#Gaetano De Sanctis
Explore tagged Tumblr posts
Text
Per chi abita in… Via del Campuccio
Via del Campuccio corre da via Romana a piazza Torquato Tasso. Si innestano lungo il suo tracciato: via delle Caldaie e via de' Serragli dove, dal lato del convento di Sant'Elisabetta delle Convertite, è il canto alla Cornacchia. Come molte delle strade fiorentine, La via un tempo era divisa in tratti, ognuno dei quali aveva un nome diverso. Da via Romana a Via De’ Serragli prendeva il nome di Via San Giovanni, da Via De’ Serragli a Piazza Tasso fu prima Via San Benedetto e poi Via della Pergola. Uno stradario storico ci ricorda che nel 1297 la strada si chiamava Via Sancti Iohannis, nome rimasto poi ad una strada lì vicina. Via del Campuccio, come nome unificato per tutta la strada, viene per la prima volta documentato nel 1870.
Le strade di Firenze, come ben sappiamo, prendevano il nome da una famiglia che lì aveva i propri possedimenti, o da una locanda che si trovava nella zona, o da qualsiasi altro elemento identificativo della zona. “Campuccio” sembra derivare dal fatto che proprio qui i monaci camaldolesi avevano il loro piccolo orto, che chiamavano affettuosamente “Campuccio”, sia per le dimensioni limitate, sia per la scarsa fertilità del terreno. I monaci Camaldolesi, che venivano dal Casentino, avevano formato la loro comunità nel Cinquecento tra Porta San Frediano e San Pier Gattolino, dove costruirono case per i poveri, facendo diventare così questo tratto di strada molto popolare. Nel Seicento, risanando la parte di strada dal lato di Via Romana, fu questo tratto ad assumere carattere popolare ed artigiano. Qui si trovavano molte botteghe utilizzate da falegnami, corniciai, restauratori, e anche vinai e un carbonaio, il famoso Ragazzini, scomparso recentemente. Pochissimi fondi rivestono ancora oggi carattere artigianale o sono utilizzati da artisti contemporanei.
Entrando da piazza Tasso, sull'alto muro che racchiude il giardino Torrigiani, vi è un primo tabernacolo. Si tratta di 'edicola contenente una pittura murale a tempera che raffigura la Madonna con bambino, San Giovanni Battista e San Bernardino da Siena. Fu eseguita nel 1953 da Piero Bernardini ed è stata restaurata recentemente nel 2018.
Proseguendo, sempre sulla destra e sempre sul muro del giardino Torrigiani si trova un secondo tabernacolo. Ciò che salta all'occhio è che l'edicola è incastonata in maniera obliqua ed è sormontata da uno stemma dei Torrigiani. La pittura rappresenta una Madonna seduta con il Bambino davanti a una finestra. Dalla finestra si vedono due edifici e il panorama della città di Firenze. L'opera è firmata da Ennio Cocchi e risale al 1953 ed anche questa è stata restaurata nel 2018. Proseguendo sempre sulla destra c'è palazzo Torrigiani e uno degli ingressi al suo giardino. Ricordiamo al suo interno il mirabile torrino costruito nel 1824 e che ancora oggi è il giardino privato più grande di Firenze e non solo.
Subito dopo il palazzo Torrigiani, sulla destra, si trova una lapide scritta parte in latino, parte in ebraico. Anticamente questo edificio ospitava un convento, il Monastero delle Convertite. Oggi è ancora una casa ospitante, ma si tratta di una casa di riposo per anziani. Al numero 64, sulla sinistra, abitava il linguista Gaetano Cioni che ospitò per interi pomeriggi il più noto Alessandro Manzoni che si era portato a Firenze nel settembre del 1827, dopo la pubblicazione de "I promessi Sposi", in quanto voleva rendere più popolare la sua scrittura. Il voler avvicinare la lingua scritta il più possibile a quella parlata fece nascere la frase: “risciacquatura dei panni in Arno” intendendo che aveva molte pagine da adattare alla lingua fiorentina.
Proseguendo lungo la via si trovano una miriade di fondi che un tempo erano occupati da artigiani e bottegai fiorentini oggi spariti per la cecità politica che ha portato, progressivamente, a rendere il lavoro sempre più complesso di norme e burocrazia uccidendo il piccolo in favore del grande. Tutta quella sapienza e artistica manualità è persa miseramente. Si deve arrivare quasi a via Romana per trovare un terzo tabernacolo che a differenza dei primi due non è molto conosciuto ed è piuttosto trascurato. Forse sarebbe il caso di intervenire anche su questo e riportarlo ad un antico splendore.
Gabriella Bazzani Madonna delle Cerimonie
Jacopo Cioni Gran Cerusico Read the full article
0 notes
Quote
Il brontolìo del confronto in atto da tempo si trasforma in aperta tempesta quando, il 21 aprile del 1925, a conclusione di un «Convegno per le istituzioni fasciste di cultura» che si è svolto a Bologna, viene redatto un "Manifesto degli intellettuali del fascismo" pubblicato da buona parte della stampa italiana. Il testo, scritto da Gentile e corretto personalmente da Mussolini, riassume le motivazioni che sono state alla base dell’adesione del filosofo al fascismo. Un fascismo del quale si dirà pochi mesi più tardi che «non è un’ideologia, non è un sistema chiuso e non è neanche veramente un programma se per programma s’intende un disegno preconcepito e proiettato nell’avvenire» e dunque viene presentato come azione («la dottrina del fascismo è nella sua azione») e, al tempo stesso, «atteggiamento spirituale». Riecheggia in tutto il Manifesto l’idea gentiliana del fascismo come superamento delle due Italie che convivono da secoli. Due Italie che - secondo Gentile - vanno ben al di là dello speculare rifrangersi tra produttivismo e parassitismo, buono o cattivo governo, ma si contrappongono come due inconciliabili categorie spirituali, frutto di eventi secolari. Riprendendo la lezione del De Sanctis, Gentile vede nel fascismo la risposta all’Italia decadente, quella plasmata dal Rinascimento, dal dilagare dell’individualismo, dell’asservimento della vita pubblica al «particulare». Non ci si soffermerà ulteriormente su questo testo né sugli aspetti ideologici del dibattito, poiché, come è stato autorevolmente osservato, «se al Convegno per le istituzioni fasciste di cultura fu una vera corsa ai piazzamenti per centinaia di intellettuali, i risultati teorici dell’adunata furono però ben più magri».
Giorgio Boatti, Preferirei di no. Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini, Einaudi (Collana ET Saggi n° 527), 2002; pp. 32-33.
#Giorgio Boatti#Boatti#Preferirei di no#intellettuali#intellettuali italiani#Storia d'Italia del '900#Storia d'Italia del XX secolo#Storia d'Italia#libri#letture#leggere#citazioni#antifascismo#fascismo#Giovanni Gentile#Gentile#Mussolini#Gaetano De Sanctis#De Sanctis#Ernesto Buonaiuti#Mario Carrara#Giorgio Errera#Piero Martinetti#Giorgio Levi Della Vida#Fabio Luzzatto#Bartolo Nigrisoli#Vito Volterra#Lionello Venturi#Francesco Ruffini#Edoardo Ruffini
19 notes
·
View notes
Text
English Book Review: "Filippo e Alessandro. Dal regno macedone alla monarchia universale. Lezioni universitarie 1949-1950" by Gaetano De Sanctis, Monica Berti and Virgilio Costa (Curators)
English Book Review: “Filippo e Alessandro. Dal regno macedone alla monarchia universale. Lezioni universitarie 1949-1950” by Gaetano De Sanctis, Monica Berti and Virgilio Costa (Curators)
Recensione in italiano: QUI.
Good morning everyone, thanks for being here on the site Alessandro III di Macedonia- your resource on Alexander the Great!
Here I am with a review of a VERY BEAUTIFUL book:
Filippo e Alessandro. Dal regno macedone alla monarchia universale. Lezioni universitarie 1949-1950 di Gaetano De Sanctis, Monica Berti e Virgilio Costa (Curatori)
The volume collects…
View On WordPress
0 notes
Text
Gaetano De Sanctis, Monica Berti e Virgilio Costa (Curatori) – Filippo e Alessandro. Dal regno macedone alla monarchia universale. Lezioni universitarie 1949-1950
Gaetano De Sanctis, Monica Berti e Virgilio Costa – Filippo e Alessandro. Dal regno macedone alla monarchia universale #alessandromagno #alessandroilgrande #alexanderthegreat #alessandroiiidimacedonia #alessandroilmacedone #aforismi
Se è vero che nulla è nuovo sotto il sole, in quanto l’uomo, attore della storia, è sempre lo stesso, vero è altresì che tutto sotto il sole è nuovo, perché non si dà azione veramente umana la quale non partecipi della creatività del nostro spirito.
Il genio, così nel campo militare come in altri campi, sorge indipendentemente da computi o da previsioni.
Alessandro non era di quei…
View On WordPress
0 notes
Photo
Oggi ci troviamo IIS Gaetano De Sanctis di Roma, zona Ponte Milvio... 🚐Continua il progetto della Pettirosso Surf School presso le scuole di Roma per far conoscere il SURF come sport a tutti gli effetti🚐 ‼ La prossima scuola potrebbe essere la tua ‼ #school #class #teacher #teachers #student #students #surf #surfing #surfschool #surflessons #fun #friends #beach #surftraining #roma #italy #romasurf #lifeisbeautiful #surfislife #summer #ostia #tokyo2020 #kids #groms #fisw @surfingfisw @citybeachcam @pukassurf (presso Rome, Italy)
#italy#surf#surflessons#groms#friends#tokyo2020#fun#summer#students#ostia#kids#school#class#beach#romasurf#surfschool#surfing#surfislife#fisw#teacher#lifeisbeautiful#student#teachers#surftraining#roma
1 note
·
View note
Photo
I dodici professori che rifiutarono di giurare fedeltà a Mussolini L’articolo 18 del regio decreto n. 1227 del 28 agosto 1931 obbligava i professori universitari a giurare fedeltà allo stato, alla monarchia e al regime fascista, andava incontro alla necessità espressa dal duce di fascistizzare l’università italiana. Su 1200 professori, solo 12 si rifiutarono di adempiere al giuramento: coloro che scelsero la via più stretta non erano ribelli o sovversivi. Provenivano da diverse estrazioni sociali e culturali, credevano nella scienza, nella filosofia e nella religione. Erano laici e cattolici, progressisti o monarchici, giovani e meno giovani. Divisi in molti aspetti della vita e dell’insegnamento, ma uniti dalla convinzione che in coscienza non avrebbero mai potuto tollerare di giurare fedeltà ad un regime che oltre alle loro vite voleva controllare anche il loro pensiero. Francesco Ruffini, Mario Carrara, Lionello Venturi, Gaetano De Sanctis, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Ernesto Buonaiuti, Giorgio Errera, Vito Volterra, Giorgio Levi della Vida, Edoardo Ruffini Avondo, Fabio Luzzatto dissero no e ne pagarono le conseguenze. Oggetto delle denigrazioni e del disprezzo della stampa di regime tutti furono esclusi dall’insegnamento. Alcuni emigreranno, altri saranno sempre sotto l’attenta osservazione del regime, qualcuno verrà perfino incarcerato per sospetto antifascismo. Insomma, perderanno la cattedra e anche di più, ma conserveranno la dignità. (Cannibali e Re)
10 notes
·
View notes
Text
LA CULTURA CONTRO IL FASCISMO: I DODICI PROFESSORI CHE RIFIUTARONO DI GIURARE FEDELTÀ A MUSSOLINI
L’articolo 18 del regio decreto n. 1227 del 28 agosto 1931 obbligava i professori universitari a giurare fedeltà allo stato, alla monarchia e al regime fascista. Il testo elaborato in sinergia da Giovanni Gentile e Balbino Giuliano, ex ministro e ministro dell’istruzione al momento della sua emanazione, andava incontro alla necessità espressa dal duce di fascistizzare l’università italiana. Molti tra i docenti che covavano idee antifasciste decisero di giurare ugualmente fedeltà. I cattolici obbedendo alle indicazioni che venivano dal Santo Padre, i comunisti ascoltando i consigli di Togliatti e i liberali seguendo quelli di Benedetto Croce. Tutti temevano che un rifiuto avrebbe spianato al strada all’occupazione fascista di tutte le cattedre universitarie. Così su 1200 professori, solo 12 (secondo altre fonti 15, 16 o addirittura 18), si rifiutarono di adempiere al giuramento che così recitava: “giuro di essere fedele al Re, ai suoi Reali successori e al Regime Fascista, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare l'ufficio di insegnante e adempire tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla Patria e al Regime Fascista. Giuro che non appartengo né apparterrò ad associazioni o partiti, la cui attività non si concilii coi doveri del mio ufficio.” Coloro che scelsero la via più stretta non erano ribelli o sovversivi. Provenivano da diverse estrazioni sociali e culturali, credevano nella scienza, nella filosofia e nella religione. Erano laici e cattolici, progressisti o monarchici, giovani e meno giovani. Divisi in molti aspetti della vita e dell’insegnamento, ma uniti dalla convinzione che in coscienza non avrebbero mai potuto tollerare di giurare fedeltà ad un regime che oltre alle loro vite voleva controllare anche il loro pensiero. Francesco Ruffini, Mario Carrara, Lionello Venturi, Gaetano De Sanctis, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Ernesto Buonaiuti, Giorgio Errera, Vito Volterra, Giorgio Levi della Vida, Edoardo Ruffini Avondo, Fabio Luzzatto dissero no e ne pagarono le conseguenze. Oggetto delle denigrazioni e del disprezzo della stampa di regime tutti furono esclusi dall’insegnamento. Alcuni emigreranno, altri saranno sempre sotto l’attenta osservazione del regime, qualcuno verrà perfino incarcerato per sospetto antifascismo. Insomma, perderanno la cattedra e anche di più, ma conserveranno la dignità. Cannibali e Re #libertà #pensierolibero #fascismo #antifascismo
2 notes
·
View notes
Text
“ Sei in gioco o in fuorigioco?”,
“ Sei in gioco o in fuorigioco?”,
I N V I T O
In occasione della Giornata Nazionale contro il Bullismo e nel prosieguo del Progetto “ Sei in gioco o in fuorigioco?”, teso a prevenire ogni forma di disagio giovanile, lo scrivente di concerto con la Dirigente Scolastica dell’ IIS Gaetano de Sanctis, l’ Assessorato alla Scuola, Sport e Politiche Giovanili del XV^ Municipio di Roma – Capitale, il Centro Sportivo dell’ Arma dei…
View On WordPress
0 notes
Text
Tweeted
Francesco ed Edoardo Ruffini. Fabio Luzzatto. Giorgio Levi Della Vida. Gaetano De Sanctis. Ernesto Buonaiuti. Vito Volterra. Bartolo Nigrisoli. Marco Carrara. Lionello Venturi. Giorgio Errera. Piero Martinetti Gli unici 12 professori su 1225 che non giurarono fedeltà al fascismo
— Luigi #facciamorete #Antifa (@comeDonQuixote) January 9, 2019
0 notes
Text
Recensione: "Filippo e Alessandro. Dal regno macedone alla monarchia universale. Lezioni universitarie 1949-1950" by Gaetano De Sanctis, Monica Berti e Virgilio Costa (Curatori)
Recensione: "Filippo e Alessandro. Dal regno macedone alla monarchia universale. Lezioni universitarie 1949-1950" by Gaetano De Sanctis, Monica Berti e Virgilio Costa #alessandroIIIdimacedonia #Alessandromagno #alessandroilgrande
Buongiorno a tutti!
Eccomi con la recensione di un libro MOLTO BELLO:
Filippo e Alessandro. Dal regno macedone alla monarchia universale. Lezioni universitarie 1949-1950 by Gaetano De Sanctis, Monica Berti e Virgilio Costa (Curatori)
Il volume raccoglie le lezioni universitarie impartite da Gaetano De Sanctis presso l’Università di Roma nel 1949-1950, delle quali sino ad oggi sopravvivevano…
View On WordPress
0 notes
Text
Al posto del tango scatenato Di Maio+Salvini, meglio il tiranno. L’uomo solo al comando mi rassicura, fosse pure un frate castrato. Più che metterci la faccia, meglio metterci la testa
Il contesto. Copertina della Literary Review, raffinata rivista english dove scrivono grandi firme (da Martin Amis a John Banville e Julian Barnes). Copertina, appunto. Donald Trump. La caricatura di Donald Trump, vestito all’elisabettiana, blusa nera e collo alto, bianco, che legge un libro. Il libro è il nuovo libro di Stephen Greenblatt, storico della letteratura piuttosto noto anche da noi, che s’intitola Tyrant: Shakespeare on Power. Greenblatt s’è messo a studiare i tiranni architettati da Shakespeare, da Riccardo III a Macbeth, da Tito Andronico a Giulio Cesare. Come mai? Perché, specifica l’articolista, John Stubbs, “la politica attuale ci ha convinto che Shakespeare ha scritto il libro fondamentale sulla tirannia. Se siamo sconcertati, suggerisce l’autore, dall’odioso estremismo che aumenta un po’ ovunque e dalle forze sinistre che hanno preso il governo in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dovremmo tenere sul comodino le opere complete del Bardo”. In sostanza, lo storico della letteratura suppone che Shakespeare ci mostri l’ascesa e il precipizio del tiranno per pia morale. Tipo: guarda cosa succede se non fai il bravo, ti tagliano il collo. Balle stragonfie coi controfiocchi. Shakespeare era affascinato dal tiranno, intende studiare la tracotanza, l’eccesso, il delirio del potere, l’assoluta solitudine. Per questo, sono le figure sinistre, malvagie di Shakespeare che ci restano in testa. Il resto, è contorno, il fiero pasto del feroce. La vita, ecco, va vissuta fino all’estrema dissipazione – in questo, tra agire e contemplare non c’è differenza, tra usare lo scettro o la penna non c’è distanza. Ora. La tirannia, che pare già una sciabolata di mascelle fin dal nome, non è istituto del tutto da buttar via. In origine – prima del regno del blabla, quello dei filosofi – i Greci andavano matti per i tiranni. Poi, ammattirono. “La tirannide sorge in mezzo alle lotte politico-sociali che accompagnano o seguono la caduta delle aristocrazie succedute alle antiche monarchie legittime, e, attraverso i governi timocratici, cioè fondati sul consenso delle classi più abbienti, preparano i posteriori governi più o meno democratici. Qui i tiranni sono in generale nobili che si mettono a capo delle classi più umili oppresse dai nobili o dai più ricchi e col loro appoggio rovesciano le oligarchie” (Gaetano De Sanctis). Il tiranno è espressione del popolo che ne ha piene le palle delle ruberie dei politici. Poi, certo. La soluzione diventa avvelenata. Sono i rischi della rivolta, della ribalta. Intendetemi. La democrazia è un pastrocchio, le idee mancano, gli uomini pure. Il popolo non è sovrano ma è ‘chiamato alle urne’ come si è richiamati dal cesso a far pipì, l’esercizio è biologico e fastidioso. D’altronde, un po’ tutti sappiamo che quel gesto – mettere una X su un candidato X – vale quel che vale, pressoché nulla, pare di scacciar zanzare. Meglio del tango selvaggio tra Di Maio & Salvini, con il resto del Parlamento che resta a guardare il casqué, preferisco l’uomo solo al comando. Non per forza l’uomo ‘forte’. Mi basta anche debole, deboluccio, pallido, fragile. Non m’importa un militare che ce l’ha duro; mi basta un frate castrato. Uno che non ci metta la faccia – meglio non vederli più in tivù i politici al prezzemolo, d’altronde uno degli attributi del potere è l’invisibilità, c’è ma non lo vedi, come lo Spirito santo – ma la testa. Mi basta. I pregi dell’istituto tirannico sono palesi. Rischiatutto. Un tizio è responsabile. Non demanda ad altri, non fa il delatore. E se sbaglia, il popolo lo dilania. Il tiranno, anche se ha pagato eserciti e giudici, resta solo. Infallibilmente solo. E questa solitudine è una garanzia di buon governo. (d.b.)
L'articolo Al posto del tango scatenato Di Maio+Salvini, meglio il tiranno. L’uomo solo al comando mi rassicura, fosse pure un frate castrato. Più che metterci la faccia, meglio metterci la testa proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/2xDhVa2
0 notes
Text
Napoli, dall'Aula magna alla piazza: la Federico II festeggia i suoi 793 anni
Napoli, dall’Aula magna alla piazza: la Federico II festeggia i suoi 793 anni
Venerdì 9 giugno, giornata culmine delle celebrazioni della terza edizione di ‘Buon Compleanno Federico II’, la manifestazione dell’Università degli Studi di Napoli introdotta dal rettore Gaetano Manfredi in memoria dell’istituzione della più grande Università del Meridione. La Federico II comincia i suoi festeggiamenti premiando gli studenti. Alle 15, nell’Aula De Sanctis, in corso Umberto I, il…
View On WordPress
0 notes
Photo
Striscione degli ultras del Mantova contro i romani: il Tano Caridi è la nostra bandiera "Il Tano è la nostra bandiera, e voi non siete un ca...o". Ai tifosi del Mantova non vanno giù le dichiarazioni del presidente Marco Claudio De Sanctis contro il capitano biancorosso Gaetano Caridi.
0 notes
Photo
Foto d'epoca di AMEDEO CHIANTONI attore teatrale del primo 900. Nasce in una famiglia di attori ed esordsice con il padre Gaetano Chiantoni, capocomico di una piccola compagnia che rappresentava commedie e drammi popolari. Nel 1897, dopo essere stato secondo brillante, Alfredo De Sanctis lo scrittura come amoroso. Si afferma con la compagnia di Irma Gramatica e Enrico Reinach (Spiritismo di Victorien Sardou). Fra il 1909 e il 1912 è primattore della Stabile romana del Teatro Argentina, diretta da Ettore Paladini avendo Luigi Cimara con sé, e successivamente capocomico in società con Pagliara. Nel suo repertorio spazia continuamente dal genere storico-romantico al leggero. Si ricorda in particolare la sua interpretazione di Neri ne La cena delle beffe di Sem Benelli - autore particolarmente caro a Chiantoni - alla prima del Teatro Argentina di Roma nel 1909. Fra le interpretazioni di genere storico si ricorda la tragicommedia Orione di Ercole Luigi Morselli, Andrea del Sarto di V. Soldani, La giovane Italia di Domenico Tumiati, mentre, per il genere più popolare, Pietra fra pietre di Hermann Sudermann, La morte in vacanza di Alberto Casella, Vertigine di Gherardo Gherardi. Fu anche protagonista di una memorabile edizione dell'Amleto di William Shakespeare che il famoso critico Eligio Possenti definì pittoresco e tormentato rispetto quello angosciato di Ruggero Ruggeri e quello martoriato di Alexander Moissi.... #teatro #teatroitaliano #fotobiancoenero #photovintage #phototrouvée #oldphotocollection #igersravenna #instaravenna #ravenna #oldphotos (presso Scattisparsi Store)
#fotobiancoenero#teatro#photovintage#oldphotocollection#oldphotos#instaravenna#teatroitaliano#igersravenna#ravenna#phototrouvée
0 notes
Video
youtube
Un altro video dell'iniziativa Prove d'autore. La maggior parte delle foto sono state realizzate dalla prof.ssa Alessandra Pediconi. “Prove D’Autore” è un’iniziativa degli studenti delle classi 3C, 3E, 3BL, 4BL a.s. 2016-2017 dell’Istituto Gaetano De Sanctis di Roma per il progetto di Alternanza Scuola-Lavoro a cura della prof.ssa Maria Teresa Marsella. In collaborazione con la Fondazione Venanzo Crocetti, il progetto ha impegnato gli studenti su più fronti: dalla personale riproduzione di una scultura del maestro, all’organizzazione dell’esposizione delle proprie opere che si terrà dal 10 al 13 Gennaio 2017 presso il museo a Via Cassia 492. Per info: https://desanctisinmostrablog.wordpre... oppure https://provediautore.wordpress.com/
0 notes
Text
Tragedia del Pendolino, un dramma lungo 20 anni. Oggi le celebrazioni
Piacenza non dimentica le vittime del deragliamento del Pendolino “Botticelli”. Era il 12 gennaio 1997: alle 13.30, il treno, partito da Milano e diretto a Roma, uscì dai binari proprio all’ingresso della stazione di Piacenza, schiantandosi contro una serie di piloni ad alta tensione ed, infine, coricandosi su un lato. Otto i morti: Lidio De Sanctis, Pasquale Sorbo, Francesco Ardito, Gaetano…
View On WordPress
0 notes