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Novi Ligure: Commissione sui diritti dei dipendenti comunali disertata dai rappresentanti – Comunicato congiunto Lega e Forza Italia
Preoccupazione per il mancato confronto sul benessere lavorativo: la Commissione Bilancio rinviata in attesa dei membri del Comitato di Garanzia Nella serata di ieri, presso il Municipio di Novi Ligure, si è svolta una riunione della Commissione Bilancio convocata dal Presidente Oscar Poletto (Forza Italia), su richiesta congiunta dei gruppi consiliari di Lega e Forza Italia, per esaminare…
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Svendita Italia o propaganda fascista?
Riporto un intervento che ho scritto altrove alcuni mesi fa, su una falsità sparsa in rete circa delle aziende italiane. L’intento non è difendere delle aziende italiane, e ci mancherebbe per un blog indipendentista, quanto invece quella di smontare una retorica fascista sovranista, che addosserebbe ad una certa “sinistra” la causa di una svendita di alcuni ambasciatori del made in Italy.
La propaganda sovranista, o per meglio dire fascista, si accompagna sempre ad una serie di falsità che pervadono il discorso politico, inquinandolo con una retorica vittimista. Le manie di persecuzione sono all'ordine del giorno e viene incolpato il nemico del momento di cose che sono accadute anni prima che quel nemico esistesse, o gli vengono attribuite responsabilità laddove il nemico non ne ha mai avute.
In questo post non ho intenzione di difendere il Partito Democratico, del quale non sono mai stato elettore, e non ho intenzione nemmeno di glorificare il made in Italy. L'intento è invece quello di confutare un argomento che i fascisti tirano fuori di tanto in tanto: la vendita di colossi aziendali storici a compagnie estere sarebbe colpa di questo o quel governo che di volta in volta individuano come bersaglio. Oggi tocca al PD e domani magari no, ma sempre con questo stesso argomento infondato.
Andiamo con ordine:
Wind: non è mai stata completamente italiana, infatti Wind Telecomunicazioni nasce alla fine del 1997 grazie all'investimento di Enel, France Télécom e Deutsche Telekom; nel 2010 Veon Ltd. (precedentemente VimpelCom Ltd.) rileva Wind; Veon Ltd. è una multinazionale delle telecomunicazioni fondata a Mosca, registrata a Bermuda e con sede ad Amsterdam ed è controllata per il 47,9% dall'olandese LetterOne del magnate russo Mikhail Fridman e per il 19,7% dalla norvegese Telenor; Wind, attraverso la Veon Ltd., entra a far parte della joint venture di Hong Kong CK Hutchison nel 2015.
Telecom: nata pubblica col nome di SIP nel 1964, viene privatizzata nel 1997 sotto il Governo Prodi, e passa nel 1997 alla famiglia Agnelli; viene acquistata poi da Olivetti nel 1999 ma Bell, società con sede in Lussemburgo, il 22% delle azioni di Olivetti; nel 2001 Telecom passa a Olimpia Spa, società con partecipazione di Pirelli (al 60%), Edizione Holding dei Benetton, Banca Intesa e Unicredito Italiano; nel 2007 passa a Telco S.p.A., patto di controllo composto da Mediobanca, Generali, Intesa Sanpaolo, Sintonia e Telefónica (Spagna); nel 2016 il maggiore azionista di Telecom è Vivendi, società francese di telecomunicazioni; nel 2018 il ai vertici dell'azienda c'è l'Elliott Management Corporation, società statunitense di gestione degli investimenti, ma Vivendi (Francia) è ancora il maggio azionista con quasi il 24% delle azioni; Telecom ha ancora sede in Italia.
Stock: viene acquisita nel maggio del 1995 dalla Eckes A.G., società tedesca che produce e distribuisce alcolici e succhi di frutta; nel 2007 diventa proprietà del fondo americano "Oaktree Capital Management" e dal 2012 la produzione viene completamente delocalizzata nella Repubblica Ceca.
Sasso: nasce nel 1860 in Liguria; passa alla società spagnola Deoleo nel 2005, che acquisisce la Minerva Oli S.p.a., che possedeva il marchio Sasso.
Sanpellegrino: nasce nel 1899 e viene acquisita dalla Nestlé (Svizzera) nel 1997; la produzione è ancora in Italia.
Riso Scotti: nasce nel 1860 ed è ancora italiana, ma i capitali sono per il 40% della società Ebro Food (Spagna) dal 2016.
Benelli: nasce nel 1911 e viene comprata nel 2005 dalla Qianjiang Group (Cina); la produzione Benelli è ancora in Italia.
Parmalat: nasce nel 1961 ma dal 2011 è controllata dalla multinazionale francese Lactalis.
Star: nasce nel 1948; nel 2006, il 50% dell'azienda viene acquisita dal gruppo alimentare spagnolo Gallina Blanca del Gruppo Agrolimen (Catalogna).
Pomellato: nasce nel 1967 e nell'aprile 2013 l'azienda diventa della holding Kering (Francia).
Pernigotti: nasce nel 1868 e viene acquisita nel 2013 da Toksöz, società turca, che dal 2018 ha deciso di interrompere le attività dello storico stabilimento di Novi Ligure ma di non dismettere il marchio.
Consorzio del Vino Chianti Classico: nasce nel 1987, ma non è un'azienda ed il suo compito è disciplinare e tutelare il vino prodotto nella regione del Chianti Classico; è in Toscana.
Algida: nasce nel 1945 ed è stata comprata da Unilever (Regno Unito, Paesi Bassi) nel 1974.
Galbani: nasce nel 1882 e nel 1974 gli Invernizzi cedettero l'azienda a quattro finanziarie con sede nel Lussemburgo e nel Liechtenstein, con proprietari ignoti; nel 1989 fu acquisita da IFIL e BSN-Danone (Francia), che nel corso degli anni rilevò progressivamente l'intera azienda e infine viene acquisita da Lactalis (Francia) nel 2006.
FIAT Avio: fondata dalla FIAT nel 1916, è venduta nel 2003 a un consorzio formato per il 70% dal fondo americano The Carlyle Group e per il 30% da Finmeccanica S.p.A.
Ducati: nasce nel 1926, viene acquistata da Cagiva (Italia) nel 1985 e nel 1996 il Texas Pacific Group (USA) compra il 51% delle azioni e ne completa l'acquisto del restante 49% della Ducati nel 1998; nel 2006 il marchio Ducati è ritornato in mani italiane con l'acquisto da parte di Investindustrial Holdings e nel 2012 viene annunciata l'acquisizione di Ducati Motor Holding S.p.A. da parte della Lamborghini Automobili S.p.A.
Bertolli: nasce nel 1865 ma viene acquisita nel 1993 dalla Fisvi (Società finanziaria lucana) per 310 miliardi di lire per conto del gruppo Unilever; nel 2008 Bertolli passa da Unilever a Deoleo (Spagna).
Carapelli: nasce nel 1893 ed entra a far parte di Sos Corporaciòn Alimentaria S.A. (Spagna), oggi Deoleo, nel 2006.
Perugina: nasce nel 1907; nel 1988 entra a far parte del gruppo svizzero Nestlé (Svizzera) assieme a Buitoni.
FIAT Ferroviaria: nata a Torino nel 1917 come "FIAT Sezione Materiale Ferroviario", cambia ragione sociale in "FIAT Ferroviaria Savigliano" nel 1975 e in "Fiat Ferroviaria" nel 1988; è infine venduta nel 2000 alla società francese Alstom, assumendo il nome "Alstom Ferroviaria".
Fendi: nasce nel 1925, è ancora un marchio italiano.
Eridania: nasce nel 1899; nel 2011 Cristal CO, società del gruppo cooperativo francese Cristal Union, secondo produttore di zucchero francese, entra in Eridania Italia con una quota del 49% nel capitale sociale.
Buitoni: l'attività inizia nel 1827 e nel 1988 il marchio viene acquisito, assieme a Perugina, da Nestlé.
Bottega Veneta: fondata nel 1966 a Vicenza, la società viene acquisita nel 2001 dal Gruppo Gucci, oggi parte della multinazionale francese Kering.
Antica Gelateria del Corso: inizia ad essere commercializzato come marchio dell'azienda Italgel nel 1980 e passa a Nestlé quando quest'ultima acquisisce Italgel nel 1993.
Locatelli: attiva dal 1860, è acquistata dalla Nestlé nel 1961 e infine da Lactalis nel 2008.
Gruppo Ferretti: nasce nel 1968 e produce la prima imbarcazione nel 1971; nel 2012 lo Shandong Heavy Industry Group-Weichai Group rileva il 58% delle azioni; nel 2016 Piero Ferrari, figlio di Enzo Ferrari, entra a far parte del gruppo Ferretti acquistando il 13,2% del capitale attraverso la holding di famiglia F Investments, risultando così l'unico azionista oltre ai cinesi del gruppo Weichai Power, detentori della maggioranza con l'86,8%.
Edison S.p.A.: attiva dal 1884, nel 2012 Électricité de France (EDF) ne ha acquisito il controllo esclusivo.
Fastweb: nasce nel 1999 e nel 2011 è acquistata dalla compagnia svizzera Swisscom.
Bulgari: società italiana fondata nel 1884, dal 2012 fa parte del gruppo francese LVMH.
Peroni: in attività dal 1846, il suo marchio è stato comprato dalla giapponese Asahi nel 2016, ma la produzione è ancora in Italia.
Gancia: nasce nel 1850 e l'azienda diventa proprietà della Russian Standard al 95% alla fine del luglio 2013.
Valentino: casa di alta moda fondata nel 1957, la casa di moda viene venduta nel 2012, insieme al marchio M Missoni, alla società Mayhoola for Investments del Qatar.
Miss Sixty / Energie: marchi creati nel 1991, cedono la branca asiatica del gruppo alla Trendy International nel 2000 ed il restante ad un fondo di investimento panasiatico, di nome Crescent HydePark, nel 2012.
Richard-Ginori: nasce nel 1735 ed è ufficialmente fallita nel gennaio 2013, ma è stata acquistata nel maggio 2013 dal gruppo Gucci, a sua volta controllato dalla società francese Kering.
Fiorucci: fondata nel 1967, è stata rilevata nel 1990 dalla Edwin International, società giapponese di abbigliamento con 8 marchi di proprietà e 6 in licenza (tra cui Lee, Wrangler e Avirex); nel 2014 i giapponesi della Edwin International cedono il marchio Fiorucci ad un'altra società giapponese, la Itochu Corporation.
Conclusioni Le manie di persecuzione della retorica fascista vorrebbero fare in modo che l'italiano medio corra ai ripari e possa armarsi contro questo o quel nemico esterno, che è identificato con un invisibile complotto internazionale ai danni dell'Italia e del “popolo italiano”, complotto che di volta in volta si manifesterebbe, ai loro occhi, con immigrati mandati da forze oscure che vorrebbero una sostituzione etnica, oppure con oppositori politici a cui si attribuisce un finanziamento estero o con acquisizione di aziende e di marchi italiani da parte di società estere, cosa che invece è normalissima nel gioco del capitalismo. Poi possiamo anche parlare di quali siano le contraddizioni in seno al capitalismo. In quest'ultimo caso della vendita delle aziende italiane, si vorrebbero addossare le colpe della dinamica capitalista (senza però definirla come tale) ad una qualche forza politica (in questo caso il PD) che, nella maggior parte dei casi menzionati, nemmeno era nata, e fa di questo falso argomento un classico delle argomentazioni in salsa fascista in difesa del Made in Italy e, per estensione, dell'Italia come categoria trascendentale, che colpiscono alla pancia del popolino lasciato senza strumenti per smascherare questa retorica. Il messaggio che i fascisti vogliono lanciare è chiaro: siamo sotto attacco, e l'acquisto di marchi italiani d'eccellenza sarebbe una dimostrazione, e la colpa di questo è dei comunisti. A cosa servirà dire che il Partito Democratico non è un emblema del comunismo? A cosa servirà dire che il comunismo intende scardinare i rapporti sociali creati dal capitalismo? A cosa servirà dire che, in ogni caso, il PD non fosse nemmeno nato quando molte aziende italiane menzionate sono state rilevate da società estere? A niente: quella è la versione che fa loro comodo per odiare, e se tu la smonti, i fascisti si gireranno dall'altra parte ed odieranno pure te. E facciamoci odiare, se questo implica aver ragione! Non erano loro che dicevano “molti nemici, molto onore”? Avendo avuto ragione, sarà un onore avere nemici.
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27 apr 2021 19:10
“RIGORE E’ QUANDO ARBITRO FISCHIA, "UN GRANDE GIOCATORE VEDE AUTOSTRADE DOVE ALTRI SOLO SENTIERI" – 7 ANNI FA SE NE ANDAVA VUJADIN BOSKOV, UNO DEGLI ALLENATORI PIU’ CITATI DELLA STORIA DEL CALCIO - GLI AFORISMI: "IN ITALIA PERDE SOLO ALLENATORE E SOLO IOCATORI VINCONO" - FU BOSKOV A LANCIARE TOTTI IN SERIE A, A BRESCIA. FU LUI A CONSEGNARE A MIHAJLOVIC IL RUOLO DI LIBERO E A DIRE: "CON SINISA PALLONE HA OCCHI" - VIDEO
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https://m.dagospia.com/il-boskov-delle-meraviglie-come-iocatore-a-sampdoria-ho-rubato-stipendio-come-allenatore-no-76187
Gianni Mura per ‘La Repubblica' – 28-04-2014
Vero, un bel pranzo in una villa sul mare, a Pieve Ligure, e voi due che vi abbracciavate con gli occhi. «Yelena è giornalista molto famosa in Jugoslavia », dicevi, e raccontavi che una laurea l'avevi presa anche tu (storia o geografia, non ricordo). La faccia che ti si illuminava parlando di Novi Sad: «La città più bella del mondo: ungheresi, slovacchi, serbi, croati, ebrei, tutti insieme uniti dalla forza delle differenze. Porqué l'uomo è scambio y adaptamento».
La finale olimpica persa nel '52 contro l'Ungheria di Puskas, in campo in due mondiali. Brera mi disse che Boskov era uno dei centrocampisti più forti che avesse mai visto. Sorriso compiaciuto: «A Novi Sad mi chiamavano il piccolo Boszik, pero io per mia squadra ero come Rivera». D'altra parte, se non sei bravo non ti chiamano a 22 anni per giocare col resto d'Europa contro l'Inghilterra (un memorabile 4-4). «Come iocatore a Sampdoria ho rubato stipendio, come allenatore no».
Smise di giocare allo Young Boys. «Pallone va più veloce di miei piedi, stop». Lo chiamavano zingaro, brutta abitudine verso chi è nato dall'altra parte dell'Adriatico. Non si offendeva. «Se vuole dire giramondo mi va bene, se vuole dire vagabondo non va bene. Ma non mi dà fastidio, solo perdere mi dà fastidio». Allenatore in Spagna, in Olanda, in Jugoslavia (anche la Nazionale). Squadre grandi e squadre piccole: Real Madrid e Gijòn, Feyenoord e Den Haag. Teneva conferenze al Supercorso di Coverciano. Fu Allodi a portarlo in Italia (dal Real Madrid) dicendogli che lo voleva la Juve, però per una stagione l'avrebbero parcheggiato ad Ascoli. Bene, disse zio Vuja.
Al termine della stagione Allodi gli disse: la Juve ci ha ripensato, ma ci sarebbe la Samp. Bene, disse zio Vuja. E costruì, d'intesa col presidente Paolo Mantovani, la Samp dello scudetto, che non era solo Vialli e Mancini ma anche Vierchowood e Mannini, Pari e Katanec, Cerezo e Lombardo. Era un gruppo molto unito, che faceva pure la formazione, disse qualcuno. Boskov ci rideva su: «Noi squadra democratica, tutti possono parlare, poi decido io. Allenatore io vedo come maestro di scuola, mai come dictatore, o poeta, o fratello. Allenatore deve avere intelligenza fredda, una volta picchiavi pugno su tavolo e iocatori tutti zitti, adesso no. In Italia perde solo allenatore e solo iocatori vincono. Se Mancini sbaglia rigore è colpa mia che dovevo farlo tirare a Vialli, e viceversa. In Germania, in Inghilterra, se iocatore sbaglia rigore è colpa sua».
La colpa, una specie di fissazione. «Di chi colpa? Di Pagliuca?», altro suo tormentone. Non gli piaceva la zona. «Fatta solo una volta, al Real. Annulla responsabilità personale, prendi gol e non sai di chi è colpa. E non è vero che la zona crea spettacolo. Se una squadra di brocchi gioca a zona, che spettacolo è? Lo spettacolo lo fanno grandi iocatori: Maradona, Vialli, Van Basten. E Samp spesso fa spettacolo e non ioca a zona». Non gli piaceva Savicevic: «Con pallone tra piedi è Sivori, appena lo perde diventa spettatore non pagante». Fu Boskov a lanciare Totti in serie A, a Brescia. Fu lui a consegnare a Mihajlovic il ruolo di libero e a dire «con Sinisa pallone ha occhi».
Non aveva paura a parlare dei suoi: «Qui tutto dipende da movimenti di Vialli. Non è perfetto, di testa può migliorare, ma mi piace tanto. Mancini tecnicamente è più forte, ma su ogni pallone che gli arriva vuole fare capolavoro. Vede bene ioco, ma è capriccioso. Sono tutti bravi ragazzi, a tavola mettiamo quattro bottiglie di vino e due restano piene». Pieno era lo stadio di Wembley, più di 70mila persone, la metà doriani, per la finalissima di Coppa Campioni.
Alla vigilia era filtrata la voce (rivelatasi esatta) di un passaggio di Vialli alla Juve. La Samp se la giocò alla pari col Barça di Crujiff, ma Vialli non c'era con la testa e sbagliò due gol facili, davanti a Zubizarreta. E nei supplementari, quando già si pensava ai rigori, segnò Koeman su punizione. E non per colpa di Pagliuca, ma di una barriera che s'era mossa troppo presto. Sarebbe stato il capolavoro di zio Vuja, ma le migliaia di messaggi web dicono che, anche così, tanti gli hanno voluto bene.
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sequel
(continua da qui) Spazzacorrotti rivista, penalisti e Forza Italia convincono il governo, Errico Novi Pronti ritocchi per evitare la beffa del carcere a chi ha patteggiato
Nella “spazza corrotti” si apre qualche spiraglio. Almeno per quelle parti della legge segnate dai più chiari profili di incostituzionalità. Grazie all’iniziativa congiunta di Unione Camere penali e Forza Italia, il governo dovrebbe definire a breve un decreto interpretativo per evitare, quanto meno, che finisca in carcere chi aveva già presentato istanza per ottenere misure alternative, e che ne avrebbe avuto diritto con le norme esistenti prima della “riforma”. Non solo, perché sempre grazie a un’iniziativa assunta dall’Ucpi con la Camera penale di Como, un gip del Tribunale lombardo ha scarcerato un condannato finito in cella sempre a causa delle modifiche previste dalla spazza corrotti. È la dimostrazione che i tratti di illegittimità dell’ultima “legge anticorruzione” sono così evidenti da indurre a un pur parziale ripensamento lo stesso governo autore delle norme. Così come sono significative le scelte di alcuni Tribunali e della stessa Procura generale della Cassazione che, come segnalato su queste pagine, si sforzano di cercare interpretazioni costituzionalmente orientate della nuova legge. C’è dunque innanzitutto un atto ufficiale del ministero della Giustizia che preannuncia una «opportuna iniziativa» per «precisare» la norma che ha precluso le misure alternative ai condannati per corruzione. Precisazione che riguarderebbe le condanne divenute definitive prima dell’entrata in vigore della “spazza corrotti”. Via Arenula assume l’impegno nella risposta ufficiale a una mozione di Enrico Costa, deputato e responsabile Giustizia di Forza Italia. Il parlamentare azzurro aveva predisposto il proprio documento d’intesa con l’Unione Camere penali. Certo, come ricorda lui stesso in una nota, nella mozione si richiedeva di rendere le nuove norme «non applicabili per i fatti commessi prima della loro entrata in vigore». Così si sarebbe evitata davvero la retroattività. Ma quella correzione, spiega Costa, «purtroppo è stata respinta dalla maggioranza» e così resta irrisolto «un tema che attiene alla libertà personale di chi ha fatto scelte processuali in vigenza di un regime giuridico e si trova a subire le conseguenze di norme divenute più sfavorevoli». Lo stesso deputato di opposizione resta ora in attesa della «norma transitoria» annunciata dal ministero della Giustizia. Modifica che, dice, «senza il nostro intervento sarebbe rimasta lettera morta».
«È un pur parziale passo avanti», spiega il presidente dell’Unione Camere penali Gian Domenico Caiazza, «considerato che l’applicazione dell’articolo 4 bis ai reati contro la Pa aveva già prodotto conseguenze assurde: la Procura generale di Napoli, per esempio, aveva revocato la sospensione degli ordini di esecuzione concessa ai condannati che avevano chiesto le misure alternative al carcere». Ma lo stesso Caiazza segnala «il caso di una scarcerazione appena avvenuta a Como: insieme con la Camera penale lombarda e il professor Vittorio Manes, abbiamo chiesto e ottenuto dalla gip Luisa Lo Gatto un’ordinanza favorevole a un condannato che aveva optato per l’abbreviato in modo da evitare il carcere ma che con le nuove norme era finito in cella. Un’ordinanza splendida, che ha dato un’interpretazione costituzionalmente orientata e che dimostra come, con l’impegno dei penalisti, si possano limitare gli effetti più irrazionali della spazza corrotti».
da Il Dubbio di sabato 9 marzo 2019
(prosegue ancora qui)
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“Ho sempre sognato di essere uno scrittore minore”. Giulio Mozzi dialoga con Francesco Consiglio su: editoria, scrittura, oracoli, un romanzo che scrive da vent’anni
Il governo ha chiuso le scuole per l’emergenza Coronavirus, e così, ferme le lezioni al liceo e al conservatorio, mia figlia ha la possibilità di andare a letto tardi e svegliarsi tardi. Il blocco delle lezioni, vissuto dalle famiglie come una tragedia (ho capito che la scuola non serve a insegnare ma a parcheggiare i figli), ha avuto su di me un effetto effetto anti-age – che meraviglia! – riportandomi ai tempi in cui, insieme a lei, mi sciroppavo ore di cartoon. Ieri sera, io e la studentessa in congedo abbiamo visto un film su Sherlock Holmes, con Robert Downey Jr. nel ruolo dell’investigatore e Jude Law nella parte del dottor Watson. Da vero uomo del mio tempo, con un occhio alla tv e l’altro sullo smartphone, curiosavo su vibrisse, il blog di Giulio Mozzi. E proprio mentre Sherlock Holmes diceva: “I piccoli dettagli sono di gran lunga i più importanti”, io leggevo: Giulio mozzi è nato il 17 giugno 1960. Con la minuscola.
Possibile che lui, un curatore editoriale con la maiuscola, non si sia accorto dell’errore? No, impossibile. Il mio quinto senso e mezzo mi dice che l’ha fatto apposta, come Gozzano che nella Via del rifugio scrive così di sé:
“Ma dunque esisto! O Strano! vive tra il Tutto e il Niente questa cosa vivente detta guidogozzano!”
Facendo diventare il Poeta un io minuscolo, con tanti saluti a D’Annunzio e alla sacralità della letteratura. Ecco, mi è sembrato che anche Giulio Mozzi volesse fare altrettanto, prendersi gioco di sé stesso e della sua condizione di scrittore. E Dio sa, in un mondo di automaiuscolandi, quanto c’è bisogno d’ironia e di gioco.
Qui sotto, l’intervista. Bella o brutta non lo so, ma è tanta roba.
Hai pubblicato raccolte di racconti, un paio di libri in versi, manuali di scrittura, ma se chiedo in giro chi è Giulio Mozzi, probabilmente mi sentirò rispondere: “Un insegnante di scrittura”. Molti diranno: “Un ottimo insegnante di scrittura e il più bravo scout letterario che abbiamo in Italia”, ma è proprio questo che volevi quando hai cominciato a scrivere? In una pagina a te dedicata sul sito di una libreria online hai scritto: “Non ho mai desiderato essere uno scrittore; e non lo desidero neanche adesso”. Ma qualche riga sotto dici anche: “Raccontare delle storie è una cosa importante per me”. Insomma, mi fai friggere il cervello.
Sono due desideri diversi. Desiderare di “essere uno scrittore” significa, secondo il senso meno nobile dell’espressione, desiderare di acquisire un certo status; secondo il senso più nobile, significa decidere di dedicare la propria vita primariamente alla scrittura. Io questa scelta non l’ho fatta. Dopo i miei primi tre libri di racconti, Questo è il giardino del 1993, La felicità terrena del 1996 e Il male naturale del 1998, ho avuto la sensazione di aver finito il mio lavoro. Ho continuato a scrivere in parte per inerzia – vedi un libro come Fantasmi e fughe, del 1999, quasi inutile – e in parte per cercare novi modi, un nuovo senso della scrittura: con Il culto dei morti nell’Italia contemporanea, del 2000, dove tentavo la composizione in versi, e Fiction, del 2001, dove mi interrogavo su che cosa diavolo sia, in effetti, la finzione. Poi mi sono fermato. Da lì in poi ho fatto libri occasionali, pamphlet, quella strana cosa che è Sono l’ultimo a scendere e altre storie credibili, del 2009 – un libro tutto diverso dai precedenti: e conta gli anni di distanza – e poi con Favole del morire, del 2015, ho finito di raccogliere tutti i pezzi sparsi. Ci sarebbe il romanzo al quale sto lavorando, ininterrottamente e con tantissime esitazioni, dal 1998; al momento – poiché ha cambiato tanti titoli – si chiama Le ripetizioni. Ma, in realtà, negli ultimi vent’anni non ho fatto altro che lavorare nell’editoria e insegnare. In questo momento, tra me e la scrittura c’è come una parete; devo trovare il modo di abbatterla.
Quando avevo vent’anni e abitavo in Sicilia, a due passi dall’Olympeion della splendida Akragas, avevo più possibilità di sentirmi vicino a Zeus che a qualunque abitante del Parnaso delle lettere patrie. Se avessi voluto parlarti, potevo scrivere a uno dei tuoi editori e supplicarli di darmi il tuo indirizzo, o telefonare a tutti i Giulio Mozzi presenti sull’elenco telefonico. Oggi basta un clic per bussare alla porta della tua casa digitale, al tuo blog o al profilo Facebook. Mi chiedo se questa esposizione mediatica, che è comunque una scelta, ti abbia portato dei vantaggi (che io riesco a immaginare in contatti con i lettori e promozione delle tue attività) o se invece ti senti vittima dell’invadenza dei tanti questuanti letterari in cerca di un padrino che li faccia pubblicare.
Sul risvolto del mio primo libro, nel 1993, lì dove di solito si mette la biografia dell’autore, c’era scritto: “Giulio Mozzi è nato nel 1960. Abita a Padova in via Michele Sanmicheli 5/bis” (oggi non abito più lì). Se avessi voluto parlarmi, sarebbe bastato cercare sull’elenco del telefono o passare all’ufficio postale per scoprire il codice di avviamento. La mia scelta di “esposizione”, come tu la chiami – e mi sembra una parola ben trovata – risale a diversi anni prima che l’internet diventasse popolare, a sette anni prima che decidessi di dar vita in rete al mio “bollettino di letture e scritture” vibrisse. Grazie a quella scelta ho avuto la fortuna di essere il primo lettore di alcuni autori che ebbi poi il privilegio di accompagnare alla pubblicazione; e quindi la fortuna di scoprire un lavoro, particolarissimo, per il quale evidentemente avevo qualche talento. E poi: diventai amico di Laura Pugno – ancora prima: nel 1988 – perché da un’indicazione di luogo, dopo aver letto il suo primissimo libro di poesie – poi da lei abiurato – riuscii a risalire al suo telefono. Allo stesso modo, dopo aver letto un suo libricino pubblicato da un editore davvero minuscolo, riuscii a incrociare Vitaliano Trevisan. Ricordo ancora l’emozione di quando un giovanotto mi mandò un racconto brevissimo, due o tre pagine, accompagnandolo con una domanda: “Io studio da avvocato, ma la mia futura moglie dice che forse farei meglio a dedicarmi alla letteratura” (cito a memoria): era Diego De Silva. E dovrei lamentarmi perché ogni tanto incrocio qualche rompiscatole? Se ne trovano di più al supermercato.
Quando un critico parla di “libro necessario”, mi vengono in mente quegli incontri di boxe frettolosamente definiti “match del secolo”. Quanti ne abbiamo visti nel secolo scorso? Almeno una decina. Ora, a parte che bisognerebbe chiedersi se la letteratura sia veramente necessaria e provocatoriamente affermare che sono esistiti più popoli senza letteratura scritta di quanti non ce ne siano stati senza religione, penso che bisognerebbe essere più parchi nel parlare di necessità. Un religioso conventuale, il gesuita Carlo Sanseverino, scrisse in un suo libro sugli antichi filosofi pagani: “Non è libro necessario al genere umano. No: senza questo mio libro si può cenare, e dormire lietamente, ed essere un buon cristiano”. Ecco, un pizzico di umiltà non guasterebbe.
Fu Giangiacomo Feltrinelli, credo, a coniare l’espressione “libri necessari”. E intendeva, credo, libri politicamente necessari – con un’idea di politica che era quella onnicomprensiva di quei tempi. Peraltro, di capolavori ne spuntano giusto un paio al secolo. Poi, certo, ci sono dei libri che magari sono importanti per una generazione – per la generazione mia per esempio, è stata importante l’opera di Pier Vittorio Tondelli: ma l’affetto non può impedirci di vederne, oggi, i limiti. Quanto a me, il mio sogno segreto è sempre stato quello di essere uno scrittore minore.
La storia della letteratura è piena di scrittori assolutamente folli, autodistruttivi nei confronti di sé stessi e degli altri, ostili al contatto umano, randagi della vita. Te lo immagini un redivivo Dino Campana, che sua madre chiamava “l’anticristo”, mentre discute le modifiche di un contratto di edizione? E Virginia Woolf, vittima di crisi depressive e profondi sbalzi d’umore, avrebbe retto allo spostamento di una virgola o al taglio di una frase imposta dal suo editor? Giacomo Leopardi, così cupo e indecifrabile, avrebbe passato più tempo sulle “sudate carte” o nello studio di uno psicoanalista, con il ricco genitore che gli pagava le sedute? Non è un tempo per folli, evidentemente. Eppure Allan Poe ha scritto: “Mi hanno chiamato folle; ma non è ancora chiaro se la follia sia o meno il grado più elevato dell’intelletto”.
La storia della letteratura è piena anche di scrittori assolutamente normali, tranquilli, buoni borghesi, addirittura affaristi o filantropi. E sospetto che siano in larga maggioranza. (Quanto alle domande: i periodi ipotetici dell’irrealtà non mi interessano).
Oggi è possibile stampare da soli il proprio libro e metterlo in vendita sul web senza il supporto di un editore. L’autopubblicazione è sempre esistita, d’accordo, ma la novità consiste nell’opportunità data al lettore di acquistare con lo stesso semplice clic l’ultimo romanzo di Baricco o il manuale di ricette di Nonna Pina che un nipote smanettone è riuscito a stamparle con Kindle Direct Publishing. Parrebbe una grande libertà, un ribaltamento dei ruoli di forza tra editore, distributore e autore, eppure il self publishing continua a essere considerato il rifugio dei mediocri.
L’autopubblicazione continua a essere considerata il rifugio dei mediocri perché, oggi, è effettivamente il rifugio dei mediocri. Non dubito che possano esserci buoni libri tra gli autopubblicati; ma la massa, per quel che vedo, è roba che non vale nulla, gli editori fanno benissimo a non pubblicarla: ne pubblicano già troppa, anche loro, di roba che non vale nulla. E a chi vuole liberarsi di loro ricordo che gli editori (a) mandano i libri nelle librerie, cosa che con l’autopubblicazione è difficilissimo fare; (b) fanno un sacco di lavoro di comunicazione; (c) fanno, anche se non sempre, un lavoro di “collocazione” dell’autore nel panorama editoriale e nel mondo culturale; (d) contribuiscono, con la loro identità – o quel che ne resta – all’identità dell’autore e del libro; eccetera. Senza contare che un autore, per dire, potrebbe essere affezionato, per motivi suoi, a un certo catalogo, o a una certa grafica, o a un certo modo di produrre e promuovere i libri, e così via. Rappresentarsi gli editori come pure e semplici sanguisughe è da disinformati. Poi, certo: non sono tutte rose e fiori. Non c’è nulla, nella vita, che sia rose e fiori.
Mi chiedo però cosa impedisca a uno scrittore mediamente noto (ma di quelli che non prendono lauti anticipi) di autopubblicare e percepire una royalty che arriva al 70% sul prezzo di copertina.
Naturalmente, tutto dipende da che cosa cerca un autore. Se uno cerca soldi, si comporterà in un modo. Se cerca successo, si comporterà in un altro. Se cerca di entrare nei circoli più esclusivi di una certa società letteraria, si comporterà in un altro ancora. Se cerca l’abbraccio caldo dei lettori, si comporterà ancora diversamente. A me, per esempio, per stare al piano materiale, dei soldi che posso guadagnare direttamente con i libri importa poco. M’importa invece che i miei libri pubblicati mi qualifichino come professionista: dello scouting, dell’editing, dell’insegnamento. Perché di queste tre cose effettivamente vivo. So perfettamente che i miei libri vendono poco, e mi pare anche logico che sia così. Non mi passa neanche per l’anticamera del cervello di fare un’opera in un certo modo anziché in un altro per vendere di più. Anche un libro come l’Oracolo manuale per scrittrici e scrittori (a cui sta per seguire un Oracolo manuale per poete e poeti, fatto a quattro mani con Laura Pugno), che può sembrare concepito unicamente per un ragionamento di mercato (e in effetti sta vendendo benino), per me è stato importante soprattutto perché mi ha permesso di riflettere sul mio lavoro di insegnante. Qualcuno – ora non ricordo chi – l’ha definito più o meno come “una dichiarazione di poetica travestita da manuale di scrittura”. E mi sta bene.
Francesco Consiglio
*Giulio Mozzi è nato il 17 giugno 1960. Abita a Padova. Si è diplomato presso il Liceo-Ginnasio ‘Tito Livio’. Ha svolto il servizio civile alternativo al servizio militare presso la Casa del fanciullo di Padova. Dal 1982 al 1989 ha lavorato nell’ufficio stampa della Confartigianato del Veneto. Dal 1989 al 1996 ha lavorato come fattorino-magazziniere presso la Libreria internazionale Cortina di Padova. Dal 1996 al 2001 ha campato essenzialmente di corsi e laboratori di scrittura e narrazione. Dal 1997 al 1999 ha collaborato con la casa editrice Theoria. Dal 2001 ai primi mesi del 2009 è stato consulente per la narrativa italiana di Sironi Editore. Nel 2006 ha dato vita, con un gruppo di generosi amici, alla casa editrice in rete vibrisselibri, ora di fatto cessata. Dal 2008 al 2014 è stato consulente di Einaudi Stile Libero. Dal 2009 al 2013 ha collaborato con l’Istituto per la sperimentazione didattica ed educativa (Iprase) della provincia di Trento. Attualmente è consulente di Marsilio Editori per la narrativa italiana. Nel 2010 ha iniziato una collaborazione amichevole con Laurana Editore, dalla quale è nata nel 2011 la Bottega di narrazione. Ha scritto per il teatro, soprattutto per la compagnia di teatro per bambini (ma non solo) Fantaghirò; e per il teatro musicale, in collaborazione con Vociferazioni.
L'articolo “Ho sempre sognato di essere uno scrittore minore”. Giulio Mozzi dialoga con Francesco Consiglio su: editoria, scrittura, oracoli, un romanzo che scrive da vent’anni proviene da Pangea.
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Le donne sono in netta minoranza, chi ha già un’esperienza politica in maggioranza: è il quadro del drappello di aspiranti consiglieri regionali che parte dalla Bassa Modenese alla conquista di Bologna. Domenica si vota per il rinnovo del Consiglio regionale, a disposizione ci sono 50 seggi per rappresentare l’Emilia-Romagna nella sua interezza.
La Bassa Modenese esprime 17 candidati, sparsi un po’ in tutti i partiti. Ci sono due consigliere regionali uscenti, entrambe donne. Si tratta di Palma Costi (Partito democratico), di Camposanto, che è stata anche assessora nella Giunta del primo Bonaccini e di Giulia Gibertoni (Movimento 5 Stelle), di Mirandola, che nell’ultima consiliatura ha seduto all’opposizione.
Anche nella legislatura 2020-2025 la Bassa modenese sarà rappresentata da donne? Difficile, visto che tra i candidati prevale nettamente la rappresentanza maschile: ci sono 11 maschi su 17 candidati. Unapercentuale di molto superiore a quella media dei candidati in tutta la regone, dove il 51% dei candidati consiglieri è di sesso maschile
Ma torniamo alla rassegna presentando chi ha già esperienze politiche. Sono tanti – la maggior parte – i candidati che dopo aver fatto esperienza a livello locale ora vogliono cimentarsi con il governo regionale. Anche questo un dato in controtendenza. Ad esempio c’è il consigliere comunale di Finale Emilia Stefano Lugli, che di elezioni ha lunga esperienza (è stato candidato anche alle Europee) e che con Rifondazione Comunista prima, L’Altra Emilia-Romagna ora, gioca la sua partita politica tentando la presidenza.
Da Mirandola c’è il consigliere provinciale e di Unione Comuni Area Nord Antonio Platis che corre sotto le insegne di Forza Italia. Ha anche vasta esperienza come consigliere comunale. Altra politica di lungo corso è Maria Grazia Zagnoli, che ha seduto per tanti anni in Consiglio Comunale a Mirandola con Alleanza nazionale e oggi è candidata con Fratelli d’Italia. Sempre per Fratelli d’Italia, da Bastiglia c’è Antonio Spica, che tenta la corsa regionale dopo essere stato consigliere comunale, appunto, a Bastiglia. Rimanendo nella compagine di centrodestra che sostiene presidente Lucia Borgonzoni, troviamo Marco Bergamini, consigliere comunale di Medolla e di Unione Comuni Area Nord in più mandati, sempre seduto all’opposizione. Arriva da San Prospero Bruno Fontana, presidente del Consiglio Unone Comuni Area Nord e consigliere comunale di opposizione a San Prospero. E’ di San Felice invece, Elisabetta Malagoli, assessora nella giunta del sindaco di centrodestra Michele Goldoni, oggi candidata in Regione nel listino della Borgonzoni. Nelle liste della Lega ci sono Roberto Garuti (Bomporto) e Federica Boccaletti (Novi). Il primo è un imprenditore, la seconda è una giornalista.
Ultimo candidato con esperienze politiche, ma non di rappresentanza è Piergiorgio Rebecchi, di Medolla, candidato nel Pd. La sua storia al servizio del bene pubblico lo ha visto leader a Modena per il Movimento 5 Stelle, oggi però sostiene il democrat Stefano Bonaccini.
Ed ecco i neofiti che si candidano a elezioni senza esperienze politiche precedenti. Il primo della lista è Roberto Lodi, avvocato di Mirandola classe 1962 che corre per la Lega.
Poi c’è Simone Ganzerli, che ha 31 anni, è di Mirandola ed è ingegnere. E’ candidato per Europa Verde, lista a sostegno di Stefano Bonaccini. Nella stessa coalizione c’è Giampaolo Briscagli, candidato con la lista + Europa. Ingegnere classe 1964, è di Finale Emilia.
Per il Movimento 5 Stelle c’è in campo Paolo Stevanin, 60 anni, imprenditore agricolo di Novi e per l’Altra Emilia -Romagna c’è Elena Govoni, chimica industriale di 58 anni di Finale Emilia.
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Salvini, "le cose non girano per il verso giusto, tenetevi pronti". Avvicinamento a Toti
Salvini: “Le cose non girano per il verso giusto. Tenetevi pronti per qualunque evenienza”. (di Massimiliano D’Elia)Ieri mattina il vertice di governo ospitato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Oltre ai due vice premier vi era il ministro dell’Economia Giovanni Tria e un cospicuo numero di tecnici del suo ministero. L’incontro è stato voluto da Conte per cercare di buttare giù basi “solide” per la prossima manovra finanziaria, una specie di “asso nella manica” da mettere sul tavolo di Bruxelles, dopo la conferma del probabile avvio della procedura di infrazione per deficit eccessivo, a carico dell’Italia. Un vertice ad altissima tensione, specialmente quando Tria si è messo di traverso per la flat tax, appoggiato dal premier Conte. Tria ha chiesto a Salvini dove prendere le coperture per la proposta leghista. Salvini ha risposto che la Lega ha pronto un disegno di legge in cui le coperture sono previste, ma ha escluso che si possa fare tutto senza sforare. Ad un certo punto dell’incontro sarebbero volate “parole grosse” tra Tria e Salvini, tant’è che il leader leghista, con il suo seguito, ha abbandonato il vertice e nel primo pomeriggio ha riunito i suoi ministri dicendo: “Le cose non girano per il verso giusto. Tenetevi pronti per qualunque evenienza”. Salvini è sempre più convinto che l’asse Tria-Conte sia troppo poco coraggioso con Bruxelles: “Ci vuole la schiena dritta e non calare le braghe subito”. I leghisti sono certi che Bruxelles contesti i conti del 2018 2019 e del 2020 per non permettere all’Italia di tagliare le tasse. Nella riunione pomeridiana con il gotha leghista, Salvini mette sul tavolo degli imputati anche Di Maio, ritenuto incapace a condurre dossier spinosi come Ilva e Alitalia. I grillini a loro volta bocciano l'ipotesi del condono sui depositi nelle cassette di sicurezza. Sul fronte Alitalia, la novità è l'ingresso nella partita del presidente della Lazio Claudio Lotito. Il ministro dello Sviluppo Di Maio, a dire di Salvini, non raccoglie i suggerimenti leghisti. Caso Alitalia. Salvini è disposto a far entrare Atlantia per far uscire la compagnia di bandiera dal pantano dell'amministrazione straordinaria. Caso Ilva. Nel decreto crescita dovrebbe essere modificato l'articolo che garantisce lo scudo penale alla proprietà, il colosso dell'acciao ArcelorMittal, per gli anni a venire, fino al 2023, mentre con il provvedimento Di Maio verrà meno entro settembre. Con la quasi certezza che gli stabilimenti di Taranto, Genova e Novi Ligure chiuderanno. In piazza potrebbero scendere 13mila lavoratori, licenziati da questi stabilimenti, spiega un leghista. Sarà difficile gestire una piazza di gente licenziata a causa del governo: “Gli effetti sul nostro consenso elettorale sarebbero devastanti». Ma la verità è che la pace fiscale che Salvini vorrebbe a favore delle cassette di sicurezza, custodite presso le banche italiane per un valore stimato di 150 miliardi di euro, sta mandando letteralmente in tilt i pentastellati, da sempre contrari a qualsiasi condono. A calare la carta più pericolosa per la tenuta del governo è stato direttamente il cofondatore del Movimento, il Beppe nazionale. Beppe #Grillo sul Fatto Quotidiano afferma che la Lega convince la gente alimentando la paura: “Hanno riempito lo spazio dei timori seminato da decenni di follie. Si comportano come un fiume che riempie un lago, un fenomeno naturale, sempre lo stesso, quando la gente si fa convincere di avere paura. Non importa se il lago tracimerà, nulla importa se tanta gente da loro fiducia nonostante un rapporto matematico fatti/parole che vuole più zeri dietro alla virgola del peso di una particella subatomica”. La replica, immediata, di #Salvini: “Beppe Grillo probabilmente non abita in una casa popolare, non prende l'autobus, non ha una figlia che prende il treno con il cuore in gola”. A quanto pare il governo non ha prospettive credibili. Da un momento all’altro proprio Salvini potrebbe salire al Colle. E’ l’unica strada per tornare alle urne già a Settembre. Salvini è consapevole che i consensi, intorno al 37 per cento, sono un capitale che può “liquefarsi” in un batter d’occhio. Per questo motivo, secondo alcuni quotidiani italiani, in gran segreto starebbe già parlando con Giorgia Meloni e soprattuto con Giovanni Toti. Ci sarebbe stata una telefonata di Salvini proprio a Toti: "Tieniti pronto". Circa dieci giorni fa si è visto a Roma con Giovanni Toti e sarebbero continue le telefonate con il governatore della Liguria. Con Giorgia Meloni, invece, sono flebili i contatti tant’è che i vertici di Fratelli d'Italia sono certi che Salvini farà saltare il banco per rischiare una corsa in solitario, lasciando al palo sia Fdi che Forza Italia. Probabilmente Salvini non gradisce lo "scouting" di Fratelli d'Italia, tra gli ex di Forza Italia. Si sarebbe parlato anche di un rientro in politica nelle fila della Meloni, di Gianfranco Fini. Entro questo mese Salvini dovrà uscire allo scoperto perché ci siano i tempi tecnici per tornare al voto a settembre-ottobre, avviare la nuova legislatura e approvare la legge di Bilancio. Read the full article
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Manca ancora l’ufficialità, ma l’esponente leghista di Novi, già portavoce di Rosi Mauro, è il nome su cui puntano il Carroccio, Fratelli d'Italia e Forza Italia http://bit.ly/2SViDZy
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Incendio all'ex Macello di Novi Ligure: Forza Italia chiede la convocazione dei Capigruppo per chiarimenti
NOVI LIGURE – Dopo il recente incendio verificatosi il 14 marzo 2025 presso i locali dell’ex Macello civico di Novi Ligure, il Gruppo Consiliare di Forza Italia – Berlusconi per Novi Ligure, rappresentato dai consiglieri Maria Rosa Porta e Oscar Poletto, ha formalmente richiesto la convocazione urgente di una riunione dei Capigruppo aperta a tutti i consiglieri comunali. Le preoccupazioni…
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MACERATA – Presentato questa mattina nella Sala Castiglioni della Biblioteca Mozzi Borgetti La terra è, un progetto ideato e realizzato dall’assessorato alla Cultura del Comune di Macerata, dall’Ecomuseo delle case di Terra Villa Ficana della rete Macerata Musei e dall’Associazione Internazionale Città della Terra Cruda, con il patrocinio dei Comuni di Treia, Mogliano e Montegranaro, coordinato dall’architetto Anna Paola Conti, che si connota come un percorso per spiegare cosa sia, cosa sia stata e cosa possa essere la costruzione in terra cruda, attraverso un ciclo di incontri con taglio divulgativo che diventa , grazie al racconto del grande patrimonio di case in terra cruda da tutelare e valorizzare, un’occasione importante per l’Anno Europeo del Patrimonio Culturale.
L’obiettivo dell’iniziativa che partirà da Macerata e che è nelle intenzioni dell’Amministrazione comunale considerare come l’inizio di un lavoro sinergico per la nascita di una rete dei comuni che vedono nel proprio territorio case in terra cruda, come ha spiegato l’assessore Stefania Monteverde, è quello di raggiungere i professionisti, ma anche gli amministratori, gli studenti, i proprietari, per illustrare la ricchezza e la complessità dell’architettura in terra cruda nelle varie regioni italiane e in Europa, sia nei suoi aspetti storico tipologici, sia nelle sue espressioni attuali. Importante, ha detto sempre l’assessore alla Cultura, per progettare anche un piano di sviluppo strategico sul turismo legato alle case di terra cruda.
La formula sarà quella della presentazione di libri che abbiano per oggetto i temi proposti o di resoconti che riguardino esperienze di lavori e progetti realizzati con particolare riguardo alle ricadute sul territorio.
Macerata, ha ricordato poi la Monteverde, è una delle poche città italiane a contare uno storico quartiere di case in terra cruda recuperato, Villa Ficana. Un luogo dal forte valore storico – monumentale che gode dal 2003 del vincolo di interesse monumentale posto dalla Soprintendenza Regionale per i Beni e le Attività culturali delle Marche e divenuto un importante incubatore culturale della città. Con la realizzazione dell’Ecomuseo Villa Ficana, infatti, è divenuto un contenitore culturale, gestito insieme ai giovani dello SVE – Servizio Volontario Europeo e del Servizio civile, nato per la valorizzazione delle risorse ambientali, storiche e culturali del territorio e dei suoi abitanti in un’ottica di sviluppo locale sostenibile attraverso la realizzazione di itinerari di tipo esperienziale, laboratori didattici e approfondimenti tematici, diventato un punto di riferimento importante per chi si occupa di terra cruda, architettura vernacolare e architettura sostenibile.
Alla conferenza stampa hanno portato la propria testimonianza i Comuni di Mogliano con l’intervento del direttore del Museo Terre Artigiane, Mirko Morichetti, che ha posto l’accento sui ripensamenti della ricostruzione in terra cruda riferendosi alla casa presente nel territorio moglianese, recuperata anni fa, ma attualmente lesionata dal terremoto e sull’importanza di mettere in rete anche percorsi turistici legati a queste specificità del nostro patrimonio culturale. Concetto ripreso dall’assessore alla Cultura del Comune di Treia Edi Castellani che ha sottolineato e auspicato la sinergia tra le città coinvolte e l’importanza che si mettano in rete.
Alla presentazione sono intervenuti anche Enrico Castelli e Andrea Coscia, rappresentante dell’Ordine degli Architetti della provincia di Macerata e vice presidente dell’Ordine di Fermo il secondo, i quali hanno affermato che la terra cruda ha molto da dire ancora e hanno auspicato la presenza di molti architetti agli appuntamenti del ciclo La terrà è patrocinata che prevede il rilascio di crediti formativi per gli iscritti all’Ordine.
Ogni sezione del progetto “La terra è”, come ha spiegato Martina Fermani dell’Ecomuseo di Villa Ficana, è articolata in più incontri da 3 ore l’uno, tenuti dagli autori e da alcune figure di riferimento in relazione al tema trattato.
Il primo appuntamento del ciclo, dal titolo La terra è (un) patrimonio, è in programma a Macerata nella sala castiglioni della Mozzi Borgetti, giovedì 25 gennaio, ore 15/18, e, declinato in due incontri, si focalizzerà sulla diffusione e le caratteristiche delle architetture di terra in Italia. Interverranno Giovanni Carlo Fiappo, Ispettore Onorario Soprintendenza Archeologica Friuli Venezia Giulia, che interverrà sul libro “Architetture di terra in Friuli tipologie, tecnologie, materiali: 20 anni di ricerche”- Giorgio Ganis, Giovanni Carlo Fiappo – Mimesis 2016 e Rosario Chimirri, architetto, Università della Calabria, parlerà invece del testo “Paesi di Calabria. Insediamenti e culture dell’abitare” (Rosario Chimirri – Rubbettino 2017).
Il programma prevede poi
MONTEGRANARO – giovedì 22 febbraio 2018 – ore 15/18
Gianfranco Conti – Architetto, Comitato Tecnico Scientifico Associazione Internazionale Città della Terra Cruda
“Terra cruda – Insediamenti in provincia di Chieti “
Gianfranco Conti, Pierluigi Gentile – Cogecstre edizioni 1997
Pierluigi Salvati – Architetto, MIBACT
“Architetture di terra nelle Marche “
Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Edizioni Tecnostampa 2005
Maria Chiara Esposito – Giornalista
“Questa è la mia terra-immagini e racconti delle case di terra in Italia”
Marco Alberto Desogus, Giovanni Sacchetti, Maria Chiara Esposito – Tiligù 2012
LA TERRA È TECNOLOGIA – Il modulo affronterà le complesse tematiche dell’intervento sull’esistente, del recupero e della possibilità di “traghettare” correttamente questo patrimonio nella realtà edilizia attuale. Contestualmente si racconterà anche quale sia la ricchezza della produzione scientifica internazionale in questo ambito, a conferma del livello di conoscenza e controllo oggi raggiunto.
TREIA – giovedì 15 marzo 2018 ore 15/18
Gaia Bollini – Architetto, Comitato Tecnico Scientifico Associazione Internazionale Città della Terra Cruda
“Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero. Linee guida per le procedure d’intervento”
Gaia Bollini – Edicom Edizioni 2014
Maddalena Achenza – Architetto, Comitato Tecnico Scientifico Associazione Internazionale Città della Terra Cruda
“Il manuale tematico della terra cruda” – Maddalena Achenza, Ulrico Sanna – DEI
Anna Paola Conti – Architetto, Comitato Tecnico Scientifico Associazione Internazionale Città della Terra Cruda
“Il recupero di una casa in terra. L’atterrato di Contrada Fontevannazza a Treia. I saperi ritrovati”
Anna Paola Conti – Edicom Edizioni 2007
MOGLIANO – giovedì 12 aprile 2018 ore 15/18
IL RESTAURO
Gianfranco Conti – Architetto, Comitato Tecnico Scientifico Associazione Internazionale Città della Terra Cruda
“Il racconto del restauro di Borgocapo e di Casa di Teresa a Casalincontrada in Abruzzo”
Gianfranco Conti – Stefania Giardinelli
Ignazio Garau – Architetto, Comitato Tecnico Scientifico Associazione Internazionale Città della Terra Cruda
“Il racconto del recupero della biblioteca di Samassi in Sardegna”
Gaia Bollini – Architetto, Comitato Tecnico Scientifico Associazione Internazionale Città della Terra Cruda
“Il racconto del recupero di cascinali in pisè a Novi Ligure e le tematiche dell’adeguamento prestazionale”
LA TERRA È PAESAGGIO – Il modulo indagherà i paesaggi marginali (e tra questi le case di terra), realtà che attraverso una “rivoluzione dello sguardo” possono essere strumento fecondo per disegnare un nuovo paesaggio. Durata: 1 incontro
MACERATA – giovedì 24 maggio 2018 ore 15/18
Antonella Tarpino – Storica e saggista
“Il Paesaggio fragile. L’Italia vista dai margini” – Antonella Tarpino – Passaggi Einaudi 2016
Questo itinerario inconsueto tra i paesaggi ai margini del nostro Paese intende volutamente «far girare la testa». Forza il quadro ormai desueto della cartografia politica per ri-raccontare i luoghi. Fa affiorare territori nascosti. Riporta in vita voci, visioni e suoni di chi quei paesaggi ha disegnato nel tempo. Ma come dare un futuro al paesaggio fragile, la montagna povera e gli interni (in Italia più della metà del territorio)? In via preliminare con una rivoluzione dello sguardo che – forte delle parole degli scrittori e delle immagini dei pittori – ripari la memoria tradita di quei luoghi: lungo le valli frontaliere delle Alpi Marittime, le antiche vie del sale appenniniche e il paesaggio delle case in terra cruda dall’Adriatico al Tirreno. È un racconto alla rovescia quello che emerge dalle testimonianze dei mulattieri, dei mercanti di capelli, dei suonatori ambulanti. Dove il loro perdersi e poi ritrovarsi nella memoria – che è contaminazione tra passato e progetti di futuro – ci svela direzioni di senso.
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Centrodestra, parte la campagna elettorale: "Basta divisioni, possiamo vincere"
Centrodestra, parte la campagna elettorale: “Basta divisioni, possiamo vincere”
Alessandria News Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia costituiscono il primo nucleo della coalizione di centrodestra che punta a strappare al Pd il governo della città di Novi Ligure nel 2019. “Siamo aperti alla società civile e alle altre forze politiche che si riconoscono nel progetto. Avremo un candidato forte e un programma costruito dal basso”
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Il fine settimana del 3-4 giugno nella splendida struttura di Calvisano (BS), cittadina storica del rugby italiano, si sono svolte le finali nazionali di Coppa Italia femminile. Per l’epilogo stagionale erano presenti le migliori 26 ( su 110 squadre iscritte alla Coppa Italia a sette) squadre dei tornei regionali disputati nel corso della stagione e suddivise in cinque gironi.
Alle Amazzoni del Rugby Mugello, vincitrici del girone toscano, capitano in sorte Pordenone Rugby e Nuoro Rugby, rispettivamente vincitrici del girone friulano e sardo, Capitolina Rugby Roma (che alla fine risulterà vincitrice della manifestazione) e Rivoli Rugby, seconde classificate nei gironi laziale e piemontese.
La trasferta, preparata nei minimi dettagli per consentire alle ragazze di esprimersi al meglio, inizia venerdì 2 giugno con la partenza per l’albergo; cena serale sul Lago di Garda a Desenzano e poi tutte a ricaricare le pile in vista delle partite previste nei due giorni successivi. Sabato 3 giugno i gironi di qualificazione e domenica 4 le fasi finali. Come da calendario si parte con il match contro le ragazze del Pordenone Rugby.
L’inizio non è dei migliori: la tensione è palpabile e la squadra friulana si dimostra avversario tosto e determinato, con ragazze di qualità che fanno della velocità e delle ottime capacità individuali, il loro punto di forza.
Finisce con una netta sconfitta per 24 a 0. Le borghigiane non scendono praticamente in campo, subendo l’iniziativa delle avversarie, commettendo errori banali e non riuscendo a far funzionare i meccanismi difensivi su cui tanto si era lavorato nei mesi precedenti.
Ci si rende subito conto della differente intensità fisica, mentale e di ritmo di gioco rispetto a quella che per tutto l’anno si era trovata durante la fase regionale. Nel secondo match di giornata contro Nuoro ci si prova a scuotere.
Serve maggiore aggressività nel lavoro difensivo e lucidità nelle scelte di attacco: le Amazzoni riescono a portare la partita dalla loro parte col risultato di 14 a 7 non senza difficoltà, pagando probabilmente ancora l’inizio da incubo, i meccanismi di gioco non ancora fluidi e la paura di sbagliare, che purtroppo imballa testa e gambe.
E’ la volta della Capitolina Rugby Roma, squadra esperta che può annoverare tra le proprie fila giocatrici con un lungo vissuto di rugby anche nella serie A femminile. Le Amazzoni, però, riescono finalmente a mettere da parte la tensione emotiva e cominciano a giocare il proprio rugby, che tante soddisfazioni aveva dato nel corso della stagione. Passate in vantaggio mettono in difficoltà la squadra capitolina, ancorandosi ad una mischia dominante e ad una ritrovata attitudine che esalta l’organizzazione difensiva.
La squadra che poi risulterà campione d’Italia al termine della due giorni, passa solo nel finale facendo valere le proprie qualità e vincendo la partita col punteggio di 21 a 7. E’ questo però il punto di svolta per la squadra borghigiana, che nel match successivo contro Rivoli, squadra piemontese che fornisce giocatrici al Cus Torino in serie A femminile, gioca finalmente al massimo delle proprie capacità.
Grande pressione difensiva, il consueto dominio nelle fasi statiche e scelte offensive oculate permettono alle Amazzoni di sovrastare le piemontesi col risultato di 21 a 7.
Il terzo posto nel girone, vinto dalla Capitolina Rugby Roma, consente alle mugellane di giocarsi il giorno successivo la vittoria della parte di tabellone che classificherà le squadre dal nono al sedicesimo posto.
Domenica è tutta un’altra musica. Le Amazzoni scendono in campo con piglio completamente diverso, mettendo in mostra tutte le proprie qualità. Prima Novi (terza classificata nel girone piemontese), sconfitta 21 a 10, poi Sambuceto (prima classificata nel girone abruzzese), 21 a 19, pagano la ritrovata verve delle mugellane: avanzamenti devastanti abbinati a rapide aperture del gioco non lasciano scampo alle avversarie.
Si arriva così alla finale per assegnare il nono posto, col morale alle stelle, convinte di poter recitare la parte delle protagoniste anche con l’Amatori Torre del Greco, vincitrice del girone campano e che può annoverare un settimo posto nell’ edizione passata della Coppa Italia.
La partita è avvincente, ed entrambe le squadre mettono in campo tutto ciò che hanno. Le Amazzoni lottano e provano a superare la linea di difesa avversaria ancorandosi ad una mischia chiusa dominante, come durante tutto il torneo, e ad una difesa che salendo rapidamente non lascia spazio alle iniziative avversarie.
Multifase offensivi ben giostrati dalla mediana mugellana provano ad aprire varchi nella difesa delle campane, dove una scatenata Molinelli si infila marcando la prima meta. Torre del Greco non ci sta’ e sfruttando l’ unico errore difensivo del match pareggia il conto. Si arriva all’ultimo giro di lancetta del cronometro in perfetta parità.
Le Amazzoni riescono ad alzare il baricentro del proprio gioco e si insediano nella metà campo avversaria e il caso vuole che l’ultima meta sia la sintesi perfetta del lavoro svolto da questo gruppo meraviglioso durante tutto l’arco dell’anno.
Avanzamento, continuità diretta ed indiretta ed aperture del gioco puntuali, permettono di trovare ancora una volta Molinelli, ala di giornata, libera al largo pronta ad entrare facilmente in meta.
La relativa trasformazione di capitan Barbugli ( 14 su 14 per lei alla fine) sancisce la fine della partita e dà inizio ai festeggiamenti per un risultato comunque prestigioso: il nono posto in classifica nazionale dietro a due squadre romane, tre venete e due lombarde, regioni di più lunga tradizione rugbistica, non è assolutamente risultato da scartare.
La libera gioia finale e l’ampio cerchio di fine partita allargato anche a chi aveva seguito la squadra fino alle porte di Brescia sono l’immagine più bella di un gruppo e di una società, il Rugby Mugello, che anno dopo anno prova con impegno far conoscere la palla ovale in un territorio dal bacino sicuramente limitato rispetto alle realtà cittadine, ma dove passione ed impegno possono comunque fare la differenza: le Amazzoni del Rugby Mugello ne sono il chiaro esempio.
Donna delle finali, senza dubbio, la giovane capitana della squadra: Arianna Barbugli. Grandi qualità di gioco e caratteriali, dedizione, rispetto, impegno e modestia fanno di lei la guida e il punto di riferimento insostituibile di tutte le ragazze che si sono avvicinate o che avessero voglia di avvicinarsi al rugby femminile in Mugello.
Ringraziamenti d’ obbligo vanno a tutti coloro che hanno collaborato attivamente alla riuscita di una stagione straordinaria: Lorenzo Vannini, tecnico e punto di riferimento insostituibile, Paolo Mattera, Sonia Fabbri e Cinzia Paladini accompagnatori, motivatori e collaboratori preziosi, Massimo Calamai presidente del Rugby Mugello per il sostegno costante e partecipato che ha dato al gruppo durante tutto l’anno e naturalmente tutte/i coloro che ci hanno fatto sentire il loro calore fondamentale per arrivare fino in fondo.
Le Amazzoni 2016-17: Barbugli (cap), Bartolini, Boni (vcap), Cerbai, Chelazzi, Ciampalini, Cuccovillo, Franchini, Gadani, Loli, Lunardi, Mazzocchetti, Molinelli (vcap), Montani, Paladini, Pagano, Pinzauti, Rocchi (vcap), Sargenti. All. Calabrese, Vannini. Acc. Mattera, Fabbri.
Una splendida stagione è già finita!!!!! Buon Rugby a tutte e tutti!!!!!
Emozioni di fine stagione. Le Amazzoni del Rugby Mugello in evidenza alle finali nazionali Il fine settimana del 3-4 giugno nella splendida struttura di Calvisano (BS), cittadina storica del rugby italiano, si sono svolte le finali nazionali di Coppa Italia femminile.
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Forza Italia di Novi Ligure contro il Sindaco Muliere su COCIV e RFI
Scontro politico a Novi Ligure sulle barriere fonoassorbenti dell’alta velocità Novi Ligure, 12 marzo 2025 – Il Gruppo Consiliare di Forza Italia di Novi Ligure, rappresentato dai consiglieri Maria Rosa Porta e Oscar Poletto, ha diffuso un duro comunicato stampa in cui accusa il Sindaco Rocchino Muliere e la sua giunta di incoerenza e tentativi di ingannare i cittadini sulla questione delle…
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