#Testo filosofico
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il-gufetto · 2 years ago
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Un secondo periodo della vita di Nietzsche viene chiamato "Periodo illuminista" e culmina con la pubblicazione di "Umano troppo umano" nel 1878. In questo periodo, parte dall'idea che l'infelicità umana sia dovuta alla capacità dell'uomo di essere un animale storico: l'uomo, difatti, possiede la memoria; mentre gli animali dimenticano continuamente (è questo, dunque, il motivo della loro felicità). Nietzsche analizzò, poi, tre tipi di atteggiamenti storici e arrivò alla conclusione che non esistevano fatti; ma solo interpretazioni e diverse prospettive
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foto di Jimmy Chan presa dal sito web di Pexels
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crazy-so-na-sega · 14 days ago
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Apodittico
a-po-dìt-ti-co
Significato Dimostrato; evidente, necessario; perentorio; dogmatico, che non ammette critiche
Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo apodicticus, prestito dal greco apodeiktikós, derivato dal verbo apodéiknymi ‘io dimostro, mostro con argomenti, provo’.
«Date queste premesse, la conclusione è apodittica.»
Parola aulica e soprattutto difficile, si direbbe. E in effetti è così, perché anche se si muove su significati accessibili, è necessario capire che sfumatura ha e come si comporta — ma mettiamo le mani avanti: è una parola difficile per chiunque, tant’è che i suoi significati si smagliano serenamente. Ad ogni modo, in cima alla salita c’è il premio di una parola del lessico filosofico che riesce a darci un colore speciale per significare una conclusione evidente e necessaria — una risorsa particolarmente potente.
L’etimologia ci lancia già in mezzo alla questione: il greco apodeiktikós deriva dal verbo apodéiknymi, che significa ‘io dimostro, mostro con argomenti, provo’ — letteralmente ‘mostro separatamente’. Quella apodittica non è un’evidenza che non richiede dimostrazioni; al contrario, si ammanta di rigore metodologico e si presenta addirittura come una necessità logica. L’apodittico è evidente in quanto dimostrato.
Posso parlare della conclusione apodittica a cui giunge la sentenza dopo una meticolosa analisi controfattuale; posso parlare di come la valutazione della soluzione migliore non sia stata guidata da sentimento o retorica, ma sia apodittica; posso parlare della certezza apodittica con cui la zia conosce le ultime carte in mano agli avversari a briscola. Sentiamo bene quanto l’apodittico abbia a che spartire col necessario.
Ma insomma, le affermazioni apodittiche hanno più di un che di netto, di tranchant: se parliamo di una necessità logica c’è poco da sfumare e molto da tagliare. Il che fa annusare un atteggiamento mentale retrostante che sa di perentorio, categorico. Anche lontano da dimostrazioni e sillogismi, posso finire per avere un tono apodittico quando faccio la classifica degli ultimi migliori film, puoi usare parole apodittiche sull’accettabilità di un accordo, posso ricevere un rifiuto apodittico.
Questo taglio di ‘apodittico’, se prende un respiro maggiore e una tridimensionalità più tornita, scavalla nel dogmatico, nell’atteggiamento di chi non ammette critiche. Può essere apodittica la strategia stabilita dai vertici dell’impresa, apodittica l’adesione a un’ideologia, apodittica l’applicazione della ricetta della trisavola.
Sono diversi, incisivi e alti i frutti di questa necessità logica che ci presenta l’apodittico, in una dimensione che va dalla logica alla psicologia. All’inizio può parere problematico coglierli, ma sono realtà ben presenti, nella nostra vita. Anzi questa necessità logica, questa evidenza dimostrativa sa essere anche molto spiccia. Il verbo apodeiknýnai, ad esempio, origina anche l’apódeixis, che è la dimostrazione, la prova — che probabilmente conosciamo meglio adattata come… polizza.
Testo originale pubblicato su: https://unaparolaalgiorno.it/significato/apodittico
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marikabi · 2 years ago
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Il fantacalcio pedagogico
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Ma tu sai che cos'è il fantacalcio?
Mi ha chiesto mio cugino qualche sera fa, intravedendo nelle sue parole un nonsoché di scettico, mentre passeggiavamo per il Corso.
Sì sì, lo so cos'è il fantacalcio. Conosco storie di gente che ci perde l'essere, nel creare squadre vincenti e dannarsi nei tornei, col calciomercato, per gli scambi e le cessioni. Insomma un universo parallelo, ed ugualmente caotico, al calcio giocato, ché già quest'ultimo è una perdizione.
Ho fatto una piccolissima indagine famigliare e mio figlio mi ha raccontato di non aver retto che due mesi al fantacalcio: troppa tensione, troppe regole, troppe condizioni da tenere a mente. Insomma, troppa fatica. Non comprendeva - e tuttora io con lui - il senso di tutto questo rodersi per dimostrare di averci visto lungo sulle capacità dei singoli giocatori, non bastasse il rosicamento quando perde la nostra squadra del cuore.
(Poi scopri che è tutta una questione di fattore ‘C’, come tutto del resto.)
Ma mio figlio è un po’ pigro, molto più fantasioso nella sua tigna di speculatore filosofico che disciplinato nel seguire qualsiasi tipo di regole, fossero pure quelle del Gioco dell’Oca.
Eppure il fantacalcio prende. Tant'è che la formula è stata applicata anche in altri ambiti e con requisiti perfino lontanissimi dalla bravura e dalle capacità positive degli inserimenti in squadra. Per esempio, al Fantacitorio vince punti il politico che fa la cazzata stratosferica, non il più serio o il più capace e la bravura del fantacitorista è quella di accaparrarsi i politici più cazzari/incompetenti/sboroni/narcisisti, e davvero ce n’è di imbarazzo nella scelta.
(Ma diciamocela tutta: il politico di oggi cerca visibilità e non esiste strumento migliore che sparare cazzate e/o sboronare al fine di attirare l'attenzione e polarizzare l'opinione pubblica. Non c'è bisogno di un talento particolare, attualmente la classe politica è quasi tutta una gran manica di incompetenti e boriosi in cerca di palcoscenici.)
Il fantacalcio - ho recentemente scoperto - è anche un mezzo per crescere, per capire il mondo e le persone, per formarsi insomma. L'ho capito leggendo un testo fresco e spigliato, divertente qubbì, quasi un trattato di insospettabile sociologia della post-adolescenza, ai tempi dei social ed anche del covid.
L'autore di questo simpaticissimo Il prossimo anno non contatemi (Urbone publishing, già esaurita la prima edizione!), Giuseppe Maria de Maio, racconta i carpiati delle sue emozioni di post-adolescente, descrivendo il contesto umano in cui vive, durante un anno - di tanti - stra-impegnato col fantacalcio (quasi salta la tesi), ripromettendosi di smettere all’eventuale riuscita dell'impresa.
Ritroviamo Edo, il protagonista, alle prese con una fauna giovanile che i miei concittadini riconosceranno autoctona, ma passioni, modi e aspirazioni sono comuni a quasi tutta la gioventù italica.
Tra un motto in vernacolo ed uno aulico, una cadenza partenopea e una partenirpina (con spuntature in romanesco, che si porta tanto), Edo e i suoi amici sciamano per le strade (e i bar) di una cittadina a loro indifferente (ma vi garantisco che il sentimento è reciproco) impattando a raffica gioie e delusioni, filosofie e regole, rifiuti, passioni, innamoramenti e finanche magiche epifanie orientali.
Edo, o meglio l’alter-eDo dell’autore, è un ragazzo comunque allegro e sereno, consapevole dell’importanza della sorte come della sfiga, sfidate continuamente dalla sua caparbia giovane età.
Che Edo vinca o meno al fantacalcio, lo scoprirete solo leggendo, ma vi appassionerete inseguendolo sulle montagne russe dove scorrazzano le sue emozioni.
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rideretremando · 2 months ago
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CONTRO CIORAN
I. “In tutte le geremiadi di Cioran c’è una minacciosa ‘faciloneria’. Non c’è bisogno di nessun pensiero analitico profondo, di nessuna particolare familiarità con l’argomento o lucidità per pontificare sul ‘marciume’, sulla ‘cancrena’ dell’uomo e sul cancro terminale della storia. Le pagine a cui ho attinto non solo sono facili da scrivere, ma ‘gratificano’ lo scrittore con il tenebroso incenso dell’oracolarità. Basta volgersi all’opera di Tocqueville, di Henry Adams o di Schopenhauer per constatarne la drastica diversità. Sono maestri di una chiaroveggente tristezza non meno totalizzante di quella di Cioran. La loro interpretazione della storia non è più rosea. Ma le ragioni che adducono sono scrupolosamente argomentate, non declamate; sono pervasi, a ogni nodo e articolazione delle idee proposte, da una percezione esatta della natura complessa e contraddittoria delle testimonianze storiche. I dubbi espressi da questi pensatori, le riserve che accompagnano le loro stesse convinzioni rendono onore al lettore. Non pretendono un’ottusa acquiescenza o un’eco compiacente, ma un ripensamento e una critica. Resta una domanda: le apocalittiche convinzioni di Cioran, il suo pessimismo letale e il suo disgusto stimolano in noi sensazioni originali e radicali? I pensées, gli aforismi e le massime che costituiscono il suo lasciapassare per la celebrità sono veramente nella linea di Pascal, di La Rochefoucauld o del suo modello immediato Nietzsche? (…) Il problema magari sta nella massima di Cioran secondo la quale negli aforismi, come nelle poesie, la singola parola fa la parte del re. Può essere vero per certi tipi di poesia, principalmente quella lirica. Non è vero per i grandi aforisti, per i quali la ‘sententia’ è sovrana, e lo è precisamente nella misura in cui impone alla mente del lettore la ricchezza, interiorizzata ma elusa, di uno sfondo storico, sociale e filosofico. Il più bel testo aforistico degli ultimi decenni, ‘Minima moralia’ di T.W. Adorno, trabocca dell’autorità che nasce dalla sintesi autentica, da una scrittura la cui concisione si ritraduce, obbligatoriamente, in una psicologia e sociologia di attenta coscienza storica su vaste proporzioni. Qualsiasi onesto confronto con ‘Squartamento’ sarebbe disastroso. Senza dubbio ci sono esempi migliori nell’opera di Cioran, soprattutto antecedenti all’epoca in cui ha trasformato i propri scritti nella ripetizione di sé stesso. Ma una raccolta di questo tipo (…) solleva non tanto la questione se il re sia nudo, quanto se un re ci sia” (George Steiner).
II. “Come autore di belle frasi tutte terribili E.M. Cioran non teme confronti. La sua maldicenza è inflessibile e soddisfatta. È globale. Il suo umore ha un costante colore bigio, livido, cinerino, violaceo, penitenziale e spavaldo. Coerente fino allo spasimo nella confessione puntigliosa dei suoi odii, Cioran ha già previsto tutto il peggio e perciò, in materia di sventure, disillusioni e distruzioni, non corre rischi (…) In un’epoca popolata di caricature, questa perfetta caricatura dell’aforista amarissimo non è neppure un caso raro, sebbene finga la rarità e perfino l’unicità assoluta. Rappresentando la quintessenza del pensiero negativo e antiprogressivo, impersonandolo senza incertezze e senza ironia, Cioran è molto prevedibile. La sua regola, infatti, è questa: egli dirà, a proposito di qualunque argomento, la frase più pessimista che si possa concepire (…) Perciò, senza saperlo né volerlo, E.M. Cioran si trova a essere con questa edizione italiana ciò che neppure in Francia poteva diventare: l’autore più esemplarmente, più manualisticamente Adelphi che la casa editrice Adelphi abbia pubblicato. / Da qualunque parte cominci (l’esaurimento della civiltà europea, il destino di certi popoli, i vantaggi dell’esilio, il carattere ebraico, lo stile, i mistici ecc.), Cioran non perde tempo in preamboli. I massimi problemi sono il suo passatempo quotidiano. Essi sono sempre lì, davanti al suo occhio acrimonioso e splenetico. Naturalmente non c’è nulla, per quanto grande, che egli prenda sul serio, perché questo sarebbe inelegante: cioè, dal suo punto di vista, imperdonabile. Infatti non c’è questione che non si presenti a Cioran come una questione di gusto e stile. Parlando di Kleist afferma: ‘Ineguagliato, perfetto, capolavoro di tatto e di gusto, il suo suicidio rende inutili tutti gli altri’. Dove non si sa se prevalga l’estetismo, la mancanza di immaginazione o la prepotenza morale (anche suicidarsi, dopo la sua frase su Kleist, diventa una caduta nel cattivo gusto, è cioè proibito). / Il suo modo di pensare si nutre appunto di infatuazioni, di piccoli dogmi personali e di quelle continue alzate di spalle con cui il parvenu dello Spirito deve sempre dimostrare di essere ‘il più fine’. Eccolo ancora in azione, con una delle sue armi più affilate: la pretesa di conoscenza e di giudizio finale, in uno dei tanti campi in cui tale pretesa è assurda: «“Sono un vile, non posso sopportare la sofferenza di essere felice”. Per penetrare in qualcuno, per ‘conoscerlo’ veramente, mi basta vedere come reagisce a questa confessione di Keats. Se non capisce immediatamente, inutile ‘continuare’». Chissà che cosa ha in mente Cioran quando spara volgarità simili. La frase di Keats, nella sua nuda e dimessa verità, viene trasformata in una specie di arcano terroristico, di test omicida di cui Cioran dice di servirsi (dove? quando?) “per penetrare in qualcuno, per conoscerlo veramente”: cosa in realtà preclusa a chiunque, perfino agli dèi e ai santi (…) La lucidità di Cioran si trasforma così facilmente in puro stile della lucidità perché brancola su uno sterminato, artificioso spazio culturale in cui ogni elemento può essere confrontato con ogni altro, dopo essere stato ridotto a una sintetica fisiologia, morfologia o cifra morale. L’Esiliato, l’Occidentale, il Taoista, il Mistico Medievale, il Romanziere, il Russo, il Poeta, il Moralista, Yahweh, i Tedeschi, Prometeo, Giobbe: per tutti e per ogni condizione, Cioran trova una definizione e una formula, su tutto lancia la maledizione delle sue frasi. Ma ciò che la sua lucidità soprattutto non capisce è che la lucidità «metafisica» a cui egli aspira non è di una specie sola, non risponde a canoni generali e non veste sempre gli stessi panni. Chi aspira al Nulla non può fondare sul Nulla nessuna opinione. Cioran crede che il Nulla abbia delle preferenze in fatto di opinioni e di stile, e immagina che il suo stile sia ispirato, come le sue opinioni, dal Nulla in persona” (Alfonso Berardinelli).
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valentina-lauricella · 8 months ago
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Leopardi e i suoi "compiti di scuola" (da Loretta Marcon)
UN TENTATIVO DI PARZIALE RIELABORAZIONE CRITICA: "IL DIALOGO FILOSOFICO SOPRA UN MODERNO LIBRO…" (1812)
N.B.: Il Dialogo leopardiano è "un libretto di tre quinterni di pagine 44 numerate, in carta orlata d'oro (cm.22 x 15) con copertina colorata". La copia esistente a Recanati nella biblioteca domestica non è autografata e presenta delle correzioni.
Nel 1812, quasi a conclusione del biennio di studi filosofici iniziati probabilmente in preparazione a quelli teologici ai quali la famiglia l'aveva destinato, Giacomo Leopardi scrive l'ultimo saggio strettamente filosofico, il Dialogo filosofico sopra un moderno libro intitolato "Analisi delle idee ad uso della gioventù".
Questo scritto risulta molto interessante per svariati motivi. Innanzitutto per la forma di dialogo realizzato tutto con il discorso indiretto che dimostra quindi una notevole agilità rispetto alle Dissertazioni degli anni precedenti. Il giovane autore si muove in modo più dialettico e con maggiore conoscenza dell'ambiente culturale illuministico, pur rimanendo salda l'impostazione ideologica; egli segue le orme della tradizionale apologetica cattolica e i nemici da confutare sono "gli empi libertini" che affermano la mortalità dell'anima. Le lezioni del precettore di casa Leopardi, Don Sanchini, le opere di scrittori cattolici illuminati che combattevano l'illuminismo "con brio e scioltezza illuministica", fecero in questo modo conoscere al giovane Giacomo opere e idee che successivamente avrebbe letto direttamente e condiviso.
L'autore dell'opera Analisi delle idee ad uso della gioventù era un erudito pensatore barnabita, Mariano Gigli, che già aveva pubblicato molti scritti di carattere letterario e filosofico, riguardanti soprattutto la filosofia del linguaggio. [1]
Il Gigli viene annoverato nella Prefazione tra i "falsi sapienti" sulle cui obiezioni e su quelle degli "increduli sfrontati" trionferà la cattolica religione.
Il giovane Leopardi dichiara di voler confutare gli "empj libertini che finsero l'anima materiale e mortale", ripetendo uno dei temi ricorrenti dell'apologetica cristiana, anche se il Gigli a p. 92 del suo saggio, afferma chiaramente che "l'anima è spirituale perché il pensiero non può convenire alla materia perché la materia non può pensare".
[1] Mariano Gigli nacque a Recanati nel 1782, mentre ignota è la data della morte. Il saggio confutato da Leopardi era stato pubblicato a Macerata nel 1808, presso Antonio Cortesi. Il Gigli offre il suo "tenue prodotto", presentandolo come un breve e forse "men nojoso" di tant'altri Compendi di Logica e Metafisica e nell'introduzione egli definisce la filosofia come "la scienza di ciò, che può conoscersi e col lume di ragione e con esatte osservazioni, e con esperienze ben istituite" e la logica come "l'arte di ben pensare". Il Gigli professava la filosofia sensistica che è quella dell'Illuminismo e riduce l'empirismo lockiano ad una forma chiara di sensismo, dominato dall'unico principio della sensazione; nel testo troviamo infatti numerose citazioni dalle opere di Condillac e di Locke. La trattazione si snoda attraverso l'analisi e la descrizione dei cinque sensi, dell'origine delle sensazioni e delle idee di Esistenza, di Ordine, del Bello e del Buono e delle cognizioni che derivano dai sensi mediatamente. Una interessante Sezione riguarda l'aspetto pedagogico, infatti (VI-capi I, art. I) è dedicata all'analisi delle cause d'ignoranza provenienti dal corpo, ove l'Autore afferma, seguendo Locke, che una prima causa può essere l'Educazione che non deve essere né "indulgente e molle" per non rendere "la macchina recalcitrante ad una laboriosa applicazione", né troppo severa per non renderla "stupida e inabile a progredire anche di un passo nel sentiero delle non comuni cognizioni"; prosegue poi affermando che l'uomo è nato per agire perché la vita dell'uomo deve consistere nell'Azione (cfr. Leopardi: "l'uomo è nato per agire"). Il Trattato del Gigli prosegue poi esaminando la natura dell'anima e le sue facoltà, arrivando all'analisi della Libertà ed infine ad una breve trattazione sull'anima dei Bruti.
[…]
Questo scritto rappresenta parte delle mie prime ricerche leopardiane (1993-94) in un campo a quel tempo pressoché inesplorato, riguardante i testi del '700 studiati dal giovane Giacomo e i suoi rapporti con i filosofi moderni.
(Da Loretta Marcon, La crisi della ragione moderna in G.L.)
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personal-reporter · 8 months ago
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L'eredità filosofica di Friedrich Nietzsche: un'analisi di 'Così parlò Zarathustra'
Il pensiero filosofico di Friedrich Nietzsche, uno dei più influenti del XIX secolo, continua a esercitare un impatto significativo nel panorama culturale e intellettuale. Una delle opere più iconiche di Nietzsche è “Così parlò Zarathustra”, un testo complesso e ricco di significati che esplora temi come la volontà di potenza, l’eterno ritorno e la morte di Dio. Continue reading L’eredità…
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daimonclub · 9 months ago
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Riflessioni sulle donne
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Riflessioni e pensieri sulle donne Riflessioni sulle donne. Per l'aumentato benessere medio l'uomo e la donna si vanno orientando verso una morfologia utilitaria. Nelle classi giovani circolano già i modelli che verranno prodotti in larga serie nel futuro; uomini agili, sicuri, di buon affidamento e di basso consumo; donne di media statura, di facile manutenzione e dalle prestazioni standard. Lievi differenze nelle rifiniture. La natura fa ancora pochi esemplari di uomini e donne lusso, destinati allo spettacolo e al consumo collettivo d'informazione, alla pubblicità, ai rotocalchi. Ennio Flaiano Nell'arte di trattare le donne, un testo di diciassette capitoli, Schopenhauer svilisce la figura femminile in ogni suo aspetto. Non è necessario essere una femminista incallita per appurare che L’Arte di trattare le donne di Schopenhauer sia un saggio filosofico misogino, maschilista e, a tratti, delirante. Esiste una certa convinzione nell’immaginario di Schopenhauer che relega la donna a mero essere inferiore; lui stesso, nel corso del saggio, la definisce “secondo sesso”: subordinata all’uomo, capace di grandi cose solo quando genera una nuova prole. Ma anche nelle opere speculative di Schopenhauer non mancano inequivocabili e sarcastiche considerazioni misogine. Nel capitolo “Sulle donne” di Parerga e Paralipomena, si legge inoltre: "Le donne sono il sexus sequior, sesso inferiore in ogni senso, fatto per stare in disparte e sullo sfondo". Sono "puerili, futili e di vista corta. In una parola, restano per tutta la vita dei grandi fanciulli". Tuttavia nel 1851, la pubblicazione di Parerga e Paralipomena gli assicura una fama inattesa, clamorosa quanto tardiva, che sembra risarcirlo del disinteresse dei contemporanei per il suo capolavoro Il Mondo come volontà e come rappresentazione. Accade così che quando Elisabet Ney viene a trovarlo a casa, quasi quotidianamente, per scolpire il suo busto in bronzo, Schopenhauer attraverso questa figura femminile si avvicina platonicamente al gentil sesso e mitiga di molto la sua misoginia tanto che arriva persino a confidare a Malwida von Meysenbug, futura protettrice di Nietzsche, la sua nuova concezione a riguardo: "Non ho ancora detto la mia ultima parola sulle donne: credo che, se una donna riesce a sottrarsi alla massa, e quindi a sollevarsi al di sopra di essa, è destinata a crescere continuamente, molto più di un uomo". Carl William Brown Non è per caso che il sangue mestruale che le donne si trovano ad avere senza averlo richiesto ha spesso la funzione di dire di fronte a tutti che le donne non hanno che ciò che si meritano, che sono vittime senza innocenza. Al limite, nel linguaggio del corpo e nei suoi fantasmi si realizza totalmente il travaglio ideologico, perché soltanto a vedere il proprio sangue mestruale una donna dovrebbe perdere il diritto di parola o accettare muta tutte le oppressioni economiche, politiche e ideologiche che subisce. Bisogna dunque avanzare l’idea che non è la sessualità che si aggira come un fantasma nella società, ma è piuttosto la società che, come un fantasma, agisce sulla sessualità, sul corpo. M. Godelier Con il grande dispiacere dei galleristi, dei direttori di musei, e di tutti gli artisti in generale, ho sempre preferito il bel viso di una donna, per i più arrapati potrebbe andare bene anche il fondoschiena, a tutte quelle inutili, noiose e per di più anche presuntuose rappresentazioni e realizzazioni create ed organizzate solo ed esclusivamente per cercare di raccogliere un po' di denaro! A volte ad essere un semplice naturalista ci si guadagna in tempo, in soldi, in divertimento ed in più è anche possibile risparmiarsi delle barbose rotture di scatole. Carl William Brown
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Brigitte Bardot Ogni donna ha un bel corpo, bello perché è il brillante risultato di milioni di anni d’evoluzione. E ricco di stupefacenti adattamenti e impercettibili perfezionamenti che lo rendono il più rimarcabile tra gli organismi del pianeta. Nonostante ciò, in momenti e in luoghi diversi, le società umane hanno cercato di imporsi sulla natura, modificando e adornando il corpo femminile in migliaia di modi diversi. Alcune di queste elaborazioni culturali erano gradevoli, altre dolorose, ma tutte tendevano a rendere la femmina umana ancora più bella. Desmond Morris Le donne che al giorno d'oggi indossano pellicce sono idiote. Animali selvatici sono allevati in piccole gabbie dove impazziscono perché non possono più condurre una vita naturale. Sono imprigionati in allevamenti lager. I visoni vengono uccisi col gas, le volpi con l'elettrocuzione… tutta quest'industria è crudele, barbara e assolutamente inutile... Tutti questi animali sono messi in gabbia, non vedono né il sole né l'erba, e lasciano questo inferno solo per andare al macello. Per me l'allevamento intensivo è un segno di degenerazione umana. Se uno riesce a trovarlo accettabile, allora noi umani abbiamo perso ogni valore morale. Brigitte Bardot Gli uomini e le donne non hanno seguito il cammino evolutivo nello stesso modo. Entrambi hanno percorso un bel tratto lungo il sentiero degli «adulti-bambini», ma sono avanzati a velocità lievemente diverse in alcuni tratti: gli uomini sono un po’ più infantili nel loro comportamento, le donne nella loro anatomia. Desmond Morris All’età di trent’anni, gli uomini sono quindici volte più soggetti agli incidenti delle donne. Questo perché l’elemento di rischio ha una presenza ben diversa nel gioco degli uomini che in quello delle donne. Anche se questa caratteristica fa facilmente, finire gli uomini nei guai, era preziosa nei tempi passati quando, per poter aver successo nella caccia, gli uomini dovevano essere pronti ad affrontare situazioni rischiose. Le donne primitive, invece, erano troppo preziose perché potessero correre dei rischi cacciando, mentre i maschi della tribù erano spendibili, e quindi hanno fatto del pericolo la loro professione. Se qualcuno di loro fosse morto, non ci sarebbero state conseguenze sul tasso di natalità di una piccola tribù, ma se fossero morte delle donne, allora quel tasso sarebbe calato drasticamente. Va ricordato che, in epoca primitiva, c’erano così pochi esseri umani vivi sul pianeta che un alto tasso di nascite era fondamentale. Desmond Morris Di tutte le creature dotate di anima e di mente nessuna è più sventurata di noi donne. Prima di tutto dobbiamo comprarci a caro prezzo uno sposo che poi diventerà il padrone del nostro corpo, e questo tra i mali è il peggiore. Così corriamo un gravissimo pericolo: il marito sarà buono o cattivo? L’uomo quando ne ha abbastanza di starsene in casa, non ha che da uscirne, per dar sollievo alla sua noia in compagnia di amici e coetanei, ma noi siamo costrette a fissare lo sguardo su una sola persona. Euripide Se si spiegasse alle ragazze che le mestruazioni non sono una maledizione, ma un ‘amichevole messaggio’, che le rassicura circa il funzionamento dei propri organi interni, che le rende potenzialmente in grado di diventare madri, forse cesserebbero i crampi e anche l’impressione di subire una "maledizione". E. Fromm-Reichmann/V.K. Gunsy Poche donne hanno il senso innato della giustizia; a moltissime manca addirittura qualsiasi comprensione per la presenza in altri di tale senso... quando non appaia loro decisamente ridicolo; e questo accade molto più spesso di quanto vogliano ammettere. Arthur Schnitzler
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Riflessioni e pensieri sul gentil sesso Io delle donne mi innamoro sempre di più, vorrei baciarle tutte, con amore, nelle loro pieghe di grasso, nelle loro rughe sudate, nei loro culi disfatti, nelle fiche rovinate, negli occhi allucinati, nelle bocche sgangherate, dappertutto dove viene offesa e lapidata, per il trionfo del cazzo padrone. D. Maraini Ogni donna ricca dovrebbe sposare un uomo povero ed ogni uomo povero una donna ricca; almeno in questo modo i matrimoni riuscirebbero ad essere un buon mezzo (viatico) per la ridistribuzione dei redditi. Purtroppo invece, la crudele realtà troppo spesso ci impone il contrario. Carl William Brown Nessuna lotta può concludersi vittoriosamente se le donne non vi partecipano al fianco degli uomini. Al mondo ci sono due poteri: quello della spada e quello della penna. Ma in realtà ce n’è un terzo, più forte di entrambi, ed è quello delle donne. Malala Yousafzai C'era un tizio che diceva molto saggiamente, se uno è giovane a sposarsi deve aspettare un po' più in là, se invece uno è un po' più in là con gli anni non dovrebbe sposarsi più. Ma io in fondo in fondo per ottenere un po' più di serenità dovrei trovare una donna che condivida i miei ideali, che condivida i miei interessi, che condivida il mio lavoro, che condivida la mia casa, che condivida il mio letto e che, per aiutarmi nella mia lotta contro la stupidità, condivida i suoi soldi. Carl William Brown La tendenza di parecchie donne a dilapidare il denaro esprime una ostilità nei confronti del marito, al quale vengono in tal modo tolti i suoi ‘mezzi’; si tratta dunque (...) di una manifestazione del complesso di evirazione femminile nel senso della vendetta nei riguardi del maschio. K. Abraham Ci sono donne le quali in virtù del fatto che non fanno all’amore, ritengono di poter fare tutto quanto il loro comodo; esse si trincerano fieramente e costantemente dietro la loro posticcia onestà (pruderie), guardando tutti dall’alto in basso e pretendendo che tutte le più belle qualità che posseggono le altre siano niente comparate al loro miserabile onore, di cui nessuno si cura. Molière Entro questo sistema di valori (patriarcali e competitivi) la scelta, per la donna, è d’identificarsi o con l’immagine della Madre (santa, vergine, procreatrice, massaia, mamma) priva di vagina, o con l’immagine della Prostituta (sgualdrina che si vende, seduttrice, vamp, oca giuliva) con vagina. La sua scelta crea un conflitto che dà luogo ad atteggiamenti fluttuanti. Il ruolo della donna in quanto tale sarà di oscillare fra questi due modelli statici. Le Torchon Brûle No, la donna non è un nostro fratello; con la pigrizia ne abbiamo fatto una creatura diversa da noi, sconosciuta, che ha per unica arma il proprio sesso; e ciò significa non solo la guerra perpetua, ma anche una cattiva guerra - ci adora e ci odia, ma non è una leale compagna, un essere che forma legione con spirito di corpo, frammassoneria - con le diffidenze di un piccolo eterno schiavo. J. Laforgue Come in certe specie animali, le femmine praticano l'ibernazione. Per quattro mesi spariscono, non si vedono più. Ai primi raggi del sole di marzo, come si fossero passate parola o avessero ricevuto un ordine di mobilitazione, spuntano a decine per le strade, in abiti leggeri e tacchi alti. Allora ricomincia la vita. Bertrand Morane
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Pensieri, riflessioni ed idee sulla donna Dicono che la donna nel mondo del lavoro è ancora discriminata e tuttora meno occupata. Io comunque guardandomi in giro osservo che tra i lavoratori ve ne sono molti del gentil sesso, per esempio le suore , le infermiere, e ancora le domestiche, le insegnanti, le ricercatrici, le commesse, le impiegate di banca, le cassiere dei supermercati, le parrucchiere, le maestre d'asilo, le massaggiatrici, le prostitute, le managers, le consulenti, le ballerine, le ragazze immagine, quelle che si dedicano alla politica e così via. Carl William Brown Allo stesso modo che la natura ha armato il leone di artigli e denti, l'elefante e il cinghiale di zanne, il toro di corna e la seppia dell'inchiostro che intorbida l'acqua, così ha dotato la donna dell'arte di fingere per proteggersi e difendersi e tutta la forza, che ha dato all'uomo sotto forma di robustezza e di ragione, è stata conferita dalla natura alla donna sotto forma della suddetta qualità. Arthur Schopenhauer Le donne possono, certamente, essere colte, ma non sono fatte per le scienze più elevate, per la filosofia e per certe produzioni dell'arte, che esigono un universale. Le donne possono avere delle trovate, gusto, delicatezza, ma non hanno l'ideale. Se le donne stanno a capo del governo, lo Stato è in pericolo. G.W. F. Hegel La cosa migliore per i nostri uomini e le nostre donne sarebbe di avere un’unica educazione, crescere insieme i propri figli ed assumersi una comune responsabilità come custode dei propri concittadini. Le donne dovrebbero, di fatto, nei limiti del possibile, prender parte a tutte le occupazioni degli uomini, in tempo di pace come in tempo di guerra (...) Non vi è nulla di nocivo per la femminilità in questa naturale cooperazione tra i sessi. Platone Truth is beauty and beauty is truth. Con il poeta Keats mi sto sempre più convincendo che l'estetica coincida con l'etica. (Anche Wittgenstein e Ayer erano dello stesso parere.) Del resto avere una bella donna, piuttosto che una brutta, o una bella e grossa macchina, invece che una piccola e sfigata, non sarebbe forse un vantaggio anche etico, oltre che economico. Già, perché come ci ricorda B. Russel, il famoso filosofo, l'etica coincide perfettamente con l'economia. Carl William Brown Anche la più repressa delle donne ha una vita segreta, con pensieri segreti e sentimenti segreti che sono lussureggianti e selvaggi, ovvero naturali. Anche la più prigioniera delle donne custodisce il posto dell'io selvaggio, perché intuitivamente sa che un giorno ci sarà una feritoia, un'apertura, una possibilità, e vi si butterà per fuggire. Clarissa Pinkola Estés Eva, per un senso, indica il derivato. Il derivato non è mai perfetto come l’originale. Tuttavia la differenza qui è puramente quantitativa Questa derivazione della donna spiega anche in che senso essa è più debole dell’uomo, come è stato ammesso in tutti i tempi da pascià e cavalieri. Peraltro, la differenza non è di tal natura da menomare l’essenziale eguaglianza tra l’uomo e la donna: si esprime dicendo che l’angoscia è più riflessa in Eva che in Adamo, e la ragione di ciò è che la donna, più dell’uomo, appartiene al sensibile. Søren Aabye Kierkegaard Quando le donne sono onorate gli dei si rallegrano; quando non lo sono, i riti religiosi non giovano. Dove le donne sono offese, la famiglia perisce; dove esse non soffrono, la famiglia gioisce. Le case che una donna maledice perché non vi è stata onorata, periscono come per incantesimo. Libro di Manu, testo indiano Tutte le discussioni sullo stato delle donne, sul carattere, il temperamento delle donne, sulla sottomissione e l’emancipazione delle donne, fanno perdere di vista il fatto fondamentale, e cioè che le parti dei due sessi sono concepite secondo la trama culturale che sta alla base dei rapporti umani e che il bambino che cresce è modellato altrettanto inesorabilmente come la bambina secondo un canone particolare e ben definito. M. Mead Dato il carattere fondamentalmente patriarcale della società, che in fondo non è cambiata, la donna è ancora in condizioni di svantaggio. Non solo quando deve lavorare per vivere è costretta ad adattarsi a forme di vita modellate da uomini e per gli uomini; ma la sua eredità storica, la sua educazione specifica imposta da una società da secoli mascolina, l’irrazionale preferenza data all’uomo in molte carriere e il clima culturale in generale, creano per le donne un sovrappiù di problemi e rendono la loro esistenza psicologicamente difficile. Per queste e per altre ragioni, le donne hanno un enorme interesse alla inviolabilità del matrimonio. M. Horkheimer
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Massime e pensieri sulle donne Mi fanno ridere adesso queste donne emancipate, queste donne che vogliono rendersi indipendenti e credono di attirarsi la simpatia e l’ammirazione degli uomini L’uomo è la cosa più importante della nostra vita! L’uomo è tutto quel che ti dico, e qualche volta è peggio ancora, molto peggio. Ma la nostra felicità, il nostro successo dipendono da lui. Una donna senza un uomo è un campo secco, Dio ne liberi. F. Cialente Una donna è derisa se piange di vero cuore il marito morto, ma biasimata altamente se, per qualunque grave ragione o necessità, comparisce in pubblico, o smette il bruno, un giorno prima dell’uso. È assioma trito, ma non perfetto, che il mondo si contenta dell’apparenza. Aggiungasi per farlo compiuto, che il mondo non si contenta mai, e spesso non si cura, e spesso è intollerantissimo della sostanza. Quell'antico si studiava più d’esser uomo da bene che di parere; ma il mondo ordina di parere uomo da bene, e di non essere. Giacomo Leopardi Nei miti pre-ellenici la natura femminile ha qualcosa di terrificante e ci appare come una potenza oscura e vendicatrice Le tradizioni più antiche associano l’idea di femminilità con un principio di barbarie e di violenza. Nèmesi, la vendetta, è una divinità femminile. Le orrende e spietate Erinni incarnano un principio femminile. Storicamente l’elemento femminile fu profondamente radicato nelle regioni della natura e del sangue, nella sfera cupa delle potenze terrestri che non ammettono violazione alcuna al loro dominio. R. Cantoni È evidente che l’esigenza femminile di essere amata e di avere una sola relazione sessuale costante dipende prevalentemente dal fatto che la cultura in cui vive non le offre alcuna sicurezza se non in una cosiddetta relazione amorosa permanente. essere oggetto d’amore non è semplicemente un elemento naturale nella vita di una donna come di un uomo; per lei è diventata inevitabilmente una professione. Per ottenere questa sicurezza vive con l’obbligo di rendere il proprio corpo sessualmente seducente e la propria personalità attraente A questo punto è evidente che il presunto narcisismo femminile e la maggiore esigenza d’amore possano scaturire interamente dalla necessità economica. C. Thompson Non credo ai diavoli, tanto più che per esplicito riconoscimento della loro guida io non sono una parte valida del contratto, primo perché non ho un’anima, secondo perché in fatto di stupidità anche all’inferno ne sanno meno di me! Stupidità, sia ben chiaro, intesa in modo globale e non alla maniera di qualche strano e stitico scrittore. Ma veniamo invece al culto della dea madre, mito del quale nutro una certa fascinazione e al quale dedicherò nientemeno che un intero sito. Read the full article
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lamilanomagazine · 11 months ago
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Emilia-Romagna, Il nuovo spettacolo di Valter Malosti con Anna Della Rosa dall’opera di William Shakespeare Antonio e Cleopatra
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Emilia-Romagna, Il nuovo spettacolo di Valter Malosti con Anna Della Rosa dall’opera di William Shakespeare Antonio e Cleopatra Antonio e Cleopatra di William Shakespeare è un’opera raramente rappresentata in Italia, ma è tra le vette poetiche del corpus drammatico dell’autore, un’occasione per il pubblico e gli appassionati di confrontarsi con un capolavoro sconosciuto ai più, anche grazie alla nuova traduzione italiana in versi di Nadia Fusini e Valter Malosti. È questo il testo che Malosti, il direttore di ERT / Teatro Nazionale, sceglie per la sua nuova regia, in prima assoluta al Teatro Storchi di Modena dal 10 al 14 gennaio, e subito dopo a Bologna al Teatro Arena del Sole dal 17 al 21 gennaio. La tournée proseguirà nelle principali città italiane fino a giugno, chiudendosi al Piccolo Teatro di Milano. Lo spettacolo è una produzione di Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale con Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte e Cultura. In occasione della replica di sabato 13 gennaio alle ore 16.30 al Teatro Storchi è in programma un incontro con Valter Malosti, Anna Della Rosa e Nadia Fusini, moderato dal docente e coordinatore del corso di Laurea in Discipline della musica e del teatro dell’Università di Bologna Enrico Pitozzi, nell’ambito del ciclo Conversando di Teatro. Nei panni dei due protagonisti, lo stesso Malosti e Anna Della Rosa, già finalista ai Premi Ubu 2021 come miglior attrice per la sua interpretazione della regina d’Egitto in Cleopatràs, il primo dei Tre lai di Giovanni Testori, con la regia di Valter Malosti. Con loro, un ampio cast che vede insieme attrici e attori affermati e giovani talenti (Danilo Nigrelli, Dario Battaglia, Massimo Verdastro, Paolo Giangrasso, Noemi Grasso, Ivan Graziano, Dario Guidi, Flavio Pieralice, Gabriele Rametta, Carla Vukmirovic). Per la messa in scena il regista collabora con alcuni fra i migliori professionisti del teatro italiano, tra cui i premiati agli Ubu 2023 Margherita Palli (scenografa), Cesare Accetta (direttore della fotografia e light designer) e GUP Alcaro, sound designer che affianca i lavori di Malosti da due decenni, vincitore per il progetto sonoro di Lazarus. I costumi sono di Carlo Poggioli, candidato ai Nastri d'Argento, ai David di Donatello e ai BAFTA; e la cura del movimento è del regista e coreografo Marco Angelilli. Antonio e Cleopatra Valter Malosti si confronta con Antonio e Cleopatra dopo un lungo e appassionato percorso shakespeariano. Tra gli spettacoli: Shakespeare/Venere e Adone (Premio ANCT 2009), Lo stupro di Lucrezia (Premio Ubu 2013 a Alice Spisa), Amleto, Shakespeare/Sonetti, Macbeth. Nel 2022 Einaudi pubblica nella collana di Poesia la sua traduzione de I Poemetti. «I due straripanti protagonisti – spiega Valter Malosti – eccedono ogni misura per affermare la loro infinita libertà. Politicamente scorretti e pericolosamente vitali, al ritmo misterioso e furente di un baccanale egiziano vanno oltre la ragione e ai giochi della politica. Inimitabili e impareggiabili, neanche la morte li può contenere. Di Antonio e Cleopatra – prosegue il regista – la mia generazione ha impresso nella memoria soprattutto l’immagine, ai confini con il kitsch, e vista attraverso la lente d’ingrandimento del grande cinema (grande davvero vista la regia di Joseph L. Mankievicz) di Hollywood, della coppia Richard Burton / Liz Taylor. Ma su quest'opera disincantata e misteriosa, che mescola tragico, comico, sacro e grottesco, su questo meraviglioso poema filosofico e mistico (e alchemico) che santifica l’eros, che gioca con l’alto e il basso, scritto in versi che sono tra i più alti ed evocativi di tutta l’opera shakespeariana, aleggia, per più di uno studioso, a dimostrarne la profonda complessità, l’ombra del nostro grande filosofo Giordano Bruno: un teatro della mente». La storia d’amore tra Antonio e Cleopatra permette a Shakespeare di raccontare l’incontro e il conflitto tra Oriente e Occidente, un conflitto politico ma anche scientifico. Nel 1580 infatti Giordano Bruno si trovava in Inghilterra, qui recuperò le scienze astronomiche degli antichi egizi e diffuse nella cultura occidentale le sue teorie rivoluzionarie che gli sarebbero poi costate la vita. Per Antonio conoscere Cleopatra – un “Serpente del vecchio Nilo” che siede in trono rivestita del manto di Iside – è ciò che dà un senso al viaggio della vita, nell’incontro con Cleopatra Antonio nasce pienamente a sé stesso. Quanto a Cleopatra, scrive Nadia Fusini, «oltre che Didone e Iside, è una zingara, è la grande prostituta d’Oriente, un’anticipazione di Isolde, la donna “strana” e straniera dei Proverbi, la “lussuriosa” di Dante, la “fedele” in amore di Chaucer, la puttana di Cesare, e ora l’amante di Antonio. Ma soprattutto, ora, in questo dramma, è la sacerdotessa di un’azione drammatica da cui sgorga ancora e di nuovo l’antica domanda, che già ossessionava Zeus e Era: in amore chi gode di piú? l’uomo o la donna? e chi ama di piú, gode forse di meno? E tra gli amanti, chi riceve di piú? Sono domande che nella logica dell’economia erotica con cui Shakespeare gioca esplodono con fragore dissolvendo pretese macchinazioni puritane volte a legiferare in senso repressivo sulla materia incandescente dell’eros». Antony and Cleopatra, come ci suggerisce il docente, traduttore e poeta Gilberto Sacerdoti, è un prisma ottico: «Se viene osservato solo di fronte un prisma ottico mostra una sola immagine, e se non si fa un passo a sinistra e uno a destra, le altre due restano invisibili – il che, in caso di “verità” e “segreti della natura” che “dovrebbero tacere”, può venir buono per farli tacere e parlare al tempo stesso.” Visto di fronte è dunque la storia di amore e di politica narrata da Plutarco. Visto di sbieco ci spinge a decifrare “l’infinito libro di segreti della natura”. Per trovare un corrispettivo dell’infinito amore di Antonio “bisogna per forza scoprire un nuovo cielo e una nuova terra”, e a chi è disposto a lavarsi il cervello col forte vino d’Egitto, Dioniso rivela “un mondo che gira” proprio come quello che l’umanità si stava preparando a scoprire». Un breve appunto su ordine e disordine / Valter Malosti FILONE La demenza del nostro generale oltrepassa ogni misura: i suoi occhi che mandavano bagliori di fuoco sulle schiere e le adunate di guerra, riflessi sul metallo come un Marte, ora son volti su quella egiziana, e il suo gran cuore di capitano, che in battaglia faceva saltar via le fibbie della corazza sul petto, rinnega sfrenato ogni temperanza, è diventato il mantice e il ventaglio che rinfresca i bollori d’una zingara lussuriosa. Guarda bene la scena Vedrai uno dei tre pilastri del mondo trasformato nel buffone d’una puttana. Fa’ attenzione e guarda. Mi hanno sempre colpito leggendo e rileggendo Antonio e Cleopatra, la prima e l’ultima scena ma non capivo esattamente il perché. Mi sembravano due scene, stavo per dire due inquadrature, non rilevanti. Nella prima scena uno degli ambasciatori arrivati da Roma per avere un colloquio con Antonio parla del grande generale come se fosse un vecchio demente, disordinato, libidinoso, perso dentro l’amore per la “zingara” Cleopatra, e d’altra parte gipsy arriva proprio da egyptian, così come il nostro italiano “gitano”, che è il latino aegyptanus, da Aegyptus «Egitto», e con questo ultimo appellativo Antonio chiamerà Cleopatra all’interno della tragedia shakespeariana. Nella scena che chiude la tragedia osserviamo invece il vincitore Cesare Ottaviano davanti al corpo esanime di Cleopatra che incita al “massimo ordine”. Antonio e Cleopatra inizia dunque col massimo disordine in atto, in cui eros vive insieme a thanatos in un baccanale egiziano e convive con le guerre e la res pubblica e il potere, ma tutto questo sconvolgimento del mondo svanisce con la morte dei due amanti “senza pari”. L’ultima inquadratura appartiene a Cesare Ottaviano che, dopo la beffa politica del suicidio di Cleopatra, concede ai due una imperitura tomba comune ed esige dai suoi il “massimo ordine” relativamente al rito di sepoltura con tutto l’esercito schierato. Massimo ordine che vuole cancellare per sempre il massimo disordine. Ed è, istintivamente, proprio dall’immagine per me ineludibile di questa tomba-monumento che è iniziata la nostra ricerca su Antonio e Cleopatra. Ho chiesto a Margherita Palli di creare una scena-tomba, con gli strati della storia (millenari) visibili, è un mausoleo di oggi che ospita tombe antiche di antichi ospiti, i fantasmi, le ombre come Shakespeare le chiamava, che sono l’essenza del teatro. Sono dei morti che qui ci parlano con una pienezza di vita e una presenza più viva della vita, grazie alla poesia. I. L'invertito gusto e invertibile anche del veleno che hai cercato, distribuito, amato, quell’odiosa, sadica mania di far che la materia dell’arte sia come la gola l’attimo prima che una mano la stringa o nelle vene infetti l’aspide-siringa la funesta bava-droga, l’attimo, l’ora, l’eternità, forse, prima che Cleopatra muoia II. Chi ha quaggiù dipinto e amato che non desiderasse nell’un tempo l’assassinio di sé e dell’amante, una morte comune, fosse pur pitturale, insieme, a due, l’agonie mie, le sue... Giovanni Testori, Francesco Cairo, da Maddalene, Franco Maria Ricci, 1989 Personaggi e interpreti - Anna Della Rosa Cleopatra - Valter Malosti Antonio - Danilo Nigrelli Enobarbo - Dario Battaglia Cesare Ottaviano - Massimo Verdastro Indovino - Paolo Giangrasso Messaggero di Cleopatra - Ivan Graziano Agrippa - Noemi Grasso Incanto - Dario Guidi Eros - Flavio Pieralice Messaggero di Roma - Gabriele Rametta Soldato di Antonio - Carla Vukmirovic Ottavia Valter Malosti, regista, attore e artista visivo, dirige dal maggio 2021 Emilia Romagna Teatro Fondazione / Teatro Nazionale e in precedenza la Fondazione Teatro Piemonte Europa e la compagnia indipendente Teatro di Dioniso. Gli spettacoli di Malosti hanno ottenuto, tra gli altri, il premio internazionale Flaiano per la regia di Venere in pelliccia di David Ives nel 2017, il Premio Ubu 2009 per la regia di Quattro Atti Profani di A. Tarantino e quello dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro sempre per Quattro Atti Profani e per Shakespeare/Venere e Adone. Nel 2004 Inverno di Jon Fosse ha ricevuto il Premio Ubu per il miglior testo straniero messo in scena in Italia. Del 2004 è il premio Hystrio per la regia di Giulietta di Fellini. Nel 1992 Malosti ha ricevuto una menzione speciale al Fringe Arts Festival di Melbourne come miglior performer interpretando Ella di H. Achternbusch in lingua inglese. Del 2019 è la nomination ai Premi Ubu per la regia e il progetto sonoro di Se questo è un uomo di Primo Levi. Malosti ha diretto opere di Nyman, Tutino, Glass, Corghi e Cage, spesso in prima esecuzione, e per il Teatro Regio di Torino Le nozze di Figaro di Mozart. Ha al suo attivo diverse regie radiofoniche per Rai Radio3. Tra i suoi progetti più recenti la regia d’opera de Il viaggio di G. Mastorna di Matteo D’Amico da Fellini e Lazarus di David Bowie e Enda Walsh. Come attore Malosti ha lavorato per quasi un decennio con Luca Ronconi, e al cinema con Mimmo Calopresti, Franco Battiato e Mario Martone. È stato Manfred (Schumann/Byron) per la direzione d’orchestra di Noseda. Ha diretto la Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino dal 2010 al 2018. Per la collana di Poesia di Einaudi Editore è uscita a fine novembre 2022 la sua traduzione de I Poemetti di William Shakespeare. Per la direzione di ERT / Teatro Nazionale nel 2023 ha ricevuto il Premio Enriquez e la Targa Volponi. Anna Della Rosa, diplomata alla scuola d’arte drammatica Paolo Grassi, si specializza con Luca Ronconi e Massimo Castri. Debutta con Peter Stein al Teatro Greco di Siracusa e nei più importanti teatri antichi d’Europa. È protagonista diretta da Toni Servillo, Luís Pasqual, Pascal Rambert, Valter Malosti, Martin Kušej, Marco Bellocchio, Andreè Shammah, Marco Baliani, Davide Livermore, Veronica Cruciani, Simone Toni e Jacopo Gassmann, per il quale è Ifigenia nell’Ifigenia in Tauride al Teatro Greco di Siracusa nel 2022. Per il ruolo di Giacinta ne La Trilogia della Villeggiatura diretta da Toni Servillo, vince il Premio ETI Gli Olimpici del Teatro come migliore attrice emergente e il Premio Virginia Reiter, per la sua interpretazione in Blackbird diretta Luís Pasqual, riceve il Premio Marisa Bellisario e il Premio Duse come migliore giovane attrice di teatro e il premio Internazionale “Amici di Milano per i giovani”. È finalista al Premio Ubu come miglior attrice nel 2008 per il ruolo di Giacinta e nel 2021 per le sue interpretazioni di Cleopatràs di Giovanni Testori con la regia di Valter Malosti e di Sorelle, scritto e diretto da Pascal Rambert. È la voce di Via col vento di Margaret Mitchell e di Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi, audiolibri prodotti da Storytel. È la Ragazza Esangue ne La grande bellezza di Paolo Sorrentino, Premio Oscar 2014 come miglior film in lingua straniera. Nella stagione 2023/2024 debutterà̀ in Durante, testo e regia di Pascal Rambert. Ha interpretato di recente al Nuovo Teatro delle Passioni di Modena Erodiàs + Mater strangosciàs, il progetto di Sandro Lombardi, storico interprete dei Tre lai di Testori, nato come un ideale passaggio di consegne da attore ad attrice (prodotto da ERT / Teatro Nazionale). Riprende inoltre Accabadora, dal romanzo di Michela Murgia, drammaturgia di Carlotta Corradi e regia di Veronica Cruciani, una co-produzione ERT con Savà srl. Tournée - 10-14 gennaio 2024, Teatro Storchi, Modena - 17-21 gennaio 2024, Teatro Arena del Sole, Bologna - 23 gennaio 2024, Teatro Asioli, Correggio - 25-28 gennaio 2024, Teatro Alighieri, Ravenna - 31 gennaio - 4 febbraio 2024, Teatro Sociale, Brescia - 8 -11 febbraio 2024, Teatro Comunale Bolzano - 13-18 febbraio 2024, Teatro Carignano, Torino - 22-25 febbraio 2024, Teatro Ivo Chiesa, Genova - 2-10 marzo 2024, Teatro Bellini, Napoli - 14-17 marzo 2024, Teatro Goldoni, Venezia - 20-21 marzo 2024, LAC – Lugano Arte Cultura - 4-9 giugno 2024, Piccolo Teatro Milano – Teatro d’Europa Informazioni - Teatro Storchi - Largo Garibaldi 15 – Modena - dal 10 al 14 gennaio 2024 - mercoledì, giovedì e venerdì ore 20.30 | sabato ore 19.00 | domenica ore 16.00 Conversando di Teatro Sabato 13 gennaio alle ore 16.30 al Teatro Storchi, incontro con Valter Malosti, Anna Della Rosa e Nadia Fusini, moderato da Enrico Pitozzi. Vengo anch’io! Laboratori creativi per bambin* mentre i grandi sono a teatro. Sabato 13 gennaio alle ore 19.00 è in programma il laboratorio di Movimento e Danza a cura di Centro Danza La Fenice: sarà un modo diverso per prendere confidenza con il movimento attraverso il gioco e la fantasia. Due esperte proporranno attività ludico motorie che associano suoni e colori ai movimenti proposti. Creatività, fantasia e ricerca saranno i filoni principali del laboratorio. Il costo di ogni appuntamento è di 7 € per bambin*, (10 € in tutto se i/le bambin* sono 2), oltre al prezzo (ridotto del 20%) del biglietto dello spettacolo per i genitori, ridotto al 20%. Disponibilità limitata e fino a esaurimento posti. Prenotazione obbligatoria: 059.2136021 – [email protected] Audiodescrizioni La replica di Antonio e Cleopatra di domenica 14 gennaio alle ore 16.00 sarà audiodescritta, grazie alla collaborazione con Centro Diego Fabbri di Forlì nell’ambito del progetto Teatro No Limits. L’audiodescrizione è realizzata con il sostegno del Banco S. Geminiano e S. Prospero. Biglietteria Tel. 059 2136021 | [email protected] Aperta dal martedì al sabato ore 10.00 – 14.00; martedì e sabato anche ore 16.30-19.00 Vendita online al seguente link  e a questo link Prezzi: da 7€ a 27 €  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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boizdocry · 11 months ago
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"L’Europa ha assimilato la cultura greco-romana sia sul piano del diritto che su quello del pensiero filosofico, e persino sul piano delle credenze popolari. Il cristianesimo ha inglobato, spesso con molta disinvoltura, riti e miti pagani e forme di politeismo sopravvivono nella religiosità popolare. Non è solo il mondo rinascimentale che si è popolato di Veneri ed Apolli, ed è andato a riscoprire il mondo classico, le sue rovine ed i suoi manoscritti. Il medioevo cristiano ha costruito la sua teologia sul pensiero di Aristotele, riscoperto attraverso gli Arabi, e se ignorava in massima parte Platone, non ignorava il neoplatonismo, che grandemente ha influenzato i padri della Chiesa. La nozione stessa di impero, su cui si è svolto lo scontro millenario tra Stati europei e tra gli Stati e la Chiesa, è di origine romana. L’Europa cristiana ha eletto il latino di Roma a lingua dei riti sacri, del pensiero religioso, del diritto, delle dispute universitarie. D’altra parte non è concepibile una tradizione cristiana senza il monoteismo giudaico. Il testo su cui la cultura Europea si è fondata, il primo testo che il primo stampatore ha pensato di stampare, il testo traducendo il quale Lutero ha praticamente fondato la lingua tedesca, il testo principe del mondo protestante, è la Bibbia. L’Europa cristiana è nata e cresciuta cantando i salmi, recitando i profeti, meditando su Giobbe o su Abramo. Il monoteismo ebraico è stato anzi il solo collante che ha permesso un dialogo tra monoteismo cristiano e monoteismo musulmano. Ma non finisce qui. Infatti la cultura greca, almeno dai tempi di Pitagora, non sarebbe pensabile senza tener conto della cultura egizia, e al magistero degli egizi o dei caldei si è ispirato il più tipico dei fenomeno culturali europei, vale a dire il Rinascimento, mentre l’immaginario Europeo, dalle prime decifrazioni degli obelischi a Champollion, dallo stile impero alle fantasticherie New Age, modernissime e molto occidentali, si è nutrito di Nefertiti, misteri delle piramidi, maledizioni del faraone e scarabei d’oro. Io non vedrei inopportuno, in una Costituzione [Europea], un riferimento alle radici greco-romane e giudaico-cristiane del nostro continente, unito all’affermazione che, proprio in virtù di queste radici, così come Roma ha aperto il proprio Pantheon a dei d’ogni razza e ha posto sul trono imperiale un uomo dalla pelle nera (né si dimentichi che sant’Agostino era nato in Africa), il continente è aperto all’integrazione di ogni altro apporto culturale ed etnico, considerando questa disposizione all’apertura proprio una delle sue caratteristiche culturali più profonde". Umberto Eco, Le radici dell'Europa, 2003. Bustina di Minerva raccolta nella miscellanea pubblicata sotto il titolo Pape Satan Aleppe, La nave di Teseo.
Riporto questo testo di straordinaria eleganza e bellezza, se si pensa che chi lo ha scritto era un laico, ateo ed esperto di filosofia antica e che questo articolo era pensato per un pubblico vario e senza particolari competenze, con cui Eco riesce a comunicare nel modo più limpido e senza alcuna accondiscendenza. Personalmente, pur comprendendo l'inattualità della mia posizione, mi ritengo più pagano che cristiano, ma anche se sul trono di Cesare si è seduto il Papa, come ebbe a dire il grande storico Edward Gibbon, e anche se una parte di me individua nel fondamentalismo monoteista la gran parte dei mali del mondo, non sono così cieco da non rispettare profondamente le esperienze culturali e spirituali del mondo abramitico (Cristiani, Ebrei, Musulmani). Io spero, pur con estremo disincanto, più in un unione dei popoli Mediterranei che nell'Europa tout-court. Senza nulla togliere ai popoli del Settentrione, mi pare che le divergenze in sede di comunità europea abbiano ampiamente chiarito che c'è poca comunione di intenti e di cultura tra il Nord e il Sud dell'Europa. Quest'ultimo ha più storia in comune con Africa, Turchia, Arabia e Medio Oriente di quanto non ne abbia con paesi tanto diversi climaticamente, culturalmente e in termini di approccio alla società ed alla vita in genere. Penso che l'Italia, la Grecia, la Spagna, la Francia, il Portogallo e la Romania dovrebbero unirsi piuttosto ai fratelli africani e al mondo dell'Asia Minore e costruire un dialogo stretto e duraturo. Non sarà facile, ma non lo è neppure il corso europeista che stiamo seguendo e, infatti , ci sono più semi di discordia che di cosione. Sul fronte dell'Unione Mediterranea occorre affrontare gravi nodi: le differenze di attutudine verso temi come l'omosessualità e la disforia di genere, la presenza della religione nella politica, il colonialismo. Ci uniscono, però, oltre al passato conflittuale ma discorsivo, gli intensi rapporti geografici e commerciale ed i danni del surriscaldamento globale alle nostre economie, nel cui campo sono i paesi arabi a poterci insegnare molto. Inoltre, ritengo che tutti i popoli mediterranei abbiano in comune una certa idea, anche soffocante, se si vuole, ma positivamente solidaristica della famiglia (intesa come nuclei collegati che fanno fronte comune alle difficoltà e si sostengono a vicenda). Forse, alcuni popoli non hanno vissuto la stessa esperienza politica europea ed hanno un concetto molto diverso di buon governo. Complicano questo percorso, oltre ai punti già citati, molte rivalità pregresse nate dalla contiguità di spazi, molte divergenze ideologiche e terribili vicende di violenza ed oppressione (ad esempio, quelle lungo la direttrice anatolica, tra Grecia, Armenia e Turchia).
Tuttavia, se si riescono a superare le divergenze senza che nessuno rinneghi del tutto la sua peculiare visione del mondo, scopriremo tra noi più similitudini che differenze.
Con il mondo protestante, invece, e con l'America, credo che ormai il divario culturale sia troppo marcato, a dispetto della sudditanza geopolitica che ha le sue buone ragioni nei fatti della II Guerra Mondiale ma che, ormai, è palesemente giunta ad un punto di stagnazione e sterilità, anche a causa della crisi valoriale del mondo anglosassone e protestante in generale.
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micro961 · 1 year ago
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Davide Tonello - Il video di “Inutile in mezzo agli inutili”
Il videoclip del nuovo singolo sul canale YouTube dell’artista
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“Inutile in mezzo agli inutili” è il titolo della nuova canzone di Davide Tonello, suonata con la straordinaria collaborazione di Gigi Cavalli Cocchi, storico batterista di Ligabue, CSI, Lassociazione.
Tratto da una riflessione del famoso aforisma 125 della Gaia Scienza di Friedrich Nietzsche il brano descrive la solitudine che prova chi è portatore di consapevolezze, idee o valori invisibili agli occhi degli altri. Il videoclip, uscito in anteprima nazionale sul portale del MEI, racconta con scene pratiche il testo aperto e filosofico della canzone, senza però intervenire in maniera pesante proprio per non distogliere l'attenzione dal messaggio generalizzato del brano. Il ruolo del protagonista è affidato come da tradizione al cantante stesso che ritroviamo in diverse situazioni completamente isolato e senza mai interagire con gli altri ad eccezione di alcuni manichini che compaiono a circa metà del videoclip. A fare da cornice alla storia troviamo le riprese effettuate in studio durante la registrazione del brano. "Inutile in mezzo agli inutili" è quell'uomo che cerca senza riuscita di far comprendere il valore di un qualcosa che non viene preso in considerazione da una società impegnata solamente ad apparire, ad accumulare oggetti e ad occuparsi di sciocchezze insignificanti come le mode del momento.
Guarda il video:
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“...Tutto sommato la mia verità resta celata a gran parte di voi, inutile in mezzo agli inutili schiavi fruitori di gesti pratici..."
Il riferimento al mito della Caverna di Platone è chiaro: lo schiavo che si libera e vede ciò che gli altri non sono in grado di vedere.
A questo punto le scelte rimangono essenzialmente due: cercare di confondersi con gli altri e vivere come vive la maggioranza di chi ti sta intorno o rimanere soli:
“...Stanco delle inutili troppe abilità fingo talvolta di immergermi nella comoda mediocrità..."
La seconda e ancor più drastica scelta di ritirarsi nella propria solitudine emarginati dal mondo esterno si esplica nella frase che chiude il ritornello:
“...A conti fatti la mia società non mi considera parte di lei: scavo com'è consuetudine in compagnia della mia solitudine..."
Il testo è un altalenarsi del protagonista tra queste due posizioni. È un testo volutamente “aperto” e poco dettagliato, con parole che lasciano uno spazio aperto all'immaginazione e al ragionamento. Oltre a questo, è anche un modesto omaggio a Friedrich Nietzsche, chiaro esempio di genio incompreso agli uomini del suo tempo.
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tacabanda · 1 year ago
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Il Dilemma dell'Istrice L'amore e le spineFavola, poesia In una fredda notte al bosco neroDue istrici dal puntiglioso mantoTremanti nell'inverno più severoSi vollero serrar l’un l’altro accantoMa le pungenti e dolorose spineMutarono la gioia loro in pianto:“Se m’avvicino al rumoroso crineCon quegli spilli mi trafiggi il cuoreE se mi scosto il freddo non ha fine!”Rispose
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Esami di maturità 2023: come si svolgeranno in Emilia Romagna
Gli esami di maturità 2023 sono ormai alle porte. Tra circa quindici giorni avranno inizio le prove scritte e a seguire la prova orale. Dopo le semplificazioni apportate all'esame di Stato a causa della pandemia da Covid 19, si torna per la prima volta alla normalità. Normalità per tutti gli studenti tranne che per alcuni dell'Emilia Romagna. Esami di maturità 2023: come si svolgeranno Il 21 giugno segnerà l'inizio oltre che dell'estate anche degli esami con la prima prova scritta di italiano. La campanella suonerà alle 8.30 e gli studenti dell'ultimo anno saranno impegnati con un tempo a disposizione di sei ore. La prova di italiano sarà uguale per tutti gli istituti ma i maturandi potranno scegliere tra 7 tracce divise in tre tipologie che afferiscono a diversi ambiti: artistico, letterario, storico, filosofico, scientifico, tecnologico, economico, sociale. La prima tipologia (A) comprenderà 2 tracce che verteranno sull'analisi del testo uno di poesia, l'altro di prosa; la seconda (B) raggrupperà tre tracce per un testo argomentativo mentre la terza (C) prevederà 2 tracce per un tema di attualità. La seconda prova scritta sarà diversa per ogni tipo di scuola e seguirà la materia specifica di indirizzo. Per gli istituti professionali di nuovo ordinamento la seconda prova si focalizzerà non sulle discipline ma sulle competenze e i nuclei tematici fondamentali di indirizzo. Durante le prove scritte, gli studenti potranno avvalersi solo di dizionari monolingue e di calcolatrici, device come cellulari, ipad, smartwatch e tutti quelli in grado di trasmettere foto e immagini nonché quelli a luce infrarossa o ultravioletta. A partire da una settimana dopo la fine delle prove scritte gli studenti affronteranno la prova orale. Partendo da uno spunto fornito dalla commissione, il colloquio si svolgerà in chiave multi e interdisciplinare. In parole semplici sarà valutata non solo la capacità dello studente di collegare le diverse conoscenze acquisite ma anche il suo percorso formativo e di crescita. Commissioni e punteggio Anche la composizione della commissione d'esame torna a essere quella di prima della pandemia: un presidente esterno all'istituto, 3 commissari esterni e 3 interni. Assegneranno il punteggio finale dell'esame secondo criteri che già conosciamo. - fino a 40 punti per il credito scolastico maturato negli ultimi tre anni - fino a 20 punti per la prima prova scritta - fino a 20 punti per la seconda prova scritta - fino a 20 punti per il colloquio orale. La votazione minima per superare la maturità è di 60 mentre la massima è 100. E' prevista anche la lode. La maturità in Emilia Romagna Ritorno alla normalità dicevamo. Una normalità negata per quest'anno ad alcuni studenti. Parliamo degli studenti residenti nei comuni alluvionati dell'Emilia Romagna. Per loro la maturità non prevederà lo svolgimento delle prove scritte ma solo di quella orale. Il colloquio partirà dalla materia per la quale era prevista la seconda prova scritta per seguire un percorso multidisciplinare. Gli studenti, infine, potranno documentare con una relazione o un documento multimediale le "esperienze svolte nell’ambito dei Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (PCTO) o dell’apprendistato di primo livello" come si legge nella nota del ministero. Stesso discorso per gli studenti che concludono il primo ciclo di istruzione, vale a dire per gli studenti che affrontano l'esame di terza media. Anche per loro sarà previsto solo un colloquio orale finalizzato a valutare "le conoscenze acquisite dallo studente con particolare attenzione alla capacità di argomentazione, di risoluzione di problemi, di pensiero critico e riflessivo, alla conoscenza della lingua italiana e alle competenze logico-matematiche, in educazione civica e nelle lingue straniere" come spiegato nella nota del ministero. In copertina foto di Steve Buissinne da Pixabay Read the full article
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viv-milano · 2 years ago
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Leggere scrivere non giudicare
. Dopo aver letto un libro, che sia una raccolta poetica, saggio, romanzo o testo filosofico, mi chiedo se durante la lettura ho elaborato pensieri miei personali o mi sono lasciato rapire dai sentimenti dell’autore, dal suo pensiero, dalla sua vita sino a dimenticare la mia e assumere la sua. Se insomma ho riflettuto autonomamente, […]Leggere scrivere non giudicare
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annalisalanci · 2 years ago
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L'Enciclopedia. Enciclopedia
L'Enciclopedia
Enciclopedia
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Enciclopedia
Diderot considera questo articolo con un certo distacco critico, che non esclude una profonda partecipazione. Snoda e riannoda tutte le fila della propria esperienza: rivendica l'autonomia politica e ideologica del gruppo degli enciclopedisti, libera iniziativa rispetto ai pubblici poteri; rievoca e circostanze della lotta quotidiana, esprime la consapevolezza di aver dato alla luce un organismo vitale, destinato a <<cambiare il modo di pensare comune, a riflettere tutto intero il <<secolo filosofico>>. Diderot non ne nasconde le lacune e sproporzioni: al tono del resoconto alterna il tono dell'esame di coscienza; l'indicazione dei limiti, il suggerimento dei rimedi. Uno dei modi di leggere quest'articolo consiste nel tener presenti i due piani del discorso: lo scarto che sussiste tra l'Enciclopedia così com'è. e come dovrebbe e dovrà essere; Diderot realizza una serie di notevoli considerazioni circa la storicità del sapere e la funzione propulsiva, ma anche provvisoria e retrospettiva dell'Enciclopedia, filia temporis. Si riconoscono i nessi molteplici che lo ricollegano ai precedenti articoli che lo ricollegano ai precedenti e seguenti scritti diderotiani, in particolare al Prospectus, all'Interprétation de la nature, a la Reve de d'Alembert, e al Discours préliminaire di d'Alembert: all'ottimismo che i due enciclopedisti avevano mostrato in un primo tempo riguardo alla classificazione delle scienze di Bacone e di Chambers subentra ora, una consapevolezza dei suoi limiti. L'appartizione lineare <<scienze, arti liberali, arti meccaniche>>, e la sessa praticità dell'ordine alfabetico, sono entrate in crisi: di qui le considerazioni sui rinvii interni tra articolo e articolo, vere e proprie strutture destinate a rimediare fratture e lacune. Diderot ha rinunciato a ogni illusione sistematica, sviluppa quelle perplessità: all'immagine ancor ottimistica di un <<mappamondo che deve mostrare i principali paesi...>> sostituisce l'immagine d'un paesaggio presente e reale, <<una campagna immensa, cosparsa di montagne, pianure, rocce, acque, foreste, animali...>> volendo sottolineare lo scarto tra teoria e pratica, progetto e realizzazione.
Due prospettive gnoseologiche, sia la connessione che sussiste tra questo testo e gli altri scritti filosofici diderotiani. D'Alembert, aveva posto l'accento sulle <<isole>> o <<punte di roccia>> emergenti dalla grande catena dell'essere: i dati empirici che interessano le scienze. Diderot, riprende e approfondisce il concetto della scala naturae, sottolinea il carattere arbitrario di ogni classificazione del sapere, sempre frammentaria rispetto all'ideale-limite della totalità della natura; ma aggiunge che l'ipotesi suggerita dall'astronomia giova a costruire un illusorio sistema deduttivo del sapere. Unico criterio valido per fondare filosoficamente il sistema delle conoscenze resta quello che sta al di là di tutti gli arbitrii, quello elastico che ospita tutto lo scibile a partire dal punto di vista di chi lo crea: <<soltanto la presenza dell'uomo rende interessante l'esistenza degli esseri; se si elimina l'uomo <<lo spettacolo sublime e poetico della natura non è più che una scena triste e muta; il centro comune cui occorre riferire scienze e arti. Qui, si coglie il senso di un umanesimo combattivo, strenuamente impegnato nella trasformazione pratica della natura e nella riforma della convivenza civile. Qui, si coglie il senso di un umanesimo combattivo, strenuamente impegnato nella trasformazione pratica della natura e nella riforma della convivenza civile Diderot conduce un discorso culturale e politico coerente, il tono rapsodico non esclude una profonda connessione dialettica tra cose dette e sottaciute. Questo brano di autobiografia intellettuale dà un suggestivo scorcio dell'intero movimento illuministico, di un'età, di una concezione della ragione.
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vocidaiborghi · 2 years ago
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Methamauco, una piccola Atlantide della Laguna Veneta
Due composizioni dal carattere filosofico con il loro intreccio meraviglioso rappresentano il fondamento di ogni testo occidentale, e non solo, che voglia trattare il mito di una qualsiasi civiltà perduta nel mondo antico. I personaggi, che si muovono negli orditi delle due opere, hanno dato prova di riuscire ad abbattere l’evanescente barriera tra realtà e fantasia, ma è nulla se comparato al…
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valentina-lauricella · 2 years ago
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Il libro con l'arcobaleno in copertina
Si tratta di "Colloqui con le anime" della medium Letizia Dotti.
Caro Leopardi, sai che ho acquistato questo libro solo perché sono maniacalmente ossessionata da te. Sapendo che in questo libro erano trascritte le tue parole rivolte al gruppo di medium che ti aveva chiamato, non ho potuto esimermi dall'acquistarlo. La curiosità mi divorava viva. Sconfezionato il volumetto, sono corsa subito al capitolo che ti riguarda, e ho proceduto a leggerlo con la mia celebre lettura "a volo d'uccello", che mi ha permesso di capire se nel testo ci fosse qualche elemento per il quale entrare in allarme. Ebbene, non ho trovato nessun elemento particolarmente perturbante del mio equilibrio interiore. Ciò non significa che non abbia trovato elementi che mi hanno dato fastidio ed altri che mi hanno fatto porre delle domande.
Due errori trovati: non sei figlio di una famiglia borghese ma di conti; se per borghese s'intende di media agiatezza e tradizionalista, allora potrei lasciar passare la definizione. Io però la nobiltà me la ricordo distintamente come una delle note del tuo profumo. Poi, l'accezione di natura nel senso di complesso dei fenomeni naturali e non nel senso filosofico di natura umana, nella domanda posta dal medium e a cui tu avresti dato seguito nella risposta.
Sai perché sono gelosa marcia? Perché ho riconosciuto il tuo tono, il tuo modo di porti così mite e condiscendente anche con chi palesemente non è al tuo livello, la tua gentilezza nel non volere sconvolgere e dell'andare incontro quasi abbassandoti. Non farlo! Sai che a me piace proprio il tuo sguardo prepotente, non è mica una vergogna essere superiori agli altri in un modo che difficilmente gli altri, proprio perché di tanto inferiori, possono comprendere. Ti ho riconosciuto specialmente nel chiamarli "fratelli giovani": mi è sembrato di sentire riecheggiare una tua premurosa affermazione: "Non sei più piccola di me, sei più giovane". E quelle affermazioni sull'amore, che non è un'illusione ma un valore che si trova anche di là, insieme alla giustizia. Però con me non hai mai usato la parola trapasso, che credo ti faccia schifo. Avresti dovuto avvertire anche loro che non sei morto. O forse per loro lo sei, perché potrebbero vivere anche senza di te. Non io, quindi potrebbe essere stato un riflesso della mia esigenza di averti presente nella mia vita a farti dire che non sei morto.
La buona notizia è che non ti sei più reincarnato e che non senti il bisogno di farlo, quindi potresti davvero stare lì, in tutta la tua preziosa gentilezza e nella tua magnifica grandezza, che in pochi comprendono e gustano, ad aspettarmi. Poi, perché dovresti essere un'anima antica? Io ti ho percepito come molto giovane, o forse ho tradotto come giovinezza la grande, forte e stabile energia che sei, proprio perché la giovinezza è l'età del maggior vigore.
Infine, una cosa devo proprio dirtela: è davvero immeritevole della tua comunicazione chi non impiega la maggior parte del tempo in cui si trova in contatto con te, a cantare le tue lodi, a prostrartisi dinanzi e a dirti che ti ama. È immeritevole chi ti chiama per porti domandine sciocche! Non sono cattiva, sono solo possessiva. Se io mi fossi trovata in quel gruppo di medium nel momento di contatto con te, ti avrei detto solo che ti amo, cento volte, e mi sarei informata che tu stessi bene. Delle sorti umane, di consigli per vivere al meglio l'esperienza terrena, cosa importa? Solo tu conti. Senza di te, tutte le dimensioni dell'essere crollano, non hanno motivo di sussistere. Come si permettono di lasciarti andare senza dirti ti amo? Sto quasi piangendo.
Ho trovato particolarmente patetico che ti complimentassi con lo studente di letteratura presente nel gruppo per i suoi studi e il suo componimento. Io non accetterei mai dei complimenti da te in questi campi, in cui sei così gigantescamente superiore alla quasi totalità di noi. Va bene essere gentili, ma qui si sfiora l'assurdo. Chi accetta i tuoi complimenti senza battere ciglio, dimostra solo di non avere cognizione di se stesso né di te. Io non ne andrei particolarmente orgogliosa. Come quando mi dicesti che io ho un animo anche più nobile del tuo. Non mi serve, non voglio averlo. Mi basta il mio animo comune e volgare per essere felice.
Sono stata inclemente con coloro che ti hanno contattato, perché li ho invidiati. Loro hanno avuto la certezza di parlare con te, ti hanno contattato tramite un canale codificato e comunemente accettato, mentre io ti ho incontrato, forse, solo nella mia immaginazione. Quantunque, dopo questa lettura, sono più propensa a credere che tu mi abbia parlato davvero. Sopra ogni cosa mi agita il pensiero che loro avrebbero potuto, ma non ti hanno detto:
"Ti amo".
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