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Fragilità e non autosufficienza negli over 65: l'approccio del Fasi
Un focus sull’importanza del sostegno agli anziani e sul modello di assistenza promosso dal Fasi.
Un focus sull’importanza del sostegno agli anziani e sul modello di assistenza promosso dal Fasi. Fragilità e non autosufficienza: un tema centrale per la società moderna Con l’aumento dell’aspettativa di vita, la fragilità e la non autosufficienza negli over 65 rappresentano una delle principali sfide per il sistema sanitario e sociale. Il Fasi (Fondo Assistenza Sanitaria Integrativa) ha…
#accesso risorse sanitarie#Alessandria today#anziani autosufficienti#anziani e benessere#anziani fragili#approccio integrato#assistenza anziani#assistenza domiciliare#assistenza integrata#assistenza personalizzata#assistenza sanitaria integrativa#autonomia anziani#Cure domiciliari#Fasi#Fasi over 65#fondi per la salute#fondi sanitari#formazione caregiver#fragilità over 65#gestione fragilità#gestione malattie croniche#Google News#innovazione sanitaria#integrazione servizi sanitari#intervento multidisciplinare#italianewsmedia.com#modelli di assistenza#modelli sanitari innovativi#non autosufficienza anziani#Pier Carlo Lava
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Come Creare un Fondo di Emergenza
Guida Completa per Gestire le Spese Impreviste
Le spese impreviste, come riparazioni d’urgenza, emergenze sanitarie o la perdita del lavoro, possono colpire duramente la tua stabilità finanziaria. Tuttavia, c'è un modo efficace per affrontare queste situazioni senza accumulare debiti o ricorrere a prestiti: creare un fondo di emergenza. Ecco come fare.
Cos’è un Fondo di Riserva per gli Imprevisti?
Un fondo di emergenza è un conto di risparmio dedicato esclusivamente alle situazioni eccezionali, creato per affrontare spese impreviste senza compromettere la stabilità delle finanze personali.
Perché Creare un Fondo di Emergenza?
Un fondo di emergenza offre una "rete di sicurezza" che consente di affrontare situazioni di emergenza come:
Spese mediche non programmate
Riparazioni urgenti dell'auto o della casa
Perdita del lavoro
Malattia prolungata o necessità di assistenza a un familiare
Con un fondo di emergenza, non solo si riduce la necessità di chiedere prestiti, ma si evita anche di mettere a rischio le spese quotidiane e i risparmi destinati ad altri obiettivi finanziari.
Fondi di Emergenza: Quando e Dove Iniziare a Risparmiare?
Quando Creare un Fondo di Emergenza?
Il momento ideale per iniziare è il prima possibile. L’obiettivo è avere un fondo di riserva che copra almeno alcune spese essenziali, anche se si parte con piccole cifre.
Inizia appena possibile: anche un risparmio minimo aiuterà a costruire una base che cresce nel tempo.
Priorità alle spese essenziali: prima di tutto, assicurati di poter coprire le tue spese primarie (bollette, affitto, cibo). Una volta stabilizzato il bilancio, destinare una piccola cifra mensile a un fondo di emergenza diventa più sostenibile.
Dove Creare un Fondo di Emergenza?
Apri un conto di risparmio separato dal conto corrente principale, così da evitare la tentazione di utilizzare questi fondi per spese non essenziali. Ecco alcune opzioni:
Conti di risparmio a rapido accesso: molti istituti bancari offrono conti di risparmio che consentono di prelevare denaro rapidamente in caso di emergenza.
Conti vincolati: alcuni risparmiatori preferiscono conti con piccole restrizioni per ridurre la tentazione di prelievi. Assicurati però che siano accessibili in caso di necessità.
Quanto Versare su un Fondo di Emergenza?
La quantità da risparmiare dipende da diversi fattori, tra cui il proprio stile di vita e le entrate mensili. Non esiste una “ricetta perfetta”, ma è possibile seguire alcune linee guida per stabilire un obiettivo realistico.
1. Stabilisci un Obiettivo Realistico
La maggior parte degli esperti consiglia di accumulare risorse sufficienti per coprire dalle tre alle sei mensilità di spese. La scelta tra risparmiare per tre o sei mesi dipende dalla stabilità delle tue entrate:
Per chi ha un reddito stabile (ad esempio, un lavoratore dipendente con contratto a tempo indeterminato), può essere sufficiente puntare a tre mesi di spese coperte.
Per i liberi professionisti o lavoratori precari, invece, è consigliabile accumulare sei mesi di spese per garantire maggiore sicurezza in caso di imprevisti.
2. Valuta le Tue Abitudini
Per calcolare un importo realistico, tieni traccia delle tue spese mensili, distinguendo tra quelle fisse e variabili:
Spese fisse: bollette, affitto, mutuo, trasporti, alimentari
Spese variabili: pasti fuori, svaghi, abbonamenti
In una situazione di emergenza, puoi identificare le spese variabili da ridurre temporaneamente, calcolando così un fondo di emergenza adatto al tuo stile di vita.
3. Sfrutta le Entrate Extra
Bonus, tredicesima, rimborsi o entrate occasionali sono un’ottima fonte per alimentare il fondo di emergenza senza influire sul bilancio mensile. Risparmiando una parte di queste entrate, puoi incrementare il fondo in modo più rapido.
4. Imposta un Contributo Mensile Automatico
Per mantenere costante il tuo impegno, imposta un bonifico automatico mensile dal conto corrente principale a quello dedicato al fondo di emergenza. Questo aiuta a ridurre la tentazione di spendere i soldi destinati agli imprevisti e garantisce costanza nella crescita del fondo.
5. Aggiorna il Fondo Periodicamente
Le tue esigenze potrebbero cambiare nel tempo. Rivedi regolarmente il fondo di emergenza per assicurarti che sia adeguato alla tua situazione finanziaria e agli eventuali cambiamenti di spesa.
Procedi per Step Graduali
Creare un fondo di emergenza richiede tempo. L’ideale è costruirlo un po’ alla volta, fissando piccoli obiettivi intermedi fino a raggiungere la somma desiderata. Procedendo per step graduali:
Stabilisci obiettivi intermedi: comincia con piccoli obiettivi come risparmiare il primo mese di spese. Ogni traguardo raggiunto ti motiverà a continuare.
Premiati per i successi: concediti una piccola gratificazione ogni volta che raggiungi un obiettivo. Questo ti aiuterà a mantenere la motivazione e a rispettare i tuoi piani.
Conclusione
Creare un fondo di emergenza è una strategia intelligente per affrontare gli imprevisti e mantenere una buona salute finanziaria. Avere un fondo separato, alimentato con costanza e rivisto periodicamente, consente di affrontare serenamente le spese impreviste senza mettere a rischio il budget familiare. Con piccoli passi e costanza, anche un fondo di emergenza può essere costruito in modo solido e duraturo.
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Migliorare l'assistenza sanitaria: formazione medico-chirurgica e ricerca di strutture
I rapidi progressi nella tecnologia medica e la natura dinamica dell'assistenza sanitaria sottolineano la necessit¢ di una formazione completa e di accesso alle strutture giuste. La formazione medico-chirurgica │ un aspetto fondamentale per lo sviluppo di professionisti sanitari competenti, aiutandoli ad affinare le proprie competenze per fornire cure sicure ed efficaci. Oltre alla formazione, un sistema affidabile per la ricerca di strutture sanitarie garantisce che sia i professionisti che i pazienti possano accedere a strutture di prim'ordine per cure specialistiche e procedure avanzate.
Formazione medico-chirurgica: essenziale per cure di qualità
La formazione medico-chirurgica fornisce un ambiente controllato e immersivo in cui medici, infermieri e tecnici chirurgici possono affinare le proprie competenze prima di entrare in contesti ad alto rischio. Questa formazione sottolinea l'importanza di precisione, velocit¢ e sicurezza del paziente. Praticando tecniche chirurgiche, gestendo le emergenze e imparando le ultime innovazioni procedurali, i tirocinanti si preparano per scenari di vita reale. Molte istituzioni sono passate alla formazione basata sulla simulazione, consentendo agli operatori sanitari di esercitare in un ambiente a rischio zero, il che aumenta sia la sicurezza che la competenza.
Oggi i programmi di formazione avanzata incorporano anche tecniche di robotica e chirurgia mininvasiva, riflettendo il panorama mutevole della chirurgia moderna. Imparare a gestire queste innovazioni prepara i tirocinanti a interventi chirurgici pi efficienti e meno invasivi, il che riduce significativamente i tempi di recupero dei pazienti e le potenziali complicazioni.
L'importanza di una ricerca di strutture sanitarie
Con una gamma sempre crescente di strutture sanitarie, trovarne una dotata delle risorse e delle specializzazioni necessarie pu essere una sfida. Una ricerca dedicata di strutture sanitarie consente ai professionisti sanitari e ai pazienti di individuare strutture che soddisfano le loro esigenze specifiche. Questa ricerca pu includere criteri come la disponibilit¢ di attrezzature chirurgiche specializzate, reparti medici specifici e il livello di competenza del personale medico.
Le piattaforme di ricerca online e i database sono strumenti inestimabili a questo proposito. Consentono agli utenti di confrontare le strutture in base a valutazioni, posizioni e tipi di assistenza offerti. Questo processo non solo aiuta i professionisti a trovare luoghi di lavoro ottimali, ma consente anche ai pazienti di fare scelte informate per il loro trattamento.
Conclusione
Affinch← i medici possano fornire cure di alta qualit¢, hanno bisogno di una combinazione di solida formazione chirurgica e facile accesso a strutture sanitarie avanzate. I programmi di formazione che incorporano simulazione, robotica e tecniche minimamente invasive sono essenziali per preparare i professionisti. Nel frattempo, una ricerca semplificata di strutture sanitarie aiuta a identificare le risorse e le competenze giuste. Con aziende come Atlantis SRL, specializzata nell'ottimizzazione di soluzioni sanitarie, sia i programmi di formazione che le ricerche di strutture stanno diventando pi accessibili, consentendo ai professionisti sanitari di servire i pazienti con i pi alti standard di cura.
Per maggiori informazioni:-
Formazione Medico Chirurgica
Ricerca Struttura Sanitaria
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“Paint a Future”: Arte per realizzare i sogni dei bambini svantaggiati
L’arte, potente mezzo di espressione e trasformazione, ha trovato nel progetto “Paint a Future” una nuova missione: aiutare i bambini in difficoltà a realizzare i propri sogni attraverso la creatività. Da alcuni decenni, questa iniziativa ha lavorato in molte aree del mondo per portare speranza e prospettive migliori a bambini piccoli e svantaggiati. Utilizzando l’arte come strumento, “Paint a Future” non solo offre a questi giovani una piattaforma per esprimere i propri sogni, ma trasforma anche le loro idee in opere che sostengono economicamente le comunità di appartenenza. Questo modello innovativo di intervento sociale unisce la passione per l’arte e il desiderio di dare un futuro migliore alle nuove generazioni.
Il processo alla base di “Paint a Future” è unico. I bambini coinvolti nel progetto dipingono i loro sogni, che possono spaziare dalle immagini di un futuro più luminoso, alle loro aspirazioni personali o a semplici momenti di felicità. Partendo da questi disegni pieni di speranza, artisti professionisti – spesso riconosciuti a livello internazionale – prendono ispirazione per creare opere d’arte di maggiori dimensioni e complessità. Le opere così realizzate, pur mantenendo l’essenza originale dei disegni dei bambini, si arricchiscono della visione e della tecnica dell’artista. Questo processo dà vita a un ponte creativo tra l’arte dei bambini e quella degli artisti, creando opere che non solo sono belle, ma anche intrise di significato e speranza.
Queste opere d’arte vengono poi messe in vendita, e i profitti derivanti tornano direttamente alle comunità dei bambini. L’obiettivo è semplice: raccogliere fondi per realizzare i sogni dipinti dai piccoli artisti, come ricevere un’istruzione adeguata, avere accesso a risorse sanitarie o migliorare le loro condizioni di vita. L’arte, in questo contesto, diventa uno strumento di cambiamento concreto, non solo simbolico. I bambini, oltre a esprimersi artisticamente, imparano anche che i loro sogni hanno un valore reale e che possono essere supportati dalla solidarietà e dall’amore per l’arte di altre persone.
Una delle collaborazioni più significative di “Paint a Future” è quella con gli studenti del Rachel’s Learning Centre e della Vittoria International School Turin. Questi istituti, noti per il loro impegno educativo e sociale, hanno integrato il progetto nel percorso formativo degli studenti. In particolare, gli studenti partecipano a questo progetto come parte del loro “Gold Duke of Edinburgh Award”, un riconoscimento che incoraggia i giovani a sviluppare abilità, a dedicarsi ad attività di volontariato e a esplorare nuove esperienze. Grazie a “Paint a Future”, gli studenti hanno la possibilità di essere coinvolti in un’iniziativa artistica e filantropica unica, che dona loro non solo competenze artistiche, ma anche consapevolezza sociale e senso di responsabilità verso gli altri.
L’arte, in questo contesto, diventa quindi un linguaggio universale che accomuna i sogni dei bambini di tutto il mondo con quelli degli studenti coinvolti nel progetto. Gli studenti hanno la possibilità di interagire con i bambini tramite i loro disegni, capire le difficoltà che questi giovani affrontano e impegnarsi in un processo di cambiamento tangibile. Questa esperienza non solo sviluppa le loro capacità artistiche, ma li sensibilizza verso le realtà che altri coetanei vivono, favorendo empatia e solidarietà. L’arte, infatti, si rivela uno strumento formativo potente, capace di insegnare lezioni di vita importanti attraverso la creatività e l’impegno.
Con il supporto di “Paint a Future”, i bambini svantaggiati non sono più semplici spettatori delle proprie difficoltà, ma diventano protagonisti del cambiamento. Grazie alla vendita delle opere d’arte, hanno l’opportunità di migliorare concretamente la loro qualità di vita. Molti dei bambini coinvolti sono riusciti a vedere realizzati sogni che altrimenti sarebbero rimasti inaccessibili, grazie alla connessione tra arte e solidarietà creata dal progetto. Ogni opera d’arte venduta rappresenta, quindi, una nuova speranza, una nuova possibilità per un bambino di immaginare e realizzare un futuro migliore.
Uno degli aspetti più interessanti del progetto è che la responsabilità di realizzare questi sogni viene condivisa anche con gli acquirenti delle opere. Coloro che scelgono di acquistare un dipinto realizzato nell’ambito di “Paint a Future” non stanno solo comprando un’opera d’arte, ma stanno anche diventando parte di un movimento di solidarietà. L’arte, in questo senso, si carica di una funzione ancora più profonda, diventando un mezzo di connessione tra mondi diversi e un modo per trasmettere speranza a chi ne ha più bisogno. Chiunque scelga di acquistare una di queste opere si unisce al sogno di “Paint a Future”, aiutando a concretizzare le aspirazioni di tanti bambini.
Con iniziative come queste, l’arte assume un ruolo fondamentale come motore di trasformazione sociale. Il progetto “Paint a Future” dimostra come la creatività possa non solo arricchire la vita di chi crea, ma anche generare un impatto positivo e reale nella vita di chi ne ha più bisogno. La collaborazione con le scuole come il Rachel’s Learning Centre e la Vittoria International School Turin rappresenta un esempio eccellente di come l’arte possa essere utilizzata per educare le nuove generazioni, promuovere valori di empatia e partecipazione e costruire una società più giusta.
In conclusione, “Paint a Future” è un progetto che ridefinisce l’arte come strumento di speranza e cambiamento. Attraverso i dipinti dei bambini e la collaborazione con artisti e scuole, l’iniziativa porta avanti una missione di solidarietà che permette ai piccoli sognatori di trasformare la propria vita e costruire un futuro migliore. Questa iniziativa ricorda a tutti l’importanza di sognare e di sostenere chi, grazie all’arte, cerca una possibilità di cambiamento.
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Piacenza, nuovo polo ospedaliero di Piacenza: firmato il protocollo per la realizzazione delle infrastrutture viabilistiche
Piacenza, nuovo polo ospedaliero di Piacenza: firmato il protocollo per la realizzazione delle infrastrutture viabilistiche. Accedere in sicurezza, adeguare il sistema della mobilità e la sosta. Sono i punti del protocollo firmato lunedì a Piacenza dal Comune, dalla Provincia e dalla Regione Emilia-Romagna per la realizzazione delle infrastrutture viabilistiche che garantiranno condizioni di accesso più sicure al nuovo Ospedale. La firma è un ulteriore passo avanti verso la realizzazione del polo ospedaliero di Piacenza, attualmente in fase di progettazione. La Regione si impegna a reperire le risorse, nel limite massimo di 17 milioni di euro, necessarie per la realizzazione delle opere viabilistiche, mentre alla Provincia spetta la progettazione e la realizzazione del risezionamento di strada Farnesiana nel tratto di scavalco alla tangenziale di Piacenza e l'attuazione di un percorso ciclopedonale su strada Farnesiana; il Comune progetterà e realizzerà una serie di interventi specifici, in particolare: il risezionamento delle vie Goitre e Bubba e del tratto urbano di strada Farnesiana; una nuova viabilità di collegamento tra via Bubba e strada Farnesiana; percorsi ciclopedonali a nord e sud, nel parco e sulla strada Farnesiana; dune antirumore e barriere acustiche; opere a verde e presidi idraulici per la laminazione delle acque; opere a verde con protezione antifonica e reti tecnologiche. Comune e Provincia, infine, si impegnano ad attivarsi per reperire le risorse finanziarie necessarie, oltre a quelle messe a disposizione dalle Regione. L'insieme di opere previste dal protocollo implementeranno la rete stradale e consentiranno la realizzazione di nuovi collegamenti che mettano in relazione il territorio e l'ospedale. Secondo il progetto, inoltre, l'intera struttura sarà percorribile, all'interno e all'esterno, da una hospital street che collega i blocchi, con servizi di accoglienza per operatori e utenti. Le risorse per il nuovo Ospedale Il nuovo Ospedale di Piacenza fa parte del piano per l'edilizia sanitaria approvato dalla Regione che con un finanziamento di 445 milioni di euro porterà in Emilia-Romagna nuovi ospedali, nuove strutture sanitarie territoriali - dalle Case della salute agli Ospedali di comunità - nuove sale operatorie e padiglioni ospedalieri e riqualificherà quelle esistenti. In particolare, il 'Programma pluriennale di investimenti in Sanità VII Fase - Primo e secondo stralcio", nel caso dell'Ospedale di Piacenza, prevede un finanziamento per 296 milioni di euro, oltre 160 milioni dei quali da partenariato pubblico-privato. Come sarà il nuovo Ospedale L'ospedale si svilupperà su 117mila metri quadrati di superficie, con 5 livelli fuori terra e uno interrato. I posti letto saranno 498 più altri 80 posti flessibili, ripartiti su 8 macro aree sanitarie. I posti auto a disposizione saranno 1.418 e l'area sarà raggiungibile da due piste ciclabili. È prevista la piantumazione di 1.500 alberi nello spazio verde intorno, di oltre 100mila metri quadrati.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Somalia: un paese in cerca di pace
La Somalia, situata nel Corno d'Africa, è una terra ricca di storia e cultura, ma purtroppo anche di sofferenza e conflitti. Un paese che da decenni lotta per trovare la pace e la stabilità. Somalia, un mosaico di culture Con una popolazione di oltre 15 milioni di persone, la Somalia vanta una cultura omogenea, con la lingua somala e la religione islamica che uniscono i diversi clan e le comunità. Le coste, bagnate dall'Oceano Indiano e dal Golfo di Aden, hanno favorito scambi commerciali e influenze culturali con il mondo arabo e l'India. Un passato travagliato L'indipendenza ottenuta nel 1960, dopo un periodo di colonialismo italiano e britannico, non ha portato la stabilità sperata. Il regime dittatoriale di Siad Barre, durato oltre 20 anni, ha alimentato divisioni interne e repressioni, sfociando nella guerra civile del 1991. Decenni di conflitti Dalla caduta di Barre, la Somalia è sprofondata in un ciclo di violenze e lotte di potere tra clan rivali. Gruppi armati, come al-Shabaab, affiliato ad al-Qaeda, hanno contribuito all'instabilità, controllando territori e combattendo contro il governo federale e le forze di pace internazionali. Crisi umanitaria e sfide per il futuro La Somalia è uno dei paesi più poveri del mondo. La siccità ricorrente, l'invasione di locuste e la carenza di infrastrutture agricole mettono a rischio la sicurezza alimentare di milioni di persone. La guerra civile ha inoltre causato un grave deficit di servizi sanitari, scolastici e di accesso all'acqua potabile. Sforzi per la pace e la ricostruzione Negli ultimi anni, si sono intensificati gli sforzi per la pace e la ricostruzione del paese. Il governo federale, sostenuto dalla comunità internazionale, ha compiuto progressi nella lotta contro al-Shabaab e nel rafforzamento delle istituzioni statali. Un futuro incerto La strada per la pace e la stabilità in Somalia è ancora lunga e tortuosa. La corruzione, la debolezza delle istituzioni e la mancanza di risorse ostacolano il progresso. Tuttavia, la tenacia del popolo somalo e il sostegno della comunità internazionale offrono una speranza per un futuro migliore. La Somalia è un paese con un grande potenziale. Le sue risorse naturali, la sua posizione strategica e la sua cultura ricca possono essere la base per un futuro di prosperità e di pace. La comunità internazionale ha la responsabilità di supportare il popolo somalo nel suo cammino verso la stabilità e lo sviluppo. Foto di David Peterson da Pixabay Read the full article
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Gaza e i suoi angeli
Gaza e i suoi angeli
a cura della Redazione 01/11/2023 I bambini di Gaza affrontano una realtà sempre più terrificante che ha trasformato la vita di tutti i giorni in un incubo. La diffusa mancanza di accesso alle risorse essenziali, tra cui cibo, acqua, carburante e servizi igienico-sanitari adeguati, unita ai bombardamenti incessanti, ha trasformato le loro vite in un continuo campo di battaglia all’interno del…
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Danilo Larini condivide l'impatto della localizzazione sul valore immobiliare
Introduzione:
Quando si tratta di proprietà reali, il luogo viene regolarmente pubblicizzato come la componente essenziale massima che influenza il prezzo degli asset. In questo post del blog, approfondiremo il profondo effetto della regione sul valore immobiliare, traendo spunti dal professionista immobiliare Danilo Larini. Che tu sia un cliente, un venditore o un investitore, la competenza su come la posizione influisce sui valori degli oggetti è vitale per fare scelte informate nel mercato immobiliare.
I fondamenti della localizzazione:
La posizione comprende una serie di fattori che possono influire in modo significativo sul costo di una proprietà. Danilo Larini sottolinea alcuni fattori chiave da tenere presenti:
Vicinanza ai servizi:
Le proprietà situate vicino a università, centri sanitari, centri commerciali, parchi e trasporti pubblici spesso comportano costi più elevati. Il facile accesso a offerte e comodità cruciali è un fattore di vendita primario.
Reputazione del quartiere:
Il riconoscimento e la protezione di un quartiere possono avere un impatto significativo sui valori delle proprietà. I quartieri desiderabili con bassi tassi di criminalità tendono a vedere il valore degli asset riconosciuto nel corso degli anni.
Qualità del distretto scolastico:
Le proprietà all'interno dei distretti universitari con rating elevato sono straordinariamente ricercate dalle famiglie, il che può far aumentare la domanda e, di conseguenza, i prezzi degli immobili.
Trasporti e tempi di percorrenza:
La vicinanza alle autostrade principali, agli snodi dei trasporti pubblici e i tempi di andata e ritorno più brevi dai centri di attività possono essere un enorme fattore di promozione per molti acquirenti.
Sviluppo futuro:
Danilo Larini consiglia di tenere gli occhi fissi sulle possibilità di sviluppo futuro del territorio. L'arrivo di nuove società, aggiornamenti delle infrastrutture o iniziative di rivitalizzazione può portare a un boom dei costi immobiliari a grandezza naturale.
Il fattore "emergente":
Un'idea spesso discussa negli ambienti immobiliari è il concetto di quartieri "emergenti". Si tratta di regioni che forse non sono le più adatte al momento, ma che mostrano la capacità di crescita e sviluppo all'interno del destino. Danilo Larini spiega che i commercianti che riescono a percepire precocemente quelle aree possono essere in grado di acquistare proprietà a un valore inferiore, aspettandosi che i costi futuri aumentano man mano che il quartiere si sviluppa.
Valutare il valore della posizione:
Per esaminare efficacemente l'impatto dell'area sul valore immobiliare, non dimenticare i seguenti suggerimenti:
Ricerca nel quartiere:
Immergiti in profondità nei registri, nei prezzi della criminalità e nella popolarità della comunità. Consulta le risorse del quartiere e comunica ai cittadini per avere un'idea della posizione.
Analizza le vendite recenti:
Esamina le ultime entrate di proprietà all'interno del luogo per valutare gli sviluppi. Cerca modelli di apprezzamento o deprezzamento nei valori degli oggetti personali.
Valutare gli sviluppi futuri:
Mantieniti informato sulle tendenze pianificate, sui progetti infrastrutturali e sugli aggiustamenti di zonizzazione che potrebbero influenzare positivamente o negativamente la zona.
Consultare esperti locali:
Esperti immobiliari come Danilo Larini possono offrire spunti utili su mercati particolari. Ti permettono di riconoscere le sfumature dei vari quartieri e di fare selezioni consapevoli.
Conclusione:
Nell'arena del settore immobiliare, l'area è la pietra angolare del costo. Comprendere in che modo i diversi fattori all'interno di una regione possono influire sui valori delle proprietà è fondamentale per clienti, rivenditori e commercianti. Con gli approfondimenti di specialisti come Danilo Larini e una ricerca diligente, puoi fare scelte informate in linea con i tuoi sogni immobiliari. Ricorda, anche se la vicinanza gioca un ruolo importante, non è la cosa migliore da non dimenticare nel complicato mondo globale del settore immobiliare.
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Agenda 2030 in sintesi
L'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un piano d'azione globale che mira a porre fine alla povertà, proteggere il pianeta e assicurare prosperità per tutti entro il 2030. Adottata dalle Nazioni Unite nel settembre 2015, l'Agenda 2030 è costituita da 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) e 169 obiettivi specifici che coprono una vasta gamma di temi, tra cui la riduzione della povertà, l'educazione, la salute, la giustizia, il clima e la pace. L'Agenda 2030 è stata creata per affrontare le sfide globali che il mondo affronta oggi. La povertà, l'insicurezza alimentare, la disuguaglianza economica, il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, la mancanza di accesso all'acqua potabile e all'igiene, la disuguaglianza di genere e la mancanza di opportunità educative sono solo alcune delle sfide che l'Agenda 2030 cerca di affrontare. Per affrontare queste sfide, l'Agenda 2030 ha stabilito una serie di obiettivi di sviluppo sostenibile. Questi obiettivi sono interconnessi e si sostengono a vicenda. Il primo obiettivo è quello di porre fine alla povertà in tutte le sue forme e ovunque. Ciò include la riduzione della povertà estrema, la promozione del lavoro dignitoso e la protezione sociale per tutti. Il secondo obiettivo è quello di porre fine alla fame, garantendo la sicurezza alimentare, l'accesso all'acqua potabile e all'igiene, e promuovendo la sostenibilità agricola. L'obiettivo successivo è quello di garantire la salute e il benessere per tutti, promuovendo l'accesso a servizi sanitari di qualità, prevenendo le malattie e garantendo la salute sessuale e riproduttiva. L'Agenda 2030 si impegna anche a garantire un'istruzione di qualità per tutti, a promuovere l'uguaglianza di genere, a combattere la disuguaglianza economica, a ridurre l'impatto del cambiamento climatico, a proteggere la vita sottomarina e terrestre e a promuovere la pace, la giustizia e le istituzioni solide. E' stata sviluppata attraverso un processo di consultazione globale e inclusivo. Tutti gli Stati membri dell'ONU hanno partecipato alla sua creazione, insieme a rappresentanti della società civile, del settore privato e di altre organizzazioni internazionali ed è stata adottata all'unanimità dagli Stati membri dell'ONU, il che dimostra l'importanza di questo impegno globale. L'Agenda 2030 richiede la cooperazione internazionale e la partnership tra i governi, la società civile e il settore privato per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Questa cooperazione è necessaria per garantire che tutti i paesi e tutte le comunità siano in grado di affrontare le sfide globali e di implementare soluzioni sostenibili. L'Agenda 2030 richiede inoltre un approccio integrato alla pianificazione dello sviluppo, che tenga conto di tutte le sfide globali e delle interconnessioni tra di esse. Per garantire il successo dell'Agenda 2030, è necessario un forte impegno da parte di tutti i paesi e di tutte le parti interessate. Ciò include l'allocazione di risorse finanziarie, la promozione di politiche coerenti e il coinvolgimento attivo della società civile e del settore privato. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile sono ambiziosi, ma realizzabili. Con il giusto impegno e la giusta cooperazione, il mondo può raggiungere un futuro più sostenibile e prospero per tutti entro il 2030. Tuttavia, nonostante l'importanza e la portata dell'Agenda 2030, ci sono ancora molte sfide da affrontare. Ad esempio, la pandemia COVID-19 ha rallentato il progresso verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile e ha messo in evidenza l'importanza di affrontare le disuguaglianze globali. La crisi climatica continua a minacciare il futuro del nostro pianeta e la mancanza di risorse finanziarie e tecnologiche continua a limitare la capacità dei paesi di affrontare le sfide globali. Per superare queste sfide, è necessario un impegno rinnovato per l'Agenda 2030. Ciò significa aumentare gli investimenti in sviluppo sostenibile, promuovere politiche coerenti, migliorare la collaborazione internazionale e incoraggiare l'innovazione tecnologica. Inoltre, è importante coinvolgere attivamente la società civile e il settore privato per garantire un'implementazione efficace dell'Agenda 2030. In conclusione, l'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un impegno globale per affrontare le sfide globali del nostro tempo. Con 17 obiettivi di sviluppo sostenibile e 169 obiettivi specifici, l'Agenda 2030 mira a porre fine alla povertà, proteggere il pianeta e assicurare prosperità per tutti entro il 2030. Tuttavia, affrontare queste sfide richiederà un forte impegno da parte di tutti i paesi e di tutte le parti interessate. L'Agenda 2030 è un impegno collettivo per un futuro più sostenibile e prospero per tutti e richiede la cooperazione internazionale e la partnership tra i governi, la società civile e il settore privato. Read the full article
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Lo stato di fatto
L’epidemia che stiamo vivendo non è frutto del caso: essa è figlia di una serie di fattori che l’umanità più consapevole e preparata denuncia da tempo. La distruzione degli ecosistemi naturali, l’estinzione di massa di decine di migliaia di specie, la crescita esponenziale e incontrollata della popolazione, il sovraffollamento, la deforestazione. Modifichiamo il clima di intere aree geografiche causando morie di specie ed esodi di massa di altre. Cancelliamo millenni di evoluzione della vita per far posto a noi e ai nostri animali domesticati. Alleviamo decine di miliardi di bovini, suini, ovini, polli, riempiendoli di antibiotici e cibo spazzatura, per portarli in tempo record ai mattatoi, magari dall’altra parte del mondo. Li facciamo vivere in ambienti squallidi e promiscui, dove entrano in contatto con specie selvatiche o semidomesticate, ormai prive di habitat, portatori di quei virus che mutando arrivano poi fino a noi. La zoonosi è ogni giorno dietro l’angolo.
E la colpa non è certo di pipistrelli, scimmie e maiali.
La colpa è della nostra cultura antropologica di riferimento. Dell’antropocentrismo eretto a religione globale, dell’organizzazione sociale verticistica e inefficiente, del modello economico vigente che premia l’accaparramento personale a discapito dell’interesse collettivo.
Tutto questo avviene perché una parte della specie possa continuare ad accumulare profitti e potere. Violiamo ogni angolo della Terra e miliardi di esseri umani non hanno nemmeno risorse di base come acqua potabile e cibo. Distruggiamo la Vita ovunque per avere accesso ad alcuni beni di consumo inutili, che paghiamo con la precarietà economica ed esistenziale, l’assenza di servizi fondamentali, il disagio psicologico perenne. Violentiamo la biodiversità costruita in millenni e poi non abbiamo nemmeno le risorse materiali e sanitarie per affrontare le crisi che provochiamo, dato che il profitto scaturito da tale scempio lo utilizziamo per alimentare guerre, sfruttamento e povertà.
Una società umana efficiente avrebbe prima rimosso le cause che potevano portare alla pandemia. Sarebbe poi intervenuta energicamente contro il primo focolaio, e infine avrebbe predisposto da tempo strutture adeguate ad affrontare l’emergenza.
Invece noi passiamo le giornate a ripeterci che #andratuttobene mentre le persone muoiono e il personale sanitario, in trincea senza elmetto, è costretto a sacrifici estremi; a ripeterci che torneremo a riabbracciarci mentre devastiamo il pianeta, sfruttiamo ogni forma di vita, lasciamo morire di fame, sete, tubercolosi decine di milioni di persone, crepiamo sul lavoro e di lavoro, viviamo nella precarietà e nell’emarginazione.
Mentre siamo infelici, soli e sconfitti.
Il nostro sistema economico, politico e sociale ha dimostrato di non essere riformabile. Possiamo subirlo, sfruttarlo, accettarlo o combatterlo. La scelta che facciamo determina la nostra collocazione nella società e nella storia.
Cannibali e Re
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La sovrappopolazione incide sull’ambiente. Ma non è questo che fa andare il mondo a rotoli Ogni volta che provo a parlare di stili di vita, che testimonio come si possono ridurre i consumi, che parlo di giustizia ecologica e globale, immancabilmente qualcuno mi attacca dicendomi: “Ipocrita, taci, tu vegana e senz’auto, inquini più di me che mangio tutti i giorni la bistecca e che vado sempre col Suv, perché hai fatto 4 figli”. Considerare i figli come un grave errore di cui vergognarsi, o un motivo per accusare e zittire una donna impegnata nell’ambiente, è piuttosto desolante, sintomo di una società vecchia e reazionaria. Non ho mai “sbandierato” questa scelta (la pianificazione familiare è un fatto privato). Mi accorgo però che sul concetto della sovrappopolazione tanti si aggrappano, forse per mettersi a posto la coscienza. Pochi figli (o zero figli) legittimano stili di vita inquinanti? Al contrario è colpa di chi fa più figli se il mondo va a rotoli? Una settimana fa i Fridays for Future Italia hanno sollevato questo tema, scatenando un vespaio. Hanno citato un articolo di Monbiot, giornalista del Guardian, che affermava (2020): “Non c’è dubbio che la crescita demografica sottoponga l’ambiente a uno stress. Ma l’impatto globale è molto più esiguo di quanto molti possano immaginare. La crescita demografica globale (annua) è oggi dell’1,05% e costituisce la metà del tasso di crescita massima, raggiunto nel 1963 (2,2%). In altre parole, la crescita demografica non è, come molti sostengono, esponenziale. Anzi, il tasso è in rapido calo. Di contro, fino alla pandemia, la crescita economica globale si era aggirata per diversi anni intorno al 3% e ci si aspettava che restasse stabile. In altre parole, la crescita era esponenziale. Poiché la crescita demografica riguarda soprattutto i più poveri del mondo, questi hanno un impatto sul pianeta molto più lieve rispetto ai ricchi e quindi la crescita demografica è molto inferiore a un terzo dell’aumento complessivo dei consumi”. George Monbiot sottolineava una vena più o meno consapevolmente razzista e colonialista nell’accusa che le nazioni ricche fanno alle nazioni povere. Sono infatti le società ricche, quelle con crescita demografica zero, ad essere più inquinanti, consumiste e ad avere impronte carboniche maggiori. Prendiamo l’Italia, dove ci sono più morti che nati, dove il cemento avanza imperturbabile la sua corsa e le auto aumentano di anno in anno. Sempre meno persone, sempre più oggetti. Una società vecchia, sempre meno attenta ai bisogni delle nuove generazioni, e piuttosto cinica rispetto al futuro. In Italia i bambini sono 5 volte in meno delle auto (8 milioni contro 39 milioni), i diritti e lo spazio destinato ai bambini in città è sempre più esiguo. Nel Sud del mondo la sovrappopolazione è davvero un problema, ma è un problema soprattutto di diritti. Le donne dei paesi poveri hanno tanti figli non sempre per libera scelta, ma perché non hanno diritti, sono costrette in matrimoni forzati e precoci, hanno scarso accesso ai metodi contraccettivi, alle cure sanitarie, all’istruzione, i bambini sono braccia da lavoro, sfruttati nel lavoro minorile. Con programmi di emancipazione, salute e istruzione per donne e bambini, mettendo al bando lo sfruttamento del lavoro, la crescita demografica naturalmente rallenta. Ma perché i bambini lavorano? Perché gli adulti non hanno salari adeguati, perché le multinazionali subappaltano chiudendo gli occhi sui diritti, perché noi occidentali abbiamo fame di continui vestiti, giocattoli, oggetti a prezzi stracciati. Solo dando maggiori diritti a donne e bambini si riuscirà a rallentare la crescita demografica nei paesi poveri. Al contempo il modello occidentale, consumista ed energivoro non può essere un modello da seguire per chi esce dalla povertà. E siamo noi i primi a dover dare il buon esempio, consumando meno. Il punto è tutto qua. Nel mondo ci sono quasi 2 miliardi di auto (concentrate soprattutto nel nord del mondo), qualcosa come 210 miliardi di animali allevati, (carne destinata per lo più a occidentali ipernutriti – e malati) e una marea di cibo sprecato. Il 5% dei 7 miliardi di attuali esseri umani usa il 25% delle risorse disponibili e il 20% della popolazione mondiale usa l’80% dell’energia. Le Nazioni Unite stimano che la popolazione mondiale toccherà i 9,8 miliardi nel 2050 per poi diminuire. Se tutti vorranno mangiare così tanta carne come mangiamo noi, se vorranno avere un’auto a testa come noi, cementificare, produrre rifiuti, sprecare cibo e comprare vestiti come facciamo noi, cosa diremo loro? “Noi sì, voi no, stateci a guardare e fate meno figli”? Oltre a garantire diritti, istruzione e salute nei paesi del Sud del mondo, dobbiamo ridurre la nostra impronta ecologica, per permettere a tutti gli abitanti del pianeta di raggiungere la stessa dignità e sobrietà. Non c’è pace senza giustizia ecologica. Linda Maggiori
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Sanità in fuga: il costo della mobilità dei pazienti e la sfida per le cure locali
Differenze regionali e strategie per ridurre i costi: il peso di 3 miliardi sulla sanità italiana
Differenze regionali e strategie per ridurre i costi: il peso di 3 miliardi sulla sanità italiana Il fenomeno della mobilità sanitaria, che vede molti pazienti spostarsi dalle regioni meridionali verso quelle settentrionali per ottenere cure migliori, rappresenta una delle principali criticità del sistema sanitario italiano. Questo flusso di pazienti costa al sistema sanitario circa 3 miliardi…
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Da Massimo Giannini un editoriale drammatico che condivido al 100%.
"Scusate se riparlo di me. Oggi “festeggio” quattordici giorni consecutivi a letto, insieme all’ospite ingrato che mi abita dentro. Gli ultimi cinque giorni li ho passati in terapia intensiva, collegato ai tubicini dell’ossigeno, ai sensori dei parametri vitali, al saturimetro, con un accesso arterioso al braccio sinistro e un accesso venoso a quello destro. Il Covid è infido, è silente, ma fa il suo lavoro: non si ferma mai, si insinua negli interstizi polmonari, e ha un solo scopo, riprodursi, riprodursi, riprodursi. Meglio se in organismi giovani, freschi, dinamici. Questa premessa non suoni da bollettino medico: mi racconto solo per spiegare quelle poche cose che vedo e capisco, da questa parte del fronte, dove la guerra si combatte sul serio. Perché la guerra c’è, se ne convincano i “panciafichisti di piazza e di tastiera”, e si combatte nei letti di ospedale e non nei talk show.
Quando sono entrato in questa terapia intensiva, cinque giorni fa, eravamo 16, per lo più ultrasessantenni. Oggi siamo 54, in prevalenza 50/55enni. A parte me, e un’altra decina di più fortunati, sono tutti in condizioni assai gravi: sedati, intubati, pronati. Bisognerebbe vedere, per capire cosa significa tutto questo. Ma la gente non vuole vedere, e spesso si rifiuta di capire. Così te lo fai raccontare dai medici, dagli anestesisti, dai rianimatori, dagli infermieri, che già ricominciano a fare i doppi turni perché sono in superlavoro, bardati come sappiamo dentro tute, guanti, maschere e occhiali. Non so come fanno. Ma lo fanno, con un sorriso amaro e gli occhi: «A marzo ci chiamavano eroi, oggi non ci si fila più nessuno. Si sono già dimenticati tutto...». Ecco il punto: ci siamo dimenticati tutto.
Le bare di Bergamo, i vecchi morenti e soli nelle Rsa, le foto simbolo di quei guerrieri in corsia stravolti dal sacrificio, i murales con la dottoressa che tiene in braccio l’Italia ammalata, l’inno dai balconi. Possibile? Possibile. La vita continua, persino oltre il virus. E allora rieccoci qui, nella prima come nella seconda ondata, a litigare sulle colpe, a contestarci i ritardi. Come se la tragedia già vissuta non ci fosse servita. L’ho scritto da sano e lo ripeto da malato: le cose non stanno andando come avrebbero dovuto. Ripetiamo gli errori già fatti. Domenica, dopo il mio editoriale in cui lo ribadivo, mi ha chiamato il ministro Speranza per dirmi che è vero, «però guarda i numeri dei contagi negli altri Paesi». Mi ha chiamato il governatore De Luca per protestare e dire che quelle sui disastri dei pronto soccorsi in Campania sono tutte “fake news”. E poi mi hanno chiamato da altre regioni per il caos tamponi, e dai medici di famiglia per dire che loro sono vittime, e poi dai Trasporti per obiettare che sugli affollamenti loro non c’entrano. E poi, e poi, e poi.
E poi il solito scaricabarile italiano. Dove tutti ci crediamo assolti, e invece siamo tutti coinvolti. Dopo il disastro di marzo-aprile dovevamo fare 3.443 nuovi posti letto di terapia intensiva e 4.200 di sub-intensiva, ma ne abbiamo fatti solo 1.300: di chi è la colpa? Mancano all’appello 1.600 ventilatori polmonari, dice il ministro Boccia: di chi è la colpa? Dovevamo assumere 81 mila tra medici infermieri e operatori sanitari, ma al 9 ottobre ne risultano 33.857, tutti contratti a termine: di chi è la colpa? L’odissea tamponi al drive in è una vergogna nazionale, in una regione come il Lazio dura da mesi e ancora non è chiaro quali strutture private siano abilitate a fare che cosa, tra antigienici e molecolari, e mentre famiglie con bambini fanno le file di notte in automobile, un assessore che Zingaretti farebbe bene a cacciare domattina stessa vaneggia di “psicosi”: di chi è la colpa? E scusate se vi riparlo di me: ho infettato anche mia madre, novantenne, malata oncologica, vive sola, come migliaia di anziani, eppure non c’è servizio domiciliare che possa supportarla né medico di base che vada a visitarla, «sa com’è, non abbiamo presidi, ci danno cinque mascherine chirurgiche a settimana»: di chi è la colpa? Ne parlo con i dottori dell’ospedale. La risposta è durissima: noi siamo qui in trincea, ogni giorno, in questi mesi ci hanno dato l’una tantum Covid da 500 euro lordi e cari saluti, i nostri colleghi “sul territorio” chi li ha visti?
Non recrimino, non piango. Vorrei solo un po’ di serietà. Vorrei solo ricordare a tutti che anche la retorica del «non possiamo chiudere tutto» cozza contro il principio di realtà, se la realtà dice che i contagi esplodono. Se vogliamo contenere il virus, dobbiamo cedere quote di libertà. Non c’è altra soluzione. Chiudi i locali notturni? Fai il coprifuoco? Aumenti lo smartworking? Ci sarà un conto da pagare, è evidente. Il lockdown totale di inizio 2020 ci costò 47 miliardi al mese e un dimezzamento di fatturato, valore aggiunto e occupazione nazionale. Oggi non dobbiamo e non vogliamo arrivare fino a quel punto. Ma qualcosa in più di quanto abbiamo fatto con l’ultimo Dpcm è doveroso. Chi subisce perdite ulteriori dovrà essere risarcito. Il governo ha risorse da reperire, se solo la piantasse di tergiversare sul Mes o non Mes. Aziende e sindacati hanno interessi da condividere, se solo la finissero di inseguire un assurdo conflitto sociale a bassa intensità. La pandemia sta accorciando ancora una volta il respiro della nostra democrazia. Provare a impedirglielo tocca solo a noi. Scambiando la rinuncia di oggi con il riscatto di domani. Ma per poterci riuscire abbiamo bisogno che governo, regioni, autorità sanitarie e scientifiche si muovano come un “corpo” unico e visibile, un dispositivo coerente e credibile di atti, norme, parole. Non lo stanno facendo. Anche per questo siamo confusi e impauriti. «Andrà tutto bene» non può essere solo speranza. Deve essere soprattutto volontà."
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Il Grande Divario: il COVID-19 rispecchia il razzismo globale, le disuguaglianze
Palestine Chronicle. Di Ramzy Baroud. Il concetto secondo il quale la pandemia del COVID-19 sia “il grande livellatore” dovrebbe ormai essere morto e sepolto. Semmai, questa malattia letale é soltanto un altro monito sulle profonde divisioni e disuguaglianze presenti nelle nostre società. Detto questo, la cura della malattia non dovrebbe essere una ripetizione dello stesso vergognoso scenario.
Per un intero anno, celebrità internazionali e funzionari governativi ci hanno ricordato che “in tutto questo, siamo insieme”, “ci troviamo sulla stessa barca”, con artisti del calibro della cantante statunitense Madonna che, parlando dalla sua villa, immersa in un “bagno di latte cosparso di petali di rosa”, ci raccontava che la pandemia si è rivelata un grande livellatore.
“Come dicevo ogni sera alla fine di ‘Human Nature’, siamo tutti sulla stessa barca. E se la nave affonda, affonderemo tutti insieme”, riportava la CNN all’epoca.
Tali dichiarazioni, come quelle di Madonna, ed anche di Ellen DeGeneres, hanno attirato l’attenzione dei media, non solo perché sono entrambi personaggi famosi con un enorme seguito sui social media, ma anche a causa dell’evidente ipocrisia della loro vuota retorica. In verità, però, queste stavano solo ripetendo le procedure standardizzate seguite anche dai governi, dalle celebrità e dai ricchissimi influencer di tutto il mondo.
Ma realmente “in tutto questo, siamo insieme”? Con tassi di disoccupazione saliti alle stelle in tutto il mondo, centinaia di milioni di persone che si arrabattano per sfamare i propri figli, moltitudini di famiglie anonime e sfortunate che arrancano senza poter accedere ad un’adeguata assistenza sanitaria, nutrendosi di speranze e di preghiere per riuscire a sopravvivere alle piaghe della povertà, figuriamoci la pandemia – non si può, con la coscienza pulita, fare affermazioni così oltraggiose.
Non soltanto non ci troviamo “sulla stessa barca”, ma, certamente, non ci siamo mai stati. Secondo i dati della Banca Mondiale, circa la metà della popolazione mondiale vive con meno di 5,5 dollari al giorno. Questa triste statistica fa parte di un impressionante percorso di disuguaglianza che ha afflitto l’umanità per molto tempo.
La difficile situazione di molti dei poveri del mondo è aggravata nel caso dei rifugiati di guerra, che sono doppiamente vittime, del terrorismo di stato e della violenza, e della mancanza di volontà, da parte di coloro che avrebbero le risorse, a farsi avanti per restituire parte delle loro ricchezze, in gran parte immeritate.
La metafora della barca è particolarmente interessante nel caso dei rifugiati; milioni di essi hanno cercato disperatamente di fuggire dagli inferni della guerra e dalla povertà su barche sgangherate o gommoni, sperando di attraversare regioni disastrate, dirigendosi verso luoghi più sicuri. Questo spettacolo è divenuto tristemente familiare negli ultimi anni, non solo in tutto il Mar Mediterraneo, ma anche in altri specchi d’acqua in tutto il mondo, specialmente in Birmania dove centinaia di migliaia di Rohingya hanno cercato di sfuggire al loro genocidio in atto. Migliaia di loro sono annegati nel Golfo del Bengala.
La pandemia del COVID-19 ha accentuato e, in effetti, accelerato le forti disuguaglianze che esistono individualmente in ogni società e, più in generale, nel mondo. Secondo uno studio condotto negli USA dal Brookings Institute, nel giugno del 2020, il numero di morti dovuto alla malattia rispecchia una evidente logica razziale. Molti indicatori inclusi nello studio non lasciano alcun dubbio sul fatto che il razzismo sia un fattore centrale nel ciclo vitale del COVID.
Ad esempio, tra coloro che hanno dai 45 ai 54 anni, “Le percentuali di morti tra i neri e gli ispano-latini sono almeno sei volte più alte che tra i bianchi”. Sebbene i bianchi costituiscano il 62 percento della popolazione statunitense, in riferimento a questo specifico gruppo di età, solo il 22 percento dei morti erano bianchi. Le comunità nere e latine sono state quelle più colpite.
Secondo questo ed anche altri studi, il presupposto principale che sta alla base della discrepanza tra i tassi di infezione e mortalità derivanti da COVID tra i vari gruppi razziali negli Stati Uniti è la povertà che é, essa stessa, un’espressione di disuguaglianza razziale. I poveri non hanno accesso, o hanno un accesso limitato, all’assistenza sanitaria adeguata. Per i ricchi questo fattore ha una scarsa rilevanza.
Inoltre, le comunità più povere tendenzialmente svolgono lavori nel settore dei servizi, con retribuzioni più basse e dove il distanziamento sociale é quasi impossibile. Con scarso sostegno da parte del governo, per aiutarli a sopravvivere ai numerosi lockdown, fanno tutto ciò che é in loro potere per provvedere il necessario ai loro figli, solo per poi essere infettati dal virus o, ancor peggio, morire.
Ci si attende che questa iniquità continui anche nel modo in cui i vaccini vengono resi disponibili. Mentre diverse nazioni occidentali hanno lanciato o programmato le loro campagne di vaccinazione, si prevede che le nazioni più povere del globo attenderanno a lungo prima che i vaccini salvavita siano resi disponibili.
Nei 67 paesi poveri o in via di sviluppo, la maggior parte dei quali si trova in Africa e nell’emisfero sud, probabilmente soltanto un individuo su dieci riceverà il vaccino entro la fine del 2020, secondo quanto riportato dal sito web Fortune Magazine.
L’inquietante rapporto cita uno studio condotto da una associazione umanitaria e per i diritti umani, la People’s Vaccine Alliance (PVA), che include Oxfam e Amnesty International.
Se esiste una strategia, a questo punto, è il deplorevole “accaparramento” del vaccino da parte delle nazioni ricche. La dottoressa Mohga Kamal-Yanni del PVA ha prospettato questa consapevolezza quando ha affermato che “i paesi ricchi hanno dosi sufficienti per vaccinare quasi tutti tre volte, mentre i paesi poveri non ne hanno nemmeno abbastanza per raggiungere gli operatori sanitari e le persone a rischio”. Questo, a dispetto delle innumerevoli conferenze che propagandano la necessità di una “risposta globale” alla malattia.
Ma non è detto che debba essere in questo modo.
Mentre è probabile che le disuguaglianze di classe, razza e genere continueranno a devastare le società umane anche dopo la pandemia, come hanno sempre fatto, per i governi è possibile usare questa tragedia collettiva anche come un’opportunità per colmare il divario di disuguaglianza, anche se solo di poco, come punto di partenza per immaginare un futuro più equo per tutti noi.
Le persone povere e dalla pelle scura non dovrebbero essere lasciate morire quando le loro vite possono essere salvate da un semplice vaccino, ampiamente disponibile.
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Disabilità e povertà : il loro legame in una sfida globale da affrontare
La connessione tra disabilità e povertà rappresenta una delle sfide sociali più significative e complesse che il mondo contemporaneo deve affrontare. La popolazione più povera ha infatti una probabilità significativamente maggiore di sviluppare o acquisire una disabilità nel corso della vita rispetto a coloro che vivono in condizioni economiche migliori. Numerose ricerche hanno evidenziato che le nazioni meno sviluppate hanno un tasso di disabilità notevolmente superiore rispetto ai paesi più avanzati economicamente.
Sin dall’inizio degli anni 2010, gli studi hanno dimostrato l’esistenza di un ciclo auto-alimentato che lega disabilità e povertà. Questo ciclo vede la povertà aumentare il rischio di disabilità e, allo stesso tempo, la disabilità aggravare la condizione di povertà. Questo circolo vizioso è il risultato di una serie di barriere sociali, economiche e istituzionali che impediscono alle persone con disabilità di accedere alle risorse necessarie per migliorare la loro qualità di vita.
Disabilità e povertà: un legame radicato
Diversi studi hanno dimostrato che esiste una forte correlazione tra disabilità e povertà, con tassi di disabilità più alti nelle nazioni povere. Le persone che vivono in povertà affrontano un rischio maggiore di sviluppare disabilità a causa della mancanza di accesso a cure sanitarie adeguate, condizioni lavorative pericolose e mancanza di istruzione. Questo porta a un aumento delle menomazioni fisiche, cognitive, mentali, emotive o sensoriali, che a loro volta possono peggiorare le condizioni di vita di chi è già svantaggiato economicamente.
Le Nazioni Unite hanno recentemente rivisto questa associazione nel loro “Rapporto sulle disabilità e lo sviluppo”. Il legame tra disabilità e povertà è emerso in maniera ancora più forte quando la povertà viene misurata in modo multidimensionale, ovvero considerando privazioni multiple, piuttosto che solo reddito o consumo. Questo approccio olistico dimostra quanto profondamente la disabilità possa influire su vari aspetti della vita di una persona povera.
L’ex presidente della Banca Mondiale, James Wolfensohn, ha dichiarato che questo legame tra disabilità e povertà deve essere spezzato. Nel corso degli anni, il legame tra disabilità e sviluppo è diventato sempre più evidente, tanto che Judith Heumann, primo consulente della Banca Mondiale per i diritti della disabilità, ha sottolineato che il 80% delle persone con disabilità nel mondo vive nei paesi in via di sviluppo.
Il circolo vizioso della disabilità e povertà
Gli esperti concordano sul fatto che la disabilità e la povertà si alimentano reciprocamente, creando un “circolo vizioso”. Le persone con disabilità affrontano maggiori difficoltà nel trovare lavoro e nell’accedere a un’istruzione adeguata, il che le porta a vivere in condizioni di povertà. D’altra parte, le persone che vivono in povertà sono esposte a un maggiore rischio di sviluppare disabilità a causa di malattie prevenibili, mancanza di accesso a cure mediche e condizioni di vita insalubri.
Un altro fattore che contribuisce a questo circolo vizioso è l’inaccessibilità dei servizi sanitari. Le persone povere spesso non hanno accesso a cure mediche adeguate, il che aumenta il rischio di acquisire disabilità. Questo fenomeno è particolarmente problematico nei paesi in via di sviluppo, dove la mancanza di strutture sanitarie adeguate e la carenza di professionisti del settore rendono difficile prevenire e trattare le disabilità.
Secondo uno studio condotto da Oxfam, oltre la metà dei casi di cecità e sordità infantili in Africa e Asia potrebbero essere prevenuti o curati se fossero disponibili risorse sanitarie adeguate. Tuttavia, l’assenza di infrastrutture mediche di base in molte aree impoverite contribuisce a perpetuare il ciclo di disabilità e povertà.
Discriminazione e pregiudizi contro le persone con disabilità
Un altro aspetto cruciale da considerare è l’abilismo, ovvero il pregiudizio contro le persone con disabilità. Questo tipo di discriminazione è particolarmente diffuso nelle comunità più povere, dove le persone con disabilità sono spesso emarginate e discriminate. Studi condotti in Sudafrica hanno evidenziato che i bambini con disabilità subiscono quotidianamente atti di discriminazione sia dai coetanei che dagli adulti.
Le donne e le persone appartenenti a minoranze etniche con disabilità sono spesso vittime di una “doppia discriminazione”, in quanto subiscono pregiudizi sia per il loro genere che per la loro condizione di disabilità. Questa discriminazione amplifica ulteriormente le loro difficoltà economiche e sociali, limitando le opportunità di migliorare la loro qualità di vita.
Le sfide dell’accesso all’occupazione
Uno dei maggiori ostacoli per le persone con disabilità è l’accesso all’occupazione. La mancanza di opportunità lavorative perpetua il ciclo di disabilità e povertà, poiché le persone con disabilità non possono migliorare la loro condizione economica senza un’occupazione stabile. Iniziative recenti, come il progetto Ntiro in Sudafrica, stanno cercando di affrontare questo problema, promuovendo l’occupazione inclusiva e sostenibile per le persone con disabilità.
Iniziative globali per interrompere il ciclo
Le Nazioni Unite sono state in prima linea nello sforzo di affrontare il legame tra disabilità e povertà. Nel 1982, hanno pubblicato il “Programma mondiale d’azione sulle persone con disabilità”, un documento che ha posto le basi per una maggiore inclusione delle persone con disabilità nello sviluppo economico e sociale. Tuttavia, nonostante questi sforzi, il legame tra disabilità e povertà persiste, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
È fondamentale che i governi e le organizzazioni internazionali continuino a lavorare per interrompere il ciclo di disabilità e povertà. Solo garantendo l’accesso a risorse adeguate, inclusione lavorativa e opportunità educative, sarà possibile migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità e spezzare definitivamente questo circolo vizioso.
In sintesi, il legame tra disabilità e povertà è una questione di giustizia sociale che richiede un intervento urgente. Solo affrontando con decisione le barriere che impediscono l’accesso a risorse e opportunità, sarà possibile spezzare il ciclo di esclusione e migliorare le condizioni di vita di milioni di persone in tutto il mondo.
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Emilia Romagna, sanità: obiettivo 1 milione di prestazioni in più già nel 2024. Investimento totale di 30 milioni di euro
Emilia Romagna, sanità: obiettivo 1 milione di prestazioni in più già nel 2024. Investimento totale di 30 milioni di euro Trenta milioni di euro per abbattere le liste d'attesa su tutto il territorio regionale già a partire dal 2024. E per assicurare, sempre quest'anno, un milione di prestazioni in più, incrementando del 20% il numero di visite ed esami diagnostici monitorati dal "Piano regionale di governo delle liste d'attesa". Sono le risorse messe in campo dalla Regione Emilia-Romagna per ridurre i tempi attualmente previsti di prenotazione e accesso a visite ed esami clinici specialistici (le cosiddette 'prestazioni specialistiche ambulatoriali') erogati dal Servizio sanitario pubblico. Un investimento che dà forza al Piano straordinario voluto dalla Giunta, composto da misure concrete che verranno attuate già entro l'estate da parte di tutte le Aziende sanitarie, con un duplice obiettivo: incrementare sia il numero di prestazioni specialistiche disponibili, sia la quota di tempo dedicato alle prestazioni ambulatoriali da parte del personale medico. Tra le principali azioni previste entro il breve periodo, l'aumento dell'offerta anche attraverso il coinvolgimento delle strutture private accreditate, agende aperte e l'introduzione di liste per la registrazione delle richieste inevase, con smaltimento in ordine cronologico, per sgravare il cittadino dall'onere di ricontattare i servizi di prenotazione. L'obiettivo è accompagnare il sistema sanitario pubblico regionale verso un nuovo paradigma di attuazione dell'Assistenza specialistica ambulatoriale, e contemporaneamente consentire ai cittadini di usufruire, in maniera uniforme e omogenea in tutta la regione, di una maggiore offerta di prestazioni in tempi previ. Come sta avvenendo per la riorganizzazione della Rete di emergenza-urgenza, che procede con risultati molto positivi, anche sul fronte delle prestazioni specialistiche ambulatoriali l'impegno è da un lato continuare a garantire ai cittadini un adeguato livello di offerta e prossimità dei servizi, dall'altro accompagnarli verso una fruizione appropriata. In difesa della sanità pubblica e universalistica che, per l'Emilia-Romagna, resta l'unico modello sanitario possibile, da sostenere e rafforzare, perché messo fortemente a rischio per insufficienza di risorse stanziate a livello nazionale e per la carenza di personale. Un concetto ribadito dalla campagna di comunicazione e sensibilizzazione voluta dalla Regione - "Lunga vita alla sanità pubblica" -, che giovedì prossimo a Milano si vedrà assegnare il premio Una, l'Associazione delle aziende di comunicazione, come miglior campagna nella categoria comunicazione per la Pubblica amministrazione. A illustrare i dettagli del provvedimento, oggi in Regione a Bologna in conferenza stampa, il presidente, Stefano Bonaccini, e l'assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini. "Nonostante le criticità che la sanità pubblica sta attraversando a causa dei mancati finanziamenti nazionali e della carenza di personale, la Regione Emilia-Romagna sul diritto alla salute non arretra di un passo, per continuare a garantire ai cittadini un servizio pubblico e universalistico gravemente messo a rischio- affermano Bonaccini e Donini-. In tutto il Paese le liste di attesa si sono allungate, e anche la nostra regione, dove il consumo di prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale è tra i più alti in Italia, deve fare i conti con questa realtà. Con questo nuovo percorso, che finanziamo mettendoci ancora una volta risorse regionali, già a partire da quest'anno aumentiamo di 1 milione le prestazioni disponibili, semplifichiamo le prenotazioni e incrementiamo la presenza dei medici specialisti su tutto il territorio". "Si tratta di un impegno che portiamo avanti da tempo- aggiungono Bonaccini e Donini-. Lo abbiamo fatto con la riorganizzazione delle cure primarie territoriali e del sistema di emergenza-urgenza, che sta dando risultati importanti, con i Piani regionali di recupero delle liste di attesa post-pandemia, in ambito ambulatoriale, di ricovero e chirurgico, che ci hanno consentito di tornare ai livelli pre-Covid di erogazione dei servizi. E lo facciamo ora, con il potenziamento dell'assistenza specialistica ambulatoriale, puntando su misure e provvedimenti di breve, medio e lungo termine, uniformi sul territorio, e attraverso il dialogo e il confronto con le Aziende sanitarie e le Organizzazioni sindacali, come abbiamo fatto per la riforma dell'emergenza-urgenza". L'impegno della Regione su questo fronte (v. allegato) non è mai venuto meno, con una serie di interventi straordinari avviati dal 2015. Una strategia pluriennale che ha consentito di ottenere significativi risultati nella riduzione dei tempi di attesa e nel recupero delle prestazioni non erogate nel periodo Covid: nel 2023 il volume di prestazioni ha superato quota 16 milioni, tornando quasi ai livelli del 2019, quando erano state circa 16,9 milioni. Le azioni previste nel breve periodo Il nuovo Piano per l'abbattimento delle liste d'attesa aumenta l'offerta di prestazioni, in particolare delle visite specialistiche, anche attraverso il coinvolgimento di strutture private accreditate, da un lato per consentire al sistema di assorbire il maggior numero di richieste non ancora evase e di riportare le attese a una situazione di maggiore equilibrio, e dall'altro per offrire ai cittadini servizi di assistenza e cura appropriati, ovvero commisurati ai propri bisogni, sotto il profilo prescrittivo, organizzativo ed erogativo. Sono tre le tipologie di intervento previste già per il breve periodo: rendere sempre effettiva la possibilità di prenotare le prestazioni, garantendo le condizioni per avere le agende sempre aperte e con un orizzonte di disponibilità di almeno 24 mesi; aiutare gli utenti sollevandoli dall'onere di dover ricontattare i servizi di prenotazione nel caso non vi fosse disponibilità, ma introducendo in questi casi le liste per la registrazione delle richieste in un elenco progressivo in ordine cronologico e garantire i tempi di attesa delle classi di priorità indicate in ricetta. Già entro il mese di aprile, inoltre, ciascuna Azienza Usl, in collaborazione con l'Azienda Ospedaliera-Universitaria o eventuale Irccs di riferimento, dovrà presentare un Piano straordinario di produzione per il proprio ambito territoriale, per garantire, nell'immediato e per tutto il 2024, un significativo aumento di prestazioni. Le Aziende dovranno migliorare ulteriormente l'efficienza produttiva ed organizzativa, anche incrementando la presenza e l'operatività degli specialisti nel setting ambulatoriale e nelle strutture territoriali, in primis le Case della Comunità.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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