#Domande senza risposta
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molecoledigiorni · 1 year ago
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Forse il dolore è un amore che ha perso la casa
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intotheclash · 2 years ago
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C'è una cosa che mi chiedo da sempre: dov'è che vanno a morire le parole non dette?
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animatormentata · 2 years ago
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Perché mi hai lasciata andare?
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lospalatoredinuvole · 2 days ago
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Ci sono cose che tutt'ora non capisco.
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adrianawinchester92 · 1 month ago
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Il mistero della famiglia Sodder (Fayetteville, West Virginia): una scomparsa che ancora oggi lascia interrogativi. Recensione di Alessandria today
Un fatto realmente accaduto che ha sconvolto l’America e continua a far discutere: la misteriosa scomparsa dei cinque figli della famiglia Sodder nella notte di Natale del 1945. La notte della vigilia di Natale del 1945, nella cittadina di Fayetteville, West Virginia, la famiglia Sodder fu protagonista di uno degli enigmi più inquietanti della storia americana. George e Jennie Sodder vivevano…
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omarfor-orchestra · 2 years ago
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Quindi non è finita in merda?
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zibaldone-di-pensieri · 1 day ago
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N°10
10: se potessi cambiare qualcosa nel modo in cui sei stato allevato, quale sarebbe?
Pensandoci da dove sono adesso direi che l'ideale sarebbe stato se già da piccolo i miei mi avessero spinto maggiormente per fare uno sport e/o esperienze qualsiasi in qualunque ambito, perché a posteriori avrebbe ripagato tanto e adesso sarei in una situazione migliore
Grazie per la domanda.
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pensieri-liberi-nella-mente · 11 months ago
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Voglio sentirmi vivo ma non so come
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angelap3 · 6 months ago
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Bellissima, grazie all'autore ❤️
" Gli amici sono quelle stelle
che si accendono
quando il cielo, si dimentica di farlo.
Quelli che ci trovano
quando neanche noi, sappiamo dove siamo.
Sono quelli che sanno il tuo caos a memoria
che bevono il tuo silenzio
senza fare domande
e ti dicono che va tutto bene
anche se hai un nodo in gola
che neanche il mare scioglierebbe.
Sono quelli che camminano accanto a te
anche quando ti perdi
nelle tue stesse scarpe
che ti lasciano cadere
ma poi ti insegnano a volare
perché sanno che a volte
si cresce meglio nel vuoto.
Gli amici sono quelli
che prendono la tua tristezza
la mettono in tasca
e la trasformano in una canzone
che ti prestano i loro sogni
quando hai perso i tuoi
che sanno sorridere nei tuoi occhi
anche quando tu hai smesso di farlo.
Gli amici, quelli veri
sono quelli che ti vedono alle tre di notte,
mentre cerchi di capire dove hai sbagliato
a innamorarti di nuovo
e invece di dirti “te l’avevo detto”
ti passano la birra e ascoltano.
Sono quelli che ti dicono "stai sbagliando"
e poi sbagliano con te
così, tanto per non farti sentire solo.
E alla fine, quando tutto si spegne
gli amici sono quel “ci sono”
che ti salva, che ti raccoglie
sono il pezzo di te che non sapevi di avere
la risposta a tutte le domande
che non hai mai osato fare.
E allora capisci che gli amici
sono l'unico posto
dove la vita non fa mai male.
Gli amici, sono il posto più bello
dove impari a restare"
Autore : Andrew Faber
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abr · 2 months ago
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Il disastro in cui s'è infilata l'industria automobilistica europea da quando circa dieci anni fa ha iniziato la dismissione dei motori a combustione per virare verso l'elettrificazione, pur essendo leader mondiale, super avanti a tutti sui motori benzina e diesel e nonostante la competizione o meglio DUMPING dei cinesi fosse un dato già alle viste.
È vero, c'era stato il dieselgate, un problema minore senza vittime ma amplificato a dismisura, e c'era stato l'Accordo di Parigi sul Clima alla COP21, il meeting annuale dove la grande finanza manda avanti gli utili idioti delle lobby ambientaliste per determinare su cosa lucrare.
Due le forze che spingevano i costruttori verso l'auto a pile: la Commissione Europea, che poi l'avrebbe imposta per legge, e la finanza, a cui solo Toyota ha avuto la forza di resistere. Agli annunci sono poi seguiti gli investimenti miliardari sull'elettrico e i disinvestimenti sul termico, col conforto di prestigiose quanto fallibili società di consulenza coi Mario Monti tra i Partneroni (che tanto hanno i loro riferimenti nella grande finanza, quindi poco male per loro).
Peccato che la realtà sia diversa dalle pianificazioni. Salvo pochi, gli automobilisti vogliono ricaricare ovvero fare il pieno in due minuti, sebbene i Governi abbiano finanziato le colonnine e incentivato gli acquisti. Così da quasi due anni, senza tanto rumore ogni mese c'è chi interrompe una produzione, chi ne rimanda un'altra, chi slitta sine die una giga-factory, chi sconfessa l'abbandono dei motori termici, chi addirittura resuscita il diesel che tanto male avrebbe fatto all'umanità, nonostante l'inno del compagno Finardi ("diesel è il ritmo delle cose/ È la giusta propulsione per la nuova situazione").
Nonostante la sveglia suonata dal mercato, la politica tiene ancora sotto schiaffo con le multe le case auto, costrette anche dalle scorte invendute nei piazzali a continuare con la narrazione pro-elettrico, dando la colpa ai clienti che non sarebbero maturi, alle colonnine che non funzionano, ai venditori che non spiegano bene. Tutto pur di non ammettere di aver mandato l'industria a sbattere.
Questi sono i fatti. E ci portano due domande: com'è che fior di manager che leggevano i segnali del mercato, perché li leggevano bene, non sono riusciti a fermare una strategia suicida? E com'è che un'industria tanto importante non ha saputo resistere alle pressioni? La prima risposta è: marketing. La seconda è: public company.
Le industrie marketing oriented, tipicamente quelle FMCG (fast moving consumer goods), affidano al marketing lo sviluppo dei prodotti: sa quale fabbricare perché sa cosa i clienti vogliono. Nell'industria dell'auto invece l'idea è che gli ingegneri sappiano quale prodotto sia migliore e i capi della fabbrica quale sia più conveniente. Hanno ammirato Tesla come auto, non capendo che è un'idea, un prodotto alternativo (e di fascia medio-alta), non una evoluzione di quel che fanno loro.
Intendiamoci, non è che nelle Case non avessero capito che le auto elettriche non avrebbero sfondato. La riprova sono i lobbisti, che infatti hanno suggerito alla Commissione che l'unico modo di farle comprare fosse di vietare le altre: più chiaro di così?
Tanti sapevano ma non potevano parlare appunto perché il parere dei clienti non contava: si adegueranno, dicevano. Sì, come no? I soldi buttati sull'elettrico sono il prezzo che l'industria dell'auto ha pagato all'assenza del marketing.
Le public company, nel senso dei rapporti delel company coi sedicenti gestori del public, politici e giornalisti.
I manager non sono pagati per contrastare il potere, né in piazza né nelle segrete stanze: hanno un orizzonte breve, i profitti e la rendita per gli stakeholder privati e pubblici (Francia) nell'anno, massimo nel triennio. Anche qui, criticare i Tavares è facile ma forse il problema non sono loro: sono presi in mezzo tra incentivi pubblici da richiedere, casse integrazioni cioè aiutini pubblici e assenza di marketing, quindi dipendenza da reputazione e immagine "correct" (vedi dieselgate).
Quali che siano le ragioni, oggi l'industria automobilistica europea deve ripartire da una cosa che non ha, la capacità di competere sul motore elettrico di però cui gli automobilisti fanno volentieri a meno, e da una cosa che ha, la competenza sul motore termico a basse emissioni che invece il mercato chiede.
Non è difficile, ci vuole una strategia, ma in ogni caso non torneranno i volumi di prima. Per produrre un'auto ci vuole un cliente che la paghi il giusto. E se ciò significa allungare il ciclo fino a dieci anni e oltre va bene, visto che anche i finanziamenti sono arrivati a 96 e anche 120 mesi. I prodotti attuali hanno una qualità che può reggere benissimo. I clienti l'hanno capito e si stanno comportando di conseguenza. In pochi anni, il primo passaggio di proprietà è passato da 7 a oltre 8 anni e la vita media da 25 a 29 anni. L'auto torna a essere quell'acquisto importante, da pianificare con cura perché dovrà andar bene a lungo. In termini di marketing è un prodotto diverso da quello di cinque/sei anni fa.
Nota specifica sull'industria automobilistica italica. Oramai scomparsa?Anche questo è un fatto di cui prendere atto, non per farci sopra pianti nostalgici tipo, ah se ci fossero ancora Valletta o Agnelli (Valletta? Agnelli?!), i Ferrati i Maserati i Lamborghini.
Sarebbe il caso di prenderne atto e possibilmente VANTAGGIO: di fatto è una evoluzione (fuori dai prodotti di massa, li lasciamo volentieri a cinesi e francesi) allineata alla nostra VOCAZIONE NAZIONALE AI LUXURY GOODS. Finita la parentesi Balilla (btw voluta da Mussolini) poi 500 600 Uno Tipo Alfasud etc., l'Italia torni ad essere la terra delle BELLE AUTO POTENTI DA SOGNO. Da pagare il giusto, e mica solo Ferrari: anche la tacca medio alta di Alfa e Lancia sarebbe da resurreggere con chi si vuole, basta sia qualcuno che comprenda l'ottica di mercato sopra detta del "se dura il giusto e fa sognare, allora si paga il giusto". Aiuterebbe il piano finirla con le finte lagne neo pauperiste locali: UN GRANDE SI alle super car come agli yacht, al fashion e ai gioielli, al vino e al cibo buono. Vuol dire non disincentivare il mercato interno, altrimenti ci si "Emiratizza" nei gusti come fa la ceramica.
Post-it: ricordarsi di dire tutto questo agli ingegneri. O meglio, farlo presente ai nuovi GranCapi, in modo che scelgano Direttori Marketing in gamba e NON provenienti dal settore.
Ispirato (emendato pesantemente ovunque, con l'aggiunta ITALIA e in particolare nella parte "public company" dove sorry ma non sono miope nostalgico dell'impresa padronale) da un bel articolo di L. Del Viscovo su https://www.ilgiornale.it/news/politica/industria-dellautomobile-ragioni-fallimento-che-rester-nella-2458854.html
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worldofdarkmoods · 4 months ago
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Con me, chi semina distacco, raccoglie silenzio. Non è una minaccia, non è un ultimatum. È solo il risultato naturale di un cuore che ha imparato, a caro prezzo, quanto costi rincorrere chi non vuole essere raggiunto, quanto faccia male restare accanto a chi non riesce più nemmeno a vederti. Ho capito che non puoi trattenere nessuno, non puoi costringere qualcuno a restare, e soprattutto non puoi chiedere a una persona di darti ciò che non vuole o non sa dare.
All'inizio ci provi. Cerchi di ignorare i segnali, di giustificare i silenzi, di accettare le distanze come momentanee, come qualcosa che passerà. Ti dici che forse sei tu quella sbagliata, che forse stai pretendendo troppo. E così ti aggrappi a ogni singolo gesto, anche il più piccolo, sperando che basti a compensare tutto quello che manca. Ma non è mai abbastanza. Perché quando qualcuno sceglie di seminare distacco, lo fa senza guardare indietro, senza accorgersi delle crepe che lascia, delle ferite che continua ad aprire.
E allora ti ritrovi lì, con il cuore in mano e una testa piena di domande a cui nessuno risponderà. Perché? Cosa ho sbagliato? Cosa avrei potuto fare di diverso? Ma le risposte non arrivano, e anche se arrivassero, non cambierebbero niente. Perché il distacco non nasce per caso. È una scelta, anche quando sembra involontaria. È una strada che l’altra persona ha deciso di percorrere, lasciandoti indietro, spesso senza nemmeno voltarsi.
E così, un giorno, smetti di rincorrere. Non perché non ti importi più, non perché il dolore sia svanito, ma perché capisci che continuare a inseguire è inutile. Capisci che, a un certo punto, il tuo silenzio diventa l’unica risposta possibile. Non è un silenzio rabbioso, non è un muro che alzi per fare male. È un silenzio che parla di resa, di un cuore che si è arreso all’evidenza che certe battaglie non si possono vincere. È il silenzio di chi ha dato tutto e si è accorto che non c’era nessuno disposto a fare lo stesso.
Ma quel silenzio fa male, più di qualsiasi parola. Perché in quel vuoto che resta c’è il rumore assordante delle emozioni che non puoi più condividere, dei sogni che non vedranno mai la luce, delle speranze che hai coltivato solo per vederle appassire tra le mani. E allora ti chiedi: "Perché continuo a sperare? Perché continuo a credere che qualcuno, un giorno, possa vedere il mio silenzio non come un addio, ma come una richiesta di aiuto?"
Eppure, anche se cerchi di convincerti del contrario, quella speranza resta lì, appesa a un filo sottile, pronta a spezzarsi al minimo soffio. Perché il tuo cuore vuole ancora credere, vuole ancora aggrapparsi a qualcosa, anche quando la mente sa già che non c’è più nulla da salvare. E così il ciclo ricomincia: il distacco, il silenzio, il vuoto, e poi ancora quella speranza che non ti abbandona mai del tutto.
Ma più passa il tempo, più ti rendi conto che quel ciclo è una prigione. E allora provi a fare una scelta diversa. Decidi che il tuo silenzio non sarà più solo una risposta al dolore che ti hanno inflitto. Diventa il tuo scudo, il tuo rifugio, il tuo modo di ricominciare. Non perché non soffri più, non perché hai dimenticato, ma perché finalmente hai capito che l’unica persona su cui puoi davvero contare sei tu.
Con me, chi semina distacco, raccoglie silenzio. Ma quel silenzio non è solo la fine. È anche un nuovo inizio, un modo per ritrovarmi, per imparare a camminare da sola, per costruire qualcosa che nessuno potrà mai spezzare. Anche se fa male, anche se il vuoto resta, so che un giorno quel silenzio sarà la mia forza. E forse, quando quel giorno arriverà, non avrò più bisogno di parole per spiegare chi sono, cosa voglio, e soprattutto cosa non accetterò mai più.
Anonimo🖤
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singinthegardns · 6 months ago
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Ho passato tanto tempo a chiedermi come mai te ne fossi andato senza trovare risposta. Ho vagato per tanti posti, sperando invano di incontrarti, immaginandoti al mio fianco a ridere insieme di quanto sia stupido amarsi e non cercarsi. Ho ritrovato la serenità e raggiunto traguardi, ma non ho mai smesso di pensarti. Spesso mi chiedo se senti ancora ciò che sento io, se ti manco, se mi pensi, ma sono tutte domande a cui non trovo risposta. È che non ho il coraggio di salutarti figuriamoci di chiederti se quando guardi le stelle ancora un po’ mi pensi. Ho perso il conto delle volte in cui avrei voluto correre tra le tue braccia per spezzare il filo del destino che probabilmente ci tiene lontani, ma se non fossimo destinati a stare insieme sarebbe tutto inutile e continuerei a vivere nel rimorso di ciò che un tempo eravamo e ora non siamo più perché era tutto sbagliato ma io non ero mai stata così bene. Mi ferisce guardarti perché vorrei solo baciarti e distolgo lo sguardo perché un po’ mi ci perdo nei tuoi occhi e potrei scoppiare in lacrime ma non voglio mostrarmi debole, quando tu mi hai insegnata a essere forte. Eppure miei pensieri ci stai davvero così bene, forse ancora di più al mio fianco ma oramai la mia mano ha sfiorata quella di qualcun altro e il tuo cuore ha provato nuove emozioni. Forse è tutto cosi inutile e resterai solo un ricordo ed il mio più grande rimorso, di non averti detto di amarti quando ne avevo l’opportunità, e di non aver trovato un altro modo per farlo.
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frammenti--di--cuore · 3 months ago
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in questo momento nella mia testa regna il caos. Mi sento in balia delle onde, senza una direzione. Troppi pensieri affollano la mente, troppe preoccupazioni per me stessa e per gli altri, troppe domande senza risposta, troppe attese che si fanno insostenibili, troppi dubbi. Ho di nuovo spento i sentimenti, mi sono di nuovo rifugiata nel mio tanto amato pilota automatico e sto cercando di trascinarmi tutto dietro cercando di subire meno danni possibili. Io ci credo nelle cose belle, non ho mai smesso di farlo solo che...mi sono spenta attendendo che arrivi quella scintilla a riaccendermi e delle volte aiuta, delle volte fa male.
z
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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"Deserto" di Rosetta Sacchi è una poesia intensa e struggente. Recensione di Alessandria today
Deserto di Rosetta Sacchi 📖 Informazioni sulla poesia Autore: Rosetta Sacchi Genere: Poesia contemporanea Tematica: Aridità interiore, ricerca di senso, metafora del deserto Valutazione: ⭐⭐⭐⭐⭐ Recensione “Deserto” di Rosetta Sacchi è una poesia intensa e struggente, un dialogo interiore tra l’io lirico e il cielo, simbolo di una realtà impalpabile e sfuggente. Il componimento si apre con…
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biancarondine · 2 years ago
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Il fatto è che certe cose le puoi dire solo a chi sai che le può capire. Che è anche il motivo per cui parliamo così poco di quello che ci importa davvero.
Alla fine trovare qualcuno con cui parlare è difficile, sì, ma non è quella la cosa più difficile. Il difficile è trovare chi ti sappia fare le domande giuste, quelle per cui hai la risposta lì da anni senza neanche saperlo.
— E. Galiano
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