#Il rosso col pesce
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"Il Rosso col Pesce" di Matteo Nepi: Un viaggio tra ironia e riflessione. Recensione di Alessandria today
Un romanzo che racconta l’Italia rurale attraverso un’avventura unica e imprevedibile.
Un romanzo che racconta l’Italia rurale attraverso un’avventura unica e imprevedibile. Introduzione:Con “Il Rosso col Pesce”, Matteo Nepi ci offre un romanzo capace di fondere umorismo e introspezione. Ambientato in una pittoresca valle italiana, il libro segue le vicende di un protagonista fuori dagli schemi, alle prese con un viaggio che si trasforma in una scoperta personale. L’autore esplora…
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Poveri noi
Elly Schlein posa per Vogue. E già questo fa piangere. Poi aggiunge: "Ho una consulente d'immagine (e qui le lacrime aumentano: una "consulente d'immagine"!!!) esperta in armocromia (?) e si chiama Enrica Chicchio". È quindi col chicchio che noi di sinistra dobbiamo prendercela....
Aridatece er pesce lesso di Letta almeno lui vestiva decentemente.
Ho voglia di emigrare su Marte, il pianeta rosso!!!
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KARMA-ELETTORAL-SONG (Vai a spazzare il mare con le mani)
" Nel Veneto perdente, c'è un sindaco ora uscente
che spense per giorni e giorni i nostri lampioni
per far credere che lui ci faceva risparmiar milioni
Ma invece li teneva accesi dopo l'alba, pigliava tutti per i coglioni
facendo rischiare furti a tutti noi, che (per lui) siamo cittadini inferiori
Lui fa finta d'amministrare, sorride, scrive, ma invece sta solo lì a parassitare
E certo che no, baby!: non merita la fiducia manco come tutor del tuo ca-ne!
Kaa-rma!
Aiutalo tu!
Dagli il posto giusto: fagli spazzare-a-mano il mare grosso di Ma-li-bù!
Nel Veneto che non capisce niente, c'è un sindaco uscente
che fa tutti i lavori stradali e ambientali adesso
perché la gente è come il pesce rosso: ricorda solo il presente
Gli umarell sono felici: guardano buchi, ruspe e vigili dormienti
perché l'asfalto piace ai vecchi, agli stolti, e agli insipienti!
Kaa-rma!
Aiutaci tu !
Fa che si vergogni, e non ri-to-rni più!
Nel Veneto insolente, c'è un sindaco scadente
che se lo chiami per il razzismo del tuo vicino
non ti risponde più al telefono: non gliene frega nie-ntee!
E ora il Vuoto vuole voti - si, ancora!
si crede onesto e bravo, ma è solo una sòla
(come se dice a Ro-ma!)
E ora lui va in giro per le zone industriali, a chiedere il pizzo alle aziende locali
(per cosa?) Per finanziare, col ricatto, la sua miserabile campagna elettorale
Perché? Perché, se ci fosse meritocrazia, lui potrebbe solo za-ppa-re !
Kaa-rma, aiutami tu!
Mandalo in quel posto!
Si! Lì!...
Lì, dove sai tu-u! "
#Veneto#Sindaco uscente#finanziamenti elettorali#razzismo#lampioni#lampioni spenti#meritocrazia#Vai a spazzare il mare con le mani#Karma#Karma Song#ricatto
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Salvini vs Navalny: il peggio del peggio della cialtronaggine a favore di un pubblico affezionato ma per lo spettacolo di tutti
Come scrivevo, ormai bisogna essere proprio un resituato bellico di rossobrunismo o un vetero-leghista per continuare a essere dei fan di Putin.
L'orbe terraqueo dei media è già qualche anno che ne ha fatto uno dei "most wanted", la quasi totalità della destra che si ritrovava nei suoi valori "sovranisti" da "grande leader" lo ha abiurato senza tanta difficoltà, grazia a un pubblico di riferimento con la memoria di un pesce rosso e la "sinistra" una volta finito di vendergli i Lince, ben dopo il 2014, ha fatto ancor meno fatica a metterlo nelle fila dei villain, aggrappandosi al solito rainbow washing.
E Salvini come un orologio rotto, sceglie "il male minore" tra sovranista e nazi-sovranista col botto, attaccandosi alla sparuta minoranza di rossobruni e vetero-leghisti, tanto non deve esserci coerenza tra la propaganda e quello che si farà veramente e ognuno ha il suo pifferaio.
E lo fa nella maniera più goffa possibile: “Capisco la moglie di Navalny ma chiarezza la fanno i giudici”.
E niente, proprio per essere sicuri che ci si guardi l'ombelico (o più accuratamente il buco del culo) noi abbiamo Salvini.
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Le lapidi di Firenze: seconda parte
Inferno di Botticelli LAPIDI DANTESCHE Nelle strade del centro di Firenze, si trovano sui muri di palazzi, chiese e case torri delle lapidi dantesche. Vi si leggono incise frasi relative alle tre cantiche della Divina Commedia: Inferno, Purgatorio e Paradiso. Ai primi del Novecento, il Comune di Firenze sentì il desiderio di rintracciare i personaggi e i luoghi descritti nella sua opera. Iniziò una accurata ricerca per trovare il luogo esatto dove apporre le lapidi. La ricerca fu lunga e accurata. Finalmente nel 1907 iniziò l’apposizione nei siti rintracciati: INFERNO - Filippo Argenti, via del Corso dove erano le case degli Adimari; - Guido Cavalcanti, via Calzaioli dove erano le case dei Cavalcanti; - Ponte Vecchio (loggia di Ponte Vecchio), in sul passo d’Arno; - Brunetto Latini, via dei Cerretani (tra il civico 39 rosso e la chiesa di S. Maria Maggiore; - Famiglia Gianfigliazzi, via de’ Tornabuoni (sopra la vetrina del civico 1 rosso); - Dedicata al Battistero di San Giovanni, Piazza San Giovanni (all’esterno del Battistero verso la via Martelli; - Dedicata alla nascita di Dante Alighieri, posta sulla sua casa; - Bocca degli Abati, il traditore di Montaperti, via dei Tavolini. PURGATORIO Citazione di persone del suo tempo, 2^ cantica. Sono descritti la Basilica di San Miniato al Monte e il ponte Rubaconte, via di San Salvatore al Monte (inizio della scalinata che porta al Piazzale Michelangelo; Piazza Piave (nella torre della Zecca Vecchia), dedicata al fiume Arno; Versi dedicati a Forese Donati, via del Corso (sopra ai civici 13 – 33 rosso); Piazza di San Salvi, dedica a Corso Donati (nel punto dove sostò l’esercito di Arrigo VII; Dedica alla donna angelicata Beatrice Portinari, (sulla destra dell’ingresso del palazzo Portinari – Salviati). PARADISO Elenco delle lapidi tratte dalla 3^ cantica. Dedicati alla città natale del poeta, Via Dante Alighieri alla Badia Fiorentina (sul fianco sinistro della Badia Fiorentina e alla sinistra del civico 1); Dedicati a Bellincione Berti Ravignani, via del Corso (sopra le vetrine del negozio civici 1 e 3 rosso); In questi versi sono ricordati gli antenati del poeta, via degli Speziali (tra la vetrina del civico 11 rosso e il portone del civico 3); Dedicato alla famiglia Cerchi, via del Corso (sopra le arcate del negozio ai civici 4 rosso e 6 rosso); Dedicata alla famiglia dei Galigai, via dei Tavolini (torre dei Galigai vicino al civico 1 rosso); Sulla famiglia degli Uberti, Piazza della Signoria (nel primo cortile di Palazzo Vecchio); Sulla famiglia Lamberti, via di Lamberti (tra le finestre sopra il civico 18 rosso e 20 rosso); Dedicato ai Visdomini, via delle Oche (presso ciò che resta della Torre dei Visdomini, tra i civici 20 r0s e 18 rosso); Famiglia Adimari, via delle Oche, (tra gli archi delle vetrine ai civici 35 rosso 37 rosso); Famiglia Peruzzi col loro simbolo (le sei pere), Borgo dei Greci (a sinistra della porta al civico 29); Famiglia della Bella, via dei Cerchi (all'angolo di via dei Tavolini); Dedicati a Ugo il Grande, via del Proconsolo (sulla facciata della chiesa Santa Maria Assunta); Famiglia Amidei, via Por Santa Maria (presso la torre degli Amidei, sopra al civico 11 rosso); Dedicati a Buondelmonte Buondelmonti, via Borgo Santi Apostoli (Presso le case dei Buondelmonti, sopra le vetrine dinanzi al civico 6); Dedicati alla statua di Marte, causa degli scontri fra Guelfi e ghibellini, distrutta dall’alluvione del 1333. Ubicata dove si trovava la statua, Ponte Vecchio (angolo Piazza del Pesce); Dedicati alla Firenze antica, Piazza della Signoria (nel primo cortile di Palazzo Vecchio); Dedicati al battesimo, Piazza San Giovanni (nel Battistero verso il Duomo); Preghiera dedicata alla Vergine da San Bernardo, Piazza del Duomo.
Alberto Chiarugi Read the full article
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ROMESCO
Catalogna
Ingredienti:
PEPERONE ROSSO GRANDE (O 2 PICCOLI) 1
POMODORI ROSSI 2
SPICCHI D’AGLIO 2
MANDORLE PELATE 20 gr
NOCCIOLE PELATE 20 gr
PAPRICA IN POLVERE 1 cucchiaino
PANE 1 fetta
ACETO DI MELE q.b.
PEPERONCINO (OPZIONALE) q.b.
SALE q.b.
ERBE AROMATICHE (A PIACERE) q.b.
OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA q.b
Preparazione:
Inizia pelando i pomodori e tagliandoli a metà. Rimuovi i semi e il liquido in eccesso.
Scalda una padella antiaderente a fuoco medio-alto. Aggiungi i pomodori tagliati a metà e il peperone rosso arrostito. Cuoci per circa 5-7 minuti, girando di tanto in tanto, finché i pomodori si ammorbidiscono leggermente e il peperone si scurisce.
Trasferisci i pomodori e il peperone rosso in un mixer o in un robot da cucina.
Aggiungi lo spicchio d'aglio sbucciato, le mandorle tostate, il pangrattato, l'aceto di vino rosso, l'olio d'oliva extra vergine, la paprika dolce, il peperoncino in polvere (se desiderato) e sale.
Frulla tutti gli ingredienti fino a ottenere una consistenza liscia e omogenea. Se la salsa risulta troppo densa, puoi aggiungere un po' d'acqua per renderla più fluida.
Assaggia la salsa Romesco e, se necessario, aggiusta il sapore con sale o peperoncino in polvere, secondo le tue preferenze.
La salsa Romesco è tradizionalmente servita con piatti di pesce, come pesce alla griglia o arrosto, ma col cazzo perché siamo vegani quindi diciamo che può essere utilizzata anche come condimento per verdure grigliate, patate o come salsa per panini e hamburger VEGANI. Ecco qua.
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Uova, riso, salmone affumicato, salumi, verdure e selvaggina; quali vini abbinare?
Uova, riso, salmone affumicato, salumi, verdure e selvaggina; quali vini abbinare?
C’è chi dice che col riso si debba bere solo acqua e non il vino, ma francamente pare una sciocchezza. Molto meglio rispettare il motto che assicura che “il riso nasce nell’acqua e muore nel vino”. Anzi, proprio perché il riso può essere confezionato in mille maniere e nelle più svariate associazioni con altri alimenti (col pesce, con la carne, coi salumi, con le frattaglie, con le verdure) si presta a essere una specie adatto per sperimentare l’abbinamento cibo-vino. A determinare la scelta della bottiglia sono i condimenti, i sughi o gli aromi utilizzati nella preparazione del risotto o della minestra di riso.
Cominciamo con i risotti. Il caso in genere più semplice è quello del risotto cucinato col vino (si pensi ad esempio al risotto all’Amarone o allo stesso risotto alla milanese che in cottura può prevedere anche del vino rosso, che finisce per incidere sul sapore finale molto di più dello zafferano): si porta in tavola lo stesso vino adoperato in cottura, al limite (cantina e tasche permettendo) utilizzandone un’annata diversa.
I risotti a base di verdure o di legumi si caratterizzano in genere per una notevole delicatezza (si pensi al risotto con i piselli). In questo caso in genere la scelta migliore sembra essere quella di un bianco leggermente aromatico, non particolarmente impegnativo: ce ne sono di eccellenti in Alto Adige e nel Trentino (il Muller Thurgau, il Sylvaner, il Pinot Bianco o il Gewurztraminer), ma anche in molte altre regioni italiane (si pensi ad esempio ai vari Riesling, oppure al Tocai italico).
I risotti con i funghi sono fra le delizie della cucina autunnale: in genere si sposano a meraviglia con un Merlot (ce ne sono di ottimi nel Triveneto). Dai funghi ai tartufi il passo è breve: in questo caso la tradizione piemontese offre buoni abbinamenti con la Barbera o col Dolcetto. I risotti con i salumi appartengono a molte tradizioni regionali. Diffusissimo in area padana, pur in molte variegate versioni, è per esempio il risotto con la pasta del salame.
Risotti da sapori rustici, decisi, robusti, più o meno untuosi vogliono la compagnia di vini rossi d’un certo carattere, se abbastanza giovani: dal Bardolino al Raboso del Piave, alla Bonarda dei Colli Piacentini alle varie tipologie piemontesi senza contare ovviamente le tradizioni regionali: il risotto alla pilota, un classico della cucina mantovana, vuole il Lambrusco Mantovano, vivace e rosso cupo.
Altra tipologia di risotti è quella col pesce o coi frutti di mare. In questo caso la ricchezza di sapori e di profumi del piatto fa pensare a dei vini bianchi d’una certa struttura, come possono esserlo un Lugana o un Verdicchio dei Castelli di Jesi in versione superiore, oppure un Tocai o uno Chardonnay friulani (ma le casistiche possono essere parecchie: si pensi ai bianchi siciliani o campani, in genere perfetti con questo genere di risotti).
Le minestre di riso in genere sono piuttosto delicate e vogliono quindi dei vini bianchi leggeri non troppo profumati. Le insalate estive di riso gradiscono invece la compagnia dei vini rosati: ottimi quelli trentini tratti da uva schiava. Il riso è anche nei dessert (l’esempio più banale è quello dei risini preparati da moltissime pasticcerie). In questo caso ovviamente si sceglie nel panorama dei vini da dessert, partendo dai Moscati (quelli astigiani, trentini o veneti) per arrivare sino ai passiti bianchi man mano che si eleva la complessità del piatto.
Salmone affumicato e vino
In fatto di abbinamento cibo-vino, per quanto riguarda il salmone affumicato ci sono due scuole di pensiero. La prima, più drastica, capitanata da Veronelli, non consente alcun abbinamento: il salmone affumicato rifiuta di essere accostato a qualunque vino. La scuola più tollerante ammette invece degli spumanti importanti come lo Champagne, oppure dei bianchi corposi come il Sauvignon del Collie.
Stabilire chi abbia ragione è materia che riguarda il gusto personale.
Salumi e vino
Con le carni si usa dire che stanno bene i vini rossi. Il che è verissimo, con le dovute eccezioni. E fra le eccezioni ci sono i salumi, fondamento dei tipici antipasti all’italiana. I salumi sono prodotti a base di carne, certamente, e si sposano a meraviglia con numerosi vini rossi o rosati, ma da parte di molti appassionati c’è una crescente valorizzazione dell’abbinamento salumi vino bianco. Questo perché la spiccata acidità di alcuni bianchi crea spesso un perfetto equilibrio coi grassi di parecchi salumi. Al punto che c’è addirittura chi vuole (e non a torto) nobilitare la mortadella servendola con lo Champagne.
Ma prendiamo i salami. Con quelli a pasta grossa, come le tipiche soppresse venete, vanno benissimo i rossi, anche se alcuni bianchi particolarmente pieni di sapore non hanno nulla da invidiare nell’accostamento. Diverso è il discorso dei salami a pasta fine (il salame Milano, per fare un esempio): in questo caso possono anche starci dei rossi leggeri, magari vivaci, ma la sensazione dolciastra lasciata sul palato dal grasso del salame finisce per snaturare il vino.
Occorrerebbe allora usare un grande rosso, capace di vincere l’untuosità lasciata dal grasso del salume, ma se siamo solo all’antipasto diventa poi un guaio continuare il pranzo. Meglio dunque puntare su un bianco leggero (e magari anche frizzante), capace di ‘pulire’ egregiamente la bocca.
E il prosciutto? Un buon crudo può stare egregiamente con dei vini rossi o rosati d’una certa morbidezza, ma la sapidità delle carni e la dolcezza del grasso di questi tipici salumi italiani vanno benissimo a nozze anche con dei bianchi aggraziati come il Pinot Bianco del Trentino o la Ribolla friulana.
Lo stesso dicasi per lo speck: ottimo col Lagrein rosato, sta benissimo anche con dei bianchi aromatici come il Sylvaner e il Gewùrztrarniner. Diversa la questione del cotechino e dello zampone: il sapore marcato delle cotenne di maiale chiama un bel bicchiere di vivace Lambrusco. E con le salamelle ai ferri, simbolo del barbecue e delle feste di piazza va benone un rosso vivace: ancora Lambrusco, ma anche la Bonarda dell’Oltrepò Pavese.
Selvaggina
Sono due le categorie in cui viene generalmente divisa la selvaggina: quella da piuma (ad esempio fagiani, beccacce, pernici) e quella da pelo (cinghiale, cervo, capriolo, lepre). In entrambi i casi la scelta del vino da abbinare deve cadere nel panorama dei rossi.
Con dei distinguo essenzialmente legati alla maggiore o minore complessità dei piatti. Incominciamo dal caso in cui la selvaggina venga usata per condire la pasta o per costituire la farcia dei ravioli. Se il ragù o il ripieno sono a base di selvaggina da piuma, si opterà tendenzialmente per un rosso di corpo moderato, mentre se il sugo o la farcia sono costituiti da selvaggina da pelo (lepre e cinghiale soprattutto) occorre passare a dei rossi un po’ più impegnativi, anche se non eccessivamente corposi, magari invecchiati un paio d’anni (un Chianti, un Nobile di Montepulciano o un Cannonau di Sardegna, ad esempio).
La selvaggina da piuma cucinata arrosto vuole vini d’un certo corpo, ma anche sufficientemente morbidi (un Rosso di Montalcino può andare benissimo), mentre se la cottura è in umido occorre passare a un rosso di buona struttura, sapido ma anche vellutato, invecchiato almeno due o tre anni.
Per gli arrosti di selvaggina da pelo occorrono dei rossi di medio invecchiamento, dal sapore pieno e armonico (appartengono a questa categoria le riserve di Chianti, Barbera d’Alba, Valpolicella). L’intensità di sapori degli umidi di selvaggina da pelo vuole infine grandi rossi, di notevole corpo e buon invecchiamento: siamo nel mondo del Barolo, del Barbaresco, del Brunello di Montalcino, dell’ Amarone, o del Sassicaia del Taurasi.
Uova
Dicono che un buon cuoco lo si vede da che cosa riesce a inventare partendo da un semplice uovo. In tavola le uova (strapazzate, alla coque, al tegamino ) e le frittate si associano con dei vini bianchi asciutti più o meno strutturati a seconda degli eventuali altri ingredienti uniti in cottura (una frittata con le verdurine dell’orto vuole un bianco più leggero di quello che accompagna un’omelette al formaggio). Si passa a un rosato o a un rosso leggero se le uova sono servite con la pancetta, oppure se l’omelette è col prosciutto.
Verdure
Spesso le verdure sono servite come semplice contorno dei vari piatti. In questo caso, avendo cura di scartare le insalate con abbondante aceto e i carciofi crudi, che in genere non vogliono vini, gli ortaggi e i loro sapori non incidono particolarmente nella scelta del vino. Ma le erbe dell’orto sono spesso anche coprotagoniste di molti piatti. E allora la scelta del vino deve tener conto della tipologia delle verdure che hanno maggior impatto sul piatto: ci sono infatti ortaggi che tendono al dolce, altri che hanno vene amarognole, altri ancora che combinano acidità e dolcezza, altri infine tendenzialmente aciduli.
Al mondo dell’acidulo appartiene il pomodoro: in linea di massima sposa vini bianchi. Il connubio fra acidità e dolcezza è tipica dei piatti a base di cipolla, aglio e scalogno: in questo caso sembra consigliabile un bianco secco, morbido, moderatamente acido. Alla categoria degli ortaggi di tendenza dolce appartengono le carote, i piselli e le patate, con i quali ci si orienta soprattutto verso vini secchi che in qualche modo attenuino la dolcezza della verdura.
Alla serie delle erbe amarognole possono ascriversi sedano e cicorie, cui pare opportuno associare dei bianchi dal bouquet floreale più o meno intenso. Sin qui abbiamo visto le verdure sposate con dei vini bianchi, quasi questa fosse una regola comune.
Ma ecco pronta l’eccezione: la tipica, rustica bagna caoda piemontese. Questo piatto vuole che ciascun commensale intinga dei grossi pezzi di verdure in una salsa a base di olio, aglio e acciughe. In questo caso la tradizione non transige: ci vogliono una Barbera o un Dolcetto, rossi piemontesi giovani, poco tannici, dal bouquet vinoso.
un nuovo post è stato publicato su https://online-wine-shop.com/uova-riso-salmone-affumicato-salumi-verdure-e-selvaggina-quali-vini-abbinare/
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Uova, riso, salmone affumicato, salumi, verdure e selvaggina; quali vini abbinare?
Uova, riso, salmone affumicato, salumi, verdure e selvaggina; quali vini abbinare?
C’è chi dice che col riso si debba bere solo acqua e non il vino, ma francamente pare una sciocchezza. Molto meglio rispettare il motto che assicura che “il riso nasce nell’acqua e muore nel vino”. Anzi, proprio perché il riso può essere confezionato in mille maniere e nelle più svariate associazioni con altri alimenti (col pesce, con la carne, coi salumi, con le frattaglie, con le verdure) si presta a essere una specie adatto per sperimentare l’abbinamento cibo-vino. A determinare la scelta della bottiglia sono i condimenti, i sughi o gli aromi utilizzati nella preparazione del risotto o della minestra di riso.
Cominciamo con i risotti. Il caso in genere più semplice è quello del risotto cucinato col vino (si pensi ad esempio al risotto all’Amarone o allo stesso risotto alla milanese che in cottura può prevedere anche del vino rosso, che finisce per incidere sul sapore finale molto di più dello zafferano): si porta in tavola lo stesso vino adoperato in cottura, al limite (cantina e tasche permettendo) utilizzandone un’annata diversa.
I risotti a base di verdure o di legumi si caratterizzano in genere per una notevole delicatezza (si pensi al risotto con i piselli). In questo caso in genere la scelta migliore sembra essere quella di un bianco leggermente aromatico, non particolarmente impegnativo: ce ne sono di eccellenti in Alto Adige e nel Trentino (il Muller Thurgau, il Sylvaner, il Pinot Bianco o il Gewurztraminer), ma anche in molte altre regioni italiane (si pensi ad esempio ai vari Riesling, oppure al Tocai italico).
I risotti con i funghi sono fra le delizie della cucina autunnale: in genere si sposano a meraviglia con un Merlot (ce ne sono di ottimi nel Triveneto). Dai funghi ai tartufi il passo è breve: in questo caso la tradizione piemontese offre buoni abbinamenti con la Barbera o col Dolcetto. I risotti con i salumi appartengono a molte tradizioni regionali. Diffusissimo in area padana, pur in molte variegate versioni, è per esempio il risotto con la pasta del salame.
Risotti da sapori rustici, decisi, robusti, più o meno untuosi vogliono la compagnia di vini rossi d’un certo carattere, se abbastanza giovani: dal Bardolino al Raboso del Piave, alla Bonarda dei Colli Piacentini alle varie tipologie piemontesi senza contare ovviamente le tradizioni regionali: il risotto alla pilota, un classico della cucina mantovana, vuole il Lambrusco Mantovano, vivace e rosso cupo.
Altra tipologia di risotti è quella col pesce o coi frutti di mare. In questo caso la ricchezza di sapori e di profumi del piatto fa pensare a dei vini bianchi d’una certa struttura, come possono esserlo un Lugana o un Verdicchio dei Castelli di Jesi in versione superiore, oppure un Tocai o uno Chardonnay friulani (ma le casistiche possono essere parecchie: si pensi ai bianchi siciliani o campani, in genere perfetti con questo genere di risotti).
Le minestre di riso in genere sono piuttosto delicate e vogliono quindi dei vini bianchi leggeri non troppo profumati. Le insalate estive di riso gradiscono invece la compagnia dei vini rosati: ottimi quelli trentini tratti da uva schiava. Il riso è anche nei dessert (l’esempio più banale è quello dei risini preparati da moltissime pasticcerie). In questo caso ovviamente si sceglie nel panorama dei vini da dessert, partendo dai Moscati (quelli astigiani, trentini o veneti) per arrivare sino ai passiti bianchi man mano che si eleva la complessità del piatto.
Salmone affumicato e vino
In fatto di abbinamento cibo-vino, per quanto riguarda il salmone affumicato ci sono due scuole di pensiero. La prima, più drastica, capitanata da Veronelli, non consente alcun abbinamento: il salmone affumicato rifiuta di essere accostato a qualunque vino. La scuola più tollerante ammette invece degli spumanti importanti come lo Champagne, oppure dei bianchi corposi come il Sauvignon del Collie.
Stabilire chi abbia ragione è materia che riguarda il gusto personale.
Salumi e vino
Con le carni si usa dire che stanno bene i vini rossi. Il che è verissimo, con le dovute eccezioni. E fra le eccezioni ci sono i salumi, fondamento dei tipici antipasti all’italiana. I salumi sono prodotti a base di carne, certamente, e si sposano a meraviglia con numerosi vini rossi o rosati, ma da parte di molti appassionati c’è una crescente valorizzazione dell’abbinamento salumi vino bianco. Questo perché la spiccata acidità di alcuni bianchi crea spesso un perfetto equilibrio coi grassi di parecchi salumi. Al punto che c’è addirittura chi vuole (e non a torto) nobilitare la mortadella servendola con lo Champagne.
Ma prendiamo i salami. Con quelli a pasta grossa, come le tipiche soppresse venete, vanno benissimo i rossi, anche se alcuni bianchi particolarmente pieni di sapore non hanno nulla da invidiare nell’accostamento. Diverso è il discorso dei salami a pasta fine (il salame Milano, per fare un esempio): in questo caso possono anche starci dei rossi leggeri, magari vivaci, ma la sensazione dolciastra lasciata sul palato dal grasso del salame finisce per snaturare il vino.
Occorrerebbe allora usare un grande rosso, capace di vincere l’untuosità lasciata dal grasso del salume, ma se siamo solo all’antipasto diventa poi un guaio continuare il pranzo. Meglio dunque puntare su un bianco leggero (e magari anche frizzante), capace di ‘pulire’ egregiamente la bocca.
E il prosciutto? Un buon crudo può stare egregiamente con dei vini rossi o rosati d’una certa morbidezza, ma la sapidità delle carni e la dolcezza del grasso di questi tipici salumi italiani vanno benissimo a nozze anche con dei bianchi aggraziati come il Pinot Bianco del Trentino o la Ribolla friulana.
Lo stesso dicasi per lo speck: ottimo col Lagrein rosato, sta benissimo anche con dei bianchi aromatici come il Sylvaner e il Gewùrztrarniner. Diversa la questione del cotechino e dello zampone: il sapore marcato delle cotenne di maiale chiama un bel bicchiere di vivace Lambrusco. E con le salamelle ai ferri, simbolo del barbecue e delle feste di piazza va benone un rosso vivace: ancora Lambrusco, ma anche la Bonarda dell’Oltrepò Pavese.
Selvaggina
Sono due le categorie in cui viene generalmente divisa la selvaggina: quella da piuma (ad esempio fagiani, beccacce, pernici) e quella da pelo (cinghiale, cervo, capriolo, lepre). In entrambi i casi la scelta del vino da abbinare deve cadere nel panorama dei rossi.
Con dei distinguo essenzialmente legati alla maggiore o minore complessità dei piatti. Incominciamo dal caso in cui la selvaggina venga usata per condire la pasta o per costituire la farcia dei ravioli. Se il ragù o il ripieno sono a base di selvaggina da piuma, si opterà tendenzialmente per un rosso di corpo moderato, mentre se il sugo o la farcia sono costituiti da selvaggina da pelo (lepre e cinghiale soprattutto) occorre passare a dei rossi un po’ più impegnativi, anche se non eccessivamente corposi, magari invecchiati un paio d’anni (un Chianti, un Nobile di Montepulciano o un Cannonau di Sardegna, ad esempio).
La selvaggina da piuma cucinata arrosto vuole vini d’un certo corpo, ma anche sufficientemente morbidi (un Rosso di Montalcino può andare benissimo), mentre se la cottura è in umido occorre passare a un rosso di buona struttura, sapido ma anche vellutato, invecchiato almeno due o tre anni.
Per gli arrosti di selvaggina da pelo occorrono dei rossi di medio invecchiamento, dal sapore pieno e armonico (appartengono a questa categoria le riserve di Chianti, Barbera d’Alba, Valpolicella). L’intensità di sapori degli umidi di selvaggina da pelo vuole infine grandi rossi, di notevole corpo e buon invecchiamento: siamo nel mondo del Barolo, del Barbaresco, del Brunello di Montalcino, dell’ Amarone, o del Sassicaia del Taurasi.
Uova
Dicono che un buon cuoco lo si vede da che cosa riesce a inventare partendo da un semplice uovo. In tavola le uova (strapazzate, alla coque, al tegamino ) e le frittate si associano con dei vini bianchi asciutti più o meno strutturati a seconda degli eventuali altri ingredienti uniti in cottura (una frittata con le verdurine dell’orto vuole un bianco più leggero di quello che accompagna un’omelette al formaggio). Si passa a un rosato o a un rosso leggero se le uova sono servite con la pancetta, oppure se l’omelette è col prosciutto.
Verdure
Spesso le verdure sono servite come semplice contorno dei vari piatti. In questo caso, avendo cura di scartare le insalate con abbondante aceto e i carciofi crudi, che in genere non vogliono vini, gli ortaggi e i loro sapori non incidono particolarmente nella scelta del vino. Ma le erbe dell’orto sono spesso anche coprotagoniste di molti piatti. E allora la scelta del vino deve tener conto della tipologia delle verdure che hanno maggior impatto sul piatto: ci sono infatti ortaggi che tendono al dolce, altri che hanno vene amarognole, altri ancora che combinano acidità e dolcezza, altri infine tendenzialmente aciduli.
Al mondo dell’acidulo appartiene il pomodoro: in linea di massima sposa vini bianchi. Il connubio fra acidità e dolcezza è tipica dei piatti a base di cipolla, aglio e scalogno: in questo caso sembra consigliabile un bianco secco, morbido, moderatamente acido. Alla categoria degli ortaggi di tendenza dolce appartengono le carote, i piselli e le patate, con i quali ci si orienta soprattutto verso vini secchi che in qualche modo attenuino la dolcezza della verdura.
Alla serie delle erbe amarognole possono ascriversi sedano e cicorie, cui pare opportuno associare dei bianchi dal bouquet floreale più o meno intenso. Sin qui abbiamo visto le verdure sposate con dei vini bianchi, quasi questa fosse una regola comune.
Ma ecco pronta l’eccezione: la tipica, rustica bagna caoda piemontese. Questo piatto vuole che ciascun commensale intinga dei grossi pezzi di verdure in una salsa a base di olio, aglio e acciughe. In questo caso la tradizione non transige: ci vogliono una Barbera o un Dolcetto, rossi piemontesi giovani, poco tannici, dal bouquet vinoso.
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Uova, riso, salmone affumicato, salumi, verdure e selvaggina; quali vini abbinare?
Uova, riso, salmone affumicato, salumi, verdure e selvaggina; quali vini abbinare?
C’è chi dice che col riso si debba bere solo acqua e non il vino, ma francamente pare una sciocchezza. Molto meglio rispettare il motto che assicura che “il riso nasce nell’acqua e muore nel vino”. Anzi, proprio perché il riso può essere confezionato in mille maniere e nelle più svariate associazioni con altri alimenti (col pesce, con la carne, coi salumi, con le frattaglie, con le verdure) si presta a essere una specie adatto per sperimentare l’abbinamento cibo-vino. A determinare la scelta della bottiglia sono i condimenti, i sughi o gli aromi utilizzati nella preparazione del risotto o della minestra di riso.
Cominciamo con i risotti. Il caso in genere più semplice è quello del risotto cucinato col vino (si pensi ad esempio al risotto all’Amarone o allo stesso risotto alla milanese che in cottura può prevedere anche del vino rosso, che finisce per incidere sul sapore finale molto di più dello zafferano): si porta in tavola lo stesso vino adoperato in cottura, al limite (cantina e tasche permettendo) utilizzandone un’annata diversa.
I risotti a base di verdure o di legumi si caratterizzano in genere per una notevole delicatezza (si pensi al risotto con i piselli). In questo caso in genere la scelta migliore sembra essere quella di un bianco leggermente aromatico, non particolarmente impegnativo: ce ne sono di eccellenti in Alto Adige e nel Trentino (il Muller Thurgau, il Sylvaner, il Pinot Bianco o il Gewurztraminer), ma anche in molte altre regioni italiane (si pensi ad esempio ai vari Riesling, oppure al Tocai italico).
I risotti con i funghi sono fra le delizie della cucina autunnale: in genere si sposano a meraviglia con un Merlot (ce ne sono di ottimi nel Triveneto). Dai funghi ai tartufi il passo è breve: in questo caso la tradizione piemontese offre buoni abbinamenti con la Barbera o col Dolcetto. I risotti con i salumi appartengono a molte tradizioni regionali. Diffusissimo in area padana, pur in molte variegate versioni, è per esempio il risotto con la pasta del salame.
Risotti da sapori rustici, decisi, robusti, più o meno untuosi vogliono la compagnia di vini rossi d’un certo carattere, se abbastanza giovani: dal Bardolino al Raboso del Piave, alla Bonarda dei Colli Piacentini alle varie tipologie piemontesi senza contare ovviamente le tradizioni regionali: il risotto alla pilota, un classico della cucina mantovana, vuole il Lambrusco Mantovano, vivace e rosso cupo.
Altra tipologia di risotti è quella col pesce o coi frutti di mare. In questo caso la ricchezza di sapori e di profumi del piatto fa pensare a dei vini bianchi d’una certa struttura, come possono esserlo un Lugana o un Verdicchio dei Castelli di Jesi in versione superiore, oppure un Tocai o uno Chardonnay friulani (ma le casistiche possono essere parecchie: si pensi ai bianchi siciliani o campani, in genere perfetti con questo genere di risotti).
Le minestre di riso in genere sono piuttosto delicate e vogliono quindi dei vini bianchi leggeri non troppo profumati. Le insalate estive di riso gradiscono invece la compagnia dei vini rosati: ottimi quelli trentini tratti da uva schiava. Il riso è anche nei dessert (l’esempio più banale è quello dei risini preparati da moltissime pasticcerie). In questo caso ovviamente si sceglie nel panorama dei vini da dessert, partendo dai Moscati (quelli astigiani, trentini o veneti) per arrivare sino ai passiti bianchi man mano che si eleva la complessità del piatto.
Salmone affumicato e vino
In fatto di abbinamento cibo-vino, per quanto riguarda il salmone affumicato ci sono due scuole di pensiero. La prima, più drastica, capitanata da Veronelli, non consente alcun abbinamento: il salmone affumicato rifiuta di essere accostato a qualunque vino. La scuola più tollerante ammette invece degli spumanti importanti come lo Champagne, oppure dei bianchi corposi come il Sauvignon del Collie.
Stabilire chi abbia ragione è materia che riguarda il gusto personale.
Salumi e vino
Con le carni si usa dire che stanno bene i vini rossi. Il che è verissimo, con le dovute eccezioni. E fra le eccezioni ci sono i salumi, fondamento dei tipici antipasti all’italiana. I salumi sono prodotti a base di carne, certamente, e si sposano a meraviglia con numerosi vini rossi o rosati, ma da parte di molti appassionati c’è una crescente valorizzazione dell’abbinamento salumi vino bianco. Questo perché la spiccata acidità di alcuni bianchi crea spesso un perfetto equilibrio coi grassi di parecchi salumi. Al punto che c’è addirittura chi vuole (e non a torto) nobilitare la mortadella servendola con lo Champagne.
Ma prendiamo i salami. Con quelli a pasta grossa, come le tipiche soppresse venete, vanno benissimo i rossi, anche se alcuni bianchi particolarmente pieni di sapore non hanno nulla da invidiare nell’accostamento. Diverso è il discorso dei salami a pasta fine (il salame Milano, per fare un esempio): in questo caso possono anche starci dei rossi leggeri, magari vivaci, ma la sensazione dolciastra lasciata sul palato dal grasso del salame finisce per snaturare il vino.
Occorrerebbe allora usare un grande rosso, capace di vincere l’untuosità lasciata dal grasso del salume, ma se siamo solo all’antipasto diventa poi un guaio continuare il pranzo. Meglio dunque puntare su un bianco leggero (e magari anche frizzante), capace di ‘pulire’ egregiamente la bocca.
E il prosciutto? Un buon crudo può stare egregiamente con dei vini rossi o rosati d’una certa morbidezza, ma la sapidità delle carni e la dolcezza del grasso di questi tipici salumi italiani vanno benissimo a nozze anche con dei bianchi aggraziati come il Pinot Bianco del Trentino o la Ribolla friulana.
Lo stesso dicasi per lo speck: ottimo col Lagrein rosato, sta benissimo anche con dei bianchi aromatici come il Sylvaner e il Gewùrztrarniner. Diversa la questione del cotechino e dello zampone: il sapore marcato delle cotenne di maiale chiama un bel bicchiere di vivace Lambrusco. E con le salamelle ai ferri, simbolo del barbecue e delle feste di piazza va benone un rosso vivace: ancora Lambrusco, ma anche la Bonarda dell’Oltrepò Pavese.
Selvaggina
Sono due le categorie in cui viene generalmente divisa la selvaggina: quella da piuma (ad esempio fagiani, beccacce, pernici) e quella da pelo (cinghiale, cervo, capriolo, lepre). In entrambi i casi la scelta del vino da abbinare deve cadere nel panorama dei rossi.
Con dei distinguo essenzialmente legati alla maggiore o minore complessità dei piatti. Incominciamo dal caso in cui la selvaggina venga usata per condire la pasta o per costituire la farcia dei ravioli. Se il ragù o il ripieno sono a base di selvaggina da piuma, si opterà tendenzialmente per un rosso di corpo moderato, mentre se il sugo o la farcia sono costituiti da selvaggina da pelo (lepre e cinghiale soprattutto) occorre passare a dei rossi un po’ più impegnativi, anche se non eccessivamente corposi, magari invecchiati un paio d’anni (un Chianti, un Nobile di Montepulciano o un Cannonau di Sardegna, ad esempio).
La selvaggina da piuma cucinata arrosto vuole vini d’un certo corpo, ma anche sufficientemente morbidi (un Rosso di Montalcino può andare benissimo), mentre se la cottura è in umido occorre passare a un rosso di buona struttura, sapido ma anche vellutato, invecchiato almeno due o tre anni.
Per gli arrosti di selvaggina da pelo occorrono dei rossi di medio invecchiamento, dal sapore pieno e armonico (appartengono a questa categoria le riserve di Chianti, Barbera d’Alba, Valpolicella). L’intensità di sapori degli umidi di selvaggina da pelo vuole infine grandi rossi, di notevole corpo e buon invecchiamento: siamo nel mondo del Barolo, del Barbaresco, del Brunello di Montalcino, dell’ Amarone, o del Sassicaia del Taurasi.
Uova
Dicono che un buon cuoco lo si vede da che cosa riesce a inventare partendo da un semplice uovo. In tavola le uova (strapazzate, alla coque, al tegamino ) e le frittate si associano con dei vini bianchi asciutti più o meno strutturati a seconda degli eventuali altri ingredienti uniti in cottura (una frittata con le verdurine dell’orto vuole un bianco più leggero di quello che accompagna un’omelette al formaggio). Si passa a un rosato o a un rosso leggero se le uova sono servite con la pancetta, oppure se l’omelette è col prosciutto.
Verdure
Spesso le verdure sono servite come semplice contorno dei vari piatti. In questo caso, avendo cura di scartare le insalate con abbondante aceto e i carciofi crudi, che in genere non vogliono vini, gli ortaggi e i loro sapori non incidono particolarmente nella scelta del vino. Ma le erbe dell’orto sono spesso anche coprotagoniste di molti piatti. E allora la scelta del vino deve tener conto della tipologia delle verdure che hanno maggior impatto sul piatto: ci sono infatti ortaggi che tendono al dolce, altri che hanno vene amarognole, altri ancora che combinano acidità e dolcezza, altri infine tendenzialmente aciduli.
Al mondo dell’acidulo appartiene il pomodoro: in linea di massima sposa vini bianchi. Il connubio fra acidità e dolcezza è tipica dei piatti a base di cipolla, aglio e scalogno: in questo caso sembra consigliabile un bianco secco, morbido, moderatamente acido. Alla categoria degli ortaggi di tendenza dolce appartengono le carote, i piselli e le patate, con i quali ci si orienta soprattutto verso vini secchi che in qualche modo attenuino la dolcezza della verdura.
Alla serie delle erbe amarognole possono ascriversi sedano e cicorie, cui pare opportuno associare dei bianchi dal bouquet floreale più o meno intenso. Sin qui abbiamo visto le verdure sposate con dei vini bianchi, quasi questa fosse una regola comune.
Ma ecco pronta l’eccezione: la tipica, rustica bagna caoda piemontese. Questo piatto vuole che ciascun commensale intinga dei grossi pezzi di verdure in una salsa a base di olio, aglio e acciughe. In questo caso la tradizione non transige: ci vogliono una Barbera o un Dolcetto, rossi piemontesi giovani, poco tannici, dal bouquet vinoso.
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Uova, riso, salmone affumicato, salumi, verdure e selvaggina; quali vini abbinare?
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C’è chi dice che col riso si debba bere solo acqua e non il vino, ma francamente pare una sciocchezza. Molto meglio rispettare il motto che assicura che “il riso nasce nell’acqua e muore nel vino”. Anzi, proprio perché il riso può essere confezionato in mille maniere e nelle più svariate associazioni con altri alimenti (col pesce, con la carne, coi salumi, con le frattaglie, con le verdure) si presta a essere una specie adatto per sperimentare l’abbinamento cibo-vino. A determinare la scelta della bottiglia sono i condimenti, i sughi o gli aromi utilizzati nella preparazione del risotto o della minestra di riso. Cominciamo con i risotti. Il caso in genere più semplice è quello del risotto cucinato col vino (si pensi ad esempio al risotto all’Amarone o allo stesso risotto alla milanese che in cottura può prevedere anche del vino rosso, che finisce per incidere sul sapore finale molto di più dello zafferano): si porta in tavola lo stesso vino adoperato in cottura, al limite (cantina e tasche permettendo) utilizzandone un’annata diversa. I risotti a base di verdure o di legumi si caratterizzano in genere per una notevole delicatezza (si pensi al risotto con i piselli). In questo caso in genere la scelta migliore sembra essere quella di un bianco leggermente aromatico, non particolarmente impegnativo: ce ne sono di eccellenti in Alto Adige e nel Trentino (il Muller Thurgau, il Sylvaner, il Pinot Bianco o il Gewurztraminer), ma anche in molte altre regioni italiane (si pensi ad esempio ai vari Riesling, oppure al Tocai italico). I risotti con i funghi sono fra le delizie della cucina autunnale: in genere si sposano a meraviglia con un Merlot (ce ne sono di ottimi nel Triveneto). Dai funghi ai tartufi il passo è breve: in questo caso la tradizione piemontese offre buoni abbinamenti con la Barbera o col Dolcetto. I risotti con i salumi appartengono a molte tradizioni regionali. Diffusissimo in area padana, pur in molte variegate versioni, è per esempio il risotto con la pasta del salame. Risotti da sapori rustici, decisi, robusti, più o meno untuosi vogliono la compagnia di vini rossi d’un certo carattere, se abbastanza giovani: dal Bardolino al Raboso del Piave, alla Bonarda dei Colli Piacentini alle varie tipologie piemontesi senza contare ovviamente le tradizioni regionali: il risotto alla pilota, un classico della cucina mantovana, vuole il Lambrusco Mantovano, vivace e rosso cupo. Altra tipologia di risotti è quella col pesce o coi frutti di mare. In questo caso la ricchezza di sapori e di profumi del piatto fa pensare a dei vini bianchi d’una certa struttura, come possono esserlo un Lugana o un Verdicchio dei Castelli di Jesi in versione superiore, oppure un Tocai o uno Chardonnay friulani (ma le casistiche possono essere parecchie: si pensi ai bianchi siciliani o campani, in genere perfetti con questo genere di risotti). Le minestre di riso in genere sono piuttosto delicate e vogliono quindi dei vini bianchi leggeri non troppo profumati. Le insalate estive di riso gradiscono invece la compagnia … Leggi tutto
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Il rosso col pesce di Matteo Nepi: Un viaggio rocambolesco tra vite spezzate e seconde possibilità. Recensione di Alessandria today
Una fuga verso l’ignoto che diventa una ricerca di sé stessi. “Il rosso col pesce”, scritto da Matteo Nepi, è un romanzo brillante e originale che combina avventura, introspezione e una buona dose di ironia. La storia di quattro cinquantenni – un ex poliziotto, un’ex monaca, un insegnante e una prostituta – è un viaggio letterale e metaforico, alla scoperta di una nuova vita e, forse, di un senso…
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Uova, riso, salmone affumicato, salumi, verdure e selvaggina; quali vini abbinare?
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C’è chi dice che col riso si debba bere solo acqua e non il vino, ma francamente pare una sciocchezza. Molto meglio rispettare il motto che assicura che “il riso nasce nell’acqua e muore nel vino”. Anzi, proprio perché il riso può essere confezionato in mille maniere e nelle più svariate associazioni con altri alimenti (col pesce, con la carne, coi salumi, con le frattaglie, con le verdure) si presta a essere una specie adatto per sperimentare l’abbinamento cibo-vino. A determinare la scelta della bottiglia sono i condimenti, i sughi o gli aromi utilizzati nella preparazione del risotto o della minestra di riso.
Cominciamo con i risotti. Il caso in genere più semplice è quello del risotto cucinato col vino (si pensi ad esempio al risotto all’Amarone o allo stesso risotto alla milanese che in cottura può prevedere anche del vino rosso, che finisce per incidere sul sapore finale molto di più dello zafferano): si porta in tavola lo stesso vino adoperato in cottura, al limite (cantina e tasche permettendo) utilizzandone un’annata diversa.
I risotti a base di verdure o di legumi si caratterizzano in genere per una notevole delicatezza (si pensi al risotto con i piselli). In questo caso in genere la scelta migliore sembra essere quella di un bianco leggermente aromatico, non particolarmente impegnativo: ce ne sono di eccellenti in Alto Adige e nel Trentino (il Muller Thurgau, il Sylvaner, il Pinot Bianco o il Gewurztraminer), ma anche in molte altre regioni italiane (si pensi ad esempio ai vari Riesling, oppure al Tocai italico).
I risotti con i funghi sono fra le delizie della cucina autunnale: in genere si sposano a meraviglia con un Merlot (ce ne sono di ottimi nel Triveneto). Dai funghi ai tartufi il passo è breve: in questo caso la tradizione piemontese offre buoni abbinamenti con la Barbera o col Dolcetto. I risotti con i salumi appartengono a molte tradizioni regionali. Diffusissimo in area padana, pur in molte variegate versioni, è per esempio il risotto con la pasta del salame.
Risotti da sapori rustici, decisi, robusti, più o meno untuosi vogliono la compagnia di vini rossi d’un certo carattere, se abbastanza giovani: dal Bardolino al Raboso del Piave, alla Bonarda dei Colli Piacentini alle varie tipologie piemontesi senza contare ovviamente le tradizioni regionali: il risotto alla pilota, un classico della cucina mantovana, vuole il Lambrusco Mantovano, vivace e rosso cupo.
Altra tipologia di risotti è quella col pesce o coi frutti di mare. In questo caso la ricchezza di sapori e di profumi del piatto fa pensare a dei vini bianchi d’una certa struttura, come possono esserlo un Lugana o un Verdicchio dei Castelli di Jesi in versione superiore, oppure un Tocai o uno Chardonnay friulani (ma le casistiche possono essere parecchie: si pensi ai bianchi siciliani o campani, in genere perfetti con questo genere di risotti).
Le minestre di riso in genere sono piuttosto delicate e vogliono quindi dei vini bianchi leggeri non troppo profumati. Le insalate estive di riso gradiscono invece la compagnia dei vini rosati: ottimi quelli trentini tratti da uva schiava. Il riso è anche nei dessert (l’esempio più banale è quello dei risini preparati da moltissime pasticcerie). In questo caso ovviamente si sceglie nel panorama dei vini da dessert, partendo dai Moscati (quelli astigiani, trentini o veneti) per arrivare sino ai passiti bianchi man mano che si eleva la complessità del piatto.
Salmone affumicato e vino
In fatto di abbinamento cibo-vino, per quanto riguarda il salmone affumicato ci sono due scuole di pensiero. La prima, più drastica, capitanata da Veronelli, non consente alcun abbinamento: il salmone affumicato rifiuta di essere accostato a qualunque vino. La scuola più tollerante ammette invece degli spumanti importanti come lo Champagne, oppure dei bianchi corposi come il Sauvignon del Collie.
Stabilire chi abbia ragione è materia che riguarda il gusto personale.
Salumi e vino
Con le carni si usa dire che stanno bene i vini rossi. Il che è verissimo, con le dovute eccezioni. E fra le eccezioni ci sono i salumi, fondamento dei tipici antipasti all’italiana. I salumi sono prodotti a base di carne, certamente, e si sposano a meraviglia con numerosi vini rossi o rosati, ma da parte di molti appassionati c’è una crescente valorizzazione dell’abbinamento salumi vino bianco. Questo perché la spiccata acidità di alcuni bianchi crea spesso un perfetto equilibrio coi grassi di parecchi salumi. Al punto che c’è addirittura chi vuole (e non a torto) nobilitare la mortadella servendola con lo Champagne.
Ma prendiamo i salami. Con quelli a pasta grossa, come le tipiche soppresse venete, vanno benissimo i rossi, anche se alcuni bianchi particolarmente pieni di sapore non hanno nulla da invidiare nell’accostamento. Diverso è il discorso dei salami a pasta fine (il salame Milano, per fare un esempio): in questo caso possono anche starci dei rossi leggeri, magari vivaci, ma la sensazione dolciastra lasciata sul palato dal grasso del salame finisce per snaturare il vino.
Occorrerebbe allora usare un grande rosso, capace di vincere l’untuosità lasciata dal grasso del salume, ma se siamo solo all’antipasto diventa poi un guaio continuare il pranzo. Meglio dunque puntare su un bianco leggero (e magari anche frizzante), capace di ‘pulire’ egregiamente la bocca.
E il prosciutto? Un buon crudo può stare egregiamente con dei vini rossi o rosati d’una certa morbidezza, ma la sapidità delle carni e la dolcezza del grasso di questi tipici salumi italiani vanno benissimo a nozze anche con dei bianchi aggraziati come il Pinot Bianco del Trentino o la Ribolla friulana.
Lo stesso dicasi per lo speck: ottimo col Lagrein rosato, sta benissimo anche con dei bianchi aromatici come il Sylvaner e il Gewùrztrarniner. Diversa la questione del cotechino e dello zampone: il sapore marcato delle cotenne di maiale chiama un bel bicchiere di vivace Lambrusco. E con le salamelle ai ferri, simbolo del barbecue e delle feste di piazza va benone un rosso vivace: ancora Lambrusco, ma anche la Bonarda dell’Oltrepò Pavese.
Selvaggina
Sono due le categorie in cui viene generalmente divisa la selvaggina: quella da piuma (ad esempio fagiani, beccacce, pernici) e quella da pelo (cinghiale, cervo, capriolo, lepre). In entrambi i casi la scelta del vino da abbinare deve cadere nel panorama dei rossi.
Con dei distinguo essenzialmente legati alla maggiore o minore complessità dei piatti. Incominciamo dal caso in cui la selvaggina venga usata per condire la pasta o per costituire la farcia dei ravioli. Se il ragù o il ripieno sono a base di selvaggina da piuma, si opterà tendenzialmente per un rosso di corpo moderato, mentre se il sugo o la farcia sono costituiti da selvaggina da pelo (lepre e cinghiale soprattutto) occorre passare a dei rossi un po’ più impegnativi, anche se non eccessivamente corposi, magari invecchiati un paio d’anni (un Chianti, un Nobile di Montepulciano o un Cannonau di Sardegna, ad esempio).
La selvaggina da piuma cucinata arrosto vuole vini d’un certo corpo, ma anche sufficientemente morbidi (un Rosso di Montalcino può andare benissimo), mentre se la cottura è in umido occorre passare a un rosso di buona struttura, sapido ma anche vellutato, invecchiato almeno due o tre anni.
Per gli arrosti di selvaggina da pelo occorrono dei rossi di medio invecchiamento, dal sapore pieno e armonico (appartengono a questa categoria le riserve di Chianti, Barbera d’Alba, Valpolicella). L’intensità di sapori degli umidi di selvaggina da pelo vuole infine grandi rossi, di notevole corpo e buon invecchiamento: siamo nel mondo del Barolo, del Barbaresco, del Brunello di Montalcino, dell’ Amarone, o del Sassicaia del Taurasi.
Uova
Dicono che un buon cuoco lo si vede da che cosa riesce a inventare partendo da un semplice uovo. In tavola le uova (strapazzate, alla coque, al tegamino ) e le frittate si associano con dei vini bianchi asciutti più o meno strutturati a seconda degli eventuali altri ingredienti uniti in cottura (una frittata con le verdurine dell’orto vuole un bianco più leggero di quello che accompagna un’omelette al formaggio). Si passa a un rosato o a un rosso leggero se le uova sono servite con la pancetta, oppure se l’omelette è col prosciutto.
Verdure
Spesso le verdure sono servite come semplice contorno dei vari piatti. In questo caso, avendo cura di scartare le insalate con abbondante aceto e i carciofi crudi, che in genere non vogliono vini, gli ortaggi e i loro sapori non incidono particolarmente nella scelta del vino. Ma le erbe dell’orto sono spesso anche coprotagoniste di molti piatti. E allora la scelta del vino deve tener conto della tipologia delle verdure che hanno maggior impatto sul piatto: ci sono infatti ortaggi che tendono al dolce, altri che hanno vene amarognole, altri ancora che combinano acidità e dolcezza, altri infine tendenzialmente aciduli.
Al mondo dell’acidulo appartiene il pomodoro: in linea di massima sposa vini bianchi. Il connubio fra acidità e dolcezza è tipica dei piatti a base di cipolla, aglio e scalogno: in questo caso sembra consigliabile un bianco secco, morbido, moderatamente acido. Alla categoria degli ortaggi di tendenza dolce appartengono le carote, i piselli e le patate, con i quali ci si orienta soprattutto verso vini secchi che in qualche modo attenuino la dolcezza della verdura.
Alla serie delle erbe amarognole possono ascriversi sedano e cicorie, cui pare opportuno associare dei bianchi dal bouquet floreale più o meno intenso. Sin qui abbiamo visto le verdure sposate con dei vini bianchi, quasi questa fosse una regola comune.
Ma ecco pronta l’eccezione: la tipica, rustica bagna caoda piemontese. Questo piatto vuole che ciascun commensale intinga dei grossi pezzi di verdure in una salsa a base di olio, aglio e acciughe. In questo caso la tradizione non transige: ci vogliono una Barbera o un Dolcetto, rossi piemontesi giovani, poco tannici, dal bouquet vinoso.
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Uova, riso, salmone affumicato, salumi, verdure e selvaggina; quali vini abbinare?
Uova, riso, salmone affumicato, salumi, verdure e selvaggina; quali vini abbinare?
C’è chi dice che col riso si debba bere solo acqua e non il vino, ma francamente pare una sciocchezza. Molto meglio rispettare il motto che assicura che “il riso nasce nell’acqua e muore nel vino”. Anzi, proprio perché il riso può essere confezionato in mille maniere e nelle più svariate associazioni con altri alimenti (col pesce, con la carne, coi salumi, con le frattaglie, con le verdure) si presta a essere una specie adatto per sperimentare l’abbinamento cibo-vino. A determinare la scelta della bottiglia sono i condimenti, i sughi o gli aromi utilizzati nella preparazione del risotto o della minestra di riso. Cominciamo con i risotti. Il caso in genere più semplice è quello del risotto cucinato col vino (si pensi ad esempio al risotto all’Amarone o allo stesso risotto alla milanese che in cottura può prevedere anche del vino rosso, che finisce per incidere sul sapore finale molto di più dello zafferano): si porta in tavola lo stesso vino adoperato in cottura, al limite (cantina e tasche permettendo) utilizzandone un’annata diversa. I risotti a base di verdure o di legumi si caratterizzano in genere per una notevole delicatezza (si pensi al risotto con i piselli). In questo caso in genere la scelta migliore sembra essere quella di un bianco leggermente aromatico, non particolarmente impegnativo: ce ne sono di eccellenti in Alto Adige e nel Trentino (il Muller Thurgau, il Sylvaner, il Pinot Bianco o il Gewurztraminer), ma anche in molte altre regioni italiane (si pensi ad esempio ai vari Riesling, oppure al Tocai italico). I risotti con i funghi sono fra le delizie della cucina autunnale: in genere si sposano a meraviglia con un Merlot (ce ne sono di ottimi nel Triveneto). Dai funghi ai tartufi il passo è breve: in questo caso la tradizione piemontese offre buoni abbinamenti con la Barbera o col Dolcetto. I risotti con i salumi appartengono a molte tradizioni regionali. Diffusissimo in area padana, pur in molte variegate versioni, è per esempio il risotto con la pasta del salame. Risotti da sapori rustici, decisi, robusti, più o meno untuosi vogliono la compagnia di vini rossi d’un certo carattere, se abbastanza giovani: dal Bardolino al Raboso del Piave, alla Bonarda dei Colli Piacentini alle varie tipologie piemontesi senza contare ovviamente le tradizioni regionali: il risotto alla pilota, un classico della cucina mantovana, vuole il Lambrusco Mantovano, vivace e rosso cupo. Altra tipologia di risotti è quella col pesce o coi frutti di mare. In questo caso la ricchezza di sapori e di profumi del piatto fa pensare a dei vini bianchi d’una certa struttura, come possono esserlo un Lugana o un Verdicchio dei Castelli di Jesi in versione superiore, oppure un Tocai o uno Chardonnay friulani (ma le casistiche possono essere parecchie: si pensi ai bianchi siciliani o campani, in genere perfetti con questo genere di risotti). Le minestre di riso in genere sono piuttosto delicate e vogliono quindi dei vini bianchi leggeri non troppo profumati. Le insalate estive di riso gradiscono invece la compagnia … Leggi tutto
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Uova, riso, salmone affumicato, salumi, verdure e selvaggina; quali vini abbinare?
C’è chi dice che col riso si debba bere solo acqua e non il vino, ma francamente pare una sciocchezza. Molto meglio rispettare il motto che assicura che “il riso nasce nell’acqua e muore nel vino”. Anzi, proprio perché il riso può essere confezionato in mille maniere e nelle più svariate associazioni con altri alimenti (col pesce, con la carne, coi salumi, con le frattaglie, con le verdure) si presta a essere una specie adatto per sperimentare l’abbinamento cibo-vino. A determinare la scelta della bottiglia sono i condimenti, i sughi o gli aromi utilizzati nella preparazione del risotto o della minestra di riso.
Cominciamo con i risotti. Il caso in genere più semplice è quello del risotto cucinato col vino (si pensi ad esempio al risotto all’Amarone o allo stesso risotto alla milanese che in cottura può prevedere anche del vino rosso, che finisce per incidere sul sapore finale molto di più dello zafferano): si porta in tavola lo stesso vino adoperato in cottura, al limite (cantina e tasche permettendo) utilizzandone un’annata diversa.
I risotti a base di verdure o di legumi si caratterizzano in genere per una notevole delicatezza (si pensi al risotto con i piselli). In questo caso in genere la scelta migliore sembra essere quella di un bianco leggermente aromatico, non particolarmente impegnativo: ce ne sono di eccellenti in Alto Adige e nel Trentino (il Muller Thurgau, il Sylvaner, il Pinot Bianco o il Gewurztraminer), ma anche in molte altre regioni italiane (si pensi ad esempio ai vari Riesling, oppure al Tocai italico).
I risotti con i funghi sono fra le delizie della cucina autunnale: in genere si sposano a meraviglia con un Merlot (ce ne sono di ottimi nel Triveneto). Dai funghi ai tartufi il passo è breve: in questo caso la tradizione piemontese offre buoni abbinamenti con la Barbera o col Dolcetto. I risotti con i salumi appartengono a molte tradizioni regionali. Diffusissimo in area padana, pur in molte variegate versioni, è per esempio il risotto con la pasta del salame.
Risotti da sapori rustici, decisi, robusti, più o meno untuosi vogliono la compagnia di vini rossi d’un certo carattere, se abbastanza giovani: dal Bardolino al Raboso del Piave, alla Bonarda dei Colli Piacentini alle varie tipologie piemontesi senza contare ovviamente le tradizioni regionali: il risotto alla pilota, un classico della cucina mantovana, vuole il Lambrusco Mantovano, vivace e rosso cupo.
Altra tipologia di risotti è quella col pesce o coi frutti di mare. In questo caso la ricchezza di sapori e di profumi del piatto fa pensare a dei vini bianchi d’una certa struttura, come possono esserlo un Lugana o un Verdicchio dei Castelli di Jesi in versione superiore, oppure un Tocai o uno Chardonnay friulani (ma le casistiche possono essere parecchie: si pensi ai bianchi siciliani o campani, in genere perfetti con questo genere di risotti).
Le minestre di riso in genere sono piuttosto delicate e vogliono quindi dei vini bianchi leggeri non troppo profumati. Le insalate estive di riso gradiscono invece la compagnia dei vini rosati: ottimi quelli trentini tratti da uva schiava. Il riso è anche nei dessert (l’esempio più banale è quello dei risini preparati da moltissime pasticcerie). In questo caso ovviamente si sceglie nel panorama dei vini da dessert, partendo dai Moscati (quelli astigiani, trentini o veneti) per arrivare sino ai passiti bianchi man mano che si eleva la complessità del piatto.
Salmone affumicato e vino
In fatto di abbinamento cibo-vino, per quanto riguarda il salmone affumicato ci sono due scuole di pensiero. La prima, più drastica, capitanata da Veronelli, non consente alcun abbinamento: il salmone affumicato rifiuta di essere accostato a qualunque vino. La scuola più tollerante ammette invece degli spumanti importanti come lo Champagne, oppure dei bianchi corposi come il Sauvignon del Collie.
Stabilire chi abbia ragione è materia che riguarda il gusto personale.
Salumi e vino
Con le carni si usa dire che stanno bene i vini rossi. Il che è verissimo, con le dovute eccezioni. E fra le eccezioni ci sono i salumi, fondamento dei tipici antipasti all’italiana. I salumi sono prodotti a base di carne, certamente, e si sposano a meraviglia con numerosi vini rossi o rosati, ma da parte di molti appassionati c’è una crescente valorizzazione dell’abbinamento salumi vino bianco. Questo perché la spiccata acidità di alcuni bianchi crea spesso un perfetto equilibrio coi grassi di parecchi salumi. Al punto che c’è addirittura chi vuole (e non a torto) nobilitare la mortadella servendola con lo Champagne.
Ma prendiamo i salami. Con quelli a pasta grossa, come le tipiche soppresse venete, vanno benissimo i rossi, anche se alcuni bianchi particolarmente pieni di sapore non hanno nulla da invidiare nell’accostamento. Diverso è il discorso dei salami a pasta fine (il salame Milano, per fare un esempio): in questo caso possono anche starci dei rossi leggeri, magari vivaci, ma la sensazione dolciastra lasciata sul palato dal grasso del salame finisce per snaturare il vino.
Occorrerebbe allora usare un grande rosso, capace di vincere l’untuosità lasciata dal grasso del salume, ma se siamo solo all’antipasto diventa poi un guaio continuare il pranzo. Meglio dunque puntare su un bianco leggero (e magari anche frizzante), capace di ‘pulire’ egregiamente la bocca.
E il prosciutto? Un buon crudo può stare egregiamente con dei vini rossi o rosati d’una certa morbidezza, ma la sapidità delle carni e la dolcezza del grasso di questi tipici salumi italiani vanno benissimo a nozze anche con dei bianchi aggraziati come il Pinot Bianco del Trentino o la Ribolla friulana.
Lo stesso dicasi per lo speck: ottimo col Lagrein rosato, sta benissimo anche con dei bianchi aromatici come il Sylvaner e il Gewùrztrarniner. Diversa la questione del cotechino e dello zampone: il sapore marcato delle cotenne di maiale chiama un bel bicchiere di vivace Lambrusco. E con le salamelle ai ferri, simbolo del barbecue e delle feste di piazza va benone un rosso vivace: ancora Lambrusco, ma anche la Bonarda dell’Oltrepò Pavese.
Selvaggina
Sono due le categorie in cui viene generalmente divisa la selvaggina: quella da piuma (ad esempio fagiani, beccacce, pernici) e quella da pelo (cinghiale, cervo, capriolo, lepre). In entrambi i casi la scelta del vino da abbinare deve cadere nel panorama dei rossi.
Con dei distinguo essenzialmente legati alla maggiore o minore complessità dei piatti. Incominciamo dal caso in cui la selvaggina venga usata per condire la pasta o per costituire la farcia dei ravioli. Se il ragù o il ripieno sono a base di selvaggina da piuma, si opterà tendenzialmente per un rosso di corpo moderato, mentre se il sugo o la farcia sono costituiti da selvaggina da pelo (lepre e cinghiale soprattutto) occorre passare a dei rossi un po’ più impegnativi, anche se non eccessivamente corposi, magari invecchiati un paio d’anni (un Chianti, un Nobile di Montepulciano o un Cannonau di Sardegna, ad esempio).
La selvaggina da piuma cucinata arrosto vuole vini d’un certo corpo, ma anche sufficientemente morbidi (un Rosso di Montalcino può andare benissimo), mentre se la cottura è in umido occorre passare a un rosso di buona struttura, sapido ma anche vellutato, invecchiato almeno due o tre anni.
Per gli arrosti di selvaggina da pelo occorrono dei rossi di medio invecchiamento, dal sapore pieno e armonico (appartengono a questa categoria le riserve di Chianti, Barbera d’Alba, Valpolicella). L’intensità di sapori degli umidi di selvaggina da pelo vuole infine grandi rossi, di notevole corpo e buon invecchiamento: siamo nel mondo del Barolo, del Barbaresco, del Brunello di Montalcino, dell’ Amarone, o del Sassicaia del Taurasi.
Uova
Dicono che un buon cuoco lo si vede da che cosa riesce a inventare partendo da un semplice uovo. In tavola le uova (strapazzate, alla coque, al tegamino ) e le frittate si associano con dei vini bianchi asciutti più o meno strutturati a seconda degli eventuali altri ingredienti uniti in cottura (una frittata con le verdurine dell’orto vuole un bianco più leggero di quello che accompagna un’omelette al formaggio). Si passa a un rosato o a un rosso leggero se le uova sono servite con la pancetta, oppure se l’omelette è col prosciutto.
Verdure
Spesso le verdure sono servite come semplice contorno dei vari piatti. In questo caso, avendo cura di scartare le insalate con abbondante aceto e i carciofi crudi, che in genere non vogliono vini, gli ortaggi e i loro sapori non incidono particolarmente nella scelta del vino. Ma le erbe dell’orto sono spesso anche coprotagoniste di molti piatti. E allora la scelta del vino deve tener conto della tipologia delle verdure che hanno maggior impatto sul piatto: ci sono infatti ortaggi che tendono al dolce, altri che hanno vene amarognole, altri ancora che combinano acidità e dolcezza, altri infine tendenzialmente aciduli.
Al mondo dell’acidulo appartiene il pomodoro: in linea di massima sposa vini bianchi. Il connubio fra acidità e dolcezza è tipica dei piatti a base di cipolla, aglio e scalogno: in questo caso sembra consigliabile un bianco secco, morbido, moderatamente acido. Alla categoria degli ortaggi di tendenza dolce appartengono le carote, i piselli e le patate, con i quali ci si orienta soprattutto verso vini secchi che in qualche modo attenuino la dolcezza della verdura.
Alla serie delle erbe amarognole possono ascriversi sedano e cicorie, cui pare opportuno associare dei bianchi dal bouquet floreale più o meno intenso. Sin qui abbiamo visto le verdure sposate con dei vini bianchi, quasi questa fosse una regola comune.
Ma ecco pronta l’eccezione: la tipica, rustica bagna caoda piemontese. Questo piatto vuole che ciascun commensale intinga dei grossi pezzi di verdure in una salsa a base di olio, aglio e acciughe. In questo caso la tradizione non transige: ci vogliono una Barbera o un Dolcetto, rossi piemontesi giovani, poco tannici, dal bouquet vinoso.
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Uova, riso, salmone affumicato, salumi, verdure e selvaggina; quali vini abbinare?
Uova, riso, salmone affumicato, salumi, verdure e selvaggina; quali vini abbinare?
C’è chi dice che col riso si debba bere solo acqua e non il vino, ma francamente pare una sciocchezza. Molto meglio rispettare il motto che assicura che “il riso nasce nell’acqua e muore nel vino”. Anzi, proprio perché il riso può essere confezionato in mille maniere e nelle più svariate associazioni con altri alimenti (col pesce, con la carne, coi salumi, con le frattaglie, con le verdure) si presta a essere una specie adatto per sperimentare l’abbinamento cibo-vino. A determinare la scelta della bottiglia sono i condimenti, i sughi o gli aromi utilizzati nella preparazione del risotto o della minestra di riso.
Cominciamo con i risotti. Il caso in genere più semplice è quello del risotto cucinato col vino (si pensi ad esempio al risotto all’Amarone o allo stesso risotto alla milanese che in cottura può prevedere anche del vino rosso, che finisce per incidere sul sapore finale molto di più dello zafferano): si porta in tavola lo stesso vino adoperato in cottura, al limite (cantina e tasche permettendo) utilizzandone un’annata diversa.
I risotti a base di verdure o di legumi si caratterizzano in genere per una notevole delicatezza (si pensi al risotto con i piselli). In questo caso in genere la scelta migliore sembra essere quella di un bianco leggermente aromatico, non particolarmente impegnativo: ce ne sono di eccellenti in Alto Adige e nel Trentino (il Muller Thurgau, il Sylvaner, il Pinot Bianco o il Gewurztraminer), ma anche in molte altre regioni italiane (si pensi ad esempio ai vari Riesling, oppure al Tocai italico).
I risotti con i funghi sono fra le delizie della cucina autunnale: in genere si sposano a meraviglia con un Merlot (ce ne sono di ottimi nel Triveneto). Dai funghi ai tartufi il passo è breve: in questo caso la tradizione piemontese offre buoni abbinamenti con la Barbera o col Dolcetto. I risotti con i salumi appartengono a molte tradizioni regionali. Diffusissimo in area padana, pur in molte variegate versioni, è per esempio il risotto con la pasta del salame.
Risotti da sapori rustici, decisi, robusti, più o meno untuosi vogliono la compagnia di vini rossi d’un certo carattere, se abbastanza giovani: dal Bardolino al Raboso del Piave, alla Bonarda dei Colli Piacentini alle varie tipologie piemontesi senza contare ovviamente le tradizioni regionali: il risotto alla pilota, un classico della cucina mantovana, vuole il Lambrusco Mantovano, vivace e rosso cupo.
Altra tipologia di risotti è quella col pesce o coi frutti di mare. In questo caso la ricchezza di sapori e di profumi del piatto fa pensare a dei vini bianchi d’una certa struttura, come possono esserlo un Lugana o un Verdicchio dei Castelli di Jesi in versione superiore, oppure un Tocai o uno Chardonnay friulani (ma le casistiche possono essere parecchie: si pensi ai bianchi siciliani o campani, in genere perfetti con questo genere di risotti).
Le minestre di riso in genere sono piuttosto delicate e vogliono quindi dei vini bianchi leggeri non troppo profumati. Le insalate estive di riso gradiscono invece la compagnia dei vini rosati: ottimi quelli trentini tratti da uva schiava. Il riso è anche nei dessert (l’esempio più banale è quello dei risini preparati da moltissime pasticcerie). In questo caso ovviamente si sceglie nel panorama dei vini da dessert, partendo dai Moscati (quelli astigiani, trentini o veneti) per arrivare sino ai passiti bianchi man mano che si eleva la complessità del piatto.
Salmone affumicato e vino
In fatto di abbinamento cibo-vino, per quanto riguarda il salmone affumicato ci sono due scuole di pensiero. La prima, più drastica, capitanata da Veronelli, non consente alcun abbinamento: il salmone affumicato rifiuta di essere accostato a qualunque vino. La scuola più tollerante ammette invece degli spumanti importanti come lo Champagne, oppure dei bianchi corposi come il Sauvignon del Collie.
Stabilire chi abbia ragione è materia che riguarda il gusto personale.
Salumi e vino
Con le carni si usa dire che stanno bene i vini rossi. Il che è verissimo, con le dovute eccezioni. E fra le eccezioni ci sono i salumi, fondamento dei tipici antipasti all’italiana. I salumi sono prodotti a base di carne, certamente, e si sposano a meraviglia con numerosi vini rossi o rosati, ma da parte di molti appassionati c’è una crescente valorizzazione dell’abbinamento salumi vino bianco. Questo perché la spiccata acidità di alcuni bianchi crea spesso un perfetto equilibrio coi grassi di parecchi salumi. Al punto che c’è addirittura chi vuole (e non a torto) nobilitare la mortadella servendola con lo Champagne.
Ma prendiamo i salami. Con quelli a pasta grossa, come le tipiche soppresse venete, vanno benissimo i rossi, anche se alcuni bianchi particolarmente pieni di sapore non hanno nulla da invidiare nell’accostamento. Diverso è il discorso dei salami a pasta fine (il salame Milano, per fare un esempio): in questo caso possono anche starci dei rossi leggeri, magari vivaci, ma la sensazione dolciastra lasciata sul palato dal grasso del salame finisce per snaturare il vino.
Occorrerebbe allora usare un grande rosso, capace di vincere l’untuosità lasciata dal grasso del salume, ma se siamo solo all’antipasto diventa poi un guaio continuare il pranzo. Meglio dunque puntare su un bianco leggero (e magari anche frizzante), capace di ‘pulire’ egregiamente la bocca.
E il prosciutto? Un buon crudo può stare egregiamente con dei vini rossi o rosati d’una certa morbidezza, ma la sapidità delle carni e la dolcezza del grasso di questi tipici salumi italiani vanno benissimo a nozze anche con dei bianchi aggraziati come il Pinot Bianco del Trentino o la Ribolla friulana.
Lo stesso dicasi per lo speck: ottimo col Lagrein rosato, sta benissimo anche con dei bianchi aromatici come il Sylvaner e il Gewùrztrarniner. Diversa la questione del cotechino e dello zampone: il sapore marcato delle cotenne di maiale chiama un bel bicchiere di vivace Lambrusco. E con le salamelle ai ferri, simbolo del barbecue e delle feste di piazza va benone un rosso vivace: ancora Lambrusco, ma anche la Bonarda dell’Oltrepò Pavese.
Selvaggina
Sono due le categorie in cui viene generalmente divisa la selvaggina: quella da piuma (ad esempio fagiani, beccacce, pernici) e quella da pelo (cinghiale, cervo, capriolo, lepre). In entrambi i casi la scelta del vino da abbinare deve cadere nel panorama dei rossi.
Con dei distinguo essenzialmente legati alla maggiore o minore complessità dei piatti. Incominciamo dal caso in cui la selvaggina venga usata per condire la pasta o per costituire la farcia dei ravioli. Se il ragù o il ripieno sono a base di selvaggina da piuma, si opterà tendenzialmente per un rosso di corpo moderato, mentre se il sugo o la farcia sono costituiti da selvaggina da pelo (lepre e cinghiale soprattutto) occorre passare a dei rossi un po’ più impegnativi, anche se non eccessivamente corposi, magari invecchiati un paio d’anni (un Chianti, un Nobile di Montepulciano o un Cannonau di Sardegna, ad esempio).
La selvaggina da piuma cucinata arrosto vuole vini d’un certo corpo, ma anche sufficientemente morbidi (un Rosso di Montalcino può andare benissimo), mentre se la cottura è in umido occorre passare a un rosso di buona struttura, sapido ma anche vellutato, invecchiato almeno due o tre anni.
Per gli arrosti di selvaggina da pelo occorrono dei rossi di medio invecchiamento, dal sapore pieno e armonico (appartengono a questa categoria le riserve di Chianti, Barbera d’Alba, Valpolicella). L’intensità di sapori degli umidi di selvaggina da pelo vuole infine grandi rossi, di notevole corpo e buon invecchiamento: siamo nel mondo del Barolo, del Barbaresco, del Brunello di Montalcino, dell’ Amarone, o del Sassicaia del Taurasi.
Uova
Dicono che un buon cuoco lo si vede da che cosa riesce a inventare partendo da un semplice uovo. In tavola le uova (strapazzate, alla coque, al tegamino ) e le frittate si associano con dei vini bianchi asciutti più o meno strutturati a seconda degli eventuali altri ingredienti uniti in cottura (una frittata con le verdurine dell’orto vuole un bianco più leggero di quello che accompagna un’omelette al formaggio). Si passa a un rosato o a un rosso leggero se le uova sono servite con la pancetta, oppure se l’omelette è col prosciutto.
Verdure
Spesso le verdure sono servite come semplice contorno dei vari piatti. In questo caso, avendo cura di scartare le insalate con abbondante aceto e i carciofi crudi, che in genere non vogliono vini, gli ortaggi e i loro sapori non incidono particolarmente nella scelta del vino. Ma le erbe dell’orto sono spesso anche coprotagoniste di molti piatti. E allora la scelta del vino deve tener conto della tipologia delle verdure che hanno maggior impatto sul piatto: ci sono infatti ortaggi che tendono al dolce, altri che hanno vene amarognole, altri ancora che combinano acidità e dolcezza, altri infine tendenzialmente aciduli.
Al mondo dell’acidulo appartiene il pomodoro: in linea di massima sposa vini bianchi. Il connubio fra acidità e dolcezza è tipica dei piatti a base di cipolla, aglio e scalogno: in questo caso sembra consigliabile un bianco secco, morbido, moderatamente acido. Alla categoria degli ortaggi di tendenza dolce appartengono le carote, i piselli e le patate, con i quali ci si orienta soprattutto verso vini secchi che in qualche modo attenuino la dolcezza della verdura.
Alla serie delle erbe amarognole possono ascriversi sedano e cicorie, cui pare opportuno associare dei bianchi dal bouquet floreale più o meno intenso. Sin qui abbiamo visto le verdure sposate con dei vini bianchi, quasi questa fosse una regola comune.
Ma ecco pronta l’eccezione: la tipica, rustica bagna caoda piemontese. Questo piatto vuole che ciascun commensale intinga dei grossi pezzi di verdure in una salsa a base di olio, aglio e acciughe. In questo caso la tradizione non transige: ci vogliono una Barbera o un Dolcetto, rossi piemontesi giovani, poco tannici, dal bouquet vinoso.
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