#Italia del XIV secolo
Explore tagged Tumblr posts
Text
Cuore di ferro - Alfredo Colitto: Un’indagine storica tra misteri e intrighi medievali. Recensione di Alessandria today
Un viaggio nell’Italia medievale tra scienza, fede e segreti nascosti
Un viaggio nell’Italia medievale tra scienza, fede e segreti nascosti Recensione: Cuore di ferro è un romanzo storico di Alfredo Colitto, che trasporta i lettori in un’epoca affascinante e oscura: l’Italia del XIV secolo. In questo nuovo capitolo delle sue avvincenti storie, Colitto ci immerge in una trama ricca di misteri, in cui la scienza dell’alchimia e i complotti politici si intrecciano…
#alchimia e scienza#Alfredo Colitto#anatomia medievale#atmosfere gotiche#autori italiani di gialli storici#Colpi di scena#complotti medievali#Cuore di ferro#gialli di Alfredo Colitto#Giallo storico#indagini storiche#Intrighi e Misteri#intrighi medievali#investigazione storica#Italia del XIV secolo#libri consigliati#medioevo italiano#Mondino de’ Liuzzi#narrativa d’autore#narrativa di qualità#narrativa di suspense#Narrativa storica#potere e conoscenza#protagonisti carismatici#Ricostruzione storica#romanzi di Alfredo Colitto#romanzi di mistero#Romanzo ambientato nel medioevo#romanzo di suspense#romanzo medievale
0 notes
Text
"Se metti piede in questo borgo, viaggerai indietro di 700 anni. Il Ponte Colandi è il monumento più conosciuto della località di Fabbriche di Vallico, in Italia. Costruito da muratori locali nel XIV secolo d.C. vicino a un mulino ad acqua, questo ponte in arenaria è ancora in ottimo stato di conservazione ed è tuttora utilizzato. Il ponte collega le due parti
di Fabbriche di Vallico e in passato segnava il confine tra il territorio della Repubblica di Lucca e il Ducato Estense. È considerato uno dei ponti più belli della valle del Turrite Secca."
48 notes
·
View notes
Text
Andrea Pozzo - Roma Sant’Ignazio di Loyola - Apoteosi di Sant’Ignazio - 1694
I conflitti religiosi che nel Cinquecento avevano visto una composizione con la Pace di Augusta in cui Carlo V aveva accettato il principio del “cuius regio eius religio” sfociano nel Seicento in due tendenze contrapposte:
- le meraviglie del Barocco e le opere della Controriforma cattolica;
- l’ampio scenario della Guerra dei Trent’Anni.
La Guerra dei Trent’Anni può essere riassunta lungo queste tappe:
- 1594 - Enrico IV Borbone, convertendosi al Cattolicesimo, Re di Francia
- 1598 - Morte di Filippo II
- 1603 - Morte di Elisabetta I
- 1618 - i rappresentanti dell’imperatore cattolico Ferdinando II d’Asburgo, che cerca di creare uno stato moderno, vengono defenestrati dai protestanti boemi
- 1620 - Sacro Macello dei protestanti in Valtellina
- 1624 - Richelieu Primo Ministro
- 1628 - il generale boemo Wallenstein, al servizio degli Asburgo, sconfigge l’esercito danese
- 1631 - il candidato francese al Ducato di Mantova e del Monferrato Carlo I Gonzaga - Nevers prevale, anche grazie all’abilità diplomatica di Mazzarino, sul candidato sostenuto dagli Asburgo di Spagna e dai Savoia dopo la guerra del Monferrato in cui dilaga la peste raccontata nei Promessi Sposi. Nello stesso anno l’Impero saccheggia Magdeburgo, città alleata degli Svedesi
- 1642 - Mazzarino succede a Richelieu
- 1643 - i Francesi, guidate dal Duca d’Enghien (poi Principe di Condè) sconfiggono gli Spagnoli a Rocroi. Luigi XIV Borbone Re di Francia
- 1648 - Pace di Westfalia. Fine del conflitto in cui si profila la leadership francese sull’Europa: gli Asburgo si concentrano sui possedimenti propri (Austria e Ungheria) anziché sull’Impero;
- 1649 - Carlo I Stuart decapitato in Inghilterra
Il Seicento, secolo in Italia di decadenza politica ed economica, è però anche il secolo di Carlo e Federico Borromeo e del Barocco ispirato dalla Controriforma i cui eventi principali sono:
- 1534 - Alessandro Farnese, fratello di Giulia, amante di Alessandro VI Borgia, eletto Papa Paolo III. Approvazione della Compagnia di Gesù
- 1542 - Paolo III istituisce l’Inquisizione
- 1545 - Concilio di Trento: accentramento del potere papale, importanza delle opere e non solo della grazia, formazione del clero, impegno pastorale
- 1566 - Michele Ghislieri eletto Papa Pio V, il Papa che raccoglie la Lega che vince a Lepanto nel 1571
- 1572 - Il bolognese Ugo Boncompagni eletto Papa Gregorio XIII, promotore non solo del calendario gregoriano, ma anche di importanti iniziative religiose, pastorali e culturali. Nel 1580 viene inaugurato il Quirinale
- 1589 - Fontana del Mosè sotto il pontificato di Sisto V che fa erigere obelischi e migliorare il tessuto urbanistico dell’Urbe: è il modello della “Ecclesia triumphans” dopo il contrasto alle eresie dei decenni precedenti
- 1592 - Clemente VIII Aldobrandini Papa
- 1600 - Cappella Contarelli a San Luigi dei Francesi (Caravaggio). Giordano Bruno al rogo a Campo dei Fiori, decapitata Beatrice Cenci
- 1605 - Camillo Borghese eletto Papa Paolo V. Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo (Caravaggio)
- 1612 - Carlo Maderno inaugura la nuova facciata di San Pietro
- 1623 - Maffeo Barberini eletto Papa Urbano VIII
- 1626 - Baldacchino di San Pietro (Bernini)
- 1633 - Abiura di Galileo
- 1651 - grazie alla mediazione di Olimpia Maidalchini, Innocenzo X Pamphili affida al Bernini la Fontana dei Fiumi che completa Piazza Navona
- 1652 - Estasi di Santa Teresa a Santa Maria della Vittoria (Bernini)
- 1655 - Fabio Chigi eletto Papa Alessandro VII
- 1657 - Colonnato di San Pietro (Bernini)
- 1660 - Sant’Ivo alla Sapienza (Borromini)
- 1667 - Oratorio dei Filippini (Borromini), Santa Maria della Pace (Pietro da Cortona)
Terminato lo slancio mecenatistico dei pontefici, l’Apoteosi di Sant’Ignazio con la finta cupola commissionata ad Andrea Pozzo dai Gesuiti segna nel 1694 la fine del Barocco a Roma.
5 notes
·
View notes
Text
Attesa - Expectant
Attesa - At the window. Expectation | Sergey Tutunov (1925-1998, Russia)
Madonna del Parto, 1450-65 (Musei Civici, Monterchi, Italia) | Piero della Francesca (1412 ca.-1492, Italia)
Annunciata (Madonna dell’attesa), ante 1484 (Museo d'Arte Sacra, Camaiore, Italia) | Matteo Civitali (1436-1501, Italia)
Madonna del Parto, XIII-XIV secolo (13-14th century) - Mitreo di Sutri, Sutri (Viterbo), Italia
2 notes
·
View notes
Link
0 notes
Text
Chi ha inventato veramente la stampa?
Quando si parla di questo argomento, la prima persona che viene in mente a tutti è il tedesco Johannes Gutenberg, l’orafo e poi tipografo tedesco al quale fu commissionata nel 1453 la stampa di 180 copie della bibbia. La sua invenzione dei caratteri mobili, cioè utilizzare delle unità mobili per duplicare un testo su carta, fu una genialata, per il XV secolo. Questo procedimento, che permetteva una pubblicazione delle opere più veloce e in grande quantità, diede un enorme impulso alla divulgazione e alla circolazione dei libri. Ma è stato veramente lui il primo ad inventarla? In realtà…no! O perlomeno, sarà stato anche il primo in Europa, ma se ci rivolgiamo verso oriente, per i caratteri mobili possiamo tornare indietro fino all’XI secolo. Infatti intorno al 1045, durante la dinastia Song, l’inventore cinese Bi Sheng creò dei caratteri incisi nella porcellana, che però li rendeva molto fragili e quindi facilmente danneggiabili. Per questo motivo non erano molto adatti ad una stampa su larga scala. Il suo sistema fu però migliorato a più riprese: prima intorno al 1300 ad opera di Wang Zhen, un ufficiale di corte che creò dei caratteri mobili incisi nel legno, ma che, come quelle create dal suo predecessore, non potevano essere riutilizzate a lungo, e più tardi, intorno al 1490, dal tipografo Hua Sui, che riuscì a creare dei caratteri utilizzando il bronzo.
Illustrazione di un'antica macchina tipografica europea in legno Ma se parliamo di caratteri in metallo, allora per le prime stampe possiamo tornare ancora più indietro, fino alla Corea del 1234, dove il politico Choe Yun-ui pubblicò una cinquantina di copie di un libro che descriveva le tipologie di uniformi che i militari e i civili dovevano indossare durante le cerimonie. Tutto questo quindi molto prima delle pubblicazioni di Gutenberg. Non a caso c’è chi pensa che in Europa la stampa sia arrivata proprio dall’oriente verso la fine del XIV secolo, ma non c’è ancora nulla di certo. Invece, la maggior parte degli studiosi concorda sul fatto che la tecnica di Gutenberg fu quella che si diffuse maggiormente nel mondo. Ma prima ancora? In realtà, potremmo tornare ancora più indietro e fare un tuffo tra gli antichi Sumeri, se vogliamo. Infatti già questa remota civiltà della Mesopotamia, che si sviluppò tra il IV e il III secolo A.C. riuscì a creare delle stampe rudimentali utilizzando dei sigilli cilindrici fatti di pietre dure o ossa, e di cui si servivano per stampare sull’argilla dei simboli amministrativi o religiosi. Tanti esemplari di questi cilindri e delle rispettive stampe si possono ancora oggi osservare al museo del Louvre di Parigi. E sull’Italia si può dire qualcosa? Ovviamente riguardo al nostro paese dobbiamo tornare molto più avanti nel tempo, infatti dopo Gutenberg le stamperie si diffusero rapidamente in tutte le principali città europee, ma soprattutto in Italia che fu una delle nazioni che spinsero maggiormente la diffusione dei libri. La prima opera pubblicata nel nostro paese fu un libro di grammatica latina per giovani, stampata nel 1465 in un monastero di Subiaco, nel Lazio. Inoltre non possiamo non ricordare Gianbattista Bodoni, il tipografo piemontese che intorno al 1790 creò a Parma il carattere tipografico che porta il suo nome: il font Bodoni, appunto. Read the full article
#antichisumeri#caratterimobili#gianbattistabodoni#Gutenberg#johannesgutenberg#LouvrediParigi#tipografia
1 note
·
View note
Text
Storia, Curiosità e Ricetta: Il Torrone
Il torrone è uno dei dolci più amati e tradizionali, con radici profonde nella storia culinaria di molte culture. Questo delizioso dolce a base di miele, zucchero, e mandorle o nocciole ha conquistato i palati di molte persone nel corso dei secoli. In questo articolo, esploreremo la storia affascinante del torrone, alcune curiosità interessanti e condivideremo una ricetta classica per prepararlo. Storia del Torrone: Una Dolce Tradizione Le origini del torrone risalgono all'antichità, con tracce della sua esistenza che si perdono nella nebbia del tempo. Alcuni storici sostengono che il torrone abbia origini arabe, portato in Europa durante le crociate. La combinazione di miele, zucchero e frutta secca era una prelibatezza che presto divenne popolare tra le nobiltà europee. Nel XIV secolo, il torrone era già ben conosciuto in Spagna e Italia, e la sua popolarità si diffuse rapidamente in tutto il continente. Durante il Rinascimento, il torrone divenne un must nelle tavole delle corti nobiliari, spesso presentato in occasioni speciali come matrimoni e celebrazioni regali. Nel corso del tempo, ogni regione ha sviluppato la propria variante del torrone, rendendolo un simbolo delle tradizioni culinarie locali. In Italia, ad esempio, il torrone è strettamente associato alle festività natalizie e viene spesso preparato in casa o acquistato come regalo. Curiosità sul Torrone: Un Dolce con Stile Il torrone ha sempre avuto un posto speciale nella cultura popolare, e alcune curiosità aggiungono un tocco intrigante a questo dolce prelibato. - Il Torrone nelle Opere d'Arte: Il torrone non è solo un piacere per il palato ma ha anche fatto la sua comparsa in diverse opere d'arte. Dipinti rinascimentali raffigurano spesso tavolate nobiliari adornate con torroni, sottolineando la sua importanza nella vita di corte. - Una Tradizione del Matrimonio: In molte culture, il torrone è considerato un simbolo di buona fortuna e fertilità. Per questo motivo, è spesso presente nei matrimoni, sia come parte dei dolci serviti durante la festa, sia come regalo ai invitati. - Il Torrone nel Cinema: Il torrone ha lasciato il segno anche nel mondo del cinema. In alcuni film italiani classici, il torrone è protagonista di scene iconiche, diventando un simbolo di tradizione e famiglia. Ricetta Classica per il Torrone: Un'Esplosione di Sapori Preparare il torrone in casa può essere una piacevole esperienza culinaria, e il risultato sarà un dolce fresco e delizioso. Ecco una ricetta classica per il torrone alle mandorle: Ingredienti: - 250 g di mandorle pelate - 250 g di zucchero - 150 g di miele - 1 cucchiaio di acqua - Una bustina di vanillina (facoltativo) Istruzioni: - Preriscaldare il forno: Riscalda il forno a 180°C e tosta le mandorle per circa 10 minuti, girandole di tanto in tanto. - Preparare lo zucchero: In una pentola, sciogli lo zucchero a fuoco medio con l'acqua fino a ottenere uno sciroppo dorato. - Aggiungere il miele: Unisci il miele allo sciroppo di zucchero e porta il composto a ebollizione, mescolando continuamente. - Unire le mandorle: Aggiungi le mandorle tostate al composto di zucchero e mescola bene. - Versare il torrone: Versa il composto su una teglia foderata con carta da forno, livellandolo con una spatola. - Raffreddare e tagliare: Lascia raffreddare il torrone a temperatura ambiente per alcune ore. Una volta indurito, taglialo a strisce o quadrati. Il torrone fatto in casa è pronto per essere gustato! Conserva le porzioni in un luogo fresco e asciutto per mantenerle croccanti. Read the full article
1 note
·
View note
Text
Lombardia, la più grande campagna italiana di sensibilizzazione dei cittadini sul valore del patrimonio e sulla necessità di proteggerlo e valorizzarlo
Lombardia, la più grande campagna italiana di sensibilizzazione dei cittadini sul valore del patrimonio e sulla necessità di proteggerlo e valorizzarlo Ventitré “Luoghi del Cuore” avranno nuova vita grazie al FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano ETS in collaborazione con Intesa Sanpaolo, nell’ambito della più importante campagna italiana di sensibilizzazione dei cittadini sul valore del patrimonio e sulla necessità di proteggerlo, restaurarlo e valorizzarlo. Sono storie e progetti che raccontano un’Italia di piccole comunità che si impegnano con tenacia a preservare e a valorizzare il proprio territorio a partire dal patrimonio culturale e paesaggistico, riconosciuto testimonianza significativa e imperdibile di storia, identità e tradizioni, ma anche motore di aggregazione sociale e sviluppo economico, stimolo per il coinvolgimento di tutta la comunità, con grande attenzione ai più giovani, e occasione per affrontare i temi della sostenibilità, della crisi ambientale e dell’accessibilità. Da Nord a Sud Italia saranno finanziati ventitré progetti che riguardano luoghi amati e identitari, che rivelano storie uniche di passione e perseveranza. Tra questi incontriamo ad esempio l’impegno di un’associazione di giovani nel centro di Napoli per il recupero e la riapertura di piccole e antiche chiese abbandonate, che ha coinvolto anche gli abitanti del quartiere. Ci sono luoghi simbolo dell’impatto del cambiamento climatico, come l’antica Salina Camillone di Cervia (RA), sommersa dall’alluvione dello scorso maggio, e luoghi dove si lavorerà a una fruizione dell'arte multimodale, inclusiva e autonoma per diversi tipi di pubblico, come l’Oratorio della Beata Vergine Assunta a Calvenzano (BG). Storie e luoghi capaci di far dialogare privati cittadini, enti pubblici ed enti scientifici, come nel caso di Via Vandelli, un cammino sulle Alpi Apuane progettato nel Settecento per collegare Modena e Massa e che sarà reso maggiormente fruibile in collaborazione con una rete di Comuni e con il CAI, oppure a Oristano, dove un piccolo nucleo di suore di clausura si sono battute a favore del proprio monastero fino a ottenere il contributo per la sua valorizzazione con la collaborazione della Prefettura e dell’Università di Cagliari. E ancora, troviamo luoghi capaci di ricucire tradizioni quasi scomparse, come l’antica arte di fondere – e suonare – le campane che ancora resiste a Valduggia (VC). Con questi 23 interventi salgono a 162 i progetti finanziati dal 2003 a oggi grazie al censimento del FAI. IN LOMBARDIA In Lombardia il FAI sosterrà con un contributo di 21.400 euro un progetto di restauro a favore del Plesso storico di San Michele a Torre de’ Busi (BG), al 22° posto della classifica nazionale del censimento 2022 e quarto luogo più votato in Lombardia, grazie a 10.226 voti raccolti dal “Comitato per la valorizzazione del Plesso storico di San Michele”, che comprende la Pro Loco, i parrocchiani, gli Alpini e l’Amministrazione comunale. Nella Valle San Martino, tra Lecco e Bergamo, sorge sulla sommità di un crinale circondato da boschi, torrenti e piccole frazioni un complesso religioso con una storia molto antica. Gli abitanti del territorio solevano percorrere a piedi la mulattiera che, con le stazioni della Via Crucis, permette di raggiungere questo luogo di preghiera. Il Plesso di San Michele si articola in un gruppo di edifici, che comprende la chiesa, il campanile, la canonica e il più antico Oratorio di Santo Stefano, che risale al XII secolo. Al suo interno si ammirano ampi frammenti di un importante ciclo di affreschi del XIV-XV secolo. La chiesa, più tarda (XV secolo), presenta decorazioni tardo-barocche e un pregevole altare intarsiato. Sul lato destro è addossato un porticato esterno che funge da passaggio pedonale: più volte ricostruito, oggi è inagibile per la frana che mette in pericolo la struttura dell’intero edificio. Il “Comitato per la valorizzazione del Plesso storico di San Michele”, prende cura del luogo e promuove visite speciali all’Oratorio, ha raccolto i voti al censimento “I Luoghi del Cuore” 2022 con la speranza di salvare un luogo a lungo caduto in totale abbandono. La partecipazione al censimento ha ampliato la rete di valorizzazione riunita intorno a San Michele, con il coinvolgimento di professionisti che hanno collaborato pro bono alla progettazione dell’intervento richiesto sul bando. La Delegazione FAI di Bergamo ha sostenuto la raccolta voti di questo e di tutti i luoghi del territorio. Il progetto sostenuto da FAI e Intesa Sanpaolo – richiesto dalla Parrocchia di San Salvatore – riguarda il restauro di un ciclo di affreschi di particolare interesse, con le figure dei Peccati Capitali, realizzato nella prima metà del Quattrocento. Gli affreschi, solo in parte visibili perché in un’epoca imprecisata coperti da uno strato di scialbo, si trovano attualmente all’interno del campanile, ricavato utilizzando una parte di parete dell’antica chiesa. Sulla controfacciata di quest’ultima era probabilmente dipinto un Giudizio Universale, di cui dovevano far parte i Peccati Capitali. Il restauro sarà completato da quello della scala in legno che permette di salire all’interno del campanile, che sarà inoltre spostata, per permettere una migliore visione dei dipinti. Obiettivo del progetto, infatti, è anche quello di rendere fruibili gli affreschi restaurati. L’auspicio è che questo intervento possa servire da volano per l’attrazione di nuovi finanziamenti, per dare progressivamente corso al consolidamento strutturale e al recupero dell’intero complesso. Con un contributo di 24.000 euro verrà realizzato un progetto di valorizzazione a favore di Villa Mirabellino nel parco della Reggia a Monza, al 10° posto della classifica nazionale del censimento 2022 e secondo luogo in Lombardia, grazie a 17.993 voti raccolti da un comitato partecipato da molteplici soggetti pubblici e privati, con il supporto della Delegazione FAI Monza. Edificata nel 1776 dall'architetto Giulio Galliori, architetto della Fabbrica del Duomo, su committenza del cardinale Angelo Maria Durini, come dépendance per ospitare gli invitati del suo circolo letterario a Villa Mirabello, al cui giardino si collega visivamente, con un cannocchiale prospettico. Sorge in posizione panoramica e scenografica, in cima al declivio che dal settore occidentale del Parco scende, con una serie di terrazzamenti, sino al Lambro. Lasciata in eredità ai Trivulzio, la villa fu in seguito usata da famiglie imperiali francesi e austriache finché, nel 1805, venne acquistata da Eugenio de Beauharnais, viceré d'Italia e principe di Venezia, che la donò alla moglie Augusta Amalia di Baviera. Il complesso fu inglobato nel Parco della Villa Reale, realizzato tra 1805 e 1808 su progetto di Luigi Canonica, e gli esterni furono rimaneggiati a metà del secolo, alterandone le linee originarie. Nel 1919 l’insieme di parco ed edifici passò dalla Corona al Regio Demanio e nel 1920 Villa Mirabellino venne consegnata all'Opera nazionale pro Orfani e Infanti di guerra; nel 1942 venne data in concessione gratuita ai Comuni di Milano e Monza e alcuni anni dopo l'Amministrazione milanese vi insediò una colonia elioterapica, con la realizzazione di una serie di interventi che snaturarono completamente lo spazio interno. Da decenni l’edificio, deturpato da atti vandalici, versa in uno stato di totale abbandono e la raccolta voti al censimento del FAI 2022 è stata promossa dal comitato “Amici del Mirabellino” con l’obiettivo di sensibilizzare sull’urgenza di un restauro conservativo e di individuare una nuova destinazione d’uso. Il progetto sostenuto da FAI e Intesa Sanpaolo – richiesto dal Consorzio di Villa Reale e Parco di Monza, che ha preso in consegna Villa Mirabellino lo scorso giugno – riguarda la ricostruzione del Belvedere ottocentesco: un primissimo intervento, che vuole rappresentare un preambolo al futuro recupero del Bene, ancora da progettare. Si interverrà dunque su un elemento dell’impianto storico del giardino della residenza, anche con l’obiettivo di far conoscere il suo significato originario: luogo di svago, di riposo, di amicizia e di apertura al bello. In particolare, verrà ricreata la “vaga collinetta” realizzata a inizio Ottocento con scalinata in pietra, piantumata con Liriodendri e circondata da una balaustra circolare, nella porzione di giardino rivolta verso il Viale dei Carpini e Villa Mirabello. Il Belvedere, realizzato a inizio Ottocento, aveva la funzione di permettere, con la sua posizione sopraelevata, una piena ammirazione del paesaggio, secondo lo spirito romantico. Ancora, il FAI sosterrà con un contributo di 19.600 euro un progetto di restauro a favore del Santuario e Chiesa rupestre di San Vittore Martire a Brembate Sotto (BG), al 14° posto della classifica nazionale del censimento 2022 e terzo luogo più votato in Lombardia con 13.832 segnalazioni, raccolte grazie alla collaborazione di diverse associazioni locali e con il supporto della Delegazione FAI di Bergamo. La Chiesa sorse nel X secolo presso un attraversamento del fiume Brembo, scavalcato dal ponte ancora esistente accanto al complesso religioso, poco prima della sua confluenza nell’Adda, cruciale via di comunicazione del tempo. La sua posizione era tanto più strategica in quanto la chiesa era stata fondata presso la strada di collegamento tra Milano e Bergamo e in prossimità del più breve percorso via terra tra Crema e Lecco. Molto cresciuta rispetto alla sua fondazione, si presenta oggi come un complesso su tre livelli sovrapposti, raccordati da una scala monumentale esterna: al primo, poco più alto del greto del fiume, si trovano tre grotte, residuo di una più ampia erosione provocata dall’acqua; al secondo livello, in un’ampia cavità, è stata ricavata prima dell’anno Mille la chiesa rupestre ipogea; al terzo, contiguo al piano stradale, sono state erette la chiesa della seconda metà del Quattrocento e, nei secoli successivi, il campanile e la canonica. Il progetto sostenuto da FAI e Intesa Sanpaolo – richiesto dalla Parrocchia – permetterà il restauro degli affreschi dell’abside della chiesa superiore, dedicati alla vita di San Vittore. Il ciclo, firmato e datato sull’arco trionfale, è stato realizzato nel 1663 da Giovan Battista Botichio, oggi poco conosciuto, ma caposcuola della pittura del suo tempo a Crema, territorio storicamente e geograficamente legato a Brembate. Infiltrazioni d’acqua dal tetto in anni precedenti hanno causato diffusi sollevamenti e cadute della pellicola pittorica e nelle scene del registro inferiore sono identificabili numerose alterazioni di un precedente restauro. L’obiettivo è quello di arrestare il degrado e conservare le scene, di grande freschezza e teatralità, con notevoli inserzioni paesaggistiche. Infine, sempre in Lombardia il FAI sosterrà con un contributo di 10.000 euro un progetto di valorizzazione a favore dell’Oratorio della Beata Vergine Assunta di Calvenzano (BG), al 41° posto della classifica nazionale del censimento 2022 con 6.978 voti raccolti dal comitato “Alpini per la Chiesetta di Calvenzano” con il supporto del Gruppo FAI Bassa Bergamasca. Immersa nei campi coltivati a sud di Calvenzano, l'Oratorio della Beata Vergine Assunta è una chiesa campestre che conserva al suo interno degli splendidi affreschi seicenteschi dell’artista cremasco Tommaso Pombioli (1579-1636), datati 1623. L’edificio era stato recuperato negli anni ‘80, mentre gli affreschi sono stati restaurati nel 2000, grazie alla locale sezione degli Alpini. La Chiesa, inoltre, si pone come un museo a cielo aperto, emblema dell’antica civiltà rurale bergamasca. In particolare, gli affreschi, con cartigli in volgare, erano destinati all’ alfabetizzazione dei fedeli, mentre il porticato esterno fungeva come luogo di riparo, per pellegrini e braccianti. Questi ultimi sfruttavano una roccia del porticato, ancora oggi visibilmente consumata, come pietra Cote, per affilare le lame. Il progetto sostenuto da FAI e Intesa Sanpaolo – richiesto dalla Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo Apostoli di Calvenzano – prevede la creazione di percorsi di visita inclusivi, integrati con quello tradizionale, adatti a persone con diversabilità cognitive e/o intellettive anche complesse. Nello specifico verranno realizzati un herbarium e un olfattorium, ispirati alle piante presenti nel Boscospino e rievocativi dei cicli pittorici; un Modellino 3D del bene su supporto mobile; pannelli mobili con gli affreschi in rilievo, le traduzioni in braille e in Comunicazione Aumentativa Alternativa; tablet con video LIS per non udenti, audioguida con musiche ispirate agli affreschi e racconti brevi per i più piccoli. Il progetto si rivolge in una direzione di ampliamento dell’offerta di visita che vuole poter includere e soddisfare le molte realtà locali che si occupano di persone affette da diversabilità in un’ottica di accessibilità e fruizione dell'arte multimodale, inclusiva e autonoma per tutti. COME FUNZIONA IL BANDO: Se da sempre i tre vincitori di ogni censimento e il vincitore della classifica speciale hanno automaticamente diritto a ricevere un sostegno economico a fronte della presentazione di un progetto, grazie al bando lanciato lo scorso aprile anche gli enti proprietari e i portatori di interesse dei luoghi che avevano superato la soglia di 2.500 voti al censimento 2022 hanno potuto candidare progetti di restauro o di valorizzazione al sostegno del FAI. La fase di censimento, infatti, è sempre seguita dalla pubblicazione di un bando, che vuole innanzitutto rappresentare uno stimolo per i territori a mobilitare e aggregare risorse ed energie, al fine di trasformare i voti raccolti dalle “comunità di eredità” – i comitati spontanei che partecipano al censimento – in progetti concreti, con tempi di realizzazione certi e dotati di un cofinanziamento: l’attivazione di circoli virtuosi e la compartecipazione delle forze locali rappresenta senza dubbio il miglior viatico, se non la migliore garanzia, per la salvaguardia dei luoghi e il successo dei progetti. Le cinquantacinque richieste candidate per il bando sono state valutate da una commissione in base a otto parametri: dal numero di voti alla qualità e al potenziale impatto di trasformazione dei progetti candidati, dal carattere identitario dei luoghi alla loro valenza storico-artistica o ambientale, fino all’attivazione di reti di partner, alle attività di divulgazione previste e all’urgenza di intervenire. Dal 2004 Intesa Sanpaolo affianca il FAI in questa iniziativa a favore della tutela e della valorizzazione delle bellezze artistiche e naturali del Paese, ambito che vede il Gruppo impegnato in prima persona. A questo si aggiunge la capillare diffusione sul territorio italiano che asseconda la presenza della Banca distribuita in tutte le regioni italiane. Il censimento è stato realizzato con il Patrocinio del Ministero della Cultura. Rai è Main Media Partner del FAI e ha supportato l’XI edizione del Censimento “I Luoghi del Cuore”, riconfermando l’impegno del Servizio Pubblico multimediale alla promozione, cura e tutela del patrimonio culturale, artistico e paesaggistico italiano.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
Text
La battaglia di Montecatini
Lo scontro fra Guelfi e Ghibellini del 29 agosto 1315 Filippo I d’Angiò e Uguccione della Faggiola (illustrazione del XIV secolo) Agli inizi del XIV secolo l’arrivo in Italia dell’imperatore Arrigo VII di Lussemburgo dette nuovo vigore alle città ghibelline che nei decenni precedenti erano state sopraffatte da quelle guelfe appoggiate dagli Angioini e dal Papa.Proprio per controbattere le forze…
View On WordPress
0 notes
Text
La Pasta: Un Viaggio nella Storia dell'Alimento Italiano per Eccellenza
La pasta, un alimento che incarna l'essenza stessa della cucina italiana, ha una storia millenaria che attraversa continenti e culture. In questo articolo, esploreremo le origini della pasta, dalla sua presunta nascita in Cina al suo trionfante arrivo in Italia e il suo ruolo nella creazione di uno dei piatti più amati al mondo: la pasta al pomodoro.
Un'Origine Antica
La pasta, nel suo nucleo, è il risultato della mescolanza tra semola (farina grossolanamente macinata da grano) e acqua, unita da una piccola quantità di sale. Le leggende suggeriscono che la pasta sia stata inventata dai Cinesi e portata in Europa da Marco Polo nel 1295, dopo il suo viaggio nell'Impero del Gran Khan. Tuttavia, la storia della pasta è ancora più antica, con radici profonde nella tradizione mediterranea.
È un compito arduo attribuire la paternità della pasta a un solo popolo. Mentre gli antichi millenni a.C. ci hanno lasciato prove di pane e focacce cucinate su pietre roventi, i primi indizi della pasta sono rintracciabili nella civiltà persiana e soprattutto in quella greca. Aristofane, commediografo del V secolo a.C., menziona in una delle sue opere un tipo di pasta simile agli attuali ravioli. Gli Etruschi, in una tomba a Cerveteri, conservavano strumenti da cucina simili a quelli moderni, utilizzati per preparare ravioli. Ma è con i Romani che la pasta inizia a guadagnare notorietà. Autori come Orazio e Terenzio Varrone, nel I secolo a.C., la menzionano nelle loro opere, descrivendo strisce di pasta, spesso farcite con verdure.
Il Medioevo della Pasta
Il periodo medievale segna una scomparsa temporanea della pasta. Questo potrebbe essere attribuito al fatto che gli scrittori dell'Impero Romano tardo non avevano un particolare interesse per le abitudini alimentari quotidiane. Tuttavia, con la caduta dell'Impero Romano e la crisi economica che ne seguì, la produzione di grano, e quindi di pane e pasta, diminuì. Fu solo nel IX secolo, nell'Africa settentrionale influenzata dalla civiltà araba, che la pasta ritornò, stavolta nella forma di pasta secca, grazie alla sua capacità di conservazione. Fino ad allora, la pasta era principalmente consumata fresca.
Un libro di cucina dell'anno Mille, intitolato "De arte coquinaria," scritto da Martino Corno, cuoco del patriarca di Aquileia, menziona la prima ricetta a base di pasta, importata dalla Sicilia. Gli Arabi, che governarono l'isola per molti decenni, contribuirono in modo significativo alla diffusione della pasta nel Mediterraneo. L'introduzione dei mulini semplificò la produzione di farina, dando vita a una produzione abbondante di pasta. Nel 1154, lo storico arabo al-Idrisi descrisse dettagliatamente Palermo e menzionò Travia, una località dove i pastai producevano pasta a forma di fili, forse i precursori degli spaghetti. Alla fine del XII secolo, la produzione di pasta divenne un'industria vera e propria, con navi cariche di pasta che partivano dalla Sicilia verso l'Italia meridionale, la Sardegna, l'alto Tirreno e la Provenza.
L'Arrivo in Italia
La tradizione narra che Marco Polo abbia introdotto la pasta in Occidente nel 1295, dopo averla scoperta in Cina. Già all'inizio del XIV secolo, esistevano pastifici a Genova. Tuttavia, fino alla fine del Cinquecento, la pasta era riservata principalmente alle classi sociali più abbienti a causa dei suoi costi elevati. Solo nel XVII secolo, con l'avvento della gramola, uno strumento per rendere la pasta morbida e omogenea, e l'invenzione del torchio meccanico, la produzione di pasta divenne abbondante e accessibile a tutti. In questo periodo, nacquero numerosi pastifici nella zona di Napoli, grazie alle condizioni climatiche favorevoli che permettevano una produzione abbondante di pasta secca.
La Pasta al Pomodoro
La vera rivoluzione nella storia della pasta avvenne nella prima metà del Seicento, quando furono introdotti i pomodori nell'area napoletana sotto il dominio spagnolo. Originari delle Americhe, i pomodori furono inizialmente considerati velenosi e utilizzati solo come piante ornamentali. Tuttavia, superate le paure e le superstizioni, il pomodoro divenne un accompagnamento naturale per la pasta, data la sua abbondanza e il costo accessibile. L'area napoletana superò rapidamente la Sicilia sia nella produzione che nel consumo di pasta. Tuttavia, la pasta non era ancora un piatto aristocratico e veniva venduta per strada da venditori ambulanti, spesso mangiata con le mani. Fu solo all'inizio del Settecento che la forchetta, con quattro rebbi invece di due, rese possibile l'approccio nobile alla pasta. Questa innovazione si diffuse rapidamente in Italia e in Europa.
Gli Italiani e la Pasta
Nei secoli successivi, la produzione di pasta ha continuato a migliorare, passando da macchine idrauliche a macchine a vapore, elettriche e computerizzate. La tradizione della pasta artigianale è rimasta saldamente italiana, con alcune grandi aziende produttrici in Emilia-Romagna e nel Centro-Sud. Gli Italiani sono i principali consumatori di pasta al mondo, spesso condita con pomodoro o sughi a base di vari ingredienti, o cotta nel brodo. La pasta è alla base della dieta mediterranea, un modello di alimentazione equilibrato riconosciuto in tutto il mondo per il suo apporto bilanciato di carboidrati, vitamine e sali minerali, con un bass
0 notes
Text
I LUOGHI DELL'ANIMA
Era inevitabile: Assisi è il luogo della pace per eccellenza in Italia.
Incastonato tra le dolci colline umbre, la storia e le tradizioni del paese in provincia di Perugia, è meta da tempo immemore di pellegrinaggi in ricordo di San Francesco.
Ma esploriamo l'ameno centro attraverso il portale
https://www.visit-assisi.it
Assisi è una città di origine Romana (con il nome di Asisium), ne sono testimonianza numerosi monumenti come la facciata del Tempio di Minerva, l’Anfiteatro, le Mura, il Foro.
Con la caduta dell’Impero Romano la città divenne un insediamento prima dei Goti (545) e poi cadde sotto il dominio dei Longobardi.
Con il medioevo divenne comune indipendente e conobbe uno sviluppo straordinario sopratutto grazie ai movimenti monastici (in special modo i Benedettini).
Il più illustre dei suoi cittadini San Francesco nacque nel 1182. Francesco
viene proclamato santo nel 1228, due soli anni dopo la sua morte, da Papa Gregorio IX.
Più tardi la Città fu sotto la mano delle signorie come quella di Gian Galeazzo Visconti, della famiglia dei Montefeltro, di Braccio Fortebraccio e di Francesco Sforza, fino alla meta’ del sedicesimo secolo, quando l’Umbria fu conquistata da Papa Paolo III ristabilendo il controllo papale sulla città.
Più tardi, nel diciannovesimo secolo, la città divenne parte del nascente stato italiano.
Assisi, a partire dal III secolo a.C. intrattenne le prime relazioni diplomatiche con Roma.
Venne stipulato un trattato che la impegnava a collaborare, fornendo contingenti militari. Nel 90 a.C. divenne municipio romano. Parte del territorio, dopo il 41 a.C. venne confiscato e assegnato alla vicina Spello.
Negli stessi anni Assisi diede i natali a Properzio, uno dei massimi poeti elegiaci del tempo.
La collezione archeologica pertinente al municipio si trova nel Museo del Foro Romano, in parte ospitato nella cripta di San Nicolò, ma che si estende sulla superficie sotto la piazza, fino a giungere in una sala in cui è visibile il lastricato della zona meridionale dell’antico foro.
Assisi visse in prosperità sino alla caduta dell’impero romano. Ne sono testimonianza, oltre al Foro romano, il Tempio di Minerva, l’Anfiteatro (posto nella parte alta della Città) e le Domus ritrovate (Domus romana di Palazzo Giampè e Casa romana detta di Properzio).
Assisi conobbe il suo maggiore periodo di splendore tra il XII ed il XIII secolo quando fu libero comune.
Agli albori dell’anno mille, sostenne lotte molto dure con la vicina Perugia, comune guelfo, con la quale infine pattuì una lunga pace. Risale a questo periodo (1182) la nascita di San Francesco che tanto influirà sulla vita della stessa città, non soltanto dal punto di vista strettamente religioso, ma anche e soprattutto dal punto di vista culturale e artistico. Alla figura di San Francesco è legato lo sviluppo artistico della città. Nel XIII secolo sorsero le basiliche dedicate a lui e a Santa Chiara, la cui costruzione e decorazione richiamò i principali artisti italiani del ’200 e ’300.
Si innalzano i Palazzi del Capitano del Popolo
e del Monte Frumentario ed anche alcune porte. Nella pittura operano, oltre a Cimabue e Giotto, il Maestro di San Francesco e quello di Santa Chiara, Pisano e Lorenzetti.
Il regime feudale mal si conciliava con le pulsioni delle classi emergenti che nel 1198, dopo aver dato vita al libero Comune, rasero al suolo la Rocca Maggiore, sede dell’oppressore duca Corrado di Lutzen, potente fiduciario di Federico Barbarossa. In questo clima, fatto di stridenti contraddizioni, nasce Francesco di Bernardone. Il 16 luglio 1228 Gregorio IX giunge ad Assisi per proclamare santo Francesco; il giorno dopo benedice la prima pietra e si avviano i lavori della Basilica e del Sacro Convento: monumenti insigni che segneranno per sempre lo sviluppo edilizio e storico della città di Assisi.
A partire dal XIV secolo la prosperità di Assisi, soggetta a Perugia, cominciò a declinare sino a quando nel Quattrocento divenne parte dello Stato Pontificio.
Dopo un certo periodo di tranquillità conseguente alla pace con Perugia, Assisi, durante il rinascimento fu governata da diverse signorie il cui dominio fu caratterizzato da cruenti lotte con le città vicine, a seguito delle quali subì diversi terribili saccheggi e devastazioni.
In campo artistico lo stesso rinascimento vede ancora sorgere palazzi, fontane e, in campo pittorico, le opere più significative sono da additare nella costruzione della Basilica di Santa Maria degli Angeli.
Altri cenno storici e suggerimenti potrete consultarli ai vari sottolink di "visit-assisi", come:
https://www.visit-assisi.it/storia-e-cultura-2/storia/assisi-medioevale/
0 notes
Text
Il Ponte Colandi è il monumento più conosciuto della località di Fabbriche di Vallico, in Italia.
Costruito da muratori locali nel XIV secolo d.C., vicino a un mulino ad acqua, questo ponte in arenaria è ancora in ottimo stato di conservazione ed è tuttora utilizzato. Il ponte collega le due parti di Fabbriche di Vallico e, storicamente, segnava il confine tra il territorio della Repubblica di Lucca e il Ducato Estense. Ponte Colandi è considerato anche uno dei ponti più belli della valle del Turrite Secca.
4 notes
·
View notes
Text
Esplorando l'incantevole creazione dei siti storici di Lecce in Italia
Introduzione: Situata nella parte meridionale della pittoresca regione Puglia, Lecce è una città affascinante nota per la sua ricca storia e l'architettura mozzafiato. Rinomata come la "Firenze del Sud", Lecce vanta una notevole collezione di edifici in stile barocco, intricate sculture e splendide facciate in pietra calcarea. Questo articolo vi invita a un viaggio virtuale attraverso la creazione dei luoghi accattivanti di Lecce, dove la bellezza senza tempo del passato si fonde perfettamente con la vibrante energia del presente.
Le meraviglie del calcare: Lecce deve gran parte del suo splendore architettonico all'abbondanza di calcare locale, noto come "pietra leccese". Questa morbida pietra dalle tonalità dorate è stata una componente cruciale nella creazione dei punti di riferimento iconici della città. Mentre vaghi per le strade, rimarrai affascinato dalla maestria artigianale e dagli intricati dettagli scolpiti in ogni superficie, dai campanili svettanti ai balconi decorati.
Piazza del Duomo: Nel cuore di Lecce si trova Piazza del Duomo, una magnifica piazza che mostra alcuni dei siti più importanti della città. A dominare la piazza è il Duomo di Lecce, capolavoro dell'architettura barocca. La sua imponente facciata mostra una miscela armoniosa di vari stili, adornata da intricate sculture raffiguranti scene bibliche e santi. Il campanile (torre campanaria) si erge alto e offre viste panoramiche sui tetti della città.
Basilica di Santa Croce: La Basilica di Santa Croce è senza dubbio una delle creazioni più straordinarie di Lecce. La costruzione di questo gioiello barocco ha attraversato più di quattro secoli, dando vita a un'imponente dimostrazione di abilità artistica. L'intricato rosone, la facciata riccamente decorata e gli intricati rilievi che mostrano flora, fauna e creature mitiche rendono questa chiesa una meraviglia assoluta. Ogni centimetro della basilica racconta una storia di dedizione, creatività e profondo rispetto per la bellezza architettonica.
Anfiteatro Romano: Mentre Lecce è rinomata per la sua architettura barocca, conserva anche i resti del suo antico passato romano. L'Anfiteatro Romano, risalente al II secolo dC, testimonia l'importanza storica della città. Scavata all'inizio del XX secolo, questa struttura ben conservata un tempo ospitava gare di gladiatori e altri spettacoli pubblici. Oggi i visitatori possono esplorare i passaggi sotterranei e assistere alla grandiosità della forma ellittica dell'anfiteatro.
Palazzo dei Celestini: Passeggiando per le strade labirintiche di Lecce, incontrerai Palazzo dei Celestini, un impressionante esempio dell'architettura nobile della città. Originariamente costruito dai monaci Celestini nel XIV secolo, il palazzo presenta un armonioso mix di elementi gotici e rinascimentali. Il suo maestoso cortile, ornato da intricate colonne e archi, trasporta i visitatori in un'epoca passata di eleganza e grandezza.
Conclusione: L'eccezionale patrimonio architettonico di Lecce è una testimonianza dell'ingegno e dell'arte dei suoi creatori. I magnifici siti della città, realizzati con precisione e passione, trasportano i visitatori in un mondo in cui passato e presente si intrecciano senza soluzione di continuità. Dalle facciate in pietra calcarea dorata alle intricate sculture che adornano chiese e palazzi, l'eredità artistica di Lecce rappresenta una testimonianza vivente dello spirito creativo delle generazioni passate. Esplorare la creazione dei siti storici di Lecce offre un viaggio avvincente nel cuore della cultura e dell'artigianato italiano.
Per maggiori informazioni:-
Realizzazione Siti Lecce
Realizzazione Siti Web Lecce
0 notes
Photo
Cervaro della Sala Castello della Sala; Marchesi Antinori 2007 Italia, Umbria IGT Umbria Chardonnay (85%) Grechetto (15%) Bianco 13 % Uno dei bianchi italiani più importanti e storici, nonchè uno dei primi bianchi a svolgere fermentazione malolattica ed affinamento in barriques per creare un bianco longevo con la prima annata nel 1985. Il nome Cervaro deriva dalla nobile famiglia Monaldeschi della Cervara, proprietaria del Castello della Sala nel corso del XIV secolo. Le uve provengono da vigneti di 15/20 anni situati nei terreni di origine pliocenica, ricchi di fossili marini con alcune infiltrazioni di argilla, circostanti il Castello tra i 200 - 400 m. I grappoli sono stati trasferiti in un convogliatore refrigerato, per la pigia/diraspatura a basse temperature. I vitigni sono vinificati separatamente: i mosti a contatto con le proprie bucce dalle 8 alle 12 ore a 10°C, poi fermentazione alcolica per 24 giorni in barriques (nuove da 225 l) di rovere francese (Alliers & Tronçais). Lì rimane sulle proprie fecce in barriques per circa 6 mesi, effettuando fermentazione malolattica. Viene poi assemblato e imbottigliato. #cervarodellasala #castellodellasala #umbriawine #umbria #viniumbri #degustameet #barrique #chardonnay #grechetto #antinori #fermentazionemalolattica #winelovers (presso Rimini, Italy) https://www.instagram.com/p/CoznknMNo4R/?igshid=NGJjMDIxMWI=
#cervarodellasala#castellodellasala#umbriawine#umbria#viniumbri#degustameet#barrique#chardonnay#grechetto#antinori#fermentazionemalolattica#winelovers
0 notes
Photo
SABATO 04 FEBBRAIO 2023 - ♦️ SAN GIUSEPPE DA LEONESSA♦️ Giuseppe da Leonessa, al secolo Eufranio Desideri (Leonessa, 8 gennaio 1556 – Amatrice, 4 febbraio 1612), è stato un religioso italiano appartenuto all'Ordine dei frati minori cappuccini. È stato proclamato santo da papa Benedetto XIV nel 1746. Figlio del mercante di lana Giovanni Desideri e di Francesca Paolini, entrò nell'ordine dei francescani cappuccini ad Assisi il 3 gennaio del 1572 e il 24 settembre 1580 venne ordinato sacerdote ad Amelia: nel 1587 ottenne da papa Sisto V il permesso di recarsi a Costantinopoli per assistere i cristiani fatti prigionieri. Per aver svolto opera di evangelizzazione tra i turchi (cercò anche di convertire il sultano Murad III) fu arrestato e torturato. Valente predicatore, ritornato in Italia svolse intenso apostolato fra il popolo in numerosi villaggi dell'Abruzzo e dell'Umbria (tra cui Otricoli dove predicò nella Quaresima del 1601 e 1609 operando alcuni miracoli), promuovendo anche numerose opere di assistenza. La morte lo colse nel 1612 ad Amatrice, dove fu inizialmente seppellito. All'indomani del terremoto del 1639, i leonessani trafugarono le spoglie e le riportarono nella città natale Leonessa, dove sono tuttora conservate all'interno del santuario a lui dedicato. Papa Clemente XII lo beatificò il 22 giugno 1737 e venne canonizzato il 29 giugno 1746 da papa Benedetto XIV. È stato proclamato patrono delle missioni in Turchia il 12 gennaio 1952 da papa Pio XII. Il Martirologio Romano fissa per la memoria di san Giuseppe da Leonessa la data del 4 febbraio. Da Il Santo del Giorno Tradizioni Barcellona Pozzo di Gotto - Sicilia Sicilia Terra di Tradizioni #Tradizioni_Barcellona_Pozzo_di_Gotto_Sicilia #Sicilia_Terra_di_Tradizioni Rubrica #Santo_del_Giorno (presso Tradizioni Barcellona Pozzo di Gotto - Sicilia) https://www.instagram.com/p/CoPcAmPI4VA/?igshid=NGJjMDIxMWI=
0 notes
Text
Crack finanziari e bancarotte storiche in Italia
Quale fu il primo crack finanziario della Storia? Nel Medioevo le grandi famiglie fiorentine prestavano soldi ai più potenti sovrani d'Europa. Ma nella prima metà del XIV secolo ci fu un grosso tracollo: fu il primo crack finanziario. La crisi delle Borse europee (e il conseguente "effetto domino") generati dalla chiusura della Silicon Valley Bank sono una vecchia storia per i risparmiatori. Il fallimento di banche, i bond fantasma e le bolle speculative nascono già nel Medioevo. Ieri come oggi Governi insolventi, crack bancari, crisi di liquidità e corse agli sportelli. Non siamo nella Silicon Valley dopo la chiusura di due banche (Silicon Valley Bank e Signature Bank) da parte del governo americano nel 2023, né nella New York del 2008 (anno del fallimento della banca d'affari Lehman Brothers e dell'esplosione della crisi economica del terzo millennio). E neanche in quella del 1929 (crollo di Wall Street e inizio della Grande depressione). Siamo nella Firenze del XIV secolo, cuore dell'economia del tempo. Qui, in pieno Medioevo, deflagrò una grossa crisi finanziaria legata al crollo delle banche delle famiglie dei Peruzzi e dei Bardi, fino a quel momento fiore all'occhiello della finanza europea. Insolvente Tutto iniziò a causa di un sovrano con le tasche bucate: Edoardo III Plantageneto, re d'Inghilterra. Sul trono dal 1327, dopo essersi impegnato contro gli scozzesi, lanciò nel 1337 una campagna militare contro la Francia, dando avvio alla Guerra dei Cent'anni. La nuova bellicosa iniziativa però prosciugò le casse statali e il re si trovò costretto a chiedere denaro in prestito alle compagnie commerciali fiorentine, già attive in Gran Bretagna (da dove proveniva tra l'altro la lana per le manifatture toscane). Queste compagnie erano sorte in varie città italiane con fini mercantili, ma dalla metà del XIII secolo avevano iniziato a specializzarsi in crediti, depositi e finanziamenti. Alcune, organizzate attorno ai capitali di potenti famiglie, divennero simili a moderne banche, offrendo vantaggiosi interessi a chi vi depositava i propri capitali. Terra ricca L'italiano s'impose così come la lingua della finanza, e nel settore spiccarono le compagnie toscane e in particolare quelle dei Bardi e dei Peruzzi, "multinazionali" con filiali in tutta Europa e nel Vicino Oriente. Tra i beneficiari dei loro prestiti c'erano principi e sovrani, che ne abusavano per coprire le incessanti spese militari. In cambio, gli istituti bancari ricevevano altissimi interessi o, in alternativa, esenzioni e privilegi di vario genere (titoli nobiliari, sfruttamento di dogane e terreni), allargando così il proprio potere anche in ambito politico.
Effetto contagio sulle Borse per il fallimento della Silicon Valley Bank negli Usa. Morrowind / Shutterstock Una somma esorbitante anche per un re, tanto più che la guerra in cui si era impantanato non stava dando i risultati sperati. «Il prestigio del sovrano entrò in crisi, e in molti percepirono come imminente anche il dissesto dei due colossi della finanza fiorentina, tanto che nel 1339 papa Benedetto XII decise di rinunciare ai servigi dei Bardi e dei Peruzzi per la gestione delle finanze pontificie», racconta lo storico Lorenzo Tanzini, autore del saggio 1345. La bancarotta di Firenze. Una storia di banchieri, fallimenti e finanza (Salerno). Come temuto, Edoardo si rifiutò di saldare i suoi debiti, formalizzando la propria condizione d'insolvenza. Oggi si direbbe che il sovrano dichiarò il "default". Bank run La bancarotta di Edoardo III rafforzò la paura di un'imminente crisi di liquidità dei Bardi e dei Peruzzi, e a spaventarsi furono tra gli altri il re di Napoli Carlo D'Angiò e tutta la nobiltà napoletana, che aveva importanti depositi presso i banchieri fiorentini. «In precedenza, i mercanti della città del giglio avevano alimentato la conquista del Regno di Napoli da parte dello stesso Carlo d'Angiò, ricevendo in cambio rendite fiscali e privilegi commerciali», afferma lo storico. Panico Le compagnie fiorentine, però, erano ormai percepite come agonizzanti, e per molti il timore di non rivedere più il denaro depositato si trasformò in panico. Stuoli d'investitori grandi e piccoli si affrettarono a ritirare la propria liquidità dalle banche, dando il via a uno dei primi casi di bank run ("corsa agli sportelli") di tutti i tempi. In pochi mesi, i banchieri fiorentini si ritrovarono senza fondi, anche perché i loro prestiti erano spesso azzardati e non supportati da solidi capitali. Dopo alcuni istituti minori, crollarono anche i più potenti: tra il 1343 e il 1346 l'insolvenza di Edoardo III e la corsa al prelievo costrinsero infatti i Bardi e i Peruzzi a ufficializzare il proprio fallimento. Effetto contagio E dal 1345 il contagio della bancarotta colpì un'altra lunga serie di soggetti: insieme ad altri istituti bancari (tra cui quello degli Acciaiuoli, illustre al pari degli altri due), fallirono artigiani, commercianti e imprenditori che avevano investito i propri guadagni, crollò il mercato immobiliare e molti piccoli risparmiatori dovettero dire addio ai gruzzoli depositati. «Oltre alla perdita di denaro, si registrò il crollo della fiducia nei confronti di ogni mercante e banchiere, anche se non direttamente coinvolto nel disastro», rimarca l'esperto. «E, come si sa, il mercato si basa essenzialmente sulla fiducia degli investitori». Eventi collaterali All'iniziale ottimismo per la finanza, subentrò quindi una generale depressione, ancor più dopo che lo stesso Comune si dichiarò impossibilitato a pagare i titoli pubblici (i prestiti fattigli dai cittadini). Insomma, dopo il rovescio dei Bardi e dei Peruzzi, "che condivano colli loro traffichi gran parte del traffico della mercatantia", non restava ormai "quasi sostanza di pecunia ne' nostri cittadini", come annotò il mercante Giovanni Villani, cronista dell'epoca. A suo dire, mai a Firenze, neppure in guerra, c'erano state "maggiore ruinae sconfitta". A peggiorare la situazione contribuì una serie di inondazioni che compromise i raccolti del 1346, e l'anno seguente, la " Read the full article
#BancaMondiale#banche#crackfinanziario#crisieconomica#crisifinanziaria#debitopubblico#FIRENZE#Inflazione#investimenti#rinascimento#SiliconValley
0 notes