#La scultura del giorno
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1° Novembre 1757: venne al mondo Canova
E così, in quel gelido primo novembre del 1757, nacque Antonio Canova nella cittadina trevigiana di Possagno: uno dei più grandi scultori di sempre. La sua infanzia fu tanto complessa quanto dolorosa. Era ancora piccolo quando gli morì il padre e la madre si risposò, lasciando di fatto Antonio alla cura del nonno paterno Pasino. Il nonno però un abile scalpellino, noto nella zona per le sue…
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Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare.
Piero Angela ha detto un giorno 'è difficile essere facili'. Per semplificare bisogna togliere, e per togliere bisogna sapere cosa togliere, come fa lo scultore quando a colpi di scalpello toglie dal masso di pietra tutto quel materiale che c’è in più della scultura che vuole fare.
Teoricamente ogni masso di pietra può avere al suo interno una scultura bellissima, come si fa a sapere dove ci si deve fermare per togliere, senza rovinare la scultura?
Togliere invece che aggiungere potrebbe essere la regola anche per la comunicazione visiva a due dimensioni come il disegno e la pittura, a tre come la scultura o l'architettura, a quattro dimensioni come il cinema.
Togliere invece che aggiungere vuol dire riconoscere l’essenza delle cose e comunicarle nella loro essenzialità. Questo processo porta fuori dal tempo e dalle mode, il teorema di Pitagora ha una data di nascita, ma per la sua essenzialità è fuori dal tempo. Potrebbe essere complicato aggiungendogli fronzoli non essenziali secondo la moda del momento, ma questo non ha alcun senso secondo i principi della comunicazione visiva relativa al fenomeno.
Eppure la gente quando si trova di fronte a certe espressioni di semplicità o di essenzialità dice inevitabilmente questo lo so fare anch’io, intendendo di non dare valore alle cose semplici perché a quel punto diventano quasi ovvie.
In realtà quando la gente dice quella frase intende dire che lo può Rifare, altrimenti lo avrebbe già fatto prima.
La semplificazione è il segno dell’intelligenza, un antico detto cinese dice: quello che non si può dire in poche parole non si può dirlo neanche in molte.
Bruno Munari - "Verbale scritto"
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https://michelangelobuonarrotietornato.com/2023/04/08/la-scultura-del-giorno-il-cristo-velato-del-sanmartino/
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NARCISO
Autore: Paul Dubois (1829 - 1905) Scultore francese. La sua opera è caratterizzata dall'approssimazione alla scultura di tipo classico, di perfetta fattura, avendo tra le sue massime influenze quella dei maestri del Rinascimento italiano.
Mitologia :
Narciso era il figlio del dio del fiume Cephisso e della ninfa Liriope.
Questa è la storia di Eco e Narciso. Un giorno, Narciso stava camminando nei boschi quando Echo, un Oread (ninfa di montagna) lo vide, si innamorò profondamente e lo seguì.
Narciso sentì che lo seguivano e gridò «Chi c'è? » Eco ha ripetuto «Chi c'è? » Alla fine ha rivelato la sua identità e ha cercato di abbracciarlo. Lui se n'è andato e gli ha detto di lasciarlo solo. Era distrutta e ha trascorso il resto della sua vita in valle solitarie. Una volta, durante l'estate, aveva sete dopo la caccia, e la dea lo attirò in una piscina dove si appoggiava sull'acqua e si vedeva nel fiore della gioventù. Narciso non si rese conto che era semplicemente il suo riflesso e si innamorò profondamente di lui, come se fosse qualcun altro. Incapace di lasciare il fascino della sua immagine, alla fine si rese conto che il suo amore non poteva essere ricambiato e svanito dal fuoco della passione che bruciava dentro di sé, diventando finalmente un fiore bianco e dorato.
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Tendimi la mano.
Non sono oggettivamente bello, non lo sono mai stato, non lo sarò mai. Anzi, quando mi dicono che lo sono, a volte penso che mi stiano prendendo in giro. O, nel migliore dei casi, semplicemente mi limito a non credere. C’è una collega a cui feci “il filo” per quattro mesi, tempo fa. Poi un giorno, d’improvviso, con nonchalance mi nominò il suo ragazzo. Così, di botto, dal nulla, come se nulla fosse. Ovviamente da quel momento in poi smisi di corteggiare/ammiccare/sedurre, e cambiai registro. Vi risparmio i dettagli su quanto ci stetti male, perché mi sentii profondamente ferito, umiliato, calpestato. E non commenterò nemmeno il comportamento di questa ragazza, che non si degnò di dirmi un “dettaglio” così importante nel momento più opportuno. No, non è questo il fulcro del post. I rapporti tra noi sono comunque rimasti buoni, perché purtroppo in quanto collega (seppur di reparti diversi) mi ritrovo quotidianamente a lavorarci insieme. E anche oggi, come già accaduto altre volte, mi ha detto che sono “bono”. Ora capite, a maggior ragione, perché avverto certi complimenti come una presa in giro? Non li ricevo da una ragazza fedele, grata, rispettosa, leale, riconoscente, preziosa. Ma invece da una donna che con me si è comportata malissimo, cercando di prendersi il meglio di me restituendomi solo un’amara verità. La questione tra me e lei è superata, quantomeno a livello personale. Ma la domanda che vi faccio, care donne, è: ora, io, come faccio a credervi? Come faccio a credere alla vostra sincerità, alla vostra buona fede, alla vostra limpidezza? Come posso fidarmi? No, davvero, ditemelo. Vale per uno sciocco complimento sull’aspetto fisico, ma per estensione anche su tutto il resto. Anche su cose, potenzialmente, molto più importanti. Mi spiegate come diamine posso accettare anche solo un vostro giudizio, prendendolo totalmente per buono? Senza dubbi, incertezze, domande? Io, probabilmente, non ci riesco più. Mi fa piacere che una ragazza mi dica che sono “bono” (uso le virgolette per la mia inadeguatezza nei riguardi dell’ascolto di questo termine con riferimento alla mia persona), ma quanto valore ha davvero? Dov’è la verità? La verità, cavolo, l’unica cosa che conti davvero. Voglio la verità. Da adolescente bramavo quel complimento, e non lo ricevevo mai. Mai. Mai ricevuto. Normale che poi mi sia convinto di essere una tazza del water con i pedali. E adesso arriva questa e me lo dice. Proprio lei, poi. Sensi di colpa per avermi fatto soffrire? Frasi di circostanza? Semplice inclinazione al lenocinio (e sono stato gentile)? Fatto sta che mi avete portato a non credervi più. Ed è un bel casino, perché è solo a voi che vorrei credere. Quindi come si risolve la questione? Come si restaura la credibilità, una volta che la si è persa? Sì, uso il verbo restaurare, perché è come una vecchia scultura, lasciata marcire in una grande villa ottocentesca abbandonata. Vorrei solo che mi venisse tesa la mano. E vorrei, a mia volta, poterla stringere. Forte.
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La mia vita tra questa vita e l’aldilà ¥ My life between this life and the afterlife
Questa è la straordinaria storia di un amore che continua oltre la morte, di un regalo miracoloso, e di un quarzo magico che spiega tutto questo.
La notte tra il 27 e il 28 ottobre, è la notte in cui gli spiriti degli animali defunti tornano dall’Aldilà, per visitare i luoghi in cui sono vissuti e le persone che più hanno amato.
E questa notte, più di ogni altra notte, è per me e la mia amatissima gatta Miu.
E questa, è la nostra straordinaria storia, che ha superato la morte, e continua nella vita oltre la vita.
In un’eternità solo per noi*
Il 22 gennaio 2024, nel giorno del mio compleanno, la mia straordinaria gatta Miu, mi ha fatto il più grande dei suoi regali: l’impronta della sua zampina.
La mia Miu, è morta il 12 marzo 2021.
Accanto alla sua impronta, c’era anche l’immagine di un cervo.
Inizialmente, non riuscivo a capire che significato potesse avere questa immagine di cervo.
Poi, dopo alcuni mesi, ho finalmente capito.
In un negozio di pietre e cristalli sciamanici, ho trovato un raro e bellissimo quarzo di Lodolite rossa, incastonato in una montatura che conteneva la scultura di un cervo.
Nella descrizione della pietra, era spiegato che il cervo, nello Sciamanesimo, è una guida che accompagna gli spiriti degli animali defunti dall’Aldilà al nostro mondo, facendo proprio da ponte tra i due mondi.
Lo spirito della mia eccezionale Miu, era dunque stato accompagnato dalla guida di un cervo, per passare dall’Aldilà all’Aldiqua, e permetterle di lasciarmi la sua impronta fisica, come regalo per il mio compleanno.
Scoprire questa cosa eccezionale, mi ha lasciato senza parole.
Ed anche avere avuto il dono di poter comprendere questo, è stato un altro incredibile regalo della mia adorata Miu.
Ecco perché, questo magnifico quarzo, ha per me un significato così speciale.
Trovarlo è stato un dono.
Come un dono, è aver condiviso la mia vita con te, Miu, e continuare a condividerla nella vita oltre la vita.
Ti Amo.
Per Sempre*
This is the extraordinary story of a love that continues beyond death, of a miraculous gift, and of a magic quartz that explains it all.
The night between October 27th and 28th is the night when the spirits of deceased animals return from the afterlife, to visit the places where they lived and the people they loved most.
And this night, more than any other night, is for me and my beloved cat Miu.
And this is our extraordinary story, which has overcome death, and continues in life after life.
In an eternity just for us*
On January 22, 2024, on my birthday, my extraordinary cat Miu gave me the greatest of her gifts: the print of her little paw.
My Miu died on March 12, 2021.
Next to her print, there was also the image of a deer.
At first, I couldn't understand what the meaning of this image of a deer could be.
Then, after a few months, I finally understood.
In a shamanic crystal and stone shop, I found a rare and beautiful red Lodolite quartz, set in a mount that contained the sculpture of a deer.
In the description of the stone, it was explained that the deer, in Shamanism, is a guide that accompanies the spirits of deceased animals from the Afterlife to our world, acting as a bridge between the two worlds.
The spirit of my exceptional Miu, had therefore been accompanied by the guide of a deer, to pass from the Afterlife on this side, and allow her to leave me her physical imprint, as a gift for my birthday.
Discovering this exceptional thing, left me speechless.
And also having had the gift of being able to understand this, was another incredible gift from my beloved Miu.
That's why, this magnificent quartz, has such a special meaning for me.
Finding it was a gift.
As a gift, it is to have shared my life with you, Miu, and to continue sharing it in the life beyond life.
I Love You.
Forever*
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STARSCREAM ( Voyager ) Generations LEGACY UNITED Cybertron
C'era un volta la miniserie a fumetti War Within della DreamWave, dove tramite le magiche matite di Don Figueroa i classici personaggi dei Transformers G1 venivano ritratti per la prima volta con fighissime forme Cybertroniane, e tutti bramavamo di vedere prima o poi quei meravigliosi design tramutati in modellini. E venne presto il giorno, dato che per la versione di Galaxy Force / Cybertron di STARSCREAM, Hasbro e Takara si ispirarono platealmente al seeker grigio e rosso visto nel fumetto succitato!
Tutto bene quindi? Circa, poiché ai tempi Hasbro decise di farne una versione gigante Supreme di questo Astrum, snobbando il Voyager uscito normalmente in Giappone, da qui la difficoltà ai tempi di trovare la versione più economica tramite mercato estero piuttosto che non comodamente nei negozi di giocattoli e ipermercati vari come ancora si usava ai tempi.
Già personalmente adoravo l'originale, figurarsi ora dopo quasi 20 anni, ritrovarselo in una versione Generations per Legacy United, una versione che è pure il paradigma di come dovrebbero essere questi aggiornamenti moderni di classici del passato, senza magari scadere in errori o pigrizie tecniche varie ( Hot Shot, sto parlando con te!! )
Il ROBOT esteticamente infatti è semplicemente splendido, dato che che potrebbe passare tranquillamente per una Action Figure non trasformabile da quanto è armonioso nelle forme e misure. E la cosa risalta ulteriormente appena tirato fuori dalla scatola, dato che i moduli alati che finiranno sulle spalle e gli alettoni sono appunto staccati, e si assemblano sulla figura grazie ai soliti fori per armi standard appositi.
I moduli alati sulle braccia davano al robot originale un che di maestoso, quasi avesse un mantello che gli scendeva sulle spalle, mentre il Legacy odierno è più agile e longilineo, con spalle meno imponenti ma di riflesso con avambracci normali e non tozzi come il GF.
Ma il tocco di classe che da alla figura quel qualcosa in più è certamente la parte centrale del jet che non scende con la punta fino alle ginocchia ma si ferma al pube, e la cabina in plastica trasparente ora non più ad altezza "pacco" ma sullo stomaco come i più classici dei Seeker.
Magari qualche dettaglio colorato latita come il giallo sulle spalle o un po' di rosso su gambe ed avambracci, ma la scultura è eccellente, ed è davvero alto come Voyager, ben una testa più del suo precedente omonimo Armada di Legacy, e vale quindi lo stesso discorso fatto per Hot Shot sull'evoluzione dei personaggi nelle varie fasi della trilogia.
Notevole come il bacino possa ruotare nonostante la parte centrale del jet copre tutto il torso fino al pube, ed abbia pure i pugni che ruotano, e nonostante l'ampio uso di massa per accessori ed altezza, non abbia vuoti come nei soliti posti fastidiosi come interno dei polsi, cosce e polpacci vari.
E parlando di accessori, ribadiamo che i moduli sulle braccia non solo hanno le ali che si piegano, ma come per la gimmick dell'originale, vi sono ripiegate all'interno ciascuno una lama in plastica viola trasparente, così come dello stesso materiale è la CYBER PLANET KEY ed il fucile che cita quello sparante del Voyager G.F.: quello originale era un rettangolone nero un po' anonimo col missile viola trasparente, questo invece ha un design più ricercato con un paio di alette qua e là, ed è esso stesso tutto viola trasparente!
Ma di bello il fucile ha che tramite un apposita fessura posteriore vi si può sistemare la C.P.K., oltre che nella fessura apposita sotto la nuca. Ah, infine, a proposito della schiena del nostro Astrum Cybertron, i due alettoni posteriori possono ripiegarsi al massimo verso il basso, dando così meno fastidio possibile rispetto invece a come un po' rimanevano più larghi del giocattolo Voyager del 2005.
La TRASFORMAZIONE è, come ovvio, molto simile all'originale ma con qualche tocco in più, ovvero le braccia che si ribaltano all'indietro ma non prima qui di aver ruotato di 180° ed aver fatto rientrare i pugni, un pannello poi che dietro la schiena si apre per nascondervi la testa, e le gambe che ruotano verso l'esterno e si ripiegano mentre si solleva il torso, ma con i pannelli dei polpacci che si aprono. Ed infine gli alettoni posteriori che si uniscono nella pinna
IL JET SPAZIALE è sputato all'originale come aspetto, a parte magari la zona della cabina di pilotaggio meno in rilievo, o le strisce rosse ai lati di queste ( cioè quindi sulle gambe ), così come le ali sarebbero un po' piccole ma non ci si fa caso se non con un confronto diretto col G.F. di un tempo, dato che per la fisionomia ed aerodinamicità del velivolo sono della giusta misura.
Anzi, ironico come senza i moduli alati e gli alettoni, e con la punta ripiegata, questo jet ricordi parecchio l'hovercraft spaziale di Scourge G1! :D
Comunque, tutti i dettagli dall'originale sono al loro posto, pure un modulo nero dietro la cabina a mimare la testa del robot che era nascosta alla buona! XD
Visto da sotto non è male, anche se ha i due pannelli dei polpacci uniti come fossero un modulo di entrata d'aria per il reattori, ma forse era meglio se lo rendevano comunque più aerodinamico. Di contro, il fucile può sistemarsi lì sotto semi nascosto come nel Cybertron o anche nell'alettone verticale, ed il jet ha ( a parte quelli per i moduli alati ) solo un paio di fori sotto per eventuali armi aggiuntive.
Insomma, un ottimo modello con una bella trasformazione, un robot strepitoso ed un gran bel jet col solo inestetismo della "presa d'aria" sotto il muso, ma per il resto finalmente un Generations praticamente perfetto, fedele e che migliora il già bello e carismatico giocattolo originale!
-Videorecensione
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“ Eravamo nell'atrio, tutto rivestito di capelvenere. Dinnanzi m'era lo scenario che godevo da un mese e che mi sembrava di vedere ogni giorno per la prima volta. Il declivio verde di aranci, costellato di frutti d'oro, poi l'azzurro del mare, l'azzurro del cielo; e su quell'orizzonte a tre smalti diversi, i piú divini modelli che l'arte dorica abbia, col Partenone, tramandato sino a noi. Il Tempio della Concordia, e vicino il Tempio d'Era con la sua fuga di venti colonne erette e di venti colonne abbattute, e, piú oltre, il Tempio d'Ercole, ossario spaventoso della barbarie cartaginese, meraviglia ciclopica tale che la nostra fantasia si domanda non come sia stato costrutto, ma come sia stato abbattuto; e oltre ancora il Tempio di Giove Olimpico, il Tempio di Castore e Polluce: tutte le sacre rúine che Agrigento spiega a sfida tra l'azzurro del cielo e del mare, ecatombe di graniti e di marmi che sembra dover ricoprire tutta la terra di colonne mozze o giacenti, di capitelli, di cubi, di lastre, di frantumi divini. Ma dinnanzi a noi era quello che Miss Eleanor chiamava «il mio tempio», il tempio di Demetra, eretto ancora sulle sue cinquantaquattro colonne, l'unico intatto fra dieci altri abbattuti, l'unico sopravvissuto, per uno strano privilegio, al furore fenicio e cartaginese, al fanatismo cristiano e saraceno. — No, amico mio. Dobbiamo ai cristiani e ai saraceni se il tempio è giunto intatto fino a noi.
Fu San Rinaldo, nel IV secolo, che lo scelse fra «i monumenti infernali dell'idolatria» per convertirlo in una chiesa dedicata a San Giovanni Evangelista, chiesa che fu trasformata in moschea al tempo dell'invasione saracena. E l'edificio divino fu salvo, mascherato e protetto come un fossile nella sua custodia di pietra e di cemento. Quale grazia del caso! Pensate allo scempio che fu fatto degli altri! Pubblicherò un manoscritto di mio padre dedicato tutto allo studio di queste distruzioni nefande. Pensate a quel colossale Tempio d'Ercole che forni materiale per tutti i porti nel Medio Evo! Tutto fu abbattuto e spezzato. Abbattute le colonne ciclopiche, ogni scannellatura delle quali poteva contenere un uomo, come in una nicchia, abbattuti i giganti e le sibille alte dodici metri che reggevano l'architrave, meraviglia di mole titanica e di scultura perfetta. Pensate le teste, le braccia, le spalle divine, i capitelli intorno ai quali si gettavano gomene colossali, tese, tirate da schiere di buoi fustigati, mentre le seghe tagliavano, le vanghe scalzavano i capolari alle basi. E le moli precipitavano in frantumi spaventosi, con un rombo che faceva tremare le terra. Ora sulle nudità divine, tra le pieghe dei pepli, nidificano le attinie e i polipi di Porto d'Empedocle. — Cose da invocare un secondo toro di Falaride per i cristianissimi demolitori. — Il gregge! Il gregge dell'Abazia! — Miss Eleanor si interruppe ad un tratto, ebbe uno di quei suoi moti fanciulleschi di bimba sopravvissuta, — il gregge dell'Abazia! Guardate che incanto! Dall'interno del Tempio, sul grigio delle colonne immani, biancheggiarono d'improvviso due, trecento agnelle color di neve. Uscivano dal riposo meridiano, dalla fresca penombra, correvano lungo il pronao, balzavano sui plinti, scendevano con grandi belati e tinnir di campani. Tre pastori s'affaccendavano con i cani per adunare le disperse e le ritardatarie. Alcune, le piccoline, non s'attentavano a balzare dagli alti cubi di granito, correvano disperate lungo il pronao, protendevano il collo invocando soccorso, con un belato lamentevole. I pastori le prendevano tra le braccia, passandole dall'uno all'altro, tra l'abbaiare dei cani. “
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Brano tratto dal racconto di Guido Gozzano Alcina, pubblicato per la prima volta sulla rivista culturale milanese L’illustrazione italiana il 26 dicembre 1913.
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LA VERA STORIA DI HACHIKO
Quella che mi appresto a raccontarvi, è una storia realmente accaduta e narra del commovente rapporto d’affetto e lealtà tra un cane e il suo padrone.
Tutto ha inizio nel gennaio del 1924, quando Hidesamuroh Ueno, professore presso l’università di Tokyo, adottò un cucciolo di Akita bianco, a cui diede il nome di Hachiko.
Il professor Ueno, abitava a Shibuya e ogni mattina si recava presso la locale stazione per raggiungere l’università di Tokyo in cui insegnava, accompagnato dal suo fedele cane.
Hachiko, si era talmente abituato agli orari del suo padrone, che ogni giorno si recava alla stazione alle 3 del pomeriggio, orario in cui il treno riportava a casa il professor Ueno.
Il 21 maggio del 1925, un avvenimento inaspettato come può essere un infarto, tolse la vita al professor Ueno mentre si trovava all’università di Tokyo.
Hachiko, come di consueto, si recò alla stazione con la gioia di rivedere il suo padrone, ma non poteva sapere che non lo avrebbe più visto.
Nonostante la delusione del primo giorno, Hachiko si recò alla stazione il giorno seguente e continuò nei giorni a seguire, speranzoso che da un momento all’altro, avrebbe rivisto l’uomo a cui era legato.
Inizialmente, nessuno diede importanza a questo cane che si appostava alla stazione, ma il suo persistere, attirò l’attenzione del capostazione e delle persone che abitualmente prendevano il treno, tanto che cominciarono a prendersene cura.
Presto, i frequentatori della stazione seppero del motivo per cui Hachiko si recava lì e così, la commovente storia del cane che aspettava il ritorno del suo padrone, si diffuse in tutto il Giappone, tanto che moltissime persone incominciarono a raggiungere la stazione di Shibuya per poterlo vedere.
Nell’aprile del 1934, lo scultore Teru Ando, realizzò una scultura in bronzo con le sembianze di Hachiko che fu posta nella stazione di Shibuya, alla presenza dello stesso cane.
L’8 marzo 1935, Hachiko moriva di filariasi all’età di 12 anni, dopo i 10 lunghi anni d’attesa.
La sua morte fu talmente sentita dall’intera popolazione giapponese, che si decise di dichiarare un giorno di lutto nazionale in suo onore.
La scultura che oggi è presente nella stazione di Shibuya, non è quell’originale dello scultore Teru Ando, che fu sciolta durante la Seconda Guerra Mondiale per ricavarne armi, ma del figlio Takeshi Ando, che ricevette la commissione nel 1948.
Esiste una seconda scultura di Hachiko a Odate, luogo in cui nacque.
Grazie ad un trattamento particolare, il corpo di Hachiko è stato mantenuto perfettamente ed è visibile presso il Museo Nazionale di Natura e Scienza della città di Shibuya.
Alcune ossa di Hachiko sono state sepolte a Aoyama, accanto alle spoglie del suo padrone.
L’8 aprile di ogni anno, in Giappone viene organizzata una cerimonia in ricordo di Hachiko.
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Nel giorno di San Valentino sai qual è il bacio più romantico a Bassano del Grappa? 💋 Proprio Il Bacio, la scultura raffigura un alpino che bacia con passione la sua ragazza prima di partire per il fronte. I significati legati a essa sono tanti e profondi e, oltre a essere un inno all'amore, è una memoria delle fatiche della guerra. ❤️ In questo giorno speciale, i nostri migliori auguri vanno a tutti gli innamorati!
On Valentine's Day, do you know what the most romantic kiss is in Bassano del Grappa? 💋 Just The Kiss, the sculpture represents an Alpine man who passionately kisses his girlfriend before leaving for the front. The meanings attached to it are numerous and profound, and in addition to being an ode to love, it is a reminder of the labors of war. ❤️ On this particular day, our best wishes go out to all lovers!
📍 Bassano del Grappa | Vicenza
#visitveneto
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La Diana di Versailles: trovata in Italia e finita al Louvre... e Napoleone non c'entra
La scultura del giorno che vi propongo oggi è la cosiddetta Diana di Versailles, conosciuta anche come Artemide della Caccia. Artemide, nota come Diana nella mitologia romana, era la dea greca della caccia, della natura selvaggia e della castità. Figliola di Zeus e sorella di Apollo, era la protettrice delle ragazze e delle giovani donne, presiedeva alle nascite ed era particolarmente venerata.…
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#antonietta bandelloni#art#artblogger#arte#artinfluencer#bellezza#capolavoro#english#La scultura del giorno#life#masterpiece#scultura
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Un violento temporale nel nord-ovest del Nevada ha condizionato nei giorni scorsi l’edizione del 2023 del Burning Man, il popolare festival statunitense in cui decine di migliaia di persone si riuniscono ogni anno nel deserto Black Rock per creare una specie di città provvisoria, bruciare un’enorme scultura antropomorfa di legno, smontare tutto e andarsene. Nella giornata di lunedì, dopo un miglioramento delle condizioni meteorologiche e del terreno, i partecipanti hanno cominciato a lasciare l’area del festival dopo che diversi eventi in programma erano stati posticipati o annullati, e circa 72mila persone erano rimaste isolate a causa del pantano che impediva a loro o a chiunque altro di attraversare il deserto.
[...]
Si ritiene che il temporale dei giorni scorsi sia stato il più lungo e intenso mai passato sul deserto di Black Rock durante un’edizione del Burning Man, un festival di arte e musica piuttosto unico, che si tiene in questa sede dal 1991 ma esiste dal 1986, e il cui biglietto di ingresso costa 575 dollari (circa 532 euro). L’eccezionalità dell’evento meteorologico e le sue conseguenze pratiche immediate hanno aggiunto elementi di attualità a un lungo dibattito sul festival, di cui si parla da anni per altre ragioni: le sue caratteristiche atipiche – non è un festival musicale, come il Coachella o Woodstock – e l’evoluzione che ha subìto nel corso del tempo.
Il Burning Man è oggi considerato non più un evento della controcultura statunitense come lo era all’inizio, alla fine degli anni Ottanta, ma il raduno noto per essere frequentato anche dai CEO della Silicon Valley e da altre persone ricche e famose, che a volte raggiungono il deserto con jet privati, atterrando in un piccolo aeroporto provvisorio, e poi alloggiano in camper di lusso. Mark Zuckerberg e Elon Musk sono tra i più famosi frequentatori abituali del festival, per esempio, anche se quest’anno non si è visto nessuno dei due. Di sicuro c’erano invece, tra gli altri, il produttore discografico Diplo e il comico Chris Rock, andati via sull’auto di un loro fan dopo aver attraversato otto chilometri di fango a piedi, ha scritto Diplo.
[...]
Non è la prima volta che i partecipanti si trovano in difficoltà al Burning Man, che si tiene alla fine dell’estate e nei primi anni era organizzato in una spiaggia a San Francisco. Dopo l’annullamento delle edizioni del 2020 e del 2021 a causa della pandemia, l’edizione del 2022 si era svolta in condizioni di caldo estremo, con temperature fino a 39 gradi, che avevano reso ancora più difficili da sopportare le otto ore in coda trascorse dalle persone per lasciare il deserto alla fine del festival.
L’edizione del 2023 era cominciata con qualche giorno di ritardo per le conseguenze del passaggio dell’uragano Hilary, che aveva rallentato i lavori di allestimento della città provvisoria. All’inizio del festival c’era stata inoltre una manifestazione di un gruppo di ambientalisti, di cui si era parlato anche perché si era sparsa la voce infondata che alcuni di loro fossero armati. I membri del gruppo, poi allontanati con la forza dalla polizia (armata), avevano occupato l’unica strada di accesso a Black Rock City, sostenendo che gli attuali fenomeni di consumismo del festival siano antitetici alla controcultura originaria del Burning Man. Reggevano cartelli con la scritta «Abolire il capitalismo» e «La Terra ha bisogno del nostro aiuto».
Piogge intense come quelle degli ultimi giorni sono relativamente insolite tra agosto e settembre nel deserto Black Rock: solo nella giornata di venerdì è caduta la quantità di pioggia che normalmente cade in tre mesi. La parte conclusiva dei nove giorni di festival è peraltro quella più affollata, perché include le molte persone che arrivano per assistere all’incendio della gigantesca scultura di legno.
[...]
Da alcuni anni gli organizzatori del Burning Man cercano di rispondere alle critiche segnalando il loro impegno in progetti di sostenibilità ambientale e compensazione delle emissioni di gas serra. In un loro rapporto sulla sostenibilità ambientale nel 2023 hanno indicato, tra le altre cose, un nuovo programma sperimentale di installazione di pannelli solari nella città provvisoria. Gli attivisti ritengono che le misure siano insufficienti per mitigare gli effetti del riscaldamento globale.
Accartocciando uno dei volantini distribuiti dagli attivisti durante la protesta lungo la strada di accesso a Black Rock City, una persona che stava raggiungendo il festival ha detto al Guardian: «Ho dei pannelli solari, sul mio camper, mentre i manifestanti sono arrivati qui in macchine normali. Stanno letteralmente aggravando il cambiamento climatico».
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La Scultura del Giorno: Giuditta di Santo Varni – Michelangelo Buonarroti è tornato
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La gente si abitua sempre all'amore e alla morte. Della prima non ne ha mai abbastanza ma ne disprezza, la morte semplicemente la ignora, ma lei non ignora noi. Dettaglio da niente.
In mezzo bambini e gatti.
C'è questa donna che fa l'infermiera 24 anni ex ballerina che sogna tutto il suo futuro e ad es. si fa grandi viaggi e ogni cosa che dice del futuro e di sé sembra uscita da una scatola di bambole.
Porcellane da comò del 1920-
E io aspetto il giorno che la porcellana si rompe per dire ah vedi, che poi a lei sai che gli importa, ma per dirlo a me perché, onestamente, viviamo di meschinità e quando una persona cade noi possiamo dirci questa favola cretina: lo sapevo! che vuol dire illuderci che "noi sappiamo le cose", noi le sappiamo prima di viverle e noi sappiamo e quindi possiamo fare a meno di provare di vivere di sognare di rischiare. Siamo scarafaggi. Onesti scarafaggi.
Ma sono forse io che sogno, perché la mia vita non la so così bene come mi credo di quella degli altri. E' la natura nostra questa.
Sappiamo tutto di tutto e potremmo vivere la loro cazzo di vita meglio di loro - ci diciamo da scarafaggi qual siamo - ma la nostra cazzo di vita non la sappiamo per niente e per nulla, noi ci barcameniamo e prendiamo tranvate in faccia e ci diciamo che nessuno capisce la nostra sofferenza la nostra peculiarità la nostra unicità,
nessuno capisce quanto siamo speciali !
continuiamo a osservare gli altri e a dirci e ma che culo sfrontato che hanno - avete notato quanto gli altri hanno sempre più culo di noi? - e che noi vivremmo meglio la loro vita
Noi non sogniamo siamo fessi.
Quando mi sento così apro un libro - un romanzo, un libro d'arte - e lo sfoglio, perché l'arte parla della vita, e ci ritrovo i pezzi minuscoli di me, ma riprodotti meglio fatti cioè topos, scultura, grandeur di principi.
Me credo. Me gonfio di inutili coglionate.
E poi? Torno a fare di me un esempio cretino di persona. Questo mi contraddistingue.
Io sono così, sono un fesso che sa le cose, ed è tragico, chi sa le cose capisce la specificità sua e analizza la sua infelicità e non ne esce meglio del burino che non la capisce. E ci resto così, di sasso.
Quando sei intelligente, lo sai che sei un fesso, mica te lo puoi nascondere-
E allora penso a Curzio Malaparte, lo scrittore italiano amato da Churchill, era fortunato Curzio, poi con quel nome che sembra inventato, e io avrei potuto vivere la sua vita cento volte meglio di lui.
Invece sono un cretino.
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Cosa significa amare
Ci sono stati periodi della mia vita in cui ho odiato me stesso, perciò ho iniziato a credere di poter trovare la felicità amando un'altra persona. Quell'amore mi faceva sentire come se facessi un singolo pasto al giorno, non mi saziava, quindi ho capito che per amare un'altra persona avrei dovuto imparare ad amare me stesso. Questa è la via corretta per una sana alimentazione. Se provi emozioni negative per la tua persona, riversi questa negatività su colei che "ami". Dopo tante lotte con me stesso, ho raggiunto l'obbiettivo tanto desiderato: stare bene da solo, essere felice senza aver bisogno di nessuno. Così un bel giorno mi sono innamorato nuovamente, ma paradossalmente, ho perso di nuovo la mia felicità. Litigavo spesso, non andavo d'accordo con lei nonostante "l'amassi tantissimo", dunque ho capito che c'è una differenza enorme tra l'amare e l'innamorarsi. Innamorarsi è un evento casuale, l'amore è una scelta. Innamorarsi è semplice, amare è complicato, perché vuol dire comprendere l'animo della persona che hai affianco e mettere da parte la rancore per dare spazio al perdono. Amare vuol dire accettare i suoi difetti ed imparare ad amarli. D'altronde sono proprio i difetti a dare fascino. L'amore è come un bivio che converge in una strada sola, la strada del compromesso. L'amore all'inizio è come un terreno arato ma privo di vegetazione, per questo nel mio orto pianterò sempre più piante e alberi, ma dovrò potare i rami secchi in modo da poter far crescere rigogliosi gli alberi, dovrò dare acqua alle piante e solo quando questo accadrà, potrò godere dei frutti del mio magnifico, speciale, difficile rapporto.
Alcune persone sono fortunate perché hanno un rapporto simile ad un blocco di pietra, che ha già una forma simile alla scultura che vogliono scolpire. Noi siamo ugualmente fortunati, ma dovremo faticare di più, perché abbiamo un parallelepipedo che ha solo qualche angolo smussato. Dovremo lavorare tanto, ma quando avremo raggiunto la forma desiderata, ci sentiremo soddisfatti, fieri ed orgogliosi di noi. A volte la superficie della scultura perderà lucidità allora noi carteggieremo e continueremo a prendercene cura. A volte cadrà e si scheggerà allora noi la ripareremo, perché il sentimento che ci spinge a continuare a stare insieme è così forte e così grande da non perdere mai la voglia di amarci e di migliorarci l'uno per l'altro. Ciò non vuol dire che non avremo dubbi, anche un prete può perdere la fede, eppure continua ad amare dio, nel profondo del suo cuore. A volte saremo sereni come una spiaggia in una mattina primaverile, a volte saremo irruenti e impetuosi come il mare che si abbatte su una scogliera frastagliata d'inverno, ma da quei momenti capiremo veramente cosa significa amare.
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