#Giulio Latini
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oggi, 16 novembre, a roma: donne & futurismo
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#art#arte#Claudio Crescentini#documentari#donne & futurismo#futurismo#Galleria d&039;Arte Moderna#Giulio Latini#Ida Mitrano#Lina Passalacqua#Silvana Editoriale
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I sambenedettesi ? Erano ji Galiùtte del Piceno !
"Sono così diversi da tutti gli altri delle Marche, da costituire una specie di colonia e di razza a parte. Di fronte al marchigiano quieto, abitudinario, classico, gli abitanti di San Benedetto sono fantastici, violenti, pronti alla rissa, ed hanno anche nel fisico qualcosa di orientale e di saraceno. Quelle caratteristiche di colonia eccentrica, diversa dalla terra che li circonda, proprie in generale dei porti, si scorgono perciò più nella piccola San Benedetto del Tronto che nella grande Ancona." G. Piovene, Viaggio in Italia, Milano, 1957
Lo scrittore Piovene quando ci descrisse nel suo libro "Viaggio in Italia" sapeva bene di che pasta fossimo fatti : eravamo in origine dei 'pirati ', secondo Giulio Cesare, ma in verità eravamo già all'epoca veri uomini di mare !
Ce lo conferma la storia della Roma repubblicana quando Gneo Pompeo Magno, che tutti ricordiamo come Pompeo , venne chiamato in causa dopo l'emanazione nel 67 a.C. della Lex Gabinia conosciuta come anche come Lex de piratis persequendis : la legge contro la pirateria nel Mediterraneo .
C’èra un problema gravissimo per Roma, al quale occorreva dare una immediata soluzione: i pirati hanno ormai nelle loro mani l’intero Mediterraneo, ed hanno messo in pericolo le comunicazioni con i paesi dell’impero. Nemmeno le coste italiane erano più al sicuro, né l’Urbe stessa poteva nascondere qualche apprensione per i suoi rifornimenti di grano.
Pompeo era l'uomo giusto al momento giusto . Nato nel Piceno ed erede di un gran numero di proprietà in loco grazie al padre Pompeo Strabone , anch'egli militare e senatore, raccolse la fiducia del Senato e armò un esercito. Per portare a termine il compito, pare abbia avuto a disposizione 20 legioni, 270 navi e 6000 talenti. Numeri incredibili anche quell'epoca
Fu naturale che l'esercito di marinai venne arruolato nel Piceno , nella terra di origine di Pompeo tanto che i piceni, conosciuti esperti di mare, vennero nominati Giulio Cesare nel poema epico latino Farsaglia , dove preoccupato del potere che aveva raggiunto Pompeo pronunciò la frase :
"An melius fient piratae, Magne, coloni? "
"O meglio i ( tuoi) pirati diverranno (ancora) coloni ?"
La guerra di Pompeo durò solo tre mesi : attaccò distruggendo le roccaforti dei pirati della penisola anatolica soprattutto in Cilicia , regione costiera dell'odierna Turchia che oggi ricordiamo tristemente per gli accadimenti dello spaventoso e recente terremoto , riuscendo a ripulire l'intero bacino orientale, dopo aver già distrutto le flotte dei pirati del nord Africa.
Per la vittoria di Pompeo era stata determinante la scelta dei componenti del suo esercito !
Erano gli abitanti delle coste picene comprese tra il fiume Asis ( Aso) e il fiume Tronto (Truentus) anch'essi provenienti in tempi lontani dalla Cilicia e poi stabilitisi nel Picenum , la futura V regio di Augusto.
Del fatto che i piceni originariamente venissero dal bacino orientale del Mediterraneo , da isole come da Cipro e Creta oltre che dalla Cilicia ,ce lo racconta il poeta Silio Italico descrivendo le popolazioni del piceno come coloro i cui altari fumano sulla costa di Cupra "LITORAE FUMANT ALTARIA CUPRAE " mantenendo nel piceno le medesime tradizioni .
Questi erano ji Galiùtte !
La parola dialettale era intesa come abili navigatori, marinai , accezione intesa poi nel senso più ampio di Popoli del Mare poi rimasta cucita addosso ai nostri avi intesa come veri e propri eredi dei pirati della Cilicia. Per combattere i pirati non c'era stata soluzione che farli combattere dai loro stessi eredi , ji Galiùtte !
In tempi più recenti era frequente che quando le paranze sambenedettesi approdavano lungo le rive nord delle Marche o dell'Abruzzo i pescatori locali erano soliti indicarli così , come anche ricorda Federico Latini detto lu Pelesétte’ :
" Ecco , so' arrivati ji Galiùtte "
Riferendosi ai sambenedettesi e al loro retaggio di 'pirati' di Pompeo , eredi degli antichi navigatori fenici e ciprioti .
#Galiùtte #pirati #Pompeo #guerrepiratiche #sanbenedettodeltronto
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Convegno a Roma alla “Puls Arte Puls” sul tema “Ambienti digitali e IA alla luce dei Passages di Walter Benjamin” Venerdì 6 dicembre alle ore 17.30, pres... #culturadigitale #intelligenzaartificiale #Passages #walterbenjamin https://agrpress.it/convegno-a-roma-alla-puls-arte-puls-sul-tema-ambienti-digitali-e-ia-alla-luce-dei-passages-di-walter-benjamin/?feed_id=8429&_unique_id=675068730467f
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SUONO DOMENICA | Dodici ore di musica di ricerca Domenica 21 aprile 2024, ore 12-24 Conservatorio di Musica “G. B. Martini”, Bologna
Una vera e propria maratona sonora, un viaggio lungo un giorno che se da un lato ha lo scopo di presentare il capillare lavoro della Scuola di Musica Elettronica, dall’altro si relaziona con la città e con realtà diverse del panorama italiano, spaziando dall’audiovisione, all’improvvisazione, dalla sound art alla composizione acusmatica, interrogando ospiti e musicisti anche extra-accademici sul significato dell’arte sonora di oggi. Il tutto esplorando gli spazi incontenibili del Conservatorio di Bologna, sottolineati da allestimenti e proposte in grado di dialogare con l’architettura e la tecnica. “Suono Domenica” non è quindi un festival o una vetrina: può essere visto più come una festa, o magari come un “orologio sonoro” che scandisce il tempo della giornata attraverso il fare musica e lo stare insieme.
Programma
Ore 12 > OPEN/Cortile, scalone e piazza Rossini Giuseppe Chiari, Improvvisazione libera. Esperienza musicale per 70 solisti
Ore 13 > Apertura Installazioni/Consbo (le installazioni terminano alle ore 23) • Sala Respighi > Sequenzer Kammer, a cura di Enrico Cosimi, con Maru Barucco, Dario Boccato, Bruno Cusumano, Tommaso Michelini • Aula 9 > Pierpaolo Ovarini, this could be us, installazione multimediale interattiva; in collaborazione con Home Movies-Archivio Nazionale del Film di Famiglia • Corridoio I piano > Daniele Carcassi, Nuova terra, installazione sonora per tre totem di altoparlanti (tecnica a cura di Gerarda Avallone) • Saletta area Banda > Lorenza Ceregini, Tu mi vedi?, installazione audiovisiva
Ore 14 > Sala Fugazza Audiovisione Bologna Francesco Di Stefano, Stripping Away Reality (2022) Tommaso Marzini Della Ragione, Unfortunate event (2023) Lorenzo Mostura, Nomo Echoes (2024) Fulvio Daviddi, Ground (2023) Lorenza Ceregini, Riccardo Tesorini, Dissimmetrie (2023), video di Elena Bianchini, Giulia Pellegrini, Mika Sollecito, Serena Ugolini In collaborazione con Fondazione Zucchelli e Accademia di Belle Arti di Bologna-Corso di linguaggi del cinema e dell’audiovisivo
Ore 15 > Aula Banda Acusmatica Camilleri Lelio Camilleri, Apostrophe (1995), Summer 2018 (2018), Parallel (2000), Beat (2024) - prima esecuzione assoluta Ore 16 > Sala Fugazza Audiovisione Cipriani Naufragio-The Last Shipwreck, Due movimenti dalla trilogia audiovisiva Shipwrecks Naufragi (2020-2023) Video Giulio Latini; Musica, sound design e testi Alessandro Cipriani Memoria d'Utopie, opera audiovisiva multischermo (2023-2024) da un testo di Alberto Gianquinto Video Giulio Latini; Musica Alessandro Cipriani e Alessandro Sbordoni; Sound design Alessandro Cipriani; Voci recitanti registrate Roberto Herlitzka e Virginia Guidi
Ore 17 > Aula Banda Concerto Improvvisazione Silenzio Direzione: Walter Prati Performer: Andrea Brutti, Andrea Fabris, Andrea Giorgelli, Salvatore Miele, Francesco Paolino, Dino Piccinno, Erica Ruggiero, Leonardo Vita
Ore 18 > Sala Fugazza Audiovisione Coslovi The Wrong Side of the Tracks (2020-) Progetto fotografico: Marcello Coslovi Performer e progetto sonoro: Gabriele Andrisani, Andrea Cardellicchio, Matteo Coceva, Stefano Corino, Tommaso Grandi, Chiara Matarazzo, Davide Ricchi, Valerio Timo
Ore 19 > Sala Bossi Concerto Mantra Karlheinz Stockhausen, Mantra, per due pianisti (1970) Pianoforte: Stefano Malferrari e Franco Venturini Live electronics e regia del suono: Francesco Vogli (con Vijay Comino e Alessandra Giachetti)
Ore 21 > Sala Fugazza Audiovisioni Camera Ludens. Il gioco della memoria, per video e quattro performer (2023) Performer: Francesco Giomi, Simone Grande, Salvatore Miele, Andrea Sanna Selezione e montaggio: Michele Manzolini ed Enrico Riccobene Camera Ludens è un progetto di Home Movies-Archivio Nazionale del Film di Famiglia BSCRZCLL732NN, improvvisazione audiovisiva per tre performer e quattro videomaker (2023) Performer: Antonio Ciaramella, Andrea Fabris, Nicola Venturo Videomaker: Andrea Boschini, Silvia Campostrini, Giulia Costantini, Chiara Vitofrancesco In collaborazione con Home Movies-Archivio Nazionale del Film di Famiglia, Accademia di Belle Arti di Bologna-Corso di linguaggi del cinema e dell’audiovisivo, Fondazione Zucchelli, Mast
Ore 22 > Aula Banda Acusmatica Bologna Federico Inzerillo, Grid grips (2023) Alessandra Giachetti, Verrières (2024) Francesco Interlandi, Var hälsad du Maria (2023-24) Jacopo Casasola, Scenario possibile (2023) Fernando Hester, Zooming (2023)
Ore 23 > Sala BossiConcerto Bologna Filippo Giuffrè | NicoNote | Stefano Pilia
Ingresso libero a tutti gli eventi fino a esaurimento posti
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Difficilmente l'animo discerne il vero quando questi sentimenti lo offuscano
Giulio Cesare
in De Catilinae coniuratione
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Via Sacra di Rocca di Papa
La Via è detta Sacra perché conduceva al Tempio di Juppitr Latialis (Giove Laziale), eretto sulla vetta di Monte Cavo, dove convenivano i Latini, gli Equi e i Volsci per pregare e rendere gli auspici a Giove. Il tempio sotto Tarquinio il Superbo (534 A.C.) raggiunse il massimo splendore divenendo la sede delle Feriae Latine, ove i rappresentanti delle 47 leghe latine si riunivano per celebrare solennemente il patto di amicizia. Il tempio era anche il luogo deputato alle ovazioni dei comandanti vittoriosi di ritorno dalle imprese militari; fra i tanti che vennero a trionfare ricordiamo Caio Giulio Cesare (45 D.C.). Il tempio nel IV secolo dopo Cristo andò in rovina, in seguito alla proibizione dei riti pagani nel 391.
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Come l'Italia arma gli assassini di Giulio Regeni L’Italia arma gli assassini di Giulio Regeni. Incurante che quelle armi finiscono per rafforzare uno Stato di polizia che ha riempito le carceri di oppositori, che fa della tortura una pratica quotidiana. Questo è l’Egitto ai tempi del “faraone” al-Sisi. Pecunia non olet, dicevano i latini, anche se quell’olet è odore di morte. “Riteniamo gravissimo e offensivo che sia stata autorizzata la vendita di un così ampio arsenale di sistemi militari all'Egitto sia a fronte delle pesanti violazioni dei diritti umani da parte del governo di al- Sisi sia per la sua riluttanza a fare chiarezza sulla terribile uccisione di Giulio Regeni. Chiediamo al Governo di riferire il momento del rilascio di tali autorizzazioni per stabilirne la paternità e comunque di sospendere ogni trattativa di forniture militari in corso finché non sia stata fatta piena luce dalle autorità egiziane sulla morte di Regeni”. E’ questo il primo commento di Rete Italiana per il Disarmo e Rete della Pace ai dati aggregati dell’export militare italiano per il 2019... (...) i numeri evidenziano immediatamente alcune decisioni altamente problematiche. Il Paese destinatario del maggior numero di licenze risulta infatti essere l’Egitto con 871,7 milioni (derivanti in particolare dalla fornitura di 32 elicotteri prodotti da Leonardo spa) seguito dal Turkmenistan con 446,1 milioni (nel 2018 non era stato destinatario di alcuna licenza). Al terzo posto si colloca il Regno Unito con 419,1 milioni complessivi. (...) Per quanto riguarda le imprese, ai vertici della classifica delle autorizzazioni ricevute troviamo Leonardo Spa con il 58% seguita da Elettronica spa (5,5%), Calzoni srl (4,3%), Orizzonte Sistemi Navali (4,2%) e Iveco Defence Vehicles (4,1%). (...) “Continuiamo ad esportare armi verso Paesi autoritari o zone problematiche del mondo – dice a Globalist Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo -. Oltretutto, con scarsi ritorni, perché 3 miliardi di euro di esportazione reale sono meno del’1% dell’export complessivo italiano annuale. Dal Governo – sottolinea Vignarca – ci aspettiamo un cambio di rotta sia per quanto riguarda i Paesi destinatari che complessivamente: vogliamo che vengano sostenute produzioni civili e non favoriti affari armati”. Affari armati. Come quelli con l’Egitto di al-Sisi. Uno Stato di polizia in cui i “desaparecidos” si contano ormai a migliaia. E più della metà dei detenuti nelle carceri lo sono per motivi politici. Per contenerli, il governo ha dovuto costruire 19 nuove strutture carcerarie. Il generale-presidente esercita un potere che si ramifica in tutta la società attraverso l’esercito, la polizia, le bande paramilitari e i servizi segreti, i famigerati Mukhabarat, quasi sempre più di uno. ... recenti rapporti delle più autorevoli organizzazioni internazionali per i diritti umani, da Human Rights Watch ad Amnesty International, calcolano in oltre 60mila i detenuti politici (un numero pari all’intera popolazione carceraria italiana)... Le autorità egiziane tengono i detenuti minorenni insieme agli adulti, in violazione del diritto internazionale dei diritti umani. In alcuni casi, sono imprigionati in celle sovraffollate e non ricevono cibo in quantità sufficiente. Almeno due minorenni sono stati sottoposti a lunghi periodi di isolamento. Un quadro agghiacciante è quello che emerge da un recente rapporto di Amnesty International. “Le autorità egiziane hanno sottoposto minorenni a orribili violazioni dei diritti umani come la tortura, la detenzione in isolamento per lunghi periodi di tempo e la sparizione forzata per periodi anche di sette mesi, dimostrando in questo modo un disprezzo assolutamente vergognoso per i diritti dei minori” (...) Armare il “faraone” è un insulto alla memoria di Giulio e dei tanti egiziani che come lui sono scomodi al regime. Tanto scomodi da essere eliminati. di Umberto De Giovannangeli
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Il Natale non ha origini pagane, il 25 dicembre celebrato prima del Sol Invictus
L’origine pagana del Natale, una leggenda. Lo storico W.J. Tighe spiega che il culto pagano del Sol Invictus venne istituito da Aureliano nel 274 d.C., dopo che i cristiani indicarono nel 25 dicembre la nascita di Gesù. Furono i pagani a copiare dai cristiani.
di William J. Tighe* *docente di Storia presso il Muhlenberg College (Pennsylvania) da Touchstonemag, 25/12/13
Anche molti cristiani credono che il cristianesimo celebri la nascita di Cristo il 25 dicembre perché i Padri della Chiesa si sarebbero appropriati della data di una festa pagana, quella del Sol Invictus. Pochi danno reale importanza a questo fatto, tuttavia è interessante sapere che la scelta del 25 dicembre è il risultato dei tentativi dei primi cristiani di indicare la data della nascita di Gesù basandosi su calcoli del calendario che non avevano nulla a che fare con le feste pagane.
Avvenne piuttosto il contrario. La festa pagana del Sol Invictus fu istituita dall’imperatore romano Aureliano il 25 dicembre 274, quasi certamente un tentativo di creare un’alternativa pagana ad una data che già godeva di una certa importanza per i cristiani romani. Per questo “le origini pagane del Natale” sono un mito senza fondamenta storiche.
Origini pagane del Natale, da chi arriva questa tesi?
L’idea che la data sia stata “rubata” ai pagani risale a due studiosi tra la fine del 17° e l’inizio del 18° secolo. Il primo è Paul Ernst Jablonski, un protestante tedesco, il quale intendeva dimostrare che la celebrazione della nascita di Cristo del 25 dicembre era una delle tante “paganizzazioni” del cristianesimo che la Chiesa del IV secolo aveva adottato, come una delle tante “degenerazioni” che avrebbero trasformato il puro cristianesimo apostolico in cattolicesimo. L’altro è Dom Jean Hardouin, un monaco benedettino, il quale invece cercò di dimostrare che la Chiesa cattolica aveva adottato feste pagane per scopi cristiani, senza paganizzare il Vangelo. Nel calendario giuliano, creato nel 45 a.C. sotto Giulio Cesare, il solstizio d’inverno cadeva il 25 dicembre e, pertanto, Jablonski e Hardouin trovarono chiaro che questa data doveva necessariamente contenere un significato pagano prima che venisse cristianizzata.
Eppure tale data non aveva mai avuto alcun significato religioso nel calendario festivo pagano in tempi precedenti ad Aureliano, ed il culto al sole non giocò mai un ruolo importante a Roma prima del suo arrivo. C’erano due Templi del sole a Roma. Uno di essi (gestito dalla famiglia in cui Aureliano nacque o venne adottato) celebrava la sua festa di consacrazione il 9 agosto, mentre nell’altro si festeggiava il 28 agosto. Tuttavia, entrambi questi culti caddero in disuso nel II° secolo, quando i culti solari orientali -come il mitraismo-, iniziarono a guadagnare adepti a Roma. In ogni caso, nessuno di questi culti, vecchi o nuovi che fossero, aveva festività legate a solstizi o equinozi.
Festa del Sol Invictus nacque dopo il Natale cristiano.
Quello che realmente accadde fu che Aureliano, che governò dall’anno 270 fino al giorno del suo omicidio nel 275 d.C., promosse (com’è ben documentato) l’istituzione della festa del Sol Invictus come tentativo di unificare i vari culti pagani dell’Impero Romano attorno ad una commemorazione della “rinascita” annuale del sole. Ostile al cristianesimo, Aureliano guidò un impero che stava avanzando verso il collasso, a causa di sconvolgimenti interni, ribellioni nelle province, declino economico e ripetuti attacchi delle tribù germaniche nel nord e dell’Impero persiano nell’est. La sua scelta cadde sul 25 dicembre, quando la luce del giorno comincia ad allungarsi e l’oscurità ad accorciarsi, un simbolo profetico della “rinascita” o dell’eterno ringiovanimento dell’Impero Romano, favorito dalla perseveranza nel culto degli dei la cui tutela (come credevano i romani) aveva portato Roma alla gloria. Se la nuova festa poteva anche sovrapporsi alla celebrazione cristiana, ancora meglio.
È vero che la prima notizia di una celebrazione cristiana della Natività a Roma, nel giorno del 25 dicembre, risale a pochi anni dopo Aureliano, nel 336 d.C.. Ma ci sono prove provenienti dall’Oriente greco e dall’Occidente latino che mostrano come i cristiani hanno cercato di individuare la data della nascita di Cristo molto prima che iniziassero a celebrarla in modo liturgico. Un chiaro esempio è quello di Sesto Giulio Africano, uno scrittore cristiano che nel 221 d.C., nella sua Chronographiae, scrive che Gesù si è incarnato (fu concepito) il 25 marzo(così, evidentemente, nacque nove mesi dopo, il 25 dicembre). Sesto Giulio Africano scrive mezzo secolo primadella creazione della festa del Sol Invictus da parte dell’imperatore Aureliano,
Occorre anche ricordare una credenza che sembra essersi diffusa nel giudaismo al tempo di Cristo, ma che non coinvolse tutti i cristiani. Riguarda “l’età integrale” dei grandi profeti ebrei, ovvero l’idea che i profeti di Israelesiano morti nella stessa data della loro nascita o concepimento. I primi cristiani applicarono questa idea a Gesù, partendo dal fatto che il 25 marzo (o il 6 aprile) non era solo la data della morte di Gesù, ma anche quella del suo concepimento. Vi sono infatti alcune prove che almeno alcuni cristiani nel I° e nel II° secolo consideravano il 25 marzo o il 6 aprile la data della nascita di Cristo, ma -come già detto- la prima data prevalse rapidamente come il giorno del concepimento di Cristo. Ed è in questo giorno, il 25 marzo, che i cristiani ancora oggi commemorano quasi universalmente la festa dell’Annunciazione, cioè quando l’Arcangelo Gabriele portò alla Vergine Maria l’annuncio. Quanto dura una gravidanza? Nove mesi. Se contiamo nove mesi a partire dal 25 marzo, si arriva al 25 dicembre. Se invece si parte dal 6 aprile, si arriva al 6 gennaio, giorno dell’Epifania. Gli Armeni sono gli unici tra le antiche chiese cristiane che ancora oggi celebrano la nascita di Cristo, l’Adorazione dei Magi ed il battesimo il 6 gennaio.
Comunque sia, il 25 dicembre come data della nascita di Cristo non è affatto in debito con influenze pagane. Andrebbe meglio studiato se sia stata la data esatta della nascita di Gesù di Nazareth, ma è certamente nata dagli sforzi dei primi cristiani latini di individuare la data storica della morte del Salvatore. D’altra parte, la festa pagana del Sol Invictus istituita dall’imperatore Aureliano in quella data, nell’anno 274 d.C., avvenne successivamente e non fu solo uno sforzo per usare il solstizio d’inverno con l’obiettivo di una dichiarazione politica, ma, quasi certamente, fu anche un tentativo di dare un senso pagano ad una data importante per i cristiani romani. A loro volta, i cristiani si riferiranno in seguito, in memoria della nascita di Gesù, all’ascensione del “Sole della salvezza” o del “Sole della giustizia”.
Per approfondire ulteriormente consigliamo: – il nostro dossier sulla data storica del 25 dicembre. – il testo Le origini dell’anno liturgico – Thomas J. Talley (Queriniana 1991)
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Shipwreck. Naufragi di Alessandro Cipriani e Giulio Lantini
“Il radicale naufragio del nostro esistere”. Così Giulio Latini, nella conversazione con Lorenzo Madaro qui pubblicata, descrive, in una battuta tanto complessa quanto diretta, la condizione esistenziale che trapela, trasuda, da ogni inquadratura della trilogia video Shipwrecks/Naufragi, opera oggetto di questo libro/catalogo. Un oggetto libro che ha l’obiettivo di racchiudere più di venti anni di lavoro e una produzione sviluppata in molte fasi diverse, qui ben documentate e accompagnate dai testi di eminenti studiosi come Guido Barbieri, Giovanni Bietti, Laura Cherubini, Marco Maria Gazzano, Lorenzo Madaro. È agli inizi degli anni ’90 che Giulio Latini comincia a riflettere sui temi del naufragio in reazione agli eventi atroci vissuti da molti popoli all’epoca entrati in una guerra fratricida nei Balcani. Eventi feroci nella loro follia che costrinsero migliaia di persone ad emigrare anche in Italia. Per la prima volta nella storia, abbastanza tardi rispetto ad altre nazioni europee, non eravamo noi italiani che cercavamo fortuna all’estero, ma era l’estero, un certo tipo di estero, che vedeva nell’Italia l’America, il paese della speranza e della salvezza, o, usando il titolo della celebre opera del regista Gianni Amelio, LAMERICA.
Formato: 168x240 Pagine: 120
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Salentini o Sallentini?
di ArmandoPolito
Credo che, se questa domanda fosse posta a chi è mio conterraneo o a chi non lo è, quasi tutti risponderebbero: – Salentini, no? -. E io ribatterei: – Perché?-. La risposta, questa volta, sarebbe forse più scontata della prima: – Perché è da Salento e non da Sallento -.
Eppure, se cercate nell’Enciclopedia Treccani on line (http://www.treccani.it/enciclopedia/sallentini/) non troverete la voce Salentini, ma digitando Sallentini apparirà la schermata che riproduco.
Perché questa secondarietà di Salentini rispetto a Sallentini, tanto da renderne impossibile il reperimento diretto? E perché, se anziché nell’enciclopedia cerco nel vocabolario, sempre on line (http://www.treccani.it/vocabolario/salentino/) non trovo nulla per sallentino e invece compare quanto segue per salentino?
La spiegazione dell’apparente contraddizione sta anzitutto nella natura prevalentemente scientifica di un’enciclopedia rispetto ad un comune vocabolario e nello specifico tutto è dichiarato nell’antica che accompagna la definizione di Sallentini.
La sfortuna sembra accanirsi contro di noi perché, contrariamente al solito (potete provare con altri nomi propri), l’enciclopedia non mi propone alcun etimo, mentre il vocabolario mi dà il Salentinus, anche, se più correttamente, sarebbe dovuto essere Salentinu(m), che essendo un etnico, cioè un nome di popolo (comunque un aggettivo derivante da un nome proprio), suppone la derivazione da un toponimo, nel nostro caso Salentum.
Trasferendo il processo alla voce dell’enciclopedia, ci saremmo aspettato di leggere: da Sallentum o Salentum. Dico subito che né Sallentum né Salentum è attestato da qualche fonte1, mentre l’etnico Sallentini o Salentini lo è ampiamente, ma nel modo che segue (riporto gli autori in ordine cronologico e nella tradizione manoscritta più accreditata):
SALLENTINI
Polibio (II a. C.), Storie (in greco), frammento citato da Plinio (vedi più avanti) in Naturalis Historia, III, 5, 75.
Il Sallentinos che vi compare, però, non è detto che corrisponda ad un originale greco Σαλλεντίνους (leggi Sallentìnus) e non Σαλεντίνους (leggi Salentìnus), tanto più che nella Naturalis Historia Plinio usa costantemente la forma con doppia l.
Varrone (I a. C.), De re rustica, I, 24, 1 e II, 3, 10
Virgilio (I a. C.), Eneide, III, 400
Sallustio (I a. C.), Storie (per tradizione indiretta: citato da Servio (IV-V d. C.)nel suo commento al passo dell’Eneide di Virgilio prima citato)
Ovidio (I a. C.-I d. C.), Metamorfosi, XV, 51
Livio (I a. C.-I d. C.), Ab urbe condita, IX, 42, 4; X, 2, 1; XXIII, 48, 3; XXIV, 20, 16; XXV, 1, 1; XXVII, 15,4; XXVII, 22, 2; XXVII, 36, 13; XXVII, 40, 10
Mela (I), Chorographia, II, 59; II, 68
Plinio (I), Naturalis historia, II, 107, 240; III, 5, 38; III, 11, 9; III, 11, 104; III, 11, 105; III, 23, 145; XV, 4, 20
Silio Italico (I), Punica, VIII, 573
Frontino (I-II), Stratagemata, II, 3, 21
Floro (II), Epitome delle Storie di Tito Livio, I, 15
Festo (II), De verborum significatu, frammenti alle pp. 196 e 441 dell’edizione Lindsay
Solino (III), Memorabilia, 2, 10
Eutropio (IV), Breviarium ab Urbe condita, II, 17
Macrobio (IV-V ), Saturnalia, III, 20, 6
Servio ((IV-V ), Commento all’Eneide di Virgilio, III, 121); Commento alle Georgiche di Virgilio, IV, 119
Marziano Capella, De nuptiis Philologiae et Mercurii, VI, 639
Giulio Capitolino (V?), Vita di Marco Aurelio Antonino il Filosofo (in Historia Augusta, 1, 8)
Scholia Bernensia in Vergilii Georgica (VII-IX), III, 1
Stefano Bizantino (V-VI), Ethnica (in greco), alla voce Σαλλεντία (leggi Sallentìa)
SALENTINI
Varrone (I a. C.), frammento delle Antiquitates rerum humanarum citato dallo Pseudo Probo (probabilmente V d. c.), nel suo commento alle Bucoliche (VI, 31) di Virgilio, ma il Salentini che vi compare contrasta con il Sallentini usato, come abbiamo visto, da Catone nel De re rustica e non appare, dunque, come voce originale attendibile.
Dionigi di Alicarnasso, ( I a. C.), Antichità romane (in greco), I, 51, 3
Verrio Flacco (I a. C.-I d. C.), citato da Festo (II) nel De verborum significatu
Strabone (I a. C.-I d. C.), Geographica (in greco), VI, 3, 1; VI, 3, 5
Tolomeo (II), Geografia (in greco), III, 11 ; III, 67
Tabula Peutingeriana (la redazione originale risale al IV secolo), VI 5- VII 2)
Jordanes (VI), De summa temporum vel origine actibusque gentis Romanorum, 161
Guidone (XII), Geographica , 28 (citando Virgilio, Eneide, III, 400) e 67
Quanto finora riportato mostra la prevalenza della forma con una sola l negli autori greci, di quella con due nei latini e nella statistica globale. Per quanto riguarda la cronologia il primato spetta ai greci con Polibio, pur con tutti i limiti della tradizione indiretta di cui s’è detto. Se escludiamo Polibio, il conto, dal punto di vista cronologico, è pari, essendo dello stesso periodo Dionigi di Alicarnasso da una parte e Varrone, Virgilio e Sallustio dall’altra.
Conclusioni: Salentini e Sallentini appaiono entrambe forme corrette e in ambito scientifico l’uso dell’una o dell’altra potrebbe essere ispirato, più che dalla maggiore simpatia riservata alla cultura greca o a quella latina, dalle risultanze statistiche che fanno prevalere Sallentini su Salentini. Per questo motivo, se la voce dev’essere scomodata, mettiamo, per dare un nome latino ad una collana di pubblicazioni, potrebbe porsi, per esempio, il dilemma: la chiamiamo Sallentina fragmenta o Salentina fragmenta? Non sarei intellettualmente onesto se continuassi a spacciare tale dilemma come esempio e non come esperienza vissuta, nel senso che avevo optato per la seconda soluzione, quando non un illustre sconosciuto, ma Marcello Gaballo mi ha orientato verso la prima, obbligandomi, senza volerlo, a scrivere questo post (se nel leggerlo la noia è progressivamente montata, sapete con chi dovete prendervela …).
Tutt’altra piega ha preso, com’è noto, la voce nell’uso comune, in cui domina incontrastato Salentini, non certo, credo, per suggestione della forma greca ma per scempiamento di –ll– interpretato, forse, come una volgare geminazione, fenomeno che contraddistingue molti dialetti meridionali, in primis il salentino; e non mi riferisco solo al raddoppiamento della consonante iniziale: bbinìre (venire), bbitìre (vedere), etc. etc.
Così Sallentini, la forma filologicamente e storicamente (se riferita al mondo romano) più corretta, divenne un ricordo sempre più sbiadito, essa che aveva avuto un uso costante costante nelle pubblicazioni a stampa dalla sua invenzione fino al secolo XIX; di seguito due esempi: il frontespizio del manoscritto autografo dell’Atlante Sallentino di Giuseppe Pacelli (1803) custodito nella Biblioteca Marco Gatti di Manduria (MS. Rr/5) e quello di una pubblicazione del 1833.
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1 È creazione del tutto moderna, anzi contemporanea, il Sallentum nel quale ci si può imbattere: dal titolo di un libro o di una rivista,
alla proposta di uno stemma territoriale o a quello di un club,
e, per citare prodotti più volatili, il Salentum di una serie di deodoranti per l’ambiente e di un profumo per l’uomo dinamico e carismatico,
nonché, e poteva mancare?, il Salenzio di cui ho avuto già occasione di occuparmi in https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/12/16/tuttal-piu-me-lo-bevo-ma-non-me-la-bevo/.
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16 novembre, roma: donne & futurismo
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#art#arte#Claudio Crescentini#documentari#donne & futurismo#futurismo#Galleria d&039;Arte Moderna#Giulio Latini#Ida Mitrano#Lina Passalacqua#Silvana Editoriale
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Come l'Italia arma gli assassini di Giulio Regeni L’Italia arma gli assassini di Giulio Regeni. Incurante che quelle armi finiscono per rafforzare uno Stato di polizia che ha riempito le carceri di oppositori, che fa della tortura una pratica quotidiana. Questo è l’Egitto ai tempi del “faraone” al-Sisi. Pecunia non olet, dicevano i latini, anche se quell’olet è odore di morte. “Riteniamo gravissimo e offensivo che sia stata autorizzata la vendita di un così ampio arsenale di sistemi militari all'Egitto sia a fronte delle pesanti violazioni dei diritti umani da parte del governo di al- Sisi sia per la sua riluttanza a fare chiarezza sulla terribile uccisione di Giulio Regeni. Chiediamo al Governo di riferire il momento del rilascio di tali autorizzazioni per stabilirne la paternità e comunque di sospendere ogni trattativa di forniture militari in corso finché non sia stata fatta piena luce dalle autorità egiziane sulla morte di Regeni”. E’ questo il primo commento di Rete Italiana per il Disarmo e Rete della Pace ai dati aggregati dell’export militare italiano per il 2019... (...) i numeri evidenziano immediatamente alcune decisioni altamente problematiche. Il Paese destinatario del maggior numero di licenze risulta infatti essere l’Egitto con 871,7 milioni (derivanti in particolare dalla fornitura di 32 elicotteri prodotti da Leonardo spa) seguito dal Turkmenistan con 446,1 milioni (nel 2018 non era stato destinatario di alcuna licenza). Al terzo posto si colloca il Regno Unito con 419,1 milioni complessivi. (...) Per quanto riguarda le imprese, ai vertici della classifica delle autorizzazioni ricevute troviamo Leonardo Spa con il 58% seguita da Elettronica spa (5,5%), Calzoni srl (4,3%), Orizzonte Sistemi Navali (4,2%) e Iveco Defence Vehicles (4,1%). (...) “Continuiamo ad esportare armi verso Paesi autoritari o zone problematiche del mondo – dice a Globalist Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo -. Oltretutto, con scarsi ritorni, perché 3 miliardi di euro di esportazione reale sono meno del’1% dell’export complessivo italiano annuale. Dal Governo – sottolinea Vignarca – ci aspettiamo un cambio di rotta sia per quanto riguarda i Paesi destinatari che complessivamente: vogliamo che vengano sostenute produzioni civili e non favoriti affari armati”. Affari armati. Come quelli con l’Egitto di al-Sisi. Uno Stato di polizia in cui i “desaparecidos” si contano ormai a migliaia. E più della metà dei detenuti nelle carceri lo sono per motivi politici. Per contenerli, il governo ha dovuto costruire 19 nuove strutture carcerarie. Il generale-presidente esercita un potere che si ramifica in tutta la società attraverso l’esercito, la polizia, le bande paramilitari e i servizi segreti, i famigerati Mukhabarat, quasi sempre più di uno. ... recenti rapporti delle più autorevoli organizzazioni internazionali per i diritti umani, da Human Rights Watch ad Amnesty International, calcolano in oltre 60mila i detenuti politici (un numero pari all’intera popolazione carceraria italiana)... Le autorità egiziane tengono i detenuti minorenni insieme agli adulti, in violazione del diritto internazionale dei diritti umani. In alcuni casi, sono imprigionati in celle sovraffollate e non ricevono cibo in quantità sufficiente. Almeno due minorenni sono stati sottoposti a lunghi periodi di isolamento. Un quadro agghiacciante è quello che emerge da un recente rapporto di Amnesty International. “Le autorità egiziane hanno sottoposto minorenni a orribili violazioni dei diritti umani come la tortura, la detenzione in isolamento per lunghi periodi di tempo e la sparizione forzata per periodi anche di sette mesi, dimostrando in questo modo un disprezzo assolutamente vergognoso per i diritti dei minori” (...) Armare il “faraone” è un insulto alla memoria di Giulio e dei tanti egiziani che come lui sono scomodi al regime. Tanto scomodi da essere eliminati. di Umberto De Giovannangeli
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🇮🇹 I latini dicevano che "repetita iuvant" - ripetere fa bene. Lo spero. Altrimenti, caro Giulio Cesare, verrò a cercarti! 🤪🏃🏻 ° 🇬🇧 Latins were used to say that "repetita iuvant" - repeating is good. I hope so. Or I'll come to look for you, dear Julius Caesar! 🤪🏃 ° ° ° ° ° #IoCorroQui #RunLovers #RunLoversTeam #BeyondExpectations #OneDegreeBeyond #361Degrees #361Ambassador #Charlene_42K #SheepaPower (presso Pista Ciclabile Sassarese) https://www.instagram.com/p/B8wyLT_K-aZ/?igshid=1eij8jum8jm3p
#iocorroqui#runlovers#runloversteam#beyondexpectations#onedegreebeyond#361degrees#361ambassador#charlene_42k#sheepapower
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I druidi. Le fonti: il problema principale
I DRUIDI LE FONTI: IL PROBLEMA PRINCIPALE
Le fonti sonoiì il cemento armato della stroia solo attraverso i documenti è possibile tentare di ricostruire il passato in modo obiettivo. Per l'universo celtico le fonti sono sostanzialmente di tre tipi: quelle archeologiche, gli scriti provenienti dagli autori greci e latini e quelle che giungono dall'evoluzione delle idee sulla cultura dei Celti. Queste ultime, basate su speculazioni scaturite tra il XVII e il XIX secolo, sono divenute in breve materiale di riferimento non solo per gli studiosi ma anche per gli scrittori, e in seguito si sono sviluppate in forme di folklore diffuse a vari livelli. Per i druidi, le fonti di riferimento più concrete sono le memorie lasciateci dagli autori classici che, spesso, non hanno contestualizzato con precisione i soggetti delle loro descrizioni, lasciando eccessivo spazio alle tradizioni. Una fonte più recente sui druidi, è costituita dai testi dei maggiori registri irlandesi che come afferma T. Jigourel, <<per la maggior parte provenivano dall'antica classe dei File. membri della classe sacerdotale druidica, convertiti in massa alla nuova religione senza che vi fosse stata rottura totale con l'antica. Questi strani monaci ritrassero con storie, solo in apparenza cristianizzate, l'essenziale della dottrina druidica d'Irlanda, quindi il ramo gaelico della società>>. Non bisogna dimenticare che la trascrizione della tradizione religiosa indigena ebbe inizio, in Irlanda, a partire dal VI secolo d.C:; e la produzione di testi narrativi di una certa ampiezza ebbe inizio all'incierca tra il VII e l'VIII secolo, vale a dire con un periodo in cui le popolazioni autoctone erano state già cristianizzate. La scelta di druidi di rinunciare alla scrittura come mezzo di trasmissione delle loro conoscenze, utilizzandola solo per comunicazioni burocratico-amministrative, ha reso particolarmente difficile una definizione oggettiva di molti aspetti della cultura druidica. Giulio Cesare: <<I druidi non partecipano alle guerre, vi pagano i tributi come glia altri, sono esenti dal servizio militare e da ogni altro gravame. Attirati da così grandi privilegi, molti giovani di propria volontà si recano da loro per esserne discepoli e molti sono mandati dai genitori e dai parenti. Da loro, a quanto pare, debbono imparare a memoria un gran numero di versi per molti il tempo del noviziato dura venti anni. Non ritengo lecito scriveva i loro sacri precetti, invece per gli altri affari, sia pubblici che privati, usano l'alfabeto greco. Mi sembra che due siano le ragioni per le quali i druidi evitano la scrittura: prima di tutto perché non vogliono che le norme che regoolano la loro organizzazione siano risapute dal volgo, poi perché i discepoli non le studino con minore diligenza, confidando negli scritti. Va osservato che, affiandosi agli autori greci e latini, non si avrà mai modo di comprendere con la dovuta lucidità la mentalità dei Celti e dei loro sacerdoti. Osservando le fonti, bisogna quindi conemplare la possibilità che i documenti riflettano sotrattutto <<il modo di pensare i druidi>> da parte degli autori classici. La prima. è caratterizzata prevalentemente dalla visione tipica del <<geografo>> antico, in cui prevalgono osservazioni di tipo empirico, che di conseguenza danno un certo sapzio all'aneddotica e all'osservazione del costume. La seconda è invece orientata a fornire immagini idealizzate, per cui i druidi sono con frequenza connessi all'universo della filosofia pitagorico-alessandrina. Le testimonianze del primo tipo sono quelle che hanno incontrato maggiore eco fin dal loro apparire, per la ricchezza delle immagini facilmente assimilabili alla mitologia. gli autori che hanno lasciato maggiori informazioni sui druidi, in partcolare Giulio Cesare, Diodoro Siculo e Strabone, si sono rifatti a un'opera di Posidonio (135-55 a.C.).
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Fondazione Teatro Metastasio. Stagione 2017/18
Fondazione Teatro Metastasio. Stagione 2017/18
Presentato il Cartellone autunno-invernale dei teatri di Prato, tra nuova drammaturgia ed eterni ritorni. (more…)
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#Alex Rigola#Bruno Stori#Eros Pagni#Giulio Tolcachir#Gli Omini#I sacchi di sabbia#Konstantin Bogomolov#Lombardi-Tiezzi#Luca De Fusco#Massimiliano Civica#Peter Stein#Roberto Latini#Saverio La Ruina#Stagione teatrale 2017/18#Tindaro Granata#Valerio Binasco
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"Brouzet Blues Band" New Orleans MARDI" GRAS Funk Fest La serata e' dedicata alla musica di New Orleans ed al Carnevale della citta' o Mardi' Gras Fest. Il ritmo funk, blues e swing unito ai colori latini. I brani sono tutti originali piu' alcuni tradizionali di New Orleans e del blues. Tutti i musicisti della band hanno collaborato e suonato negli Usa, l'armonicista Giulio Brouzet ha suonato al Blues Festival 2016 di Chicago, insegna armonica a bocca presso il Conservatorio di Milano con Ass. Cpsm e al Carcere di San Vittore. band Giulio Brouzet: armonica Giuseppe Roccazzella: chitarra/basso Michele Spandri: chitarra Elia Micheletto: batteria in streaming su: http://www.ustream.tv/channel/harmonica-workshop
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