#Ritratto di famiglia con tempesta
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Stasera in TV, Rai5, Hirokazu Kore'eda, Le verità - credo che in originale sia singolare, ma verifichino gli iamatologi: 真実 .
È il regista dei grovigli familiari: di Father and son, Broker, Ritratto di famiglia con tempesta, Little sister, Un affare di famiglia.
Uno dei film del bellissimo terzo tempo di Catherine Deneuve, insieme a Dio esiste e vive a Bruxelles.
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Masih Alinejad
https://www.unadonnalgiorno.it/masih-alinejad/
Le parole significano: perché sono una donna, fiorisco attraverso le mie ferite.
Masih Alinejad è l’attivista iraniana col fiore tra i capelli.
Esiliata dal 2009, è la donna più temuta dalla teocrazia al potere in Iran e tra le attiviste femministe più seguite al mondo.
La sua campagna contro la dittatura degli Allatoyah, Ali Khamenei, guida suprema del paese, ha emesso una fatwa nei suoi confronti, comprensiva di taglia.
Insignita con vari premi internazionali per il suo attivismo, in marzo 2023 è stata inserita nella lista delle dodici donne dell’anno scelte da Time per “l’impatto significativo sulle loro comunità“.
Nata col nome di Masoumeh Alinejad-Ghomi a Qomi Kola, l’11 settembre 1976, è una giornalista e scrittrice. Produce e presenta il VOA Persian Service, è corrispondente per Radio Farda, collabora per la televisione Manoto e per IranWire.
Dissidente sin da giovanissima, nel 1994 è stata arrestata per aver prodotto volantini critici nei confronti del governo.
Ha iniziato la sua carriera nella stampa nel 2001, è stata anche giornalista parlamentare fino a quando, nel 2005, è stata allontanata perché aveva sbugiardato i ministri che affermavano di aver subito tagli salariali mentre, in realtà, ricevevano considerevoli somme di denaro come bonus per qualsiasi cosa, dall’adempimento dei doveri religiosi all’inizio del nuovo anno.
Nel 2008, ha scritto un pezzo molto critico su un quotidiano in cui paragonava i seguaci di Mahmoud Ahmadinejad a delfini affamati che emettono suoni e si rendono ridicoli per afferrare un boccone di cibo dal loro addestratore. Il direttore del giornale è stato costretto a scusarsi pubblicamente e prenderne le distanze.
Dal 2009 è andata a vivere in Inghilterra, in quell’estate, mentre era negli Stati Uniti per un’intervista a Barack Obama che non è riuscita a fare, ha partecipato alle proteste contro il governo iraniano e tenuto un celebre discorso a San Francisco, dove, rivolgendosi alle autorità iraniane, diceva: “Abbiamo tremato per trent’anni, adesso tocca a voi” un atto considerato una tempesta d’aria fresca.
Si è laureata in Comunicazione, Media e Cultura presso la Oxford Brookes University.
Nel 2014, ha aperto la pagina Facebook My Stealthy Freedom, seguita da centinaia di migliaia di persone in cui invitava le donne iraniane a pubblicare foto di se stesse senza hijab.
Nel 2015, il Summit di Ginevra per i diritti umani e la democrazia, le ha conferito il Women’s Rights Award per “aver dato voce a chi non ha voce e risvegliato la coscienza dell’umanità per sostenere la lotta delle donne iraniane per i diritti umani fondamentali, la libertà e uguaglianza“.
Ha pubblicato quattro libri in persiano e nel 2018 è uscito, in lingua inglese, The Wind in My Hair tradotto anche in italiano col titolo Il vento fra i capelli. La mia lotta per la libertà nel moderno Iran, che tratta del suo viaggio da un minuscolo villaggio nel nord dell’Iran per diventare giornalista e la creazione della campagna social che ha scatenato un movimento di protesta a livello nazionale. The New York Times l’ha definito un vivido ritratto dell’Iran moderno scritto con una schietta onestà, caratteristica della vita e della scrittura di Masih Alinejad.
Nel 2022 è uscito il docufilm biografico Be My Voice ed è stata insignita del Moral Courage Award dell’American Jewish Committee per aver parlato senza paura a sostegno del popolo iraniano oppresso dal governo.
La sua famiglia d’origine, rimasta in Iran, sua madre che non vede dal 2009, hanno subito persecuzioni e ritorsioni. Ella stessa è stata oggetto di un rapimento sventato nel 2021 e il Dipartimento di Giustizia Usa ha affermato che c’è stata una cospirazione per assassinarla.
Ha partecipato alla marcia a Bruxelles che ha visto 30.000 persone chiedere all’Europa di inserire l’Irgc, i Pasdaran e il Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, nella lista delle organizzazioni terroristiche europee, cosa già avvenuta negli Stati Uniti.
Masih Alinejad è diventata un’icona per la sua chioma riccia e “provocante” sempre fermata da un fiore, prendendo apertamente posizione contro il regime sui social network e in ogni occasione pubblica.
Attualmente, vive con il marito e il figlio negli Stati Uniti in un rifugio segreto dell’Fbi.
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uymmf
#2016#Hirokazu Koreeda#Koreeda#Umi yori mo mada fukaku#Hiroshi Abe#Yôko Maki#Satomi Kobayashi#Après la tempête#After the Storm#Después de la tormenta#Depois da Tempestade#Ritratto di famiglia con tempesta#Japan#Japanese movies#Japanese movie#Japanese cinema#После бури#2010s#movies#movie#cinema#Japanese drama film#2010s cinema#adulthood#growing up#childhood
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Un affare di famiglia
Un affare di famiglia
Il concetto di famiglia non è mai stato liquido come in questi anni. Non esiste una definizione corretta e univoca per definirla e, qualora la si trovasse diventerebbe obsoleta all’istante. Hirokazu Kore-eda (Ritratto di famiglia con tempesta, Father and son) sulla famiglia ha costruito il suo cinema. O, meglio, sui legami che la definiscono, ha trovato il tema adatto a esprimere il suo senso…
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#cinema#famiglia#giappone#Hirokazu Kore-eda#Ritratto di famiglia con tempesta#shoplifters#Un affare di famiglia
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Cannes e dintorni - I film del festival francese a Milano dal 17 al 23 giugno
#Cannesedintorni - I film del festival francese a Milano dal 17 al 23 giugno
Riprende la stagione le vie del cinema con Cannes e dintorni – dal 17 al 23 giugno nelle sale cinematografiche milanesi. L’edizione 2017 è dedicata a Morando Morandini, il decano dei critici italiani, autore del celebre Dizionario dei film. Biglietteria: CINECARD | 27€ 6 ingressi / 48€ 12 ingressi | da venerdì 9 giugno online e Colosseo Multisala, Anteo spazioCinema, Arcobaleno Filmcenter;…
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Ritratto di Famiglia con Tempesta, Hirokazu Koreeda
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Ritratto di famiglia con tempesta
Ritratto di famiglia con tempesta
varecensione del film: RITRATTO DI FAMIGLIA CON TEMPESTA Titolo originale: After the Storm Regia: Kore’eda Hirokazu Principali interpreti: Hiroshi Abe, Kirin Kiki, Yôko Maki, Rirî Furankî, Sôsuke Ikematsu, Satomi Kobayashi, Isao Hashizume, Taiyô Yoshizawa – 117 min. – Giappone 2016. Il “cuore” di questo bellissimo film del regista giapponese Kore’eda Hirokazu è il modesto appartamento della…
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#Cinema#cinema giapponese#Hiroshi Abe#Kirin Kiki#Kore&039;eda Hirokazu#paternità#recensioni#recensioni cinema#recensioni film#Ritratto di Famiglia con tempesta#tornado#Yôko Maki
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Ritratto di famiglia con tempesta
La scintilla da cui ha preso vita Ritratto di famiglia con tempesta è scattata nel 2001, quando mia madre, rimasta sola, ha deciso di cambiare casa e di trasferirsi in un complesso residenziale. Un giorno sono andato a trovarla e ho subito pensato che fosse la location perfetta per girarci un film. La prima scena che mi è venuta in mente? Una passeggiata in mezzo ai palazzi, di mattina, con l’erba luccicante di pioggia. La città è bellissima dopo una tempesta! Molti anni più tardi, nell’estate del 2013, ho iniziato a scrivere la sceneggiatura, annotandomi queste parole: «Non tutti diventano quello che volevano essere». Così è nato Ryota, personaggio per cui ho immediatamente pensato ad Abe Hiroshi, un improbabile investigatore privato che avrebbe tanto voluto essere un romanziere. Come sul lavoro, tra l’altro, anche nel contesto familiare non combina niente di buono, perché non sa rinunciare al vizio del gioco. Un uomo così riuscirà mai a conquistare un po’ di pace? Tutti noi ci misuriamo, nel corso della nostra vita, con la stessa difficile aspirazione: diventare gli adulti che, da bambini, avevamo sognato di diventare. Qualcuno ce la fa, qualcuno si arrende, qualcuno non ce la fa, come Ryota, ma lotta ugualmente: continua a cercare una via per la felicità, per quanto lontana possa essere dal futuro che aveva immaginato.
Kore-eda Hirokazu
PROVE TECNICHE DI REDENZIONE
Ryota, cui presta irresistibile e spavalda goffaggine l’Abe Hiroshi di Thermae Romae, è un loser che sembra uscito dalla penna di Svevo: promessa (non mantenuta) della letteratura, giocatore d’azzardo, investigatore privato per tenersi a galla, ex marito di un’ex moglie che ha esaurito le ingentissime scorte di fiducia, padre maldestro di un bambino che conosce poco, figlio fragile di un’anziana madre amorevolmente rassegnata (Kiki “Signora Toku” Kilin). Basterà una lunga notte di tempesta, con i quattro personaggi obbligati a condividere gli stessi metri quadrati fino all’alba, per attutire gli spigoli del presente e, soprattutto, del futuro? Dopo Father and Son e Little Sister, ecco dunque Ritratto di famiglia con tempesta (After the Storm): una sorridente riflessione sul corto circuito, quasi sempre davvero crudele, tra i sogni e la vita quotidiana. Una ballata dolceamara in cui Kore-eda Hirokazu ci diverte e ci commuove parlando di inettitudine e di (possibile) redenzione, di cadute e di (possibili) riscatti, senza mai sovrapporre all’umanissima osservazione dei fatti l’inutile pesantezza del giudizio.
Festival di Cannes (Un certain regard), 2016 Toronto International Film Festival, 2016 International Film Festival Rotterdam, 2016 Japanese Film Festival, 2016 London Film Festival, 2016 Chicago International Film Festival, 2016 Philadelphia International Film Festival, 2016 Melbourne International Film Festival, 2016
DATA USCITA: 25 maggio 2017 GENERE: Drammatico ANNO: 2016 REGIA: Hirokazu Kore-Eda ATTORI: Hiroshi Abe, Yoko Maki, Yoshizawa Taiyo, Kirin Kiki, Rirî Furankî, Isao Hashizume
SCENEGGIATURA: Hirokazu Kore-Eda FOTOGRAFIA: Yutaka Yamazaki MONTAGGIO: Hirokazu Kore-Eda PRODUZIONE: Aoi Promotion DISTRIBUZIONE: Tucker Film PAESE: Giappone DURATA: 117 Min
Ritratto di famiglia con tempesta Pressbook
Ritratto di famiglia con tempesta scheda film e Pressbook La scintilla da cui ha preso vita Ritratto di famiglia con tempesta è scattata nel 2001, quando mia madre, rimasta sola, ha deciso di cambiare casa e di trasferirsi in un complesso residenziale.
#Cannes Film Festival#cinema#Festival di Cannes (Un certain regard)#film#Hirokazu Kore-Eda#Ritratto di famiglia con tempesta#Schede film
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di Marta Zoe Poretti
Con Sabato 19 Maggio si chiude anche l’edizione numero 71 del Festival di Cannes. Splendida Presidente della giuria Cate Blanchett, che ha impresso un significativo tocco #metoo non solo alla cerimonia di premiazione, ma all’intera kermesse.
La giuria (tra cui le attrici Kristen Stewart e Léa Seydoux, i registi Denis Villeneuve e Ava DuVernay ed il divo cinese Chang Chen) ha premiato entrambi i film italiani selezionati in concorso: Dogman di Matteo Garrone e Lazzaro felice di Alice Rohrwacher.
“Da piccolo quando ero a casa mia e pioveva sopra le lamiere chiudevo gli occhi e mi sembrava di sentire gli applausi. Invece adesso li riapro e quegli applausi siete voi, e sento che c’è un calore che è come una famiglia. Mi sento a casa e mi sento a mio agio qui con voi. La mia famiglia è il cinema e siete voi. E Cannes… Questa sabbia di Cannes, penso che ogni granello è importante. Ringrazio tutti: Rai Cinema, Cannes e tutti gli organizzatori, e Matteo che si è fidato… Ha avuto il coraggio, non so neanche io come.”
In queste parole tutta l’emozione di Marcello Fonte, mentre riceve la Palma d’oro per il Miglior Attore da Roberto Benigni. Ancora una volta, Matteo Garrone ha scelto un attore che ha vissuto una vita ai margini dello spettacolo per rappresentare la tragedia contemporanea di un uomo costretto ai margini della società. Il risultato è la variazione iperrealista della teoria del “pedinamento” di Cesare Zavattini: l’autenticità di Marcello Fonte nella parte del Canaro è deflagrante, come la desolazione di un ��buono” tanto vessato e solo che diventa protagonista di un assassinio leggendario.
Palma d’oro per la Migliore Sceneggiatura ad Alice Rohrwacher che ringrazia “questa incredibile giuria e questa incredibile presidentessa per aver preso sul serio una sceneggiatura così bislacca”.
La favola rurale di Lazzaro Felice vince il premio ex-aequo con l’iraniano Jafar Panahi per Three Faces.
E’ italiano anche il premio per il Miglior Documentario: La strada dei Samouni di Stefano Savona (presentato alla Quinzaine des Réalisateurs).
La Palma d’oro va al giapponese Shoplifters di Hirokazu Kore-eda (autore di Farther and Sons e Ritratto di famiglia con tempesta, che torna con un nuovo dramma familiare, specchio della crudeltà delle disuguaglianze sociali).
Ecco tutti i premi principali assegnati a Cannes 2018:
PALMA D’ORO PER IL MIGLIOR FILM
SHOPLIFTERS di Kore-Eda Hirokazu
GRAN PREMIO
BLACKKKLANSMAN di Spike Lee
PREMIO DELLA GIURIA
CAPHARNAÜM (CAPERNAUM) di Nadine Labaki
PREMIO ALLA REGIA
PAWEL PAWLIKOWSKI per Cold War
PALMA D’ORO SPECIALE
LE LIVRE D’IMAGE di Jean-Luc Godard
PREMIO PER LA MIGLIORE ATTRICE
SAMAL YESLYAMOVA per Ayka
PREMIO PER IL MIGLIOR ATTORE
MARCELLO FONTE per Dogman
CAMERA D’OR PER LA MIGLIORE OPERA PRIMA
GIRL di Lukas Dhont
La cerimonia di premiazione non è stata solo emozione e amore per il cinema. Asia Argento, prima di assegnare il premio alla Migliore Attrice, è tornata a denunciare con parole esplicite le violenze subite da Harvey Weinstein. Un atto di accusa che non si limita al passato, ma afferma con forza la fine della coltre di tolleranza e silenzio che nel mondo dello spettacolo ha sempre nascosto gli abusi sulle donne:
“Nel 1997 sono stata stuprata da Harvey Weinstein qui a Cannes. Avevo 21 anni. Questo festival era il suo territorio di caccia. Voglio fare una previsione: Harvey Weinstein qui non sarà mai più benvenuto. Vivrà in disgrazia, escluso dalla comunità che un tempo lo accoglieva e nascondeva i suoi crimini. Perfino stasera, seduti tra di voi, ci sono quelli che devono ancora rispondere per i loro comportamenti contro le donne. Comportamenti che non appartengono a questa industria, che sono inaccettabili e indegni di questa industria, o qualunque altro posto di lavoro. Voi sapete chi siete. Ma soprattutto noi sappiamo chi siete. E non vi permetteremo più di farla franca.”
Cala così il sipario su Cannes 2018, un’edizione che di certo non è stata avara di emozioni.
In chiusura, un irresistibile John Travolta ha presentato l’edizione restaurata di Grease: un grande evento al Cinéma de la Page per celebrare i quarant’anni del Musical che è ormai un cult senza tempo.
E non dimentichiamo il ritorno in grande stile di Lars Von Trier. Dichiarato “persona non gradita” nel 2011 dopo le famigerate affermazioni sull’umanità di Hitler, il regista danese torna a quello che è stato il suo Festival di riferimento fin dagli esordi con L’elemento del crimine (1984). Per il figliol prodigo, non poteva che essere un ritorno esplosivo: all’anteprima dell’Horror di impianto filosoficoThe House that Jack built (con Matt Dillon, Uma Thurman e Bruno Ganz) un centinaio di giornalisti abbandona la sala, mentre la notizia di sequenze pantagrueliche, mutilazioni di donne e bambini riempie le prime pagine di tutto il mondo. Naturalmente, Von Trier resta il Re della benzina sul fuoco: “Non ho mai ucciso nessuno, ma se l’avessi fatto, sarebbe stato un giornalista” – ha dichiarato al quotidiano Le Figaro.
Last but not least: la chiusura del Festival di Cannes è tutta per Terry Gilliam e il suo The Man who killed Don Quixote (L’uomo che uccise Don Chisciotte). L’adattamento del classico di Cervantes, Don Chisciotte de La Mancha, arriva dopo 25 anni di vicissitudini rocambolesche e difficoltà produttive oltre i limiti del surreale. Solo Martedì 8 Maggio Gilliam ha vinto la sua personale battaglia contro i mulini a vento, insieme alla causa intentata dal produttore Paul Blanco di Alafama Films. Superato brillantemente perfino un malore e un ictus, il regista britannico ha accolto con il pubblico con la sua proverbiale ironia: la maledizione del Chisciotte è vinta, ed uno dei film più sognati e sofferti della Storia del Cinema è davvero realtà.
dogman marcello fonte
lazzaro felice
shoplifters palma d’oro
von trier the house that jack built
gilliam don quixote
#thelovingmemory
#Cannes2018 : Tutti i premi e gli highlight del Festival di Cannes di Marta Zoe Poretti Con Sabato 19 Maggio si chiude anche l’edizione numero 71 del Festival di Cannes.
#metoo#alice rohwacher#asia argento#Cannes 2018#cannes 71#cate blanchett#dogman#Festival di Cannes#grease#john travolta#lars von trier#lazzaro felice#marcello fonte#matteo garrone#palma d&039;oro#roberto benighi#terry gilliam#the house that jack built#the man who killed don quixote
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Consigli di lettura per questa strana estate
Eccoci qui come ogni anno in cerca di libri da leggere in questa calda estate.
Naturalmente se vorrete comprare uno dei miei romanzi ne sarò molto felice, Potete trovare informazioni su tutti i libri che ho scritto sul mio sito qui: https://writtenbyweirde.altervista.org/
Ma in questo post vi consiglierò anche altre letture.Di norma tutte le estati vi consiglio dei romanzi leggeri da ombrellone, ma quest’anno è un anno strano purtroppo, che credo meriti delle letture di peso, in grado di svoltarci una giornata, e di lasciarci in ricordo qualcosa di significativo.
Ho spulciato internet in cerca di libri recenti di questo tipo e li ho trovati anche in generi diversi in modo che tutti i gusti fossero accontentati.
STORICO
Iniziamo con un’autrice che difficilente delude: Isabel Allende, e il suo ultimo romanzo:
Lungo petalo di mare
Isabel Allende
1939. Alla fine della Guerra civile spagnola, il giovane medico Víctor Dalmau e un’amica di famiglia, la pianista Roser Bruguera, sono costretti, come altre migliaia di spagnoli, a scappare da Barcellona. Attraversati i Pirenei, a Bordeaux, fingendosi sposati, riescono a imbarcarsi a bordo del Winnipeg, il piroscafo preso a noleggio da Pablo Neruda per portare più di duemila profughi spagnoli in Cile – il “lungo petalo di mare e neve”, nelle parole dello stesso poeta –, in cerca di quella pace che non è stata concessa loro in patria. Lì hanno la fortuna di essere accolti con generosa benevolenza e riescono presto a integrarsi, a riprendere in mano le loro vite e a sentirsi parte del destino del paese, solo però fino al golpe che nel 1973 fa cadere il presidente Salvador Allende. E allora, ancora una volta, si ritroveranno in esilio, questa volta in Venezuela, ma, come scrive l’autrice, “se si vive abbastanza, i cerchi si chiudono”.
Questo romanzo della Allende è più storico, cioè più ricco di fatti storici rispetto ad altri e a tratti sembra un saggio, ma merita comunque.
GIALLO
Proseguiamo con un giallo che vuole strizzare l’occhio ai classici di Agatha Christie:
Morte nelle Highlands
Lucy Foley
Come ogni anno Emma, Mark e i loro amici trascorrono l'ultimo dell'anno insieme. Per Emma, l'ultima arrivata, l'unica a non aver frequentato Oxford con gli altri, è l'occasione per fare bella figura e integrarsi nel gruppo. Ma qualcosa va storto nell'esclusivo cottage che si affaccia sulle gelide acque di Loch Corrin. Sui boschi già imbiancati si abbatte la peggiore tempesta di neve degli ultimi tempi e poi, improvvisamente, uno degli ospiti scompare. Le condizioni meteo sono così proibitive che i soccorsi non possono arrivare e nessuno può andare via. Quando l'ospite viene ritrovato – morto – tutti sono dei potenziali sospettati. Ci sono Heather, la manager del resort, Doug, l'ex marine ora guardiacaccia, una inquietante coppia di islandesi e poi gli amici: Miranda e Julien, tanto belli quanto snob, Samira e Giles con la loro bambina di 6 mesi, Nick e il suo fidanzato americano, e infine Katie, l'unica single del gruppo. Chi è l'assassino? Ma, soprattutto, chi è la vittima?
Consigliato solo se vi piacciono i punti di vista molteplici, poichè il libro si basa su questo per creare suspence.
POLIZIESCO
La prossima autrice è semisconosciuta in Italia, ma all’estero è superlodata:
I cieli di Philadelphia
Liz Moore
NN editore
Michaele Fitzpatrick è un'agente di polizia. Vive da sola e tra mille difficoltà si prende cura del figlio Thomas, un bambino dolce e intelligente. Pattuglia le strade di Kensington, il quartiere di Philadelphia dove è cresciuta e dove l'eroina segna il destino di molti, perché vuole tenere d'occhio l'amata sorella Kacey, che vive per strada e si prostituisce per una dose. Un giorno, Kacey scompare da Kensington, proprio nel momento in cui qualcuno comincia a uccidere le prostitute del quartiere. Michaela teme che sua sorella possa essere la prossima vittima e con l'aiuto del suo ex partner, Truman, inizierà a cercarla con fiera ostinazione, mettendo in pericolo le persone più care, e rivelando una verità che lei stessa prova a negare con tutte le sue forze. Tra detective story e saga familiare, Liz Moore costruisce un romanzo in cui passato e presente si intrecciano e si illuminano componendo il ritratto di una donna vulnerabile e coraggiosa, tormentata da scelte sbagliate e fedele al suo senso di giustizia, e racconta un quartiere ai margini del sogno americano, ma cuore pulsante di un'umanità genuina e desiderosa di riscatto.
FANTASY
Non poteva mancare nella lista un fantasy, o meglio una serie fantasy i cui primi due libri sono già stati pubblicati da Fanucci editore.
La luna che uccide
N. K. Jemisin
Nella antica città-stato di Gujaareh, la pace è l'unica legge. Sui suoi tetti e tra le ombre delle sue strade acciottolate vegliano i raccoglitori, i custodi di questa pace. Sacerdoti della Dea del Sogno hanno il compito di raccogliere la magia della mente addormentata e usarla per guarire, calmare... e uccidere chiunque giudichino corrotto. Ma quando viene scoperta una cospirazione nel grande tempio di Gujaareh, Ehiru - il più famoso raccoglitore della città - dovrà mettere in discussione tutte le sue certezze. Qualcuno, o qualcosa, sta uccidendo i sognatori in nome della dea, e insegue le sue prede sia nei vicoli di Gujaareh che nel regno dei sogni. Ehiru ora deve proteggere la donna che era stato mandato a uccidere, o vedrà la sua città divorata dalla guerra e dalla magia proibita.
Il sole oscurato. Dreamblood. Vol. 2
N. K. Jemisin
Gujaareh, la città dei Sogni, è afflitta dal dominio imperiale del Protettorato Kisuati. Una città in cui l'unica legge era la pace ora conosce solo violenza e oppressione... e incubi. Una mortale e misteriosa pestilenza perseguita i cittadini di Gujaareh, condannando gli infetti a morire durante il sonno tra urla strazianti. Assediata da sogni oscuri e crudeli signori, la città e tutta la sua gente languiscono nell'ardente desiderio di sollevarsi, ma Gujaareh conosce la pace da troppo tempo. Qualcuno dovrà mostrare loro la strada. La speranza sarà riposta in due reietti: la prima donna che abbia mai potuto unirsi al sacerdozio della dea dei Sogni, e un principe in esilio che desidera solo rivendicare il proprio diritto di nascita. Insieme dovranno resistere all'occupazione di Kisuati e tentare di svelare il mistero sull'origine dei Sogni della morte... prima che sia troppo tardi e che Gujaareh si perda per sempre.
Si tratta di una serie, ma i libri sono leggibili singolarmente.
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Hirokazu Kore'eda - regista giapponese: film, daWikipedia
Hirokazu Kore’eda – regista giapponese: film, daWikipedia
Maborosi (Maboroshi no hikari) (1995)
Wandāfuru raifu (1998)
Distance (Disutansu) (2001)
Nessuno lo sa (Daremo shiranai) (2004)
Hana yori mo naho (2006)
Aruitemo aruitemo (2008)
Daijōbudearu yō ni – Cocco owaranai tabi – documentario (2008)
Kūki ningyō (2009)
Kiseki (2011)
Father and Son (Soshite chichi ni naru) (2013)
Little Sister (Umimachi Diary) (2015)
Ritratto di famiglia con tempesta (Umi…
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Ritratto di famiglia con tempesta – Hirokazu Koreeda Scheda IMDB
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Oskar Kokoschka, artista dell’inconscio e delle tribolazioni, ha attraversato il Novecento, attento a cogliere e a raccontare gli uomini nel suo tempo, più che se stesso, poiché, come era solito dire, “Soltanto i dilettanti dipingono i propri tormenti, che non interessano a nessuno”.
di Pasquale Di Matteo
Oskar Kokoschka nasce il 1° marzo del 1886, a Pöchlarn, in Austria.
La sua infanzia si svolge seguendo il ritmo dei continui traslochi a cui è costretta la famiglia, che vive forti ristrettezze economiche.
Riesce comunque a iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Vienna e a farsi notare, tanto che, nel 1908, Gustav Klimt lo presenta alla critica durante un Art Show.
Nel tempo, acquista fama e si trasferisce a Berlino, dove diviene il primo illustratore della rivista Der Sturm.
Proprio a Berlino, resta affascinato dalle teorie di Freud in merito al mondo onirico e al subconscio.
È così che la sua pittura diventa più reale e immediata, a tratti talmente cruda da essere definita da più parti selvaggia, perché, proprio in virtù dell’interesse per la Psicologia umana, l’artista è rivolto a rappresentare l’angoscia e i problemi, dell’uomo e della società.
Comincia a utilizzare le sue iniziali per firmarsi, in un periodo in cui OK non aveva ancora assunto il significato che gli attribuiamo oggi; infatti, fu solo durante la Grande Guerra che le truppe americane utilizzarono la dicitura 0 killed, (zero deceduti), per contrassegnare quelle rare missioni in cui non si registravano vittime.
Proprio per l’eccezionalità della circostanza, la scritta OK assunse il significato di tutto bene.
In occasione della prima guerra mondiale, per cui Kokoschka si arruola volontario in cavalleria, l’artista viene gravemente ferito alla testa e congedato nel 1916.
Dopo un momento in Svizzera, inizia un periodo di viaggi, che conducono il pittore a visitare quasi tutta l’Europa, il nord Africa e il Medioriente.
In questi anni, nell’arte di Kokoschka prevalgono i paesaggi e le città.
Oskar Kokoschka – Immagine di Proprietà del web
Oskar Kokoschka – Immagine di Proprietà del web
Oskar Kokoschka – Immagine di Proprietà del web
Non sono più Dresda e Berlino oggetti della sua attenzione, ma le tante città del suo nomadismo, obbligato da risvolti politici e dalla crisi economica.
Kokoschka, immortala diverse città: Madrid, Londra, Amsterdam, Amburgo, Lione, Praga, Istanbul, Gerusalemme, con cromie e tratti accomunati da ricordi e vissuti catturati dai balconi delle varie abitazioni in cui si rifugia.
Le città vengono dipinte sempre dall’alto, da balconi e campanili, in composizioni ellittiche con più punti di fuga, dove lo spazio è libero di combinarsi con il colore, di cui quelli più vivaci profilano strutture e comignoli, o accendono il cielo, in un insieme in cui l’artista non coglie solo la pianta cittadina, ma anche gli abitanti, con le loro vite e i problemi.
Aperture spaziali attraverso cui l’artista abbraccia la vastità del tessuto umano di quelle città, per ricostruire la realtà secondo uno schema che punta ad esaltare la possibilità di un destino umano ideale.
Kokoschka insegna per qualche tempo all’Accademia di Dresda, prima di ritornare a Vienna.
Dopo l’annessione tedesca dell’Austria, si rifugia a Praga.
Con l’avvento del Nazismo, l’arte di Kokoschka risente dell’impegno politico con cui, attraverso astute figure allegoriche, esprime il proprio dissenso.
Non a caso, pur rifugiatosi a Londra, sarà messo al bando e le sue opere inserite tra quelle considerate Arte Degenerata, perciò ritirate da musei e collezioni.
D’altronde, Kokoschka si interroga sul presente, su quanto accade e non è solito fermarsi all’apparenza, ma indaga e cerca risposte ai suoi dubbi, convinto del fatto che la realtà non esista, se non come risultato di una attenta analisi.
Le sue visioni trasposte nei colori non sono, perciò, accettabili per i Nazisti, poiché smascherano la finzione dell’abominio di un’ideologia perversa e contraria all’essere umano.
E nelle sue visioni, le figure emergono deformi e sgraziate, con mani lunghe, sproporzionate, dalle dita nodose, spesso intrecciate a formare strutture differenti, come in Ritratto di Adolf Loos e in Ritratto di Auguste Forel.
Kokoschka -Immagine di Proprietà del Web
Ritratto di Adolf Loos – Immagine di Proprietà del Web
I volti delle figurazioni di Kokoschka rivelano perplessità, sono pensierosi, come afflitti da ansie e da problemi insormontabili.
Perciò, la deformità diventa il simbolo della tribolazione, delle difficoltà causate dal vivere, nell’esaltazione dei sentimenti e della parte più recondita dell’animo umano, che nell’artista prevale rispetto all’immagine.
L’artista sarà assiduamente attivo fino alla fine degli anni settanta.
Oskar Kokoschka morirà a Montreux, il 22 febbraio 1980, all’età di novantaquattro anni.
LA SPOSA DEL VENTO
La Sposa del Vento – Immagine di Proprietà del Web
La sposa del vento, del 1914, è l’opera considerata il capolavoro di Oskar Kokoschka; conosciuta anche come La tempesta e conservata al Kuntsmuseum di Basilea.
L’opera ritrae lo stesso artista, steso accanto alla sua musa e amante, Alma Mahler, in una chiave in cui prevale una visione espressionista, dove la scena assume i toni del sogno.
I due amanti risultano epicentro di vortici e di linee e di colori accesi, uno accanto all’altra; lei inspira serenità, con gli occhi chiusi, sospesa nell’oblio dopo la passione amorosa, mentre lui è pensieroso e sembra osservare l’orizzonte con preoccupazione.
Infatti, Kokoschka racconta il suo tormento per una relazione per cui egli soffre, dove l’amore è tormentato e non corrisposto, tanto da spingerlo ad arruolarsi per la guerra.
L’opera presenta zone di colore freddo, con toni di blu, indaco e verde, alternate ad altre in cui si respirano tonalità più calde, con accenti di colore giallo, arancio, e rosso.
Lo sfondo scuro si integra con le due figure abbracciate e avvolte da teli dipinti con tonalità più chiare, espediente che li mette in evidenza, in uno spazio privo di consistenza, onirico, astratto, dove l’inquadratura incornicia i corpi distesi lungo la diagonale che sale dal vertice basso a destra.
La peculiarità della deformità è la via che conduce a un futuro nefasto per quella relazione, che l’artista, evidentemente, vedeva già scritto.
Altre opere importanti di Oskar Kokoschka sono: UOVO ROSSO, in cui prevale l’aspetto satirico sulla politica, dove l’uovo è metafora del mondo, conteso tra Hitler e Mussolini, il leone con la corona d’Inghilterra e il gatto sovietico; IL CAVALIERE ERRANTE, dove Kokoschka manifesta il suo pensiero critico nei confronti dell’assurdità della guerra; PER CHE COSA COMBATTIAMO?, in cui si esprimono concetti simili, ma con molta più drammaticità.
UOVO ROSSO -Immagine di Proprietà del Web
PER CHE COSA COMBATTIAMO? – Immagine di Proprietà del Web
IL CAVALIERE ERRANTE – Immagine di Proprietà del Web
PER CHE COSA COMBATTIAMO?
L’opera si compone di molti aspetti espressionisti e simbolisti
Al centro, una donna e il suo bambino sono morenti, metafora dei soggetti deboli che sono i primi a subire le conseguenze della guerra, mentre in piedi, sulla parte superiore, un uomo è sospeso per le braccia, come fosse crocefisso, con le lettere P e J dipinte sul petto, in riferimento al messaggio antisemita Perish Judah (Muori Giuda).
Tutt’intorno, si notano una macchina che si nutre di ossa per costruire proiettili; uomini dell’alta finanza, a rappresentare il ruolo decisivo del capitalismo nel creare i presupposti per il conflitto bellico; un vescovo che depone una moneta nel barattolo della Croce Rossa, mentre benedice i soldati.
Soltanto ai margini, e tagliato a metà, si ritrova Gandhi, simbolo di pace e di speranza.
Un’opera in cui l’artista riesce a raccontare la drammaticità di quel momento storico tra i più cupi con la prepotenza di un sagace simbolismo e di un uso drammatico di linee e di colori.
Oskar Kokoschka è stato un artista capace di valutare gli esseri umani che lo circondavano, sopo attente valutazioni del loro vissuto e delle tribolazioni generate dal vivere.
Oskar Kokoschka, artista dell'inconscio e delle tribolazioni, ha attraversato il Novecento, attento a cogliere e a raccontare gli uomini nel suo tempo, più che se stesso, poiché, come era solito dire, "Soltanto i dilettanti dipingono i propri tormenti, che non interessano a nessuno". Oskar Kokoschka, artista dell'inconscio e delle tribolazioni, ha attraversato il Novecento, attento a cogliere e a raccontare gli uomini nel suo tempo, più che se stesso, poiché, come era solito dire, …
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Hirokazu Kore’eda: il pluripremiato regista giapponese
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Hirokazu Kore’eda: il pluripremiato regista giapponese
Hirokazu Kore’eda: il pluripremiato regista giapponese
Hirokazu Kore’eda: il pluripremiato regista giapponese
È nato il 6 giugno 1962 a Tokyo. Dopo la laurea alla Waseda University nel 1987, Hirokazu Kore’eda è entrato nella TV Man Union dove ha diretto diversi programmi di documentari vincitori di vari premi. Nel 2014 ha lanciato la sua casa di produzione BUN-BUKU.
Del 1995 è il suo debutto come regista di lm con Maborosi – tratto dal romanzo di Miyamoto Teru, vincitore del Premio Osella al 52° Festival di Venezia – una storia dalle tinte fosche e inquietanti che vedeva nel cast l’allora emergente attore Asano Tadanobu. Segue un altro racconto dalla cornice fantastica, After Life (1998), ambientato in una sorta di limbo tra cielo e terra. Il lm viene distribuito in oltre 30 nazioni e porta Hirokazu Kore’eda all’attenzione internazionale.
Nel 2001, Distance, imperniato sull’elaborazione del lutto da parte di un gruppo di persone divenute loro malgrado conoscenti, è stato selezionato in competizio- ne al Festival di Cannes. Il protagonista del suo quarto lavoro Nessuno lo sa (2004), il tredicenne Yagira Yūya, ha raccolto grande attenzione come il più giovane attore ad aver ricevuto il premio per la miglior interpretazione nella storia del Festival di Cannes. Il lm è ispirato a un fatto di cronaca (una madre che abbandona improv- visamente i propri gli per scappare con un uomo) che scosse il Giappone negli anni ‘90.
Hirokazu Kore’eda: tutti i suoi film
Nel 2006, Hana, un lm di samurai sul tema della vendetta, è stato il suo primo lm in costume. Nel 2008, Kore-eda ha presentato Still Walking; il lm, in parte autobiogra co, vede la partecipazione della star giapponese Abe Hiroshi, con cui formerà un sodalizio artistico, e verte su una riunione di famiglia nella provincia giapponese. Nel 2009, con Air Doll, presentato a Un Certain Regard al 62° Festival di Cannes, Kore-eda opera la sua prima incursione nel mondo dei manga trattan- do il tema della solitudine e delle fantasie sessuali dei giapponesi. Nel 2011, con I Wish, il regista torna a dirigere, dopo Nessuno lo sa, un gruppo di attori bambini, questa volta con una storia più solare che ruota attorno ai fuochi d’arti cio. Il lm ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura al 59° Festival Internazionale del Cinema di San Sebastián.
Nel 2012, ha debuttato come regista di una serie tv in Going Home che vede ancora una volta nel cast il dato Abe Hiroshi. Father and Son (2013), vincitore del Premio della Giuria al Festival di Cannes, ha ricevuto il Premio del Pubblico ai festival di San Sebastián, Vancouver e San Paolo e ha segnato un nuovo record di incassi, nella lmogra a del regista, in diverse nazioni. La vicenda ruota attorno a due famiglie che vengono a contatto quando si scopre che i rispettivi gli sono sta- ti scambiati per errore alla nascita. Nel 2015 è nuovamente in concorso al Festival di Cannes con Little Sister, nuovamente tratto da un manga, che ha ricevuto vari Japan Academy Award tra cui quello per Miglior Film e Miglior Regia, così come il
Premio del Pubblico al Festival di San Sebastián. Nel 2016, Ritratto di famiglia con tempesta, di nuovo con Abe Hiroshi questa volta nella parte di un detective priva- to, ha esordito nella sezione Un Certain Regard al 69° Festival di Cannes. Nel 2017 il regista collabora per la prima volta col celebre attore Yakusho Kōji nel dramma processuale Il terzo omicidio, presentato in concorso al Festival di Venezia. A Can- nes, Kore-eda è stato insignito della Palma d’oro con il lm Un affare di famiglia, mentre nel 2019 ha aperto il Festival di Venezia con la sua prima co-produzione internazionale, Le verità, girato in Francia e con un cast che vanta Catherine De- neuve, Juliette Binoche ed Ethan Hawke. La storia verte sul rapporto altalenante tra una madre, diva del cinema, e la glia sceneggiatrice.
Hirokazu Kore’eda è stato anche produttore per giovani registi giapponesi. Kakuto, diret- to da Iseya Yūsuke, ha debuttato all’International Film Festival Rotterdam nel 2003. Wild Berries, dello stesso anno, è stato scritto e diretto da Nishikawa Miwa, il cui se- condo lungometraggio, Sway, è stato mostrato alla Semaine de la critique di Can- nes nel 2006. Il documentario Ending Note: Death Of Japanese Salesman (2011), rmato da Sunada Mami, ha raccolto consensi di pubblico a livello internazionale. Kore-eda Hirokazu è stato recentemente insignito del premio Cineasta Asiatico dell’Anno al Busan International Film Festival del 2019.
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Hirokazu Kore’eda: il pluripremiato regista giapponese
È nato il 6 giugno 1962 a Tokyo. Dopo la laurea alla Waseda University nel 1987, Hirokazu Kore’eda è entrato nella TV Man Union dove ha diretto diversi programmi di documentari vincitori di vari premi. Nel 2014 ha lanciato la sua casa di produzione BUN-BUKU. Del 1995 è il suo debutto come regista di lm […]
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Redazione
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Un romanzo profetico (il nazismo è lì, in trasparenza) che delinea con crudo e grottesco sarcasmo il ritratto del perfetto suddito tedesco. Il protagonista, Diederich Essling, viene seguito a partire dall'infanzia segnata dalle prussiane frustate del padre fino al trionfo politico e sociale. Tutte le tappe della sua "maturazione" sono delineate e scandite con ritmica ferocia: la vita dissipata e gaglioffa delle associazioni studentesche con annessi duelli, tragiche bevute, vergognosi amorazzi, quella militare (che in sostanza ne è il doppione), l'assunzione di responsabilità nell'azienda paterna (condita di tante piccole e meno piccole malversazioni) e in famiglia (dove si atteggia a capofamiglia retto e irreprensibile)... Un capitolo a parte sono le sue vicende sentimentali, sempre dettate oltre che da una sordida sensualità, da una smania di "crescita" sociale. E poi, sopra tutto: la politica, nella quale si butta con goffaggine stolida ma vincente... Fantastica la conclusione quando, ottenuto il ruolo di conferenziere ufficiale nell'inaugurazione del monumento a Guglielmo II da lui fortemente voluto, la cerimonia viene rovinata da una tremenda tempesta. Tempesta che prefigura la devastante incipiente guerra. Perché, giova ricordarlo, il libro è stato scritto nel 1914 (ma pubblicato solo nel 1918, dopo molte esitazioni.... #libridisecondamano #ravenna #bookstagram #booklovers #bookstore #instabook #igersravenna #instaravenna #ig_books #libriusati #heinrichmann (presso Libreria Scattisparsi)
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Luce e colore. Venezia e l'Italia settentrionale del primo Cinquecento
Luce e coloreVenezia e l'Italia settentrionale del primo Cinquecento Venezia, che infiniti traffici legavano all'Oriente, era stata più lenta degli altri centri italiani ad accettare lo stile rinascimentale e l'applicazione brunelleschiana delle forme classiche dell'architettura. Ma una volta accettato lo stile, vi infuse una gaiezza nuova, uno splendore e un calore che evocano, la grandiosità delle grandi città mercantili del periodo ellenistico, Alessandria e Antiochia.
Jacopo Sansovino. "Libreria" di San Marco a Venezia. 1536
La "Libreria" di San Marco. Architetto fu un fiorentino, Jacopo Tatti, detto il Sansovino (1486-1570), il quale però aveva adattato stili e modelli allo spirito del luogo, alla smagliante luce di Venezia che, rifless dalla laguna, abbaglia con il suo splendore. Il piano inferiore, con la vigorosa fila delle colonne doriche, obbedisce alla maniera più tradizionale: il Sansovino ha seguito fedelmente le regole architettoniche del Colosseo. Seguì la stessa tradizione adattando al piano superiore l'ordine ionico, che regge il cosiddetto "attico" coronato da una balaustra e sormontato da una fila di statue. Sui pilastri le aperture ad arco, come nel Colosseo, il Sansovino le appoggiò su un gruppo di colonne ioniche più piccole, raggiungendo così un ricco effetto di ordini intrecciati. Grazie alle balustre, alle ghirlande e alle sculture, riuscì poi a conferire all'edifcio qualcosa dell'ornato che era stato in uso nelle facciate gotiche di Venezia. E' una costruzione caratteristica del gusto dell'arte veneta del Cinquecento. L'atmosfera laggunare, sfumare i contorni troppo netti delle cose e fondere il calore in una luminosità diffusa, può avere insegnato ai pittori di quella città a usare il calore con maggio consapevolezza e attenzione di quanto non avessero mai fatto fino ad allora gli altri pittori italiani. Forse furono anche i rapporti con Costantinopoli e i suoi manoscritti a incrementare tale tendenza. I pittori medievali non si curavano del "vero" colore delle cose più di quanto si occupassero della loro vera forma. Nelle miniature, negli smalti ��e nelle pale amavano stndere i colori più puri e preziosi di cui disponevano: l'oro splendente e il puro azzurro oltremare erano la combinazione preferita. I grandi riformatori fiorentini si interessavano più al disegno che al colore. Questo non significa che i loro quadri non avessero una tonalità squisita, pochi consideravanno il colore come uno dei mezzi principali per ottenere la fusione delle varie figure e forme di una pittura in uno schema unico, I pittori veneziani non consideravano i colori un ornamento accessorio della pittura già disegnata su tela.
Giovanni Bellini. Madonna con i santi. 1505
Entrando nella chiesa di San Zaccaria a Venezia e osservando il quadro, posto sull'altare dipinto nel 1505 dal grande pittore veneziano Giovanni Bellini (1431-1516), ci accorgiamo subito che il suo atteggiamento verso il colore era ben diverso. Sono la pastostià e la ricchezza delle tinte a colpire, ancora prima che si cominci a considerarsi il soggetto rappresentato. La Vergine troneggia, con il Bambino che solleva la manina a benedire i devoti davanti all'altare. Un angelo ai piedi dell'altare suona dolcemente la viola, mentre i santi in atteggiamento tranquillo si raccolgono ai lati del trono: san Pietro con la chiave e il libro, santa Caterina con la palma del martirio e la ruota spezzata, santa Lucia e san Gerolamo, il dotto che tradusse la Bibbia in latino, e che Bellini quindi rappresenta immerso nella lettura. Bellini seppe infondere vita in una disposizione semplice e simmetrica senza sovvertirne l'ordine, come pur seppe trasformare le figure tradizionali della Vergine e dei santi in esseri vivi e reali senza privarli della loro dignità e del loro carattere sacro. Non sacrificò nemmeno la varietà e l'individualità della vita reale, come, aveva fatto il Perugino. Santa Caterina dal sorriso sognante, e san Girolamo, il vecchio dotto assorto nel suo libro, sono a loro modo abbastanza vivi, per quanto anch'essi, non meno delle figure del Perugino, sembrino appartenere a un altro mondo più sereno e più bello. Giovanni Bellini apparteneva alla stessa generazione del Verrocchio, del Ghirlandaio e del Perugino. Egli era padrone di una bottega assai operosa, dalla cui cerchia uscirono, Giorgione e Tiziano. I pittori veneziani seguivano Giovanni Belliniche aveva impiegato con tanto successo i colori e la luceper conferire unità alle sue pitture. Fu in questa sfera che Giorgio da Castelfranco, detto Giorgione (1478-1510), raggiunse i risultati più rivoluzionari.
Giorgione. La Tempesta. 1508
Non siamo del tutto certi di ciò che rappresenta il più completo di essi, La Tempesta: forse una scena tratta da quache autore classico o imitatore dei clasici, dato che gli artisti veneziani del tempo avevano riscoperto il fascino dei poeti greci e dei loro temi. Amavano illustrare storie idilliche di amore pastorale e ritrarre la bellezza di Venere e delle ninfe. Può essere la storia della madre di qualche futuro eroe cacciata con il suo bimbo dalla città nelle selve, dove viene scoperta da un giovane e gentile pastore. Questo sembra il tema che Giorgione ha voluto rappresentare. Per quanto le figure non siano disposte con eccessiva cura e la composzione sia piuttosto semplice, il dipinnto raggiunge una sua unità grazie alla luce e all'atmosfera che lo permeano: è luce misteriosa di tempesta, e, per la prima volta, pare che il paesaggio in cui gli attori si muovono non sia un semplice sfondo, ma abbia una sua autonomia e sia il vero tema del quadro. Giorgione non ha dipinto cose e persone per poi disporle nello spazio, la natura gli era presente fin dal primo istante: terra, alberi, luce, aria e nubi ed esseri umani con città e ponti sono concepiti come un tutto unico. Giorgione morì troppo giovane per poter raccogliere tutti i futti dellaa sua grande scoperta. Lo fece al suo posto il più famoso di tutti i pittori veneti, Tiziano Vecellio (1485-1576). Nacque in Cadore, raggiunse una fama che eguagliò quasi quella di Michelangelo. Perfino il grande imperatore Carlo V glli aveva fatto l'onore di chinarsi a raccogliere un pennello che egli aveva lasciato cadere. La personificazione del potere terreno che si inchina davanti alla maestà del genio. Era innanzi tutto un pittore, ma un pittore la cui sapienza nei colori eguaglia la maestria di Michelangelo nel disegno.
Tiziano. Madonna con i santi e membri della famiglia Pesaro. 1519-1526
La sua estrema perizia gli permise di trascurare le venerate regole della composizione e di affidarsi al colore per ripristinare un'armonia da lui apparentemente infranta. Basta guardare il quadro "Madonna con i santi e membri della famiglia Pesaro" (1519-1526) per comprendere che impressione la sua arte deve avere fatto ai contemporanei. Era un ardimento inaudito spostare la Vergine al centro del quadro e fare dei due santi intercessori - san Francesco, riconoscibile dalle stimmate, e san Pietro, che ha deposto la chiave sui gradini del trono - due personaggi attivi dellla scena anziché due simmetriche figure di contorno come aveva fatto Giovanni Bellini. La pittura fu eseguita in ringraziamento per una vittoria sui turchi a opera del patrizio veneto Jacopo Pesaro, e Tiziano lo ritrae inginocchiato dinanzi alla Vergine mentre un porta-stendardo in carrozza trascina dietro di lui un prigioniero turco. San Pietro e la Verginelo guardano benevoli, e san Francesco, dal lato opposto, attira l'attenzione del Bambino Gesù sugli altri membri della famiglia Pesaro inginocchiati negli angoli del quadro. Tutta la scena sembra svolgersi in una corte scoperta, fra due gigantesche colonne che si levano verso le nuvole, dove due vivaci angioletti reggono la croce. L'insolita composizione serve solo ad animarlo e a renderlo più vivace senza turbare l'armonia dell'insieme, e questo è dovuto, al modo con cui Tiziano trasse partito dall'aria, dalla luce, dal colore per l'unità della scena.
Tiziano. Il giovane inglese. 1540-1545
La maggior fama di Tiziano presso i suoi contemporanei si basò sui ritratti. Basta guardare una testa come quella comunemente detta del Giovane inglese, è semplice ed esente da qualsiasi traccia di sforzo. Quì non vi è più il modellato minuzioso della Monna Lisa di Leonardo, eppure questo giovane sconosciuto è altrettanto e non meno misteriosamente vivo. Pare fissarci con uno sguardo tanto intenso e spirituale che riesce quasi impossibile credere che questi occhi sognanti non sono altro che un pò di terra colorata, spalmata su un pezzo di tela.
Tiziano. Papa Paolo III con Alessandro e Ottavio Farnese. 1546
Ritratto di papa Paolo III ora a Napoli. Il vecchio pontefice si volge verso un giovane parente, Alessandro Farnese, che sta per rendergli omaggio mentre il fratello Ottavio guarda calmo lo spettatore. Tiziano aveva visto e ammirava il ritratto di papa Leone X coni suoi ccardinali dipinto da Raffaello circa ventotto anni prima, ma voleva anche superarlo quanto a vivezza dei caratteri. l'incontro di questi pesonaggi è così realistico e commovente che non possiamo fare a meno di riflettere su quali dovevano essere i loro pensieri e sentimenti Il quadro rimase incompiuto quando il maestro lasciò Roma chiamato in Germania per fare il ritratto all'imperatore Carlo V. Colui che dalle generazioni successive venne considerato il più "progressista" e ardito pittore di tutto il periodo condusse vita solitaria nella cittadina di Parma. Il suo nome era Antonino Allegri, detto il Correggio (1489-1534). Leonardo e Raffaello erano morti e Tiziano era già salito di fama quando il Correggio dipinse le sue opere più importanti, imparando il particolare trattamento del chiaroscuro. Fu in questo campo che egli elaborò effetti completamente nuovi, destinati a influire grandemente sulle scuole posteriori.
Correggio. Natività. 1530
La figura mostra una delle sue pitture più famose, la Natività. Il pittore ha appena avuto la visione dei cieli spalancati in cui gli angeli cantano i loro "Gloria a Dio nell'alto dei cieli". Nelle oscure rovine della stalla egli vede compiersi il miracolo: il Bambino appena nato che irraggia luce tutt'intorno, illuminando il volto bellissimo della madre felice. Il pastore si arresta e si toglie con mano impacciata il berretto dal capo, pronto a inginocchiarsi e ad adorare. Vi sono due servette, l'una abbagliata dalla luce che emana dalla mangiatoia, l'altra che guarda beata il pastore. San Giuseppe, nell'oscurità fitta dello sfondo, rigoverna l'asino. La composizione pare semplice, casuale; la scena affollata di sinistra non sembra bilanciata da un gruppo corrispondente a destra, ma solo dall'accentuaazione luminosa sul gruppo della Vergine e del Bambino. Il Correggio sfruttò, la scopertà della possibilità di equilibrare le forme mediante il calore e la luce, e di far convergere il nostro sguardo nei punti voluti. Siamo noi che accorriamo con il patore verso la scenaa, siamo noi a vedere ciò che egli vede: il miracolo della luce che rischiarò le tenebre, di cui parla il Vangelo di san Giovanni.
Correggio. Assunzione
Egli si forzò di dare ai fedeli, raccolti nella navata sottostante, l'illusione che la volta si fosse spalancata nella visione della gloria dei cieli. La padronanza ddegli effetti di luce diede modo al Correggio di riempire la volta di nubi illuminate dal sole fra le quali paiono librarsi stuoli celesti, con le gambe penzoloni. Quando si è nella scura, tenebrosa cattedrale medievale di Parma e si guarda verso la cupola, indubbiamente l'impressione è grandiosa.
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