#La scultura del giorno
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1° Novembre 1757: venne al mondo Canova
E così, in quel gelido primo novembre del 1757, nacque Antonio Canova nella cittadina trevigiana di Possagno: uno dei più grandi scultori di sempre. La sua infanzia fu tanto complessa quanto dolorosa. Era ancora piccolo quando gli morì il padre e la madre si risposò, lasciando di fatto Antonio alla cura del nonno paterno Pasino. Il nonno però un abile scalpellino, noto nella zona per le sue…
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Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare.
Piero Angela ha detto un giorno 'è difficile essere facili'. Per semplificare bisogna togliere, e per togliere bisogna sapere cosa togliere, come fa lo scultore quando a colpi di scalpello toglie dal masso di pietra tutto quel materiale che c���è in più della scultura che vuole fare.
Teoricamente ogni masso di pietra può avere al suo interno una scultura bellissima, come si fa a sapere dove ci si deve fermare per togliere, senza rovinare la scultura?
Togliere invece che aggiungere potrebbe essere la regola anche per la comunicazione visiva a due dimensioni come il disegno e la pittura, a tre come la scultura o l'architettura, a quattro dimensioni come il cinema.
Togliere invece che aggiungere vuol dire riconoscere l’essenza delle cose e comunicarle nella loro essenzialità. Questo processo porta fuori dal tempo e dalle mode, il teorema di Pitagora ha una data di nascita, ma per la sua essenzialità è fuori dal tempo. Potrebbe essere complicato aggiungendogli fronzoli non essenziali secondo la moda del momento, ma questo non ha alcun senso secondo i principi della comunicazione visiva relativa al fenomeno.
Eppure la gente quando si trova di fronte a certe espressioni di semplicità o di essenzialità dice inevitabilmente questo lo so fare anch’io, intendendo di non dare valore alle cose semplici perché a quel punto diventano quasi ovvie.
In realtà quando la gente dice quella frase intende dire che lo può Rifare, altrimenti lo avrebbe già fatto prima.
La semplificazione è il segno dell’intelligenza, un antico detto cinese dice: quello che non si può dire in poche parole non si può dirlo neanche in molte.
Bruno Munari - "Verbale scritto"
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https://michelangelobuonarrotietornato.com/2023/04/08/la-scultura-del-giorno-il-cristo-velato-del-sanmartino/
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NARCISO
Autore: Paul Dubois (1829 - 1905) Scultore francese. La sua opera è caratterizzata dall'approssimazione alla scultura di tipo classico, di perfetta fattura, avendo tra le sue massime influenze quella dei maestri del Rinascimento italiano.
Mitologia :
Narciso era il figlio del dio del fiume Cephisso e della ninfa Liriope.
Questa è la storia di Eco e Narciso. Un giorno, Narciso stava camminando nei boschi quando Echo, un Oread (ninfa di montagna) lo vide, si innamorò profondamente e lo seguì.
Narciso sentì che lo seguivano e gridò «Chi c'è? » Eco ha ripetuto «Chi c'è? » Alla fine ha rivelato la sua identità e ha cercato di abbracciarlo. Lui se n'è andato e gli ha detto di lasciarlo solo. Era distrutta e ha trascorso il resto della sua vita in valle solitarie. Una volta, durante l'estate, aveva sete dopo la caccia, e la dea lo attirò in una piscina dove si appoggiava sull'acqua e si vedeva nel fiore della gioventù. Narciso non si rese conto che era semplicemente il suo riflesso e si innamorò profondamente di lui, come se fosse qualcun altro. Incapace di lasciare il fascino della sua immagine, alla fine si rese conto che il suo amore non poteva essere ricambiato e svanito dal fuoco della passione che bruciava dentro di sé, diventando finalmente un fiore bianco e dorato.
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Nudità in senso spirituale
Sul piano spirituale, in particolare nella religione giudaico-cristiana, la nudità viene associata inizialmente alla condizione di purità e innocenza: infatti tale era quella di Adamo ed Eva quando furono creati nel Paradiso terrestre, prima del peccato originale: «ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna». Fu solo dopo aver mangiato il frutto dell'albero proibito che entrambi si accorsero di essere nudi, acquisendo la conoscenza del bene e del male, della differenza tra i sessi e della perdita del proprio legame originario con la natura.
«Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l'uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?»
( Genesi, 3, 7-11, su laparola.net.)
Quella condizione di nudità che in origine era sinonimo di purezza e di candore si era tramutata paradossalmente nel suo contrario, diventando foriera di tentazioni, della concupiscenza e degli istinti più bassi.
Se nell'arte greca la nudità era intesa generalmente come sinonimo di purezza, riguardando molto più gli uomini delle donne, e anche nella mitologia Zeus ordinava che i mortali venissero giudicati «nudi, senza quei rivestimenti, dopo la morte», l'ambivalenza del significato spirituale della nudità, oscillante tra l'innocenza e la vergogna, permeò in particolare l'arte cristiana, in cui furono tollerate le figure nude di Adamo ed Eva, oltre a quella di Gesù ritratto nei momenti della Flagellazione, della Crocifissione, della Deposizione e della Pietà. Jacques Le Goff sottolinea che la «rinuncia alla carne» dovuta all'istituzionalizzazione del cristianesimo sia cominciata già in ambito pagano verso il II secolo d.C., «tra l'epoca di Cicerone e il secolo degli Antonini». Invece col Rinascimento si ebbe un'autentica esplosione del nudo, soprattutto di quello femminile, sia nell'arte laica sia in quella religiosa.
«La Chiesa medievale rifiutava la nudità, e con essa la maggior parte dell'arte antica che, soprattutto nella scultura, rappresentava corpi nudi. Con il Rinascimento in Europa, soprattutto nel Cinquecento, avviene la riscoperta dei nudi. Gli stessi che prima erano rappresentati negli affreschi delle basiliche soltanto nelle scene della resurrezione dei corpi.»
(Jacques Le Goff, Il Medioevo e le radici dell'Europa, intervista di Silvia Luperini su "La Repubblica", 17 gennaio 2007)
La nudità nel Rinascimento s'impose come simbolo della spiritualità e dell'Idea platonica, priva di rivestimenti materiali e perciò autentica e pura come la Verità, secondo il motto di Orazio. Ad esempio nell'opera di Tiziano Amor sacro e Amor profano, contrariamente all'interpretazione che venne data nei secoli successivi, la donna nuda è allegoria dell'amore spirituale, ossia della Venere celeste, mentre quella vestita rappresenta l'amore terrestre e profano.
Tuttavia non mancarono varie obiezioni a una tale esibizione di nudi. Papa Pio IV ad esempio ordinò a Daniele da Volterra di coprire le nudità più indecenti del Giudizio Universale di Michelangelo.
Varie abitudini moderne
Come regola generale la nudità pubblica non è accettata nella maggior parte delle società moderne, tuttavia esistono molte eccezioni e circostanze particolari in cui la nudità è tollerata, accettata o addirittura incoraggiata.
In generale nella cultura occidentale si trova la maggior parte delle restrizioni quando vengono messe in evidenza le parti intime, specialmente tra persone di sesso diverso. Così gli organi sessuali e il seno delle donne sono spesso coperti, anche quando altre parti del corpo possono essere liberamente scoperte.
La nudità, completa o parziale, può essere parte di una punizione corporale o come umiliazione forzata, in particolare se comminata in pubblico.
La nudità di fronte a estranei dello stesso sesso è spesso più accettata di quella di fronte all'altro o a entrambi i sessi, ad esempio nelle docce aperte, negli spogliatoi, ecc. Spogliatoi distinti per genere servono a evitare accidentali nudità di fronte all'altro sesso.
In alcune strutture in cui la nudità serve come insegnamento pratico, come ad esempio un intervento medico, un massaggio terapeutico o nelle arti figurative, un individuo può essere nudo di fronte a una o più persone vestite. La nudità totale per il modello resta la norma nella pittura figurativa.
Sebbene negli USA l'esposizione del seno delle donne sia solitamente tollerata, la sua esposizione in pubblico non è ancora solitamente ammessa; il pubblico allattamento al seno, dal momento che l'esposizione include la sua funzionalità, può essere considerato meno sconveniente, ma è ancora talvolta problematico. Tuttavia tribunali in alcune giurisdizioni nordamericane, inclusi gli Stati dell'Ontario e di New York, hanno legalizzato l'esposizione dei capezzoli femminili sulla base di uno stesso livello di libertà (XIV emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America). Il movimento del "topfree equality" promuove uguali diritti per le donne di non avere vestiti a coprire il petto; il termine "topfree" piuttosto che "topless" è usato per evitare la precedente connotazione sessuale.
La nudità è fortemente associata alla sessualità nella maggior parte delle culture in cui un certo livello di pudore è previsto. Ciò è evidenziato dall'esistenza di striptease in queste culture. Come effetto dell'eredità culturale cattolica, nelle culture latine la definizione comune di pudore generalmente non ammette la nudità genitale, ma la definizione di ciò che è permesso è cambiata e i seni delle donne sono adesso normalmente esposti o raffigurati senza scandalo.
Naturismo
La tendenza in alcuni paesi europei, come Spagna, Francia, Croazia, Germania, Finlandia, Italia e Paesi Bassi, è di ammettere entrambi i sessi a fare il bagno nudi assieme.
Vi è anche chi non considera la nudità sociale e in pubblico disdicevole. Questa considerazione è propria sia del nudismo sia del naturismo, che è possibile praticare sia in luoghi pubblici come spiagge, sia in luoghi privati come campeggi, alberghi e altre strutture ricettive. Lo stato di nudità nel nudismo e nel naturismo viene vissuto per gli effetti benefici di rilassamento, serenità e senso di unione con la natura che esso può donare. Per il naturista quindi la nudità non è strumento per attuare comportamenti osceni: per il naturista i limiti morali di comportamento in stato di nudità in pubblico sono gli stessi di quando si portano gli abiti.
Altri praticano la nudità pubblica più casualmente. Prendere l'abbronzatura in topless è considerato accettabile in molte spiagge di tutta Europa e anche in alcune piscine all'aperto, anche la legislazione italiana si è da decenni ormai favorevolmente espressa in merito; tuttavia l'esposizione dei genitali è riservata alle aree nudiste nella maggior parte delle regioni. Negli Stati Uniti prendere il sole in topless e perizoma è comune nel Sud Miami Beach (Florida). C'è un certo numero di spiagge nudiste sopra e sotto[cosa significa?] la costa occidentale degli USA. Dal 1996 la decisione di un tribunale in Ontario permette alle donne di andare in topless in pubblico in Canada.
2/n
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Tendimi la mano.
Non sono oggettivamente bello, non lo sono mai stato, non lo sarò mai. Anzi, quando mi dicono che lo sono, a volte penso che mi stiano prendendo in giro. O, nel migliore dei casi, semplicemente mi limito a non credere. C’è una collega a cui feci “il filo” per quattro mesi, tempo fa. Poi un giorno, d’improvviso, con nonchalance mi nominò il suo ragazzo. Così, di botto, dal nulla, come se nulla fosse. Ovviamente da quel momento in poi smisi di corteggiare/ammiccare/sedurre, e cambiai registro. Vi risparmio i dettagli su quanto ci stetti male, perché mi sentii profondamente ferito, umiliato, calpestato. E non commenterò nemmeno il comportamento di questa ragazza, che non si degnò di dirmi un “dettaglio” così importante nel momento più opportuno. No, non è questo il fulcro del post. I rapporti tra noi sono comunque rimasti buoni, perché purtroppo in quanto collega (seppur di reparti diversi) mi ritrovo quotidianamente a lavorarci insieme. E anche oggi, come già accaduto altre volte, mi ha detto che sono “bono”. Ora capite, a maggior ragione, perché avverto certi complimenti come una presa in giro? Non li ricevo da una ragazza fedele, grata, rispettosa, leale, riconoscente, preziosa. Ma invece da una donna che con me si è comportata malissimo, cercando di prendersi il meglio di me restituendomi solo un’amara verità. La questione tra me e lei è superata, quantomeno a livello personale. Ma la domanda che vi faccio, care donne, è: ora, io, come faccio a credervi? Come faccio a credere alla vostra sincerità, alla vostra buona fede, alla vostra limpidezza? Come posso fidarmi? No, davvero, ditemelo. Vale per uno sciocco complimento sull’aspetto fisico, ma per estensione anche su tutto il resto. Anche su cose, potenzialmente, molto più importanti. Mi spiegate come diamine posso accettare anche solo un vostro giudizio, prendendolo totalmente per buono? Senza dubbi, incertezze, domande? Io, probabilmente, non ci riesco più. Mi fa piacere che una ragazza mi dica che sono “bono” (uso le virgolette per la mia inadeguatezza nei riguardi dell’ascolto di questo termine con riferimento alla mia persona), ma quanto valore ha davvero? Dov’è la verità? La verità, cavolo, l’unica cosa che conti davvero. Voglio la verità. Da adolescente bramavo quel complimento, e non lo ricevevo mai. Mai. Mai ricevuto. Normale che poi mi sia convinto di essere una tazza del water con i pedali. E adesso arriva questa e me lo dice. Proprio lei, poi. Sensi di colpa per avermi fatto soffrire? Frasi di circostanza? Semplice inclinazione al lenocinio (e sono stato gentile)? Fatto sta che mi avete portato a non credervi più. Ed è un bel casino, perché è solo a voi che vorrei credere. Quindi come si risolve la questione? Come si restaura la credibilità, una volta che la si è persa? Sì, uso il verbo restaurare, perché è come una vecchia scultura, lasciata marcire in una grande villa ottocentesca abbandonata. Vorrei solo che mi venisse tesa la mano. E vorrei, a mia volta, poterla stringere. Forte.
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La mia vita tra questa vita e l’aldilà ¥ My life between this life and the afterlife
Questa è la straordinaria storia di un amore che continua oltre la morte, di un regalo miracoloso, e di un quarzo magico che spiega tutto questo.
La notte tra il 27 e il 28 ottobre, è la notte in cui gli spiriti degli animali defunti tornano dall’Aldilà, per visitare i luoghi in cui sono vissuti e le persone che più hanno amato.
E questa notte, più di ogni altra notte, è per me e la mia amatissima gatta Miu.
E questa, è la nostra straordinaria storia, che ha superato la morte, e continua nella vita oltre la vita.
In un’eternità solo per noi*
Il 22 gennaio 2024, nel giorno del mio compleanno, la mia straordinaria gatta Miu, mi ha fatto il più grande dei suoi regali: l’impronta della sua zampina.
La mia Miu, è morta il 12 marzo 2021.
Accanto alla sua impronta, c’era anche l’immagine di un cervo.
Inizialmente, non riuscivo a capire che significato potesse avere questa immagine di cervo.
Poi, dopo alcuni mesi, ho finalmente capito.
In un negozio di pietre e cristalli sciamanici, ho trovato un raro e bellissimo quarzo di Lodolite rossa, incastonato in una montatura che conteneva la scultura di un cervo.
Nella descrizione della pietra, era spiegato che il cervo, nello Sciamanesimo, è una guida che accompagna gli spiriti degli animali defunti dall’Aldilà al nostro mondo, facendo proprio da ponte tra i due mondi.
Lo spirito della mia eccezionale Miu, era dunque stato accompagnato dalla guida di un cervo, per passare dall’Aldilà all’Aldiqua, e permetterle di lasciarmi la sua impronta fisica, come regalo per il mio compleanno.
Scoprire questa cosa eccezionale, mi ha lasciato senza parole.
Ed anche avere avuto il dono di poter comprendere questo, è stato un altro incredibile regalo della mia adorata Miu.
Ecco perché, questo magnifico quarzo, ha per me un significato così speciale.
Trovarlo è stato un dono.
Come un dono, è aver condiviso la mia vita con te, Miu, e continuare a condividerla nella vita oltre la vita.
Ti Amo.
Per Sempre*
This is the extraordinary story of a love that continues beyond death, of a miraculous gift, and of a magic quartz that explains it all.
The night between October 27th and 28th is the night when the spirits of deceased animals return from the afterlife, to visit the places where they lived and the people they loved most.
And this night, more than any other night, is for me and my beloved cat Miu.
And this is our extraordinary story, which has overcome death, and continues in life after life.
In an eternity just for us*
On January 22, 2024, on my birthday, my extraordinary cat Miu gave me the greatest of her gifts: the print of her little paw.
My Miu died on March 12, 2021.
Next to her print, there was also the image of a deer.
At first, I couldn't understand what the meaning of this image of a deer could be.
Then, after a few months, I finally understood.
In a shamanic crystal and stone shop, I found a rare and beautiful red Lodolite quartz, set in a mount that contained the sculpture of a deer.
In the description of the stone, it was explained that the deer, in Shamanism, is a guide that accompanies the spirits of deceased animals from the Afterlife to our world, acting as a bridge between the two worlds.
The spirit of my exceptional Miu, had therefore been accompanied by the guide of a deer, to pass from the Afterlife on this side, and allow her to leave me her physical imprint, as a gift for my birthday.
Discovering this exceptional thing, left me speechless.
And also having had the gift of being able to understand this, was another incredible gift from my beloved Miu.
That's why, this magnificent quartz, has such a special meaning for me.
Finding it was a gift.
As a gift, it is to have shared my life with you, Miu, and to continue sharing it in the life beyond life.
I Love You.
Forever*
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STARSCREAM ( Voyager ) Generations LEGACY UNITED Cybertron
C'era un volta la miniserie a fumetti War Within della DreamWave, dove tramite le magiche matite di Don Figueroa i classici personaggi dei Transformers G1 venivano ritratti per la prima volta con fighissime forme Cybertroniane, e tutti bramavamo di vedere prima o poi quei meravigliosi design tramutati in modellini. E venne presto il giorno, dato che per la versione di Galaxy Force / Cybertron di STARSCREAM, Hasbro e Takara si ispirarono platealmente al seeker grigio e rosso visto nel fumetto succitato!
Tutto bene quindi? Circa, poiché ai tempi Hasbro decise di farne una versione gigante Supreme di questo Astrum, snobbando il Voyager uscito normalmente in Giappone, da qui la difficoltà ai tempi di trovare la versione più economica tramite mercato estero piuttosto che non comodamente nei negozi di giocattoli e ipermercati vari come ancora si usava ai tempi.
Già personalmente adoravo l'originale, figurarsi ora dopo quasi 20 anni, ritrovarselo in una versione Generations per Legacy United, una versione che è pure il paradigma di come dovrebbero essere questi aggiornamenti moderni di classici del passato, senza magari scadere in errori o pigrizie tecniche varie ( Hot Shot, sto parlando con te!! )
Il ROBOT esteticamente infatti è semplicemente splendido, dato che che potrebbe passare tranquillamente per una Action Figure non trasformabile da quanto è armonioso nelle forme e misure. E la cosa risalta ulteriormente appena tirato fuori dalla scatola, dato che i moduli alati che finiranno sulle spalle e gli alettoni sono appunto staccati, e si assemblano sulla figura grazie ai soliti fori per armi standard appositi.
I moduli alati sulle braccia davano al robot originale un che di maestoso, quasi avesse un mantello che gli scendeva sulle spalle, mentre il Legacy odierno è più agile e longilineo, con spalle meno imponenti ma di riflesso con avambracci normali e non tozzi come il GF.
Ma il tocco di classe che da alla figura quel qualcosa in più è certamente la parte centrale del jet che non scende con la punta fino alle ginocchia ma si ferma al pube, e la cabina in plastica trasparente ora non più ad altezza "pacco" ma sullo stomaco come i più classici dei Seeker.
Magari qualche dettaglio colorato latita come il giallo sulle spalle o un po' di rosso su gambe ed avambracci, ma la scultura è eccellente, ed è davvero alto come Voyager, ben una testa più del suo precedente omonimo Armada di Legacy, e vale quindi lo stesso discorso fatto per Hot Shot sull'evoluzione dei personaggi nelle varie fasi della trilogia.
Notevole come il bacino possa ruotare nonostante la parte centrale del jet copre tutto il torso fino al pube, ed abbia pure i pugni che ruotano, e nonostante l'ampio uso di massa per accessori ed altezza, non abbia vuoti come nei soliti posti fastidiosi come interno dei polsi, cosce e polpacci vari.
E parlando di accessori, ribadiamo che i moduli sulle braccia non solo hanno le ali che si piegano, ma come per la gimmick dell'originale, vi sono ripiegate all'interno ciascuno una lama in plastica viola trasparente, così come dello stesso materiale è la CYBER PLANET KEY ed il fucile che cita quello sparante del Voyager G.F.: quello originale era un rettangolone nero un po' anonimo col missile viola trasparente, questo invece ha un design più ricercato con un paio di alette qua e là, ed è esso stesso tutto viola trasparente!
Ma di bello il fucile ha che tramite un apposita fessura posteriore vi si può sistemare la C.P.K., oltre che nella fessura apposita sotto la nuca. Ah, infine, a proposito della schiena del nostro Astrum Cybertron, i due alettoni posteriori possono ripiegarsi al massimo verso il basso, dando così meno fastidio possibile rispetto invece a come un po' rimanevano più larghi del giocattolo Voyager del 2005.
La TRASFORMAZIONE è, come ovvio, molto simile all'originale ma con qualche tocco in più, ovvero le braccia che si ribaltano all'indietro ma non prima qui di aver ruotato di 180° ed aver fatto rientrare i pugni, un pannello poi che dietro la schiena si apre per nascondervi la testa, e le gambe che ruotano verso l'esterno e si ripiegano mentre si solleva il torso, ma con i pannelli dei polpacci che si aprono. Ed infine gli alettoni posteriori che si uniscono nella pinna
IL JET SPAZIALE è sputato all'originale come aspetto, a parte magari la zona della cabina di pilotaggio meno in rilievo, o le strisce rosse ai lati di queste ( cioè quindi sulle gambe ), così come le ali sarebbero un po' piccole ma non ci si fa caso se non con un confronto diretto col G.F. di un tempo, dato che per la fisionomia ed aerodinamicità del velivolo sono della giusta misura.
Anzi, ironico come senza i moduli alati e gli alettoni, e con la punta ripiegata, questo jet ricordi parecchio l'hovercraft spaziale di Scourge G1! :D
Comunque, tutti i dettagli dall'originale sono al loro posto, pure un modulo nero dietro la cabina a mimare la testa del robot che era nascosta alla buona! XD
Visto da sotto non è male, anche se ha i due pannelli dei polpacci uniti come fossero un modulo di entrata d'aria per il reattori, ma forse era meglio se lo rendevano comunque più aerodinamico. Di contro, il fucile può sistemarsi lì sotto semi nascosto come nel Cybertron o anche nell'alettone verticale, ed il jet ha ( a parte quelli per i moduli alati ) solo un paio di fori sotto per eventuali armi aggiuntive.
Insomma, un ottimo modello con una bella trasformazione, un robot strepitoso ed un gran bel jet col solo inestetismo della "presa d'aria" sotto il muso, ma per il resto finalmente un Generations praticamente perfetto, fedele e che migliora il già bello e carismatico giocattolo originale!
-Videorecensione
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“ Eravamo nell'atrio, tutto rivestito di capelvenere. Dinnanzi m'era lo scenario che godevo da un mese e che mi sembrava di vedere ogni giorno per la prima volta. Il declivio verde di aranci, costellato di frutti d'oro, poi l'azzurro del mare, l'azzurro del cielo; e su quell'orizzonte a tre smalti diversi, i piú divini modelli che l'arte dorica abbia, col Partenone, tramandato sino a noi. Il Tempio della Concordia, e vicino il Tempio d'Era con la sua fuga di venti colonne erette e di venti colonne abbattute, e, piú oltre, il Tempio d'Ercole, ossario spaventoso della barbarie cartaginese, meraviglia ciclopica tale che la nostra fantasia si domanda non come sia stato costrutto, ma come sia stato abbattuto; e oltre ancora il Tempio di Giove Olimpico, il Tempio di Castore e Polluce: tutte le sacre rúine che Agrigento spiega a sfida tra l'azzurro del cielo e del mare, ecatombe di graniti e di marmi che sembra dover ricoprire tutta la terra di colonne mozze o giacenti, di capitelli, di cubi, di lastre, di frantumi divini. Ma dinnanzi a noi era quello che Miss Eleanor chiamava «il mio tempio», il tempio di Demetra, eretto ancora sulle sue cinquantaquattro colonne, l'unico intatto fra dieci altri abbattuti, l'unico sopravvissuto, per uno strano privilegio, al furore fenicio e cartaginese, al fanatismo cristiano e saraceno. — No, amico mio. Dobbiamo ai cristiani e ai saraceni se il tempio è giunto intatto fino a noi.
Fu San Rinaldo, nel IV secolo, che lo scelse fra «i monumenti infernali dell'idolatria» per convertirlo in una chiesa dedicata a San Giovanni Evangelista, chiesa che fu trasformata in moschea al tempo dell'invasione saracena. E l'edificio divino fu salvo, mascherato e protetto come un fossile nella sua custodia di pietra e di cemento. Quale grazia del caso! Pensate allo scempio che fu fatto degli altri! Pubblicherò un manoscritto di mio padre dedicato tutto allo studio di queste distruzioni nefande. Pensate a quel colossale Tempio d'Ercole che forni materiale per tutti i porti nel Medio Evo! Tutto fu abbattuto e spezzato. Abbattute le colonne ciclopiche, ogni scannellatura delle quali poteva contenere un uomo, come in una nicchia, abbattuti i giganti e le sibille alte dodici metri che reggevano l'architrave, meraviglia di mole titanica e di scultura perfetta. Pensate le teste, le braccia, le spalle divine, i capitelli intorno ai quali si gettavano gomene colossali, tese, tirate da schiere di buoi fustigati, mentre le seghe tagliavano, le vanghe scalzavano i capolari alle basi. E le moli precipitavano in frantumi spaventosi, con un rombo che faceva tremare le terra. Ora sulle nudità divine, tra le pieghe dei pepli, nidificano le attinie e i polipi di Porto d'Empedocle. — Cose da invocare un secondo toro di Falaride per i cristianissimi demolitori. — Il gregge! Il gregge dell'Abazia! — Miss Eleanor si interruppe ad un tratto, ebbe uno di quei suoi moti fanciulleschi di bimba sopravvissuta, — il gregge dell'Abazia! Guardate che incanto! Dall'interno del Tempio, sul grigio delle colonne immani, biancheggiarono d'improvviso due, trecento agnelle color di neve. Uscivano dal riposo meridiano, dalla fresca penombra, correvano lungo il pronao, balzavano sui plinti, scendevano con grandi belati e tinnir di campani. Tre pastori s'affaccendavano con i cani per adunare le disperse e le ritardatarie. Alcune, le piccoline, non s'attentavano a balzare dagli alti cubi di granito, correvano disperate lungo il pronao, protendevano il collo invocando soccorso, con un belato lamentevole. I pastori le prendevano tra le braccia, passandole dall'uno all'altro, tra l'abbaiare dei cani. “
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Brano tratto dal racconto di Guido Gozzano Alcina, pubblicato per la prima volta sulla rivista culturale milanese L’illustrazione italiana il 26 dicembre 1913.
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LA VERA STORIA DI HACHIKO
Quella che mi appresto a raccontarvi, è una storia realmente accaduta e narra del commovente rapporto d’affetto e lealtà tra un cane e il suo padrone.
Tutto ha inizio nel gennaio del 1924, quando Hidesamuroh Ueno, professore presso l’università di Tokyo, adottò un cucciolo di Akita bianco, a cui diede il nome di Hachiko.
Il professor Ueno, abitava a Shibuya e ogni mattina si recava presso la locale stazione per raggiungere l’università di Tokyo in cui insegnava, accompagnato dal suo fedele cane.
Hachiko, si era talmente abituato agli orari del suo padrone, che ogni giorno si recava alla stazione alle 3 del pomeriggio, orario in cui il treno riportava a casa il professor Ueno.
Il 21 maggio del 1925, un avvenimento inaspettato come può essere un infarto, tolse la vita al professor Ueno mentre si trovava all’università di Tokyo.
Hachiko, come di consueto, si recò alla stazione con la gioia di rivedere il suo padrone, ma non poteva sapere che non lo avrebbe più visto.
Nonostante la delusione del primo giorno, Hachiko si recò alla stazione il giorno seguente e continuò nei giorni a seguire, speranzoso che da un momento all’altro, avrebbe rivisto l’uomo a cui era legato.
Inizialmente, nessuno diede importanza a questo cane che si appostava alla stazione, ma il suo persistere, attirò l’attenzione del capostazione e delle persone che abitualmente prendevano il treno, tanto che cominciarono a prendersene cura.
Presto, i frequentatori della stazione seppero del motivo per cui Hachiko si recava lì e così, la commovente storia del cane che aspettava il ritorno del suo padrone, si diffuse in tutto il Giappone, tanto che moltissime persone incominciarono a raggiungere la stazione di Shibuya per poterlo vedere.
Nell’aprile del 1934, lo scultore Teru Ando, realizzò una scultura in bronzo con le sembianze di Hachiko che fu posta nella stazione di Shibuya, alla presenza dello stesso cane.
L’8 marzo 1935, Hachiko moriva di filariasi all’età di 12 anni, dopo i 10 lunghi anni d’attesa.
La sua morte fu talmente sentita dall’intera popolazione giapponese, che si decise di dichiarare un giorno di lutto nazionale in suo onore.
La scultura che oggi è presente nella stazione di Shibuya, non è quell’originale dello scultore Teru Ando, che fu sciolta durante la Seconda Guerra Mondiale per ricavarne armi, ma del figlio Takeshi Ando, che ricevette la commissione nel 1948.
Esiste una seconda scultura di Hachiko a Odate, luogo in cui nacque.
Grazie ad un trattamento particolare, il corpo di Hachiko è stato mantenuto perfettamente ed è visibile presso il Museo Nazionale di Natura e Scienza della città di Shibuya.
Alcune ossa di Hachiko sono state sepolte a Aoyama, accanto alle spoglie del suo padrone.
L’8 aprile di ogni anno, in Giappone viene organizzata una cerimonia in ricordo di Hachiko.
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La Diana di Versailles: trovata in Italia e finita al Louvre... e Napoleone non c'entra
La scultura del giorno che vi propongo oggi è la cosiddetta Diana di Versailles, conosciuta anche come Artemide della Caccia. Artemide, nota come Diana nella mitologia romana, era la dea greca della caccia, della natura selvaggia e della castità. Figliola di Zeus e sorella di Apollo, era la protettrice delle ragazze e delle giovani donne, presiedeva alle nascite ed era particolarmente venerata.…
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Un violento temporale nel nord-ovest del Nevada ha condizionato nei giorni scorsi l’edizione del 2023 del Burning Man, il popolare festival statunitense in cui decine di migliaia di persone si riuniscono ogni anno nel deserto Black Rock per creare una specie di città provvisoria, bruciare un’enorme scultura antropomorfa di legno, smontare tutto e andarsene. Nella giornata di lunedì, dopo un miglioramento delle condizioni meteorologiche e del terreno, i partecipanti hanno cominciato a lasciare l’area del festival dopo che diversi eventi in programma erano stati posticipati o annullati, e circa 72mila persone erano rimaste isolate a causa del pantano che impediva a loro o a chiunque altro di attraversare il deserto.
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Si ritiene che il temporale dei giorni scorsi sia stato il più lungo e intenso mai passato sul deserto di Black Rock durante un’edizione del Burning Man, un festival di arte e musica piuttosto unico, che si tiene in questa sede dal 1991 ma esiste dal 1986, e il cui biglietto di ingresso costa 575 dollari (circa 532 euro). L’eccezionalità dell’evento meteorologico e le sue conseguenze pratiche immediate hanno aggiunto elementi di attualità a un lungo dibattito sul festival, di cui si parla da anni per altre ragioni: le sue caratteristiche atipiche – non è un festival musicale, come il Coachella o Woodstock – e l’evoluzione che ha subìto nel corso del tempo.
Il Burning Man è oggi considerato non più un evento della controcultura statunitense come lo era all’inizio, alla fine degli anni Ottanta, ma il raduno noto per essere frequentato anche dai CEO della Silicon Valley e da altre persone ricche e famose, che a volte raggiungono il deserto con jet privati, atterrando in un piccolo aeroporto provvisorio, e poi alloggiano in camper di lusso. Mark Zuckerberg e Elon Musk sono tra i più famosi frequentatori abituali del festival, per esempio, anche se quest’anno non si è visto nessuno dei due. Di sicuro c’erano invece, tra gli altri, il produttore discografico Diplo e il comico Chris Rock, andati via sull’auto di un loro fan dopo aver attraversato otto chilometri di fango a piedi, ha scritto Diplo.
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Non è la prima volta che i partecipanti si trovano in difficoltà al Burning Man, che si tiene alla fine dell’estate e nei primi anni era organizzato in una spiaggia a San Francisco. Dopo l’annullamento delle edizioni del 2020 e del 2021 a causa della pandemia, l’edizione del 2022 si era svolta in condizioni di caldo estremo, con temperature fino a 39 gradi, che avevano reso ancora più difficili da sopportare le otto ore in coda trascorse dalle persone per lasciare il deserto alla fine del festival.
L’edizione del 2023 era cominciata con qualche giorno di ritardo per le conseguenze del passaggio dell’uragano Hilary, che aveva rallentato i lavori di allestimento della città provvisoria. All’inizio del festival c’era stata inoltre una manifestazione di un gruppo di ambientalisti, di cui si era parlato anche perché si era sparsa la voce infondata che alcuni di loro fossero armati. I membri del gruppo, poi allontanati con la forza dalla polizia (armata), avevano occupato l’unica strada di accesso a Black Rock City, sostenendo che gli attuali fenomeni di consumismo del festival siano antitetici alla controcultura originaria del Burning Man. Reggevano cartelli con la scritta «Abolire il capitalismo» e «La Terra ha bisogno del nostro aiuto».
Piogge intense come quelle degli ultimi giorni sono relativamente insolite tra agosto e settembre nel deserto Black Rock: solo nella giornata di venerdì è caduta la quantità di pioggia che normalmente cade in tre mesi. La parte conclusiva dei nove giorni di festival è peraltro quella più affollata, perché include le molte persone che arrivano per assistere all’incendio della gigantesca scultura di legno.
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Da alcuni anni gli organizzatori del Burning Man cercano di rispondere alle critiche segnalando il loro impegno in progetti di sostenibilità ambientale e compensazione delle emissioni di gas serra. In un loro rapporto sulla sostenibilità ambientale nel 2023 hanno indicato, tra le altre cose, un nuovo programma sperimentale di installazione di pannelli solari nella città provvisoria. Gli attivisti ritengono che le misure siano insufficienti per mitigare gli effetti del riscaldamento globale.
Accartocciando uno dei volantini distribuiti dagli attivisti durante la protesta lungo la strada di accesso a Black Rock City, una persona che stava raggiungendo il festival ha detto al Guardian: «Ho dei pannelli solari, sul mio camper, mentre i manifestanti sono arrivati qui in macchine normali. Stanno letteralmente aggravando il cambiamento climatico».
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La Scultura del Giorno: Giuditta di Santo Varni – Michelangelo Buonarroti è tornato
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La gente si abitua sempre all'amore e alla morte. Della prima non ne ha mai abbastanza ma ne disprezza, la morte semplicemente la ignora, ma lei non ignora noi. Dettaglio da niente.
In mezzo bambini e gatti.
C'è questa donna che fa l'infermiera 24 anni ex ballerina che sogna tutto il suo futuro e ad es. si fa grandi viaggi e ogni cosa che dice del futuro e di sé sembra uscita da una scatola di bambole.
Porcellane da comò del 1920-
E io aspetto il giorno che la porcellana si rompe per dire ah vedi, che poi a lei sai che gli importa, ma per dirlo a me perché, onestamente, viviamo di meschinità e quando una persona cade noi possiamo dirci questa favola cretina: lo sapevo! che vuol dire illuderci che "noi sappiamo le cose", noi le sappiamo prima di viverle e noi sappiamo e quindi possiamo fare a meno di provare di vivere di sognare di rischiare. Siamo scarafaggi. Onesti scarafaggi.
Ma sono forse io che sogno, perché la mia vita non la so così bene come mi credo di quella degli altri. E' la natura nostra questa.
Sappiamo tutto di tutto e potremmo vivere la loro cazzo di vita meglio di loro - ci diciamo da scarafaggi qual siamo - ma la nostra cazzo di vita non la sappiamo per niente e per nulla, noi ci barcameniamo e prendiamo tranvate in faccia e ci diciamo che nessuno capisce la nostra sofferenza la nostra peculiarità la nostra unicità,
nessuno capisce quanto siamo speciali !
continuiamo a osservare gli altri e a dirci e ma che culo sfrontato che hanno - avete notato quanto gli altri hanno sempre più culo di noi? - e che noi vivremmo meglio la loro vita
Noi non sogniamo siamo fessi.
Quando mi sento così apro un libro - un romanzo, un libro d'arte - e lo sfoglio, perché l'arte parla della vita, e ci ritrovo i pezzi minuscoli di me, ma riprodotti meglio fatti cioè topos, scultura, grandeur di principi.
Me credo. Me gonfio di inutili coglionate.
E poi? Torno a fare di me un esempio cretino di persona. Questo mi contraddistingue.
Io sono così, sono un fesso che sa le cose, ed è tragico, chi sa le cose capisce la specificità sua e analizza la sua infelicità e non ne esce meglio del burino che non la capisce. E ci resto così, di sasso.
Quando sei intelligente, lo sai che sei un fesso, mica te lo puoi nascondere-
E allora penso a Curzio Malaparte, lo scrittore italiano amato da Churchill, era fortunato Curzio, poi con quel nome che sembra inventato, e io avrei potuto vivere la sua vita cento volte meglio di lui.
Invece sono un cretino.
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Visioni Notturne: Oltre le Ali del Corvo. Sculture in Ferro di Nicola Fagnani
Un viaggio tra oscurità e metallo: "Visioni Notturne: Viaggia "Oltre le Ali del Corvo" e lasciati avvolgere dalle suggestive sculture in ferro di Nicola Fagnani. Arte che sfida le ombre, raccontando storie di mistero e meraviglia.
📍 Impulso: La sensazione immediata è di mistero e curiosità. L'effetto visivo delle ali arrugginite del corvo che incorniciano la scena notturna invita l'osservatore a guardare oltre, scoprendo una strada illuminata che sembra essere piena di storie nascoste e possibilità. Le ali fungono da portale, suggerendo che stiamo osservando un mondo che si rivela solo a chi sa vedere oltre l'apparenza.
📍 Aneddoto
“C'era una volta un piccolo paese chiamato Segni, dove gli abitanti vivevano le loro vite in un tranquillo susseguirsi di giornate. Tra di loro, un artista di nome Nicola Fagnani passava ore a forgiare il metallo, trasformandolo in sculture che riflettevano le sue visioni e i suoi sogni. Un giorno, ispirato dalla leggenda del corvo che attraversa i regni del giorno e della notte, Nicola creò una scultura inedita: un corvo dalle ali possenti, che sembrava pronto a spiccare il volo in qualsiasi momento.
La scultura fu esposta nel centro cittadino durante la mostra "Tentativi di Volo" organizzazta da La Via Dell'Arte a Colleferro e divenne immediatamente un'attrazione. La gente si fermava a guardare attraverso le ali del corvo, sorprendendosi di come il mondo apparisse diverso da quella prospettiva. Alcuni vedevano speranza nelle luci scintillanti delle strade, altri trovavano pace nella quiete della notte ritratta.
Un giovane ragazzo di nome Luca, curioso e pieno di immaginazione, passava ogni giorno davanti alla scultura. Un pomeriggio, mentre osservava attraverso le ali, incontrò l'artista Nicola. "Perché hai scelto un corvo?", chiese Luca. Nicola sorrise e rispose: "Il corvo rappresenta la possibilità di vedere oltre l'oscurità, di trovare la bellezza e la luce anche nei momenti più bui."
Quella sera, Luca tornò a casa con una nuova consapevolezza. Cominciò a vedere il mondo con occhi diversi, cercando sempre la bellezza nascosta nelle piccole cose. L'arte di Nicola non solo aveva caratterizzato le strade di Colleferro, ma aveva anche acceso una luce nel cuore di chiunque si fermasse a guardare”.
Le opere sono state esposte dal 4 dicembre al 8 dicembre 2024 nella mostra personale "Tentativi di Volo" ospitata da La Via Dell'Arte - Colleferro.
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Night Visions: Beyond the Wings of the Raven. Iron Sculptures by Nicola Fagnani
A journey through darkness and metal: 'Visioni Notturne: Viaggia Oltre le Ali del Corvo' (Night Visions: Travelling Beyond the Wings of the Raven), where you'll be surrounded by Nicola Fagnani's striking iron sculptures. Art that defies the shadows and tells stories of mystery and wonder. Tentativi di Volo hosted by La Via Dell'Arte a Colleferro
📍 Anecdote
"Nicola Fagnani's iron sculptures are a journey into mystery and wonder. The crow's rustic wings create a visual effect that draws the viewer in, suggesting a hidden world with stories to discover. Fagnani's sculpture of a raven with mighty wings, displayed in the town of Colleferro during an exhibition, captured the attention of many. People saw the world differently through the sculpture's wings, finding hope in the shining lights of the streets and peace in the calmness of the night. Luke, a curious young boy, frequently passed by the sculpture, and one day, while looking through the wings, he met Fagnani. Luke asked why Fagnani chose a raven, to which the artist replied that it symbolized the ability to find beauty and light even in the darkest moments. Luke was captivated by the answer, and his eyes were opened to the world's hidden beauty. Fagnani's art transformed the streets of Colleferro, touching the hearts of those who stopped to appreciate it."
The works were on display from December 4 to December 8, 2024, as part of the solo exhibition "Attempts at Flight (Tentativi di Volo)" hosted by La Via Dell'Arte - Colleferro.
.⏩ The Board Behind
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A submissão pode se apresentar de muitas formas.
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