinunciamo ad alcune libertà individuali per costruire lo Stato che dovrebbe proteggerci (a volte da noi stessi).
#europeansolidaritycorps#esc#corpoeuropeodisolidarietà#solidarietà#solidarity#buildingbridgesjumpingwalls#costruirepontiscavalcaremuri
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EPISODIO 8
Rebecca Nora Bunch: Ho preso la maglietta e l'ho annusata. Ma non l'ho solo annusata, ci ho immerso tutta la faccia.
Rebecca Nora Bunch: Per me inizia con affetto e intimità. Poi, appena ricevo un chicco d'amore, li chiamo così, e subito dopo compro un costume da cespuglio e impicco l'orsetto di qualcuno con una cintura nell'armadio. Dr. Daniel Shin: Cosa?! Rebecca Nora Bunch: Ne parliamo più tardi. Il punto è che sono preoccupata di quanto sia presa da questo tipo. E' un male? E' un male?! Mi dica di no! E' così bello, ma è un male?
Paula Proctor: Wow! Darryl. Devo dirlo, sono fiera di te. Pensavo che dopo la rottura saresti annegato nelle tue lacrime, ma stai andando avanti tutto da solo. Darryl Whitefeather: E' proprio questo il problema. Sto scegliendo il futuro di questo bimbo e dipende tutto da me. Se scegliessi la persona sbagliata? Se incasinassi tutto? Paula Proctor: Sto cercando di non immischiarmi troppo nella vita delle altre persone, ma vedo che ti serve aiuto. E poi il catalogo della spesa e giudicare le persone, sono due delle mie specialità!
Paula Proctor: Si ok, avrà un solo genitore, ma è quello giusto. Darryl Whitefeather: Pensi che sia un buon genitore? Paula Proctor: Proprio così. Sai cos'ho pensato la prima volta che ti ho visto con Madison? "Oh, ecco in cosa è bravo!"
Rebecca Nora Bunch: Stavo immaginando un piccolo Nathaniel gironzolare intorno, con un piccolo papillon e le calze al ginocchio come il principe George. Nathaniel Plimpton: Ok, non andava così male.
Nathaniel Plimpton: Il nostro legame consiste principalmente in lui che mi fulmina con lo sguardo e io che mi nascondo. A volte vorrei che fossimo più legati. Capisci? O almeno un po'. O che almeno ci conoscessimo.
Rebecca Nora Bunch: Dovrebbe sapere quanto sei dolce. Nathaniel Plimpton: Lo sono? Rebecca Nora Bunch: Si! Nathaniel Plimpton: E' incredibile che pensi una cosa del genere.
Paula Proctor: Laureata, non fuma ed è mancina. Significa che è creativa. Alla voce "hobby" è l'unica che non abbia scritto "spiaggia" o "cane" o "andare in spiaggia col mio cane".
Rebecca Nora Bunch: Non lavoro più qui e adesso non posso affrontare la gente che dirà "Oh, come stai?! Ti senti meglio?" e "Sono contenta che non sei morta" o "Se eri così depressa, perché non hai perso peso?" George: Non credo che qualcuno lo direbbe. Mi piace il tuo corpo molto normale. Penso sia audace.
Rebecca Nora Bunch: Deve sapere quanto Nathaniel sia meraviglioso, dolce e premuroso. George: Il mio Nathaniel?! Rebecca Nora Bunch: Certo, il nostro Nathaniel!!! Per esempio, si assicura sempre che io sia soddisfatta. Se capisci cosa intendo. E suo padre deve sapere queste cose! George: Ok sì, non penso sia una buona id... Rebecca Nora Bunch: Stai zitto! Scusa, sono stata cattiva. Stai zitto.
Lana: Secondo me, tutta questa storia sembra molto da "O". Rebecca Nora Bunch: "O"? Oh no, Lana, non è una Ossessione. Bert: Sono d'accordo con L. Sembra molto una "O", B.T.O. Rebecca Nora Bunch: Possiamo usare delle parole vere? Chiedo troppo? Bert: Ascolta, Rebecca, so quanto sia facile diventare ossessivi. Anche io mi faccio coinvolgere molto. Mi fisso in modo maniacale con le cose. Ecco perché pensavano che fossi paranoico e schizofrenico, ma ovviamente sbagliavano! Sono borderline!
Dr. Daniel Shin: Fare delle cose carine, va bene. Sovraccaricarsi nell'idealizzare qualcuno, beh vorrei che controllassi questa cosa.
Rebecca Nora Bunch: Sei il mio autista, il mio complice, co-conspiratore e amico per la prevenzione del suicidio. Cosa ti sfugge di questa relazione?
456H76: Ti ho vista mentre ti aggiravi per il parco nell'ultima ora. Sono lusingata, ma mi interessano gli uomini. Scusa.
Rebecca Nora Bunch: Oh mio Dio. Cioè, questo è... Ho appena scoperto anni di segreti di famiglia, e rabbia repressa, e segreti. Ho detto segreti? Penso di aver detto segreti. Cioè questo è molto meglio dei chicchi d'amore che avrei cercato di spremere dal suo arido padre. Questo è molto meglio! Gli ho trovato una brava, succulenta, bellissima sorellina! Oh, sono fantastica! George: Io... Io non penso che tu la stia vedendo come la vedranno tutti gli altri.
Rebecca Nora Bunch: Sei così carino quando fai così. Nathaniel Plimpton: Quando mangio? Rebecca Nora Bunch: Sì!
Paula Proctor: Mi stai ricattando? E sei una fumatrice??? 456H76: Già. Paula Proctor: Ma il tuo profilo diceva di no. 456H76: Già. Paula Proctor: Oddio, sei una persona orribile. Non posso credere di averti scelta da un catalogo! Se fossi un maglione, ti rispedirei indietro. O ti terrei nell'armadio per sei mesi con l'intenzione di rispedirti.
George: Mi ha costretto a farlo. Ho provato a fermarla, ma non ci sono riuscito. E' colpa di Rebecca. E' un treno da cui non puoi scendere e tu cerchi di frenare, ma in un attimo stai mettendo ancora più carbone nel motore. Non so come funzionino i treni...
Lourdes Chan: Ooooh, ce l'hai fatta tesoro! Non ti senti molto meglio?! Joshua Felix Chan: No, mi sento malissimo. Ultimamente sei molto cattiva. Lourdes Chan: Joshy, seriamente, cosa sta succedendo? Joshua Felix Chan: Non lo so. Prima sentivo di sapere cosa avrei fatto nella vita, chi sarei diventato.
Joshua Felix Chan: Non mi ci rivedo più. Non voglio più quelle cose. Lourdes Chan: Lo so, crescere è difficile.
Joshua Felix Chan: Lei mi ha cambiato. Mi ha fatto capire che la mia vita poteva essere diversa, che ero speciale. Oh mio Dio, mi ha rovinato. Ho sempre vissuto in infradito e lei mi ha fatto desiderare le scarpe chiuse. Non posso tornare alla mia vecchia vita! Devo farmene una nuova!!! Mamma!!! Lourdes Chan: Oh, scusa. Questi non sono veri problemi.
Paula Proctor: Non posso credere di averlo fatto. Oh Dio, sono fuori allenamento. Troppo negligente. Darryl Whitefeather: Quindi non è successo niente? Nessun bambino? Paula Proctor: Oh no, tesoro. Non questa volta. Ma questa è una cosa positiva, giuro. La prossima volta troveremo una ragazza migliore. Darryl Whitefeather: Già. Ok, tra un anno. Paula Proctor: Un anno? Darryl Whitefeather: Paula, sono davvero costosi quei huevos. Posso permettermelo solo una volta all'anno. Paula Proctor: Oh mio Dio. Mi dispiace così tanto. Devo smetterla di intromettermi nelle vite degli altri. Lo faccio sia quando sono triste che felice e in entrambi i casi non funziona. Mai.
Rebecca Nora Bunch: Allora, hai detto che volevi parlare, ma non hai detto niente. Nathaniel Plimpton: Sto ancora elaborando. Rebecca Nora Bunch: Ok. Ok, è una cosa sana.
Nathaniel Plimpton: Il fatto è che io e te siamo molto diversi. Ma è una delle cose che mi piacciono di te. E mi sento più vicino a te che a chiunque altro. Mi fai sentire come se potessi essere una persona diversa, una persona che esprime i propri sentimenti e piange al cinema e guarda i senzatetto negli occhi.
Rebecca Nora Bunch: Dunque, l'ho fatta franca! Pessima scelta di parole. Abbiamo chiarito. Ok ho capito, quello che ho fatto non è stata una buona idea, ma è stata dettata dall'intimità e dall'affetto! Non dall'ossessione! No, il mio è stato un gesto altruista e gentile. Troppo gentile. Dr. Daniel Shin: Rebecca... Rebecca Nora Bunch: Mi piace questo ragazzo, ok? Mi piace molto! Mi piace davvero tanto e voglio stare con lui! Non posso avere legami a causa del disturbo borderline della personalità? E' questo che intende? Dr. Daniel Shin: Assolutamente no! Ma non ti sembra di star ripetendo alcuni vecchi schemi?
Rebecca Nora Bunch: Voglio rendere Nathaniel una persona migliore, renderlo sempre felice, sapere tutto di lui e conoscere ogni persona della sua vita e voglio provare quella sensazione che si prova quando conosci davvero qualcuno e sembra che ci sia un'esplosione di brillantini dentro di te! Oh!!! Oh...
Joshua Felix Chan: Prima d'incontrarti, non avevo chissà quali aspettative per me stesso. Ma tu mi hai reso libero. Qualsiasi cosa mi riservi il futuro è diversa da quello che avevo programmato e... E' tutto merito tuo.
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SEMPRE PIÙ MURI DELLA GENTILEZZA NEL MONDO
Si chiamano "walls of kindness" ovvero "muri della gentilezza" e rispondono allo slogan: "Prendi un cappotto se hai freddo. Lascia un cappotto se non lo usi più".
Sono muri qualsiasi lungo le strade del mondo, dove è possibile lasciare in dono per i più bisognosi un capo di abbigliamento, come giacche, cappelli e sciarpe. L'iniziativa è nata in Iran nel 2015 nella città di Mashad, dove per la prima volta alcuni ragazzi hanno maturato l'idea di donare senza essere visti e di farlo attraverso attraverso un muro: un nuovo mezzo per diffondere la gentilezza. Questa iniziativa solidale si sta diffondendo sempre di più in diverse città, dal Medio Oriente alla Nuova Zelanda. A Uppsala, in Svezia, è stata voluta da un'agenzia immobiliare che nel centro città ha allestito un cubo-muro munito di diversi attaccapanni.
Nel 2016 è arrivato anche in Italia il muro solidale, grazie ai ragazzi del liceo Marymount e degli scout all'interno della sede dell'AMA di Roma. Il muro come simbolo di solidarietà e aiuto reciproco è anche apparso a Monza e a Cerreto Sannita (Benevento) grazie all'iniziativa della Caritas e della Diocesi che hanno voluto l'iniziativa non solo a sostegno dei molti senzatetto, ma anche delle molte famiglie meno abbienti della città.
Fonte: Today - 1 febbraio 2019
Volonwrite per Mezzopieno
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Più gatti, più belli: la nuova vita di Rosanna Lambertucci. «Mi sono innamorata dei felini, ora aiuto i più sfortunati»
Più gatti, più belli: la nuova vita di Rosanna Lambertucci. «Mi sono innamorata dei felini, ora aiuto i più sfortunati»
L’autrice si imbatte casualmente a fine lockdown in una famiglia di mici senzatetto e affamati e inizia ad occuparsene. I due che sono sopravvissuti ora vivono con lei. «E la mia vita ruota attorno a loro» source
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ho lottato così tanto per far capire ai miei genitori che io non stessi realmente bene mentalmente, e più si avvicina il giorno della visita al centro distrurbi alimentari più la mia voglia di disdirla si accentua.
ce la posso fare da sola. Mi continuo a dire che ce la posso fare.
come sono arrivata così in basso, come?
È da giorni che dopo cena guardo i ristoranti di dolci su just eat con l'intenzione di ordinarne uno, ma non lo faccio mai, e mi ripeto sempre magari domani.
Però più si avvicina quel giorno sempre meno mangio, perché penso di non essere abbastanza magra per meritare aiuto.
E allora penso magari se la disdicessi prenderei coraggio a riniziare a mangiare.
E poi penso che mi sto fottendo da sola, perché una sera potrei anche mangiare quel dolce che tanto vorrei ma la mia mente non cambierà da sola da un giorno all'altro.
io vorrei guarire..ma in questo dolore ci ho costruito casa,una casa isolata dal resto dei cittadini. E mi ritrovo a pensare che senza questo dolore, rimarrei anche una senzatetto.
e quindi? Rimango qui le ore a fissare il muro pensando a cosa fare
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