#Medaglia d’Oro al Valor Militare
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Virgo Fidelis: I Carabinieri Celebrano la Patrona dell’Arma e Ricordano la Battaglia di Culqualber e la Giornata dell’Orfano. Una giornata di memoria e valori alla Cattedrale di Alessandria
Alessandria, 21 novembre 2024 – Questa mattina, la Cattedrale di Alessandria ha accolto i Carabinieri della provincia per una cerimonia solenne dedicata alla Virgo Fidelis, Patrona dell’Arma, e per commemorare l’83° anniversario della Battaglia di Culqual
Alessandria, 21 novembre 2024 – Questa mattina, la Cattedrale di Alessandria ha accolto i Carabinieri della provincia per una cerimonia solenne dedicata alla Virgo Fidelis, Patrona dell’Arma, e per commemorare l’83° anniversario della Battaglia di Culqualber e la Giornata dell’Orfano. La Cerimonia e i Suoi Protagonisti La celebrazione religiosa è stata officiata dal Vescovo di Alessandria, S.E.…
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“ A Roma le notizie non sono buone. Lussu le racconta del tradimento dei capi dell’esercito e del rifiuto di dare le armi al popolo per difendersi. Lui è stato a porta San Paolo, dove, insieme a Longo, Vassalli, Buozzi, Amendola e Pertini, si è tentato di opporsi ai tedeschi radunando civili arrivati spontaneamente e armati alla buona e un manipolo di soldati rimasti allo sbando dopo la fuga del re, del governo e dei capi militari. Sono state fatte barricate con tram rovesciati, si è combattuto ma alla fine i tedeschi, superiori per forze e numeri, hanno avuto la meglio: sono morti molti civili (si conteranno quattrocento caduti tra i civili, di cui quarantatré donne), tra loro Raffaele Persichetti, un professore di storia dell’arte al liceo Visconti, che sarà medaglia d’oro al valor militare per la resistenza. La battaglia di porta San Paolo è considerata il primo atto della resistenza italiana ed è emblematica del momento, con la viltà del re e di Badoglio, le divisioni all’interno dell’esercito, l’eroismo della popolazione che sceglie di battersi contro il nemico, i capi dell’antifascismo politico che si uniscono per costituire un fronte comune di lotta e resistenza. Sulla mancata difesa di Roma da parte dell’esercito e del governo, Emilio scriverà il suo ultimo libro, poi uscito postumo. “
Silvia Ballestra, La Sibilla. Vita di Joyce Lussu, Laterza (collana I Robinson / Letture), 2022¹; p. 116.
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D’Annunzio e il Tenente degli Arditi Ulisse Igliori (Medaglia d’Oro al Valor Militare) a Fiume.1920
Italian Poet Gabriele D’Annunzio and Assault Troops “Arditi” Lieutenant Ulisse Igliori (Military Gold Medal Recipient) at Fiume,1920.
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Il discorso di Mattarella
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"Se volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”.
È Piero Calamandrei che rivolge queste parole a un gruppo di giovani studenti, a Milano, nel 1955.
Ed è qui allora, a Cuneo, nella terra delle 34 Medaglie d’oro al Valor militare e dei 174 insigniti di Medaglia d’argento, delle 228 Medaglie di bronzo per la Resistenza.
La terra dei dodicimila partigiani, dei duemila caduti in combattimento e delle duemilaseicento vittime delle stragi nazifasciste.
È qui che la Repubblica oggi celebra le sue radici, celebra la Festa della Liberazione.
Su queste montagne, in queste valli, ricche di virtù di patriottismo sin dal Risorgimento.
In questa terra che espresse, con Luigi Einaudi, il primo Presidente dell’Italia rinnovata nella Repubblica.
Rivolgo un saluto a tutti i presenti, ai Vice Presidenti del Senato e della Camera, ai Ministri della Difesa, del Turismo e degli Affari regionali. Al Capo di Stato Maggiore della Difesa. Ai parlamentari presenti.
Saluto, e ringrazio per i loro interventi, il Presidente della Regione, la Sindaca di Cuneo, il Presidente della Provincia. Un saluto ai Sindaci presenti, pregandoli di trasmetterlo a tutti i loro concittadini. Un saluto e un ringraziamento al Presidente dell’Istituto Storico della Resistenza.
Stamane, con le altre autorità costituzionali, ho deposto all’Altare della Patria una corona in memoria di quanti hanno perso la vita per ridare indipendenza, unità nazionale, libertà, dignità, a un Paese dilaniato dalle guerre del fascismo, diviso e occupato dal regime sanguinario del nazismo, per ricostruire sulle macerie materiali e morali della dittatura una nuova comunità.
“La guerra continua” affermò, nella piazza di Cuneo che oggi reca il suo nome, Duccio Galimberti, il 26 luglio del 1943.
Una dichiarazione di senso ben diverso da quella del governo Badoglio.
Continua - proseguiva Galimberti - “fino alla cacciata dell’ultimo tedesco, fino alla scomparsa delle ultime vestigia del regime fascista, fino alla vittoria del popolo italiano che si ribella contro la tirannia mussoliniana…non possiamo accodarci ad una oligarchia che cerca, buttando a mare Mussolini, di salvare se stessa a spese degli italiani”.
Un giudizio netto e rigoroso. Uno discorso straordinario per lucidità e visione del momento. Che fa comprendere appieno valore e significato della Resistenza.
E fu coerente, salendo in montagna.
Assassinato l’anno seguente dai fascisti, è una delle prime Medaglie d’oro della nuova Italia; una medaglia assegnata alla memoria.
Il “motu proprio” del decreto luogotenenziale recita: “Arrestato, fieramente riaffermava la sua fede nella vittoria del popolo italiano contro la nefanda oppressione tedesca e fascista”; ed è datato, con grande significato, “Italia occupata, 2 dicembre 1944”.
Dopo l’8 settembre il tema fu quello della riconquista della Patria e della conferma dei valori della sua gente, dopo le ingannevoli parole d’ordine del fascismo: il mito del capo; un patriottismo contrapposto al patriottismo degli altri in spregio ai valori universali che animavano, invece, il Risorgimento dei moti europei dell’800; il mito della violenza e della guerra; il mito dell’Italia dominatrice e delle avventure imperiali nel Corno d’Africa e nei Balcani. Combattere non per difendere la propria gente ma per aggredire. Non per la causa della libertà ma per togliere libertà ad altri.
La Resistenza fu anzitutto rivolta morale di patrioti contro il fascismo per affermare il riscatto nazionale.
Un moto di popolo che coinvolse la vecchia generazione degli antifascisti.
Convocò i soldati mandati a combattere al fronte e che rifiutarono di porsi sotto il comando della potenza occupante tedesca, pagando questa scelta a caro prezzo, con l’internamento in Germania e oltre 50.000 morti nei lager.
Chiamò a raccolta i giovani della generazione del viaggio attraverso il fascismo, che ne scoprivano la natura e maturavano la scelta di opporvisi. La generazione, “sbagliata” perché tradita. Giovani ai quali Concetto Marchesi, rettore dell’Ateneo di Padova si rivolse per esortarli, dopo essere stati appunto “traditi”, a “rifare la storia dell’Italia e costituire il popolo italiano”.
Fu un moto che mobilitò gli operai delle fabbriche.
Coinvolse i contadini e i montanari che, per la loro solidarietà con i partigiani combattenti, subirono le più dure rappresaglie (nel Cuneese quasi 5.000 i patrioti e oltre 4.000 i benemeriti della Resistenza riconosciuti).
Quali colpe potevano avere le popolazioni civili?
Di voler difendere le proprie vite, i propri beni? Di essere solidali con i perseguitati?
Quali quelle dei soldati? Rifiutarsi di aggiungersi ai soldati nazisti per fare violenza alla propria gente?
L’elenco delle località colpite nel Cuneese compone una dolorosa litania e suona come preghiera.
Voglio ricordarle.
Furono decorate con Medaglie d’oro, d’argento o di bronzo, o con Croci di guerra: Cuneo, l’intera Provincia, Alba, Boves, Borgo San Dalmazzo, Dronero; Clavesana, Peveragno, Cherasco, Busca, Costigliole Saluzzo, Genòla, Trinità, Venasca, Ceva, Pamparato; Mondovì, Priola, Castellino Tanaro, Garessio, Roburent, Paesana, Narzòle, Rossana, Savigliano; Barge, San Damiano Macra, Villanova Mondovì.
Alla memoria delle vittime e alle sofferenze degli abitanti la Repubblica oggi si inchina.
Questo pomeriggio mi recherò a Boves, prima città martire della Resistenza, Medaglia d’oro al Valor militare e Medaglia d’oro al Valor Civile.
Lì si scatenò quella che fu la prima strage operata dai nazisti in Italia.
Una strage che colpì la popolazione inerme e coloro che avevano tentato di evitarla: Antonio Vassallo, don Giuseppe Bernardi, ai quali è stata tributata dalla Repubblica la Medaglia d’oro al Valor civile; don Mario Ghibaudo. I due sacerdoti, recentemente proclamati beati dalla Chiesa cattolica, testimoni di fede che non vollero abbandonare il popolo loro affidato, restarono accanto alla loro gente in pericolo.
E da Boves vengono segni di un futuro ricco di speranza: la Scuola di pace fortissimamente voluta dall’Amministrazione comunale quasi quarant’anni or sono e il gemellaggio con la cittadina bavarese di Schondorf am Ammersee, luogo dove giacciono i resti del comandante del battaglione SS responsabile della feroce strage del 19 settembre 1943.
A Borgo San Dalmazzo visiterò il Memoriale della Deportazione.
Borgo San Dalmazzo, dove il binario alla stazione ferroviaria è richiamo quotidiano alla tragedia della Shoah.
Cuneo, dopo Roma e Trieste, è la terza provincia italiana per numero di deportati nei campi di sterminio in ragione dell’origine ebraica.
Accanto agli ebrei cuneesi che non riuscirono a sfuggire alla cattura, la più parte di loro era di nazionalità polacca, francese, ungherese e tedesca. Si trattava di ebrei che, dopo l’8 settembre, avevano cercato rifugio dalla Francia in Italia ma dovettero fare i conti con la Repubblica di Salò.
Profughi alla ricerca di salvezza, della vita per sé e le proprie famiglie, in fuga dalla persecuzione, dalla guerra, consegnati alla morte per il servilismo della collaborazione assicurata ai nazisti.
Dura fu la lotta per garantire la sopravvivenza dell’Italia nella catastrofe cui l’aveva condotta il fascismo. Ci aiutarono soldati di altri Paesi, divenuti amici e solidi alleati: tanti di essi sono sepolti in Italia.
A questa lotta si aggiunse una consapevolezza: la crisi suprema del Paese esigeva un momento risolutivo, per una nuova idea di comunità, dopo il fallimento della precedente.
Si trattava di trasfondere nello Stato l’anima autentica della Nazione.
Di dare vita a una nuova Italia.
Impegno e promessa realizzate in questi 75 anni di Costituzione repubblicana. Una Repubblica fondata sulla Costituzione, figlia della lotta antifascista.
Le Costituzioni nascono in momenti straordinari della vita di una comunità, sulla base dei valori che questi momenti esprimono e che ne ispirano i principi.
Le “Repubbliche” partigiane, le zone libere, nelle loro determinazioni e nel loro operare furono anticipatrici della nostra Costituzione.
È dalla Resistenza che viene la spinta a compiere scelte definitive per la stabilità delle libertà del popolo italiano e del sistema democratico, rigettando le ambiguità che avevano consentito lo stravolgimento dello Statuto albertino operato con il fascismo.
Se il decreto luogotenenziale del 2 agosto 1943 - poco dopo la svolta del 25 luglio – prevedeva, non appena ve ne fossero le condizioni, l’elezione di una nuova Camera dei Deputati, per un ripristino delle istituzioni e della legalità statutaria, fu il decreto del 25 giugno 1944 – pochi giorni dopo la costituzione del primo Governo del CLN - a indicare che dopo la liberazione del territorio nazionale sarebbe stata eletta dal popolo, a suffragio universale, un’Assemblea costituente, con il compito di redigere la nuova Costituzione. Per questo quel decreto viene definito la prima “Costituzione provvisoria”.
Seguirà poi il referendum, il 2 giugno 1946, con la Costituente e la scelta per la Repubblica.
La rottura del patto tra Nazione e monarchia, corresponsabile, quest’ultima, di avere consegnato l’Italia al fascismo, sottolineava l’approdo a un ordinamento nuovo.
La Costituzione sarebbe stata la risposta alla crisi di civiltà prodotta dal nazifascismo, stabilendo il principio della prevalenza sullo Stato della persona e delle comunità, guardando alle autonomie locali e sociali dell’Italia come a un patrimonio prezioso da preservare e sviluppare.
Una risposta fondata sulla sconfitta dei totalitarismi europei di impronta fascista e nazista per riaffermare il principio della sovranità e della dignità di ogni essere umano, sulla pretesa di collettivizzazione in una massa forzata al servizio di uno Stato in cui l’uomo appare soltanto un ingranaggio.
Il frutto del 25 aprile è la Costituzione.
Il 25 aprile è la Festa della identità italiana, ritrovata e rifondata dopo il fascismo.
È nata così una democrazia forte e matura nelle sue istituzioni e nella sua società civile, che ha permesso agli italiani di raggiungere risultati prima inimmaginabili.
E qui a Cuneo, mentre la guerra infuriava, veniva sviluppata un’idea di Costituzione che guardava avanti.
Pionieri Duccio Galimberti e Antonino Rèpaci.
Guardava a come scongiurare per il futuro i conflitti che hanno opposto gli Stati europei gli uni agli altri, per dar vita, insieme, a una Costituzione per l’Europa e a una per l’Italia. Dall’ossessione del nemico alla ricerca dell’amico, della cooperazione.
La Costituzione confederale europea si accompagnava alla proposta di una “Costituzione interna”.
Obiettivo: “liberare l’Europa dall’incubo della guerra”.
Sentiamo riecheggiare in quello che appariva allora un sogno, il testo del preambolo del Trattato sull’Unione Europea: “promuovere pace, sicurezza, progresso in Europa e nel mondo”.
Un sogno che ha saputo realizzarsi per molti aspetti in questi settant’anni. Anche se ancora manca quello di una “Costituzione per l’Europa”, nonostante i tentativi lodevoli di conseguirla.
Chiediamoci dove e come saremmo se fascismo e nazismo fossero prevalsi allora!
Nel lavoro di Galimberti e Rèpaci troviamo temi, affermazioni, che sono oggi realtà della Carta costituzionale italiana, come all’art. 46: “le differenze di razza, di nazionalità e di religione non sono di ostacolo al godimento dei diritti pubblici e privati”.
Possiamo quindi dire, a buon titolo: Cuneo, città della Costituzione!
Galimberti era stato a Torino allievo di Francesco Ruffini, uno dei docenti universitari che, rifiutando il giuramento di fedeltà al fascismo, fu costretto ad abbandonare l’insegnamento.
Accanto a Galimberti e Rèpaci, altri si misurarono con la sfida di progettare il futuro.
Silvio Trentin, in esilio dal 1926, nel suo “Abbozzo di un piano tendente a delineare la figura costituzionale dell’Italia”, dettato al figlio Bruno nel 1944, era sostenitore, anch’egli, dell’anteriorità dei diritti della persona rispetto allo Stato.
E Mario Alberto Rollier, con il suo “Schema di costituzione dell’unione federale europea”. Testi, entrambi, di forte ispirazione federalista.
Si tratta, nei tre casi, di esponenti di quel Partito d’Azione di cui incisiva sarà l’influenza nel corso della Resistenza e dell’avvio della vita della Repubblica.
La crisi della monarchia e quella del fascismo apparivano ormai irreversibili, tanto da indurre un gruppo di intellettuali cattolici a riunirsi a Camaldoli, a pochi giorni dal 25 luglio 1943, con l’intento di riflettere sul futuro, dando vita a una Carta di principi, nota come “Codice di Camaldoli”, che lascerà il segno nella Costituzione. Con la proposta di uno Stato che facesse propria la causa della giustizia sociale come concreta espressione del bene comune, per rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo di ogni persona umana, per rendere sostanziale l’uguaglianza fra i cittadini.
Per tornare alla “Costituzione di Duccio”, apparivano allora utopie alcune sue previsioni come quella di una “unica moneta europea”. Oggi realtà.
O quella di “un unico esercito confederale”. E il tema della difesa comune è, oggi, al centro delle preoccupazioni dell’Unione Europea, in un continente ferito dall’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina.
Sulla scia di quei “visionari” che, nel pieno della tragedia della guerra e tra le macerie, disegnavano la nuova Italia di diritti e di solidarietà, desidero sottolineare che onorano la Resistenza, e l’Italia che da essa è nata, quanti compiono il loro dovere favorendo la coesione sociale su cui si regge la nostra comunità nazionale.
Rendono onore alla Resistenza i medici e gli operatori sanitari che ogni giorno non si risparmiano per difendere la salute di tutti. Le rendono onore le donne e gli uomini che con il loro lavoro e il loro spirito di iniziativa rendono competitiva e solida l’economia italiana.
Le rendono onore quanti non si sottraggono a concorrere alle spese pubbliche secondo la propria capacità contributiva.
Il popolo del volontariato che spende parte del proprio tempo per aiutare chi ne ha bisogno.
I giovani che, nel rispetto degli altri, si impegnano per la difesa dell’ambiente.
Tutti coloro che adempiono, con coscienza, al proprio dovere pensando al futuro delle nuove generazioni rendono onore alla liberazione della Resistenza.
Signor Presidente della Regione, lei ha definito queste colline, queste montagne “geneticamente antifasciste”.
Sappiamo quanto dobbiamo al Piemonte, Regione decorata, a sua volta, con la Medaglia d’oro al merito civile
Ed è alle donne e agli uomini che hanno animato qui la battaglia per la conquista della libertà della Patria che rivolgo il mio pensiero rispettoso.
Nuto Revelli ha parlato della sua esperienza di comandante partigiano e della lotta svolta in montagna come di un vissuto di libertà: di un luogo dove era possibile assaporare il gusto della libertà prima che venisse restituita a tutto il popolo italiano.
Una terra allora non prospera, tanto da ispirargli i racconti del “mondo dei vinti”.
Una terra ricca però di valori morali.
Non c’è una famiglia che non abbia memoria di un bisnonno, di un nonno, di un congiunto, di un alpino caduto in Russia, nella sciagurata avventura voluta dal fascismo.
Non c’è famiglia che non ricordi il sacrificio della Divisione alpina “Cuneense” nella drammatica ritirata, con la Julia. Un altro esempio. Un altro monito alla dissennatezza della guerra.
Rendiamo onore alla memoria di quei caduti.
Grazie da tutta la Repubblica a Cuneo e al Cuneese, con le sue Medaglie al valore!
Come recita la lapide apposta al Municipio di questa città, nell’ottavo anniversario dell’uccisione di Galimberti, se mai avversari della libertà dovessero riaffacciarsi su queste strade troverebbero patrioti.
Come vi è scritto: “morti e vivi collo stesso impegno, popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre Resistenza”.
Viva la Festa della Liberazione!
Viva l’Italia!
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Copia conforme all'originale dell'ultima lettera scritta ai genitori da Domenico Quaranta, conservata presso l' Istituto Parri, qui ripresa da Igor
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Irma Bandiera
https://www.unadonnalgiorno.it/irma-bandiera/
Passeranno i morti, ma resteranno i sogni.
Irma Bandiera, nome di battaglia Mimma, è stata una partigiana italiana seviziata, accecata e trucidata dai nazifascisti, una delle eroine simbolo della lotta di tante donne impegnate nella Resistenza.
Nacque l’8 aprile 1915 a Bologna, in una famiglia benestante, suo padre Angelo era capomastro edile oppositore del regime durante la dittatura. Sua madre si chiamava Argentina Manferrati e aveva una sorella di nome Nastia.
Aveva anche un fidanzato, Federico, militare a Creta che venne fatto prigioniero dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943 e rimase disperso dopo che la nave su cui era imbarcato per il trasferimento in Germania venne bombardata e affondò al porto del Pireo. Vane furono le ricerche per ritrovarlo.
Iniziò ad aiutare i soldati sbandati dopo l’armistizio e a interessarsi di politica, aderendo al Partito Comunista.
A Funo, dove andava a trovare i parenti, conobbe uno studente di medicina, Dino Cipollani, il partigiano Marco che la spinse a entrare nella VII brigata GAP Gianni Garibaldi di Bologna.
Il 5 agosto 1944 i partigiani uccisero un ufficiale tedesco e un comandante delle brigate nere. Cominciò una tremenda rappresaglia che vide coinvolta anche la partigiana Mimma, che aveva trasportato delle armi alla base della sua formazione a Castel Maggiore. Venne arrestata mentre si trovava a casa dello zio, la sera del 7 agosto e rinchiusa nelle scuole di San Giorgio, isolata dal resto dei suoi compagni. Venne poi portata a Bologna dove, per sei giorni e sei notti venne ferocemente seviziata dai fascisti della Compagnia Autonoma Speciale, guidati dal Capitano Renato Tartarotti, che arrivarono ad accecarla con una baionetta, per farla parlare, ma lei non ha mai rivelato i nomi delle sue compagne e compagni di lotta.
I familiari la cercarono dappertutto sperando di trovarla in vita, la giovane resistette alle torture fino alla fine ma venne fucilata e poi finita con alcuni colpi di pistola al Meloncello di Bologna, nei pressi della casa dei suoi genitori, il 14 agosto 1944.
Il suo cadavere venne lasciato esposto per un giorno intero, come monito, fino a quando i parenti non riuscirono a riprenderselo.
Portata all’Istituto di Medicina Legale, un custode, amico della Resistenza, scattò le foto del suo viso devastato dalle torture.
In suo onore, una formazione di partigiani operanti a Bologna prese il nome Prima Brigata Garibaldi Irma Bandiera. A lei venne intitolata una brigata SAP (Squadra di azione patriottica) che operava nella periferia nord di Bologna ed un GDD (Gruppo di Difesa della Donna).
La federazione bolognese del PCI il 4 settembre 1944 pubblicò un foglio volante, stampato in clandestinità, nel quale si ricordava il senso altamente patriottico del sacrificio di Irma incitando i bolognesi a intensificare la lotta contro i nazifascisti.
È sepolta nel Monumento Ossario ai Caduti Partigiani della Certosa di Bologna ed è ricordata nel Sacrario di Piazza Nettuno e nel Monumento alle Cadute Partigiane a Villa Spada.
A Bologna, nella via che porta il suo nome è deposta una lapide che reca scritto: “Il tuo ideale seppe vincere le torture e la morte. La libertà e la giovinezza offristi per la vita e il riscatto del popolo e dell’Italia. Solo l’immenso orgoglio attenua il fiero dolore dei compagni di lotta. Quanti ti conobbero e amarono nel luogo del tuo sacrificio a perenne ricordo posero”.
Il suo assassinio, compiuto anche per scoraggiare pericolosi tentativi di emulazione, finì per produrre l’effetto contrario e tante donne seguirono il suo esempio e si unirono alla battaglia per la liberazione dell’Italia.
Ci sono strade che portano il suo nome in vari comuni italiani.
Riconosciuta partigiana alla fine della guerra venne decorata con la Medaglia d’Oro al Valor Militare, insieme ad altre 18 partigiane.
«Prima fra le donne bolognesi a impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà, si batté sempre con leonino coraggio. Catturata in combattimento dalle SS. tedesche, sottoposta a feroci torture, non disse una parola che potesse compromettere i compagni. Dopo essere stata accecata fu barbaramente trucidata e il corpo lasciato sulla pubblica via. Eroina purissima degna delle virtù delle italiche donne, fu faro luminoso di tutti i patrioti bolognesi nella guerra di liberazione.»
“È nella Resistenza – ha dichiarato Marisa Rodano alla Camera dei deputati in occasione del 70° anniversario della Liberazione – che le donne italiane, quelle di cui Mussolini aveva detto ‘nello stato fascista la donna non deve contare‘; alle quali tutti i governi avevano rifiutato il diritto di votare, la possibilità di partecipare alle decisioni da cui dipendeva il loro destino e quello dei loro cari, entrano impetuosamente nella storia e la prendono nelle loro mani. Nel momento in cui tutto è perduto e distrutto – indipendenza, libertà, pace – e la vita, la stessa sussistenza fisica sono in pericolo, ecco le donne uscire dalle loro case, spezzare vincoli secolari, e prendere il loro posto nella battaglia, perché combattere era necessario, era l’unica cosa giusta che si poteva fare”.
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🎖 Medagliere Gala 8 Posti: Eleganza e Onore per il Tenente Colonnello Comandante | Tutto Militare
Nel mondo delle onorificenze militari, il Medagliere Gala formato ridotto a 8 posti rappresenta un simbolo di prestigio e dedizione. Questo medagliere, disposto con cura su due file, racchiude onorificenze di alto valore, ognuna delle quali testimonia il coraggio e l’impegno al servizio della Patria.
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Croce d’Oro al Merito dell’Esercito Medaglia da Cavaliere Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana Medaglia d’Argento del Lungo Comando Croce di Anzianità Servizio (25 anni) Seconda fila:
Croce Commemorativa Italiana in Afghanistan Croce Commemorativa per la Missione di Pace Italiana Croce Commemorativa per Le Operazioni di Salvaguardia delle Libere Istituzioni Medaglia Kosovo NATO Ogni medaglia è posizionata con precisione, rispettando le proporzioni e conferendo al medagliere un’estetica d’impatto, perfetta per le occasioni di gala o cerimonie ufficiali. Realizzato con materiali di qualità e con un assemblaggio attento ai dettagli, questo medagliere è pensato per durare nel tempo, proprio come il valore dei riconoscimenti che rappresenta.
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Il ruolo dell'Università di Padova nella Resistenza
Se c’è da individuare un’Istituzione storica, cardine e decisiva durante il periodo resistenziale del ’43-’45 nel nord-est italiano, non si può non citare l’Università degli studi di Padova: il suo apporto fu fondamentale per l’organizzazione in clandestinità del CLNRV, il comitato di liberazione regionale del Veneto. Fu l’unica università italiana a ricevere la medaglia d’oro al valore militare…
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#1943#Alberto Fogarollo#Concetto Marchesi#fascisti#Luigi Meneghello#Padova#Resistenza#settembre#tedeschi#Università
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Il ruolo dell'Università di Padova nella Resistenza
Se c’è da individuare un’Istituzione storica, cardine e decisiva durante il periodo resistenziale del ’43-’45 nel nord-est italiano, non si può non citare l’Università degli studi di Padova: il suo apporto fu fondamentale per l’organizzazione in clandestinità del CLNRV, il comitato di liberazione regionale del Veneto. Fu l’unica università italiana a ricevere la medaglia d’oro al valore militare…
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Il ruolo dell'Università di Padova nella Resistenza
Se c’è da individuare un’Istituzione storica, cardine e decisiva durante il periodo resistenziale del ’43-’45 nel nord-est italiano, non si può non citare l’Università degli studi di Padova: il suo apporto fu fondamentale per l’organizzazione in clandestinità del CLNRV, il comitato di liberazione regionale del Veneto. Fu l’unica università italiana a ricevere la medaglia d’oro al valore militare…
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Il ruolo dell'Università di Padova nella Resistenza
Se c’è da individuare un’Istituzione storica, cardine e decisiva durante il periodo resistenziale del ’43-’45 nel nord-est italiano, non si può non citare l’Università degli studi di Padova: il suo apporto fu fondamentale per l’organizzazione in clandestinità del CLNRV, il comitato di liberazione regionale del Veneto. Fu l’unica università italiana a ricevere la medaglia d’oro al valore militare…
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Vomero: il ricordo del vicebrigadiere dell’arma dei Carabinieri, Salvo D’Acquisto
Ucciso il 23 settembre 1943 per salvare un gruppo di civili durante un rastrellamento delle truppe naziste Salvo D’Acquisto, Medaglia d’Oro al Valore Militare alla memoria. La statua di bronzo, che lo raffigura da bambino, è posta nel cortile antistante la Scuola Vanvitelli, al Vomero, della quale fu allievo.
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#Comitato Valori collinari#Gennaro Capodanno#Napoli#Salvo D’Aquisto#scuola Vanvitelli#via Luca Giordano#Vomero
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Mario Bellagambi l'aviatore fiorentino asso dei Diavoli rossi
Mario Bellagambi nacque a Firenze nel 1915. Nel 1935 ottenne il brevetto come pilota civile presso l’aeroporto di Firenze/Peretola. Nel 1937 arruolatosi nella Regia Aeronautica, ottenne anche il brevetto di pilota militare, pilotando il biplano da caccia Fiat CR 32 Freccia, venendo assegnato alla 362° Squadriglia del 24° Gruppo del 52° Stormo Caccia Terrestre. Militò poi nel XVI Gruppo Caccia “La Cucaracha” e nella Squadriglia autonoma mitragliamento “Ocio che te copo” (in veneto “Occhio che ti accoppo”).
Partì volontario per la Guerra di Spagna nel 1938 inquadrato nella Squadriglia Gamba di Ferro di Tito Falconi, così chiamata in onore dell’Asso Ernesto Botto, che poco tempo prima in Spagna, aveva perso una gamba in un combattimento aereo. Amputata la gamba destra, tornò comunque in servizio con un arto artificiale, meritando la Medaglia d’oro al valore, e l’onore di poter dare il nome alla 32° Squadriglia con una sua effige: una gamba di metallo come quella indossata in battaglia dai cavalieri medievali. Mario sostenne in Spagna undici combattimenti senza però abbattere nessuno nemico. Rientrato nel 1939 in Italia, tornò al suo vecchio reparto per seguire altri addestramenti.
CR 32 Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, volò su gran parte dei velivoli italiani da caccia come : Fiat G 50 Freccia II, Macchi 200 e 202, CR 32 e CR 42 Falco, Fiat G 55 Centauro, ma anche C 202 Folgore Aermacchi e Reggiane Re 2000, sostenendo combattimenti contro velivoli solitamente di alto livello, come gli americani P 51 Mustang e P 47 Thunderbolt, ma anche contro aerei inglesi come Gloster Gladiator, Hurricane, Spitfire, o aerei russi come il Polikarpof I 15 e I 16, o, verso la fine del conflitto, contro i bombardieri Boeing B-17 Flying Fortress, North American B-25 Mitchell e Martin B-26 Marauder che imperversavano sui cieli d’Italia. Nel 1941 arriva in Africa Settentrionale Italiana posto al comando della 364° Squadriglia. Solo nel giugno del 1942 conseguì la sua prima vittoria aerea venendo promosso capitano. Rientrato in Italia dopo essere stato ferito in combattimento ad una gamba, prese l’abilitazione di volo sul famoso Messerschmitt Bf 109 (con l’insegna “1 Giallo”), si trattava di uno dei migliori e più diffusi aerei da caccia tedeschi (costruito in circa 33.000 esemplari in diverse versioni e varianti), venendo schierato a Castelvetrano a Trapani, partecipando a vari scontri aerei.
Dopo l’armistizio decise di aderire alla Repubblica Sociale e dunque all’ Aeronautica Nazionale Repubblicana ottenendo il comando della 2° Squadriglia Diavoli Rossi. Questo grazie alle sue competenze acquisite sul velivolo tedesco e nelle tecniche di combattimento della Luftwaffe (l’Aeronautica militare tedesca).
Volò ancora sui Fiat G55 e sui Bf 109 versione G (le versioni di questi aereo partivano dalla A fino alla K seguendo l’ordine alfabetico). Prese così parte a quarantacinque combattimenti aerei rivendicando 10 abbattimenti, anche se secondo gli atti ne risultano quattordici.
Ottenne anche due Medaglie d’argento al valore militare, per il coraggio dimostrato attaccando bombardieri nemici e bersagliando truppe e posizioni e perché continuò a combattere anche quando ferito alla gola, o alla gamba, senza mai tirarsi indietro, nonostante si scontrasse sempre contro forze superiori. Ottenne onorificenze anche dagli alleati tedeschi, come la Croce di ferro di Prima Classe e quella di Seconda Classe, sempre grazie al valore dimostrato.
Nel 1949 rientrerà in servizio con il grado di capitano nell’Aeronautica Militare alla Scuola di Guerra Aerea di Firenze, dopo un periodo di epurazione avendo aderito alla Repubblica Sociale. Pilotò così i Fiat G 59, i P 51e i P 47, aerei che per ironia della sorte aveva combattuto e infine volando anche sui nuovi aerei a reazione come i Fiat G 91 e i Sabre F 86 K. Comandandò poi il 20° Gruppo e la Pattuglia acrobatica della 51° Aerobrigata. Nel 1958 entrò a far parte della 56 a Tactical Air Force. Dal 1961 al 1963 fu comandante del 3° S.O.C. e poi nel 1964 ebbe la nomina di addetto militare italiano a Tokyo, dove rimase fino al 1967. Fu infine promosso generale di brigata aerea. Morirà a Firenze, la sua città natale, il 25 luglio del 2001.
Riccardo Massaro Read the full article
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30 AGOSTO, 2014
MUORE A BOLZANO A 94 ANNI IL GENERALE DEI PARACADUTISTI FERRUCCIO BRANDI
MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE NELLA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN (1942), NEL 1979 PADRINO DEL GIURAMENTO DEL 160° CORSO “PATRIA E DOVERE” DELL’ACCADEMIA MILITARE DI MODENA
Il Generale Ferruccio Brandi è stato un Generale italiano dei Paracadutisti, già distintosi come Ufficiale durante la seconda guerra mondiale, dove meritò la Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Tra il 1969 e il 1973 fu il Generale Comandante della Brigata Paracadutisti "Folgore".
Nacque a TRIESTE il 9 novembre 1920 figlio di Oscar e Virginia Malusà, e mentre era iscritto alla facoltà di economia e commercio dell'Università di TRIESTE, nel 1938 si arruolò come volontario nel Regio Esercito, in qualità di Allievo Ufficiale di complemento.
Nell'aprile 1939 fu promosso Aspirante, assegnato al 152º Reggimento fanteria "Sassari", venendo promosso al grado di Sottotenente nell'ottobre dello stesso anno.
Trattenuto in servizio attivo, nel 1940 frequentò il corso di paracadutismo a TARQUINIA, al termine del quale viene assegnato come Comandante del III° Plotone, 6ª Compagnia, II Battaglione del 187° Reggimento Paracadutisti.
Al seguito della Divisione Paracadutisti "Folgore" viene trasferito in AFRICA SETTENTRIONALE ITALIANA, dove combatte durante la BATTAGLIA di EL ALAMEIN.
Si distinse nei combattimenti di DEIR el MUNASSIB e QUOTA 187 (22 - 24 ottobre 1942) rimanendo gravemente ferito il giorno 24, colpito al volto da un proiettile di mitragliatrice.
Catturato dai britannici nel corso dei combattimenti, al termine della degenza presso il 9º Ospedale Generale del IL CAIRO fu trasferito in un campo di prigionia, rientrando in ITALIA nel marzo 1945 per continuare le cure.
Riprese a studiare ottenendo la Laurea in Economia e Commercio nel 1947, rientrando in servizio attivo presso l'Esercito Italiano nel marzo 1950, assegnato al 182º Reggimento fanteria "Garibaldi" in qualità di Capitano in servizio permanente effettivo.
Nel 1953 prese servizio presso il Comando Forze Interalleate Sud Europa, frequentando successivamente i corsi della Scuola di Guerra e dell'Istituto Stati Maggiori Interforze.
Nel 1963, mentre ricopriva l'incarico di Capo di Stato Maggiore della Brigata di fanteria "Avellino", viene trasferito a domanda, a PISA per ricoprire l'incarico di Capo di Stato Maggiore della Brigata Paracadutisti allora in fase di costituzione.
Tra il 1964 e il 1965 continuò a ricoprire tale incarico mentre il Comando della Brigata Paracadutisti veniva trasferito a LIVORNO.
Tra il 1966 e il 1967 ricoprì l'incarico di Comandante della Scuola Militare di Paracadutismo di PISA, e tra il 1968 e il 1969 quello di Comandante del 1º Reggimento Paracadutisti a LIVORNO.
Tra il 1969 e il 1975 fu Comandante della Brigata Paracadutisti "Folgore".
Nel novembre del 1971 prende parte all'aviolancio durante la sciagura della MELORIA, occupandosi poi della pietosa opera di recupero delle salme e all'assistenza dei familiari delle vittime.
L’8 aprile 1979 presenziò in Piazza Roma a MODENA alla cerimonia di Giuramento del 160° Corso “Patria e Dovere” dell’Accademia Militare come PADRINO del CORSO in rappresentanza dell’Istituto del Nastro Azzurro.
Dopo essersi congedato nel 1983 ricoprì ancora alti incarichi, come quello di Commissario per le Onoranze dei Caduti in Guerra e Presidente Onorario dell'Associazione Paracadutisti in congedo, fino a raggiungere il grado di Generale di Corpo d'Armata.
Si spense a 94 anni a BOLZANO il 30 agosto 2014 lasciando la moglie signora Frieda Fischnaller.
Era stato decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
“Comandante di plotone paracadutisti, attaccato da preponderanti forze corazzate, rincuorava ed incitava col suo eroico esempio i dipendenti a difendere a qualsiasi costo la posizione affidatagli. Sorpassato dai carri, raccolti i pochi superstiti, li guidava in furioso contrassalto, riuscendo a fare indietreggiare le fanterie avversarie seguite dai mezzi corazzati. Nuovamente attaccato da carri, con titanico valore, infliggeva ad essi gravi perdite ed, esaurite le munizioni anticarro, nello estremo tentativo di immobilizzarli, si lanciava contro uno di questi e con una bottiglia incendiaria lo metteva in fiamme. Nell’ardita impresa veniva colpito da raffica di mitragliatrice che gli distaccava la mandibola; dominando il dolore si ergeva fra i suoi uomini, e con la mandibola penzolante, orrendamente trasfigurato, con i gesti seguitava a dirigerli, e ad incitarli alla lotta, tra fondendo in essi il suo sublime eroismo. Col suo stoicismo e col suo elevato spirito combattivo salvava la posizione aspramente contesa e, protraendo la resistenza per più ore, oltre le umane possibilità, s’imponeva all’ammirazione dello stesso avversario. I suoi paracadutisti, ammirati e orgogliosi, chiesero per lui la più alta ricompensa. El Munassib (Africa Settentrionale), 24 ottobre 1942”
(DPR 11 aprile 1951)
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Città di Castello: solenne cerimonia nel 15° anniversario della scomparsa del Colonnello Valerio Gildoni
Città di Castello: solenne cerimonia nel 15° anniversario della tragica scomparsa del Colonnello dei Carabinieri Valerio Gildoni, Medaglia d’Oro al Valor Militare “alla Memoria”. A Città di Castello (PG), si è svolta la solenne commemorazione del 15° anniversario della scomparsa del Colonnello dei Carabinieri Valerio GILDONI, che, a Bosco di Nanto (VI), perse tragicamente la vita nell’adempimento del proprio dovere. L’Ufficiale,... Leggi articolo completo su La Milano Read the full article
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210° Anniversario di Fondazione dell'Arma dei Carabinieri Nella suggestiva cornice della caserma ... #ArmadeiCarabinieri #carabinieri #GiuseppeCavoDragone #sergiomattarella #TeoLuzi #TordiQuinto https://agrpress.it/210-anniversario-di-fondazione-dellarma-dei-carabinieri/?feed_id=5718&_unique_id=6661af0ca9b5d
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