#Garfagnana medievale
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🏔️ IL PONTE MAGGIO. LUCCA Il Ponte Maggio è un antico ponte situato nel comune di Bagni di Lucca, in Toscana, una zona nota per i suoi paesaggi pittoreschi e le sue terme naturali. Questo ponte, che attraversa il fiume Lima, rappresenta un importante esempio di architettura medievale, e risale probabilmente al periodo tra il XIII e il XIV secolo. **Storia**: Costruito per collegare i villaggi e i borghi della valle, il Ponte Maggio era una via di passaggio fondamentale per i commercianti e i pellegrini che attraversavano l'Appennino. La sua struttura ad arco in pietra riflette le tecniche costruttive dell'epoca, con un design robusto per resistere alle piene del fiume e alle difficili condizioni atmosferiche. **Significato Locale**: Nella tradizione popolare, il Ponte Maggio ha un significato importante. È spesso associato a storie e leggende del passato, simili a quelle di altri ponti medievali toscani, dove l'ingegno umano si mescola con il soprannaturale. Pur non essendo famoso come il vicino Ponte del Diavolo a Borgo a Mozzano, il Ponte Maggio ha mantenuto un fascino particolare per i visitatori che amano scoprire le gemme nascoste del territorio toscano. **Turismo**: Oggi, il ponte è una meta suggestiva per chi visita Bagni di Lucca, soprattutto per gli amanti del trekking e delle passeggiate nella natura. L'area circostante offre un'atmosfera tranquilla e rilassante, con sentieri che si snodano tra colline boscose, ideali per esplorare la bellezza incontaminata della Garfagnana. Il Ponte Maggio è un simbolo di resistenza e di collegamento, non solo fisico ma anche culturale, tra le diverse comunità della valle. Visitare questo luogo significa fare un salto indietro nel tempo, in un'epoca in cui la natura e l'architettura si fondevano armoniosamente. 🇬🇧 The Ponte Maggio is an ancient bridge located in the municipality of Bagni di Lucca, in Tuscany, an area known for its picturesque landscapes and natural thermal baths. This bridge, which crosses the Lima River, is an important example of medieval architecture and probably dates back to the 13th or 14th century. **History**: Built to connect villages and hamlets in the valley, Ponte Maggio was a crucial passageway for merchants and pilgrims crossing the Apennines. Its stone arch structure reflects the construction techniques of the time, designed to be robust enough to withstand the river's floods and harsh weather conditions. **Local Significance**: In popular tradition, Ponte Maggio holds significant meaning. It is often associated with stories and legends from the past, similar to those of other Tuscan medieval bridges, where human ingenuity is intertwined with the supernatural. Although not as famous as the nearby Devil's Bridge in Borgo a Mozzano, Ponte Maggio has maintained a unique charm for visitors who enjoy discovering hidden gems in the Tuscan countryside. **Tourism**: Today, the bridge is a charming destination for those visiting Bagni di Lucca, especially for hiking enthusiasts and nature lovers. The surrounding area offers a peaceful and relaxing atmosphere, with trails winding through wooded hills, perfect for exploring the unspoiled beauty of the Garfagnana region. Ponte Maggio is a symbol of resilience and connection, not only physically but also culturally, linking the various communities in the valley. Visiting this place means taking a step back in time to an era where nature and architecture harmoniously blended together.
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"Castelnuovo di Garfagnana, un tesoro da scoprire tra le Colline Toscane" di Riccardo Rescio
Castelnuovo di Garfagnana vanta una storia ricca e affascinante che risale all’epoca medievale. Fondata intorno al X secolo, la città ha giocato un ruolo importante nelle lotte tra le città-stato toscane.Tra i monumenti più significativi di Castelnuovo di Garfagnana spicca la maestosa Rocca Ariostesca, un’imponente fortezza medievale che domina il paesaggio circostante.Altri luoghi di interesse…
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Festa Medievale 2018, Castiglione di garfagnana (LU), agosto 2018 #instagood #photooftheday #beautiful #brutteabitudini #travelgram #amazing #amazingplace #nofilterneeded #nofilter #landscape #landscape_lovers #instatravel #landscapephotography #igers #igtravel #ig_captures #ig_worldclub #wanderlust #huaweitalent #huawei #huaweip20pro #smartphone #smartphonephotography #castiglionedigarfagnana #garfagnana #blackandwhite #blackandwhitephotography #blackandwhitephoto #festamedievale #festamedievale2k18 (presso Castiglione di Garfagnana)
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Questa sera per il #betuscan torniamo in montagna in uno dei luoghi più suggestivi di tutta la Lucchesia per bellezza e magia. Si parla di Isola Santa, un piccolo borgo d'epoca medievale, utilizzato come ospizio per la gente di passaggio, sito nel mezzo delle #Alpi #Apuane, che collegava (e collega tuttora) la Garfagnana con la Versilia. Abbandonato da tempo, è tornato in auge, grazie alla ristrutturazione in albergo. A rendere ancora più magica l'atmosfera, una chiesetta, dedicata a S.Jacopo, spicca tra le casette in roccia che riflettono sulle acque del lago artificiale creato dalle acque del fiume Turrite, che tra l'altro sommerge parte del villaggio. Studi archeologici fatti in loco hanno portato al ritrovamento di insediamenti risalenti al Paleolitico e Mesolitico. Non rimane che augurarVi buona passeggiata! Foto e testo di @mastro.geppetto per #betuscan #igersitalia #igerstoscana #igerslucca#toscana #toscano #tuscany #toskana#toscan #托斯卡纳 #توسكانا #トスカーナ#instatuscany #visittuscany #tuscanygram #lucca http://ift.tt/2p7ufb1
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Se si parla di panorami italiani, toccherà fare una tappa in Toscana. Per evitare di intasare la classifica, abbiamo raccolto due (dei tanti) scorci diversi che abbracciano con lo sguardo le celebri verdi colline. Il primo è quello singolare sulla Val d'Orcia, che si gode dal giardino di Palazzo Piccolomini a Pienza. Dopo un doveroso giro al suo interno, addentro la cultura e architettura toscane, si approda al fascinoso giardino di stampo umanista, e ad un panorama da cartolina sulla valle. Il secondo punto è quello che si ha salendo sulla Torre Guinigi di Lucca. Un'affascinante veduta che accoglie in un sol sguardo le colline della Garfagnana e la medievale città toscana, conservata nel suo antico fascino come fosse in una teca.
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Se si parla di panorami italiani, toccherà fare una tappa in Toscana. Per evitare di intasare la classifica, abbiamo raccolto due (dei tanti) scorci diversi che abbracciano con lo sguardo le celebri verdi colline. Il primo è quello singolare sulla Val d'Orcia, che si gode dal giardino di Palazzo Piccolomini a Pienza. Dopo un doveroso giro al suo interno, addentro la cultura e architettura toscane, si approda al fascinoso giardino di stampo umanista, e ad un panorama da cartolina sulla valle. Il secondo punto è quello che si ha salendo sulla Torre Guinigi di Lucca. Un'affascinante veduta che accoglie in un sol sguardo le colline della Garfagnana e la medievale città toscana, conservata nel suo antico fascino come fosse in una teca.
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Esiste a Vagli un paese sommerso da milioni di metri cubi d’acqua e tra poco potrebbe tornare alla luce. La notizia è stata confermata da Lorenza Giorgi, figlia dell’ex sindaco di Vagli Domenico Giorgi, primo cittadino all’epoca dell’ultimo svuotamento del lago, datato 1994. Lì, dove un tempo sorgeva il paese dimenticato, ora c’è il lago di Vagli, uno specchio d’acqua artificiale formatosi in seguito allo sbarramento del Torrente Edron e alla costruzione della diga idroelettrica, i cui lavori sono cominciati nel 1941. Le acque del lago a quei tempi salirono di livello fino a superare i 90 metri sommergendo i borghi di Pantano, Piari e Fabbriche di Careggine. Gli abitanti di quei territori furono costretti ad abbandonare le città, inglobate nel lago, per non farvi più ritorno. Nel corso degli anni, il lago è stata svuotato per motivi di manutenzione e in passato, i cittadini dei territori circostanti, hanno potuto ammirare le rovine di Fabbriche di Careggine, il paese medievale ormai dimenticato e mai conosciuto dalle nuove generazioni, se non attraverso i racconti e i ricordi degli altri. Una leggenda popolare vuole che, proprio in occasione di questa straordinaria attività, gli antichi abitanti facciano ritorno alle loro dimore per celebrare la vita di un tempo. Dal 1994 non sono stati più effettuati svuotamenti del lago, l’ultimo infatti risale proprio a quello voluto dal sindaco Giorgi. In una recente dichiarazione da parte della figlia dell’ex primo cittadino è emersa però la volontà di voler svuotare il lago nel 2021, un evento questo che riporterebbe alla luce i segni di una comunità esistita realmente e che porterebbe con sé l’entusiasmo di molti. L’ultima volta che il lago è stato svuotato gli abitanti dei territori circostanti, sono accorsi ad ammirare la città perduta. Oltre un milione di persone infatti raggiunsero Garfagnana per visitare Fabbriche di Careggine e per rivivere in qualche modo la magia di questo ritorno inaspettato. Manca solo la conferma da parte dell’Enel, azienda responsabile della manutenzione del bacino d’acqua. E ora che potrebbe succedere di nuovo, dopo 27 anni, sono tutti in attesa di scoprire le meraviglie al di sotto del lago per osservare, ancora una volta, i resti del paese sommerso. Lago di Vagli – Fonte iStock https://ift.tt/35OajPe Vagli: il paese sommerso potrebbe ritornare alla luce dopo 27 anni Esiste a Vagli un paese sommerso da milioni di metri cubi d’acqua e tra poco potrebbe tornare alla luce. La notizia è stata confermata da Lorenza Giorgi, figlia dell’ex sindaco di Vagli Domenico Giorgi, primo cittadino all’epoca dell’ultimo svuotamento del lago, datato 1994. Lì, dove un tempo sorgeva il paese dimenticato, ora c’è il lago di Vagli, uno specchio d’acqua artificiale formatosi in seguito allo sbarramento del Torrente Edron e alla costruzione della diga idroelettrica, i cui lavori sono cominciati nel 1941. Le acque del lago a quei tempi salirono di livello fino a superare i 90 metri sommergendo i borghi di Pantano, Piari e Fabbriche di Careggine. Gli abitanti di quei territori furono costretti ad abbandonare le città, inglobate nel lago, per non farvi più ritorno. Nel corso degli anni, il lago è stata svuotato per motivi di manutenzione e in passato, i cittadini dei territori circostanti, hanno potuto ammirare le rovine di Fabbriche di Careggine, il paese medievale ormai dimenticato e mai conosciuto dalle nuove generazioni, se non attraverso i racconti e i ricordi degli altri. Una leggenda popolare vuole che, proprio in occasione di questa straordinaria attività, gli antichi abitanti facciano ritorno alle loro dimore per celebrare la vita di un tempo. Dal 1994 non sono stati più effettuati svuotamenti del lago, l’ultimo infatti risale proprio a quello voluto dal sindaco Giorgi. In una recente dichiarazione da parte della figlia dell’ex primo cittadino è emersa però la volontà di voler svuotare il lago nel 2021, un evento questo che riporterebbe alla luce i segni di una comunità esistita realmente e che porterebbe con sé l’entusiasmo di molti. L’ultima volta che il lago è stato svuotato gli abitanti dei territori circostanti, sono accorsi ad ammirare la città perduta. Oltre un milione di persone infatti raggiunsero Garfagnana per visitare Fabbriche di Careggine e per rivivere in qualche modo la magia di questo ritorno inaspettato. Manca solo la conferma da parte dell’Enel, azienda responsabile della manutenzione del bacino d’acqua. E ora che potrebbe succedere di nuovo, dopo 27 anni, sono tutti in attesa di scoprire le meraviglie al di sotto del lago per osservare, ancora una volta, i resti del paese sommerso. Lago di Vagli – Fonte iStock Il paese sommerso di Fabbriche di Careggine potrebbe presto tornare alla luce. Lo svuotamento del lago di Vagli è previsto per il 2021.
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#Lucca @ig_italia 📷@maxlazzi 📍#lucca ⠀ Visitare Lucca significa fare un viaggio indietro del tempo e catapultarsi al medioevo. È la città che più di tutte ha mantenuto intatto il suo impianto medievale: le meraviglie custodite dalle possenti mura, ovvero le chiese, le mura, le torri e i chiostri, i palazzi in pietra dai tetti rossi di terracotta. sono rimaste pressoché invariate nel corso del tempo. Circondata dalle Alpi Apuane e dalla Garfagnana, la città toscana è una continua meraviglia da scoprire a piedi o in bici. Nonostante sembri una piccola città, avrete bisogno di almeno un weekend per visitarla, le cose da vedere sono tantissime, non dimenticate che è conosciuta anche come la città delle 100 chiese. Abbiamo realizzato una utile guida a cosa vedere assolutamente nel vostro prossimo viaggio a Lucca. Il modo migliore per vedere Lucca è passeggiando lungo le mura cinquecentesche che circondando il centro storico della città. Lungo il percorso di circa 4 km avrete modo di ammirare dall'alto gli antichi palazzi, le chiese e i monumenti della città e, all'esterno dele mura le immense distese di verde. La visita alla città non può che iniziare dalla sua piazza simbolo, Piazza dell’Anfiteatro, la bellissima piazza ellittica che sorge su quella che era un enorme anfiteatro romano i cui resti sono ancora visibili. Raggiungete il Duomo di Lucca, la Cattedrale di San Martino, una meraviglia in stile romanico che vale assolutamente una sosta. Giunti nei pressi della chiesa noterete di certo una asimmetria della facciata, è dovuto all'adattameneto della chiesa alla torre già preesistente. L'interno della chiesa custodisce il sarcofago di Ilaria Del Carretto, capolavoro di Jacopo della Quercia e l'Ultima cena del Tintoretto. ⠀ (en Lucca, Italy) https://www.instagram.com/p/B45JqRdAgQS/?igshid=1s60824cjnq7x
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Tra Villafranca Lunigiana, situata lungo la via Francigena, e Bagnone, in Toscana, arroccato su un colle in posizione strategica, sorge il Castello Malaspina di Malgrate, borgo medievale tra più della Lunigiana.
Caratteristica la sua torre cilindrica alta ben 25 metri, che da secoli domina la valle del fiume Bagnone e le importanti vie di comunicazione appenniniche, della Garfagnana e della Cisa. Anche se le sue origini sono molto probabilmente anteriori, il castello si sviluppò verso la metà del 1200, con la nascita del feudo indipendente nato dalla frammentazione dinastica dei marchesi Malaspina di Filattiera, diventando nel 1351 residenza del signore feudale; è di questi anni la costruzione del primo nucleo del castello costituito dalla torre anzidetta, oltre al contiguo edificio fortificato a pianta rettangolare.
Nel 1615, il Castello passò governatore spagnolo di Pontremoli e nel 1641 ai Marchesi Ariberti di Cremona che lo trasformarono in un’ elegante residenza signorile. Nonostante ciò, l’aspetto del Castello di Malgrate è rimasto quello della classica fortificazione medievale, con cinta muraria a forma di trapezio, con merlatura guelfa e mura scarpate, torrette sporgenti agli angoli, torre-mastio centrale, feritoie e camminamento di ronda. Di recente Il Castello di Malgrate è stato oggetto di un’ accurata restaurazione e vi è il progetto in futuro di farne la struttura ospitante la banca dati informatizzata dei beni culturali della Lunigiana.
In questo scenografico contesto territoriale e culturale, Great Estate offre la possibilità di acquistare un magnifico borgo, situato a pochissimi chilometri da Villafranca, ed in posizione panoramica ed aperta: “ Il Borgo Delle Rose “; il complesso in origine era un antico borgo agro-silvi-pastorale di fine medioevo, situato lungo la viabilità così da collegare i vari agglomerati ubicati sul territorio lunigianese. Ad oggi quell’ antico e caratteristico borgo è stato totalmente e perfettamente ristrutturato, dando vita appunto a ” Il Borgo delle Rose”, un nuovo complesso residenziale formato da 8 unità immobiliari, ciascuna delle quali gode di ca. 4000 mq di giardino privato, ( è stata prevista la possibilità di realizzare una piscina di circa 60 mq. i cui costi, quanto a progettazione e realizzazione, sono stati calcolati in circa € 70.000 ). Internamente gli 8 appartamenti sono tutti dotati di caminetto; hanno solai in legno di castagno, infissi anch’ essi in legno, e pavimenti in cotto. Il riscaldamento di ognuno è autonomo, con serbatoio di gpl. La location dello splendido ” Il Borgo delle Rose”, è particolarmente vantaggiosa; innanzitutto è molto panoramica, in quanto il complesso residenziale è situato a ben 500 metri di altezza, dal quale dunque è possibile ammirare la fantastica campagna della Lunigiana! Inoltre zone turistiche molto rinomate ed apprezzate, quali le 5 terre, e le spiagge di Lerici distano soltanto una mezz’ ora d’ auto. Proprio questa peculiarità, rende ” Il Borgo delle Rose”, particolarmente adatto ad un uso turistico-ricettivo, quale ad esempio B&B o Casa Vacanze!
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Il Borgo Delle Rose – Codice: csge3173 – Prezzo: € 700.000
Il Castello di Malgrate in Lunigiana e Il Borgo Delle Rose proposto in vendita da Great Estate Tra Villafranca Lunigiana, situata lungo la via Francigena, e Bagnone, in Toscana, arroccato su un colle in posizione strategica, sorge il…
#5 terre#8 unità abitative#b&b#bagnone#borgo medievale#borgo ristrutturato#casa vacanze#castello di malgrate#csge3173#giardino#great estate#il borgo delle rose#location panoramica#possibilità di realizzare una piscina#residenza feudale#residenza signorile#spiagge di lerici#torre cilindrica#via francigena#villafranca lunigiana
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L'epico medioevo: famiglie, guerre, alleanze
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L'epico medioevo: famiglie, guerre, alleanze
Sarò subito chiaro fin dall’inizio con il mio caro lettore, l’argomento che affronteremo riguarda la Garfagnana medievale, e la storia medievale come ben si sa, in barba agli insigni storici pluri laureati, e di una noia terribile, sopratutto se spiegata così: “Rispetto al passato, ora si fa un uso più consapevole di termini quali “feudalesimo”, “signoria” e “territorialità” per illuminare l’enorme complessità dei veri rapporti di potere. La questione dell’incastellamento rientra perfettamente nella dinamica discussa. Il risultato è un quadro interpretativo estremamente efficace come modello globale, sebbene di per sé sia ormai troppo complesso per tenerlo a mente nella sua interezza per più di pochi minuti”
Cosa, che, come ??? Per l’amor di Dio, tanto di cappello all’illustre professore che avrà affrontato così il tema della Garfagnana medievale a un folto pubblico di altrettanti illustri professori; ma la storia, se si vuole che la gente “comune” si appassioni anche al proprio passato va esposta in maniera totalmente diversa, specialmente su argomenti che hanno una maggior difficoltà di comprensione. Si, perchè il medioevo era un intersecarsi di famiglie, discendenze, guerre, alleanze in cui uno difficilmente riesce a raccapezzarsi. Basta guardare la Garfagnana…Gherardinghi, Suffredinghi, Rolandinghi… no, non è uno scioglilingua, erano le potenti famiglie medievali che avevano in mano tutta la valle. Insomma, capirete voi… comunque niente spavento, proverò a raccontarla io, alla mia maniera, un po’ di storia medievale garfagnina… con una raccomandazione però, non fate leggere questo articolo a qualche storico che “qui novit omnia” (ovverosia: che tutto sa), toglierebbe l’amicizia a voi e a me taccerebbe di superficialità e faciloneria (però alla fine qualcosina avrete capito)…
La rocca di Trassilico (foto di Daniele Saisi)
Comunque sia; siamo in quei tempi che il valore della persona si misurava con la forza, la Garfagnana medievale era la mecca ideale per ogni avventuriero, d’altra parte i Longobardi erano caduti e la definitiva vittoria dei Franchi, nuovi regnati d’Italia, aprì nuovi scenari in tutta la Valle del Serchio (e in Italia in genere), ecco che allora per la prima volta la Garfagnana venne divisa in svariati territori con al comando potenti famiglie feudali comandate da personaggi come Gherardo di Gottifredo, dal quale derivano appunti i Gherardinghi, signori di Verrucole; Vinildo di Froalmo signore di Careggine; Ugolinello capostipite dei nobili di San Michele; tal Donnuccio dei Porcaresi signore di Trassilico e un non meglio identificato Cellabarotti signorotto con possedimenti in Castelnuovo, questi (insieme ad altri) faranno il bello e cattivo tempo in Garfagnana. “I lor” signori arrivarono un po’ tutti alla spicciolata fra il settecento e l’anno mille, videro che qui c’era “buono” e dissero -C’è mio !!!- , spesso non dissero nemmeno niente e in maniera spiccia istituirono posti di blocco, pretesero obbedienza e imposero pedaggi, gabelle e contributi e… il garfagnino? Il garfagnino provò ad alzare la cresta… e il risultato? Nessuno, prevaleva la legge del più forte, pagare e silenzio, così il solco fra la misera gente e il potente di turno diventava sempre più profondo: il signorotto chiuso nel suo castello e “il povero Cristo” a patire la fame.
Castiglione Garfagnana
Dal castello allo stemma il passo fu breve e quindi ogni stemma un castello e una storia diversa, anche se in linea di massima l’aspirazione di ogni feudatario locale era quella di non avere contatti con il prossimo, se non unicamente in funzione di difesa; difatti in mancanza di guerra le occupazioni maggiori di queste famiglie erano sostanzialmente tre: la caccia (lo svago preferito), la “pappatoria” e…la riscossione dei tributi. A rompere le uova nel paniere ai signorotti ci pensò Federico Barbarossa: il feudalesimo quello piccolo e spiccio era in crisi, l’imperatore aveva spazzato via tutti i potenti di Toscana, era il tempo delle riforme, il Papa rivendicava le sue terre e lui aspirava a un impero universale conteso proprio al papato stesso …Insomma era venuto il tempo di affilare le armi, non per la caccia stavolta, ora bisognava affilarle per le guerre.
Fortezza di Mont’Alfonso Castelnuovo Garfagnana (tratta da serchioindiretta.it)
il castello di Gallicano
La rocca di Camporgiano
D’altronde la Garfagnana era un boccone ghiotto, stretta fra due catene di montagne era, ed è un orto chiuso e stuzzicava desideri di conquista, ed ecco allora che dalle montagne circostanti come lupi famelici si affacciarono i modenesi, i lucchesi e perfino da Pisa e da Firenze si scomodarono, non sembravano però venuti in vacanza, infatti il problema è che tutti questi erano armati fino ai denti, dapprima però un po’ tutti fecero gli gnorri e poi con la solita scusa vecchia di milioni di anni: “siamo venuti per proteggere… (o sennò salvare, o al limite vendicare…)”, giù botte da orbi, se poi durante la guerra capitava qualcosa da mettere “al sicuro” che male c’era, un souvenir non si rifiutava mai, uno rubava e l’altro parava il sacco. E chi la faceva la guerra per difendere il proprio castello? Direte voi l’esercito con a capo il signorotto locale…giusto per metà…bisognava infatti vedere l’esercito da chi era composto. L’esercito era fatto dalla gente comune che abitava all’interno del feudo, d’altra parte se i signori del luogo permettevano ai cittadini di abitare dentro le mura del proprio castello per proteggersi, dall’altra gli stessi cittadini dovevano ricambiare con un servizio di leva obbligatorio, che in barba al servizio militare odierno poteva arrivare anche con l’obbligo di guerreggiare fino al settantesimo anno d’età. In caso di guerra bella tosta allora ci si rivolgeva ai mercenari, ma quelli costavano e il popolo la guerra la faceva gratis. Sicuramente i Gherardinghi (signori di San Romano, Naggio, Vibbiana, Pontecosi, Sillico e chi più ne ha ne metta…) non ne fecero uso intorno al 1170, quando tali signorotti si scocciarono dei lucchesi e preferirono ad essi i pisani; la pronta minaccia dei lucchesi di demolire castelli e casati ribelli fece ben presto ritornare sui suoi passi la nobile famiglia che in men che non si dica giurò stabile fedeltà alla città delle mura ottenendone così anche il perdono. Se magari si fosse speso qualche soldino il destino (forse) sarebbe stato diverso. I mercenari , o meglio i soldati di ventura di scrupoli ne avevano pochi e combattevano esclusivamente per il bottino conquistato e per soldi, il tutto era regolamentato da cotanto contratto, dove si stabiliva i termini d’ingaggio: il numero dei soldati da assumere e anche la durata dell’impegno.
San Michele (foto di Davide Papalini)
Per capirsi bene oramai la guerra in Garfagnana era diventata un occupazione alla stregua del come andar per funghi e le nobili casate garfagnine secondo le convenienze sia alleavano a destra o a manca come se niente fosse, fulgido esempio i Suffredinghi, loro possedevano un vasto territorio che comprendeva la Cune, Chifenti, Borgo a Mozzano, Fornoli, Corsagna e arrivava ad avere possedimenti fino a Gorfigliano e Careggine e giustappunto per continuare a mantenere la loro egemonia su tali terre dovevano appoggiarsi a dei potentati ben più forti che loro stessi e allora ci si “imbarcava” in guerre sanguinarie come quella fra Lucca e Pisa, una guerra che protrasse per tutto il XII secolo e che nel 1149 li vide protagonisti insieme ai lucchesi all’assedio del castello di Vorno presieduto dai pisani, dopo otto mesi d’assedio finalmente la tanto sospirata vittoria che portò a radere al suolo il castello…
Isola Santa villaggio medievale
Nel 1170, gli equilibri erano cambiati e come banderuole al vento ecco che i Suffredinghi si alleano con Pisa nella difesa del castello di Castiglione posseduto a sua volta dai Gherardinghi suddetti, in sostanza sfido chiunque a capirci qualcosa, quello che però è evidente (e che ha poco bisogno di comprensione) è il capire che queste guerre erano veramente cruente, violente e spietate, basta vedere le armi con cui venivano combattute. L’arma più importante era la spada, compagna fedele più che di una moglie, tant’è che veniva tramandata da generazione in generazione ed era sostanzialmente lo strumento che ti poteva salvare la vita, subì importanti modifiche con il correre degli anni e se prima era larga e a doppio taglio, nel tempo e con il diffondersi di armature più spesse divennero lunghe sottili in modo che potessero penetrare nelle fenditure delle armature stesse. In questi ci si poteva difendere con lo scudo, che oltre a parare i colpi era un segno distintivo, dal momento che sopra vi erano disegnati i simboli del casato o il simbolo del cavaliere. Micidiale era la balestra, precisa, potente, usata sopratutto all’interno dei castelli, anche l’arco era una terribile arma, la sua freccia poteva essere scagliata fino a trecento metri di distanza e perforare tranquillamente una corazza di maglia, gli arcieri erano dei veri e propri atleti, scoccare una freccia richiedeva forza e l’allenamento doveva essere costante, l’arciere poi era tenuto in grande considerazione poichè non potendo portare lo scudo era il bersaglio preferito degli avversari. Diciamo che queste elencate erano armi professionali, ma come abbiamo letto spesso (e non volentieri) combatteva anche la gente comune che abitava all’interno del castello e allora il garfagnin-soldato si armava con quello che trovano per casa e la scure (o il pennato) che normalmente era adibita al taglio della legna per il fuoco di casa si trasformava in arma micidiale, così come la mazza che aveva la potenza di sfondare armature e sopratutto di aprire teste come noci di cocco.
Ci sarebbe ancora tanto da raccontare e le vicende del medioevo garfagnino naturalmente non si limitano a queste “due righe”, il discorso è molto più ampio e (se ben illustrato) affascinante, ma l’aver dato le luci della ribalta a questo periodo storico poco amato e complesso farà sicuramente si, che qualche lettore si appassioni a queste periodo storico poco conosciuto e questo per me sarà come aver vinto la più grossa battaglia che qualsiasi altro cavaliere in arme possa aver vinto nel lontano medioevo.
Bibliografia
“Castelli, rocche e fortezze narrano la storia della Garfagnana” Gian Mirola
Savigni, Raffaele (2010) L’incastellamento in Garfagnana nel Medioevo: castelli signorili, villaggi fortificati e fortezze. In: Architettura militare e governo in Garfagnana. Atti del Convegno tenuto a Castelnuovo di Garfagnana, Rocca ariostesca, 13 e 14 settembre 2009. Biblioteca / Deputazione di storia patria per le antiche provincie modenesi. Nuova serie (187). Aedes Muratoriana, Modena, pp. 7-51.
#feudalesimo#Garfagnana medievale#Gherardinghi#Gherardo di Gottifredo#medioevo#Rolandinghi#storia medievale#Suffredinghi#Vinildo di Froalmo
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L'epico medioevo: famiglie, guerre, alleanze
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L'epico medioevo: famiglie, guerre, alleanze
Sarò subito chiaro fin dall’inizio con il mio caro lettore, l’argomento che affronteremo riguarda la Garfagnana medievale, e la storia medievale come ben si sa, in barba agli insigni storici pluri laureati, e di una noia terribile, sopratutto se spiegata così: “Rispetto al passato, ora si fa un uso più consapevole di termini quali “feudalesimo”, “signoria” e “territorialità” per illuminare l’enorme complessità dei veri rapporti di potere. La questione dell’incastellamento rientra perfettamente nella dinamica discussa. Il risultato è un quadro interpretativo estremamente efficace come modello globale, sebbene di per sé sia ormai troppo complesso per tenerlo a mente nella sua interezza per più di pochi minuti”
Fortezza delle Verrucole
Cosa, che, come ??? Per l’amor di Dio, tanto di cappello all’illustre professore che avrà affrontato così il tema della Garfagnana medievale a un folto pubblico di altrettanti illustri professori; ma la storia, se si vuole che la gente “comune” si appassioni anche al proprio passato va esposta in maniera totalmente diversa, specialmente su argomenti che hanno una maggior difficoltà di comprensione. Si, perchè il medioevo era un intersecarsi di famiglie, discendenze, guerre, alleanze in cui uno difficilmente riesce a raccapezzarsi. Basta guardare la Garfagnana…Gherardinghi, Suffredinghi, Rolandinghi… no, non è uno scioglilingua, erano le potenti famiglie medievali che avevano in mano tutta la valle. Insomma, capirete voi… comunque niente spavento, proverò a raccontarla io, alla mia maniera, un po’ di storia medievale garfagnina… con una raccomandazione però, non fate leggere questo articolo a qualche storico che “qui novit omnia” (ovverosia: che tutto sa), toglierebbe l’amicizia a voi e a me taccerebbe di superficialità e faciloneria (però alla fine qualcosina avrete capito)…
La rocca di Trassilico (foto di Daniele Saisi)
Comunque sia; siamo in quei tempi che il valore della persona si misurava con la forza, la Garfagnana medievale era la mecca ideale per ogni avventuriero, d’altra parte i Longobardi erano caduti e la definitiva vittoria dei Franchi, nuovi regnati d’Italia, aprì nuovi scenari in tutta la Valle del Serchio (e in Italia in genere), ecco che allora per la prima volta la Garfagnana venne divisa in svariati territori con al comando potenti famiglie feudali comandate da personaggi come Gherardo di Gottifredo, dal quale derivano appunti i Gherardinghi, signori di Verrucole; Vinildo di Froalmo signore di Careggine; Ugolinello capostipite dei nobili di San Michele; tal Donnuccio dei Porcaresi signore di Trassilico e un non meglio identificato Cellabarotti signorotto con possedimenti in Castelnuovo, questi (insieme ad altri) faranno il bello e cattivo tempo in Garfagnana. “I lor” signori arrivarono un po’ tutti alla spicciolata fra il settecento e l’anno mille, videro che qui c’era “buono” e dissero -C’è mio !!!- , spesso non dissero nemmeno niente e in maniera spiccia istituirono posti di blocco, pretesero obbedienza e imposero pedaggi, gabelle e contributi e… il garfagnino? Il garfagnino provò ad alzare la cresta… e il risultato? Nessuno, prevaleva la legge del più forte, pagare e silenzio, così il solco fra la misera gente e il potente di turno diventava sempre più profondo: il signorotto chiuso nel suo castello e “il povero Cristo” a patire la fame.
Castiglione Garfagnana
Dal castello allo stemma il passo fu breve e quindi ogni stemma un castello e una storia diversa, anche se in linea di massima l’aspirazione di ogni feudatario locale era quella di non avere contatti con il prossimo, se non unicamente in funzione di difesa; difatti in mancanza di guerra le occupazioni maggiori di queste famiglie erano sostanzialmente tre: la caccia (lo svago preferito), la “pappatoria” e…la riscossione dei tributi. A rompere le uova nel paniere ai signorotti ci pensò Federico Barbarossa: il feudalesimo quello piccolo e spiccio era in crisi, l’imperatore aveva spazzato via tutti i potenti di Toscana, era il tempo delle riforme, il Papa rivendicava le sue terre e lui aspirava a un impero universale conteso proprio al papato stesso …Insomma era venuto il tempo di affilare le armi, non per la caccia stavolta, ora bisognava affilarle per le guerre.
Fortezza di Mont’Alfonso Castelnuovo Garfagnana (tratta da serchioindiretta.it)
il castello di Gallicano
La rocca di Camporgiano
D’altronde la Garfagnana era un boccone ghiotto, stretta fra due catene di montagne era, ed è un orto chiuso e stuzzicava desideri di conquista, ed ecco allora che dalle montagne circostanti come lupi famelici si affacciarono i modenesi, i lucchesi e perfino da Pisa e da Firenze si scomodarono, non sembravano però venuti in vacanza, infatti il problema è che tutti questi erano armati fino ai denti, dapprima però un po’ tutti fecero gli gnorri e poi con la solita scusa vecchia di milioni di anni: “siamo venuti per proteggere… (o sennò salvare, o al limite vendicare…)”, giù botte da orbi, se poi durante la guerra capitava qualcosa da mettere “al sicuro” che male c’era, un souvenir non si rifiutava mai, uno rubava e l’altro parava il sacco. E chi la faceva la guerra per difendere il proprio castello? Direte voi l’esercito con a capo il signorotto locale…giusto per metà…bisognava infatti vedere l’esercito da chi era composto. L’esercito era fatto dalla gente comune che abitava all’interno del feudo, d’altra parte se i signori del luogo permettevano ai cittadini di abitare dentro le mura del proprio castello per proteggersi, dall’altra gli stessi cittadini dovevano ricambiare con un servizio di leva obbligatorio, che in barba al servizio militare odierno poteva arrivare anche con l’obbligo di guerreggiare fino al settantesimo anno d’età. In caso di guerra bella tosta allora ci si rivolgeva ai mercenari, ma quelli costavano e il popolo la guerra la faceva gratis. Sicuramente i Gherardinghi (signori di San Romano, Naggio, Vibbiana, Pontecosi, Sillico e chi più ne ha ne metta…) non ne fecero uso intorno al 1170, quando tali signorotti si scocciarono dei lucchesi e preferirono ad essi i pisani; la pronta minaccia dei lucchesi di demolire castelli e casati ribelli fece ben presto ritornare sui suoi passi la nobile famiglia che in men che non si dica giurò stabile fedeltà alla città delle mura ottenendone così anche il perdono. Se magari si fosse speso qualche soldino il destino (forse) sarebbe stato diverso. I mercenari , o meglio i soldati di ventura di scrupoli ne avevano pochi e combattevano esclusivamente per il bottino conquistato e per soldi, il tutto era regolamentato da cotanto contratto, dove si stabiliva i termini d’ingaggio: il numero dei soldati da assumere e anche la durata dell’impegno.
San Michele (foto di Davide Papalini)
Per capirsi bene oramai la guerra in Garfagnana era diventata un occupazione alla stregua del come andar per funghi e le nobili casate garfagnine secondo le convenienze sia alleavano a destra o a manca come se niente fosse, fulgido esempio i Suffredinghi, loro possedevano un vasto territorio che comprendeva la Cune, Chifenti, Borgo a Mozzano, Fornoli, Corsagna e arrivava ad avere possedimenti fino a Gorfigliano e Careggine e giustappunto per continuare a mantenere la loro egemonia su tali terre dovevano appoggiarsi a dei potentati ben più forti che loro stessi e allora ci si “imbarcava” in guerre sanguinarie come quella fra Lucca e Pisa, una guerra che protrasse per tutto il XII secolo e che nel 1149 li vide protagonisti insieme ai lucchesi all’assedio del castello di Vorno presieduto dai pisani, dopo otto mesi d’assedio finalmente la tanto sospirata vittoria che portò a radere al suolo il castello…
Isola Santa villaggio medievale
Nel 1170, gli equilibri erano cambiati e come banderuole al vento ecco che i Suffredinghi si alleano con Pisa nella difesa del castello di Castiglione posseduto a sua volta dai Gherardinghi suddetti, in sostanza sfido chiunque a capirci qualcosa, quello che però è evidente (e che ha poco bisogno di comprensione) è il capire che queste guerre erano veramente cruente, violente e spietate, basta vedere le armi con cui venivano combattute. L’arma più importante era la spada, compagna fedele più che di una moglie, tant’è che veniva tramandata da generazione in generazione ed era sostanzialmente lo strumento che ti poteva salvare la vita, subì importanti modifiche con il correre degli anni e se prima era larga e a doppio taglio, nel tempo e con il diffondersi di armature più spesse divennero lunghe sottili in modo che potessero penetrare nelle fenditure delle armature stesse. In questi ci si poteva difendere con lo scudo, che oltre a parare i colpi era un segno distintivo, dal momento che sopra vi erano disegnati i simboli del casato o il simbolo del cavaliere. Micidiale era la balestra, precisa, potente, usata sopratutto all’interno dei castelli, anche l’arco era una terribile arma, la sua freccia poteva essere scagliata fino a trecento metri di distanza e perforare tranquillamente una corazza di maglia, gli arcieri erano dei veri e propri atleti, scoccare una freccia richiedeva forza e l’allenamento doveva essere costante, l’arciere poi era tenuto in grande considerazione poichè non potendo portare lo scudo era il bersaglio preferito degli avversari. Diciamo che queste elencate erano armi professionali, ma come abbiamo letto spesso (e non volentieri) combatteva anche la gente comune che abitava all’interno del castello e allora il garfagnin-soldato si armava con quello che trovano per casa e la scure (o il pennato) che normalmente era adibita al taglio della legna per il fuoco di casa si trasformava in arma micidiale, così come la mazza che aveva la potenza di sfondare armature e sopratutto di aprire teste come noci di cocco.
Ci sarebbe ancora tanto da raccontare e le vicende del medioevo garfagnino naturalmente non si limitano a queste “due righe”, il discorso è molto più ampio e (se ben illustrato) affascinante, ma l’aver dato le luci della ribalta a questo periodo storico poco amato e complesso farà sicuramente si, che qualche lettore si appassioni a queste periodo storico poco conosciuto e questo per me sarà come aver vinto la più grossa battaglia che qualsiasi altro cavaliere in arme possa aver vinto nel lontano medioevo.
Bibliografia
“Castelli, rocche e fortezze narrano la storia della Garfagnana” Gian Mirola
Savigni, Raffaele (2010) L’incastellamento in Garfagnana nel Medioevo: castelli signorili, villaggi fortificati e fortezze. In: Architettura militare e governo in Garfagnana. Atti del Convegno tenuto a Castelnuovo di Garfagnana, Rocca ariostesca, 13 e 14 settembre 2009. Biblioteca / Deputazione di storia patria per le antiche provincie modenesi. Nuova serie (187). Aedes Muratoriana, Modena, pp. 7-51.
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Festa medievale, Castiglione di Garfagnana, agosto 2014 #instagood #photooftheday #beautiful #brutteabitudini #travelgram #amazing #amazingplace #nofilterneeded #nofilter #instatravel #igers #igtravel #ig_captures #ig_worldclub #wanderlust #fujifilmxe3 #fujifilm #56mm #portraitphotography #portrait #ig_portrait #fujifollowme (presso Castiglione di Garfagnana) https://www.instagram.com/p/BtyZCMuooPL/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=1otspxj8n2iwr
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La Via Del Volto Santo
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La Via Del Volto Santo
La sua storia, i suoi “ospitali” e il suo percorso medievale
“Nell’anno del signore 1215, il giorno 3 di Maggio, io Barna del fu
Johannes de Neri, faccio testamento e parto. Questa volta non per un viaggio di affari, ma in pellegrinaggio al fine di ottenere il perdono dei peccati e sperare che il mio unico figlio, Maffeo, che viene con me e ha dodici anni, possa guarire del tutto. Ho salutato mia moglie Ludovica lasciandola alle cure di mio fratello Lapo e di mia cognata Maria. Alla mia penna d’oca e a questi fogli di pergamena affido il racconto del mio viaggio. Ho nel cuore la speranza di attraversare la terra di Garfagnana seguendo il corso del fiume Serchio e arrivare alla città di Lucca, nella cattedrale di San Martino, davanti al Volto Santo. Non ho mai percorso questa strada tra le montagne, meno battuta rispetto alla via di Monte Bardone; dicono sia più faticosa per i dislivelli. L’ho scelta per questo: perchè il nostro andare ci avvicini, passo dopo passo, a Dio”.Questo è l’inizio di uno stupendo diario romanzato che gli alunni dell’istituto comprensivo di Camporgiano e la professoressa Lucia Giovannetti hanno scritto per far riscoprire, comprendere e coinvolgere maggiormente il lettore su quello che rappresentava la Via del Volto Santo, le speranze dei pellegrini, far conoscere la vita di quel tempo e le tappe di questa medievale via. Cominciamo con il dire che i luoghi principe del pellegrinaggio medievale erano tre: il Santo Sepolcro in Gerusalemme, le tombe degli apostoli Pietro e Paolo a Roma e in Galizia e per precisione a Santiago di Compostela la tomba di San Giacomo.
 Insieme a queste mete tradizionali e imprescindibili (e meglio conosciute con il nome di “peregrinationes majores”), per i cristiani del tempo esistevano anche delle “stationes minori”, dei pellegrinaggi più brevi per capirsi, e offrivano a tutti coloro che non erano in grado di fare viaggi così lunghi e faticosi delle esperienze devozionali non meno sentite e partecipate. Fra queste “stationes minori” c’era proprio la Via del Volto Santo, che non era altro che unramo della ben più famosa Via Francigena (o via Romea) che collegava la Francia con Roma “Caput Mundi” (per approfondimenti http://paolomarzi.blogspot.com/le-antiche-strade-html), questo ramo passava dalla Lunigiana, attraversava la Garfagnana e arrivava a Lucca nella cattedrale di San Martino al cospetto del Volto Santo, statua lignea che la tradizione definisce “un’immagine acheropita”(non vi spaventate…vedremo dopo cosa significa), ma perchè direte voi questi poveri pellegrini invece di intraprendere la difficoltosa via delle montagne non si incamminavano sul ramo della Francigena che portava alla più agevole strada che passava dal mare? Si vede che qui i pericoli erano maggiori, a quel tempo la zona marittima era infestata da feroci pirati e per di più c’era il costante pericolo di contrarre malattie malariche, quindi si preferiva dirigersi fra le impervie montagne. Il cammino cominciava daPontremoli, una volta lasciata Pontremoli il pellegrino saliva ad Arzengio, da lì proseguiva per Ceretoli. Poi arrivava a Dobbiana (Filattiera) alla chiesa di San Giovanni Battista. Poi proseguiva per Serravalle, e si scendeva nel Bagnonese. Proprio dalla pieve di Sorano si fa iniziare la “Via del Volto Santo” che attraversa la Lunigiana toccava la pieve di Santa Maria di Venelia, Licciana Nardi, la Pieve di Soliera Apuana, Fivizzano, la Pieve di Offiano, Regnano, San Nicolao di Tea. Un ramo di strada proveniente dalla bassa Lunigiana toccava invece la Pieve dei Santi Cornelio e Cipriano a Codiponte. Ecco poi che si entrava in Garfagnana, la prima meta era la Pieve di San Lorenzo (Minucciano), Minucciano, Piazza al Serchio. Il percorso toccava poi San Donnino, Camporgiano, Castelnuovo, Gallicano, superava il Ponte del Diavolo, Borgo a Mozzano e poi si immetteva definitivamente per l’antica via romana, toccava i paesi di Diecimo, Valdottavo, Sesto di Moriano per arrivare a Lucca. Il tracciato aveva una lunghezza di circa 149 chilometri. Consideriamo poi che il pellegrinaggio era molto diffuso e non tutti “pellegrinavano” per il solito motivo, infatti c’erano due tipi di pellegrinaggio, esisteva quello cosiddetto devozionale che aveva il suo scopo nel chiedere grazia al Signore, mentre l’altro era un pellegrinaggio di tipo penitenziale, ed era originato da una forma di dura condanna per una colpa molto grave che il pellegrino stesso aveva commesso, così in questo modo si auto condannava a vagabondare in continuazione per terre sconosciute e chiedere colpa dei propri peccati a Dio.
Comunque sia questi devoti avevano tutti dei segni e delle caratteristiche che facevano si che venissero sempre riconosciuti, cosicchè portavano con sè il“bordone”, ovverosia il bastone, vestivano con una“schiavina”, soprabito lungo e ruvido e a tracolla avevano una bisaccia in pelle, dove all’interno erano custoditi soldi e cibo, segno inconfondibile era poi “la pazienza”, un cordone messo in vita come quello dei frati e così messi si incamminavo nella grazia di Dio, ma esposti a pericoli di ogni sorta. A dare man forte a questi fedeli c’erano gli“ospitali”, disseminati per tutte quelle strade che portavano verso i luoghi religiosi. Gli “ospitali” nel medioevo erano un posto destinato ad offrire ospitalità a chi ne avesse bisogno, in particolar modo proprio ai pellegrini che non avevano soldi per pagarsi un letto in una locanda, quasi sempre erano collocati al di fuori delle mura dei borghi, per permettere ai viaggiatori di trovare un giaciglio, anche se fossero arrivati a tarda sera, quando le porte dei paesi erano già chiuse. Erano istituzioni gestite da religiosi, quasi sempre adiacenti a una chiesa o a un monastero e vivevano di elemosine o di lasciti di cittadini, non erano certo un hotel a cinque stelle, anzi, generalmente offrivano un letto, spesso un pagliericcio in “cameroni” comuni e in qualche caso una minestra calda, in ogni modo erano fondamentali per il percorso che affrontava il pellegrino.
In Garfagnana ce n’erano molti e alcuni di questi erano proprio lungo la Via del Volto Santo, ma non vi furono solo“ospitali”, nei pressi dei guadi dei fiumi o sui valichi garfagnini furono erette torri con stanze che accoglievano i viaggiatori, queste gestite però da guide a pagamento, di queste torri non c’è quasi più alcun segno è invece rimasto segno di questi “ospitali”, come quello della Sambuca, qui sorgeva un monastero di suore che ospitava i viandanti, dall’altra sponda a Camporgiano c’è una chiesa dedicata a San Jacopo e che in antichità aveva anch’essa uno “spedale”, unito a quello di San Pellegrino, poi arriviamo a Castelnuovo dove sul colle San Nicolao vicino all’attuale ospedale c’era proprio “un’ospitale”, scendendo verso valle si arriva a Gallicano, qui si hanno notizie di un ennesimo “ospitale” adiacente alla chiesa di Santa Lucia, che dava alloggio ai viaggiatori per un solo giorno, tanta era l’affluenza di persone. Tutto questo peregrinare (mai vocabolo fu più azzeccato)come abbiamo visto, aveva come obiettivo finale il crocefisso del Volto Santo, collocato dentro la cattedrale di San Martino a Lucca. Ma perchè tutta questa venerazione millenaria per un crocefisso di legno? Tutto sta nella parola “acheropita”, cioè fatto da mano non umana, ma bensì divina. Si crede infatti che tale opera sia stata scolpita da Nicodemo (citato nel vangelo di Giovanni). Nicodemo non era proprio uno scultore provetto e così si attentò nello scolpire nel legno la figura di Gesù, a quanto pare stanco dalla fatica si addormentò, lasciando da scolpire solo la testa, al suo risveglio il crocefisso era completato, gli angeli nella notte avevano lavorato per lui rappresentando su legno quello che sarebbe il vero volto di Cristo. Fra varie vicissitudini il manufatto arrivò a Lucca, che da quel giorno è venerato da tutti i lucchesi e non. La festa di Santa Croce si svolge il 13 settembre e per secoli i paesi e i villaggi che erano assoggettati a Lucca venivano obbligati a inviare rappresentanti in quel giorno di festa, i trasgressori avrebbero pagato con multe salatissime, si arrivava anche al pignoramento dei beni. Nessuno a Lucca quel giorno poteva essere incarcerato e si concedeva amnistia per i reati minori. Anche il Sommo Poeta, Dante Alighieri nella “Divina Commedia” arrivò a citare il Volto Santo, gettando all’inferno tale Martin Bottaio anziano magistrato lucchese, che nel cercar salvezza dalla pece ardente invocò l’aiuto dell’immagine sacra, i demoni gli risposero che la pece dell’inferno non era come le fresche acque del Serchio a cui era abituato e di darsi pace che…“Qui non ha loco il Volto Santo”…
Bibliografia
“Un viaggio nel medioevo lungo la Via del Volto Santo” Istituto comprensivo di Camporgiano Autori: Misia Casotti, Matteo Conti, Nicole Conti, Mauro Grandini, Alessia Lartini, Valerio Lorenzetti, Veronica Pardini, Francesco Pedri, Jarno Rocchiccioli, Monia Talani. Insegnante: Lucia Giovannetti
“Storia delle tappe in Garfagnana. La Garfagnana e la Via del Volto Santo” di Andrea Giannasi
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La Via Del Volto Santo
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La Via Del Volto Santo
La sua storia, i suoi “ospitali” e il suo percorso medievale
“Nell’anno del signore 1215, il giorno 3 di Maggio, io Barna del fu
Johannes de Neri, faccio testamento e parto. Questa volta non per un viaggio di affari, ma in pellegrinaggio al fine di ottenere il perdono dei peccati e sperare che il mio unico figlio, Maffeo, che viene con me e ha dodici anni, possa guarire del tutto. Ho salutato mia moglie Ludovica lasciandola alle cure di mio fratello Lapo e di mia cognata Maria. Alla mia penna d’oca e a questi fogli di pergamena affido il racconto del mio viaggio. Ho nel cuore la speranza di attraversare la terra di Garfagnana seguendo il corso del fiume Serchio e arrivare alla città di Lucca, nella cattedrale di San Martino, davanti al Volto Santo. Non ho mai percorso questa strada tra le montagne, meno battuta rispetto alla via di Monte Bardone; dicono sia più faticosa per i dislivelli. L’ho scelta per questo: perchè il nostro andare ci avvicini, passo dopo passo, a Dio”.Questo è l’inizio di uno stupendo diario romanzato che gli alunni dell’istituto comprensivo di Camporgiano e la professoressa Lucia Giovannetti hanno scritto per far riscoprire, comprendere e coinvolgere maggiormente il lettore su quello che rappresentava la Via del Volto Santo, le speranze dei pellegrini, far conoscere la vita di quel tempo e le tappe di questa medievale via. Cominciamo con il dire che i luoghi principe del pellegrinaggio medievale erano tre: il Santo Sepolcro in Gerusalemme, le tombe degli apostoli Pietro e Paolo a Roma e in Galizia e per precisione a Santiago di Compostela la tomba di San Giacomo.
 Insieme a queste mete tradizionali e imprescindibili (e meglio conosciute con il nome di “peregrinationes majores”), per i cristiani del tempo esistevano anche delle “stationes minori”, dei pellegrinaggi più brevi per capirsi, e offrivano a tutti coloro che non erano in grado di fare viaggi così lunghi e faticosi delle esperienze devozionali non meno sentite e partecipate. Fra queste “stationes minori” c’era proprio la Via del Volto Santo, che non era altro che unramo della ben più famosa Via Francigena (o via Romea) che collegava la Francia con Roma “Caput Mundi” (per approfondimenti http://paolomarzi.blogspot.com/le-antiche-strade-html), questo ramo passava dalla Lunigiana, attraversava la Garfagnana e arrivava a Lucca nella cattedrale di San Martino al cospetto del Volto Santo, statua lignea che la tradizione definisce “un’immagine acheropita”(non vi spaventate…vedremo dopo cosa significa), ma perchè direte voi questi poveri pellegrini invece di intraprendere la difficoltosa via delle montagne non si incamminavano sul ramo della Francigena che portava alla più agevole strada che passava dal mare? Si vede che qui i pericoli erano maggiori, a quel tempo la zona marittima era infestata da feroci pirati e per di più c’era il costante pericolo di contrarre malattie malariche, quindi si preferiva dirigersi fra le impervie montagne. Il cammino cominciava daPontremoli, una volta lasciata Pontremoli il pellegrino saliva ad Arzengio, da lì proseguiva per Ceretoli. Poi arrivava a Dobbiana (Filattiera) alla chiesa di San Giovanni Battista. Poi proseguiva per Serravalle, e si scendeva nel Bagnonese. Proprio dalla pieve di Sorano si fa iniziare la “Via del Volto Santo” che attraversa la Lunigiana toccava la pieve di Santa Maria di Venelia, Licciana Nardi, la Pieve di Soliera Apuana, Fivizzano, la Pieve di Offiano, Regnano, San Nicolao di Tea. Un ramo di strada proveniente dalla bassa Lunigiana toccava invece la Pieve dei Santi Cornelio e Cipriano a Codiponte. Ecco poi che si entrava in Garfagnana, la prima meta era la Pieve di San Lorenzo (Minucciano), Minucciano, Piazza al Serchio. Il percorso toccava poi San Donnino, Camporgiano, Castelnuovo, Gallicano, superava il Ponte del Diavolo, Borgo a Mozzano e poi si immetteva definitivamente per l’antica via romana, toccava i paesi di Diecimo, Valdottavo, Sesto di Moriano per arrivare a Lucca. Il tracciato aveva una lunghezza di circa 149 chilometri. Consideriamo poi che il pellegrinaggio era molto diffuso e non tutti “pellegrinavano” per il solito motivo, infatti c’erano due tipi di pellegrinaggio, esisteva quello cosiddetto devozionale che aveva il suo scopo nel chiedere grazia al Signore, mentre l’altro era un pellegrinaggio di tipo penitenziale, ed era originato da una forma di dura condanna per una colpa molto grave che il pellegrino stesso aveva commesso, così in questo modo si auto condannava a vagabondare in continuazione per terre sconosciute e chiedere colpa dei propri peccati a Dio.
Comunque sia questi devoti avevano tutti dei segni e delle caratteristiche che facevano si che venissero sempre riconosciuti, cosicchè portavano con sè il“bordone”, ovverosia il bastone, vestivano con una“schiavina”, soprabito lungo e ruvido e a tracolla avevano una bisaccia in pelle, dove all’interno erano custoditi soldi e cibo, segno inconfondibile era poi “la pazienza”, un cordone messo in vita come quello dei frati e così messi si incamminavo nella grazia di Dio, ma esposti a pericoli di ogni sorta. A dare man forte a questi fedeli c’erano gli“ospitali”, disseminati per tutte quelle strade che portavano verso i luoghi religiosi. Gli “ospitali” nel medioevo erano un posto destinato ad offrire ospitalità a chi ne avesse bisogno, in particolar modo proprio ai pellegrini che non avevano soldi per pagarsi un letto in una locanda, quasi sempre erano collocati al di fuori delle mura dei borghi, per permettere ai viaggiatori di trovare un giaciglio, anche se fossero arrivati a tarda sera, quando le porte dei paesi erano già chiuse. Erano istituzioni gestite da religiosi, quasi sempre adiacenti a una chiesa o a un monastero e vivevano di elemosine o di lasciti di cittadini, non erano certo un hotel a cinque stelle, anzi, generalmente offrivano un letto, spesso un pagliericcio in “cameroni” comuni e in qualche caso una minestra calda, in ogni modo erano fondamentali per il percorso che affrontava il pellegrino.
In Garfagnana ce n’erano molti e alcuni di questi erano proprio lungo la Via del Volto Santo, ma non vi furono solo“ospitali”, nei pressi dei guadi dei fiumi o sui valichi garfagnini furono erette torri con stanze che accoglievano i viaggiatori, queste gestite però da guide a pagamento, di queste torri non c’è quasi più alcun segno è invece rimasto segno di questi “ospitali”, come quello della Sambuca, qui sorgeva un monastero di suore che ospitava i viandanti, dall’altra sponda a Camporgiano c’è una chiesa dedicata a San Jacopo e che in antichità aveva anch’essa uno “spedale”, unito a quello di San Pellegrino, poi arriviamo a Castelnuovo dove sul colle San Nicolao vicino all’attuale ospedale c’era proprio “un’ospitale”, scendendo verso valle si arriva a Gallicano, qui si hanno notizie di un ennesimo “ospitale” adiacente alla chiesa di Santa Lucia, che dava alloggio ai viaggiatori per un solo giorno, tanta era l’affluenza di persone. Tutto questo peregrinare (mai vocabolo fu più azzeccato)come abbiamo visto, aveva come obiettivo finale il crocefisso del Volto Santo, collocato dentro la cattedrale di San Martino a Lucca. Ma perchè tutta questa venerazione millenaria per un crocefisso di legno? Tutto sta nella parola “acheropita”, cioè fatto da mano non umana, ma bensì divina. Si crede infatti che tale opera sia stata scolpita da Nicodemo (citato nel vangelo di Giovanni). Nicodemo non era proprio uno scultore provetto e così si attentò nello scolpire nel legno la figura di Gesù, a quanto pare stanco dalla fatica si addormentò, lasciando da scolpire solo la testa, al suo risveglio il crocefisso era completato, gli angeli nella notte avevano lavorato per lui rappresentando su legno quello che sarebbe il vero volto di Cristo. Fra varie vicissitudini il manufatto arrivò a Lucca, che da quel giorno è venerato da tutti i lucchesi e non. La festa di Santa Croce si svolge il 13 settembre e per secoli i paesi e i villaggi che erano assoggettati a Lucca venivano obbligati a inviare rappresentanti in quel giorno di festa, i trasgressori avrebbero pagato con multe salatissime, si arrivava anche al pignoramento dei beni. Nessuno a Lucca quel giorno poteva essere incarcerato e si concedeva amnistia per i reati minori. Anche il Sommo Poeta, Dante Alighieri nella “Divina Commedia” arrivò a citare il Volto Santo, gettando all’inferno tale Martin Bottaio anziano magistrato lucchese, che nel cercar salvezza dalla pece ardente invocò l’aiuto dell’immagine sacra, i demoni gli risposero che la pece dell’inferno non era come le fresche acque del Serchio a cui era abituato e di darsi pace che…“Qui non ha loco il Volto Santo”…
Bibliografia
“Un viaggio nel medioevo lungo la Via del Volto Santo” Istituto comprensivo di Camporgiano Autori: Misia Casotti, Matteo Conti, Nicole Conti, Mauro Grandini, Alessia Lartini, Valerio Lorenzetti, Veronica Pardini, Francesco Pedri, Jarno Rocchiccioli, Monia Talani. Insegnante: Lucia Giovannetti
“Storia delle tappe in Garfagnana. La Garfagnana e la Via del Volto Santo” di Andrea Giannasi
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