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PRIMA PAGINA Tutto Sport di Oggi mercoledì, 23 ottobre 2024
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Storia Di Musica #332 - Area, Crac!, 1975
Le storie dei dischi dello scatolone del mese di Giugno hanno avuto un grande riscontro, e ne sono particolarmente felice. E per quelle di Luglio vorrei ripartire da quello scatolone, perché conteneva un altro disco, che però rispetto ai 5 scelti avevo già comprato da me. L’ho scelto per tre motivi: perché è l’occasione di parlare di un grande personaggio, che ho citato di striscio nelle storie del mese scorso; perché questo lavoro è un formidabile esempio della grandezza e delle capacità di uno dei gruppi italiani più grandiosi di sempre; perchè il suo titolo mi ha sedotto a trovare altri dischi che hanno nel titolo lo stesso simbolo grafico, il punto esclamativo. Gli Area, che avevano nel nome di gruppo una dicitura chiarissima, International POPular Group, sono stati una delle punte di diamante della musica europea degli anni ’70. Nascono a Milano nel 1972 quando musicisti provenienti da esperienze molto diverse mettono su un gruppo. Il primo nucleo comprendeva il tastierista Patrizio Fariselli, Giulio Capiozzo alla batteria, Johnny Lambizzi alla chitarra, sostituito subito da Paolo Tofani, Patrick Dijvas al basso e Victor Busnello al sassofono, con in più uno studente di architettura di origini greche, alla voce, Demetrio Stratos (psudonimo di Efstràtios Dimitrìou). Convergono nel gruppo esperienze diversissime: Fariselli è diplomato al Conservatorio di Pesaro, Capiozzo ha suonato per anni all’Hotel Hilton de Il Cairo e fu prolifico sessionman per la Numero Uno di Mogol e Battisti, Tofani suonava la musica beat con i Califfi, Stratos aveva avuto un certo successo negli anni precedenti, avendo cantato il brano Pugni Chiusi dei Ribelli, che entrò in classifica nel 1967.
Ma qui è tutta un’altra storia: scelgono una musica totale e creativa, ricchissima di suggestioni, puntando anche sulla “complessità musicale”. Quest’ultimo punto li vide clamorosamente osteggiati durante il loro primo tour a supporto di grandi nomi come Rod Steward e i mitici Gentle Giant, accusati dal pubblico di essere troppo ostici. Poco dopo l’incontro che cambia la loro storia (e in parte anche quella della musica italiana). Gianni Sassi è un fotografo, scrittore, artista bolognese che fonderà una etichetta, la Cramps, che scompaginerà il panorama musicale del tempo. Li mette sotto contratto, dà loro libertà creeativa ma si mette a scrivere i testi, con lo pseudonimo di Frankenstein. Il debutto è leggendario: nel 1973, Arbeit Macht Frei, la beffarda e drammatica scritta che accoglieva i deportati nei lager nazisti, già dalla copertina è un colpo alla coscienza, con un pupazzo mascherato e con un lucchetto, imprigionato tra totalitarismo e sistema del Capitale. La musica è altrettanto dirompente: un jazz rock teso, di caratura internazionale, ma che profuma di mediterraneo, vedasi il suono balcanico del primo pezzo culto, Luglio, Agosto, Settembre (Nero), netta presa di posizione a favore dei palestinesi, e che spesso vira all’avanguardia (L’Abbattimento Dello Zeppelin). Tra tutto, spicca la voce, prodigiosa, di Stratos, non solo per l’estensione o la duttilità, ma per il ruolo che gioca nelle canzoni, e per le straordinarie capacità tecniche (studierà le diplofonie, facendo della sua voce uno strumento aggiunto e inimitabile, arrivando a produrre contemporaneamente fino a 4 note diverse). Busnello e Dijvas lasciano il gruppo, quest’ultimo andrà alla PFM, e entra in formazione Ares Tavolazzi al basso. Nel 1974 arriva Caution Radiation Area (in copertina il simbolo del pericolo radioattivo) e radioattiva è la musica, che abbandona la forma canzone (tranne Cometa Rossa, che sfoggia ancora suggestioni mediterranee) e vira decisamente sull’avanguardia e la sperimentazione. Il pubblico non gradisce, ma dal vivo la band macina concerti su concerti, ad un ritmo forsennato (oltre 200 l’anno) è spesso invitata in contesti internazionali, e chi li ha visti dal vivo assicura che erano straordinari. Dopo aver registrato una versione strumentale de L’Internazionale (con lato b Citazione Da George J. Jackson, con Stratos che recita un famoso discorso del leader delle Pantere Nere) per la liberazione dell’anarchico Giovanni Marini, all’epoca detenuto in carcere per l’omicidio del vicepresidente del FUAN, Carlo Falvella, avvenuto a Salerno nel 1972, nel 1975 arriva l’atteso nuovo disco.
Crac! è un disco che media tra il primo e il secondo. L’immediatezza di alcuni brani, che furono tacciati di frivolezza (storica la stroncatura di Riccardo Bertoncelli e la contro risposta di Stratos sulla rivista Gong) ma che invece sono una lucida organizzazione del solito alto livello musicale, un formidabile jazz rock al massimo livello, a cui per una volta si aggiunge un giocoso approccio. Crac! si apre con L’Elefante Bianco, che diventerà brano culto, una cavalcata rock con i fiocchi e prosegue con La Mela di Odessa: Stratos che qui fa davvero capire che voce incredibile è stata, è anche famoso perché durante i live Demetrio raccontava la storia che la ispirò. Secondo lui infatti, il testo si baserebbe su un fatto realmente avvenuto nel 1920, e che potrebbe essere uno dei primi dirottamenti marini della storia. Un pittore dadaista tedesco, tale Apple, che intendeva assistere ad una mostra d'arte a Odessa, vi dirottò una nave passeggeri con l'intenzione di regalarla ai russi che avevano da poco fatto la rivoluzione. Una volta a Odessa, Apple venne salutato con feste enormi, che comportarono anche far saltare in aria la nave con tutti i suoi passeggeri tedeschi. Della storia non c’è traccia in nessuna fonte storica e ormai è chiaro che fosse stata inventata per rendere ancora più potente le metafore che il testo sprigiona in un brano “enciclopedia” per la commistione di generi, stili, suoni, un capolavoro assoluto. Megalopoli e Nervi Scoperti spiegano la vita mediterranea al jazz rock. Nel disco c’è anche il brano più famoso degli Area, Gioia E Rivoluzione, che dice “Canto per te che mi vieni a sentire\Suono per te che non mi vuoi capire\Rido per te che non sai sognare\Suono per te che non mi vuoi capire", e che verrà ripresa decenni dopo con successo dagli Afterhours; l’elettro-psichedelia retta dal basso di Implosion e la sperimentazione vocale di Area 5 chiudono l’LP. Il successivo tour verrà ricordato con un live, Are(A)zione, con tre brani noti dai Festival a cui parteciparono, e una nuova suite, omonima al titolo del disco.
La band durerà altri due anni: divisi dal sentirsi alfiere dell’avanguardia musicale, con scelte a volte del tutto incomprensibili, come Event del 1976, una lunga suite sconclusionata, faticosissimo tentativo di cavalcare la tigre del suono, progetti solisti che crearono tensioni, il passaggio dalla Cramps alla CGD di Caterina Caselli, che nel 1978 pubblica Gli Dei Se Ne Vanno, Gli Arrabbiati Restano, che esce pochi mesi prima che Demetrio Stratos muoia di leucemia fulminante. “Stratos è stato senza dubbio il personaggio più originale e importante nella musica italiana di ricerca degli anni Settanta, proprio per il suo voler sfuggire alle definizioni, per aver saputo, con coerenza e intelligenza, mettere in comune mondi apparentemente lontanissimi.” (Ernesto Assante).
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"Anzitutto l'operaio deve negare decisamente qualsiasi solidarietà col giornale borghese.
Egli dovrebbe ricordarsi sempre, sempre, sempre, che il giornale borghese (qualunque sia la sua tinta) è uno strumento di lotta mosso da idee e da interessi che sono in contrasto coi suoi.
Tutto ciò che stampa è costantemente influenzato da un'idea: servire la classe dominante, che si traduce ineluttabilmente in un fatto: combattere la classe lavoratrice.
Ma il bello, cioè il brutto, sta in ciò: che invece di domandare quattrini alla classe borghese per essere sostenuto nell'opera di difesa spietata in suo favore, il giornale borghese riesce a farsi pagare... dalla stessa classe lavoratrice che egli combatte sempre.
E la classe lavoratrice paga, puntualmente, generosamente."
Antonio Gramsci
Oggi c'e' da aggiungere anche tv, radio e media vari, anch'essi al totale servizio della borghesia (a meno che qualcuno riesca a convincermi che gente come Elon Musk, Bill Gates, Zuckerberg, o Berlusconi, Angelucci, DeBenedetti, Cairo e Co, hanno acquisito tv, media e giornali per aiutare gli operai). Unica certezza, dopo 100 anni, sono gli operai che seguitano, imperterriti, a pensare che la borghesia e' quella che possa risolvere i loro problemi. @ilpianistasultetto
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Mi sono appena ricordata che quando ero piccola il mio sogno più grande era diventare archeologa (anche se poi il film della mummia mi aveva traumatizzata ahahah). Mio padre all'epoca mi faceva vedere i documentari sugli Egizi, sui Babilonesi e su tutti gli altri popoli che si studiano a scuola, spesso ne sapevo anche più delle maestre. Ai miei occhi era troppo affascinante l'idea di ritrovare oggetti antichi o scoprire tombe di faraoni vissuti in un'epoca lontanissima dalla mia (non a caso ancor prima di iniziare le elementari stavo sempre a giocare con il secchiello, la sabbia e il passino per vedere cosa si nascondesse in mezzo). All'epoca poi sentii parlare del più grande antico museo egizio dopo il Cairo, quello di Torino e mi promisi che un giorno ci sarei andata.
E niente, mi sono appena ricordata che nel 2022 ho realizzato questa cosa. La me bambina sarebbe stata molto felice di sapere che alla fine ce l'abbiamo fatta.
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«Ci sono zone (...) che ormai sono militarmente controllate dalla mafia africana, luoghi in cui servono tre, quattro volanti alla volta per intervenire. (...) abbiamo anche 350 minimarket (...): ognuno di loro rappresenta una criticità, un luogo che attira bivacco o disperazione. (...) È triste da dire, ma (il quartiere) vive la sua condizione ormai con rassegnazione. (Più esplosiva la situazione nel quartiere confinante a est), alle prese com’è con le carovane dei rom in piazza e occupazioni delle case popolari». Soluzioni? «Non è vero che il sindaco non può fare nulla. Faccia innanzitutto un’ordinanza per chiudere prima i minimarket. Dice che può essere impugnata al Tar? Probabilmente è vero, ma intanto la faccia, poi si vedrà. Quindi illumini di più le strade. Infine inizi a controllare i tanti appartamenti subaffittati, dove in 40 metri quadri dormono in 15 sui materassi e di solito tutti spacciatori».
via https://www.lastampa.it/torino/2023/09/27/news/torino_nord_vie_degrado-13461850/
Parigi, Malmo, Bruxelles? O Il Cairo? NO, TORINO NORD.
Btw lo scrive mica una macchina del fango bensì LaStampa - un vero e proprio sepolcro imbiancato woke - intervistando tre capi circoscrizione, uno FdI l'altro pidino l'altro leghista.
Btw dove sono "più avanti" in Francia Svezia Belgio Londonistan, non c'è il degrado visibile palpabile livello ex sovietico di Torino.
Là, andateci, c'è tanto bel "social housing" che i nostri accoglioni credono risolva, tanto bel (semi-)nuovo che NULLA CAMBIA ANZI AGGRAVA - spiaze - nascondendo il degrado effettivo sotto il tappeto, quello dei second e third generation con più disperazione dei primi arrivati, gang più radicate, ghetti, spaccio come qui e più stupri di qui.
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Il cibo porta lontano
Fa viaggiare
Porta indietro nel tempo
Il cibo evoca momenti
Belli
Lontani
Indimenticabili
Ti porta lontano in posti di cui hai nostalgia, senza esserci mai stata.
Ti porta dove vuoi.
Stasera chiudo gli occhi sono nel mercato antico di khan el khalil al Cairo.
Un misto di colori, profumi , passando da tra un venditore d'oro a uno di tessuti,incantata..
Ho fatto i Felafel 😍
E mi sono venuti
F A V O L O S I.
La Sicilia è a soli cento km dalle costa tunisina, Africa. ❤️
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Aggiornamento e novità.
A più di un mese dal mio arrivo in Trinacria è ora di tirare una linea e fare i conti con il presente e con il futuro. Sono venuto qua innanzitutto per rilassarmi e cambiare aria, non mi sono rilassato per niente, anzi, direi che è stato stressante ma in maniera diversa dallo stress estone, i motivi li ho già scritti in alcuni post di questo periodo, la condizione di mia madre che vive da sola da anni e che ha tutta una serie di routine che a lei vanno bene, anche se non sono salutari, e che soprattutto non prevedono la presenza di altre persone, come quella di tenere la tv accesa a qualsiasi ora a un volume esorbitante, sia per il fatto che non ci sente tanto più bene sia perché al piano di sotto e al piano di sopra non c'è nessuno quindi non disturba. Questa cosa a me invece disturba tantissimo perché odio la tv e per il volume, visto che io ci sento fin troppo bene. Ero riuscito quasi a convincerla di evitare la notte anche perché non la fa dormire bene, ma è durato poco, molto poco. Altre piccolezze ma poco rilevanti del suo comportamento perché pazienza è molto anziana le posso anche capire, ma quella della tv no. Poi c'è la città, Catania, che come sempre è bella ma trattata male ma quello che mi ha dato più noia è il comportamento delle persone, c'è anche la mia abitudine a vivere in un posto dove le persone sono così calme e ligie alle regole che qua sembra di vivere in un manicomio a cielo aperto, oltre al caos di automobili a qualsiasi ora, ai clacson che strombazzano quasi continuamente (sembra il Cairo) e a quella strafottenza catanese che c'è sempre stata ma che nel 2024 mi sembra eccessivamente da incivili. Poi la musica, quella è centellinata come a Tartu, poche esibizioni, spesso cover, ma la differenza è che la città è molto più grande quindi almeno uno o due a settimana ci sono, esempio, domani vado ad un concerto rock'a'billy, una vita che non ne vedo uno. Poi c'è il periodo che per me non è il massimo, quindi se miscelo tutto assieme ho la stessa sensazione che avevo nel 1998, cioè di andare via il prima possibile.
Allora vista la situazione e anche se occupatissima con questa Turandot, ho quasi obbligato la mia compagna a parlare, lo so che non è il massimo ma avevo bisogno di capire e di sapere, dato che sono andato via proprio per il suo comportamento e se qualcuno ha letto alcuni post precedenti la mia partenza parlavo addirittura di una separazione. In realtà siccome sia io che lei siamo cambiati in questo ultimo anno definitivamente in nuove persone non ci siamo ritrovati più, allora ho preso l'iniziativa di ripartire da zero con una nuova vita di coppia. Non è facile, lo so, ma è stata accettata e adesso siamo pronti, con la calma dovuta, a sperimentare questo nuovo futuro. In parole povere ritorno in Estonia, Spock c'è restato un pò male, non tanto perché vado via, ma perché gli dicevo che volevo fare tante cose e che mi serviva tempo, ma francamente non me la sento di stare qua a queste condizioni da manicomio e poi ho una forte mancanza di lei, si si anche lei di me, non sono egoista. Mi prendo questo fine settimana ancora e poi inizio ad organizzarmi per il rientro. Forse l'unica cosa che mi ha fatto bene è stato il sole e il mare e l'Etna, per il resto rimango dell'idea che è una follia vivere in una città che ha ancora una mentalità retrograde in molte cose.
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“ Era il 1973, c'era la guerra, la gente faceva capannello attorno alla radio. Ascoltavano Radio Cairo, ancora increduli che l'esercito egiziano potesse attraversare il canale di Suez, che gli arabi potessero vincere contro Israele. Stava in piedi assieme ad altre persone, Zayn 'Alúl, davanti alla bottega di Abu Khalíl, sorseggiando tè e facendo quattro chiacchiére. A un certo punto le chiacchiere avevano preso un'altra piega, si erano trasformate in una discussione a proposito dei fatti della Bank of America. Era successo che alcuni elementi della polizia libanese avevano fatto irruzione nella banca, ucciso due degli uomini che l'avevano occupata, arrestato gli altri due e liberato gli ostaggi. Con il risultato che la banca non aveva scucito un petacchino per lo sforzo bellico arabo, scopo ultimo dell'operazione, stando alle condizioni dettate dal capo del commando, poi abbattuto. - È stato un errore, - diceva Abu Khalíl, - la guerra è in Israele, a che pro occupare una banca qui? - La banca è americana, gli americani sono Israele. Sí insomma, lí e qui è la stessa identica guerra, - aveva ribattuto uno dei ragazzi che facevano ressa attorno alla bottega.
Abu Khalíl aveva preso in mano il giornale e si era avvicinato alla luce che usciva da dentro il negozio. - Date retta a me, ragazzi, è stato un errore. 'Ali Shu'ayb ha preso in ostaggio e poi ammazzato un americano che non c'entrava niente. Leggeva, Abu Khalíl: - «L'americano John Conrad Maxwell è stato assassinato da 'Ali Shu'ayb. Quest'ultimo, ricorrendo a uno degli ostaggi perché non in grado di esprimersi in inglese, ha comunicato a Maxwell di aver deciso di ucciderlo poiché la dilazione concessa alle autorità era scaduta. L'americano ha implorato per la propria vita, ma 'Ali Shu'ayb gli ha sparato alla schiena. L'americano, supino al suolo, ha urlato e supplicato, ma 'Ali Shu'ayb, coadiuvato da un altro componente del commando, presumibilmente Jihàd As'ad, lo ha preso a calci e ha nuovamente fatto fuoco, colpendolo al ventre e togliendogli la vita». - Ma vi sembra possibile, ragazzi? Non son cose che si fanno, - aveva concluso Abu Khalíl: - E poi il problema è con Israele, la guerra è li. È stato un errore. - Tutte balle, - aveva esclamato Zayn 'Alúl, - sono tutte balle. “
Elias Khuri, Facce bianche, traduzione dall'arabo di Elisabetta Bartuli, Einaudi (collana L'Arcipelago n° 126), 2007¹; pp. 133-134.
[1ª Edizione originale: الوجوه البيضاء, (Wujuh al-bayda), editore Dar Al Adab, Beirut, 1981]
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Investitori turistici in Egitto: Gli hotel del Cairo sono al completo a Capodanno e le città del Mar Rosso registrano un aumento del turismo
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“Le donne sanno quando entrano in menopausa, gli uomini no,
lo capiscono col tempo.”
·92 anni fa nasceva OMAR SHARIF, (Alessandria, Egitto, 10 aprile 1932 - Il Cairo, Egitto, 10 luglio 2015).
L'attore nato ad Alessandia (ma giramondo per vocazione) incarna quella che nell'immaginario collettivo è la vita di un uomo ricco, bello, famoso, adorato dalle masse e conteso dalle donne più affascinanti del pianeta. Un mito alimentato dall'indolente Sharif, che negli anni '60, all'apice della carriera dichiarava ai giornalisti «Lavoro perché mi piace il lusso e quando finisco i soldi, sono costretto a tornare a recitare».
Seppure per necessità, ha lavorato con i più grandi registi - Fred Zinneman (...e venne il giorno della vendetta), Anthony Mann (La caduta dell'impero romano), William Wyler (Funny Girl), Sidney Lumet (La virtù sdraiata) - ed è stato l'incarnazione della bellezza esotica, della fierezza, del coraggio e del romanticismo nei due film che gli hanno regalato la consacrazione, entrambi di David Lean: Lawrence d'Arabia (un Golden Globe e una nomination all'Oscar) e Il Dottor Zivago (nomination al Golden Globe).
Al cinema era arrivato grazie alla madre, che lo mandò in un college inglese, dove Omar dimagrì («da ragazzo ero veramente grasso») e imparò la lingua, e a Youssef Chahine, che lo fece debuttare nel '53. Divo del cinema egiziano fin da subito, è poi diventato una star internazionale, con una propensione ai ruoli storici (è stato Che Guevara in Che!, Genghis Khan nell'omonimo film, l'arciduca Rodolfo in Mayerling, il principe Feodor in Pietro il Grande), romantici (Il seme del tamarindo, C'era una volta, Funny Girl) e d'avventura (L'ultima valle, Ghiaccio verde, Le meravigliose avventure di Marco Polo, Ashanti).
Nel 2003, Omar Sharif è tornato sulle scene, dopo un periodo di silenzio (aveva interpretato Il tredicesimo guerriero, decidendo di «non recitare più in simili sciocchezze»), con un ruolo importante, quello del negoziante arabo che fa amicizia con un bambino ebreo in Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano. Una scelta forte, con cui lanciare un messaggio di pace tra ebrei e arabi in un momento storico-politico nerissimo, gratificata con un doppio riconoscimento al festival di Venezia: il premio del pubblico e il Leone d'oro alla carriera.
Sharif muore nel luglio del 2015 in un ospedale del Cairo, in Egitto, dove era stato ricoverato per un attacco di cuore. Aveva 83 anni.
ARACELI CINEMAdiCITTA'
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Cairo Top Tours
Ci sono molti tour in Egitto che vi aiuteranno a scoprire le migliori attrazioni turistiche del Paese.
@cairo-top-tours
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Parlami del museo egizio di Torino
Il Museo Egizio di Torino è uno dei più antichi e importanti musei egizi al mondo, fondato nel 1824. Possiede una vasta collezione di oggetti d'arte, mummie, papiri, statue e monumenti che coprono un arco temporale di oltre 5000 anni di storia egizia. Il museo è famoso per la sua esposizione di sarcofagi, tra cui quello del re Ramesses II, e per la sua sezione dedicata alla vita quotidiana in antico Egitto. La sua posizione a Torino, in Italia, lo rende una tappa obbligata per gli appassionati di storia e cultura egizia.
Questo è quello che ho chiesto a ChatGPT e cosa l’AI di produzione testi mi ha suggerito in risposta. È tutto corretto? Sono andata al museo di recente e non mi è sembrato per un cazzo di vedere il sarcofago di Ramses II, vero è che di sarcofagi è pieno il museo, ma non c’era quello di nessun Ramses. ChatGPT deve smetterla di dire minchiate e affinare la tecnica di ricerca, approvvigionamento e rielaborazione delle info se vuole competere con boold and flesh, ma ci sta, di certo non demonizzerei la tecnologia, bisogna imparare ad addestrarla e ad usarla invece di ostracizzare in un moderno ritrovato luddismo, il flusso non lo fermi caro mio, no no.
Volevo parlare di ChatGPT? No. Volevo parlare di morti.
Il Museo Egizio di Torino è il secondo contenitore al mondo di antichità egizie, il primo mi pare sia al Cairo. Come mai proprio a Torino? Eh beh come te lo spiego? Diciamo che i regnanti all’epoca volevano della storia da esporre e visto che di proprietà non ne avevano, almeno non ne avevano di prestigiosa, allora hanno deciso di andarsela a cercare. Contesto e congiunture vogliono che si vada a finire in Egitto, mettono insieme una squadra e si va alla scoperta di archeologia del luogo, precisamente archeologia di pratiche funerarie, insomma si va a trafugare tombe. Belle tombe per carità. Tombe ricche, ma sempre tombe. Mi immagino tipo che tra mille anni comincino a scavare nei vari cimiteri monumentali e a portarsi via le lastre, le urne, i mausolei, che ne so, i lumini, ste cose e poi le mettono tutte in un edificio per mostrarle ai posteri: guarda cos’abbiamo trovato, che grande civiltà, morivano, vedete? Una volta morivano. Mi è piaciuto il museo egizio di Torino? Please, Ferragni, come to visit Musei Egizi Because we want be famous like Uffizi Ecco boh io ho preferito gli Uffizi, ma ho un debole per le statue e un po’ più di idiosincrasia verso resti biologici umani dentro delle fasce. I cocci mi annoiano, ma vengo da quindici anni trascorsi a Roma e lì i cocci la gente li trovava anche sotto il lavandino della cucina se scavava un metro di troppo, quindi non è che vado matta per le ciotole in cui si mangiava tremila anni fa, non sono cambiate di molto, son sempre ciotole, l’ikea è piena, meno della metro di Roma certo. I cocci mi annoiano, i gioielli mi annoiano, ho scoperto che pure i libri dei morti mi annoiano, i lunghissimi libri dei morti che venivano redatti per chi trapassava per evitare una vita ultraterrena difficile, voi dell’aldilà non trattatemi male il mio morto. Insomma la visita partiva già male prima di iniziare, in più nel museo egizio c’erano i morti, quelli veri. Antichissimi morti. Morti per i quali il libro dei morti è ben servito a poco visto che nessuno avrebbe mai potuto prevedere che il corpo del defunto venisse usato come oggetto da esposizione per orde di visitatori della domenica, don’t you think? Ecco il morto, ecco il lunghissimo libro del morto. Benvenuti. Non sono una fan dei musei, non di certi tipi di musei, del resto non sono ancora molto convinta del restauro a tutti i costi, quindi mi spiace non andremo mai d’accordo. Da Torino, e non solo, partivano spedizioni di studiosi per scavare ste tombe, tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900 per scoprire e portare alla luce queste tombe ormai sotterrate dal tempo sotto strati di terra e colline, operai egiziani, all’epoca ancora di colore, non mediorientali, quanto ancora proprio africani, non so come dirlo, ma oggi quelli che ho visto (direttamente in egitto) e che ho conosciuto qui sembrano di un’altra razza proprio, voi non trovate? Scavavano tombe, le ripulivano, ne mettevano insieme i pezzi, mummie, arredi, gioielli, animali tumulati insieme a loro, sarcofagi, libri dei morti e poi una volta pronti li portavano in Europa per esporli. A Torino ci sono anche delle enormi statue dedicate agli dei egizi che sono state portate fin qui e tirate su, in una stanza ci saranno decine di statue identiche della stessa dea, altissime, enormi, come le palle che mi sono fatta a girarle tutte. Ad un certo punto, nella prima stanza c’è un morto (che stranezza) infilato in un buco e messo in posizione fetale, un morto in un buco, ma era un bel buco, con del terreno interessante, evidentemente un terreno che aveva delle caratteristiche particolari al punto che il morto dall’Egitto di migliaia di anni fa stava a Torino in una teca per il nostro piacere culturale. Del resto chi non si sveglia una mattina e pensa che è proprio la giornata giusta per andare a farsi un tour dei morti. Uno scheletro vero, di una persona vera, chissà chi, infilata in un buco. Bellissimo rega’, bellissimo. Poco dopo c’era questa mummia, nel senso di cadavere conservato dentro delle bende, di uno scribacchino, un funzionario dell’epoca, che è morto ovviamente, essendo uno che in un certo senso contava, lo hanno fasciato, inserito in un sarcofago con i propri oggetti personali, amuleti, che ne so cocci, cosette sue, calato nel suo sarcofago e via biglietto di sola andata per Torino, in una teca. Ci pensate? Io impazzisco. Sfilze di morti fasciati nelle bende, che sia chiaro, cambiano da epoca ad epoca bende e rito, ed è l’unica cosa interessante, perché tutto il museo parla della civiltà egizia come se questi avessero una sola cosa interessante e solo quella: il rito del morto. Per carità, ci sta, ma davvero il rito funerario è arte? E che lo sia o no, ammettiamo pure che lo sia, è davvero un elemento, un momento, un passaggio da esporre come se fossero numeri da circo? Che senso ha esporre i morti? E se non è arte, ma una componente di una civiltà evidentemente più grande di ciò allora perché incaponirsi sulle mummie? Vedete? Qui c’è una mummia col sarcofago. E qui un’altra mummia con sarcofago e col suo gatto, anch’esso mummificato. Certo ok tutto a posto, tutti tranquilli, hanno mummificato pure il gatto, oggi volevo proprio vederlo un gatto mummificato. E qui la sua sedia e i vestiti per la vita ultraterrena. E i due chilometri di testo del libro dei morti. Qui una coppia, era una tomba matrimoniale, due sarcofagi e due mummie yeah! Qui c’è la galleria con dentro le mummie di ogni età, vanno dai neonati fino ad alcune mummie adulte, ma se non vi regge lo stomaco potete evitarla, c’è un avviso prima. È vero. C’è la galleria che spiega come funziona il processo di mummificazione che in ogni caso è cambiato nel corso delle epoche e prima di entrare in questa galleria c’è proprio un disclaimer che parla di questo dilemma etico: esporre o no i morti? Io sono entrata a vederli, so che mi lamento e me ne sono lamentata tutto il tempo, ma Luca ormai è abituato e di solito ride, però la curiosità mi mangia viva e allora anche se non tollero la vista di cadaveri, di nessun tipo, e sono sinceramente sensibile al tema, sono andata a vedere le mummie dei neonati e no, il dilemma etico per me parte da ben prima della decisione di esporre o no i morti, ha senso certamente, dal punto di vista culturale, come la buona parte di voi direbbe, ma è anche vero che la maggior parte di voi attraverserebbe questo museo, e buona parte della cultura di cui siamo invasi, come un fantasma letterario attraversa i muri, senza curarsene e senza notarlo nemmeno. Quindi non venitemi a dire niente per favore, ok? C’erano gli animali domestici mummificati, i pet, gatti, cani, piccoli coccodrilli, uccellini, uno spettacolo raccapricciante, pareva di stare nel castello di francesco ferdinando in boemia perdio. Pare che, nell’antico egitto, ci fossero le bancarelle con gli animali mummificati in vendita, che magari se ti moriva un parente e tu volevi che un dio in particolare lo prendesse sotto la sua tutela allora lo tumulavi con un animale, mummificato in sacrificio, però il problema è che se non te lo mummificavi tu l’animale, è possibile che ti vendessero un fake, tipo come il mattone al posto dell’iphone e il dio col cazzo che ti tutelava. Succedeva anche nell’antico egitto, ma ste cose al museo non te le dicono, devi informarti ed è forse per questo che serve il museo, a traumatizzarti. Ovviamente gioco, più o meno, non è un posto in cui muoio dalla voglia di tornare e non ho un interesse così estremo verso i riti funerari in generale, né verso i cadaveri, però è chiaramente un’opinione personale. È ancora più controverso, a mio avviso, che quelli che abbiamo visto, essendo quelli meglio conservati e “facilmente” ritrovati erano in un certo qual senso quelli che se lo potevano permettere, che avevano soldi per un processo costoso, che avessero soldi per occupare spazi molto grandi anche da morti, che avessero talmente tanta roba al punto che valesse la pena di portarsela appresso in un’altra vita, gente che scriveva per loro lunghissimi testi di presentazione per il regno dei morti, il libro dei morti è una sorta di curriculum praticamente e quindi mi immagino che anche oggi noi stiamo qui a celebrare chi si è potuto permettere un posto nel futuro, quelli che si so fatti il sarcofago più bello e grosso, i vestiti dei tessuti migliori e la storia è sempre la stessa insomma. Fatto sta che se fosse come dicono loro, nell’aldilà noi saremo quelli co le pezze al culo senza uno straccio e decomposti per intero, loro invece c’avranno pure gli animali da compagnia e un curriculum coi controcoglioni. Chiamali scemi.
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Il Ministro del Turismo egiziano prevede che 15 milioni di turisti visiteranno l'Egitto nel 2023
Il Ministro del Turismo e delle Antichità egiziano Ahmed Issa Taha ha incontrato il Primo Ministro Mostafa Madbouly per illustrare le iniziative del Ministero e gli sviluppi del settore turistico.
L'Egitto è una delle destinazioni turistiche più popolari al mondo, grazie alla sua ricca storia e cultura. Il Paese ospita alcuni dei monumenti antichi più iconici che potrete visitare durante i vostri viaggi in Egitto, tra cui le Piramidi di Giza, la Sfinge e la Valle dei Re. L'Egitto ha anche una bellissima costa, con spiagge meravigliose e barriere coralline, che potrete ammirare durante i vostri pacchetti turistici in Egitto.
L'Egitto ha una bellissima costa con spiagge e barriere coralline mozzafiato. Il Mar Rosso è uno dei luoghi migliori al mondo per fare immersioni e snorkeling con le nostre gite di un giorno al Cairo.
Durante il dibattito, il ministro del Turismo ha esaminato una serie di questioni, tra cui l'attuale stato di salute del settore turistico, la crescita prevista dei viaggi inbound nel 2023, l'attuale attuazione della Strategia nazionale per il turismo e altre questioni correlate.
L'Egitto ospita due deserti, il Sahara e il Sinai. Il Sahara è il più grande deserto caldo del mondo e il Sinai ospita il Monte Sinai, dove si dice che Mosè abbia ricevuto i Dieci Comandamenti.
Gli egiziani sono persone calorose e accoglienti, sempre felici di aiutare i visitatori. Sono orgogliosi della storia e della cultura del loro Paese e sono desiderosi di condividerla con gli altri. È possibile visitare l'Egitto durante le vacanze di Natale con i nostri tour natalizi in Egitto.
Il ministro ha parlato di ulteriori misure turistiche e delle principali aspirazioni per il movimento turistico del 2023. Ha affermato che, rispetto ai primi tre mesi del 2022, il flusso turistico in entrata è aumentato del 43%.
Se siete alla ricerca di tour classici in Egitto unici e indimenticabili, l'Egitto è la destinazione perfetta. Con la sua ricca storia, la sua cultura e le sue bellezze naturali, l'Egitto ha qualcosa da offrire…
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L'Egitto annuncia misure per promuovere il turismo culturale
Nel corso della riunione di martedì, presieduta dal Ministro del Turismo e delle Antichità Khaled Al-Anani, il Consiglio Supremo delle Antichità ha adottato misure per incoraggiare il turismo culturale in Egitto.
Una delle decisioni più significative, secondo Mostafa Waziri, segretario generale del Consiglio supremo delle antichità, è stata la concessione di uno sconto del 50% sui biglietti d'ingresso ai musei e ai siti antichi che gli egiziani possono visitare con i nostri pacchetti di viaggio in Egitto.
Il Museo Egizio del Cairo ospita una delle più vaste collezioni di antichità egizie al mondo. Con i nostri viaggi in Egitto potrete ammirare mummie, gioielli, statue e altri manufatti che offrono uno sguardo sull'antica civiltà egizia.
Il Grand Egyptian Museum (GEM) è un museo archeologico in costruzione a Giza, in Egitto. Situato accanto alle piramidi di Giza, il museo ospiterà oltre 100.000 manufatti appartenenti all'antica civiltà egizia, tra cui la collezione completa di Tutankhamon, e sarà il più grande museo archeologico del mondo. Molti pezzi della collezione saranno esposti per la prima volta e potrete visitarli con i nostri tour di un giorno al Cairo.
Ci sono molti tour di un giorno in Egitto che potete prendere in considerazione. Non importa quali siano i vostri interessi, troverete sicuramente qualcosa da apprezzare in Egitto.
La promozione, ha proseguito, fa parte della campagna "Godetevi l'inverno in Egitto" del Ministero del Turismo e delle Antichità. Questa campagna è stata lanciata in collaborazione con la Camera degli Istituti Alberghieri e il Ministero dell'Aviazione Civile.
ei campionati mondiali di pallamano maschile del 2021 in Egitto riceveranno anche uno sconto del 50% sull'ingresso a musei e luoghi storici. A condizione che siano in possesso di un documento d'identità adeguato, questi biglietti saranno validi per il campionato tra il 13 gennaio e il 31 gennaio 2021, così come tutti i luoghi aperti alle visite nei governatorati del Cairo, di Giza e di Alessandria, che potrete visitare con i nostri tour classici dell'Egitto.
Inoltre, i nostri tour brevi del Cairo includono visite alle Piramidi di Giza, alla Sfinge, al Museo Egizio, al Cairo copto, al Cairo islamico e ad Alessandria, splendida città sulla costa mediterranea.
Per gli appassionati dell'evento che venivano in Egitto da oltreoceano, il Ministero del Turismo e delle Antichità ha offerto diversi programmi logistici e turistici.
Il ministero ha anche dato istruzioni a tutti i musei e ai siti archeologici di continuare a prendere misure preventive, come mantenere la distanza sociale tra i visitatori, indossare maschere facciali e limitare i gruppi turistici a non più di 25 persone. Questo oltre a rispettare il numero massimo di visitatori consentito all'interno dei musei in un dato momento.
Waziri ha detto che il Consiglio ha anche deciso di concedere a tutte le caffetterie e i bazar nei musei e nei siti archeologici affiliati al Consiglio l'esenzione totale dal pagamento dei canoni di locazione.
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Il pasticcio nasce come sempre dal voler credere a hamas, stavolta quando ha comunicato di aver accettato la proposta di accordo di Egitto e Qatar.
Israele ha fatto sapere a stretto giro che non si trattava della stessa proposta su cui nei giorni scorsi le delegazioni stavano lavorando al Cairo, ma di un piano diverso che lo stato ebraico non aveva mai visto. E il mainstream media internazionale subito insinua che è stato Israele a rimangiarsi il patto e, seguendo Haaretz (il quale con Netanyahu é obiettivo come Il Fatto Quotidiano su Berlusconi), che vuole invadere Rafah per evitare la crisi di governo.
Piano taroccato da hamas, inclusivo tra l'altro di 30 ostaggi da liberare in cambio di centinaia di detenuti, senza chiarire quanti fossero restituiti vivi o cadaveri. Un tentativo di gioco delle tre carte abbastanza osceno, giocato sulla pelle degli rapiti e dei civili di Gaza, ma hamas sa bene che il mainstream media internazionale è come la gente che si affolla attorno al banco del truffatore: sa bene chi sia il soggetto e cosa stia facendo ma se ne frega.
Il teatrino ha sempre il medesimo obiettivo: alimentare quella pressione massmediatica internazionale standard antisemita che da sempre prende tanti all'amo, indipendentemente dall'orientamento politico. Operazione pesantemente finanziata sottobanco dai soliti amici (si parla di un giro di soldi miliardario diretto ai sinistri occupatori dei campus universitari americani. flusso in evidente estensione verso l'Europa). A questa pressione i terroristi si affidano per ottenere la fine della guerra che canterebbero come una vittoria, obbligando i civili di Gaza a festeggiare sui cadaveri dei loro parenti.
Con hamas si tratta solo piazzandogli un coltellaccio alla gola. Ieri Israele ha iniziato a far evacuare la parte della Striscia più vicina al confine egiziano. Tsahal ha calcolato che sono circa centomila le persone che dovranno lasciare quella parte della citt�� di Rafah nel sud della Striscia di Gaza, in cui si nascondono quattro battaglioni di Hamas. Coi soldi destinati ai finti studenti dei campus occidentali per far casino, si potrebbero alloggiare e alimentare milioni di sfollati.
(Libera rielaborazione da news e commenti letti in giro)
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... ma agli uomini afgani o iraniani va bene così...?
Afghanistan, l’apartheid delle donne di Daniela Hamaui
Provate ad immaginare di arrivare in un Paese dove la metà delle persone vive al buio sia di giorno che di notte. In quelle case le finestre sono oscurate da drappi pesanti e all’interno si aggirano dei fantasmi a cui non è consentito fare quasi nulla. Sono perennemente avvolti nelle tenebre, senza sogni e senza futuro se non quello di essere rinchiusi nell’oscurità.
Non si tratta però di un film di fantascienza o di una pellicola horror ma della quotidianità delle donne afghane a cui è vietato praticamente tutto.
Amnesty International ha stilato un elenco delle cose che le ragazze e le donne afghane non possono fare: andare a scuola dopo gli 11 anni (ma in molte province l’età è scesa a 8), frequentare l’università, passeggiare nei parchi pubblici, fare sport, apparire nei programmi tv, viaggiare oltre 72 km senza il permesso di un tutore.
Ma quest’elenco, già di per sé simile a una vera e propria apartheid, si allunga di giorno in giorno.
Alle donne non è più consentito di lavorare per le Ong straniere e l’effetto di questa decisione si riflette sulle ragazze sole e le vedove a cui nessuno consegna gli aiuti umanitari perché solo gli uomini hanno diritto di ritirarli.
Le donne non hanno più accesso ai contraccettivi, non possono comprare una sim né andare in un salone di bellezza perché ormai sono chiusi.
E l’ultimo divieto, forse il più assurdo e crudele, è che non è consentito loro di farsi curare da un dottore di sesso maschile, e dato che le donne non possono più accedere all’università e diventare dottoresse, il risultato è che è ormai impossibile per le afghane avere un’assistenza sanitaria.
Il problema è che la luce l’hanno spenta non solo gli americani, che due anni fa hanno abbandonato l’Afghanistan in mano ai talebani, l’abbiamo spenta anche noi, dimenticandoci di loro, pensando che la cosa non ci riguardi, che sono questioni interne senza riflessi sul resto del mondo.
Errore gravissimo perché le ideologie sono come il vento che quando inizia a soffiare non sai mai in che direzione andrà, quali incendi propagherà e cosa si porterà dietro.
L’integralismo dei talebani però oramai lo conosciamo bene e sappiamo quanto la loro misoginia e l’accanimento contro la vita delle donne possano essere un modello pericoloso e una tentazione per molti regimi autoritari.
Le donne afghane sono state spesso definite eroine per la loro forza e resilienza ma alcune cominciano purtroppo a crollare. Le bambine non capiscono perché a loro sono precluse alcune attività che ai fratelli maschi sono consentite.
Alberto Cairo, che lavora lì per Nove Onlus, ha raccontato su Repubblica di un padre disperato che per consolare le figlie così depresse da piangere tutto il giorno si è visto costretto ad indebitarsi per portarle qualche giorno in vacanza e regalare loro un minimo di speranza.
Shabnam Nasimi, attivista afghana ed ex consulente del ministero inglese per il Reinsediamento e per quello dei Rifugiati, in un articolo per il Guardian mette in guardia dalla “sconcertante narrativa che suggerisce che i talebani siano forieri di sicurezza e stabilità”.
E racconta come il 31 luglio il Dipartimento di Stato americano ha rilasciato una dichiarazione su un incontro tra funzionari Usa e alti esponenti talebani riconoscendo che c’è stata una diminuzione degli attacchi terroristici su larga scala contro i civili afghani.
Ma se gli attentati nei mercati o nei centri delle città sono diminuiti, sono invece aumentate le gravi violazioni dei diritti umani contro le donne, le minoranze e chi si oppone al regime. E tutto sotto il nostro silenzio e la nostra indifferenza.
Nei mesi scorsi le ragazze iraniane che, dopo l’uccisione di Mahsa Amini, sfilavano nelle piazze sfidando il regime autoritario degli ayatollah, erano sulle prime pagine di tutti i giornali internazionali.
Ora non ne parla più nessuno, nel frattempo anche se il numero delle ragazze uccise è aumentato, sono tornate ad essere invisibili.
Ma fino a quando ci sarà anche solo un Paese del mondo dove le donne vengono discriminate, osteggiate e represse, il problema non può essere solo loro, è anche nostro!
(Fonte Facebook)
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