#Strategie di specializzazione
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Diventare Esperto nel Tuo Settore: Strategie di Specializzazione
Essere un esperto settore è fondamentale per chi vuole emergere. La specializzazione professionale ti aiuta a spiccare e apre nuove possibilità di crescita. Questo articolo mostra come diventare un professionista di alto livello, con un focus su formazione e aggiornamento. Punti chiave La specializzazione è fondamentale per ottenere vantaggi competitivi nel mercato del lavoro. Essere esperti…
#Carriera specialistica#Competenze Specializzate#Crescita professionale#Diventare esperto nel settore#Formazione settoriale#Strategie di specializzazione
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Avevi ragione, sai? Su di me intendo. D'altronde, come ti piace tanto sottolineare, mi conosci meglio di chiunque altro, no? Ebbene, avevi ragione. Ti ricordi quando mi hai detto che secondo te il mio cuore non era davvero di pietra come ero solita dirti? Che il mio restarmene in disparte, al sicuro, al confine dei miei sentimenti, era solo una difesa per non soffrire? Che il mio sogno di trovare un amore che davvero fosse fatto apposta per me, non l'avevo davvero abbandonato? Che il mio concentrami su me stessa, rifiutando qualsiasi altra cosa, che non implicasse il portare avanti la mia specializzazione e la mia carriera, erano solo delle strategie per non pensare a quanto mi sentissi inevitabilmente vuota? Vedi, era vero, era tutto vero. Avevi ragione. Non ho mai rinunciato a quella parte di me, nonostante, bada bene, io stia benissimo anche da sola eh, anzi, direi che sto alla grande. Eppure, la verità è che in me c'è anche quella parte che vuole di più, quella che sogna ancora, quella dell'inguaribile romantica, che si commuove vedendo Orgoglio e Pregiudizio, (nonostante conosca sia il libro che il film praticamente a memoria), quella che si aspetta di poter costruire qualcosa con qualcuno, (eventualmente, un giorno, se dovessi mai incontrare la persona giusta). Quella parte di me è ancora lì, io sono ancora lì, nonostante tutto, che imperterrita non mi arrendo, che ancora ci spero che esista da qualche parte qualcuno a cui potrò dare tutto l'amore che ancora ho da dare.
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Se ai tempi avessi continuato a frequentare medicina anziché passare a fisica (poi anche quella abbandonata dopo due anni lol), avrei sicuramente provato una specializzazione in cardiochirurgia; quelle fisiologie comparate fatte sessione scorsa sono state di un fascino spettacolare. Siamo mollicci e rivoltanti, ma anche delle macchine organiche frutto praticamente del caso, di una sofisticazione pazzesca; e non solo noi come esseri umani ma anche molte strategie di adattamento del mondo animale.
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La Casa della Psicologia arriva anche a Brescia
La Casa della Psicologia arriva anche a Brescia. Recentemente nel territorio bresciano è emersa una situazione di malessere tra gli adolescenti superiore a quella attesa: si stima che in provincia di Brescia il 20% dei bambini e ragazzi soffre di un problema neuropsichico. Per questo tipo di problemi dell'età evolutiva servono adeguate strategie di prevenzione sia in termini di risorse per la cura sia di coordinamento sul sistema sanitario, educativo e sociale. Anche per monitorare meglio questa emergenza, l'Ordine degli Psicologi della Lombardia, da tempo impegnato nella promozione e nella diffusione della cultura psicologica attraverso l'organizzazione di eventi culturali aperti al pubblico, apre le porte della Casa della Psicologia anche a Brescia. Gli eventi della Casa della Psicologia di Brescia si terranno presso lo Spazio Cascina Parco Gallo in via Corfù, 100, e presso il Museo Mille Miglia in Viale della Bornata 123 a Sant'Eufemia (Bs), due location tra le più belle e facilmente raggiungibili per chi arriva dalla città o dalla provincia. Inoltre la sala della Cascina Parco Gallo potrà essere utilizzata gratuitamente dagli iscritti all'OPL residenti a Brescia come sede per iniziative organizzate autonomamente. La psicologia è da sempre una scienza viva caratterizzata dalla fortissima interconnessione con la vita delle persone, con i mutamenti sociali ed economici, con i cambiamenti di costume e di pensiero, il cui contributo si sviluppa all'interno di uno scambio biunivoco con la società. Quest'ultima infatti chiede alla psicologia di trovare risposte ai problemi del presente e beneficia della capacità di questa di rinnovarsi continuamente. L'organizzazione di eventi e momenti di incontro periodici può essere un'opportunità preziosa per la diffusione della cultura psicologica e per facilitare l'interazione tra professionisti del settore, pubblico non specialista e l'Ordine degli Psicologi della Lombardia (OPL). La Casa della Psicologia di Brescia ha aperto la stagione con un evento alla Cascina parco Gallo di Brescia dal titolo "Impotenti e confusi: adulti di fronte all'adolescenza. Quali strategie?". Il seminario è stato un momento di riflessione sulle fatiche degli adulti nella relazione con gli adolescenti e sugli strumenti da adottare per supportare al meglio questi ultimi nel loro percorso di crescita. "Questa nuova sperimentazione - dichiara Davide Baventore, vicepresidente dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia e coordinatore del progetto Casa della Psicologia di Milano e Brescia - ci permetterà di valutare la bontà dell'iniziativa per strutturarla negli anni futuri: abbiamo scelto di partire da Brescia, che è la provincia con il maggior numero di iscritti all'Ordine degli Psicologi dopo Milano. Puntiamo a promuovere anche a Brescia un modello di eventi culturali con cadenza regolare per alimentare un proficuo scambio intellettuale e culturale e offrire agli iscritti del territorio un'occasione di incontro tra di loro e con l'Ordine, al fine di far crescere la cultura psicologica, anche attraverso il coinvolgimento di professionalità diverse e di personaggi del mondo culturale". Il comitato scientifico della Casa della Psicologia di Brescia è composto da: Davide Baventore, Vicepresidente dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia; Valentino Ferro, Tesoriere dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia; Francesco Bocci, Psicologo Psicoterapeuta specializzato in psicoterapia dinamica presso l'Istituto Alfred Adler di Milano; Gianni Cambiaso, Direttore didattico della sede di Brescia della Scuola di specializzazione Mara Selvini Palazzoli; Marialuisa Gennari, Professore associato di Psicologia Clinica all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Tiziana Scalvini, Psicologa e psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico intersoggettivo.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Danilo Larini condivide consigli per scegliere il giusto agente immobiliare
Nel mondo in continua evoluzione del settore immobiliare, trovare la proprietà perfetta è solo metà dell’opera. La scelta del giusto agente immobiliare è altrettanto fondamentale per garantire una transazione fluida e di successo. Il rinomato esperto immobiliare Danilo Larini, con anni di esperienza nel settore, trasmette generosamente la sua saggezza nella selezione dell'agente immobiliare ideale. Approfondiamo i preziosi suggerimenti che condivide per guidarti attraverso questo fondamentale processo decisionale.
L'esperienza conta:
Danilo Larini sottolinea l'importanza dell'esperienza di un agente nel settore. Professionisti esperti apportano un patrimonio di conoscenze, una vasta rete e una profonda comprensione delle tendenze del mercato. Cerca un agente con una comprovata esperienza di transazioni di successo nella località desiderata.
Competenza nel mercato locale:
Comprendere le sfumature del mercato immobiliare locale è fondamentale. Un agente esperto come Danilo Larini conosce bene le caratteristiche specifiche, le tendenze e le potenziali sfide dei diversi quartieri. Questa esperienza può fare una differenza significativa nel trovare la proprietà giusta o nel vendere la tua casa al miglior prezzo.
Credenziali professionali:
Danilo Larini consiglia di verificare le credenziali professionali dell'agente. Cerca certificazioni, affiliazioni con organizzazioni immobiliari rispettabili e qualsiasi formazione o specializzazione aggiuntiva. È più probabile che un agente autorizzato e ben istruito fornisca consigli affidabili e aggiornati.
Abilità comunicative:
Una comunicazione efficace è fondamentale nelle transazioni immobiliari. Danilo Larini sottolinea l'importanza di scegliere un agente che ascolti attentamente le tue esigenze, comunichi con chiarezza e sia reattivo. Ciò garantisce un flusso continuo di informazioni e riduce al minimo i malintesi durante il processo di acquisto o vendita.
Riferimenti clienti:
La ricerca di referenze da parte dei clienti precedenti è un passo prezioso consigliato da Danilo Larini. Un agente affidabile dovrebbe fornire prontamente referenze, permettendoti di valutare la sua reputazione e le sue prestazioni. Parlare con i clienti passati può offrire approfondimenti sulla professionalità, sulle capacità di negoziazione e sulla soddisfazione generale del cliente di un agente.
Capacità di negoziazione:
Il successo delle transazioni immobiliari spesso dipende da una negoziazione efficace. Danilo Larini consiglia di selezionare un agente con spiccate capacità di negoziazione. Ciò implica non solo garantire l’accordo migliore, ma anche superare i potenziali ostacoli che potrebbero sorgere durante il processo.
Strategie di marketing:
Per i venditori Danilo Larini suggerisce di valutare le strategie di marketing dell'agente. Un approccio proattivo e innovativo al marketing può avere un impatto significativo sulla visibilità della tua proprietà sul mercato. Nell'era digitale di oggi, una forte presenza online e l'uso dei contenuti multimediali possono fare una differenza sostanziale.
Compatibilità e fiducia:
Danilo Larini sottolinea infine l'importanza della compatibilità e della fiducia personale. Scegli un agente con cui ti senti a tuo agio, poiché lavorerai a stretto contatto durante tutta la transazione immobiliare. Fidati del tuo istinto e assicurati che l'agente comprenda e rispetti le tue priorità.
Conclusione:
Selezionare il giusto agente immobiliare è un passo cruciale per raggiungere i tuoi obiettivi immobiliari. Seguendo gli approfonditi consigli condivisi da Danilo Larini, potrai orientarti nel mercato immobiliare con sicurezza, sapendo di avere al tuo fianco un professionista fidato ed esperto. Che si tratti di acquistare o vendere, l'agente giusto può fare la differenza nel trasformare i tuoi sogni immobiliari in realtà.
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Architectural Logos. A handbook of architectural marks of identity. Compiled & Edited by @counterprintbooks📚 Una piccola e molto stimolante selezione di marchi e simboli a tema architettura: case, palazzi, finestre, scale e porte… e qualche castello! Oltre 100 pagine di meravigliosi segni in bianco e nero, molto caratterizzati e soprattutto disegnati bene, corredati di nome, anno ed autore/website (non i soliti noti). Un piccolo libro con un grande potenziale, molto utile da consultare ed impaginato perfettamente. Un gioiellino. Può un libro così piccolo diventare uno strumento di lavoro prezioso? Penso di sì. Molto interessante la sua nicchia di specializzazione, l’architettura, nelle sue molteplici forme e funzioni. Tutti dicono che bisogna specializzarsi ma poi in pochi lo fanno, preferendo competenze generiche (a volte addirittura approssimative) per fare di tutto un po’ con le solite persone. Ecco, questo piccolo libretto invece rappresenta il mio modo di intendere lo studio ideale: piccolo, agile, altamente specializzato ed “impaginato” perfettamente… perché anche il contesto architettonico è importante. Un gioiellino. #booklover #bookstagram #everymonday ••• #chiani #artdirection #illustration #creativedirection #graphicdesign #brandidentity #branding #design #visualdesign #strategy #advertising #packaging #communication #concept #photography #managers & #designers #myartismydirection #designthinking @chianidesign #designboutique #vierijacopochiani #freelance #dontwasteyourpixels #palazzoschio #creativecollective #2022 #vicenza (presso Chiani) https://www.instagram.com/p/CbpIDnjA70M/?utm_medium=tumblr
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Biodiversità nell’oliveto del Salento, agli inizi del XX secolo
di Gianpiero Colomba
In Terra d’Otranto, tra la fine del XVIII° e per tutto il XIX° secolo, come conseguenza dei continui dissodamenti dovuti alla nascita di nuovi impianti con piante che per la prima volta colonizzavano il territorio (olivo, gelso, fichi, tabacco, ecc.), c’era poca disponibilità di nuovi terreni coltivabili. Una chiave per l’equilibrio produttivo fu l’intensificazione del livello di coltivazione nei terreni in genere ma soprattutto negli oliveti, con cereali e legumi spesso in rotazione tra loro. La parcellizzazione del territorio salentino e la coesistenza di colture diverse nello stesso fondo è stata una caratteristica delle comunità tradizionali che ha garantito nel tempo l’autosussistenza delle famiglie.
L’olivo quasi sempre era all’interno di possedimenti nei quali condivideva lo spazio con coltivazioni come i cereali, la vite, gli ortaggi e altre colture arboree come il gelso, il mandorlo o il fico. La distanza tra le piante di olivo permetteva di intercalare colture che consentivano al contadino di avere un reddito diversificato e quindi pressoché costante nel tempo.
Alla fine del XVIII° secolo il medico e agronomo salentino Giovanni Presta, indicava una distanza conveniente tra le piante di olivo di circa 65 «palmi», il che corrispondeva a poco meno di 50 piante per ettaro, la stessa densità indicata un secolo dopo dal cavaliere Gennaro Pacces, il quale si riferiva al dato medio dell’intera provincia di Terra d’Otranto. Intorno agli anni trenta del XX secolo si stima con maggior precisione una densità media di 62 piante per ettaro. Per fare un confronto: in Andalusia, regione leader nel mondo in quanto a produzioni di olio, nello stesso periodo potevano esserci tra le 90 e le 100 piante per ettaro. Per inciso, attualmente nella provincia di Lecce si stimano 112 piante per ettaro e un minimo livello di consociazione.
Per avere un riscontro rispetto alla reale condizione delle colture intercalate nell’oliveto in epoca preindustriale, prendiamo come rappresentativo il classico lavoro del professore Attilio Biasco di inizio XX secolo:
Gli oliveti specializzati, se non mancano del tutto, sono sicuramente molto rari. La consociazione arborea è abitualmente con la vite, la mandorla e il fico. La consociazione è talmente rilevante che l’olivo si considera la coltivazione secondaria.
Esiste dovunque una rotazione in cui spesso figurano le cereali e scarseggiano le leguminose: le prime sono rappresentate dal frumento, dall’avena, dall’orzo; le seconde dal lupino, dalla fava e il trifoglio incarnato.
Ma quali colture erano intervallate nell’oliveto e in quale proporzione? I dati che permettono un’analisi più precisa sono quelli in calce al Catasto Agrario del 1929. Per la prima volta in Italia nel su indicato Catasto, si descrivevano le aree coltivate differenziandole tra superficie cosiddetta «integrante» ovvero specializzata e superficie «ripetuta» ovvero associata ad altre coltivazioni prevalenti. L’oliveto integrante, a sua volta, era definito «esclusivo» laddove non vi era alcuna promiscuità con altre coltivazioni, o «prevalente» laddove la coltivazione associata occupava non oltre il 50% della superficie dell’oliveto.
Secondo la definizione data nel Catasto Agrario quindi, all’interno della categoria integrante potevano ricadere oliveti con all’interno fino al 49% della superficie occupata da altre colture. Per semplificare, poteva esserci un ettaro di oliveto con intercalati 3 mila metri quadri di mandorlo. Quindi, non solo esisteva una quota parte di olivi associati in altre coltivazioni, ma, vi era anche un certo livello di promiscuità colturale all’interno dell’oliveto definito integrante.
L’analisi dei dati permette un’interessante ed inedita valutazione: poco più del 33% dell’oliveto specializzato (50.591 ettari su 149.947 ettari nel 1930) aveva al suo interno coltivazioni in rotazione (principalmente, grano duro, avena, orzo, fave e lupini). Questo significa che esisteva ben un terzo dell’oliveto specializzato al cui interno vi era un certo livello di promiscuità, ed era quello che si definiva come oliveto prevalente. Di queste colture, il 44% erano cereali, il 21% piante da foraggio (trifoglio, veccia, …), il 13% fave, il 7% lupini e il 13% altri legumi. Si avverte che questa è una fotografia sul territorio in un dato momento storico e che, secondo quanto enunciato nel catasto, queste rilevazioni erano dati medi riferiti al sessennio 1923/28. Data inoltre la ciclicità annuale delle coltivazioni, l’analisi che ne può derivare riveste un significato di sola tendenza.
A questo punto se consideriamo la totalità della superficie dell’oliveto, cioè sia la superficie di associato che di specializzato, osserviamo che in percentuale l’oliveto esclusivo «puro» senza alcuna associazione, rappresentava in Provincia una quota poco più alta della metà di tutto l’oliveto ossia il 54%. Per altro verso, era pari al 18% la superficie occupata dagli olivi in associazione ma, se includiamo la categoria prevalente, non indicata nelle statistiche ufficiali ma qui calcolata, vediamo che la percentuale sale al restante 46%. Quindi, in poco meno della metà della superficie totale dell’oliveto (associato + specializzato), esisteva una qualche forma di associazione colturale. Riassumiamo il tutto nella figura sotto.
Tipologia dell’oliveto in Terra d’Otranto nel 1930. (Ettari). Fonte: propria elaborazione.
Alcune riflessioni. In alcune zone d’Italia e in particolar modo nel Salento, c’era poca disponibilità di territorio supplementare per le nuove colture. Infatti, già nel 1929 la quota di terra forestale (pascoli permanenti e boschi) si era progressivamente ridotta a poco meno del 10% su tutto il territorio della provincia di Lecce. Inoltre, l’alta densità di abitanti obbligava a rendere altamente efficienti tutti i terreni disponibili. Una chiave per l’equilibrio produttivo per tutto il XIX secolo e anche nei primi decenni del XX, fu l’intensificazione del livello di coltivazione nella stessa area con cereali e legumi, a dimostrazione di una più compiuta razionalità ed efficienza contadina, e rappresentando quindi un esempio di land-saving strategy. Le consuete rotazioni tra fave o lupini da un lato e avena, grano duro o orzo dall’altro, consentivano il soddisfacimento dei bisogni familiari in condizioni di sostenibilità per l’oliveto. L’associazione tra colture è uno dei segnali che rafforza l’idea di una strategia agraria basata sull’autoconsumo.
Questa tendenza si sarebbe poi evoluta nel giro di alcuni decenni in direzione della monocoltura e della specializzazione. Nel 1980 l’Istat riportava circa 1 milione di ettari d’olivo in consociazione su tutto il territorio italiano, circa 1,4 milioni di ettari nel 1950 e a circa 1,7 milioni nel 1910. Secondo stime più recenti del progetto europeo di agro-selvicoltura Agforward (2014-17), in Italia circa 200.000 ha di olivo sono attualmente gestiti in consociazione. Il trend quindi è in calo. Assistiamo a una lenta evoluzione in direzione della specializzazione colturale.
Sebbene quindi intorno al 1930, abbiamo calcolato un consistente livello di diversità colturale negli oliveti, verosimilmente questa quota era in diminuzione e con esso diminuiva progressivamente la biodiversità al loro interno. Ed è altrettanto plausibile che per l’oliveto, il quale per chi scrive ha rappresentato il classico esempio di coltura promiscua in epoca contemporanea, l’uscita dalla crisi produttiva iniziata alla fine del XIX° secolo fu rappresentata proprio dal percorso di avvicinamento alla specializzazione. Tutto ciò coincise anche con la globalizzazione dei prodotti e il conseguente ingresso di cereali a basso costo provenienti da altre parti del mondo. Tutta questa complessa e simultanea concomitanza di eventi, condizionò l’abbandono delle tradizionali strategie contadine, le quali consideravano l’associazione tra le colture come sistemi agronomici efficienti e in ultima analisi, forzò il percorso di semplificazione degli agro-ecosistemi. Negli ultimi decenni, l’utilizzo massivo di agro-chimici negli oliveti si sta realizzando senza controllo, contaminando il suolo e le acque, e originando, da un lato una forte perdita di sostanza organica e dall’altro una minaccia alla biodiversità.
Bibliografia
Biasco A., L’olivicoltura nel basso leccese, Napoli 1907.
Casella O., L’Ulivo e l’olio: manuale pratico ad uso degli agricoltori e dei proprietari, Napoli 1883.
Cimato A., Il germoplasma olivicolo in provincia di Lecce: recupero, conservazione, selezione e caratterizzazione delle varietà autoctone, Matino (LE) 2001.
COLOMBA G., Transición socio-ecológica del olivar en el largo plazo. Un estudio comparado entre el sur de Italia y el sur de España (1750-2010), Tesi di dottorato, Siviglia 2017.
Pacces G., Inchiesta agraria sulle condizioni della classe agricola in Italia, Monografia circa lo stato di fatto dell’agricoltura e della classe agricola dei singoli circondari della provincia di Terra d’Otranto, Lecce 1880.
Presta G., Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l’olio, Napoli 1794.
Tombesi A. et al., Recommendations of the working group on olive farming production techniques and productivity, «Olivae», 63, Madrid 1996.
Colomba Gianpiero, indirizzo mail: [email protected]
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Paulina Kamakine
https://www.unadonnalgiorno.it/paulina-kamakine/
Paulina Kamakine è una delicata poeta e traduttrice che porta avanti la tradizione della lingua d’Oc, attraverso progetti letterari che danno voce alla poesia contemporanea femminile e ripropongono la lingua come fonte di interesse e di cultura.
Nata a Tolosa nel 1989, ha un master in Scienze Umane e Sociali con specializzazione in Strategie Culturali, poliglotta e appassionata di dialettologia, si interessa di molte lingue regionali.
Con lo pseudonimo di Lou Pètit Aousèt, che significa l’uccellino, scrive e diffonde poesie tra Belgio, Italia, Francia, Guascogna, Linguadoca, Provenza.
Il suo lavoro Paraulas de femnas, la prima antologia femminile occitana, raccoglie un’ampia selezione di poesie, canzoni e prose di scrittrici contemporanee, dai 16 ai 96 anni, provenienti da tutto lo spazio linguistico fra la Val d’Aran nei Pirenei catalani e le Valli alpine occitane d’Italia.
Le oltre 70 autrici coinvolte, con composizioni spesso inedite, illustrano ognuna, con i propri versi, l’estrema varietà dialettale presente nella lingua occitana.
Liriche di donne che hanno attraversato il millennio, superato guerre, delusioni, traslochi e lutti senza perdere tenerezza, ancora capaci di entusiasmarsi davanti allo spettacolo della natura, di commuoversi al ricordo del tempo passato e di sperare nel futuro. Ma anche versi di una nuova generazione di autrici che, nuove trobairitz, cantano la passione carnale.
Paulina Kamakine, attiva su numerosissimi fronti artistici, compresi il canto e la scultura, vive la scrittura in Oc con un forte senso di responsabilità culturale e sociale.
I suoi scritti traggono la loro essenza dalla dolcezza e dalla bellezza. Imbevuti di verità, danno al mondo una nuova visione, un altro sguardo sincero sulla donna, della sua forza e delle sue debolezze.
Ha vinto numerosi concorsi letterari.
Con l’intento di documentare la presenza femminile nel mondo, partecipa attivamente alla difesa del patrimonio culturale e linguistico sostenendo il mantenimento e il ritorno della segnaletica bilingue nelle regioni occitane e animando vari siti web tra cui Lengas & culturas.
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Michele Piagno tiene un master sul bartending a Portogruaro (VE)
Il 22 aprile 2022 dalle 19 il barman internazionale friulano Michele Piagno tiene un master dedicato a professionisti del bancone, a sommelier e pure semplici appassionati. Lo fa presso I-Flow, a Portoguaro (Viale Treviso 74 30026 Portogruaro VE Italia - info: 331 8228720), hub creativo on oltre 600 mq di possibilità per sviluppare strategie e progetti multicanale.
Il master formativo di Piagno, che è un vero ambasciatore della sua terra, il Friuli è dedicato a all'arte del bartending è intitolato "La storia, le origini e l'evoluzione del bartending ad I-Flow". Piagno sa come coinvolgere chi ha voglia di imparare e i suoi corsi professionali spesso sono sold out
Il 22 aprile presso I-Flow Michele Piagno, oltre raccontare alcuni dei suoi trucchi, spiegherà con attenzione come preparare 4 famosi cocktail, che poi i partecipanti degusteranno insieme. E soprattutto, con il suo sorriso e il suo entusiasmo, farà capire quanto è bello regalare felicità preparando qualcosa di buono da bere.
La storia, le origini e l'evoluzione del bartending - informazioni
https://i-flow.business.site/posts/2440005545287356643?hl=it
CHI E' MICHELE PIAGNO
Originario di San Vito al Tagliamento (PN), Michele Piagno è un barman esperto di mixologia molecolare. Classe 1981, è figlio d'arte: con la sua famiglia di ristoratori, tra un impegno e l'altro gestisce l'Enoteca Vecchia Pretura, a Codroipo (UD).
Mixologist molecolare di livello internazionale, Piagno è anche Ispettore Nazionale della Federazione Baristi Italiani / Qualità Italiana. Brand Ambassador Mixò Italy, nel 2019 ha pubblicato "El Señor Mojito", un libro di 51 ricette in cui, mentre racconta l'origine del cocktail a base di lime e rhum, svela i segreti del barman perfetto. Nel 2021 lancia poi Barancli, Gin Originale Friulano, legato a doppio filo con la sua terra e inizia scrivere con il giornalista / blogger Lorenzo Tiezzi "Consumazione compresa", un libro dedicato alla magia della notte, a tanti suoi protagonisti e al buon bere.
"Barista, barman, bartender… in fondo sono tutti sinonimi. Chi sta dietro a un bancone deve soprattutto saper ascoltare e regalare un po' di serenità a chi viene a rilassarsi in un locale", spiega Michele Piagno, un professionista che punta da sempre su creatività ed eccellenza senza prendersi troppo sul serio.
Nel 2011 ha ideato Glow Sweet & Sour Mix, un liofilizzato divenuto brevetto mondiale per cocktail fluorescenti e si occupa da tempo anche di formazione: già dal 2007 è master trainer e collabora con Flair Academy Milano e con la Federazione Baristi Italiani.
Nel 2013 ha curato con il giornalista Claudio Burdi il libro "100 cocktail light e contemporanei", mentre nel 2014 ha collaborato con il celebre chef Terry Giacomello de l'Inkiostro a Parma (già al fianco di Ferran Adria a El Bulli) per la specializzazione e lo studio del concetto "Drink & Food".
Successivamente, ecco un progetto di food pairing con Norbert Niederkofler, lo chef tristellato del St. Hubertus di San Cassiano (BZ) e poi un altro progetto con Nicola Pepe, vincitore di Hell's Kitchen Italia 2018.
Tra le collaborazioni con i brand, ecco Redbull (Canambassador) e San Bitter, per cui ha creato drink abbinati ai finger food della campagna pubblicitaria "Intervalli Italiani". Suoi anche i drink studiati per Brouwerij Van Steenberg, uno dei più rinomati birrifici delle Fiandre che lo ha scelto per esaltare la sua birra più prestigiosa, la Gulden Draak. Infine, nel 2012 è stato Brand Ambassador Perrier.
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Bologna: Paolo Calvano incontra in Regione la Console Generale della Repubblica di Slovenia a Milano, Ingrid Sergaš
Bologna: Paolo Calvano incontra in Regione la Console Generale della Repubblica di Slovenia a Milano, Ingrid Sergaš L'assessore regionale al Bilancio e relazioni con L'Ue, Paolo Calvano, ha ricevuto nella mattinata di oggi nella sede della Regione la Console Generale della Repubblica di Slovenia a Milano, Ingrid Sergaš. L'appuntamento si inserisce nella collaborazione tra la Regione Emilia-Romagna e la Slovenia, entrambe realtà nella 'Rete Vanguard Initiative', alleanza che riunisce 38 tra le regioni industriali più avanzate d'Europa. Rete che ha l'obiettivo di stimolare l'innovazione industriale e costruire catene di valore europee basate sulla complementarità delle strategie regionali di specializzazione intelligente. Durante l'incontro sono stati affrontati anche temi di carattere culturale, a partire dalla 61^ edizione di Bologna Children's Book Fair, inaugurata ieri, dove la Slovenia �� Paese ospite d'onore 2024. Una occasione per gli editori di tutto il mondo di entrare in contatto con il ricco panorama editoriale del Paese slavo promosso in fiera attraverso 'And then what happens?', mostra che espone le opere di 59 artisti dell'illustrazione slovena contemporanea, nonché attraverso a oltre 30 eventi con la partecipazione della Slovenia. I fumetti sloveni saranno esposti nel Comics Corner mentre nel padiglione 29 ci sarà uno stand nazionale e due stand di editori indipendenti. Emilia-Romagna e Slovenia sono state unite anche dalle alluvioni del 2023. Nel maggio scorso la Slovenia ha inviato aiuti a Imola e in Romagna con una squadra della protezione civile composta da 32 persone e ha messo a disposizione due pompe ad alte prestazioni, in grado di aspirare rapidamente acqua e fango. Mentre nell'agosto, sempre del 2023, in occasione di una alluvione in Slovenia, la Regione ha offerto un proprio sostegno.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Voi siete qui. City Branding: lo scenario italiano e i progetti di Edenspiekermann per Amsterdam, Santa Monica e Parma. @electaeditore 📚 Un gran bel libro decisamente unico nel suo focus: l’identità visiva ed il branding delle città. Specializzazione poco conosciuta e documentata, bravi! Oltre 250 pagine per un lungo viaggio che parte da Parma (Capitale Italiana della Cultura 2020), passa per l’identità di Milano, Napoli, Venezia, il bel progetto Roma di Inarea purtroppo usato fino al 2009, Mantova, Cagliari, il stranamente “bruttino” Salerno di Vignelli, Firenze (che ho avuto modo di applicare per dei poster), Genova, il molto interessante Bologna, Treviso (complimenti Ferena!), Fano, Madonna di Campiglio e molti altri per poi fare un salto ad Amsterdam e a Santa Monica. WOW! Che viaggio incredibile! Ma dov’è esattamente questo “Qui”? Bella domanda! Che ne genera almeno altre quattro: 1. Nel 2020 c’era proprio bisogno di andare in uno studio internazionale per farsi progettare l’identità di Parma? Capisco la presenza del mitico Erik Spiekermann però Berlino o Amsterdam non sono proprio dietro l’angolo! 2. Quanti dei progetti pubblicati resisteranno alle prossime Elezioni Amministrative? Ho come l’impressione che in Italia a volte si confonda il “Personal Branding del Sindaco” con il City Branding. 3. Quanti progetti pubblicati sono stati effettivamente applicati ed utilizzati nella vita reale? 4. E tutti i Comuni che si ostinano ancora nel 2022 ad usare solo il polverosissimo stemma araldico, che fanno, dormono?! Bah! Forse si sono solo persi per strada in cerca di uno studio internazionale… #booklover #bookstagram #everymonday ••• #chiani #artdirection #illustration #creativedirection #graphicdesign #brandidentity #branding #design #visualdesign #strategy #advertising #packaging #communication #concept #photography #managers & #designers #myartismydirection #designthinking @chianidesign #designboutique #vierijacopochiani #freelance #dontwasteyourpixels #palazzoschio #creativecollective #2022 #vicenza (presso Chiani) https://www.instagram.com/p/CbFLqCuAXdK/?utm_medium=tumblr
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Sassari: il report di un anno di attività della Polizia locale
Sassari: il report di un anno di attività della Polizia locale. Sassari. Questa mattina il sindaco Nanni Campus e il comandante Gianni Serra hanno illustrato il report sulle attività di un anno della Polizia locale. Un documento importante e articolato che mette in risalto la qualità del lavoro e la quantità delle azioni svolte dagli agenti in 12 mesi. I dati evidenziano il ruolo centrale assunto dalla Polizia locale di questa città capoluogo nelle politiche di sicurezza urbana, intesa non solo come sicurezza reale, ma anche come percezione di sicurezza da parte della comunità. Nel campo della sicurezza stradale emergono due punti su cui soffermarsi: la recrudescenza degli incidenti stradali e allo stesso tempo la riduzione dei reati legati alla violazione delle norme comportamentali di guida che maggiormente incidono sulla sicurezza della circolazione; quest'ultimo dato è il risultato dell'efficacia delle azioni di sensibilizzazione, di prevenzione, di comunicazione, delle campagne di sicurezza stradale che annualmente promuoviamo: 1330 incidenti stradali, nove decessi. L'analisi sull'incidentalità nel nostro territorio è stata realizzata scomponendo i dati macro aggregati in singole fattispecie (incidenti stradali per fascia oraria, per condizioni meteorologiche, per fasce di età, per strade a più alto indice di sinistrosità, per caratteristiche dei veicoli coinvolti, per cause scatenanti, ecc.), e ciò allo scopo di disporre di elementi di valutazione che permettano di studiare strategie di contrasto di questo fenomeno particolarmente incisive. Il dedalo di strade del consorzio a Predda Niedda si conferma l'area più esposta ai rischi di incidentalità; seguono le direttrici di traffico di collegamento tra il centro urbano e le località periferiche. La causa scatenante gli incidenti si conferma l'imprudenza, quasi sempre correlata all'uso del cellulare, mentre calano gli incidenti provocati dall'alterazione psico-fisica dei conducenti (responsabile in percentuale dell'8,7% sul totale delle cause scatenanti gli incidenti stradali). Il report si sofferma anche sulle sempre più rilevanti attività di polizia giudiziaria affidate dall'autorità giudiziaria al Comando, ma anche quelle svolte di iniziativa dagli agenti. Il dato del 2023 registra una crescita sia delle comunicazioni di reato trasmesse alla Procura della Repubblica per reati contro il patrimonio e per reati correlati allo spaccio di sostanze stupefacenti, sia il costante aumento degli arresti in flagranza di reato e delle misure cautelari nei confronti dei soggetti responsabili degli stessi; ciò a dimostrazione di una sempre maggiore specializzazione degli agenti nelle azioni rivolte a rafforzare la sicurezza urbana, il sentimento di giustizia e legalità: 462 denunce in stato di libertà, 268 deleghe ricevute dall'autorità giudiziaria, 40 tra arresti in flagranza e misure cautelari, 57 sequestri penali di sostanza stupefacenti, 54 soggetti denunciati/segnalati per spaccio e consumo di sostanze. Spazio anche alle attività di polizia ambientale (grazie alle fototrappole i verbali sono aumentati rispetto al 2022 del 117,6 percento), i controlli di polizia commerciale e di polizia edilizia, la mappatura del quartiere di San Donato, il ruolo delle tre stazioni mobili di Polizia locale che operano stabilmente nel centro storico rappresentando tre presidi di legalità irrinunciabili per la sicurezza del quartiere: 1220 sanzioni per illeciti ambientali, ventisette sale VLT sanzionate, 3.800 giochi illegali sequestrati. Il report illustra anche l'impegno nel campo della formazione e della solidarietà, dall'esperienza del campo scuola Polizia locale – unica nel suo genere in Italia -, ai laboratori di legalità in cui si è affrontato il tema drammatico del bullismo, dalla formazione al personale sanitario sull'infortunistica in età pediatrica, alle campagne di sensibilizzazione su come difendersi dai tentativi di truffa rivolte agli anziani. Infine, le campagne di sicurezza stradale rivolte a preservare l'integrità fisica degli utenti della strada, tra i cui numeri spiccano le oltre 500 sanzioni elevate per l'uso del cellulare alla guida. Sono state 615 le sanzioni comminate per sosta illeciti sugli stalli per disabili, 1629 le sanzioni per la sosta sul marciapiedi. Sul fronte della sicurezza urbana si citano i 24 ordini di allontanamento di persone che occupavano aree pubbliche pregiudicandone la libera fruibilità, gli undici esercizi di vicinato denunciati per aver aperto oltre l'orario consentito, la dotazione del Taser come dotazione di reparto per gli agenti, terzo Comando in Italia ad essersi dotato di questo dispositivo di prevenzione.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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[2.1] - Una Storia Breve
Per capire cosa è accaduto e forse sta ancora accadendo a Buenaventura occorre osservare diversi processi simultaneamente. Ho alcune ipotesi che potrebbero spiegare le traiettorie seguite dallo sviluppo della città ma, prima di proporle, vorrei delinearne meglio il contesto. Buenaventura, fin da subito, mi parve una realtà avvitata su se stessa, che apparteneva ad altre leggi, volutamente isolata mentre stava accadendo qualcosa di molto grande, tanto grande che in molti non erano completamente consapevoli degli eventi che vivevamo. Il suo Puerto era ed è una turbina che dà energia al movimento del mondo delle cose. E’ un orgoglio ingegneristico nazionale, capace di scaricare e ricaricare enormi navi cargo in tempi al passo con i più grandi porti mondiali. Ma per fargli spazio, negli ultimi venti anni, Buenaventura, la città, in cui circa l’88% della popolazione è di origini africane, ha sofferto cambiamenti strutturali di tale profondità e portata da far immaginare che vi fosse una non-strategia precisa che sosteneva le pratiche locali di governo: creare le condizioni per ricollocare 30.000 persone dall’isola del Cascajal (in foto) nell'entroterra. Osservando le fasi costruttive del suo polo logistico si ha infatti l’impressione di assistere alle iniezioni di improvvise dosi di "progresso e modernità" su di un corpo urbano completamente impreparato e che, poco alla volta, si è ritrovato spossessato dei suoi spazi. L’innesto non è stato indolore da qualsiasi punto di vista lo si voglia osservare. C'è stata una convergenza di eventi, alcuni dei quali numerabili e quantificabili, che non lasciano spazio a troppe fantasticherie.
Sul fronte dell'impiego, l'automazione dei tre terminali logistici ha ridotto drasticamente la forza lavoro direttamente impiegata nel settore portuario. Si parla di circa 6000 posti di lavoro che sono stati persi in 10 anni e che sono stati sostituiti solo parzialmente dagli impieghi nel settore edilizio o dai lavori “a progetto” nell’indotto portuario attraverso agenzie interinali (1). A questo va aggiunta la crescita dei costi di gestione per mantenere in acqua barche di piccolo e medio cabotaggio. Come sostenuto anche da alcuni sindacalisti e da piccoli imprenditori locali, con l’espansione delle aree adibite ai porti, l’accesso al mare di imprese locali di pesca e delle cooperative di trasporto sono diventate sempre più difficoltose. Nel 2013 i dati sulle condizioni economiche della città confermavano questo cammino involutivo. Il 29% della popolazione in età lavorativa era disoccupata. L'81% viveva al livello di sussistenza e il 44% aveva un reddito inferiore alla soglia di povertà (UNDP 2013). Vivere di espedienti era l'unica soluzione disponibile per la grande maggioranza degli abitanti.
Questa condizione faceva da sfondo ad un ambiente che era diventato sempre più violento e pericoloso (1). Ci sono dati che confermano che la città ha vissuto per almeno 20 anni dentro livelli sostenuti di violenza armata. Il numero di morti per arma da fuoco in 15 anni sfiora le 7.000 persone. I tassi di omicidio fino al 2015 furono ampiamente superiori alla già alta media colombiana (oltre i 70 morti per 100.000 abitanti con anni in cui si toccarono i 136 morti). Oltre al numero degli assassinati, un recente articolo su “El Espectador” conferma che dal 1997 al 2021 la Fiscalia ha registrato ufficialmente 1128 casi di sparizioni forzate in città. Ma quando vivevo da quelle parti le cifre di cui parlavano le ong per i diritti umani erano molto più alte. Altrettanto significativi sono i dati sui movimenti migratori che hanno piegato definitivamente le già precarie strutture di accoglienza cittadine. Secondo dati gestiti dall’agenzia dell’ONU, OCHA, cui ho potuto avere accesso nel 2009, il 20% della popolazione, circa 63.000 persone, apparteneva ad un’indefinibile categoria di abitanti fluttuanti, non esistenti, fantasmici che erano i rifugiati interni del conflitto armato scoppiato all’inizio del nuovo millennio nella regione pacifica.
Le ragioni di questa nuova\vecchia guerra hanno certamente bisogno di maggiori spiegazioni. Lo scontro ha si radici nella crescita dal Puerto e in generale nell'accresciuta importanza strategica della regione Pacifica nell'economia nazionale (1). Ma l'escalation bellica è dovuta anche alle dinamiche messe in moto dall’industria del narcotraffico. Tutta la storia recente colombiana non può ormai prescindere dalla comprensione dei processi bellici e socio-economici messi in moto dall'industrializzazione della produzione di cocaina. Su questo tema, come è chiaro, esistono ancora molte divergenze ed omissioni. Rispetto all'esperienza di polo logistico di Buenaventura vorrei però proporre una tesi che ho sviluppato leggendo gli archivi disponibili raccolti attraverso una rassegna di ricerche di altri studiosi e le storie messe insieme nei quartieri in cui ho vissuto per 4 anni.
Seguendo lo schema teorico proposto nel post precedente, conclusosi con un elenco delle maggiori formazioni storiche che operano in città, cercherò ora di mostrarne delle altre, più locali, di natura informale e decisamente fluida, che hanno esercitato nel corso degli anni un’influenza altrettanto decisiva sulle vicende urbane. Data la loro dimensione molecolare rispetto agli aggregati già descritti, utilizzerò ancora Deleuze ed uno dei suoi testi “giovanili” (1) ma questa volta per definirle come istituzioni con le quali si organizzano localmente “i mezzi per soddisfare una tendenza”, dove le azioni collettive di piccoli gruppi di persone non sono da considerarsi limitate dalla legge ma al contrario trovano uno sbocco positivo e una capacità di articolarsi nel corpo sociale. Si tratta di forme “organizzate” di abitare la città la cui osservazione permette di delineare elementi delle strutture politiche che sostengono le strategie di sopravvivenza dei quartieri ed alcune fondamentali tattiche degli abitanti per gestire, controllare ma anche di agire la crisi di Buenaventura.
Vorrei allora provare ad analizzare i cosiddetti combo o gruppi di ragazz* attraverso la loro fluidità; non seguendo i processi di identificazione ed appartenenza che li segnano ma osservando le potenzialità che creano e le tendenze che catturano. Durante il mio lavoro di campo ho notato con una certa costanza che la capacità di eseguire mansioni, di muoversi in città o di lavorare per conto di qualcuno non riguardava mai l’individuo ma sempre un gruppo che si organizzava cambiando in base alle necessità ed alle disponibilità del momento. Un caso che conobbi più da vicino era quello della quadrilla, un’istituzione di base spontanea e tradizionale che ordinava il lavoro nelle miniere di 4 massimo 7 persone e che espletava compiti di diverso tipo sul posto di lavoro ma non solo, tra cui vi era anche quello di autodifesa quando le condizioni lavorative lo rendevano necessario. La stigmatizzazione di micro-istituzioni come queste e la loro associazione a gang o pandillas se non direttamente a gruppi armati ha avuto un impatto decisivo sulle relazioni tra diversi barrios, esquinas o calles della città. In molti casi le fratture imposte da “maldicerie” o da vere e proprie operazioni di criminalizzazione hanno ridotto la capacità di opposizione civica e di resistenza ad alcune scelte di politica economica che venivano prese per la città o attraverso di essa. Non vi è dubbio che, per circa 50 anni, la formazione di istituzioni così definite abbia dovuto sviluppare forme di convivenza e relazioni con l’industria del narcotraffico. Tuttavia è mia convinzione e cercherò di spiegarne le ragioni, che queste relazioni dipesero in maniera sostanziale dal modus operandi di un’istituzione dello Stato, la Polizia Nazionale, il cui obiettivo sarebbe dovuto essere quello di “mostrare la legge” ma che nella Valle del Cauca e a Buenaventura ebbe un ruolo fondamentale nel far attecchire il narcotraffico nei quartieri. In questo modo la leva narcotica venne sfruttata militarmente per silenziare il dissenso in base alle necessità che via via venivano identificate per permettere l’espansione portuaria e l’accaparramento di terre. Seguendo questa linea interpretativa, quello che avvenne nella regione di Buenaventura potrebbe allora essere sintetizzato in questo modo.
Una delle maggiori fonti di reddito ed attività economiche del Puerto, oltre alla pesca ed al trasporto via mare, fu storicamente il contrabbando di prodotti che per qualche ragione non potevano essere commerciati da tutti o su cui occorrevano permessi speciali: dall'alcol, ai medicinali, a una vasta gamma di altri prodotti come gli schiavi venduti nel XIX secolo fino alle adidas fasulle cinesi di quando vivevo lì. Tuttavia, dalla fine degli anni '70, si andò affermando una rete di contrabbando più specifica che concentrò le sue attività sul commercio di cocaina. Questa rete originariamente era composta per lo più da membri della guardia costiera, della polizia nazionale e dagli ufficiali di dogana. Quando negli anni ottanta iniziò il boom narcotico di Cali la rete ebbe il potere di accentrare il contrabbando locale insieme a tutta una serie di attività commerciali legittime, quasi di forzarle dentro il traffico di un unico prodotto. Alla fine degli anni 90 esisteva una flotta di almeno 200 imbarcazioni ormeggiate intorno alla città che smerciavano unicamente cocaina e che, insieme ai grandi porti, avevano reso sempre più costoso il mantenere barche in mare per occuparsi di tutt’altro. Anche loro erano parte di una struttura logistica, ma capillare e diffusa, che faceva atterrare aerei tipo Cesna ed arrivare autoarticolati provenienti dalle maggiori regioni in cui si processava la pasta base della Colombia. In altre parole, la specializzazione del contrabbando e la diffusione di eserciti privati per sostenerlo fu il risultato evidente della creazione di uno campo politico oltre che di una prassi con cui si impose l’accettazione su vasta scala dei traffici illegali del Puerto. Localmente ciò si manifestò soprattutto grazie alla duratura e quasi trasparente partecipazione nel business narcotico delle agenzie preposte al suo controllo. Proverò allora a ricomporre una breve storia locale della cocaina per tentare una dimostrazione più convincente di tutto questo.
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Trova il lavoro che desideri: come diventare seo copywriter e social media manager
Claudia Moreschi ci racconta come ha trovato il lavoro dei suoi sogni
Sono solita dividere la mia vita in due momenti: la mia vita prima del 2014 e quello che è venuto successivamente. Il 2014 è stato per me un anno a dir poco cruciale: nel maggio di quell’anno ho dato un taglio netto alla mia vita, lavorativa ma non solo, licenziandomi in tronco. Arrivavo sì da nove anni di lavoro dipendente con contratto a tempo indeterminato, tredicesima e quattordicesima e tutto il resto, ma ero profondamente, terribilmente infelice. Troppo infelice. Il lavoro da ufficio era diventato per me troppo stretto (da anni era ormai chiaro che il lavoro da ufficio non faceva proprio per me), le vessazioni del mio datore di lavoro insopportabili, stavo male psicologicamente e fisicamente. Insomma, non potevo pensare di continuare così. Poi un bel giorno di primavera, dopo aver toccato il fondo, ho capito: perché farmi del male in questo modo? Chi me lo fa fare? Si cambia!
Il percorso fino alla decisione di diventare freelance
Il mio sogno era quello di essere autonoma e indipendente, finalmente padrona del mio tempo e della mia vita, “capo di me stessa”, ma soprattutto libera di fare quello a cui tenevo più di ogni altra cosa: occuparmi di scrittura e comunicazione, la mia vera vocazione. Prima di lanciarmi di petto nel mondo dei freelancer, ho voluto però prendermi una pausa ristoratrice da dedicare a una mia altra grande passione: viaggiare. Per leccarmi le ferite, ritrovare me stessa e fare luce su quello che volevo veramente fare, ma anche per mettermi alla prova e valutare se potevo davvero farcela come freelancer.A novembre del 2014 sono partita per il Sud-est asiatico, sola e con uno zaino da dieci chili sulle spalle, da brava backpacker, con un biglietto aereo “aperto”: sapevo quando sarei partita (il 12 novembre) ma non sapevo con esattezza quando sarei tornata. Durante quello che è stato il viaggio più memorabile e intenso della mia vita, da cui sono tornata rinata e con un bagaglio di immenso di esperienze, mi sono spostata via terra esplorando Thailandia, Laos, Vietnam, Cambogia e quindi Singapore, da cui sono ripartita.Sono rientrata dal mio viaggio in solitaria cinque mesi dopo, nell’aprile del 2015, rilassata e piena di energie e speranze, pronta a lanciarmi a capofitto in una nuova fase della mia vita. Il mio sogno più grande era diventare libera professionista e la vita non è fatta di rimpianti: quindi perché non provare? Prima di buttarmi a capofitto nel mio nuovo lavoro ho però voluto consacrare la mia esperienza e raccontare della mia decisione di cambiare vita e di viaggiare in solitaria con un biglietto di sola andata: nell’autunno del 2015 è uscito Clamore in Asia, il mio primo libro, un racconto di viaggi, riflessioni e stimoli per chi vuole cambiare vita.
Da quando ho aperto la partita iva
Il passo successivo è stato altrettanto decisivo. Era arrivato il momento ufficiale: a gennaio 2016 ho finalmente trovato il coraggio di fare una cosa che rimandavo da tempo, ovvero aprire la mia partita IVA. Sono quindi diventata a tutti gli effetti una libera professionista specializzata in SEO Copywriting, Social Media Marketing e articoli per il web, con una predilezione (non poteva non essere così) per il mondo del turismo.Un aiuto fondamentale nel mio processo di cambiamento professionale è arrivato dal mio blog di viaggi: aperto nella primavera del 2012, il mio blog mi ha aiutata fin da subito a farmi conoscere sul web e a stringere le prime collaborazioni di scrittura, collaborazioni che con il tempo si sono consolidate fino a darmi una base solida di clienti da cui partire. Negli anni il mio blog di viaggi è diventato anche fonte di ispirazione per tanti che come me, cercavano di dare un taglio alla propria vita ma magari tentennavano o temevano di non farcela.Essere di aiuto e stimolo per loro è stato, e lo è tuttora, un aspetto molto gratificante, che mi riempie di gioia, qualcosa che faccio volentieri, così come hanno fatto altri con me quando ero nella loro stessa situazione.Cosa fa un SEO Copywriter e Social Media Manager professionistaUn SEO copywriter è uno specialista della scrittura (soprattutto web ma può anche occuparsi di scrittura offline): i contenuti che realizza sono sempre in ottica SEO, cioè ottimizzati per i motori di ricerca. Per diventare SEO copywriter serve quindi un’ottima padronanza della lingua, creatività e abilità nella scrittura a cui si aggiunge una buona conoscenza della SEO. Spesso – come nel mio caso – un SEO copywriter può occuparsi anche di social media marketing, quindi creazione di contenuti e strategie per la comunicazione sui social media. In questo caso, in più, serve una conoscenza approfondita del mondo dei social media (mondo in evoluzione quotidiana) e delle dinamiche del web marketing: saper gestire la stesura di piani editoriali e la creazione di post, ma anche la creazione di campagne pubblicitarie e analisi dei dati statistici.Come mi sono formata per lavorare nel copywritingNel frattempo mi sono dedicata alla specializzazione: già prima di aprire partita IVA ho frequentato un corso intensivo di social media marketing per la gestione degli eventi, quindi un corso internazionale di travel writing e mi sono dedicata ad approfondire l’ambito del copywriting con letture a tema, webinar e corsi di scrittura.Per il copywriting sono state per me illuminanti le letture di Luisa Carrada e Annamaria Testa, ma ci sono stati anche altri libri “esistenziali” che hanno segnato il mio ingresso nel mondo dei freelancer: ne ho letti tantissimi, ma tra i primissimi che mi vengono in mente ci sono “La mucca viola” di Seth Godin, “4 ore alla settimana” di Timothy Ferriss e “Adesso basta” di Simone Perotti. Leggere, leggere, leggere, leggere tanto è tra le primissime cose che consiglio a chi vuole intraprendere la strada del copywriter. La formazione è qualcosa che deve essere costante non solo in una fase preliminare di costruzione del proprio lavoro, ma anche durante, a maggior ragione per chi, come è, è anche social media manager: i social media sono un mondo in fermento e in evoluzione quotidiana (e questo è uno dei motivi per cui li amo così tanto), per cui non si può mai restare indietro. A distanza di anni, ormai nel sesto anno della mia attività come freelancer, non c’è mai stato un giorno in cui non sia stata felice della mia scelta. Probabilmente questo è proprio il posto giusto in cui avrei sempre dovuto essere, perché non ho mai avuto difficoltà particolari o momenti di crisi. Da inguaribile ottimista quale sono, penso che se davvero vogliamo una cosa con tutta la nostra forza, se davvero facciamo di tutto per ottenerla, il premio poi arriva. E con esso la felicità. Come recita una delle frasi-mantra che preferisco, “fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita”.Come iniziare a lavorare come SEO Copywriter e Social Media Manager professionistaCome dicevo sopra, le mie prime collaborazioni sono arrivate grazie al mio blog, che è stata ed è tuttora una vetrina importante per farmi conoscere. Agli inizi mi sono iscritta a portali internazionali dedicati al lavoro dei freelancer: le tariffe in genere sono basse ma può essere un buon trampolino di lancio da cui partire per farsi conoscere e trovare i primi clienti. Oltre a questo serve un sito professionale ben posizionato per farsi trovare da chi cerca servizi di SEO copywriting e social media, dove creare anche una sezione portfolio per mostrare i propri lavori e le proprie collaborazioni. Sullo stesso argomento puoi leggere su Lavoro con Stile: Come diventare copywriter da zero! Trovare lavoro come blogger... Come diventare social media manager. Come entrare in contatto con Claudia MoreschiChi vuole sapere di più su chi sono e quello che faccio può trovarmi qui: https://www.claudiamoreschi.it/ http://www.travelstories.it/ il mio blog di viaggi. e infine i miei canali social: https://www.linkedin.com/in/claudiamoreschi/ https://www.instagram.com/clamore_travelstories/ https://www.facebook.com/TravelStories.it https://www.facebook.com/ClaudiaMoreschi.it Un ringraziamento speciale a Claudia Moreschi per essersi raccontata con generosa e genuina autenticità! Ti aspettiamo come sempre nei commenti se ti va! Read the full article
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Abi: le banche operanti in Italia puntano su sicurezza e innovazione
Le banche operanti in Italia accelerano su sicurezza e innovazione, con strategie e programmi di investimento ancora più a misura del cliente. Investimenti in sicurezza Dall’ultimo studio di ABI Lab sulla sicurezza emerge che la maggior parte delle realtà analizzate ha indicato per il 2020 un aumento degli investimenti per la protezione dei canali remoti utilizzati dalla clientela: i volumi di spesa previsti per la sicurezza IT rispetto al totale del budget IT passano dal 7% riscontrato durante il 2019 al 12% per il 2020. Il budget di sicurezza IT si divide tra interventi per incrementare i livelli di sicurezza dei servizi (31%), interventi per l’evoluzione del servizio offerto alla clientela, anche in ottica di business (30%) e interventi per l’adeguamento alle normative di sicurezza (39%). Investimenti in Internet e Mobile Banking La forte attenzione del mondo bancario per Internet e Mobile Banking trova conferma anche nelle previsioni di spesa formulate per il 2020: l’87% delle banche rispondenti ha segnalato un aumento o un forte aumento degli investimenti sul Mobile. Anche l’Internet Banking vede il 65% delle banche aumentare lo sforzo economico. Le aree di maggiore attenzione sui canali digitali sono la cybersecurity, l’efficientamento dei sistemi e la specializzazione del personale. È quanto emerge da un’indagine contenuta nel Rapporto annuale realizzato da ABI Lab, il Consorzio per la Ricerca e l’Innovazione per la banca promosso dall’Abi, che fa il punto sul Read the full article
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