#Silvio Ceccato
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Streetart – Acme 107 @ Montecchio Maggiore, Italy
Location: Montecchio Maggiore, Veneto, Italy Artist: Acme 107 Curated by: Associazionejeos At: IIS Silvio Ceccato Year: 2023 Photo Credits: Acme 107 …Streetart – Acme 107 @ Montecchio Maggiore, Italy
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Theatro Municipal do Rio de Janeiro apresenta o segundo concerto do Projeto Municipal ao Meio-Dia, Piedade, de João Guilherme Ripper, com a Orquestra Sinfônica do Theatro Municipal (OSTM), que acontece no dia 28 de abril, sexta-feira, às 12h, com ingressos a R$2,00 (dois reais). A récita do dia 29 de abril, sábado, começará às 17h, com preços de acordo com tabela abaixo. Com realização AATM e patrocínio Ouro Petrobras, Piedade contará com os solistas Gabriella Pace, Johnny França e Ricardo Gaio, Cyro Delvizio no violão e movimentação cênica de Daniel Salgado. A regência será de Silvio Viegas e a Direção Artística do TMRJ é de Eric Herrero. Como de costume, em obras realizadas pelo TMRJ, haverá uma palestra antes de cada récita. No dia 28, A Tragédia de Euclides da Cunha, no olhar de Daniel Salgado, com a participação de Daniel e Eric Herrero, às 11h45, no palco principal. E no dia 29, será a vez de A Brasilidade na Ópera Contemporânea, uma conversa com João Guilherme Ripper e Sofia Ceccato, às 16h, no Salão Assyrio. O Concerto Cênico narra episódios da vida do escritor Euclides da Cunha. Ingressos à venda no site (theatromunicipal.rj.gov.br) ou na Bilheteria do Theatro. Ficha Técnica: Solistas: Gabriella Pace (Ana de Assis), Johnny França (Euclides da Cunha) e Ricardo Gaio (Dilermando) Orquestra Sinfônica do Theatro Municipal (OSTM) Violão: Cyro Delvizio Movimentação Cênica: Daniel Salgado Regente: Silvio Viegas Direção artística do Theatro Municipal: Eric Herrero
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Lucio Fontana, il giornalista Gianni Roghi e Pino Parini (a destra) discutono sui concetti visivi utili per costruire la macchina pensante progettata dal gruppo coordinato da Silvio Ceccato presso il centro di Cibernetica e di Attività Linguistiche dell'Università di Milano. L’incontro, documentato dalla Radiotelevisione della Svizzera Italiana (La fabbrica della mente, film 16 mm b/n 36’ 30’’) è avvenuto il 7 giugno 1964. Foto di Evaristo Fusar. Doppiozero
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Biografia di Paolo Scirpa
http://www.paoloscirpa.it/index.php?disp=home
Paolo Scirpa nasce a Siracusa nel l934; dopo gli studi artistici in Sicilia, frequenta l’Accademia di belle arti di Salzburg, animata culturalmente da Oscar Kokoschka e lo studio di J. Friedlaender a Parigi. Nel 1965 e, successivamente, nel 2000 partecipa alle edizioni IX e XIII (Proiezioni 2000) della Quadriennale Nazionale di Roma. Nel 1968 si trasferisce a Milano, dove collaborerà con Luciano Fabro all’Accademia di Belle Arti di Brera e dove sarà, più tardi, titolare di una Cattedra di Pittura; nel 1969 tiene la sua prima personale alla galleria L’Agrifoglio, presentato da Vittorio Fagone; nel 1972 espone, alla Galleria S. Fedele, Megalopoli consumistica, un’opera di denuncia sociale. Negli anni ’70 avvia la realizzazione di opere che vengono definite Ludoscopi: attraverso un sistema di specchi e tubi fluorescenti e il gioco combinatorio di elementi minimali, essi propongono la percezione di profondità infinite, in cui “si pratica l’abolizione del limite tra il reale e l’illusorio” (Maltese, 1976). In alcuni ludoscopi egli realizza raccordi illusori che creano uno spazio plastico curvo; in altri il raccordo seminterrato è praticabile; altri ancora sono di struttura cubica. Scirpa trae spunto anche dal Manifesto tecnico della Scultura Futurista di Boccioni, che aveva teorizzato la possibilità di impiego della luce elettrica nell’opera d’arte e si proietta a sperimentazioni in cui il colore non è più dipinto, i volumi non sono più scolpiti e la luce diventa opera essa stessa. Conosce esponenti del MAC, tra cui Bruno Munari ed entra in contatto con i gruppi dell’Arte cinetica, come il GRAV a Parigi o il Gruppo T a Milano. Sollecita l’attenzione anche di studiosi come il cibernetico Silvio Ceccato. Dal 1977 opere di Scirpa sono presenti annualmente fino al 1991 nella sezione cinetica del Salon “Grands et Jeunes d’aujourd’hui” al Grand Palais des Champs-Elysées di Parigi. Negli anni ’80 sviluppa i suoi primi interventi progettuali sul territorio che saranno presentati nel 2004 alla mostra Utopie della città presso la biblioteca dell’Accademia di Brera. Nel 1982 il Symposium de Sculture di Caen (Francia) sceglie il progetto di un suo ludoscopio per la Bibliothèque Municipale. Tiene diverse mostre personali, tra le quali, alle gallerie Arte Struktura, Vismara Arte di Milano, al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Gallarate ed allo Studio d’Arte Valmore di Vicenza. Nel 1985 è presente a Roma alla mostra di Palazzo Venezia Artisti oggi tra scienza e tecnologia e ad altre manifestazioni sullo stesso tema in Italia ed all’estero, tra le quali, nel 1990, al Politecnico di Milano, nel 1995 al Futur Show di Bologna, nel 1996 all’Accademia di Brera a Milano Convegno Arte, Scienza e Tecnologia; inoltre partecipa a rassegne sulla Patafisica, alla Triennale di Pittura di Osaka e nel 2003 al Museo Bargellini a Pieve di Cento (Bo) Luce vero sole dell’arte, nel 2006 alla galleria del Credito Siciliano di Acireale Sicilia!, nel 2008 allo ZKM di Karlsruhe (Germania) You ser: Das Jahrhundert des Kosumenten ed al Landesmuseum Joanneum di Graz (Austria) Viaggio in Italia, nel 2009 a Berlino presso la Rappresentanza del Baden-Württemberg alla mostra del Museum Ritter ed a Cordoba (Argentina) presso il Museo Jenero Perez alla mostra Echi futuristi ed allo ZKM di Karlsruhe, mostra Collectors’ Choice II. Nel 2012 è presente alla mostra Arte programmata e cinetica presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma dove è installata in permanenza una sua opera luminosa. Dal 2013 sue opere pittoriche fanno parte della Collezione Farnesina, raccolta d’arte contemporanea del Ministero degli Affari Esteri. (Roma). Nello stesso anno partecipa alla mostra Percezione e illusione presso il MACBA di Buenos Aires. Nel 2014 completa due nuove opere La porta stretta, la cui prima versione risale al 1999, l’una con fondo oro, l’altra su un tabellone consumistico, ambedue con l’inserzione di una struttura di luce triangolare a profondità ascensionale. Nel 2015 partecipa alla mostra Moderna Magna Graecia a cura di Francesco Tedeschi e Giorgio Bonomi presso FerrarinArte di Legnago. L’INDA Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa gli affida la realizzazione del nuovo manifesto degli spettacoli classici del 2015. È presente a Missoni - L’Arte - Il Colore al MAGA di Gallarate.Nel 2016 partecipa alla mostra itinerante The moving eye presso il Muo Musej di Zagabria, e Centri e Istituti Culturali di San Paolo, Brasilia e Panama. In occasione del 25° Festival della Musica di Milano, dedicato a Gérad Grisey Intonare la luce, immagini di sue opere luminose vengono utilizzate per illustrare il libro di sala e per lo spot pubblicitario su SKY classica. Il Museo del Novecento espone un Ludoscopio – Pozzo, 1979 facente parte della sua collezione. Partecipa alla mostra itinerante The moving eye presso il Muo Musej di Zagabria, e Centri e Istituti Culturali di San Paolo, Brasilia e Panama . E’ presente alla mostra Interrogare lo spazio a cura di Luigi Meneghelli presso Ferrarin Arte a Legnago (Vr). Tiene mostre personali allo Studio Arena di Verona La luce nel pozzo, a cura di Marco Meneguzzo per cui, nel pozzo che noi vediamo creato dagli specchi e dai neon, Scirpa “…mette in scena la finzione nello stato più puro” ; a Rosso Vermiglio di Padova, Labirinti di luce a cura di Vittoria Coen che vede nel Ludoscopio “…un invito alla riflessione, … un lasciarsi andare per pensare, …”, ed a ArteAGallery di Milano, L’infinito possibile a cura di Francesco Tedeschi che afferma: “…Gli elementi portanti della sua opera, nelle diverse forme che essa assume, sono la luce e lo spazio,.. la luce come strumento di colore e di forma è ad essi essenziale: una luce che concretizza le geometrie, genera figure formali in grado di attrarci e condurci in una profondità,…in uno spazio senza dimensioni..” Nel 2017 RossoVermiglioArte di Padova presenta una sua personale alla ArteFiera di Bologna. Alle Fabbriche Chiaramontane di Agrigento si inaugura una sua personale ��La forma della luce–La luce della forma” a cura di Marco Meneguzzo che sottolinea come “la forma della luce…trascende questa fisicità e diventa sostanza immateriale, diventa la luce della forma….,” Successivamente al MACA di Acri partecipa alla mostra “Arte interattiva” a cura di Monica Bonollo e nel 2018 a Torino, Museo Ettore Fico, “100% ITALIA”, Cent’Anni di Capolavori. Nel 2019 realizza una mostra personale a Milano, Gaggenau hub, “Sconfinamento” a cura di Sabino M. Frassà che sottolinea come “l’artista ha indagato, sperimentato e simulato l'assenza di limiti, lo “sconfinamento” appunto”. Partecipa a Senigallia alla mostra “Materie Prime – Dalla terra alla luce”, a Waldenbuch, Museum Ritter “1919-2019” e a Pontedera “Arcadia e Apocalisse”. Nel 2020 è presente alla Biennale Light di Mantova, Elogio della luce. Negli ultimi anni Scirpa realizza, con rigore geometrico e spirito innovativo, due opere scultoree in marmo bianco di Carrara ed in legno laccato bianco che evocano il Teatro greco di Siracusa: in esse le gradinate della cavea si raddoppiano, diventando circolari e sono rivolte anche all’esterno. Recentemente ha realizzato una struttura al neon che ricorda il Teatro greco, il cui progetto risale all’anno 2000. In un momento storico come il nostro in cui si manifesta la convivenza di vari linguaggi e l’artista può rivisitare esperienze passate, egli recupera il suo linguaggio delle prime denunce consumistische o quello sperimentale del mezzo elettronico e, nel proporre i suoi percorsi prospettici di spazi-luce, offre oggi nuove possibilità espressive su cui riflettere.
Sue opere sono in collezioni e musei tra i quali MAGA (Gallarate), Museo del Novecento (Milano), Civiche Raccolte Bertarelli - Castello Sforzesco (Milano), Biblioteca di Brera (Milano), MACTE Museo d’Arte Contemporanea (Termoli), MART- VAF-Stiftung (Trento e Rovereto), Museo MAGI ‘900 (Pieve di Cento), MAPP Museo d’Arte Paolo Pini (Milano), Musée des Beaux-Arts (Caen), Museum Ritter (Waldenbuch), Museo Civico d'Arte Contemporanea (Gibellina), Museum (Bagheria), Fabbriche Chiaramontane (Agrigento), Galleria Nazionale d’Arte Moderna (Roma), Gallerie d’Italia (Milano).
Ha realizzato opere per spazi pubblici e chiese: nel 1965, un grande mosaico al Centro Internazionale del Movimento dei Focolari a Rocca di Papa (Roma) e uno all’Auditorium del Centro Internazionale di Loppiano (Fi) e dei dipinti nella Chiesa del D. P. a Cernusco sul Naviglio (Milano) dove sono stati installati anche suoi Ludoscopi sopra l’altare e il Battistero.
Al suo lavoro hanno dedicato saggi ed annotazioni critiche:
Riccardo Barletta, Pietro Baj, Carlo Belloli, Luigi Bianco Guglielmo Boselli, Giorgio Bonomi, Rossana Bossaglia, Ginevra Bria, Domenico Cara, Luciano Caramel, Silvio Ceccato, Jacqueline Ceresoli, Claudio Cerritelli, Cesare Chirici, Vittoria Coen, Andrea Del Guercio, Mario De Micheli, Marina De Stasio, Giorgio Di Genova, Gillo Dorfles, Vittorio Fagone, Ornella Fazzina, Pedro Fiori, Carlo Franza, Sabino Frassà, Carmelo Genovese, Flaminio Gualdoni, Sara Liuzzi, Annette Malochet, Corrado Maltese, Gabriel Mandel, Giorgio Mascherpa, Luigi Meneghelli, Marco Meneguzzo, Marta Michelacci, Bruno Munari, Carlo Munari, Antonio Musiari, Daniela Palazzoli, Demetrio Paparoni, Francesco Poli, Pierre Restany, Roberto Sanesi, Giorgio Segato, Carmelo Strano, Luigi Tallarico, Francesco Tedeschi, Carlo Terrosi, Maria Torrente, Antonino Uccello, Miklos N. Varga, Alberto Veca, Francesco Vincitorio, Maurizio Vitta, Emanuele Zucchini.
É stato docente all’Accademia di Belle Arti di Brera. Vive ed opera a Milano.
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venticinque gennaio
Bill Viola, Emergence, 2002
Fra qualche tempo ore anni minuti non sarò neppure capace di invecchiare ma quanto rimarrà in me non vorrà avere età per svanire con qualche vanto o pianto di propositi perdutivorrà forse mostrarsi con il male ed il bene da mettere a confronto e un rimpianto solo là in fondo un puntino luminoso che continuerà a brillare dentro le ombre.(Roberto Rebora)
Masolino da Panicale, Pi…
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#Aldo Carotenuto#Alessandro Baricco#Bill Viola#Carlo Bo#Carlo Cecchi#David Grossman#Diego Valeri#Giorgio Gaber#Giuseppe Laterza#Gregorio Scalise#Krzysztof Pomian#Luigi Luca Cavalli-Sforza#Luis Marden#Roberto Rebora#Romano Màdera#Silvio Ceccato#Virginia Woolf#William Somerset Maugham
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Charles MORRIS, introduzione di Silvio Ceccato, SEGNI, LINGUAGGIO, COMPORTAMENTO, Longanesi, 1973. Indice del libro
Charles MORRIS, introduzione di Silvio Ceccato, SEGNI, LINGUAGGIO, COMPORTAMENTO, Longanesi, 1973. Indice del libro
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Abitare al tempo del “fratello virus”. Da Le Corbusier ai Sassi di Matera: contro la felicità imposta per vezzo ideologico. Considerazioni di un architetto dell’esistere
Qualche tempo fa ho fatto una video chiamata con il professor Pino Parini. Mi ha accolto dicendomi: “il tuo autoritratto, la tua casa”, citando il mio libro La casa come ritratto. Professore di estetica, esperto di cibernetica, formatosi alla corte di Silvio Ceccato, e amico nel primo dopoguerra del giovane Fontana (il pittore degli squarci) dall’altezza dei suoi 95 anni di studi e ricerche continue (legge ancora una decina di libri contemporaneamente), nel monitor del computer mi è apparso come uno spirito, un’immagine sfuocata fatta di conoscenza e memoria.
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Un dialogo con lui è come un giro sulle montagne russe del pensiero umano, sulla ricerca della verità, della realtà, dalla scuola operativa al costruttivismo radicale passando per Kant, Nietzsche, il trascendente ed il trascendentale, la fisica quantistica, la relatività, pazzesco! Tutte verità vere, ma momentanee, smentite, smentibili, da altre verità che sopraggiungeranno, una eterna ricerca. Alla fine forse, sentenzia, l’arte (che è poesia) con la sua capacità di far coincidere l’istante con l’eterno attraverso la metafora è l’unica capace di descrive la realtà. Ma anche questa è una verità momentanea, altrimenti si fa ontologia e, come ama dire lui “allora si già fregato”.
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È ovvio che per lui la casa è la mente, quel cervello che Freud divide in stanze per cercare di contenere ed ordinare il libero flusso della coscienza. La casa cervello ha una componente materiale che gli psichiatri ben conoscono, e una componente immateriale territorio della psicologia; c’è poi chi cerca l’invisibile, che alla casa mente preferisce la casa cuore: tu cuore di casa, anima mia, la casa dei poeti, uno tra tutti, Rainer Maria Rilke.
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Procedendo per analogie allora qual è la casa del virus? Facile! La casa del virus siamo noi, il nostro corpo. Se ci osserviamo attentamente, con la giusta scala di ingrandimento, notiamo che i batteri in primis, ed i virus ci abitano da sempre, sono spesso nostri alleati, a loro dobbiamo la nostra stessa vita, qualche volta la morte.
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Un passo indietro. Il primo atto concreto legato all’abitare è imparare ad abitare noi stessi, poi seguendo il consiglio di Parini dobbiamo imparare ad abitare il mondo cercando di scoprirlo in tutta la sua bellezza, dubitando di ogni nostra umana certezza. Abitare appunto, questa parola fondamentale. Per comprendere meglio che cos’è una casa, cos’è la nostra casa, dobbiamo interrogarci sul significato del verbo abitare.
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Per Heidegger, nel celebre saggio Costruire, abitare, pensare, il costruire è un abitare. Nello stesso saggio si sottolinea l’importanza del “prendersi cura delle cose” come costruzione di un rapporto con quello che ci circonda: io sono – io abito. Chi ogni giorno tiene in ordine la casa la rende un luogo accogliente per sé e per gli altri, capisce la fondamentale importanza di questa sorta di mandala, di costruzione quotidiana di un piccolo paradiso di serenità domestica, perché abitare è dove ci sentiamo sicuri, curati, amati, un luogo inospitale è inabitabile.
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La nostra casa è veramente nostra solo se la costruiamo ogni giorno. In questi tempi di forzata permanenza tra le mura domestiche, tanti di noi avranno osservato più nel dettaglio la propria casa ed avranno scoperto che ogni singolo elemento che la costituisce per quanto duraturo non è eterno, ha bisogna di cura, di manutenzione, di empatia.
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Anche per questo motivo una casa con finestre che si affacciano su un giardino, è più gradevole rispetto ad altre, proprio perché la natura muta ad ogni istante, ci rilassa il suo lento, inesorabile divenire. Prendiamo un albero, ogni giorno accade qualcosa, ora pare immobile, ora la sua chioma vibra per una leggera brezza, poi arriva un piccolo uccellino che abbozza un concerto con le foglie. Giorno dopo giorno le foglie si fanno sempre più grandi e verdi, passa l’estate la luce cambia, le foglie ingialliscono, si seccano e cadono a terra. Passano le persone e il tappeto di foglie scricchiola, prima di essere spazzato e raccolto o trasformarsi lentamente in nutrimento per le proprie radici.
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Ancora più vivibile è una casa con un giardino o con un terrazzo abitabile, magari con un giardino pensile. Avere uno spazio esterno vivibile non dovrebbe essere il privilegio di una villa o di un super attico, ma un elemento progettuale obbligatorio già nell’edilizia convenzionata, alias popolare, che spesso si rifà a criteri abitavi ideologici legati ad un vivere forzatamente sociale, che in realtà crea “luoghi di aggregazione” fantasma e quartieri dormitorio.
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L’unità d’abitazione di Le Corbusier fu un fallimento totale, come fu un fallimento totale anche se animato da nobili intenzioni la creazione di interi nuovi quartieri a Matera, nella città del piano da parte dell’UNRRA-Casas, capeggiata dall’allora presidente dell’istituto di urbanistica Adriano Olivetti, con la partecipazione di un pool di esperti e dai più noti urbanisti dell’epoca tra i quali Ludovico Quaroni, per “sgombrare” e ricollocare gli abitanti dei sassi di Matera, con tanto di legge dello stato. Fallimento perché si pretendeva di stravolgere le abitudini millenarie di una civiltà contadina abituata a un proprio modello urbanistico di aggregazione sociale pur nell’estrema povertà e mancanza d’igiene, “imponendo” un modello di felicità ideologica (tra l’altro vi furono lotte per stabilire quale ideologia coincidesse meglio con la felicità dei futuri abitanti contadini: comunista, socialista, cattolica…).
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Le Corbusier dopo aver professato “ideologicamente” il vivere sociale, disprezzando la casetta unifamiliare, disse alla fine della sua vita: “è la vita che ha sempre ragione e l’architettura ha torto”.
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Tornando ai sassi, queste grotte scavate anche dall’uomo nella madre terra con saggezza e rispetto millenari sono un esempio di simbiosi con l’ambiente circostante – la luce entra da una sola apertura ma riesce a penetrare in profondità grazie al pavimento inclinato; l’acqua (preziosissima) che percolava dalla roccia veniva raccolta senza sprechi in cisterne naturali; si viveva insieme agli animali, l’asino in particolare che con il suo calore assorbiva parte della troppa umidità rilasciata dal tufo in inverno. Questi sistemi di bioarchitettura spontanea, questi sistemi sociali ed urbanistici come il “Vicinato”, sono stati sufficientemente studiati prima di giudicarli insalubri, malsani? O si è preferito trasformare tutto questo sapere in cifre, norme, protocolli, certificazioni? La felicità in casa non è tale se non è di classe A, potremmo affermare con uno slogan oggi.
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Questa pandemia ci ha messo in rapporto diretto con il significato di igiene, facendoci considerare esseri viventi (i batteri ed i virus) ben più vecchi di noi come nemici da debellare alla stregua di tutto ciò che non è nel nostro controllo, come le erbacce ecc… Ma allora il progresso è vivere in ambienti asettici, sterilizzati, dove la nostra paura della morte è demonizzata dalla morte di tutto ciò che ci circonda-spaventa?
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Faccio un esempio. Qualche giorno fa sono stato ad ascoltare una bravissima amica pianista che incideva un disco in una sala di registrazione. Alla fine il proprietario della sala ci ha tenuto a decantare le virtù del suo pianoforte Yamaha a coda; tra le tante una mi ha colpito: la tastiera è stata spruzzata dal fabbricante giapponese con dei batteri colonizzatori che vivono assorbendo il sudore che le dita producono. Ho pensato subito che tra la tastiera ed i batteri si fosse creata un’alleanza e che quindi i batteri avessero come casa la tastiera, la abitassero. Anche noi dovremmo pensare al nostro corpo come alla casa per tanti ospiti, a quelli graditi (pensiamo alla flora batterica dello stomaco), a quelli graditi meno (entriamo in un argomento assai complesso legato all’idea di malattia e di cura, tema che non sfiorerò neppure).
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La simbiosi con l’ambiente non è solo fisica. Nei sassi, con il materiale di scavo della grotta, veniva eretta una facciata senza una funzione specifica, se non quella di simbolo. Spesso troviamo nelle case contadine, votate alla semplicità ed al funzionalismo estremo, nel muro di pietra della facciata, tra le piccole finestre, una nicchia con un’immagine sacra al suo interno. Il bisogno del sacro è una necessità anche per un popolo poverissimo (quello lucano), non contaminato dalla civiltà per millenni, per il quale Carlo Levi nel suo Cristo si è fermato ad Eboli arrivò a giustificare anche la morte, come lotta per la sopravvivenza, come fatto naturale e non moralmente giudicabile, dall’uomo civilizzato. Ecco, in questo senso quando uccidiamo un virus non dobbiamo sentirci in colpa!
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Ci siamo scordati che la morte è parte della vita, l’abbiamo uccisa dimenticandoci che San Francesco la chiamava “sorella morte”, che Lui parlava ad ogni forma di vita animale e vegetale consideralo/a suo pari. Una lezione per noi Cristiani, spesso ecologisti dell’ultima ora. Questa pandemia ha riportato in vita la morte! Come dovremmo chiamare allora il virus: mostro, nemico da uccidere, o fratello virus?
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Se un insetto ci fa schifo lo schiacciamo senza cercare di vedere in lui la bellezza, ma pensiamo al bruco che si fa farfalla, alle Epistole Entomologiche di Guido Gozzano ad esempio, o, parlando di Metamorfosi, a Kafka, chi è veramente il mostro? I mostri li crea la paura e la paura la crea l’ignoranza, la non conoscenza. Abitare il virus, significa non averne paura, rispettare un miracolo della natura molto più antico di noi, cercando di trovare un modo per conviverci attraverso un’alleanza sancita dalla scienza costituita con l’attuale livello di conoscenza, dal vaccino.
Fabio Mariani
(continua)
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Recensione - Il Grande Ritratto
Il Grande Ritratto è un romanzo di fantascienza di Dino Buzzati pubblicato nel 1960. La trama si snoda in un’ambientazione ambigua, quasi astratta, in cui i pochi personaggi brancolano in una palude di misteri in cui il senso di straniamento e fatalità incombente costruiscono sin dalla prima pagina una tensione che infine trabocca, e si esaurisce, solo nell’ultima: un professore universitario viene improvvisamente richiamato dal governo per un incarico segreto; dovrà trascorrere due anni in una valle isolata a lavorare ad un ignoto progetto per scopi militari. Seguendo la paura di dimostrarsi un inetto ricusando il lavoro, il professore accetta, e dopo una lunga procedura arriva a scoprire l’entità del segreto: un enorme computer riproducente un’anima umana, il primo atto creativo artificiale. L’originalità dell’opera si spinge, in realtà, ben oltre dalla classica riflessione "uomo-macchina", ma sta al libro e non a me svelarlo: perché c’è qualcosa che gli scienziati nascondono intorno alla natura dell’automa, un "non detto" che costituisce l’aspetto più inquietante del romanzo.
Suggestionato dalle ricerche di cibernetica condotte in Italia da Silvio Ceccato, l’autore si distacca però dagli sviluppi più razionalistici e tecnici del genere per approdare a temi (e angosce) universali: qual è il rapporto tra l’anima ed il suo corpo? Cosa succederebbe se si avesse la prima ma non il secondo?
Come in tutta la produzione di Buzzati domina il senso del Mistero, di una situazione di incomprensione e di opprimente mancanza di vie di fuga, della quale si intravede il culmine, che non è un’uscita, bensì la condanna finale dei personaggi.
Consiglio a chiunque il romanzo, anche se potrebbe deludere chi si aspetta spiegazioni pseudo-scientifiche dei fenomeni raccontati.
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#formazioneinsegnanti #GIDC #SeDICO #disturbidelcomportamento #adhd #altececcato #ctimontecchioarzignano #ulss8berica #etàevolutiva #marcopagliai #infomarcopagliai #ilovemyjob (presso IIS Silvio Ceccato)
#disturbidelcomportamento#marcopagliai#etàevolutiva#formazioneinsegnanti#sedico#infomarcopagliai#gidc#adhd#ctimontecchioarzignano#ulss8berica#altececcato#ilovemyjob
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La giornata più sprecata in un anno è quella in cui non si è riusciti a dare né a ricevere un sorriso.
S. Ceccato (linguista, 1914-1997)
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(@_Live_Book) al @TeatroArciliuto: “IL SOGNO DELLE TRE FARAONE – Silvio Ceccato da Filosofo a Tecnico della Mente” – Martedì 17 marzo 2015
(@_Live_Book) al @TeatroArciliuto: “IL SOGNO DELLE TRE FARAONE – Silvio Ceccato da Filosofo a Tecnico della Mente” – Martedì 17 marzo 2015
(@_Live_book) (@TeatroArciliuto) (@promosocialit) (@atuttosocial)
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Non e’ stato forse detto: se non hai un amico che ti avvisi dei tuoi difetti, paga un nemico affinché lo faccia?
Silvio Ceccato
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Pier Luigi AMIETTA, Silvia MAGNANI, con un saggio di Silvio CECCATO, prefazione di Donata FABBRI, Dal gesto al pensiero. Il linguaggio del corpo alle frontiere della mente, FrancoAngeli editore, 1998. Indice del libro
Pier Luigi AMIETTA, Silvia MAGNANI, con un saggio di Silvio CECCATO, prefazione di Donata FABBRI, Dal gesto al pensiero. Il linguaggio del corpo alle frontiere della mente, FrancoAngeli editore, 1998. Indice del libro
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Mostra antologica di Paolo Scirpa
“In forma di luce alla ricerca dell’infinito”
Opere 1965-2017
a cura di Sandro Bongiani
Dal 9 ottobre al 28 novembre 2021
Inaugurazione: sabato 9 ottobre 2021 ore 18.00
"Nessuno, finora, è andato in fondo a questi buchi per raccontarci che cosa ha visto”. Bruno Munari, 1980
S’inaugura sabato 9 ottobre 2021 alle ore 18.00, una grande antologica dal titolo: ”In forma di luce alla ricerca dell’infinito” che la Collezione Bongiani Art Museum di Salerno dedica all’artista italiano Paolo Scirpa, con opere realizzate tra il 1965 e il 2017 dislocate in due mostre, rispettivamente nella galleria “Sandro Bongiani VRspace” e allo “Spazio Ophen Virtual Art Gallery” di Salerno.
Vengono presentati 91 opere tra Ludoscopi, opere pittoriche, ideazioni plastiche, progetti urbanistici e installazioni. La sua iniziale ricerca nasce negli anni Sessanta come momento di ricerca percettivo-cinetico tra astrazione e lirismo. Nel 1965 il dipinto “Composizione” è un’opera matura con una visione del paesaggio caratterizzato da una inconsueta dislocazione e decentramento. Così anche le opere successive del “Sole” e di “Habitat” definiti provvisoriamente tra forma e costruzione artificiale. Agli inizi degli Settanta nascono i primi Ludoscopi ormai in linea per originalità e creatività con le diverse tendenze contemporanee svolte in quel periodo in campo internazionale. Le opere dei “Ludoscopi”, creati nei primi anni Settanta non evidenziano il vuoto come “assenza” ma come essenza e presenza insostanziale non ancora definita e pur visibile nella dimensione intima dello spazio. Scrive Sandro Bongiani, “ …una condizione, si direbbe sospesa, con una temporaneità provvisoria, frantumata e ridotta a pezzi, nata per essere “infinita”. Una visione insostanziale di presenze incorporee che prendono forma grazie all’utilizzo della luce reale. I contenitori virtuali dalla forma primaria, grazie all’uso di luce al neon e di specchi, trasformano e alterano la forma geometrica moltiplicando a dismisura la funzionalità in un sintetico spazio-luce”. Con i “Progetti d’intervento nel territorio” degli anni Ottanta vi è la lucida esigenza di analizzare in una nuova chiave d’indagine la propria e personale visione poetica utilizzando un diverso approccio e rapporto dimensionale a verifica della fattibilità della cosa proposta. Dall’incessante indagine dei progetti d’intervento, proprio nel 2009, nasceranno i progetti del “Teatro è il suo doppio”, modelli lignei immaginati sulla forma del teatro greco come quello di Siracusa in cui ha vissuto Paolo Scirpa per diverso tempo prima di trasferirsi a Milano, nati da un oscuro e indefinito moto dell’immaginazione tra forma, invenzione e storia. In oltre 50 anni di assidua e ossessiva ricerca, l’artista ha saputo indagare le svariate possibilità del fare ricerca e coniugare l’ignoto con eventi transitori del “non luogo” con soluzioni decisamente assai concilianti e sorprendenti. In questo senso, tutto il lavoro di Scirpa può essere ricondotto criticamente nell’alveo di un progetto ben più ampio e maestoso ai confini delle soglie disciplinari e ancora del tutto attuale e percorribile.
OPENING: sabato 9 ottobre 2021, ore 18.00
Sandro Bongiani | Collezione Bongiani Art Museum
Per l’occasione sarà edito un catalogo con una antologia critica con tutti i testi scritti in questi anni per Paolo Scirpa.
Paolo Scirpa / Biografia
http://www.paoloscirpa.it/index.php?disp=biog
Paolo Scirpa nasce a Siracusa nel 1934. Sin da subito mostra la sua attitudine per l'arte intrattenendo studi di pittura tra Palermo e Catania, frequentando anche per lungo tempo le officine grafiche di Salisburgo dove conobbe John Friedlander nel cui studio successivamente lavorerà a Parigi. Nel '65 si trasferisce a Milano dove realizza i primi “Sole” opere legate ad un espressionismo lirico ma già orientate verso una sintesi formale. Nel 1972 realizza “Megalopoli Consumistica” opera di denuncia consumistica composta da una gran quantità di involucri e contenitori vuoti assemblati tra loro. Il lavoro di Scirpa ha sempre teso verso una ricerca interiore, slegato da ogni rapporto di appartenenza. Negli anni '70passa da una iconografia bidimensionale alla modularità di uno spazio oggettuale che la luce e gli specchi trasformano in polioggettuale. La sua ricerca si orienta verso una dimensione in cui luce e spazio divengono protagonisti immateriali e spettacolari. É nel 1972 che il Maestro inizia la realizzazione dei Ludoscopi, opere tridimensionali che, per mezzo di un sistema di giochi combinatori di neon e specchi, propongono la percezione di profondità fittizie, veri iperspazi-luce in cui è abolito il limite tra il reale e l’illusorio. É in questi anni che Scirpa conosce e frequenta gli esponenti dell'arte ottico-cinetica e del MAC, tra i quali il Maestro Bruno Munari che all'interno dei suoi scritti evidenzierà anche l’aspetto ludico del lavoro dell'artista. Nei sui Ludoscopi l’artista è interessato a rappresentare non tanto la luce reale quanto la luce “ideale” cioè l’idea dell’infinito.
Negli anni '80 iniziano i primi interventi progettuali sul territorio, giganteschi Ludoscopi vengono introdotti, tramite dei fotomontaggi in: edifici, monumenti, siti archeologici e città, creando vertiginose fughe prospettiche all'interno del paesaggio. Ancora oggi Scirpa prosegue il suo lavoro di ricerca e sperimentazione proponendo opere e progetti sempre attuali e all'avanguardia.
Opere del maestro son state esposte in molteplici mostre personali e collettive oltre ad essere presenti in importanti collezioni private e museali come: MAGA (Gallarate), Museo del Novecento (Milano), Civiche Raccolte Bertarelli - Castello Sforzesco (Milano), Biblioteca di Brera (Milano), MACTE Museo d’Arte Contemporanea (Termoli), MART- VAF-Stiftung (Trento e Rovereto), Museo MAGI ‘900 (Pieve di Cento), MAPP Museo d’Arte Paolo Pini (Milano), Musée des Beaux-Arts (Caen), Museum Ritter (Waldenbuch), Museo Civico d'Arte Contemporanea (Gibellina), Museum (Bagheria), Fabbriche Chiaramontane (Agrigento), Galleria Nazionale d’Arte Moderna (Roma), Gallerie d’Italia (Milano).
Al suo lavoro hanno dedicato saggi ed annotazioni critiche: Riccardo Barletta, Pietro Baj, Carlo Belloli, Luigi Bianco Guglielmo Boselli, Giorgio Bonomi, Rossana Bossaglia, Ginevra Bria, Domenico Cara, Luciano Caramel, Silvio Ceccato, Jacqueline Ceresoli, Claudio Cerritelli, Cesare Chirici, Vittoria Coen, Andrea Del Guercio, Mario De Micheli, Marina De Stasio, Giorgio Di Genova, Gillo Dorfles, Vittorio Fagone, Ornella Fazzina, Pedro Fiori, Carlo Franza, Sabino Frassà, Carmelo Genovese, Flaminio Gualdoni, Sara Liuzzi, Annette Malochet, Corrado Maltese, Gabriel Mandel, Giorgio Mascherpa, Luigi Meneghelli, Marco Meneguzzo, Marta Michelacci, Bruno Munari, Carlo Munari, Antonio Musiari, Daniela Palazzoli, Demetrio Paparoni, Francesco Poli, Pierre Restany, Roberto Sanesi, Giorgio Segato, Carmelo Strano, Luigi Tallarico, Francesco Tedeschi, Carlo Terrosi, Maria Torrente, Antonino Uccello, Miklos N. Varga, Alberto Veca, Francesco Vincitorio, Maurizio Vitta, Emanuele Zucchini. É stato docente all’Accademia di Belle Arti di Brera. Vive ed opera a Milano.
SANDRO BONGIANI VRSPACE
SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
Via S. Calenda, 105/D - Salerno
Dal 9 ottobre al 28 novembre 2021
Inaugurazione: sabato 9 ottobre 2021, ore 18.00
Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
Gallery https://www.sandrobongianivrspace.it/
http://www.collezionebongianiartmuseum.it
e-mail: [email protected]
Uff. Stampa: Archivio Ophen Virtual Art Tel. 3937380225
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La giornata più sprecata in un anno è quella in cui non si è riusciti a dare né a ricevere un sorriso.
S. Ceccato (filosofo e linguista, 1914-1997)
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