#Recensione Sei
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Sei nell'anima, il film Netflix su Gianna Nannini: più fiction che rock
Sei nell'anima, film che racconta la storia di Gianna Nannini dagli esordi fino al successo nel 1983. Più fiction che cinema, ma con un'ottima protagonista: la rivelazione Letizia Toni. Su Netflix.
"Non comprometterti mai, sei tutto ciò che hai" scrive con il rossetto sullo specchio la giovane promessa della musica italiana Gianna Nannini. Tratto dalla sua autobiografia Cazzi miei, pubblicata nel 2016, il film sulla vita della cantante rivela tutto nel cambio di titolo. È vero, i "cazzi suoi" ci sono, ma gli sceneggiatori Cosimo Calamini e Donatella Diamanti, con la regista Cinzia TH Torrini, hanno scelto una linea più morbida, anche rassicurante, nonostante i duri temi trattati. Da quel titolo rock, imprevedibile, come è la cantante di Siena, si è passati quindi a Sei nell'anima, una delle sue canzoni più famose. La prova del nove è arrivata dalla fonte primaria: quando le viene chiesto perché la scelta proprio di quel brano come titolo di un film sulla sua storia, Nannini dice: "Perché questa canzone fa sentire sempre tutti meglio. Rappresenta una perdita e tutti ne abbiamo una". Peccato: un'artista come lei avrebbe meritato un racconto molto più complesso.
Letizia Toni è la giovane Gianna Nannini
Se il libro di partenza è quasi una seduta di psicoterapia, in cui Nannini si racconta a briglia sciolta, rivelando anche parti tragiche del proprio vissuto, come la morte per overdose di un'amica all'inizio del suo arrivo a Milano per tentare fortuna come cantautrice e, soprattutto, la grave crisi nervosa avuta durante la realizzazione dell'album che l'avrebbe portata al successo, Latin Lover, uscito nel 1982, nel film di Cinzia TH Torrini tutto è edulcorato, sbiadito. I fatti salienti del percorso dell'artista vengono accumulati uno dietro l'altro come delle figurine, senza dar loro nessuno spessore. Sembra quasi che gli sceneggiatori abbiano deliberatamente scelto di non costruire la drammaturgia del racconto: tutto sembra accadere all'improvviso e quasi per caso in Sei nell'anima.
Eppure di cose interessanti e forti ne sono accadute nell'esistenza di una delle cantautrici più importanti d'Italia, unica nel suo genere, sempre troppo poco celebrata rispetto alla sua importanza nel panorama musicale del nostro paese. Nannini è stata infatti una ragazza del 1954 che, in un'epoca in cui non si parlava ancora di emancipazione femminile (le donne hanno votato per la prima volta solo otto anni prima della sua nascita!) ha scelto di ribellarsi al padre, a capo di un'azienda dolciaria, che la voleva a lavorare con lui, per seguire il proprio sogno. Da sola è andata a Milano, da sola ha proposto con ostinazione le canzoni scritte, cantate e suonate da lei, quando invece la maggior parte delle artiste erano semplicemente interpreti. Non solo: Nannini è tra i pochissimi ad aver fatto rock in Italia, tra i primi ad aver adottato un look androgino, icona LGBTQ+, compagna per 40 anni di una donna, madre a 50 anni. Di cose da raccontare ce n'erano in abbondanza per costruire una storia entusiasmante e anche un po' selvaggia. Invece siamo di fronte a una fiction Rai fotografata come un teen drama. Con tanto di pioggia digitale a sottolineare i momenti drammatici. Un po' di compromissione, purtroppo, c'è stata.
Letizia Toni è Gianna Nannini
Da piattaforma all'avanguardia e spericolata, che ha realizzato prodotti innovativi quali House of Cards, BoJack Horseman, Sense8 e The O.A., Netflix si sta trasformando sempre di più in una succursale della Rai. La "novità" sta però nel dare a tutto una confezione più internazionale: quella che al momento va per la maggiore è, dicevamo, lo stile da teen drama. Ovvero fotografia cupa, pioggia digitale, scene madri urlate, frasi sussurrate, musica martellante, montaggio frenetico (a proposito di montaggio: il materiale di partenza era di tre ore, poi ridotto a metà. Cosa sia successo in post-produzione non ci è dato sapere, ma è un'informazione che fa sorgere domande). Poco importa che si racconti la vera storia di Gianna Nannini o si porti su schermo il successo letterario del momento: tra Sei nell'anima e Fabbricante di lacrime (recensione qui) non c'è differenza.
Ed è veramente un peccato che anche la rocker d'Italia abbia subito questo appiattimento del gusto ormai sempre più capillare e premiato dall'algoritmo. Proprio lei che è sempre stata la nota fuori dal coro. Per fortuna un elemento da salvare c'è: la protagonista Letizia Toni. L'attrice, toscana anche lei, spicca per carisma e talento: è lei a cantare nella maggior parte delle scene, dopo aver studiato la giusta respirazione proprio con Nannini. Le movenze, gli sguardi sono perfetti: Toni ha studiato bene il personaggio, senza però cadere nell'effetto parodia o "Tale e quale show". Purtroppo però la sua bravura non basta a risollevare un progetto senza anima, nonostante il titolo.
Conclusioni
In conclusione Sei nell'anima, il film di Cinzia TH Torrini non rende giustizia alla storia della rocker Gianna Nannini, la cui vita spericolata e controcorrente avrebbe meritato un racconto molto più complesso, non una fiction Rai travestita da teen drama. Molto brava invece la protagonista Letizia Toni: un talento da tenere d'occhio.
👍🏻
L'interpretazione della protagonista Letizia Toni: un talento da tenere d'occhio.
👎🏻
La scrittura didascalica.
Il montaggio che riduce tutto a una raccolta di figurine.
La recitazione non all'altezza di alcuni personaggi di contorno.
La fotografia.
La pioggia aggiunta in digitale.
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Il mistero dei sei tiramisù - I casi del Commissario Capo Caterina Angeli
di Maria Cristina Buoso - Recensione di Maria Teresa De Donato
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RECENSIONE: Tu sei una Janara di Marco Ghergo
Cari Sognatori, Lily ha letto il dark fantasy scritto da Marco Ghergo e pubblicato dalla Dark Abyss Edizioni !!! Genere: Dark Fantasy Data di pubblicazione: 8 Aprile 2024 EBOOK-KU / CARTACEO Affiliati Amazon Trama Un paese di campagna che pare fuori dal tempo, dove le janare praticavano i loro riti: è lì che inquietanti visioni spingono Elena. D’altronde, la sua vita è un tale incubo: ragazza…
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babyfang - In The Face Of
Da quel calderone incandescente che è la scena di Brooklyn NY, i babyfang sembrano i più promettenti ma anche i più confusi.
Etichetta: LucidHausPaese: USAAnno: 2023 Eccovi qualche link per ascoltarvi l’album suddetto: BANDCAMP: https://webabyfang.bandcamp.com/album/in-the-face-of?from=fanpub_fnb_pr&utm_source=album_release&utm_medium=email&utm_content=fanpub_fnb_pr&utm_campaign=webabyfang+album+in-the-face-of SPOTIFY: https://open.spotify.com/album/2yCoxxEOntKBrNFF6mixhc APPLE MUSIC:…
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Recensione ... Il mistero dei sei tiramisù
Recensione … Il mistero dei sei tiramisù
Ciao, ringrazio Valeria Gatti per la bella recensione che mi ha fatto sul suo blog. Buona lettura e….. siete ancora in tempo per regalarlo 🙂 https://bood.food.blog/2022/12/02/recensione-il-mistero-dei-sei-tiramisu-di-maria-cristina-buoso-collana-citta-in-giallo/
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Una volta su vinted una tizia mi chiese le misure precise di un paio di levis, le mandai le misure, lei mi mi rispose con una foto in mutande e poi "secondo te mi stanno?", dissi grazie per la foto e risposi "si, penso di sì". Mi comprò i jeans a prezzo pieno, mi lasciò 5 stelle e non mi fece sapere se effettivamente le andassero bene.
Recentemente invece ho trattato per una polo diadora (mi sa), la tizia mi rifiuta l'offerta, le scrivo "dai ho deciso a 32 anni di mettermi le polo, vienimi incontro", mi mandò una risata e mi fece la mia stessa offerta. Aperto il pacco ho trovato una bustina di orsetti gommosi e un biglietto con scritto "grazie, sei stato simpatico". Lascio la recensione, lei mi contatta e mi chiede una foto in polo. Mando la foto con un po' di viso che non si sa mai, nessuna risposta.
Vinted è un posto random, un po' come quando racconto quello che mi succede. Eventi randomici che vanno per strade diverse. A volte penso alla teoria di Past Lives in cui nelle vite passate ci siamo trovati e forse amati, e a questo susseguirsi di vite in cui ci si trova continuamente. È un bel concetto, un po' estraneo alla nostra cultura ma a modo suo magico. Poi ripenso a un concetto mio che ho visto e sentito molte volte, cioè quella sensazione, quando c'è molta chimica, che se fosse stato un tempo e un momento diverso, ma all'interno di questa stessa vita, avremmo avuto una relazione (l'amore può nascere comunque). Non saprei come definirlo, non sono delle sliding doors, non è una nostalgia per qualcosa che non hai vissuto, non è neanche immaginare una vita che non hai e non avrai, è proprio un sentire questa cosa e andare avanti lo stesso perché questa comunque è una vita, e se non stiamo insieme è perché è andata così. Una volta ho provato a spiegarlo e mi hanno risposto che sono cinico, boh, io mi sentivo superficiale. Intorno a me molti pensano a come sarebbe andata, a come andrebbe, a un sacco di scenari diversi, a impersonare sé stessi in altre situazioni e io ripenso alla scena in cui Zalone dice "ma mang sta mozzarell" (sole a catinelle probabilmente), che è un po' un mantra di vita.
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A portrait Of Jianghu: Reincarnated Disciple
Erano anni che non trovavo una serie così approssimativa. gioia e tripudio
Dopo il primo Lost Tomb infatti, ero rimasta orfana di quelle serie no-sense dove non capisci un cazzo per interi episodi, che non sai se sei scema tu o sono gli sceneggiatori che ti stanno palesemente perculando. Sai no... quelle serie recitate male e girate peggio.
E A Portrait viene in mio soccorso con un primo episodio da leccarsi i baffi.
Ad avermi attirata come una mosca sul miele è stato l'irrisorio voto di 7.2 su Mydramalist, chiaro campanello di allarme che questo drama un capolavoro non sarebbe mai stato. Ma quando poi ho visto che aveva una sola recensione che per di più sottolineava la poca chiarezza... apriti cielo!
Felice come un furetto sotto steroidi per aver trovato forse l'erede del primo Lost Tomb, ho contattato @lisia81 per ravvisarla della lieta notizia e alla sua domanda se volevo parlargli della serie o regalargliela per Natale - il classico pacco Natalizio - ho pensato che sarebbe bastata la prima puntata di questo drama per rendergli l'idea del drama.
A Portrait inizia già male poiché ci ritroviamo con il protagonista di questa serie - di cui non ricordo assolutamente il nome e che per comodità chiamerò Action Man - che parla - in un tristissimo screenserver Windows - con quella che presumo sia una sacerdotessa?...?! Voldemort?! La signora del tempo?!... che ci racconta di come ci siano due universi dove esistono le stesse persone che vivono lo stesso destino. L'universo Specchio per intenderci. E che il sogno che Action Man ha fatto - quale sogno? dove? - mostra ciò che sperimenterà nell'altro universo.
Io mi sono già persa.
Chiaramente siamo arrivati a metà del discorso e ci manca già il contesto.
Ma non si fa in tempo a ragionare su quanto detto che l'argomento cambia e Action Man ci dice il vero motivo di questa chiacchierata: la sua amata sta morendo e lui vuole sapere se esiste un modo per salvarla. Domanda legittima e strappalacrime. Peccato che venga posta con uno degli sguardi meno drammatici di sempre. E già, dopo 2 minuti di puntata, sento i latrati dei cani.
La scena cambia e mostra Action Man davanti ad un fintissimo albero in fiore mentre, piantato come un palo, pondera sull'amore e tutte cose, continuando a non trasmettere nessuna emozione. è un robot? sto drama è fantascentifico?
La sua amata sta morendo. Perché non manifesta una qualsivoglia emozione ma rimane a fissare l'orizzonte con lo sguardo vacuo?
Arriva anche il soggetto di tale elucubrazioni mentali: Barbie Comunione. Vestita con tutti i centrini rubati alla nonna, l'amata di Action Man rincuora con parole poetiche il giovane amante per la sua futura dipartita sottolineando come anche se lascerà presto questa mondo - che per adesso consta di un promontorio e un albero finto -lei rimarrà sempre assieme a lui. che sa tanto di minaccia ma lascio correre
Lasciamo Action Man con lo sguardo perso nel vuoto a fissare l'orizzonte e spostiamoci nell'altro universo, l' Universo Yi.
Qui siamo ad un funerale. E considerando che la puntata finisce con una marea di morti, potrei dire che siamo a cavallo.
Il morto è il Capo della famiglia Wuzong ed il Primogenito ci tiene a raccontare a tutti le dinamiche della triste dipartita: poiché la famiglia aveva ricevuto una richiesta di nozze tra il Secondogenito e la Signorina di un'altra famiglia rivale, Il Capo era andato a trovare questi nemici per finalizzare le nozze e far regnare la pace tra loro.
Ma ahimè, 3 giorni dopo, il Capo è morto. Chiaramente ad opera della famiglia rivale, i Kong.
Urge quindi vendetta.
A tentare di ristabilire l'ordine e la pace, si presenta proprio il capo della famiglia Kong a porgere omaggi al cadavere ed a sostenere la sua innocenza.
E' stato proprio lui a sponsorizzare l'unione tra le famiglie! Perché dovrebbe ucciderlo?
La scena si sposta poi sulla copia di Barbie Comunione che in questo universo interpreta la sorella del Capo dei Kong, immortalata bella come il sole mentre coglie pacificamente fiori.
La sua pace viene però interrotta da una macchina che a settemila km orari gioca a bowling nell'atrio di casa sua, usando gli uomini come birilli.
Tra l'altro uomini vestiti tutti uguali. Sono minions?!
A scendere dalla macchina, impugnando una delle armi più brutte che io abbia mai visto - ma cosa è?! ma un armaiolo che ti facesse un arma un po' più guardabile, no?! - la copia di Action Man di questo universo, il Secondogenito della famiglia Wuzong. Sì, quello che lei doveva sposare.
Furioso per la morte del padre - non si vede dalla recitazione canina ma dalle parole che pronuncia si evincono i suoi sentimenti e quindi io mi fido - è giunto fin qui per ottenere la sua vendetta. e per girare il sequel di Romeo e Giuletta.
Parte dunque un mega rissone tra lui e 30 omini tutti uguali. Combattimento che ovviamente Action Man 2.0 vince su tutti i fronti contro chiunque.
Poiché la recitazione è quel che è, giustamente gli sceneggiatori hanno puntato tutto sulle abilità atletiche di Action Man.
Action Man 2.0 è veloce, letale, potente. Con un calcio fa letteralmente volare in aria le persone.
Ma la mia parte preferita di questa rissa da 20 minuti, è quando salta e rimane elegantemente in equilibrio su un piede nella fontana. E' stato così bravo che il drama ne approfitta per fare anche un fermo immagine della scena ad immortalare l'evento.
Il bordello causato da Action Man 2.0 attira Barbie Comunione 2.0 che sconvolta dal macello conta già quanti soldi dovrà spendere per le bare dei suoi uomini.
Tra l'altro questa è l'unica scena dove l'attrice mostra un minimo di recitazione. Teniamola di conto. O forse sta solo pensando che mo' che so' tutti morti, lei è la prossima.
In un ping pong di scene, l'attenzione torna al funerale dove il Capo di Casa Kong porge omaggi al morto ribadendo la sua estranietà ai fatti e anzi e ci racconta pure che il giorno che Il Capo Wuzong andò a casa Kong, non solo non bevve e mangiò nulla ma anzi Capo Kong subì pure un furto.
Venne infatti rubato il Tesoro della famiglia. Cosa sia questo tesoro, chi l'ha rubato e perché non ci è dato saperlo.
Tra l'altro...il combattimento contro gli omini è durato la bellezza di 20 minuti.
Questo furto... boh, 15 secondi ne avranno parlato?! Non si è visto il tesoro. Non si è visto qualcuno che lo rubava. Non si è vista manco la stanza del tesoro.
Tutto quello che abbiamo è Capo Kong che riceve la notizia del furto. Mado' se puzza di escamotage di trama.
Per motivi di montaggio che non mi sono ancora chiari, la scena si sposta di nuovo ai Romeo e Giulietta made in china dove il nostro eroe - con lo sguardo più vuoto di sempre - tenta di ammazzare la sua ex promessa sposa a colpi di machete.
Action Man 2.0 è sì un grande atleta ma ahimè non sa contare: infatti questa scena è chiaramente girata per farci notare come sia arrivato in casa Kong sostenendo la tesi di " una vita per una vita" che presuppone UN morto e invece stia macellando gli uomini raggiungendo velocemente quota 30 morti. 31 con la ex fidanzata. E a breve 32.
Troppe emozioni.
E la serie lo sa.
Perciò decide di riportare la calma inserendo la presentazione agghiacciante di un altro personaggio in pieno desabillè: Moby Dick. Con tutte le persone che ci sono in questa serie hanno ignudato l'ingnudabile. Almeno in Lost tomb spogliavano Yang Yang.
Dalle sue parole capiamo che lui è un altro capo di un' altra famiglia e che c'è lui dietro la faida tra i Wuzong e i Kong.
Dopo esserci lavati gli occhi con l'acido muriatico, torniamo nel vivo dell'azione con Action Man 2.0 che fa letteralmente VOLARE per aria la sua ex fidanzata e si accinge a darle sto benedetto colpo finale e chiudere per sempre questa vicenda.
Purtroppo - o per fortuna non saprei - il Capo Kong torna a casa giusto in tempo per salvarla, iniziando un altro - l'ennesimo - combattimento con Action Man 2.0 e rollando in alto come uno spiedino, dimostra la sua superiorità atletica... mazzolando il giovane Wuzong come un sacco da boxe.
Action Man 2.0 è bravo. Ma Capo Kong è PIù BRAVO.
Siccome la vendetta non sta andando esattamente secondo i piani, Action Man 2.0 tira fuori la pistola e lo ammazza.
Fine.
Ho riso. Molto.
Tralasciando il fatto che... se avevi la pistola perché cazzo non l'hai usata prima?! e poi...io ero convinta che tutta sta vendetta fosse una cosa d'onore. "una vita per una vita" ecc ecc. Ma così. Dal nulla. Dopo tutto sto bordello!
Non facciamo in tempo a rimanere perplessi da cotanta freddezza che anche Action Man 2.0 viene sparato.
Barbie Comunione 2.0 con un espressione da cartonato, vendica la morte del fratello, sparacchiando al lead e dicendoci che lei la Giulietta della situazione non la farà.
Probabilmente si è rotta il cazzo pure lei.
La situazione è brutta ma può ancora peggiorare. L'arrivo di Moby Dick, oltre a farci venire a tutti conati di vomito, rivela a noi spettatori che tutto questo bordello è sì nato da lui ma che il suo scopo primario è sempre stato sposare Barbie Comunione 2.0. Bro, al mercato ne trovi mille di cartonati più espressivi di lei.
Offre quindi i suoi servigi alla Nostra Signora dei Centrini che ormai è in modalità serial killer: non gli basta avergli sparato all'ex promesso sposo.
C'è una bara con sopra il suo nome che lo attende.
Action Man 2.0 che era arrivato a casa Kong tutto spavaldo come un Dio vendicatore... si ritira miseramente come i topi tentando la fuga.
E non posso fare a meno di notare la sua incredibile resistenza: ha combattuto e ucciso 30 persone in venti minuti. Le ha prese malamente dal Capo Kong. e da altri uomini. Ha un proiettile conficcato in corpo. E nonostante questo... scappa, ricombatte contro altra gente, guida con agilità...
... e evita le asce.
Perché sì, gli uomini di Moby Dick cercano di accopparlo lasciandogli malamente delle asce. Questo drama ha delle armi veramente strane. Ma una pistola, no?!
La sua fuga però finisce quando Action Man 2.0 si ritrova davanti ad un burrone e non può più scappare. I classici burroni dove finiscono tutte le strade dei drama quando stai a fa' un inseguimento.
Catturato dai nemici, Moby Dick e Barbie Comunione 2.0, progettano la sua morte, tirando fuori dal NULLA... UNA CAZZO DI ANCORA.
Da uno sfondo bianco tipo nebbia in Val Padana, gli uomini dei due, cicciano fuori un catena da chissà quante tonnellate e un' ancora per transatlantici. ripeto...ma una pistola?! ma una coltellata e gettarlo in acqua e pace?! da dove cazzo l'avete presa l'ancora e la catena? la tenete in macchina per ogni evenienza?!
Action Man 2.0, con un' espressione quasi annoiata, si ritrova legato come un salame e gettato giù nelle fredde acque del mare/oceano/lago/fiume/ ruscello?!
Con la presumibile morte di Action Man 2.0 si ritorna nell'Universo Yuan e qui rimpiangi le ancore per transatlantici dell'altro Universo: almeno lì le cose avevano un senso.
Voldemort/Signora del Tempo/sacerdotessa ribadisce l'esistenza dei due universi paralleli aggiungendo che in entrambi Barbie Comunione rischia di morire. Non so in questo universo ma nell'altro la donzella ha pienamente dimostrato di sapersela cavare benissimo da sola. Action Man 2.0 ha un proiettile con il suo nome conficcato nel torace.
Ma aggiunge che se il lead riuscirà a distruggere tutte le problematiche della vita di Barbie Comunione 2.0 allora la sua amata sarà salva. La salvezza per osmosi.
Per farlo sarà sufficiente andare nell'Universo Yi superando il confine - chiederanno i documenti? - e cercare la donna con un segno rosso alla caviglia. La stessa donna che Action Man ha sognato ma di cui noi non ne sappiamo assolutamente nulla.
La sacerdotessa ricorda poi al ragazzo che la missione è pericolosa e rischia la vita... ma per amore Action Man è disposto anche a morire. La donna gli rivela però che la morte non è la cosa peggiore che possa accadere ma lo è... e non finisce la frase ma guarda in basso, dove si intravede un orologio. è una metafora per il tempo che passa?
Preso atto della sua missione, Action Man si dirige verso la scogliera e attendendo un momento preciso, chiude gli occhi e si butta di sotto.
Mi piace pensare che si sia buttato nello stesso momento in cui la sua copia dell'universo Yi sia stato mandato da Moby Dick e Barbie Comunione a far compagnia ai pesci.
Si risveglia direttamente sopra la scogliera - non in acqua come sarebbe logico - e aprendo il suo orologio da taschino nota che l'Universo Yi è un'ora indietro.
No seriamente, la lancetta dell'orologio torna indietro di un'ora. Ma non vorrei scomodare lo spazio/tempo e le teorie degli universi paralleli per risolvere questo mistero.
Non so...probabilmente la sua missione è a tempo?
Bene.
Abbiamo la missione.
Abbiamo l'eroe.
Abbiamo la donzella " in difficoltà".
Abbiamo una tizia con un segno rosso alla caviglia da cercare.
Si può partire.
La prima puntata si chiude con Action Man in posa radicamento albero che si staglia all'orizzonte, pronto ad entrare in azione e salvare la sua amata da qualsiasi pericolo solo la sfiori.
@lisia81 è o non è un mezzo capolavoro?!
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Sei così importante che sui siti pirata si trova già il tuo libro in ebook senza protezioni. (Io comunque l'ho comprato da Amazon).
Mi onora sapere di essere finalmente piratato. Un sogno che si avvera. Come se Mixed By Erry facesse le cassette pezzotte con la mia musica. Un onore. Grazie per averlo preso da Amazon! Magari lascia una recensione allora, qualcosa tipo "era meglio se lo scaricavo da qualche sito pirata".
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Diabolik - Chi Sei?: il Re del Terrore saluta il cinema, senza infamia e senza lode
È a malincuore che mi ritrovo a scrivere di Diabolik - Chi Sei?, il film che va a chiudere la trilogia dei Manetti Bros. Lo faccio con dispiacere perché si tratta di una saga che ha faticato molto a livello produttivo e il risultato ne ha risentito, tanto che siamo quasi più contenti di averlo salutato che tristi per dovergli dire addio, almeno sul grande schermo.
Diabolik - Chi sei?: Giacomo Gianniotti in una scena
Ciò che era nata infatti inizialmente come una serie tv per Sky - che a livello di qualità produttiva ha riscritto la serialità italiana degli ultimi anni - poi è diventata una trilogia per il cinema a cura dei Manetti Bros. Ma poi Ci si sono messe di mezzo anche la pandemia e un cambio di cast dovuto agli impegni di Luca Marinelli nei panni del personaggio titolare, che non voleva firmare per una trilogia, passando la mano a Giacomo Gianniotti, et voilà: l'insuccesso è, purtroppo, servito.
La parola alle donne
Diabolik - Chi sei?: Giacomo Gianniotti in una foto
Dopo la presentazione dei personaggi nel primo film e l'attacco da parte del Ginko di Valerio Mastandrea nel secondo, questo terzo capitolo conclusivo si concentra da un lato sull'origin story di Diabolik e dall'altro su un nemico comune esterno che potrebbe far collaborare proprio il Re del Terrore e l'Ispettore sua nemesi complementare. C'è infatti una nuova e pericolosa banda di rapinatori in città, che non si fa problemi ad uccidere, e Diabolik e Ginko, lo yin e lo yang di questa storia, ne finiscono vittime.
Diabolik - Chi sei?: Miriam Leone con Monica Bellucci in una scena
Spetterà allora alle donne della loro vita il compito di salvarli, rispettivamente la Eva Kant di Miriam Leone - sempre perfetta nel ruolo - e la Altea di Monica Bellucci - new entry del secondo film. Sono loro che muovono l'azione di questo canto del cigno cinematografico per il Re del Terrore, con sentimento, arguzia e maestria, mentre gli uomini sembrano perdersi in un bicchier d'acqua - non solo il poliziotto e il ladro, ma anche i membri della squinternata banda.
Spiegoni
Diabolik - Chi sei?: Valerio Mastandrea in un'immagine
Il nuovo ed interessante punto di vista femminile - di cui in realtà erano già state gettate le basi nei capitoli precedenti ma che in Diabolik - Chi sei? viene approfondito ed acuito - purtroppo non impedisce alla pellicola di ricadere negli errori dei precedenti. Anche se bisogna lodare la coerenza dei Manetti Bros. mantenuta fino alla fine dello stile scelto, più fedele alla controparte cartacea e quindi più compassato. Ci troviamo quindi di fronte ad una serie di spiegoni che sembrano più indirizzati ad un target di spettatori da Rai Fiction, che hanno bisogno, anche quando si gioca con flashback e storyline ad incastro, che tutto sia il più chiaro possibile, a costo di essere allungato o esplicato più volte. Quello che doveva essere il grande saluto di Diabolik al cinema viene spogliato delle sue caratteristiche più avvincenti: dal ritmo che caratterizza una prima parte più dinamica si passa ad una seconda in cui si getta l'ancora e ci si dimentica di riaccendere il motore.
Cura formale
Diabolik - Chi sei?: Giacomo Gianniotti con Carolina Crescentini in una foto
Non manca il ritorno, rispetto al secondo capitolo, alla cura formale che ha caratterizzato il Diabolik dei Manetti Bros., dalle scenografie e costumi che in questo caso dovevano ricreare gli anni '70, anche a livello di musiche sempre a cura di Pivio e Aldo De Scalzi, ma il risultato è davvero sottotono per un'uscita di scena che sarebbe potuta essere in grande stile per Giacomo Gianniotti, che continua ad avere gli occhi giusti, e per il suo Diabolik.
Diabolik - Chi sei?: Miriam Leone e Giacomo Gianniotti in una scena
Il fascino di Miriam Leone e il suo incarnare perfettamente Eva Kant, gli split screen, le trovate di regia dei Manetti che però mancano di veri e propri guizzi, nonostante qualche omaggio qua e là al genere, non possono salvare un epilogo che risulta stanco proprio come tutta la trilogia. Non basta il ritorno alle origini proprio sul finale - con un Lorenzo Zurzolo che si ritrova sulle spalle la responsabilità di essere un giovane, ancora inesperto ma già glaciale Diabolik - se ciò a cui ci troviamo di fronte è una sceneggiatura troppo elementare, degli interpreti poco convincenti con una recitazione troppo teatrale e didascalica - come i membri della banda o l'accento surreale dell'Altea di Monica Bellucci. Tutti questi elementi chiudono il cerchio di motivi per i quali questa trilogia, forse, non s'aveva proprio da fare.
In conclusione Diabolik – Chi Sei? ancora dispiaciuta che il risultato di questo capitolo conclusivo, così come di tutta la trilogia cinematografica, non sia stato all’altezza delle aspettative. Si torna alla cura formale del film inaugurale ma il risultato non può renderci soddisfatti. Non sarebbe giusto nei confronti del fascino sempiterno di Diabolik, che sulle pagine di Astorina continua ad appassionare ancora oggi dopo 60 anni. Un film troppo didascalico, troppo lento nella parte centrale-finale, che indugia troppo sugli elementi che avrebbero reso il finale avvincente e appassionante, a favore di una coerenza con i due precedenti, che forse andava fatta virare su altri lidi, a costo di cambiare registro.
Perché ci piace 👍🏻
Il punto di vista femminile di Eva e Altea.
L’inserimento del nemico comune esterno a Diabolik e Ginko.
La cura formale a livello di scenografie, costumi e musiche.
L’origin story di Diabolik…
Cosa non va 👎🏻
…anche se forse arriva un po’ troppo tardi.
Tutta la parte centrale è troppo lenta e inutilmente allungata, facendo perdere mordente al finale.
Gli spiegoni.
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Da: SGUARDI SULL'ARTE LIBRO SECONDO - di Gianpiero Menniti
GLI STRATI DEL TEMPO
«Fino alla nascita dei décollage, nel 1953, io facevo della pittura neo-geometrica. Avevo studiato tutti gli stili e tutti i più grandi maestri, da Kandinskij a Mondrian, da Picasso a Matisse. Poi mi trasferii per due anni negli Stati Uniti, e realizzai una mostra anche lì. Quando tornai in Italia, non volevo più dipingere, perché ero giunto alla conclusione che tutto ormai, in pittura, fosse stato fatto. Una mattina del ’53, mi trovavo nel centro di Roma, e osservavo i muri completamente tappezzati di manifesti pubblicitari lacerati. Ciò mi colpì moltissimo, e pensai: ‘Ecco le nuove immagini che io devo dare al pubblico’. Nessuno aveva mai fatto questo. Così è nato il décollage: è stata una sorta di… illuminazione zen. Allora uscivo di notte dal mio studio e rubavo i manifesti dai muri. Una sera venne a vedere i miei lavori un critico giovane e molto intelligente, un filologo, Emilio Villa. Fu entusiasta, e mi disse: ‘Tu stai inventando una nuova forma d’arte, che va al di là della pittura’. Mi invitò ad allestire una mostra con sei pittori romani sul Tevere. All’inaugurazione c’era un critico americano, il quale sostenne nella sua recensione che l’unico a proporre un nuovo messaggio ero io. Mi definì ‘neo-dadaista’.».
Con queste parole Mimmo Rotella (Catanzaro 1918 – Milano, 8 gennaio 2006) rievocava la nascita del "decollage", intuizione capace d'innovare il linguaggio artistico del secondo Novecento, inserendosi nella scia della Pop Art, dell'Informale, del Nouveau Réalisme, del NeoDada.
Tuttavia, gli schemi non raccontano.
Indicano un percorso, delle assonanze, dei richiami.
Non bastano: gli artisti fanno storia a sé.
La libertà in quegli anni convulsi è massima.
La tecnica diviene essa stessa fenomeno creativo, così prorompente da ribaltare il tradizionale rapporto tra significante e significato, fino a una semiosi inaspettata, controversa.
Eppure dotata di una poetica profonda, ammessa, come nel caso di Rotella, all'antico mistero del tempo e delle sue infinite narrazioni.
Lo "strappo" diventa scoperta.
E quanto rimane è rappresentazione artistica di un divenire che annulla le distanze, saldando passato e presente.
Suggestione del perenne.
Nascosto.
Svelato.
- Mimmo Rotella, "Europa di notte", 1961, Mumok, Vienna
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(Io che parlo di cazzate su Facebook)
– Non mi piace il tuo comportamento su Facebook.
– Cosa intendi?
– Ci sono guerre, tragedie, il pianeta sembra incamminato verso lo sfacelo, e tu ogni tanto scrivi post a proposito di cazzate. Perché?
– Perché sono un essere umano. Le cazzate sono una parte essenziale della mia vita.
– Non è una buona scusa. Mentre tu parli di cazzate, sai cosa succede? La gente muore.
– Lo so.
– Mentre tu fai la recensione di un film trash, ci sono corpi di bambini che vengono mutilati.
– Ne sono amaramente consapevole.
– Qualche giorno fa hai scritto un post sul tuo profilo personale. Te lo ricordi?
– No. Forse l'ho rimosso dall'archivio della mia memoria.
– Te lo ricordo io. Parlava di sacchetti della spesa. Ti lamentavi del fatto che non ricevi ovazioni ogni volta che ne apri uno al primo colpo. Proprio mentre immense tragedie fanno precipitare l'umanità nel baratro, tu hai il coraggio di essere triste per una stronzata del genere.
– A volte sono triste anche per cose più stupide. A volte sono triste senza un motivo umanamente comprensibile. A volte vedo una giacca verde e mi sento triste.
– E quando ti lamenti perché non fanno la seconda stagione di una serie che ti è piaciuta? Vogliamo parlarne?
– Non infierire. Mi piaceva quella serie. Mi rendeva le serate più piacevoli.
– Ti sei lamentato per il caldo. Lo hai fatto per mesi. Ci sono catastrofi che distruggono la vita delle persone e tu cosa fai? Ti lamenti per il caldo. Non provi vergogna?
– Non ho scuse.
– Certo che non ne hai.
– E sai cosa fai ogni tanto? Questa è forse la cosa che mi innervosisce maggiormente. Condividi stupidi meme. E magari ci ridi su. Mentre tu ridi, la gente muore.
– Cosa dovrei fare?
– Semplice. Fai come me. Renditi utile. Informa le persone a proposto dei grandi problemi che mettono in pericolo la sopravvivenza dell'umanità.
– Ne parlo ogni tanto. Nel mio piccolo, sono un attivista libertario.
– Devi parlarne sempre.
– Non posso farlo.
– Perché?
– Perché sono un essere umano. Mi aggrappo alle cazzate per sopravvivere. E poi non voglio mentire. Non voglio dare un'immagine eroica di me stesso. Sono come tante altre persone. Forse peggio. Sono un pantofolaio asociale. Non c'è nulla di più inutile di un pantofolaio asociale. Ho un sacco di passioni stupide e disimpegnate, che servono solo a farmi passare le ore. E servono anche per non farmi pensare all'incessante scorrere del tempo.
– Ecco che ricominci. Ora ti lamenti dello scorrere del tempo. C'è gente che muore prima dei vent'anni e tu stai qui a piagnucolare per il tempo che passa, invece di ringraziare la buona sorte per essere ancora vivo.
– Faccio schifo. Contento? Se fossi una persona che sta per essere uccisa, sai cosa rimpiangerei?
– Sentiamo.
– Le cazzate. Avrei una struggente nostalgia delle cazzate. Si, sono fatto così.
– E ne vai fiero, immagino.
– Per niente.
– Non sperare di ottenere una sorta di redenzione con questa tua ammissione.
– Per fortuna ci sei tu che cambi il mondo con i tuoi post su Facebook.
FINE
[L'Ideota]
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REVIEW TOUR: The Brightest Light of Sunshine- Sei tu la mia luce di Lisina Coney
Cari Sognatori, Siria ha letto il delicato romance New Adult scritto da Lisina Coney per la Queen Edizioni!!! SERIE: The Brightest Light GENERE: New Adult DATA DI PUBBLICAZIONE: 29 marzo 2024 Ebook / Cartaceo Affiliati Amazon A soli ventidue anni, Grace Allen si è posta un obiettivo ambizioso: affrontare il suo passato traumatico e superare ogni timore, decidendo così di prendere in mano le…
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[✎ ITA] Weverse Magazine : Recensione : RM Lo Rende Possibile | 03.07.24⠸
🌟 Weverse Magazine 🗞
RM Lo Rende Possibile
__ Uno sguardo ai diversi MV per Right Place, Wrong Person __
__ di SEO SEONGDEOK | 03. 07. 2024
Twitter | Orig. KOR
RM ha scritto Right Place, Wrong Person prima di iniziare il servizio militare, e poi l'ha rilasciato in corso d'addestramento. Per questo motivo, ovviamente, non è stato possibile vedere sue apparizioni alla TV o a programmi in diretta, men che meno scoprire i suoi pensieri e processi mentali relativi all'album. Invece, nel corso di un mese, è stata pubblicata tutta una serie di video performance e video musicali—sei in totale— L'album tratteggia il tipo di persona che RM è diventato oggi. Vorace amante della musica, RM ha tratto ispirazione da diversi generi e si è fatto aiutare da molteplici collaboratori al fine di portare alla luce la sua più sincera visione del mondo. Affiancato – in particolare – da San Yawn dei Balming Tiger, la super star dei BTS si è affidata ai propri gusti personali – invece che volgersi a nomi noti della musica – per creare la sua squadra dei sogni, composta da artisti coreani ed internazionali. Il risultato è qualcosa di più unico che raro, anche per quella fetta di idol K-pop che già si occupa in prima persona della propria musica. RM muove un ulteriore passo al di fuori delle aspettative, distanziandosi dal seguire una mera diramazione dei lavori e dello stile dei BTS – per addentrarsi, piuttosto, in un territorio musicale lui poco noto. Quest'album non è un progettino personale qualsiasi, ma un lavoro dalla produzione e le risorse tipiche dei rilasci su scala internazionale. RM ha dunque attinto dalla sua identità coreana – e, più generalmente parlando, asiatica - per esprimere il suo status di outsider agli occhi del mondo occidentale. E tutto questo è stato possibile proprio perché è un artista K-pop, è un membro dei BTS e si tratta di lui, RM. Come sicuramente già menzionato, la libertà espressiva e linguistica di RM non è solo o tanto un punto di forza, quanto una sua caratteristica identitaria.
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Chiaramente i diversi MV preparati per accompagnare l'album non possono che riflettere la personalità del progetto stesso. “Come back to me”, rilasciato come singolo prima dell'uscita dell'album, vede la regia di Lee Sung Jin, già autore della serie Netflix Beef (Lo scontro). L'anno scorso, Lee ha preso parte ad una conferenza che si è tenuta in Corea e ha condiviso come in passato, “Scrivevo preoccupandomi di come poter creare qualcosa che potesse piacere al pubblico americano”. Mentre ora, ha detto “Cerco di esprimere la mia identità, nei miei progetti.” Il cast principale apparso nel MV di “Come back to me” sono tuttə attori/trici coreanə o parte della diaspora coreana. Nonostante l'atmosfera vagamente aliena, le riprese in interno—esperta opera della direttrice artistica Seong-Hie Ryu—sembrano rappresentare un qualche spazio residenziale in Corea. Come si è visto in pellicole quali Parasite e Everything Everywhere All at Once—e, più recentemente, nelle famosissime serie TV The Sympathizer (Il Simpatizzante / HBO) e Shōgun (FX), d'ambientazione rispettivamente vietnamita e giapponese—è ormai assolutamente normale ed accettato seguire e concentrarsi su tali storie senza dover metter mano e trasporre il contesto linguistico e culturale d'origine.
In un'era in cui la musica coreana non è più sconosciuta è dunque forse possibile puntare a qualcosa di più che la semplice ambiguità culturale o un'estetica esotica, quando si tratta di video musicali? Sembrerebbe un quesito ed una possibilità condivisi da moltə dato che, mentre in passato il K-pop non si è quasi mai distanziato dall'iconografia tipicamente coreana – fatta, ad esempio, di uniformi scolastiche -, negli anni più recenti la scena si è sviluppata ed espansa fino ad includere elementi di cultura ed abbigliamento tradizionali — come l'hanbok— ed il folklore coreano. L'approccio adottato da RM, però, non spicca tanto per la sua modernità, quanto per la qualità cinematografica. Il non-detto è sufficiente a suggerire un'ulteriore e più profonda proliferazione di possibilità ancora inesplorate, e la struttura circolare esprime al meglio le tematiche narrate in quest'album, ovvero la dicotomia giusto/sbagliato, la contraddizione in termini del voler essere se stesso nonostante i dubbi identitari, ed il contrasto tra il desiderio di esplorare cose nuove e l'attenersi a ciò che già si conosce.
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Il video musicale di “LOST!” è stato diretto dal regista Aube Perrie. Perrie si è aggiudicato i premi Best New Director e Best Hip Hop/Grime/Rap Video (International) agli UK Music Video Awards 2021 per i MV di “Chemical” di MK e “Thot Shit” di Megan Thee Stallion e, successivamente, è diventato ancor più famoso grazie al contributo dato ai brani “Music For a Sushi Restaurant” e “Satellite” di Harry Styles. I video musicali di Perrie sono noti per il modo in cui sanno spingersi oltre i limiti dell'immaginario in scenari e situazioni ben precisi. Vi troviamo un collage di stili – tra cui, anche la clay animation (plastilina animata) – e set che ricordano miniature o studi televisivi d'epoca, il tutto mixato insieme in un labirinto escheriano di ripetizioni e paradossi temporali.
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I video di “Groin”, “Nuts”, “Domodachi” (feat. Little Simz) e “ㅠㅠ (Credit Roll)” sono usciti in un secondo momento e sono tutti opera della regia di Pennacky. Questo regista è noto e celebrato nella scena indie giapponese come pioniere dello stile rètro anni ’80s/’90s ed è celeberrimo per le sue collaborazioni con vari artistə asiaticə, anche al di fuori della scena giapponese, come il collettivo musicale coreano dei Balming Tiger, la band singaporeana dei Sobs ed il gruppo indonesiano dei Gizpel. Ma dire che opera unicamente entro i limiti della scena indie non è del tutto corretto, vista la sua partecipazione a progetti di artistə giapponesi famosissimi come le ATARASHII GAKKO! ed altrə appartenenti alla scena mainstream occidentale, quali i Phoenix. Lo stile tipico di Pennacky pervade i video diretti per RM. È evidente la predilezione per una certa estetica ed iconografia—la pellicola 16 mm, un approccio semplice e diretto ad effetti particolari ed affascinanti, cui attinge senza nascondere l'evidente sprezzatura—e la tendenza ad enfatizzare il gusto propriamente giapponese che caratterizza i suoi video, qualsiasi sia la nazionalità dell'artista o la scala del progetto cui partecipa – ad esempio la presenza costante di figure quali il personaggio del lavoratore salariato giapponese ed effetti speciali più vicini alla cultura e tradizione nipponica.
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Tra tutte le sue collaborazioni con RM, però, il video che accompagna la penultima traccia dell'album, “ㅠㅠ (Credit Roll)”, è forse il più degno di nota. RM siede di fronte ad una telecamera mentre il filmato viene riprodotto su una vecchia TV squadrata e, nelle sue immediate vicinanze, gente di diversa età ed origini siede a terra, attorno ad un tavolo tradizionale - bapsang, condividendo un pasto a base di pietanze che potrebbero essere coreane, sebbene sia difficile a stabilirsi. Questi personaggi chiacchierano animatamente senza mai voltarsi verso la televisione. Un gruppo di individui non coreani riuniti per consumare un pasto coreano – o anche solo asiatico, mentre RM si esibisce in TV—quale migliore rappresentazione del rispetto che RM si merita, di quanto dovrebbe esser fiero di se stesso, e del mistero che ancora cela ciò che gli riserverà il futuro? “ㅠㅠ (Credit Roll)” non è solamente un'umile traccia conclusiva in cui l'artista ci ringrazia preventivamente per aver ascoltato fino ai titoli di coda. Alcuni artisti si considerano e/o sono consapevoli d'essere piattaforme e mezzi espressivi di per sé. Right Place, Wrong Person presanta tematiche quali il sentirsi un estraneo, l'essere una star globale, l'approccio a percorsi ancora inesplorati e le difficoltà di adattamento—o forse l'inadeguatezza in genere. La vasta gamma di collaboratori di cui si è circondato RM per questo progetto non fa che arricchire la trama di questi brani e video fondamentalmente appartenenti alla sfera idol, espandendone i concetti e contenuti contestuali. E, come già detto, tutto questo è possibile solo perché si tratta di K-pop, si tratta dei BTS e si tratta di RM.
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS ⠸
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Recensione ... Il mistro dei sei tiramisù
Recensione … Il mistro dei sei tiramisù
Ciao, Ringrazio Valentina Fontan per aver fatto la recensione al mio nuovo giallo e …. …. da mettere sotto l’albero 🙂
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