#Il piatto rosso
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Luciano Ventrone Il piatto rosso
a cura di Vittorio Sgarbi
Allemandi, Torino 1999, 64 pagine, 21 x 30 cm, ISBN 9788842208945
euro 50,00
email if you want to buy [email protected]
Mostra Ancona, Mole Vanvitelliana 9 Luglio - 3 Settembre 1999
Una mostra dedicata a Luciano Ventrone (Roma, 1942), un vero maestro dell'arte contemporanea conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, definito da Federico Zeri "il Caravaggio del ventesimo secolo" per il suo "iperrealismo" e la sua tenacità nel perseguire fino all'estremo l'imperativo di "mimesis".
Luciano Ventrone, grande maestro dal virtuosismo eccezionale che per “ricostruire” scompone le forme. Nella sua tecnica la fotografia è un punto dal quale parte l’astrazione del soggetto, che si priva del suo essere materia per essere vissuto solo attraverso la luce. Lavorando direttamente sulla fotografia, Ventrone è in grado di cogliere quei dettagli non visibili all’occhio umano e che meravigliano sempre lo spettatore.
22/05/23
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#Luciano Ventrone#art exhibition catalogue#Mole Vanvitelliana Ancona 1999#Il piatto rosso#Vittorio Sgarbi#rare books#frutta e verdura#fashionbooksmilano
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Ciao, adoro i tuoi dipinti! Sei autodidatta? Posso chiederti che prodotti usi e qualche tip per chi vorrebbe iniziare? 🥺
Ciao cara✨️
Intanto, grazie infinite, io sono davvero in fase di esplorazione, per cui sono felice che quello che sto provando a fare ti stia piacendo! Io sto frequentano un corso, il pittore che lo tiene è simil impressionista (pittura molto rapida, macchie di colore, materico, suggestivo) per cui ovviamente il corso è su questo stile! I materiali, oltre alle classiche tele, sono colori ad olio (bianco, nero, rosso giallo e blu, versione scura e coprente) e principalmente una spatola, più qualche pennello piatto. Io la costa che sto cercando di fare, e quindi ti voglio donare, è questa: lasciare andare la forma, osare col colore, perdere di vista il particolare per una visione più ampia. (È difficilissimo, per chi vorrebbe che tutto fosse preciso al millimetro). Se hai bisogno, per quel pochissimo che posso, sono qui 🌸
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Aveva fame. Non una fame banale, quel languore che prende chi non fa niente e che si risolve in un antipastino o un aperitivo. Lui aveva molta fame, di quella che per soddisfarla bisognava cuocere almeno un “quaddaruni” di pasta, equivalente a circa duecento, duecentocinquanta grammi di pasta, magari con il sugo di maiale o una marea di cozze, di quelle grandi e carnose. Ma in quel momento avrebbe mangiato la qualsiasi: gnocchi, tortellini al burro o con il ragù bolognese, la pasta “cuccuruzzu” con il bollito di castrato, i maccheroni fatti in casa con il sugo di coniglio, i maltagliati con le “poverelle”, le pappardelle con il ragù di cinghiale, una bella carbonara, un cacio e pepe o le lasagne con i funghi porcini appena colti. Apri la dispensa: vuota. Guardò in frigo: vuoto. Neanche un uovo , una crosta di formaggio, il barattolo semivuoto di pesto alla Genovese o alla Trapanese. La fame aumentò. Cercò delle patate ma nel cesto dove le conservava c’erano solo dell’aglio e due peperoncini rossi, raggrinziti e tristi. “Ci siamo – si disse – una bella : aglio, olio e peperoncino”. Mise su l’acqua e quando bolli verso dentro duecento grammi di pasta perché si disse che aveva fame. In una padella mise un dito d’olio e tutto l’aglio che aveva. (Cosa lo lasciava a fare?). Tagliuzzo il peperoncino e lo versò nell’olio caldo. Per la cucina si propagò un odore intenso, forte, che già da solo avrebbe fatto sturare il naso a chi aveva il raffreddore. Quando la pasta fu pronta la versò direttamente nella padella aggiungendo quella che rimaneva di una vaschetta di pecorino pepato che emanava un odore di ovino intenso e stordente. Mischiò il tutto e versò nel piatto la montagna di spaghetti e lo osservò con devozione e amore. Era consapevole che il pecorino era un di più, ma voleva sapori forti e poi, aveva fame. La prima forchettata sparì come se non vi fosse mai stata. La seconda gli regolò il gusto del pecorino, alla terza si accorse che stava sudando. Forse il peperoncino era troppo, perché la pasta pizzicava, la fronte si era imperlata di gocce di sudore ed il naso si era sturato ed ora respirava come un bambino. Continuò imperterrito, come che più che un nutrirsi, la sua era una prova di virilità, una ordalia in onore della buona tavola. Continuò forchettata dopo forchettata, mentre sentiva il calore dentro di se aumentava tanto che si sentiva quasi un forno che emanava calore su calore come quando si doveva mettere la carne di castrato e bisognava fare andare il fuoco nel forno un ora per ogni capra stivata li dentro. Apri una bottiglia di birra e la bevve di un fiato, complimentandosi con se stesso con un enorme rutto. Attaccò di nuovo il piatto, che ormai era quasi mezzo vuoto. Continuò forchettata dopo forchetta, ma visto che il calore era insopportabile, ogni due forchettate si scolava una bottiglia di birra e si incoraggiava con un altro rutto che faceva tintinnare la raccolta di bomboniere posta nella credenza della cucina. Quando fini, con la pancia che fuoriusciva abbondantemente dal pantalone dove la cintura era già stata slacciata verso la quinta o sesta forchettata. Prese una crosta di pane semidura e la fece girare nel piatto per ammorbidirla e raccogliere con l’olio i pezzi di peperoncino rimasti. Si congratulò con se stesso e finì l’ultima bottiglia di birra, ormai rosso come un pomodoro per il calore del peperoncino e con alito all’aglio che faceva appassire anche le tende della camera. Tra una russata e l’altra sgassava la pancia emettendo terrificanti scoregge. Quando sua moglie entro nella camera da letto sentì un odore così terribile che svenne. Ma lui continuò a dormire felice della mangiata..
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Serata di attimi... E perversione...(parte 1)
Lei lo aspettava per cena, aveva preparato il suo piatto preferito e aperto un rosso corposo denso, di quelli che macchiano il bicchiere.
Ecco il campanello in meno di due minuti si era tolta di dosso tutto quello che indossava è aprì la porta,.
Lui era lì nascosto da un mazzo di rose che lanciò sul pavimento, e in pochi secondi le sue labbra erano su quelle di lei, con una mano le cingeva il collo e l'altra tra le sue gambe, dove tutto era già umido e iniziava a colare tra le gambe...
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Non c’ho la minima idea de che dovete fa.
E cominciamo male, malissimo, mi dirai giustamente tu caro lettore che passi di qui. Dirai magari anche ma scusa gli psicologi che ci stanno a fare, per farci domande sulle nostre domande, per chiederci “Come la fa sentire questo amore che non c’è?” e rispondere demmerda, come me dovrei sentì?
In effetti esistono molte realtà in cui pare ti insegnino a rimorchia’ meglio, immagino a botte di frasi motivazionali sul tuo valore intrinseco e piccole strategie di base di carattere per niente intuitivo, tipo meglio aspettare un’oretta prima di chiederle se è vi ha già dimenticati per sempre quando non vi risponde al meme o magari suggeriscono messaggi accattivanti con dentro “buon bicchiere di vino”.
Magari ci riescono pure nella missione pesca a strascico e magari ci riuscite pure a trovare un bel tonno rosso, nei periodi bui passi magari anche il copertone.
Però mi pare che esistano meno realtà in cui ci chiediamo MA CHE CE DOVEMO FA CO’ ST’AMORE; davvero, ma che ce dovete fa, co sta fretta, sta cecità, sta maratona senza sosta fatta di colpi bassi all’orgoglio, notti insonni ad aspettarvi, spionaggi e controspionaggi telematici livello CIA. Tutto questo, quasi sempre, per persone di cui nemmeno hai mai saputo il suo piatto preferito o la sua visione del mondo. Niente vogliamo sapere, tranne se ci ha risposto o no.
Vogliamo che nessuno ci rifiuti, perché il rifiuto fa schifo punto.
L’amore felice più che “vero”, è fatto da tante piccolissime parti che si devono incastrare quanto basta per far funzionare il meccanismo. Oltre alla fiera dell’orgoglio ferito e alla poesia, una relazione è l’incontro di due persone e tutte le generazioni prima di voi, il modo in cui le vostre famiglie hanno trasmesso un modello di relazione, il modo in cui ognuno di voi ha vissuto il proprio modello, le esperienze avute, il modo in cui ognuno di voi ha gestito queste esperienze; poi il temperamento, la socievolezza, l’umorismo, la gestione del dentifricio. Due oceani che si incrociano e voi lì col bicchiere de vino?
Guardare indietro bene ci può raccontare molto più di quel messaggio che tanto pure che ve lo manda, fa schifo.
Olimpia Parboni Arquati
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Fan fiction sul personaggio di Alastor di Hazbin Hotel .
La storia inizia all'Inferno: attraverso una serie di flashback che si susseguono come interferenze radio nella mente di Alastor.
L'ho scritta per fare luce sul suo passato e sul perchè abbia perso il senno e sia finito all'inferno.
Radio Frequencies
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Il pugno aveva mandato in frantumi lo specchio: mille schegge di vetro erano esplose sul pavimento. La pelle del guanto si era lacerata ed il sangue nerastro colava lungo la mano. Le tenebre della stanza permeavano ogni angolo, accalcate simili ad una folla soffocante. Sciolse la stretta della mano e ticchettò con la punta rossa delle dita guantate i profili in frantumi dello specchio ancora appeso alla parete.
Il dolore era piacere, amava vederlo pervadere le sue vittime poteva sentirlo, ma questa volta scivolava in lui lungo le nocche fino al braccio, la cosa lo contrariava: si chiese come poteva aver perso il controllo .
Si appoggiò alla parete con l'avambraccio, mentre con l'altra mano continuava ad accarezzare morbosamente quello che restava dello specchio: tamburellava lento poi frenetico, in modo incontrollato. Tra le schegge osservò il flash rosso sangue del suo sguardo, in quella tenebra nera come pece vacillava come un neon.
Sentì nuovamente quella fitta alla testa, come una sintonizzazione radio sovrapposta, un'interferenza direttamente sparata nel cervello, strinse i denti in un sorriso folle: non amava perdere il controllo del suo show.
La fitta alla testa divenne insopportabile, si piegò all'indietro fino a sfiorare il pavimento, strinse gli artigli alla testa, si sarebbe cavato il cervello dal cranio AH AH AH
Davanti agli occhi le interferenze sfarfallavano come onde radio multicolore, un carosello di immagini senza senso, stava perdendo la sua mente, dannazione, era come se qualcosa si stesse frammentando dentro la sua testa.
Spostò nuovamente lo sguardo verso il suo riflesso su una delle schegge dello specchio, la luce dei suoi occhi rossi dalla pupilla a valvola erano spariti.
Un'altro sfarfallio, un'altra interferenza e per un attimo un uomo dai capelli castani e gli occhiali gli rimandò lo sguardo dalla superficie riflettente.
"Tutto sotto controllo" si disse, aveva controllo su tutte le sue piccole pedine, sulle sue vittime, le sue adorate prede, era all'Inferno, era il suo territorio di caccia, ma in quel momento si senti disorientato e non era......piacevole.
Riportò alla memoria tutti i volti di chi aveva ucciso: il mortale nel riflesso non era nessuna delle sue vittime, nessuno dei demoni della sua lunga lista di "signori supremi".
Un'altra fitta, più intensa di quelle precedenti stavolta non avrebbe retto, le comunicazioni si interruppero definitivamente su brusio piatto
NO SIGNAL brrzt brzzt...
Quando il segnale radio si fu risintonizzato era in ginocchio sull'erba umida, sulle lenti degli occhiali crepate in più punti gocciolava del sangue rosso ( rosso?), il dolore era insopportabile, ma si cavò a forza in gola le urla e strinse i denti fino a sentirli stridere.
"Allora stronzetto con il pedigree, la mettiamo una bella firmetta?"
Due scagnozzi lo tenevano per le braccia mentre quello più grosso che lo aveva pestato fino a quel momento, gli sventolava davanti un foglio scritto a macchina ed una penna ad inchiostro.
Lo guardò da sotto gli occhiali con un misto di sufficienza e divertimento, il sangue gli annebbiava la vista con una velata nebbia solferina.
"Pretenzioso chiedere una firma da chi non sa neppure graffiare il foglio con una X" la ginocchiata allo stomaco arrivò senza preavviso, il fiato gli si spezzò in gola, ma non aspettò neppure di riprendersi del tutto dal colpo
" Il mio programma non è in vendita, non vi cederò i diritti! E' stato un vero piacere verbalizzare con voi Signori" la voce spezzata dalle percosse era roca ma sicura, non chiara e sensoriale come quando era alla radio.
Quello più grosso sbuffò con disappunto, ripose il foglio e la penna nella valigetta di pelle, si schiarì la voce in modo che potesse sentirlo chiaramente e si avvicinò minaccioso alla faccia del conduttore radiofonico
"Ascoltami bene, tu pensi di essere una star, ma l'unica cosa che sai fare è creare rogne a chi non dovresti"
lo prese per il colletto della camicia ed inizio a stringere
"A breve ci saranno le elezioni e tu sei una spina nel fianco"
strinse ancora, l'aria iniziava a passare a fatica attraverso l'esofago.
" Il tuo programma deve terminare o qualcuno ci lascerà le penne!"
Strinse ancora ed ancora: non riusciva neppure a deglutire, iniziò a tossire tentando di cacciare dentro un pò d'aria.
La trasmissione sfarfallò davanti ai suoi occhi, sentiva nelle orecchie il gracchiare delle frequenze, ci fu un altro black out.
Un brusio indistinto, un lungo fischio ed il suono esplose dolorosamente nelle sue orecchie, un nuovo canale si era sintonizzato: in lontananza c'erano fumo ed urla, la torre della stazione radio era in fiamme, i vigili del fuoco cercavano di spegnere l'incendio, ma pezzo dopo pezzo la struttura stava crollando.
Corse verso tutto ciò che aveva: il suo programma radiofonico, la sua verità per la società... Venne fermato da una stretta inopponibile: Husk lo teneva stretto per il braccio, lo guardava muto con un misto di rassegnazione e comprensione.
"Lasciami andare ubriacone da strapazzo!"
Husk lo guardò torvo:"Non c'è più niente da fare, ti ammazzerai se ti butti lì dentro"
"Tu non capisci, c'è tutto il mio lavoro lì dentro! Tutte le prove! Tutto!"
Ci fu un crepitio poi un lungo suono metallico, la torre venne giù franando tra le fiamme.
Gli occhi dorati del conduttore erano sgranati, completamente inespressivi, si afflosciò a terra, strinse la polvere della strada con le dita esili fino a farsi sanguinare le unghie.
Tutto il suo mondo era sprofondato.
Husk gli posò la giacca sulle spalle per nasconderlo alla vista dei curiosi che sembravano averlo riconosciuto e lo rimise in piedi.
Si allontanarono tenendosi a debita distanza dalla folla.
Teneva con entrambe le mani i lembi della giacca sulle spalle,gli occhiali ancora chiazzati di sangue dopo il pestaggio.
"Non è finita qui, non mi arrenderò! La verità verrà a galla, contano di avermi tappato la bocca, ma non mi fermerò. Ci starà giustizia, New Orlean merita di conoscere la verità su quel pezzo di merda. "
Riorganizzò i pensieri: avrebbe dovuto ricostruire il suo studio da zero, raccogliere nuovamente tutto il materiale delle indagini e realizzare tutto prima delle elezioni.
Stava per girarsi verso Husk, ma di colpo tutto divenne nero, il canale era saltato di nuovo, uno pezzo jazz gracchiava in sottofondo, poi silenzio, qualche brusio.......
Fu colpito da una luce bianca abbagliante ed era di nuovo in onda.
Gli occhi erano doloranti per la luce improvvisa, pian piano passarono dalla sfocatura a rendere nitidi i contorni dell'ambiente, cercò gli occhiali sul comodino, li infilò e si diede uno sguardo intorno: si trovava presumibilmente in un ricovero all'interno di un ospedale, altri lettini erano posti in sequenza per la stanza: lenzuola bianche e coperte verde tenue.
Aveva la testa che gli scoppiava, si guardò le mani: la pelle pallida e tirata delle dita gli suggerì che doveva essere ricoverato da un pò.
Chiuse gli occhi e si rimise a letto cercando di ricordare come si trovasse in quel luogo.
Sentì il personale dell'ospedale muoversi tra i ricoverati, poco distante la sua attenzione fu catturata da due infermiere che parlottavano tra loro bisbigliando:
"Davvero una tragedia"
"Io seguivo sempre il suo programma, riusciva a rapirti con le sue storie di cronaca" disse una delle due.
"Dopo l'incidente della torre radio, aveva ripreso il programma in un nuovo studio, si dice che abbia pestato i piedi a chi non doveva" confessò l'altra
"Certo! A quel farabutto che ha perso le elezioni, grazie al suo programma radiofonico lo hanno arrestato!"
"Ma ne è valsa la pena? La sua carriera è rovinata! Non potrà più condurre il programma alla radio" la voce dell'infermiera era amareggiata
"Cosa hanno detto i medici?"
"E' fortunato se potrà tornare a parlare, gli hanno bruciato la gola con l'acido" sussurrò l'altra tenendo il palmo della mano alzato accanto alla bocca in segno di confidenza.
Fu percorso da un brivido, lo shock lo aveva paralizzato: non parlavano di lui, non potevano, non poteva essere..
Provò a parlare, ma la gola era bloccata, si sforzò di urlare per richiamare l'attenzione dell'infermiera, ma nulla era completamente afono, riuscì ad emettere solo un sibilo rantolante.
Si tirò a sedere e si tastò la gola, appena le dita strinsero leggermente un dolore lancinante lo percorse.
Sentì montare la disperazione: la sua voce! Strinse i pugni, la rabbia stava esplodendo dentro di lui come non l'aveva mai sentita in vita sua, avrebbe voluto spaccare tutto.
Ogni cosa che aveva costruito in quegli anni: la sua carriera, la sua passione, il suo programma, erano tutta la sua vita!
Per la prima volta si sentì sprofondare in un baratro senza ritorno.
Lo sguardo sotto gli occhiali era febbricitante: neppure la crisi del 1929 lo aveva stroncato, ma adesso? Non gli restava più niente.
Il bicchiere sul comodino era così invitante, luccicava ai leggeri raggi del sole. non si accorse neppure di averlo preso, fu un istante ed il bicchiere era andò in frantumi, come la sua vita. Mentre stringeva le schegge nella mano rivide la sua stazione radio in fiamme, ripercorse tutte le difficoltà che aveva dovuto affrontare per mettere in piedi il suo programma, tutte le volte che avevano tentato di tappargli la bocca, il volto orgoglioso di sua madre quando aveva iniziato a lavorare in radio.
Le dita si mossero da sole lasciando scivolare via tutte le schegge di vetro, trattennero solo quella più lunga, il suo sguardo era piantato nel vuoto, le pupille strette in una fessura.
Il frammento di vetro si fece largo affondando nel sottile strato di pelle dell'avambraccio, poi più in profondità fino alla carne, come se non percepisse dolore, tagliuzzava freneticamente, il sangue schizzò ovunque, sulle lenzuola immacolate, sul profilo metallico del letto.
Urla lontane lo raggiunsero, era tutto ovattato nella sua testa, qualcuno prese a scuoterlo per le spalle, una mano stava provando a togliergli il frammento di vetro dalla mano.
Davanti ai suoi occhi un'infermiera terrorizzata gli gridava qualcosa, non riusciva a capirla, accorsero i medici, i volti contratti dalla preoccupazione tenevano in mano delle cinghie di cuoio ed una siringa.
L'infermiera si era allontanata, aveva il volto e le mani sporche di sangue e continuava ad urlare. I medici lo bloccarono, uno di loro si avvicinò al suo collo tenendo la siringa: non sentì nulla, non sentiva più niente già da un pò..
Lo legarono al letto con le cinghie, le guardò strette al suo corpo e lungo le braccia, lo sguardo si posò sugli avambracci:erano un miscuglio indistinto di sangue e carne.
Si chiese di chi fossero quelle braccia...
Poi il ronzio disturbato di una comunicazione radio si frappose tra i suoi pensieri, le frequenze saltarono nuovamente in un brusio frastornante, le tenebre erano un sudario, in quel vuoto sinistro si fecero largo due occhi rossi come l'inferno, erano due fanali inquietanti che lo scrutavano e sorridevano
Li vide per un breve istante, poi sparirono, qualche distorsione radio e la trasmissione riprese, era nuovamente ON AIR.
Si lasciò cadere con slancio sulla sedia facendola girare su se stessa per spostarsi alla console, fece scivolare le agili dita sulla valvola del volume e con l'indice slittò la levetta della diretta verso l'alto, strinse tra le mani il microfono a condensatore: un gentile omaggio della Bell Labs in anteprima, non molti studi potevano vantarne uno, ma nulla gli era precluso, non più...
Accarezzò il microfono con eleganza e lasciò scivolare la voce al suo interno
" Salve carissimi per il vostro intrattenimento è un piacere ritrovarvi qui all'Hazbin Show" il timbro era caldo ed inebriante, si perse nel suo suono, le belle parole fluivano. Aveva un indice di ascolti come non se n'era mai visto a New Orleans, il format era assoluto e non lasciava spazio ad altri concorrenti, ma non era solo questo, da quando dopo un brutto incidente aveva perso la voce per alcuni anni il famoso conduttore era sparito dalla piazza, ma tre anni dopo era misteriosamente riapparso dal nulla, con la sua voce inconfondibile che appassionava alla cronaca gentiluomini e faceva sospirare le signore. Ma c'era qualcosa di più chi lo ascoltava restava ipnotizzato dal suo timbro, quella tonalità resa leggermente bassa aveva assunto una sfumatura sinistra ed irriverente, consciamente nessuno ci aveva fatto caso e gli ascoltatori venivano irretiti come da un incantesimo, sedotti e legati al suo programma radiofonico. In città il tasso di omicidi era spaventosamente aumentato e la trasmissione era schizzata alle stelle.
Si alzò dalla sedia tenendo tra le mani il microfono da postazione, arrotolò il cavo di alimentazione attorno all'indice
"Oggi voglio solleticare la vostra attenzione con un nuovo caso"
danzò nello studio con rapidi passi di swing facendosi largo tra i cadaveri sul pavimento.
"C'è un nuovo assassino in città"
con un passetto di danza qua ed uno là fece attenzione a non macchiare le derby col sangue, saltellò oltre le braccia senza vita di una vittima.
"Sembra proprio che le autorità non sappiano che pesci prendere! Ahi Ahi molto male, abbiamo un cannibale e pluriomicida a piede libero, la polizia dovrebbe impegnarsi seriamente" canzonò sorridendo da un orecchio all'altro inclinandosi sul microfono.
Normalmente un programma radiofonico del genere sarebbe stato chiuso: deliberatamente provocatorio verso il potere costituito e alle prese con tematiche scomode di cronaca nera trattate con tanta disinvoltura, eppure il pubblico nel momento stesso in cui accendeva la radio era come rapito, l'oscuro umorismo del conduttore era diventato il suo marchio di fabbrica e per qualche oscura ragione il pubblico lo adorava.
La sintonizzazione iniziò a vacillare, il suo campo visivo fu interrotto nuovamente da onde radio orizzontali ad intermittenza, le frequenze sfrigolavano nel suo cervello in modo insopportabile: la trasmissione si stava rimodulando fino a stabilizzarsi sul suo ultimo canale.
Quando si riprese aveva le braccia immerse fino ai gomiti nel sangue: la vasca ne era piena , il tanfo alcalino dei liquidi organici era nauseante.
Alle sue spalle incombeva un'ombra tremolante: era in attesa, un'attesa famelica e malata, i suoi occhi scarlatti come fanali lo fissavano con impazienza, come un predatore fissa la sua preda messa all'angolo:
"Oh Caro, è il momento di concludere il nostro patto" il tono era mellifluo ed inquietante.
Quella presenza era Male puro, il conduttore non sapeva come era arrivato a quel punto, ma iniziava a capire: aveva stretto un accordo con quell'Ombra, l'aveva vista sgusciare dalla sua mente quel giorno in ospedale, tra le crepe della disperazione e della rabbia, lo scrutava con quei suoi occhi sulfurei. Poi un giorno aveva parlato: "un patto lo chiamava", la sua anima in cambio di tutto ciò che aveva perso ed il potere di piegare l'attenzione del pubblico a suo piacimento.
Pensò che era diventato pazzo a parlare con un ombra partorita dalla sua mente, ma avrebbe barattato qualunque cosa pur di vendicarsi per ciò che gli avevano tolto e riavere la sua voce, strinse l'accordo senza pensarci due volte.
Non avrebbe mai immaginato cosa poteva comportare: un piccolo passo alla volta quella voce oscura si insinuò nei suoi pensieri, l'ombra aveva fame e non bastava mai: all'inizio erano piccole stranezze come ridere davanti ad una sciagura altrui o mangiare carne cruda, ma poi le cose cominciarono a sfuggire al suo controllo quando iniziò a desiderare di infliggere dolore agli altri e nutrirsene. Più di una volta il pensiero di uccidere chi casualmente lo intralciava lo aveva sedotto, si era sempre trattenuto, ma stava perdendo man mano il controllo scivolando in quel baratro nel quale si era cacciato da solo.
Ed ora si trovava lì, non ricordava come ci era arrivato e cosa stava facendo davanti a quella vasca.
L'Entità doveva aver percepito il suo disorientamento, alle sue spalle sentì la sua presenza sovrastarlo gli enormi occhi cremisi si avvicinarono al suo orecchio:
"La parte della donzella disorientata non ti si addice " sussurrò divertito
"Hai fatto un ottimo lavoro, adesso mangia"
Senza che potesse rendersene conto le braccia si mossero da sole tremando, emersero dal pantano di sangue rivelando il coltello che aveva nella mano.
Cosa aveva fatto?
La mano prese a tremargli, la presa vacillò e si allentò, il coltello cadde nuovamente nella polla rossa.
Il conduttore radiofonico alzò lo sguardo sulla sua vittima: capelli corvini, una donna ormai matura ma dai lineamenti raffinati.
Gli occhi gli si riempirono di lacrime
"Non posso" la voce era inudibile e gracchiante, l'acido l'aveva resa irriconoscibile.
"A questo punto credo tu non abbia scelta" canticchiò l'Ombra scoprendo un sorriso affilato.
Mosse una mano fatta di tenebra e nell'aria apparvero dei vèvè* incandescenti: dal nulla una catena della stessa energia si strinse al collo ed ai polsi dello speaker.
Ci fu un breve silenzio i simboli galleggiavano a mezz'aria nell'oscurità, il senso di oppressione era palpabile, i fanali scarlatti dell' Ombra si spalancarono pronti a divorare la loro preda:
"ED ORA MANGIA!"
Quelle catene impalpabili lo tenevano soggiogato, erano terribilmente pesanti, provò ad opporsi con tutte le forze che aveva in corpo, ma oramai non aveva più controllo sui suoi movimenti.
Da dietro gli occhiali mise a fuoco il viso della vittima che giaceva nella vasca, sgranò gli occhi in preda al terrore: davanti a lui sua madre era ormai priva di vita.
La sua sanità mentale andò in pezzi: l'unico affetto che aveva mai avuto, la sua famiglia, l'unica che nel 29 nonostante la crisi aveva creduto nel suo progetto alla radio.
Il viso della donna era coperto di capelli, il corpo esangue giaceva in una posa scomposta all'interno della vasca di porcellana.
Il giogo a cui era incatenato gli sollevò la mano, il sangue colò lungo i bordi bianchi della vasca rigandola di rosso.
Avvicinò il palmo al petto di sua madre, leggermente a sinistra: lentamente le dita si fecero largo con le unghie nella carne attraverso lo squarcio che aveva aperto con il coltello, in profondità, fino a stringerle il cuore.
La sua mente collassò
Le lacrime bruciavano.
Urlò ma le corde vocali ormai bruciate non risposero.
La mano si strinse e tirò forte, si sentì un rumore viscido e sordo di ossa frantumate, avvicinò alle labbra il cuore di sua madre.
Vide quella scena come proiettata lentamente su una pellicola in bianco e nero, come se fosse lo spettatore di quell'orrore. Doveva vomitare, scappare, abbracciare sua madre e rimettere tutto a posto.
Sentì i denti affondare nella carne cruda, umida, il sapore ferroso del sangue si appiccicava alla lingua.
Provò un conato di vomito.
Poi si ritrovò a leccarsi le dita con gusto.
L'ultima parte sana della sua anima urlò. Era andata
Le urla arrivarono alla gola, questa volta spinse fuori tutto il suo dolore, erano così strazianti e forti che gli squassarono il petto.
"Ora il patto è concluso, goditi la tua voce e.... tutto il resto"
l'Ombra fece un gesto plateale verso il macabro banchetto che stava consumando e poi svanì alle sue spalle schioccando le dita.
Adesso erano una cosa sola.
Alastor alzò la mano viscida di sangue e si accomodò gli occhiali sul naso, un bagliore rosso balenò nei suoi occhi, il suo viso era piegato in un sorriso innaturale.
" Non si è mai completamente vestiti senza un sorriso"
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LUCƎ di D1S7OP1A: pt. II (con Dario De Pol, ƎᴅᴠⒶᴙᴅ project)
Il tramonto in scala di grigi, voi, non mi crederete, ne ora ne poi
perchè nemmeno io me lo sarei mai aspettato dai miei neuroni (che figata)
l'ho vista e quasi ne percepivo, i colori... quanti colori:
lilla, giallo pastello, verde acido e militare, bianco distopico
azzurro marcio, rosa salmone fluo, viola shock, rosso elettrico
apparsa in un riflesso di luce tra nelle mie dimenticanze
e diventata 'na nuvola nera, questa, nostra, in ciclostilo, stampa mentale
che solo tu potevi trasmetter col pensiero, amante, la mia miseria
pensata seria, su carta forata e oscurata come specchi, di ossidiana,
o gli schermi, spenti, dei nostri telefoni, androide, replicante:
la nostra assurda connessione, nei, nostri assurdi corridoi
(e ne faccio necessità di virtù)
La voglia di tamburellare coi polpastrelli e gli artigli
su qualcosa di matrice, superfice di strato duro ma dal sonor tonfo
per ascoltarne il micro-profondo, come il capitombolo tuo,
resisti, cipiglio terrorizzato, lungo la parete vertiginosa
dello scapicollo della mia ossessione per te.
e lasciartici ruzzolare, è come il lasciare
il proprio cibo preferito nel piatto,
per voglia di alzarsi da tavola
per il sonno e andare a stordire e svenire, in quella sensazione
di cader nel vuoto lasciando che ci inganni il cervello
con immagini random e frasi sconclusionate,
poi scriverci questo, scriverci un pezzo, scrivere un sogno
Rit.
sulle orbite atrofizzate, che graffiano l'interno-palpebra
cavità oculari con iridi del colore impressionate
ormai toccate, apatiche nella riccorrente distopia
Luce di distopìa, nella tua gravità: orbite atrofizzate
come nervi bluacei, d'un blu elettrico, in luce di distopìa
mi fa male non averti fra le mie braccia,
faccio per distrarmi in mille diavolerie che studio
per far passare il tempo come fosse una botta.
un livido che guarisce lento come il mio bacino
che spinge la mia eccitazione dentro le tue pupille,
per rompere la stasi del rimanere incantati tra noi
e spaccarsi in un imprinting impossibile da 'solvere,
poi veloce come il nostro infarto, e quanto ti amo
tanto forte lo respirerò sul tuo viso, canterò un rantolio,
isolandolo dal mio udito, per dar spazio, al tuo dolce, (dolce... dolce. dolcissimo) lamento
orgasmo, che sfocia, in un singhiozzo disumano pianto,
cui ogni lagrima, ogni mia, sintassi intridono, mi rassomiglia
(e ne faccio necessità di virtù)
scivolando lungo, i muri di tutto, ciò che d'esser m'illudo
truce, giù mi ci ammollo, se tra le rughe, delle lenzuola, ti cerco
viepiù, non scriverò, il solito banal iglù, sulla mia perdita di te,
anzi stretta ti terrò, a costo di legarti alla spalliera del letto.
Stai con me, tutta la vita, dillo, dillo di nuovo, ripetilo, ripetilo
ancora, ripeti. che questa frase mi fa impazzire, e lo, sai.
Non rinuncerò a questa mia nuova versione di perfezione,
che è la tua esistenza su sto pianeta, perfetta, non sei, mai,
ma ogni ora, sei, 'na ferita che brucia e scopro idratarsi in diletto,
Di nuovo, ripetilo ancora... ogni giorno, ogni giorno.
(Ogni mese) di ogni vi... (ta) intro, a cui son rassegnato a far storno
crepuscolare assillo, d'una cosa mai iniziata: parte 2, senza parte 1
Rit.
sulle orbite atrofizzate, che graffiano l'interno-palpebra
cavità oculari con iridi del colore impressionate ormai toccate, apatiche nella riccorrente distopia Luce di distopìa, nella tua gravità: orbite atrofizzate come nervi bluacei, d'un blu elettrico, in luce di distopia
2/8/'24
#poetry#poets on tumblr#poetic#true love#true loyalty#poesia#poesie#poems on tumblr#original poem#love poem#distopic
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Rivoglio indietro i miei nonni. I miei nonni ancora giovani e in salute e le tate che lavoravano in casa per nonna e che mi volevano bene. E le infinite commari della nonna che mi riempivano sempre di biscotti e complimenti per come ero buona ed educata e per quanto leggevo bene a messa la domenica. Voglio indietro la nonna che mi aspettava sulla porta della cucina quando tornavo la sera dopo essere stata tutto il pomeriggio a giocare con i figli dei contadini, tra i campi, le stalle, i pagliai, i cortili, le conigliere e i pollai, le cucine delle donne del paese dove si rimediava sempre un dolce o il rosso dell' uovo fresco con un po' di vino cotto "perché vi fa crescere bene", e mi metteva nella vasca da bagno con tutti i vestiti, perché se mi avesse spogliato fuori dalla vasca poi avrebbe dovuto pulire tutto il bagno. E che quando mi mette a letto mi dice "Fatti il segno della croce nonnì, che la Madonna ti protegge sempre". Rivoglio indietro il nonno che mi fa stare con lui quando prepara le cartucce per la caccia e poi mi porta a spasso per la campagna con i cani e mi insegna a sparare con il fucile a piombini mirando alla frutta. Così poi nonna s'arrabbia che trova i piombini nelle pere. Voglio indietro la famiglia che mi proteggeva da tutti i mali del mondo, dove si trovava sempre una soluzione, un piatto caldo, un sorriso (o un rimprovero) e un abbraccio. Voglio indietro il mio rifugio.
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Passeggiare per Camden Street è sempre molto piacevole. Una strada capace di incarnare in pieno lo spirito del suo quartiere, Portobello: intenso, originale, innovativo, mai banale. Negozi, ristoranti, locali di ogni genere. E pub. Tra questi è da menzionare senza dubbio il Ryan’s. Pub di lunga data, fondato nel 1872, ha mantenuto il suo carattere popolare e un’atmosfera decisamente accogliente. Come tutti i pub dell’isola verde, apparentemente tranquillo fino al pomeriggio, piacevolmente caotico la sera e nel weekend. Esterno accattivante dove spiccano i colori rosso e nero, l’interno si apprezza per semplicità e ospitalità. È possibile ascoltare buona musica tradizionale il martedì, il mercoledì e la domenica e godere dell’ambiente “tutto dublinese” durante gli eventi GAA, in primis gaelic football e hurling. L'eterogenea clientela composta da Dubs, turisti e irlandesi di ogni dove, può beneficiare delle tante spine che spuntano dal lungo bancone e magari gustare qualche piatto in attesa dell'ennesima pinta da ingurgitare. 🇮🇪🍻🥘🎻
© Irish tales from Rome
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO SECONDO - di Gianpiero Menniti
L'AUTONOMIA DELLA FAVOLA
Il primo sguardo riporta a un mondo di favola: avverto il senso vitale dell’affabulazione, l’estraniarsi dal quotidiano per accedere a un improvviso “fantastico” che, attraverso la libera contaminazione del colore, irrompe e assorbe ogni dramma riaprendo porte dimenticate dell’infanzia perduta dove tutto è netto, semplice, comprensibile, giustificato. Le immagini dell’infanzia, coltivate nel tempo come intuizione primigenia, sono il simbolo del carattere solare ed aperto con il quale si guarda la realtà dalla singolare e non più ripetibile prospettiva dei primi anni di vita, quando la consapevolezza dell’essere si trasforma in curiosità sull’essere. Quando conoscere significa interrogarsi. Quando le figure e gli oggetti sono sfumati, appena identificabili in tratti sintetici che colgono un atteggiamento, un ruolo, una funzione, l’essenza. Il ricordo ha colori forti ma morbidi, mischiati, irreali e tuttavia carichi di senso espressivo in una transizione che appare naturale dal blu al rosso al giallo al verde al nero ed al bianco, uniti e disuniti, affiancati senza ricercatezza di tonalità ma ispirati dalla densità e dalla prolungata applicazione delle pennellate di colore puro, piatto, senza sfumature… Ho detto pennellate parlando di ricordi. Ecco il lapsus che mi fa riemergere: parlavo dei ricordi ma ero entrato nel dipinto. Avrei desiderato essere lì. I "Fauves" utilizzarono il colore per distorcere il reale applicandolo agli scenari naturali, alle figure, agli oggetti, senza alcun rigore accademico. Era il loro modo di protestare l’assoluta libertà dell’artista e l’autonomia della creazione artistica. In senso più ampio, quella dei "Fauves" fu una forma di Espressionismo che trascendeva l’atto di ribellione identificando nell’uso spregiudicato del colore un nuovo significato, una nuova regola, un nuovo modo di comunicare. La tavolozza dei colori, paradossalmente, si semplifica, unitamente al segno sintetico che non ha più bisogno di modelli o della tecnica dell’en plein air perché, come in Gauguin, scaturisce dal ricordo delle immagini, da ciò che è frutto di una creazione interiore che la tela deve incaricarsi di rappresentare. Ed è il colore a colpire subito l'osservatore: possiede un’armonia, una musicalità che supera ogni distrazione verso il reale. Anzi, la realtà non esiste più perché è quella di una dimensione nuova, una dimensione nella quale l’opera pittorica è identità autonoma, distinta dai canoni tradizionali della visione e della rappresentazione. Ecco: la tela di Derain è una favola.
- Andrè Derain (1880 - 1954), “Curva della strada. L’Estaque” - 1906, Houston, Museum of Fine Arts
- In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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Il peposo dell'Impruneta, gusto per duri!
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Peposo Gli operai che lavoravano ai forni (fornacini) nella produzione del cotto non erano certo persone abbienti, anzi, al lavoro duro non corrispondeva certo un salario alto. Approvvigionarsi di proteine era quindi difficile dato il costo della carne. Spesso il denaro non bastava neanche per le carni meno pregiate, come il muscolo o lo zampetto, quindi ci si accontentava si di questi tagli, ma di quelli avanzati che avevano molti giorni ed erano andati oltre la normale frollatura sfociando in un inizio di putrescenza. Mangiare questa carne non doveva essere gustoso, l'olezzo era sicuramente disappetente e quindi solo la spezia poteva rendere questa carne accettabile. Nacque quindi il peposo per questa ragione, eliminare il tanfo di vecchio; e cosa meglio del pepe, dell'aglio del rosmarino e della salvia il tutto in abbondanza. In pratica i fornacini tagliavano a grossi tocchi la carne, la mettevano in un coccio di terracotta aggiungevano abbondante pepe, aglio in camicia, rosmarino e salvia, poi ricoprivano il tutto con del vino rosso. Il coccio veniva poi, alla mattina presto, all'inizio del turno di lavoro, posizionato alla bocca dei forni dove si cuocevano i mattoni e alla mezza il pranzo era pronto. Oppure veniva posizionato nei forni alla sera, come mi suggerisce Filippo Caroti riportandomi voci di ricordi di vecchi imprunetani. Tutte le ore di cottura avevano asciugato il vino concentrandolo e reso la carne del muscolo tenera e succosa. Uno stracotto altamente speziato. Ecco nato il peposo dell'Impruneta, un piatto che oggi sarebbe immangiabile da chiunque se utilizzata la carne passata di allora.
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Preparazione del peposo. Oggi la carne che viene usata è sempre il muscolo, più fresco ovviamente, ma il procedimento non cambia, tanti spicchi d'aglio in camicia, rosmarino, salvia e pomodoro (spesso usato il concentrato o dei pelati). Devo far notare che il pomodoro è aggiunta moderna, all'epoca non si conosceva ed è entrato in cucina nell'800. Anche il pepe non viene più aggiunto in abbondanza come allora, anzi spesso il pepe macinato viene sostituito da pepe in grani che lascia il suo splendido aroma ma può essere allontanato per aggredire meno le papille gustative moderne. Anche qui un appunto, il pepe oggi macinato, all'epoca era quasi certamente usato in grani probabilmente perchè riutilizzato più volte. Ricordiamoci che era caro, addirittura usato come merce di scambio non deperibile. La leggenda vuole che questo piatto sia arrivato anche in piazza del Duomo a Firenze durante la costruzione del cupolone assieme ai mattoni necessari al Brunelleschi. Lo stesso Brunelleschi sembra abbia utilizzato questo piatto per nutrire i manovali. In pratica si racconta che all'ora del desinare fra far scendere gli operai e poi farli risalire dopo mangiato la perdita di tempo era notevole. Il Brunelleschi si inventò la prima mensa aziendale facendo salire insieme ai mattoni anche il peposo, il pane e il vino in modo da far mangiare gli operai direttamente sulle impalcature. Oggi possiamo gustarci il peposo in qualche ristorante oppure lo possiamo fare in casa con i pochi ingredienti ma con tanto tempo di cottura. Utilizzate un tegame di coccio, il forno a 120-150 °C, copritelo avendo l'accortezza di lasciare da un lato leggermente sollevato il coperchio in maniera che il vino possa lentamente evaporare. La cottura è lunga, almeno 3-4 ore, ricordate di mescolare periodicamente. Una variante interessante può essere aggiungere un paio di bacche di ginepro schiacciate e un paio di chiodi di garofano, gusto personale. Insomma la ricetta è già scritta su, non vi rimane che scegliere se essere aggressivi con il pepe macinato oppure più aggraziati con il pepe in grani. Servitelo su fette di pane toscano abbrustolito.
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Jacopo Cioni Read the full article
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Come scegliere il miglior vino per accompagnare i piatti estivi
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Con l'arrivo dell'estate, il desiderio di gustare un buon bicchiere di vino fresco, leggero e versatile aumenta. Tuttavia, scegliere il giusto vino per accompagnare i piatti estivi non è sempre facile, poiché la leggerezza e la freschezza richieste da questo periodo dell'anno possono essere facilmente compromesse dalla scelta sbagliata della bottiglia. Ecco alcuni suggerimenti per scegliere il miglior vino per accompagnare i piatti estivi. Vino bianco per piatti leggeri Il vino bianco è spesso la scelta preferita per i piatti estivi, specialmente per gli antipasti, le insalate e i piatti a base di pesce. Tuttavia, è importante scegliere un vino che sia leggero e fresco, cioè con una bassa gradazione alcolica e una buona acidità. Il Vermentino, il Pinot Grigio, lo Chardonnay e il Sauvignon Blanc sono tra i bianchi più adatti a questa stagione. Vino rosato per la carne Il vino rosato è un'altra soluzione perfetta per l'estate. Può essere abbinato a molti piatti, ma in particolare alla carne bianca e alle insalate di frutta. Il rosato può avere diverse sfumature, dalla più chiara alla più intensa, e la scelta dipende dal tipo di piatto che si vuole accompagnare. Il rosato del Bardolino, il Cerasuolo d’Abruzzo, il Rosé dei Colli Berici e il Rosé dell'Oltrepò Pavese sono solo alcuni dei numerosi vini rosati che si possono trovare sul mercato. Vino frizzante per gli aperitivi Il vino frizzante, come il Prosecco, lo Spumante e il Cava, è sicuramente la scelta migliore per gli aperitivi estivi. La loro freschezza e leggerezza fa di questi vini la scelta ideale per accompagnare i cracker, l'insalata di mare e i formaggi freschi. Inoltre, il vino frizzante si presta bene anche all'abbinamento con i dessert, soprattutto quelli a base di frutta fresca. Vino rosso per le grigliate Molti pensano che il vino rosso sia inadatto alla calura estiva, tuttavia, si sbagliano. Il vino rosso si può abbinare a molti piatti estivi, in particolare grigliate di carne e pesce. È importante scegliere un vino rosso leggero e fresco, con una buona acidità e tannini delicati, così da poter essere accompagnato a piatti come hamburger, salsicce e bistecca alla griglia. Tra i vini rossi estivi, consigliati il Lambrusco, il Sangiovese, il Pinot Noir e il Dolcetto. Vino dolce per i dessert Il vino dolce, come il Moscato, è il compagno ideale per i dessert estivi. La sua dolcezza equilibrata e l'aroma fruttato si sposano perfettamente con il gusto di frutta fresca e con le torte. Inoltre, i vini dolci possono essere abbinati anche ai formaggi stagionati, come il Gorgonzola, o ai dessert a base di cioccolato. Se volete provare una vera rarità potreste cercare il "Mufii" un vino muffato prodotto da uve bianche autoctone ( alias Erbaluce... ) sulle colline di Barengo, piccolo paese in provincia di Novara a 250 mt slm. Affinato un anno in barrique di acacia a tostatura lieve, presenta colore paglierino/dorato, è vivo, lucente, di bella consistenza. Naso intenso, di grande impatto con note iniziali di scorza di agrumi, mandarino, cedro che evolvono in sentori di pesca, albicocca, frutta tropicale, canditi, miele. In bocca magnifica acidità, grande salivazione che bilancia perfettamente il tenore zuccherino. Persistente, elegante si può quasi definire un vino contemporaneamente da tavola e da meditazione. Proprio per questo si può prestare ad abbinamenti poliedrici. Fois gras, formaggi erborinati e mediamente stagionati, tartare di salmone con salsa di soia, riso con curry e uva passa, dolci con ricotta e canditi. In conclusione, la scelta del vino giusto per accompagnare i piatti estivi non è affatto complicata. La leggerezza e la freschezza sono le caratteristiche principali da tenere a mente, ma anche il tipo di piatto da accompagnare e le preferenze personali giocano un ruolo fondamentale nella scelta. Ricordate infine, che il vino è un complemento del cibo, quindi la scelta dipende sempre da come si vuole gustare il proprio pasto. Fonti: 1. https://www.gamberorosso.it/notizie-consigli/abbiamo-chiesto-agli-esperti-i-vini-rossi-da-provare-questestate-e-non-solo/ 2. https://www.dovevivo.it/magazine/vino-e-cibo-estate-5-accordi-vincenti-per-le-tue-serate-al-fresco/ 3. https://www.gruppomontenegro.com/it/cosa-beviamo/con-quale-vino-accompagnare-i-piatti-estivi 4. https://blog.dekaro.it/scopriamo-i-migliori-vini-da-abbinare-ai-piatti-estivi/ 5. https://www.mufii.it/az.-la-passitaia.html Read the full article
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E voglio giocare a nascondino e darti i miei vestiti e dirti che mi piacciono le tue scarpe e sedermi sugli scalini mentre fai il bagno e massaggiarti il collo e baciarti i piedi e tenerti la mano e andare a cena fuori e non farci caso se mangi dal mio piatto e incontrarti da Rudy e parlare della giornata e battere a macchina le tue lettere e portare le tue scatole e ridere della tua paranoia e darti nastri che non ascolti e guardare film bellissimi e guardare film orribili e lamentarmi della radio e fotografarti mentre dormi e svegliarmi per portarti caffè brioches e ciambella e andare da Florent e bere caffè a mezzanotte e farmi rubare tutte le sigarette e non trovare mai un fiammifero e dirti quali programmi ho visto in tv la notte prima e portarti a far vedere l’occhio e non ridere delle tue barzellette e desiderarti di mattina ma lasciarti dormire ancora un po’ e baciarti la schiena e carezzarti la pelle e dirti quanto amo i tuoi capelli i tuoi occhi le tue labbra il tuocollo i tuoi seni il tuo culo il tuo
e sedermi a fumare sulle scale finché il tuo vicino non torna a casa e sedermi a fumare sulle scale finché tu non torni a casa e preoccuparmi se fai tardi e meravigliarmi se torni presto e portarti girasoli e andare alla tua festa e ballare fino a diventare nero e essere mortificato quando sbaglio e felice quando mi perdoni e guardare le tue foto e desiderare di averti sempre conosciuta e sentire la tua voce nell’orecchio e sentire la tua pelle sulla mia pelle e spaventarmi quando sei arrabbiata e hai un occhio che è diventato rosso e la’ltro blu e i capelli tutti a sinistra e la faccia orientale e dirti che sei splendida e abbracciarti se sei angosciata e stringerti se stai male e aver voglia di te se sento il tuo odore e darti fastidio quando ti tocco e lamentarmi quando sono con te e lamentarmi quando non sono con te e sbavare dietro ai tuoi seni e coprirti la notte e avere freddo quando prendi tutta la coperta e caldo quando non lo fai e sciogliermi quando sorridi e dissolvermi quando ridi e non capire perché credi che ti rifiuti visto che non ti rifiuto e domandarmi come hai fatto a pensare che ti avessi rifiutato e chiedermi chi sei ma accettarti chiunque tu sia e raccontarti dell’angelo dell’albero il bambino della foresta incantata che attraversò volando gli oceani per amor tuo e scrivere poesie per te e chiedermi perché non mi credi e provare un sentimento così profondo da non trovare le parole per esprimerlo e aver voglia di comperarti un gattino di cui diventerei subito geloso perché riceverebbe più attenzioni di me e tenerti a letto quando devi andare via e piangere come un bambino quando te ne vai e schiacciare gli scarafaggi e comprarti regali che non vuoi e riportarmeli via e chiederti di sposarmi e dopo che mi hai detto ancora una volta di no continuare a chiedertelo perché anche se credi che non lo voglia davvero io lo voglio veramente sin dalla prima volta che te l’ho chiesto e andare in giro per la città pensando che è vuota senza di te e volere quello che vuoi tu e pensare che mi sto perdendo ma sapere che con te sono al sicuro e raccontarti il peggio di me e cercare di darti il meglio perché è questo che meriti e rispondere alle tue domande anche quando potrei non farlo e cercare di essere onesto perché so che preferisci così e sapere che è finita ma restare ancora dieci minuti prima che tu mi cacci per sempre dalla tua vita e dimenticare chi sono e cercare di esserti vicino perché è bello imparare a conoscerti e ne vale di sicuro la pena e parlarti in un pessimo tedesco e in un ebraico ancora peggiore e far l’amore con te alle tre di mattina e non so come non so come non so come comunicarti qualcosa dell’assoluto eterno indomabile incondizionato inarrestabile irrazionale razionalissimo costante infinito amore che ho per te.
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RED VELVET! ❤️
Potevo solo fare una torta rossa amore per dimostrarvi tutta la mia gratitudine!🫶
🟢 𝚂𝙰𝙻𝚅𝙰
🎶 𝙲𝙰𝙽𝚃𝙰 &
🍳 𝙲𝚄𝙲𝙸𝙽𝙰!
#𝘳𝘪𝘤𝘦𝘵𝘵𝘢 𝘱𝘦𝘳 𝘶𝘯 𝘪𝘮𝘱𝘢𝘴𝘵𝘰 𝘨𝘳𝘢𝘯𝘥𝘦 𝘤𝘰𝘮𝘦 𝘭𝘢 𝘭𝘦𝘤𝘤𝘢𝘳𝘥𝘢 𝘥𝘦𝘭 𝘧𝘰𝘳𝘯𝘰 😋
👇 𝕀ℕ𝔾ℝ𝔼𝔻𝕀𝔼ℕ𝕋𝕀 👇
☺︎ 260 g di albume;
☺︎ 120 g di tuorli;
☺︎ 175 g di zucchero;
☺︎ q.b. di colorante rosso in gel;
☺︎ 95 g di farina 00;
☺︎ 10 g di cacao;
☺︎ ½ bustina di lievito per dolci (8 g);
☺︎ 90 g di olio di semi;
☺︎ un pizzico di sale;
👇 ℙ𝔼ℝ 𝕀𝕃 ℝ𝕀ℙ𝕀𝔼ℕ𝕆 👇
☺︎ 400 g di mascarpone;
☺︎ 85 g di zucchero a velo;
☺︎ 250 g di panna fresca;
☺︎ 1 vaschetta di lamponi;
☺︎ 1 cestino di fragole;
👇 ℙℝ𝕆ℂ𝔼𝔻𝕀𝕄𝔼ℕ𝕋𝕆 👇
1. Montiamo gli albumi con lo zucchero e a metà aggiungiamo il colorante rosso: mettetene un bel po’ se no viene rosa maiale!!!;
2. Continuiamo a montare fino a farla diventare soda;
3. Uniamo i tuorli sbattuti con la forchetta e giriamo a mano con calma per non smontare tutto;
4. Adesso mettiamo le farine setacciate e le incorporiamo sempre con calma!;
5. Infine l’olio;
6. Mettiamo l’impasto nella leccarda ricoperta da carta forno e cerchiamo di stenderlo in modo uniforme;
7. Inforniamo a 190° statico per 15 minuti;
8. Intanto prepariamo la crema: montiamo la panna con lo zucchero a velo;
9. Incorporiamo sempre con calma il mascarpone;
10. Aspettiamo che si raffreddi la base, poi decidiamo se fare una torta tonda, un rotolo, quadrata, insomma come volete ma almeno 3 strati;
11. Assembliamo la torta mettendo il primo strato sul piatto da portata, poi spalmiamo la crema e sul profilo la mettiamo con la sac à poche a pallotte;
12. Poi sovrapponiamo il 2° strato, poi il 3° e concludiamo con la crema messa tutta a pallotte;
13. Ora decoriamo con fragole e lamponi;
E la candelina con il 50 per dirvi GRAZIE ad uno ad uno!!!🙏❤️
Mai fatta una torta così bella e sicuramente buona: grazie @_lucake_ 🔝🫶
𝘙𝘪𝘤𝘦𝘵𝘵𝘢 𝘪𝘯 𝘭𝘦𝘨𝘨𝘦𝘳𝘦𝘻𝘻𝘢. 𝘋𝘢 𝘯𝘰𝘯 𝘤𝘰𝘯𝘧𝘰𝘯𝘥𝘦𝘳𝘦 𝘤𝘰𝘯 𝘴𝘶𝘱𝘦𝘳𝘧𝘪𝘤𝘪𝘢𝘭𝘪𝘵𝘢̀.
𝘌̀ 𝘱𝘳𝘦𝘻𝘪𝘰𝘴𝘢, 𝘮𝘢𝘯𝘦𝘨𝘨𝘪𝘢𝘳𝘦 𝘤𝘰𝘯 𝘤𝘶𝘳𝘢 🤗
_________😉❤️👩🍳💋________
#elisacuorecucinaechiacchiere #elisaccc #popolofelice #leggerezza #buonumore #racconti #risate #ricette #torta #redvelvet #festa #50k #instagood #instafood #cake #lucake #cucinaitaliana #food #foodblog #foodblogger #foodlover #cucina #passione
.....
Eu traduzo para as #pessoasfelizes! 😂:
VELUDO VERMELHO! ❤️
Eu só poderia fazer um red love cake para mostrar a vocês toda a minha gratidão! 🫶
🟢 𝚂𝙰𝙻𝚅𝙰𝚁
🎶 𝙲𝙰𝙽𝚃𝙰𝚁 &
🍳 𝙲𝙾𝚉𝙸𝙽𝙷𝙾𝚄!
#𝘳𝘦𝘤𝘦𝘪𝘵𝘢 𝘥𝘦 𝘶𝘮𝘢 𝘮𝘢𝘴𝘴𝘢 𝘥𝘰 𝘵𝘢𝘮𝘢𝘯𝘩𝘰 𝘥𝘦 𝘶𝘮𝘢 𝘱𝘪𝘯𝘨𝘢𝘥𝘦𝘪𝘳𝘢 𝘥𝘦 𝘧𝘰𝘳𝘯𝘰
👇 𝕀ℕ𝔾ℝ𝔼𝔻𝕀𝔼ℕ𝕋𝔼𝕊 👇
☺︎ 260 g de clara de ovo;
☺︎ 120g de gemas;
☺︎ 175 g de açúcar;
☺︎ a gosto de corante gel vermelho;
☺︎ 95g de farinha 00;
☺︎ 10 g de cacau;
☺︎ ½ saqueta de fermento para sobremesa (8 g);
☺︎ 90 g de óleo de semente;
☺︎ uma pitada de sal;
👇 ℙ𝔸ℝ𝔸 𝕆 ℝ𝔼ℂℍ𝔼𝕀𝕆 👇
☺︎ 400 g de mascarpone;
☺︎ 85 g de açúcar em pó;
☺︎ 250 g de natas frescas;
☺︎ 1 tabuleiro de framboesas;
☺︎ 1 cesta de morangos;
👇 𝕄𝔼́𝕋𝕆𝔻𝕆 👇
1. Bater as claras em castelo com o açúcar e juntar a meio o corante vermelho: juntar bastante senão fica rosa!!!;
2. Continuamos a bater até virar refrigerante;
3. Vamos juntar as gemas batidas com um garfo e virar lentamente com a mão para não desmontar tudo;
4. Agora colocamos as farinhas peneiradas e incorporamos sempre aos poucos!;
5. Por fim o óleo;
6. Coloque a massa na assadeira forrada com papel manteiga e tente espalhar bem;
7. Assamos a 190° estático por 15 minutos;
8. Enquanto isso, vamos preparar o creme: bata o creme com o açúcar de confeiteiro;
9. Incorporamos sempre lentamente o mascarpone;
10. Esperamos que a base esfrie, então decidimos se fazemos um bolo redondo, um rolo, um quadrado, enfim, o que você quiser, mas pelo menos 3 camadas;
11. Monte o bolo colocando a primeira camada no prato de servir, depois espalhe o creme e coloque no perfil com o saco de confeiteiro;
12. Depois sobrepomos a 2ª camada, depois a 3ª e finalizamos com o creme todo em bolinhas;
13. Agora vamos decorar com morangos e framboesas;
E a vela com 50 para agradecer um a um!!!🙏❤️
𝘙𝘦𝘤𝘦𝘪𝘵𝘢 𝘤𝘰𝘮 𝘭𝘦𝘷𝘦𝘻𝘢. 𝘕ã𝘰 𝘤𝘰𝘯𝘧���𝘯𝘥𝘪𝘳 𝘤𝘰𝘮 𝘴𝘶𝘱𝘦𝘳𝘧𝘪𝘤𝘪𝘢𝘭𝘪𝘥𝘢𝘥𝘦.
É 𝘱𝘳𝘦𝘤𝘪𝘰𝘴𝘰, 𝘮𝘢𝘯𝘶𝘴𝘦𝘪𝘦 𝘤𝘰𝘮 𝘤𝘶𝘪𝘥𝘢𝘥𝘰 🤗
_________😉❤️👩🍳💋________
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DINOBOT SLUDGE ( Core ) Legacy EVOLUTION
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Quando nella recensione di Slug mi riferivo al fatto che i nuovi Dinobot Core di Legacy Evolution ad una prima occhiata parevano quantomeno sgraziati, diciamo che ce l'avevo sopratutto con uno in particolare, ovvero il buon SLUDGE, il quale per via della sua natura di Combiner del piccolo Volcanicus, sacrifica non poco l'estetica per una soluzione davvero... interessante delle sue modalità principali! ^^'
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Il ROBOT cerca infatti ovviamente di essere fedele all'iconografia classica del personaggio, e la scultura in generale è buona, sopratutto la testa, così come anche qui la colorazione è essenziale ed azzecata, col petto rosso, bacino, pugni e pannello centrale del torso neri, piedi dorati e faccia argentata... MA fa specie davvero le braccia così allargate rispetto al busto, per far posto praticamente alle zampe posteriori del dinosauro che di norma sono appese ai lati delle gambe ma che qui invece le sostengono proprio, come collegamento fra loro ed il bacino!!
Una scelta ovviamente basata sulla sua modalità combiner, quantomeno innovativa ma che sgrazia non poco la figura del robot, con ste zampone enormi sui fianchi, e fa davvero strano che appunto le cosce siano letteralmente staccate dal bacino, ma le gambe possano comunque muoversi classicamente, con tanto di pannello delle "mutande" sollevabile!
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La posabilità è la stessa del collega Slug, quindi, con le braccia rigide ai gomiti ma con balljoint sulle spalle, la possibilità di ruotare testa e bacino ( questa diciamo necessaria per il gestalt ) e per le gambe ho già detto sopra.
Tornando ai, uhm, lati positivi, a parte i difettoni estetici di qui sopra, ribadisco che il robot assomiglia assai al G1 classico, con tanto di testone del brontosauro dietro la schiena, così come ci sono le classiche ali, praticamente, solo che sono fuse alle braccia! ^^' "Interessanti" pure le gambe, che non sono vuote viste da dietro ma solo nelle parti interne verso il piede, per via della TRASFORMAZIONE.
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Questa è praticamente identica al G1, a parte le braccia che non diventano zampe anteriori, ma che seguono lo schema delle "ali" andando a chiudersi verso il petto, con le zampe che poi appaiono comunque dopo quest'azione; il bacino anche qui ruota e le gambe si ripegano classicamente, andando ad inglobare le braccia in un movimento che di primo acchito pare sia innaturale ma poi si infilano senza difficoltà.
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Il BRONTOSAURO robotico ... beh, da un lato è più compatto rispetto al triceratopo di Slug Core, giusto per paragonarlo doverosamente al collega, ma in pratica è solo una statuina che ricorda una versione di Bronto con didietro sproporzionato rispetto alle parti anteriori! ^^'
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Ok, carina la scultura ed i dettagli anche sulle ali argentate, e testa dorata, ma appunto perde del tutto il confronto col compagno Tricex, anche a livello di massa risultando più piccino del sauro coi corni. Avrebbe aiutato, chessò, magari la coda un po' più lunga, e magari come accessorio a parte / arma, visto che il nostro ne è del tutto sprovvisto.
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Poco altro da dire, insomma, e passiamo quindi direttamente al piatto principale, ovvero alla modalità combinata che lo rende STOMACO, BACINO, COSCE e financo parte esterna del petto di VOLCANICUS. Per farlo, bisogna partire dal robot e semplicemente alzare le braccia e ruotare le gambe all'infuori di 90° e piegarle poi in sù, attaccando infine il pannello della coda di Slug sul foro nel petto, per poi agganciarlo al collega tramite le spine di questo sui fori fra testa e braccia di Bronto, così come si saldano assieme le braccia dei due.
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L'aggancio è davvero bello solido, non c'è che dire, e i due diventano un corpo unico, con Sludge che fa il grosso del lavoro, non solo come parte inferiore con tanto di cosce del piccolo gestalt, come dicevo, ma anche parte esterna del petto con i fori appositi che poi serviranno per agganciare i due Dinobot che diverranno le braccia. Grazie a ciò viene quindi giustificata la bruttezza del nostro Bronto nelle sue modalità principali, sacrificate alla grande per quella portante di Volcanicus.
Il torso del gestalt Dinobot si presenta ora quindi completamente, esibendo articolabilità alle cosce e la rotazione del bacino, anche se il retro di Tricex sulla schiena è ancora una signora zainata ingombrante.
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Peccato per le gambe inferiori di Sludge ai lati delle cosce di Volcanicus, che danno un po' fastidio sia esteticamente sia quando c'è da attaccargli gli arti del Junkion Scraphook, dato che il novello modello di Weaponizer sulla carta nasce apposta anche per interagire con il piccolo gestalt, solo che appunto per le gambe c'è questo summenzionato intralcio ( risolvibile ruotando il bacino di Volcanicus, ma rovinando così l'estetica ), così come i fori per le braccia sono un po' infossati, rendendo un po' sprecato metterci gli arti di un Deluxe.
Volcanicus, per quanto piccino, a occhio sarà alto quasi quanto un Voyager, quindi, in attesa degli altri Dinobot o in sostituzione degli stessi, per renderlo meno ridicolo ci vorrà semmai un Junkion di quella classe, cosa che al momento pare ancora confusa a livello delle liste ufficiosa trapelate dai soliti leak.
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Ma disquisizioni junkionane a parte, tornando al nostro Sludge, diciamo che preso così non lo consiglierei manco al fan più sfegato del Dinobot dal collo lungo, ma nell'ottica della collezione del team e della composizione di Volcanicus, è ovviamente imprenscindibile, salvo mettere per forza di cose le mani avanti sulle motiviazioni della sua resa estetica tutt'altro che eccelsa.
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Il miglior riso fritto all'ananas ASMR / Best ASMR Pineapple Fried Rice
Il miglior riso fritto all'ananas ASMR / Best ASMR Pineapple Fried Rice https://www.youtube.com/watch?v=uF4IXpegx0o Il miglior riso fritto all'ananas ASMR / Best ASMR Pineapple Fried Rice Ingredienti 1 - Turchia 2 - Raffreddare spezie e condimenti 3 - Burro e cipolla rossa 4 - alcune verdure 5 - Peperoncino rosso 6 - Condimento 7 - Un po' d'acqua 8 - Aggiungere il tacchino e le patate a fette 9 - Aggiungere la copertura di riso basmati e attendere la corretta cottura 10 - tagliamo l'ananas in due e lo useremo come un bel piatto / Ingredients 1 - Turkey 2 - Chill spices and seasoning 3 - Butter and red onion 4 - some vegetables 5 - Red chili 6 - Seasoning 7 - Some water 8 - Add the turkey and the sliced potatoes 9 - Add the basmati rice cover and wait to cook properly 10 - sliced the pineapple into two we gonna use it as a beautiful plate via MustaPhaJalloH https://www.youtube.com/channel/UCjU53VEHbrG4ymmr15BhCUQ February 18, 2025 at 11:00AM
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