#Diario di un mese di libri
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Ciao sono nata in Italia ma il mio italiano fa comunque schifo è incomprensibile. Vorrei migliorare il mio lessico la scrittura e quando parlo ho problemi.
Come posso migliorare? Dovrei avere un tutor?
Ciao!
Da quello che hai scritto non mi sembra che tu abbia grossi problemi, anzi. Vivi sempre in Italia, giusto? Lo sai che noi stessi siamo i primi a non parlare correttamente la nostra lingua, a metterci dentro errori e via dicendo...
Quello che posso suggerirti è di provare a lavorare sulla punteggiatura quando scrivi, e anche quando parli: non ti ho ascoltata e non ti conosco, per cui non so se sia questo il problema, ma non preoccuparti se devi prenderti delle pause per pensare prima di esprimerti. Abbiamo preso la brutta abitudine di fare tutto di corsa, sembra che non abbiamo mai tempo per nulla, invece ne siamo pieni e finiamo anche con l'avanzarlo... Quindi davvero, non preoccuparti.
Per migliorare il lessico (ma anche il tuo parlato/scritto) leggi (dai giornali, ai libri, alle riviste, alle poesie... lo so a scuola ce ne fanno leggere molte, ma ce ne sono di più belle: cerca anche quelle straniere tradotte, prova a capirne le sfumature e cerca di capire se tu avresti usato parole differenti); se non ti piace leggere, guarda serie tv o film anche storici, o documentari (non tutti sono noiosi... prova con argomenti che sono di tuo interesse, anche video su youtube vanno bene). Se trovi parole complesse o sconosciute, cercane il significato sul dizionario e usale in un paio di frasi. Studia la grammatica anche se è noiosissima: diventa curiosa sul perché qualcuno abbia usato quelle parole, quella punteggiatura, quel tempo verbale invece che un altro. Trova gli errori dei giornalisti, per esempio: non per qualcosa, ma per ricordarti di ciò che sai tu. Da quello che ho capito con questo blog, a scuola non ci insegnano molte cose in maniera diretta, ma solo in maniera indiretta: le apprendiamo con la pratica, vivendo, interagendo con gli altri e aprendoci ai nostri errori, che, come detto, ci stanno. Italians are imperfect beings! :P. Ah, vale anche aprire il dizionario a caso e leggere le definizioni di un paio di parole ogni tanto, e provare ad usarle sia in alcune frasi di prova che mentre parli. La decisione finale è la tua, ma non credo che tu abbia bisogno di un tutor: credo che tu possa ancora concederti del tempo, no? Prova a scrivere un diario giornaliero, anche poche parole su quello che hai fatto o inventando storie di poche righe, magari appunto usando parole nuove. Tra un mese dimmi come va, se è cambiato qualcosa oppure no. E poi decidi. :)
Continua a provare ad esprimerti, non chiuderti. Non convincerti di non essere capace di fare qualcosa: questo è il blocco più grande che ci possa essere. Sei tu che ti controlli, e se ti convinci di qualcosa, sarà difficile non seguire quella tua convinzione inconsciamente. Le tue paure e insicurezze prenderanno il sopravvento e ti bloccherai, trovando solo conferme sulle tue incapacità. In poche parole, se ti convinci di non essere abbastanza brava a comunicare o di essere incomprensibile (specialmente se per qualsiasi motivo qualcuno te lo ha detto e tu hai iniziato a crederci), finirai davvero per non esserlo perché l'ansia di voler comunicare al meglio ma non sapere come farlo (in realtà lo sai, ma magari hai smesso di fidarti di te), ti saboterà fino a farti balbettare o avere dubbi su qualsiasi cosa. Tante volte le persone si chiudono nelle loro paure, e nel chiudersi ci chiudono fuori a nostra volta. Non sempre hanno ragione però. Non aver paura di essere te stessa, di prenderti del tempo, di parlare a modo tuo con le tue sfumature. Chi vuole aspettarti ti aspetta comunque. Gli altri, lasciali andare. E datti tempo anche tu. ...Forse mi sono lasciata prendere dal momento qui, ti chiedo scusa se ho detto qualcosa che non dovevo o che non c'entra con la tua situazione. Ma succede che ciò che non va sul piano emotivo si rifletta sul piano comunicativo. Siamo esseri complessi...
In bocca al lupo!
#it#italian#langblr#italiano#italian language#italian langblr#languages#lingua italiana#grammatica italiana
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JOHN MARTIN , l’editore che scopri e lancio Buk🖤wski……
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Cento dollari al mese per il resto della vita, per mollare il lavoro alle Poste e fare lo scrittore a tempo pieno. Nessuna noia, bega e seccatura con uffici stampa, reading e conferenze, o quasi. Alla distribuzione avrebbe pensato lui, la moglie Barbara avrebbe disegnato le copertine. Non ci volle molto a convincere Charles Bukowski, nel 1969, a partecipare all'impresa semifamiliare di John Martin: un atto temerario, un salto nel buio per entrambi. John si stava giocando un quarto delle sue entrate per mantenerlo e tentare una sfida dal cui esito sarebbe dipeso il loro futuro, ormai in condivisione. Per Charles non sarebbe stato facile rimettersi a bussare a 50 anni alle porte di magazzini, macelli e ditte di facchinaggio. Si dice che dietro ogni uomo di successo ci sia una grande donna (e viceversa). E questo è senz'altro vero per Bukowski, che s'accasò la sua Linda Lee dopo una lunga raccolta di Donne riassunte nel '78. Ma se oggi le frasi con cui lo scrittore americano semplicemente inframmezzava i dialoghi sono diventate aforismi stracondivisi in Rete, e se le case editrici continuano a raschiare il fondo dei cassetti delle stamberghe in cui ha soggiornato per pubblicare l'impubblicato, bisogna ringraziare un mite, sobrio, discreto ingegnere - perfino un po' bacchettone - che la sera, tornato a casa da lavoro, dopo aver cenato con moglie e figlia, si rilassava sul divano leggendo su riviste underground racconti border line che non riuscivano a vedere la luce della rilegatura. «Questo tizio è troppo bravo, non può continuare a uscire su questi giornalini amatoriali» pensava John. Finché una sera, 50 anni fa, la decisione: lasciare tutto e fondare la Black Sparrow Edition, solo per pubblicarlo. A consentirgli di realizzare il sogno, il ricavato del business messo in piedi a Los Angeles nel settore degli uffici e una maxi raccolta di prime edizioni di D.H. Lawrence, vendute alla UC Santa Barbara per 50mila dollari (era un appassionato collezionista di libri originali fin da quando aveva 20 anni). Prima di tutto però, toccava contattare il postino poeta.
«Non l'ho mai visto ubriaco» è il titolo choc di un’intervista di Jonathan Smith, l'unica mai tradotta in italiano, pubblicata online da Vice nel 2014. Per forza: i due si sono incontrati di persona una manciata di volte in tutta la loro carriera, sentendosi principalmente al telefono o scrivendosi. E in quelle occasioni, in cui bisognava parlare d'affari, Bukowski si faceva trovare evidentemente meno sbronzo del solito. L'amico ideale per il misantropo Charles, secondo cui il miglior dono che potesse fargli un fan era quello della sua assenza. Niente di più semplice, per cominciare, che prendere un po' di scritti sparsi e riordinarli in un diario. «Mi mandava il manoscritto man mano che lo scriveva, e dopo aver letto ogni capitolo dovevo sedermi, ricompormi e sperare che non fosse tutto vero - racconta in quell’intervista -. Credevo in lui quanto credevo in me stesso: una fede quasi religiosa, una cosa a cui non si può smettere di credere». Nacque così Taccuino di un vecchio porco (o sporcaccione, secondo le traduzioni), il primo vero libro di Bukowski. Fu preceduto da un piccolo opuscolo nel 66, True Story, pubblicato in appena 30 copie: una sorta di prova generale per amici e parenti. Convinto che avrebbe attirato più dei racconti, Martin si fece scrivere anche un romanzo da tenere di scorta: Post Office, in realtà un "concept" di disperate istantanee biografiche sul mortificante mestiere appena abbandonato. Potrà pubblicarlo con comodo due anni dopo: il successo del Taccuino sarà folgorante, almeno per le aspettative da cui erano partiti. Sarà sempre la moglie di Martin a escogitare anche l'originale impaginazione: il formato da 10x24 cm, più grande delle misure standard e adatto allo scaffale, divenne una nota distintiva della casa. Anche questo contribuì alla vittoria, immediata, della scommessa: quasi da subito il personaggio di Henry "Hank" Chinaski, detto "Gambe d'elefante", divenne il fenomeno letterario e culturale di livello mondiale, che ancora conosciamo. E il compenso passerà a 10mila dollari ogni due settimane.
( Web)
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Gadget promozionali : l’eleganza dell’agenda e del taccuino.
Un’agenda, o diario, è uno strumento indispensabile per organizzare appuntamenti e compiti giornalieri o settimanali. Derivato dal verbo latino “àgere”, che significa “agire” o “fare”, il termine agenda indica letteralmente “cose da fare”. In ambito promozionale, le agende e i taccuini sono tra i gadget promozionali più apprezzati per la loro utilità e versatilità.
Storia e Evoluzione delle Agende
Le agende, solitamente, sono libri prestampati con i giorni della settimana e del mese, fornendo spazi per annotare impegni quotidiani. L’uso di agende è comune per l’intero anno solare, ma in ambito scolastico, il diario (o agenda scolastica) è organizzato per l’anno accademico, da settembre a giugno. Esistono anche agende perpetue, senza date prestampate, utilizzabili per scopi diversi dalle annotazioni quotidiane.
L’agenda è un gadget promozionale efficace, ideale per aziende che desiderano offrire un prodotto utile e visibile tutto l’anno. Personalizzate con loghi aziendali, le agende non solo aiutano a mantenere l’organizzazione, ma servono anche come promemoria costante del marchio.
I Taccuini: Compagni di Scrittura
I taccuini, conosciuti anche come quaderni o blocchi note, sono piccoli libri con fogli di carta bianchi o rigati, utilizzati per appunti o disegni. Il termine taccuino deriva dall’arabo “taquîm”, che significa “disposizione ordinata”. Quaderno, invece, ha origini latine, dal numerale “quaterni”, riferendosi alla pratica di dividere fogli in quattro parti per la preparazione dei manoscritti.
Durante il XIV e XV secolo, i taccuini erano spesso realizzati a mano. Nel 1770, John Tetlow brevettò una macchina per disegnare linee su carta, semplificando la creazione di taccuini. Nel 1804, il primo diario tascabile conosciuto fu utilizzato durante il viaggio di Lewis e Clark. Da allora, i taccuini hanno visto un’evoluzione continua, diventando strumenti essenziali per la gestione delle informazioni.
Taccuini e Agende come Gadget Promozionali
Le agende e i taccuini sono perfetti gadget promozionali per vari motivi. Innanzitutto, sono estremamente utili. Una persona che utilizza un taccuino o un’agenda personalizzata con il logo aziendale vede il marchio ogni giorno, aumentando la visibilità del brand. Inoltre, il costo di produzione e personalizzazione di questi gadget promozionali è relativamente basso, rendendoli accessibili anche per piccole imprese.
I taccuini, in particolare, offrono una vasta gamma di opzioni di personalizzazione. Le aziende possono scegliere tra diversi stili, formati e colori, aggiungendo loghi, slogan o messaggi personalizzati. Questa flessibilità rende i taccuini uno strumento promozionale versatile e efficace.
Benefici dei Gadget Promozionali: Agende e Taccuini
L’uso di agende e taccuini come gadget promozionali offre numerosi vantaggi:
Visibilità del Marchio: Ogni volta che una persona utilizza un’agenda o un taccuino personalizzato, il marchio viene visualizzato, aumentando la consapevolezza del brand.
Utilità Quotidiana: Questi gadget promozionali sono utilizzati quotidianamente, garantendo che il marchio sia sempre in vista.
Durata: Le agende e i taccuini di buona qualità durano a lungo, offrendo un’esposizione prolungata al marchio.
Personalizzazione: È possibile personalizzare questi gadget promozionali in molti modi, rendendoli unici e memorabili.
Costo-Efficacia: La produzione in massa e la personalizzazione sono relativamente economiche, permettendo alle aziende di utilizzarli in campagne promozionali su larga scala.
Il Fascino del Taccuino
Il taccuino ha un fascino particolare, soprattutto tra i creativi. Artisti, scrittori e professionisti utilizzano taccuini per catturare idee, fare schizzi e prendere appunti. Questa versatilità fa del taccuino un gadget promozionale ideale per settori creativi.
Evoluzione dei Taccuini
Nel corso del tempo, i taccuini hanno subito molte trasformazioni. Dall’invenzione del blocco legale nel 1888 da parte di Thomas W. Holley, alla creazione del taccuino a spirale nel 1924, i taccuini sono stati costantemente migliorati. Negli anni ’70, Mead iniziò la produzione di taccuini decorati con motivi marmorei, mentre negli anni 2010, taccuini tecnologicamente avanzati come Rocketbook e Newyes combinarono la scrittura cartacea con funzionalità digitali.
Conclusione
Le agende e i taccuini rappresentano una combinazione perfetta di utilità e promozione. Come gadget promozionali, offrono un valore duraturo e una visibilità continua, rendendoli strumenti ideali per promuovere qualsiasi marchio. Aziende di ogni dimensione possono trarre vantaggio dall’uso di agende e taccuini personalizzati, assicurando che il loro marchio sia sempre presente nella vita quotidiana dei loro clienti.
In un’era digitale, dove la scrittura a mano mantiene ancora il suo fascino e la sua importanza, agende e taccuini continuano a essere gadget promozionali efficaci, unendo praticità e promozione in un unico, elegante pacchetto.
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Con immenso entusiasmo e tantissima emozione, vi presento il libro che ho scritto, dal titolo “Medico Nostro” che tra pochissimi giorni potete trovare su Amazon!!!
Il libro è composto da 41 capitoli e racconta, mese dopo mese, questi ultimi 3 anni: non solo un diario di quanto accaduto, ma anche una guida con i consigli per vivere in salute.
Vi evito qui tutti i ringraziamenti che sono presenti nel libro! Ci tengo però a sottolineare che il libro è arricchito da una stupenda prefazione del grande Elis Calegari, Direttore di Cose Nostre, mentre una grossa mano mi è stata data dall’amico Luca Alberigo.
Oltre alla vendita online, se avete una attività (librerie, cartolerie, edicole, biblioteche…) e avete piacere di tenere a disposizione dei vostri clienti alcune copie da vendere, o se avete piacere di organizzare un incontro, contattatemi sulla mail [email protected] dedicata appositamente al libro.
Tenetevi nel frattempo liberi per la sera del primo febbraio dove presenteremo a Caselle per la prima volta il libro a tutti: nei prossimi giorni tutti i dettagli!
Ci ho dedicato moltissimo tempo, ora sono curiosissimo di leggere le vostre recensioni su Amazon!!!
Siate buoni, è la prima volta che scrivo un libro!
@follower
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DIARI DI LETTURA E PLANNER
Visto che mi sembra abbiate apprezzato il mio video/post sulle Agende 2024 ch più mi attirano, ho deciso di farne uno spin off dedicato a Planners e Diari di lettura.
Ho scoperto un piccolo planner che ha le misure giuste giuste per stare sotto lo schermo del pc senza fuoriuscire dalla sua pedana o dare fastidio alla tastiera.
Si tratta del PLANNER Pensieri Belli settimanale di Edizioni del Baldo, misure 24,5x11 cm. Per me sono state le dimensioni il punto decisivo poichè essendo piccolo sta perfettamente dove deve stare, c'è molto spazio per scrivere, unico difetto non è datato, ci sono i nomi dei giorni della settimana ma non le date queste devi scriverle tu. Link: https://www.ilgiardinodeilibri.it/libri/__organizer-settimanale-pensieri-belli.php?id=155723
Io trovo i planner molto comodi per l'ufficio, più che per la casa, per la casa preferisco agende e calendari.
Altro tipo di diario di cui vi voglio parlare anche se sinceramente io non li utilizzo, sono i DIARI di LETTURA, dei veri e propri quaderni/diari/agende dove segnarsi i libri che si leggono, le note eventuali che vogliano ricordare a riguardo, la nostra opinione, delle citazioni, o magari anche registrare una lista dei desideri, o la lista dei libri letti nell'anno.
Sono molto carini esteticamente e mi piace guardarli, in particolare voglio segnalrvi questi:
Reading Journal di Virgola shop, 64 pagine, formato A5, chiusura con elastico, 4 pagine iniziali di lista per segnare i titoli dei libri, poi spazio per recensire 50 libri su pagine in parte già precompilate dove inserire informazioni generali, progressi, recensioni, citazioni preferite, pensieri, e infine altre 8 pagine di lista per segnare i libri da leggere, o i preferiti del periodo.
LInk: https://shop.diariodivirgola.it/prodotto/reading-journal-virgola/
I miei libri Diario di lettura, di TheImaginistCose, lo trovate su Etsy, contiene 80 Schede Libro (numerate e con indice all'inizio per ritrovare più facilmente i libri), 1 pagina dedicata alle classifiche, 3 pagine dedicate alle copertine più belle, 3 pagine dedicate alle citazioni, 1 pagina dedicata ai generi letti, 3 pagine dove inserire i libri letti mese per mese, 2 pagine dedicate alla vostra personale libreria da riempire e colorare. Link: https://www.etsy.com/it/listing/1434598619/
Book Lovers Planner, Demetra edizioni, 192 pagine, spazio per classifiche personali, schede libro con spazio per citazioni, e liste. Link: https://amzn.to/4613Q1b
Booklover. Diario di lettura, di Felicia Kingsley, 192 pagine, spazio per wish list, la tua pila della vergogna, le tue spese librraie, schede libro. Link: https://amzn.to/3P6CCzt
Io in realtà per segnalre i libri che leggo le mie recensioni e altro uso il portale Goodreads, o in alternativa Anobii, lo trovo molto più comodo. Vi lascio il link al video che gli ho dedicato qui: https://youtu.be/o6CdKO_6nJA
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Prime Autoconsiderazioni
E nulla, mi ritrovo a scrivere perché alla fine ho imparato che così mi sfogo e quello che non riesco a dire a voce lo esprimo tra le righe delle mie cazzate ((mental breakdown?)); in realtà, a parte gli scherzi, o come preferisco dire io, "LE CAZZATINE", tenere un diario per appuntarsi le cose credo sia utile in generale e si è rilevato lo stesso per me. Per quanto impercettibili (o forse grandi)(?), dei miglioramenti ci sono stati; fino a qualche mese fa non sarei mai stato in grado banalmente di andare a caso da una tipa e iniziare a parlarle trovando una scusa; che poi è il TOPIC principale di questo mio blog/diario segreto pubblico/ ((se vogliamo chiamarlo così)), che in realtà si è, si sta rivelando, una carta da giocare, non magari pienamente vincente, ma intrigante; sì va be, la maggior parte delle volte, seppure nelle mie brutture, la volontà di stravolgere i piani e di fare qualcosa di fiko c'è; la logica già in parte espressa è quella di dover cercare di fare qualcosa di rilevante e/o fuori dagli schemi nell'arco della giornata per poter poi avere materiale di cui parlare nello stesso diario, la chiave di volta del 99% delle mie azioni da qui a qualche tempo fa. Ironia della sorte l'unica occasione fin qui degna di essere andata a buon fine deriva da Tinder, ((lol)) (anche qui ci sarebbe un bel discorsetto a parte da fare)), che non ha niente a che fare col mio fare e approcciare live. Vabbè ma vediamola così, sarà karma(?) bo, fatto sta che per ora sta andando come deve andare. Anyway, non raccontiamocela, questa cosa di scrivere i resoconti della giornata ha avuto inizio da un momento ben preciso che in molti di voi ricorderanno(?) bhe io si sicuramente HAHAH, che in realtà devo ringraziare a questo punto, e un po' a sorpresa oggi è il giorno prima di San Valentino, che si potrebbe ben immaginare non avrei voluto passare photoshoppando la foto di una POP STAR, per poterla appiccicare davanti al tavolo di un ristorante o del mc... cosa che tra l'altro farò e domani uscirà proprio sto post HAHAH. In realtà, di fatto, so che un minimo di pubblico che spiona la mie storielle ce l'ho, altrimenti credo che non avrei continuato a postare su questa pagina, anzi devo dire che nei primi mesi c'era un botto di gente, (più del previsto)? che mai avrei immaginato, che si fermava a parlarmi e che conosceva il diario di Cyck_tok_, anche alcuni preoccupati della mia salute mentale evidentemente, e altre alle quale le mie storielle non piacevano per niente; bhe signorina, puoi anche evitare di guardare (riferitomi tutto da persone credibili).
Bene, mezzo anno è passato, e seppur mi comporti come sia seguito da un miliardo di followerssss, che in parte è vero in maniera proporzionale, DE FACTO ci sono dei meme a cui ho dato vita e sono ancora vivi, tra cui "è un **voto**, "l'accostare celebrities alle persone", che io chiamo "corrispondenze" (sì, ho un foglio di note nel pc con una lista di nomi accoppiati ai relativo vip/nomi); "il già citato photoshoppare", "i vlog", "le carte d yu gi oh" etcc...
Certo, mi sono domandato anche se prima o poi questo dovrà terminare, la realtà è che no(?), nel senso: può tranquillamente coesistere, mal che vada, questa pagina diventa il pozzo profondo, dove i curiosi si possono dirigere per farsi una risata e scrollare tutti i post con intervalli di tot giorni. Chiaro, mi ci vedrei bene ad esser il nuovo Victor Hugo (autore che mi piace e di cui ho letto molti suoi libri); tuttavia avevo 5 in italiano e se arrivavo a 6 era un grazia.
Ieri ho iniziato un nuovo anime; "HUOUKA", il cui protagonista è un personaggio in cui mi posso tranquillamente rispecchiare, il suo motto è: "Se posso non lo faccio, se sono costretto, lo faccio in fretta", che esprime bene la sua natura pigra. Vero, a proposito di evolvere la pagina, potrei trasformarla in un luogo di recensioni di anime; dopotutto mi è rimasto impresso al liceo quello che una mia compagna di classe mi disse, ossia che mi avrebbe visto bene come scrittore pazzoide. Ai tempi probabilmente non capivo, ma ehi eccoci qua. Vabbé mi hanno dato anche dell'attore e altre cose, ma adesso non vado ad iscrivermi anche teatro hahaah, una cosa alla volta! Il mio stile caotico e imperfetto di scrittura, come flusso onomatopeico di segni ed emoticon mi si addice, e il punto di domanda tra le parentesi curve ne è esempio (?)?.
In poco tempo il diario segreto pubblico di cyck_tok_ è diventata una grande spinta motivazionale, e non vorrei che si fermi qui; perchè significherebbe anche spegnere me(?)? Un po' come mettere stop al background lo-fi che accompagna le mie avventure...
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Diario di un mese di libri, Gennaio 2021
Diario di un mese di libri, Gennaio 2021 È stata una lunga impresa ma alla fine dopo millemila ore di lavoro ecco qui il mio mese dei libri, buone letture -post per impavidi!-
Benvenuti nel diario di un mese di libri. Il diario è un post, mensile, lungo, molto più dei miei soliti, ed è per questo che può esser letto in tutta tranquillità e visto come un modo di sbirciare, a tutto tondo, nei libri di cui mi circondo. Per chi è nuovo della serie, funziona sostanzialmente così: a mano a mano che escono le recensioni dei libri citati sia nei box qui sotto e sia nel testo,…
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A proposito di diari
Tengo su per giù un paio di diari. Quello onorato è un quaderno cartaceo rilegato che porta incisa la partitura dell'Erlkönig di Schubert, con segnalibro a nastro rosso e foggia blu iridescente. Non è un oggetto artigianale ma ricade nell'intersezione di quei prodotti industriali altamente personalizzati—che non ho ancora valutato se sia lodevole o triste, decisione poco interessante finché i prodotti sono gradevoli e utili. L'acquisto di questo diario l'ho programmato ed è stato effettuato qualche mese fa—l'etá! Non ricordo se fosse addirittura l'anno scorso, e che sia testamento della confusione di quei giorni—a Pisa in questa maniera: stazione di Pisa, polo Fibonacci, Corso Italia, polo Fibonacci; a piedi, in ritardo sulla lezione. Chi conosce la città saprà valutare se un desiderio così sommariamente eseguito abbia avuto un senso. Insomma, questo diario è il Diario ed è cartaceo. L'ultima entrata è datata ad un generico Giugno 2022; prima di questa, giorni di aprile.
Tengo poi (stavolta in senso quasi letterale: supporto sullo smartphone) un diario digitale, i cui contenuti sono stati travasati da un altro diario digitale che a suo tempo aggiornavo con regolarità. Lo utilizzo per le foto perlopiù. Il mio archivio è personale e sui social gocciola residui che non sono un decimo del suo corpo—fotografo molto, in alcuni casi considerando quanto ritraggo e in molti altri per fermare un frammento temporale—che sfoglio spesso con amici al fianco. Questo diario è più simile ad un cestino: c'è affollamento, c'è anche disordine.
Il calendario (anche di quello ne tengo due copie, uno cartaceo a muro e l'altro virtuale) assume da sè certe innegabili caratteristiche di diario, ma siccome nessuno chiamerebbe mai diario un calendario e viceversa consideriamo i due oggetti sufficientemente distinti da indossare il paraocchi e proseguire coi libri in mano.
Il blog D'idilli e di pinakes così come questo blog informale non sono diari. Ritengo la pubblicazione negli spazi virtuali sempre più vicina alla pubblicazione editoriale che alla stesura di un diario, nonostante la bassa aspirazione contenutistica di alcuni social o dei loro avventori.
Sia nel Diario che nel blog principale ho trovato un vuoto consistente per i mesi di Aprile, Maggio e Giugno. Non sono stata male in quei mesi; tutt'altro: sospetto anzi questo, che la fortissima avversità—quasi fisica—avvertita negli ultimi mesi ogni qualvolta mi sono avvicinata alla pagina bianca sia derivata da un istinto di auto-preservazione. Temendo di scompigliare l'ordine precario della mia persona, non ho ardito scandagliare in lei nemmeno per fissarne le impressioni private. Ora mi sarebbe piaciuto ripensare quanto ho pensato nei mesi passati, ma non posso: almeno non più, almeno supponendo che io non pensi adesso quello che pensavo allora. Non c'è modo di dirlo: non lo ricordo piú.
In quei mesi non ho fatto poche cose di poco peso. Non fatico a ricordare i fatti: a casa la vita benedetta con mia madre, e a Bologna l'incontro con Vivica Genaux, la frequentazione con Carlo Vitali, le raccomandazioni. Sono i pensieri il problema. Nemmeno ora faccio poco: ho un esame in vista (di cui non riesco a prevedere l'esito, ma il cui materiale mi piace); oggi ho dato le mie prime ripetizioni di matematica, che male non fa; sono volontaria di un collettivo freschissimo e socia di un'associazione storica in cui mi si prospettano incarichi rilevanti; ho due viaggi non brevi in programma e un coniglietto che mi rallegra il cuore quando dorme sopra di lui.
Eppure i fatti non mi bastano,
e alla me di ieri avrei voluto chiedere che cosa abbia pensato proprio mentre riteneva che i suoi pensieri non fossero meritevoli di essere ricordati.
Gli scritti come questo non sono rivisti e non nascono (o almeno non muoiono) per essere letti sul mio vero blog, lucreziaignone.wordpress.it — si chiama D'idilli e di pinakes. D'idilli e di pinakes si chiama anche il tag con cui cercare i miei scritti in questa pagina, auspicando la possano presto prendere d'assalto e asservirsi ad un vero, astratto diario umano.
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𝐁𝐞𝐧𝐯𝐞𝐧𝐮𝐭𝐢 𝐬𝐮𝐥 𝐦𝐢𝐨 𝐁𝐥𝐨𝐠 🎔
Post inaugurale di questo blog, ovviamente di domenica, perché è il giorno in cui mi dedicherò a questo sito e vi posterò un breve recap di quella che è stata la mia settimana, tra vita personale, lavorativa, sportiva e tutti i progetti con i quali mi sono oberata.
Progetti di cui trovate una panoramica completa in questo video:
youtube
Per il resto, so che come post introduttivo non è regolare, uno ci si aspetta un minimo di presentazione, ma se siete qui a leggere immagino che mi conosciate già per vie traverse, quindi sarebbe alquanto inutile ammorbarvi con una serie di informazioni sulla sottoscritta che già dovreste aver potuto reperire dagli altri Canali tramite i quali siete giunti fin qui; invece, per chi è nuovo e gli è capitato questo mio post confusionario sotto le mani, beh... seguitemi e imparerete a conoscermi. In fondo, è come quando ci si incontra per la prima volta a una festa e si comincia a parlare: non è che uno sviscera tutto e subito di sé con una bella lista di cosa ci piace o non ci piace, giusto?
Comunque, per chi proprio non lo sapesse, comunico l'unica cosa per me davvero importante: sono un'aspirante scrittrice; tra poco meno di un anno sarò una scrittrice esordiente, perché sto per pubblicare il mio primo romanzo cartaceo per la DarkZone Edizioni, e questo è uno dei motivi per cui ho deciso di aprire questo blog.
Sto cercando di migliorare la mia presenza online, perché come spiego nel video di cui sopra, internet è ormai l'unico mezzo per farsi conoscere, soprattutto in questa giungle selvaggia che è diventata l'editoria italiana, dove c'è più gente che scrive di quella che legge. É una vera e propria guerra e io sono pronta a combatterla. Sì, se vi fa piacere, potete immaginarmi con una divisa militare, una fascetta in testa e due strisce nere disegnare sulle guance. Renderebbe l'idea di quanto io sia seria in questo mio progetto supremo (che poi racchiude in sé tutti i progettini più piccoli di cui mi avete sentito blaterare su).
Ora, passando al recap: da oggi in poi, ogni domenica vi porterò tramite le mie parole dietro le quinte della mia vita, raccontandovi un po' di me attraverso ciò che mi succede durante tutta la settimana. SHOW, DON'T TELL. Chi scrive come me, sa a cosa mi riferisco.
Dato che però oggi è 30 Agosto, ultimo giorno di ferie, ho deciso di fare un recap di tutto il mese, quindi mettetevi comodi, prendete un pacco di biscotti o di patatine o di gelatine tutti i gusti più uno, insomma ciò che più aggrada le vostre papille gustative, e immergetevi in questo breve racconto del mese appena trascorso. Cercherò di non essere noiosa, lo prometto. Sto cercando anche di migliorare come scrittrice, inserendo una vena di ironia nei miei romanzi, quindi questo sarà un ottimo esercizio.
Le mie ferie sono iniziate il 31 Luglio (sì, il giorno del compleanno di Harry Potter, auguri in ritardo Harry e anche zia Jo, che nonostante tutte le mille critiche per le sue esternazioni sul web poco oculate, rimarrà per sempre la mia autrice preferita e il modello a cui ispiro. Per niente pretenziosa io, vero? PS. Non sono affatto di nuovo ossessionata da Harry Potter, è solo un'impressione. Sarà la riscrittura della mia primissima fanfiction, ovvero "Un Particolare In Più" - la trovare su Wattpad e su EFP, dove le sto dando un vero e proprio restyling!). Comunque, sono solo alla prima riga e già sono uscita dal tema, fantastico, Giulia, davvero. Ah già, per chi non mi conosce e se non fosse chiaro dal nome del blog, sono Giulia, piacere! Sopportatemi, non ho intenzione di frenare la mia mente o le mie dita, quindi scriverò qualsiasi cosa mi venga in mente senza farmi troppi problemi o senza farci troppi ricami sopra, quindi sarà sicuramente un blog confusionario, ma tant'è. In fondo, non è così che funziona un diario personale?
Ad ogni modo, cercando di tornare sulla retta via.
Quest'anno, per la prima volta da quando ho abbandonato il mondo degli studi e mi sono inoltrata nel mondo del lavoro, ormai sei anni fa, sono davvero riuscita a staccare la spina. Sì, il pensiero del mio ufficio ogni tanto si è affacciato e mi ha tormentata un pochino, caricandomi il petto di un peso che nell'ultimo periodo lavorativo ho sentito fin troppo spesso, ma sono riuscita ad allontanarlo tempestivamente e a godermi ogni giorno senza pensare a quando questo meritato riposo sarebbe giunto al termine. Non ho neanche risposto alle chiamate dei miei colleghi e probabilmente verrò additata come la solita antipatica, menefreghista e asociale, ma davvero, non mi importa. Io ne avevo bisogno. Avevo bisogno di fingere che non esistessero, almeno per questo mese. Avevo bisogno di ricaricare le batterie, pensare solo a me stessa, godermi la mia provvisoria libertà e dedicarmi a tutto ciò che nel resto dell'anno posso fare solo durante le mie brevi pause dal lavoro (che, facendo un calcolo approssimativo, si riducono davvero a due sole ore piene al giorno, il che è abbastanza deprimente).
Ho vissuto l'ultimo periodo al lavoro davvero male. Quest'anno era partito benissimo, avevo trovato la mia dimensione, mi sentivo fiera di me. Se mi seguite su Instagram (altrimenti al lato della Homepage trovate tutti i link dove venire a seguirmi) sapete che ero riuscita ad adottare uno stile di vita più "zen", se vogliamo definirlo in questo modo. Avevo capito che farmi coinvolgere dai problemi del lavoro, starci male, prendermeli a cuore o prendermene la responsabilità, anche quando non spettava a me, e starci male, con attacchi di ansia, di panico, difficoltà a respirare, come se mi si allagassero i polmoni e l'ossigeno che vi immettevo non fosse mai abbastanza... ecco, non era giusto. Dovevo riuscire a guardare tutto con più distacco, a preoccuparmi del mio lavoro e non anche di quello degli altri, perché se non se ne facevano un problema loro, perché avrei dovuto farmelo io? Eppure, per quanto ci abbia provato, gli ultimi due mesi sono stata letteralmente abbandonata a me stessa. Gestivo tutto da sola in ufficio, cercavo di risolvere ogni problema e alla fine sono annegata.
Quest'anno non può e non deve ripetersi.
Sono riuscita a rimettermi in sesto. Domani tornerò in ufficio e, a dispetto di quel che pensavo, non sono così depressa e nemmeno preoccupata. Riesco a respirare (abbastanza) bene quando ci penso, il senso di oppressione è quasi del tutto sparito, quindi penso di essere riuscita a calmarmi e sono pronta a ricominciare. Ricominciare sì, ma con uno spirito nuovo. Non mi sobbarcherò più del lavoro degli altri e penserò solo a fare il mio, al meglio delle mie capacità, com'è giusto che sia.
Non pensavo davvero che avrei parlato così tanto del mio lavoro, in questo post, ma forse sentivo la necessità di farlo. La necessità di esternare come mi sono sentita e come mi sento ancora adesso quando ci ripenso. La scrittura, in fondo, è una delle migliori terapie e per me ha sempre funzionato. Vorrei piangere, dopo aver scritto questo papiro, chissà perché. Sento anche un piccolo peso sul cuore, ma sorrido e proseguo. Non c'è alcun motivo per essere agitate.
Comunque, dicevo... anzi, in realtà "scrivevo".
In questo mese di ferie mi sono rilassata, ma sono stata anche contenta di non aver oziato tutto il giorno, ma di essere riuscita a iniziare tanti nuovi percorsi, che hanno poi dato vita ai molteplici progetti di cui al video. Ecco quindi una breve lista delle cose per cui sono grata a queste ferie:
1) Ho scritto, tanto e tutti i giorni; maggiormente mi sono dedicata alla mia FanFiction su My Hero Academia, "Distance", che trovate su Wattpad, EFP e Fanfiction.net, ma ho anche ripreso in mano, oltre ogni previsione, "Un Particolare In Più" e la sto revisionando, cambiando e decisamente migliorando. Ho lavorato tantissimo anche alla revisione di "Un Frammento Nel Cuore", romanzo in uscita (ancora non ho una data neanche indicativa) con Le Mezzelane e sono orgogliosa dei progressi che ho fatto, di come la stiamo evolvendo insieme all'editor. É stato terribile e al tempo stesso meraviglioso scoprire quanto lavoro ancora io debba fare per migliorare come scrittrice e intendo farlo, garantito.
2) Sono uscita dal blocco del lettore e ho ripreso rileggendo la Saga dell'Attraversaspecchi. Una cosa bella (e terrificante!) di me è che la mia memoria non funziona molto bene, quindi sto leggendo i libri quasi fosse la prima volta. Certo, ho un'idea generale di cosa succede, ma non ricordavo quasi nulla dei dettagli e della trama di ogni singolo libro, quindi immergermi di nuovo nel mondo di Ofelia e Thorn è fantastico e mi sta facendo sognare forse ancor di più che la prima volta.
3) Mi sto allenando giornalmente, seguendo video di esercizi su YouTube che mi stancano il giusto, appagando la mia voglia di migliorare sia dal punto di vista estetico che atletico. Da Settembre riprenderò anche il corso di JuJitsu, quindi spero di riuscire a mantenere un buon ritmo, a non farmi scoraggiare e stressare troppo dal lavoro e ad avere costanza con tutti gli allenamenti. Dall'anno scorso ho perso circa 10 Kg, ma adesso sto veramente faticando a buttare giù ogni grammo, anzi capitano giorni, come oggi, nei quali nonostante sia ligia, mi alleni e mangi intorno alle 1300 calore al giorno, la mia stupida bilancia segna grammi in più invece che in meno, ma pazienza, devo essere paziente e non arrendermi. Vedrò i risultati col tempo, se non mi lascio abbattere.
4) Ho passato un sacco di tempo con la mia famiglia e per me è una cosa super importante. Amo i miei genitori, sono la mia vita, e poter trascorrere del tempo con loro, specialmente da quando ho "lasciato il nido" e ho cominciato a costruirmi una vita tutta mia, è per me meraviglioso. Devo anche ammettere di essere stata estremamente fortunata a incontrare un ragazzo meraviglioso, che capisce le mie esigenze e non mi fa mai pesare nulla, anzi. Un vero amore e forse non lo sa, perché non lo dimostro mai abbastanza, ma gli sono grata e lo amo per tutto quello che fa per me.
5) Ho visitato un sacco di posti nuovi e ho scattato tante foto, altra cosa che mi ha reso super contenta: da una parte, non me ne sono stata sempre chiusa in casa, ma ho riscoperto la gioia di passeggiare all'aria aperta, nella natura, in luoghi nuovi e meravigliosi; dall'altra, sto cercando di imparare ad accettare me stessa e il mio fisico per come sono, quindi anche se non sono perfetta, anche se non sono una modella, mi sono atteggiata a tale e ho scattato foto stupende in posti stupendi. Ve ne lascerò una carrellata nei prossimi post.
Bene, direi che per oggi è tutto (non lo so, ho scritto un romanzo, ma cosa vi aspettavate da una scrittrice?)
Spero abbiate voglia di seguirmi qui (come su tutti gli altri social, che vi ricordo trovate nella mia Homepage).
Alla prossima domenica, un bacio enorme.
Vostra Giulia K. Monroe
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I PREFERITI DEL MESE #15: Marzo
Ah ragazzi siamo a più di un anno dall’inizio della pandemia, marzo è volato e io vorrei offrirvi parole consolatorie in questo post, peccato che io sia completamente e inevitabilmente piena, rasa, colma, finita. Faccio la conta delle mie fortune, metto in fila le mie occasioni di felicità, estremamente poche e rare e mi ripeto “adda passà ‘a nuttata” prima o poi ne usciremo no? Eppure ho finito tutto, qualsiasi tipo di pazienza emotiva. Ho passato un mese in lockdown, di nuovo, in zona rossa, le zone colorate che forse non significano niente, la solitudine attaccata alle ossa, lo spazio fisico occupato ridotto all’osso e l’incapacità di uscire dalla mia mente. Ho iniziato a fare plank, ho ripreso a fissare il soffitto in preda all’insonnia, a cercare di consolarmi come posso in questa situazione che rischia di fagocitarmi tutta. Un mese di zona rossa e la sensazione di deja vu come lo scorso anno è veramente troppo forte. Possiamo solo stringere i denti.
Comunque, per cambiare le carte in tavola e dare una rinfrescata a questo blog, da inizio anno ho deciso di portare qui su questo spazio di web una delle rubriche che più mi piace guardare su Youtube e che sostanzialmente dimostra che non mi so inventare niente, ma che amo inglobare nel mio modo di essere espressioni, modi e idee che mi colpiscono l’immaginario. “I preferiti del mese” è un format che forse non si presta molto alla parola scritta ma ci proviamo, che tanto se non funziona lo facciamo funzionare a modo nostro.
Enjoy!
MUSICA
Attacco Spotify (o Soundcloud per un’opportuna playlist) in qualsiasi momento, ci sono canzoni che mi conciliano qualsiasi tipo di attività, anche il lavoro, e la challenge che ho portato avanti su Instagram a marzo mi ha dato modo di rendermi conto che il genere di musica che ascolto non è mai cambiato dalla mia adolescenza, sempre ballad, sempre vagamente indie, sempre sul depresso/triste andante. Ma è la musica che concilia i miei pensieri e le mie elucubrazioni che diventano entrate nel mio diario o pensieri sparsi appuntati su foglietti volanti. A marzo comunque sono approdata di nuovo a Mahmood e ho iniziato ad ascoltare in modo un po’ ossessivo Inuyasha. Ho anche recuperato Un po’ come noi di Gazzelle dell’album Ok uscito a febbraio e che devo dire avevo snobbato un po’. Ho risentito per caso Elastic Heart di Sia (il video che vi ho linkato pazzesco, è di una potenza unica, lui poi ecco…) e mi è tornato in mente chiaro e preciso il momento in cui l’avevo ascoltata per la prima volta e un po’ di malinconia mi ha assalita di nuovo. Ho anche scoperto Star 1117 degli Ateez, una ballad dolcissima che mi ha fatto sciogliere il cuore. Per strane vie ho anche recuperato anche Selfish di Madison Beer che devo dire mi ha molto impressionato. Last but not least No distance left to run di Blur. Giusto per non farci mancare nulla.
LIBRI
Ho ripreso a leggere con una certa costanza il che ormai rappresenta una vittoria per me, dal momento che lo scorso anno mi sono ritrovata fagocitata dal peggior blocco del lettore che mi sia mai capitato di affrontare. Il libro di marzo è sicuramente Kim Jiyoung, Born 1982 di Cho Nam-Joo, un’autrice coreana che è stato consigliato da Kim Namjoon, il leader dei BTS. Ve ne parlerò presto, ho già iniziato a scriverne la recensione, e ve lo consiglio molto. L’autrice racconta la storia di Kim Jiyoung una donna come tante che nasce, cresce e vive in Sud Corea e ne sperimenta tutte le problematiche e le contraddizioni, le mancanze e le incertezze, in uno schema che si ripete sempre uguale, in cui le donne si trovano a vivere in una posizione di debolezza rispetto agli uomini in ogni aspetto possibile. Una denuncia e un appello, la descrizione brutale, corredata di dati, di quanto sia incommensurabilmente difficile crescere come donna, in ogni punto del mondo. Illuminante a dir poco. Spero che venga tradotto in italiano.
FILM & SERIE TV
A marzo tra le altre cose ho guardato "Hotel Del Luna", che davvero mi ha lasciato senza parole. È un drama paranormale che si sviluppa intorno a questa locanda diventata nel tempo un super hotel di lusso, il Del Luna, che ospita i fantasmi che hanno questioni irrisolte sulla terra e gli impiegati nel frattempo cercano di mandarli felicemente nell'aldilà, aiutandoli a risolvere i loro problemi, grazie anche all'aiuto del Grim Reaper. A capo de Del Luna c'è Jang Man-Wol interpretata dalla bravissima IU una donna affascinante e con un passato terribile alle spalle. A servizio dell'hotel ci sono lo Studioso Kim come Barman, una manager delle stanze di più di cinquecento anni e un giovanissimo concierge morto da circa settant'anni. Tutti e quattro ovviamente hanno delle faccende da risolvere che li tengono ancorati al nostro mondo. Per funzionare l'Hotel però ha bisogno di un direttore umano, quando l'ultimo è diventato troppo vecchio per assolvere i suoi compiti, Man-Wol chiama Goo Chan-Sung, legato a lei perché la donna aveva salvato suo padre. Nonostante le perplessità iniziali e i suoi tentativi di fuga prende a cuore la causa e finisce per assumere davvero le mansioni del direttore. Mentre veniamo a scoprire il passato di Man-Wol e il suo rancore millenario, in ogni episodio troviamo la storia di un fantasma e i tentativi per mandarlo nell'aldilà. A intessere la tela del destino c'è Ma-Go che assume mille identità diverse a seconda delle necessità.
Il drama ha tinte un po' fosche e un po' horror, ma ha anche scene molto divertenti che sdrammatizzano quelle più toste. La cosa interessante del drama è che investiga situazioni difficili in cui non è semplice riconoscere chi ha ragione e chi ha torto, ma dal cui confronto si esce sempre rafforzati, e soprattutto cosa significa perdonare e perdonarsi. Bellissima anche la soundtrack e soprattutto bellissima IU che sfoggia sempre degli outfit pazzeschi e che incanta per la sua bravura nell'essere fredda, spietata e allo stesso mega vulnerabile. Super consigliato.
BEAUTY
Di solito in questa sezione consiglio prodotti di make up o skin care ma a questo giro non ho niente di nuovo di cui parlare, quindi farò un’eccezione e vi rivelerò che dopo averci molto rimuginato ho comprato il cerchietto bombato di cui vi avevo parlato qualche tempo fa nella sezione random… che dite lo possiamo approvare? A me piace devo dire, lo trovo molto elegante e comodo, poi ecco sono qui a indossarlo dentro casa e a farmici i selfie… chi me lo vede?
CIBO
Prima che ci chiudessero in casa sono riuscita a fare un salto nel mio negozio di specialità orientale di fiducia e a parte la scorta di soju da tenere da parte per i momenti bui, mi sono concessa anche dei ravioli con i gamberi. Ahhhhhhhh che buoni, non vedo l’ora di tornarci.
Also per confortarmi, mi sono regalata anche i Grisbì (miei biscotti prefe forever and ever) al cocco, me li sono centellinata per non finire il pacco in un sol boccone. E a proposito di cocco per tutto marzo ho continuato a cercare invano le nuove Gocciole al cocco.
RANDOM
Lo scorso 17 marzo ad Atlanta è accaduto uno shoccante caso di cronaca: sono state uccise delle persone asiatiche in maniera brutale e questo atto atroce ha dato vita ad un movimento contro il razzismo perpetrato ai danni della comunità asiatica. Pensarci ancora mi da i brividi, pensare che non si possa vivere in tranquillità mi manda ai matti.
Alcuni ricercatori del Brain Institute della Federal University of Rio Grande do Norte in Brasile hanno scoperto che i polpi sognano: sogni molto brevi, ma comunque sogni. Non riesco molto a immaginare di attaccare elettrodi su un polpo, l’immagine mi fa molto ridere, ma sono sempre molto interessanti tutte le scoperte relative al cervello che veniamo a scoprire nel corso del tempo, perché ci danno un’immagine molto più chiara anche del nostro.
Secondo i due astronomi Michael Brown e Konstantin Batygin i pianeti del Sistema Solare non sono 8 bensì 9. Secondo loro questo nono pianeta spiegherebbe alcune stranezze che sono state riscontrate ai confini del nostro sistema che dovrebbe avere una massa tra 5 e 10 volte quella della Terra e con caratteristiche simili a Urano e Nettuno e un’orbita molto grande. L’astronomia è sempre stato un mio grande pallino e mi affascina molto, sono convinta che ci siano tantissimi misteri che aspettano solo di essere scoperti.
E voi che avete combinato a marzo?
Raccontatemelo in un commento.
#Preferiti del mese#marzo#musica#libri#film & serie tv#beauty#cibo#random#discussione#preferiti#love#moda
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Un’occhiata al mio diario
Non scrivo da un po’.
La verità è che quando scrivo racconto sempre della mia vita. Non sono mai stata capace a finire una fan fiction, la mia fantasia ha capacità limitate e quando si blocca attinge dalla realtà e, a dirla tutta, da un anno a questa parte la mia vita ha ben poco da raccontare.
Sto vivendo di ricordi, ogni Mese che passa mi ritrovo a pensare “Ah... di questi tempi l’anno scorso stavo facendo questo” o “Ah cavolo l’anno scorso ho conosciuto X”. Un po’ come le storie di instagrAm, quando dopo un po’ la foto ai libri su cui stai studiando e i tramonti dalla finestra di casa tua scocciano perfino te, e allora vai di “ricordi”, e le foto ti aiutano davvero a ricordare
Ciò che era banale ora manca.
Le cose belle sembrano sogni confusi, di quelli che Ti lasciano una bella sensazione all’altezza dello stomaco ma che fai fatica a raccontare.
Mi mancano molte cose.
Mi manca stare in mezzo a una folla, incrociare uno sconosciuto e sorridergli senza pensare a quanto Distanti siamo l’uno dall’altro. Mi mancano i sorrisi della gente, i viaggi in treno, le metro strapiene (si perfino quelle).
Mi manca andare a ballare, baciare uno sconosciuto, fare amicizia col vicino di sedia all’università, iL caffè al bar, l’uscita serale. Mi manca salutare i miei amici con un bacio sulla guancia, avvicinarmi a loro senza timore.
Mi mancano i nonni, mi manca abbracciarli... che è una cosa che ormai non faccio più da gennaio. Chi lo avrebbe immaginato che questo virus oltre alla salute ci avrebbe tolto anche gli affetti, i piccoli gesti che prima erano naturali. Che poi tralasciando gli stereotipi è proprio vero che noi del sud siamo persone carnali, se mi togli gli abbracci e i baci e le carezze e il sorriso ... io come ti faccio capire che ti voglio bene?
Mi manca tutto e mi manca tantO.
Mi manchi anche tu!
matdilo
#matdilo#Un'occhiata al mio diario#diario#pensieri#love#in love#movie#cit#quote#beautiful#coronavirus#virus#2020
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Diario di una persona che ha smesso di fumare:
Giorno 31:
siamo al 31esimo giorno senza sigarette. cosa è cambiato nella mia vita?
il cibo ha un sapore diverso. moltissime cose sanno meglio, altre peggio.
il mio rapporto con l'ansia: sono dovuta andare da un medico, che in realtà mi ha prescritto degli ansiolitici (che non prenderò). le paure principali sono diventate quella di avere malattie, come per esempio il covid. mi sono imparanoiata un sacco quando si è scoperto che nel paesino vicino (dico paesino perché è veramente piccolo), in cui sono stata giusto ieri, hanno scoperto un caso di covid. ogni cosa che ho nel mio corpo mi sembra un sintomo di covid, ma sto cercando di convivere con la cosa anche se è molto difficile per me e per chi mi sta vicino.
il reflusso sta sparendo. non ne ho più da quasi una settimana.
dolori un po' ovunque: all'inizio del mese erano molto frequenti, ora sono solo dei leggeri fastidi, ma sono appunto fastidiosi.q
faccio tante cose che prima non facevo più, ad esempio leggo più libri, poi ho scaricato sul tablet l'emulatore per la Ds e sto giocando ad alcuni videogiochi di quando ero piccola, cosa che non facevo da anni, e ho finito due serie TV. sono anche partita con i miei amici in questo mese e mi sono divertita un sacco. ora sto mettendo di lato i soldi per comprarmi la switch lite.
#love#amore#amore non corrisposto#amore vero#amore amaro#amore perduto#amore mio#ti amo#amore folle#amore triste#fumatrice#fumare#smettere di fumare#fumo#fumar#friends#video games#viajar#viaggio#vita#corona virus#covid test#paura di tutto#non avere paura#parole#paura#passion#ansia ansia ansia#che ansia#stress
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Bruxelles CAP. 2 - Diario di quarantena
Ho cambiato casa, anche se sono comunque rimasta a Bruxelles. Vivo in questa casetta di 4 piani e la mia camera è proprio all'ultimo, con il tetto a mansarda. E’ bella grande, bianca e con il parquet per terra, ma la mia cosa preferita è la finestra sopra al letto, che mi lascia guardare le stelle da sotto le coperte proprio prima di andare a dormire. E il Grande Carro è incastrato perfettamente nella cornice della finestra, come se ci fosse stato dipinto all'interno. Quindi ecco, passo molto tempo a guardare le stelle e le nuvole che si muovono veloci, e non faccio così per dire, qui a Bruxelles c’è sempre tanto vento.
Avevo deciso di spostarmi per circondarmi di persone e l’ho fatto. Sto molto meglio qui. Ed è importante direi dato che siamo in quarantena. Ebbene si, siamo in tempi di coronavirus. La cosa più assurda e angosciante che sia capitata nella mia vita da quando sono al mondo. Sono bloccata qui a Bruxelles e ho dovuto rinunciare a tornare a casa per Pasqua quest’anno. Dovrò aspettare ancora un bel po prima di rivedere la mia famiglia, Noale, Oliver e i gatti. Prima di bere uno spritz da Gonea. E la pasquetta è stata rimandata all’anno prossimo, non si può fare oggi. Sto cercando di fare il possibile per portare pazienza e mantenere alta la positività, ma ogni tanto ho paura. Sono preoccupata che non si possa più tornare alla vita di prima. Che quell'equilibrio fragile non si possa più recuperare. Ma cerco di bloccare questi pensieri sul nascere perchè non ho risposte, non ho un piano B per il mondo, non ho mai imparato a gestire un problema così grande.
Penso che questa quarantena insegnerà a tutti il valore dell’attesa, quella cosa che abbiamo perso da un po’. Desiderare e aspettare. Stiamo vivendo una pausa dall'immediato, e questa cosa passerà alla storia, ci potete scommettere. Mi sorprendo a immaginare a come sarà ritornare a camminare per la strada senza avere paura di incrociare uno sconosciuto, a come sarà entrare in un caffé e ordinare brioche e cappuccino. Immagino il sapore della prima birra assieme agli amici al bar, al primo aperitivo di nuovo assieme. Penso a come mi farà sentire entrare in una libreria e perdere ore a prendere in mano i libri e respirare il profumo della carta. Immagino il calore di un abbraccio, Dio se ci penso. Penso a come mi farà sentire prendere un cazzo di aereo ancora e tornare a casa, toccare terra in Italia e abbracciare i miei genitori, mia sorella. Vedere Lisa di nuovo. Prendere la mia macchina a guidare per le strade di casa mia. Della mia casa numero 1. Voglio poter muovermi nel mondo e non avere paura. Non sentirmi in pericolo.
Queste cose terribili mi sbattono in faccia quanto sia meravigliosa la vita e quanto amore mi entri nel cuore ogni giorno. La vita mi ha regalato amore da tutte le parti. Mi viene una gran voglia di ballare tutto il tempo, sentirmi viva e felice. E allo stesso tempo sento un tale attaccamento a tutto questo e il pensiero di metterlo in pausa o all'eventualità di addirittura perderlo mi fa impazzire. Questa è la mia quarantena, un tentativo costante di mantenermi in equilibrio nel caos dei miei pensieri. E per proteggermi cerco di rifiutare le mie emozioni forti, quelle che mi possono fare piangere o spaventare. Forse è per quello che non riesco nemmeno a scrivere più di tanto. Solitamente non mi impedisco mai di sentire le mie emozioni e viverle ma in questo periodo forse è meglio così, va bene anche anestetizzarsi un pochino e lasciare che il tempo passi, che finisca questa pausa di noi uomini. Anche perchè poi il cielo cambia colore lo stesso, le nuvole continuano a cavalcarlo e gli alberi si tingono di verde. I prati si stanno riempiendo di fiori, l’aria diventa più tiepida. Siamo in primavera, a vita sta nascendo tutto intorno. Solo noi ci siamo fermati.
Tutto è in pausa. E per scandire lo scorrere del tempo disegno le icone del tempo sui giorni del calendario. E’ da un mese che disegno soli, c’è stato un tempo meraviglioso qui a Bruxelles dal momento in cui è scattata la quarantena. Ironico. Solo oggi, 13 April 2020, ci siamo svegliati con il cielo coperto di nuvole. Ma ora è già uscito il sole di nuovo. E’ così importante per me, so che lo ricorderò per sempre. E nel frattempo sto continuando a lavorare da casa, facendo quello che posso. Anche se spero davvero che potremo tornare presto in ufficio. Voglio poter usare questo badge del Parlamento che ho sognato per così tanto tempo e che ho sudato così tanto per avere. Sto vivendo l’opportunità più importante della mia vita in quarantena ai tempi del coronavirus e sto facendo il possibile per non sprecarla. Parlavo ieri con mia mamma al telefono del fatto che ho fatto tanti sacrifici per arrivare a dove sono ma poi penso pure che questi sacrifici mi hanno permesso di rendere la mia vita bella e piena da morire e quindi non cambierei proprio niente. Certo, non vedo l’ora di potermi permettere di andare a vedere il mondo fuori dall'Europa, ma so che arriverà.
Parlavo della Nuova Zelanda con P ieri sera al telefono. Late night talk proprio, fino quasi alle 4, tanto che il Grande Carro si era spostato dal pezzo di cielo ritagliato dalla mia finestra, e potevo vederne solo la coda. Comunque, P è questo ragazzo irlandese che ho conosciuto a Dicembre quando è venuto a trovare Ry a Bruxelles. E niente, a me era piaciuto parecchio e pare che la cosa fosse corrisposta tanto che ci siamo ubriacati e abbiamo finito a limonare di fronte a Ry, che ad un certo punto si è alzato ed è andato a chiamare la sua ragazza. E’ stato abbastanza divertente in effetti ora che ci ripenso. Comunque, è proprio vero che chiodo schiaccia chiodo. Me lo ha ripetuto un’amica qualche tempo fa e non ho smesso di pensarci da allora, credo che abbia proprio ragione. Per qualche ragione abbiamo continuato a parlare. La cosa però passa al livello successivo quando rimani al telefono fino a mattina, o arrivi alla video chiamata. Che ne so, saranno gli effetti della quarantena. Mi ha detto che verrà a Bruxelles, e vorrei che potessimo decidere noi quando, come è sempre stato. E invece bisogna aspettare che si possa tornare a uscire di casa e che ricomincino a volare gli aerei. E’ una situazione davvero strana per cominciare a conoscere una persona. Però l’idea che io abbia voglia di parlare di notte con qualcuno che guarda il cielo d’Irlanda mi fa pensare, che poi infondo non si è così distanti se il Grande Carro si vede pure da li.
Lasciamo al coronavirus il ruolo di selettore naturale. E io credo che la selezione ci sarà, e non solo per l’amore.
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“Morte, amore, desolazione, angoscia: di Pablo Neruda puoi buttare metà dell’opera, resterebbe comunque uno dei poeti più grandi. Ora vi parlo del suo libro più bello, del lupo taciturno”. Un saggio di Abelardo Castillo
9 febbraio 2003
Domenica. Sylvia a San Pedro. Le ultime due settimane non ho fatto altro che leggere e rileggere Neruda: quasi tutta la sua opera. Salvo le Odi, che mi sono parse sempre artificiali. Ho già cominciato, a mano, la bozza del prologo per Residenza sulla terra; mi è tutto chiaro quello che voglio dire ma temo che tradurlo in parole, in appena 10 pagine, risulterà così complesso come immaginavo. Poeta immenso, disuguale, copioso. Avrebbe potuto buttare nella spazzatura metà delle sue opere e sarebbe stato comunque uno dei più grandi poeti del XX secolo. Per fortuna, ora devo pensare soltanto a Residenza, quel libro ipnotico.
Lo stesso abbagliamento di quando avevo diciassette o diciotto anni. Un attimo in questi giorni, dovrà interrompere con Neruda e intercalo un capitolo a Gli angeli. Non lo rileggo.
Abelardo Castillo (Diarios 1992-2003)
*
Abelardo Castillo, L’abitante di se stesso
Nell’opera di qualsiasi scrittore c’è un libro decisivo che va oltre le parole: nell’opera di Pablo Neruda, quel libro è Residenza sulla terra. Non so di nessuno, incluso lo stesso Neruda, che abbia potuto spiegare in modo soddisfacente il suo senso essenziale o il suo essenziale enigma. Né Amado Alonso, il precursore, né Hernán Loyola, opposto in tutto alle opinioni di Alonso, né Rodríguez Monegal che non si trova d’accordo con nessuno dei due. Ovviamente, io, quasi organicamente estraneo alla critica e alle teorie letterarie, sono molto lontano dal riuscire a farlo. Questi appunti non hanno la pretesa di risolvere un problema poetico, né vogliono sollevarlo: vogliono semplicemente testimoniare il mio stupore di lettore mano a mano che i versi di Neruda ripiombano in me come vi piombarono, torrenziali e ipnotici, quando ero un adolescente e rimasero per sempre nella mia memoria.
Verso il 1950 la casa editrice Nascimento pubblicò una selezione della sua opera. Neruda cominciava già a essere il poeta epico del Canto generale, aveva già rinnegato le due prime Residenze ed era il militante perseguito per le sue idee politiche. Per quelli della mia età, tuttavia, continuava a essere l’armonico uomo in lutto di Crepuscolario, Venti poesie d’amore e una canzone disperata e, soprattutto, il poeta maledetto ed ermetico di Residenza sulla terra. Questo lupo taciturno che entrava negli uffici e nei cinematografi stanco di essere uomo, che aveva amato donne nei cui occhi litigavano le fiamme del crepuscolo, che voleva uccidere le suore con un colpo d’orecchio e vedeva la scopa delle morte spazzare a ogni angolo, presto avrebbe compiuto cinquant’anni, è vero, ma aveva scritto i sui primi tre libri prima di compierne venti. In altre parole, la sua adolescenza dialogava con noi, era un nostro contemporaneo.
Morte, amore, desolazione, angoscia; queste parole erano più che semplici parole, erano le nostre. Come Walt Whitman, come quasi nessun altro poeta, Neruda parlò sempre di sé stesso e addirittura continuò a farlo quando immaginò rinnegare ogni sorta di soggettività e si propose di erigere il catasto generale del mondo; solo che l’io di Neruda era così sconfinato da comprenderci tutti. Il fatto stesso che d’ora in avanti fosse comunista stava indicando, almeno per alcuni, una strada: ho sempre sospettato che i quadri scomunicati di Picasso, il primo surrealismo di Aragon e i versi sepolcrali ed ermetici di Neruda fecero più per il marxismo di quanto fecero molti entusiasti partiti stalinisti del XX secolo.
Quello che cerco di dire forse, o ricordare, è questo: nella mia adolescenza, per la nostra generazione, Neruda non rappresentò nessun problema letterario da risolvere. Ci dimostrava semplicemente che, se uno è Neruda, può scrivere poesie d’amore, Solo la morte, Il generale Franco all’Inferno, Alture di Machu Picchu o una storia in prosa su un ladro di cavalli. Per dirlo con le parole della Terza residenza, se uno è un poeta, può affermare senza arroganza: Io metto la mia anima dove voglio.
I problemi ermeneutici comparvero più tardi o, visto che sto scrivendo sulle due prime Residenze, cominciano a manifestarsi ora.
I migliori lettori di Neruda sono d’accordo su questo: Residenza sulla terra è il suo libro chiave. Per molti, il più grande. Ignoro se questo sia vero e non c’è bisogno che lo sia. È difficile stabilire delle gerarchie in un’opera totale che, da Crepuscolario a Le pietre del cielo, racchiude più di mezzo secolo di inesauribile scrittura ed è formata da tre libri come Canto generale, Memoriale di Isla Negra, le tre Residenze, le Venti poesie d’amore e una canzone disperata e, secondo me, riconoscendo il dovuto a Sabat Ercasty, Il fromboliere entusiasta. So, invece, che Residenza sulla terra è alla fine il suo libro chiave. Ma, qual è quella chiave?
Amado Alonso vide in Residenza sulla terra una confessione apocalittica e surrealista dove il poeta spezzava, dal punto di vista formale, i suoi legami con la poesia precedente della nostra lingua e, dal punto di vista del senso, i vincoli con la vita. Vide quello che c’era, in effetti. Per questa ragione tutta l’opera successiva di Neruda fu per lui una conversione poetica e per molti altri, chissà, un’apostasia. Hernán Loyola, refutando questa interpretazione dal marxismo, sostiene che l’onnipresenza della Vita, anche se appiattita e larvale, è al centro di Residenza e prefigura la sua opera militante. Mette come esempio Introduzione al legno dei Tre canti materiali. (“In modo particolare la poesia Introduzione al legno … ha documentato il momento in cui Neruda ebbe accesso al riconoscimento di un modo obiettivo dell’esistenza nella natura, indipendente dalla coscienza del poeta e della sua angoscia”). Anche questo sembra vero. Ma convince meno. I canti materiali appartengono all’edizione definitiva di Residenza, non al libro iniziale: furono scritti in Spagna quando Neruda aveva già incontrato García Lorca, Miguel Hernández, Rafael Alberti e Manuel Altolaguirre ed era da questi riconosciuto come uno dei più grandi poeti in lingua spagnola. I versi di Introduzione al legno sono successivi, e molto lontani, dallo spirito lugubre e disgustato che diede origine alle prime Residenze, uno spirito che verso il 1934 gli dettava ancora poesie così cupe come Walking around o Disincartamenti. I canti materiali e le poesie che aggiunse nell’edizione definitiva non appartengono tanto a Residenza sulla Terra quanto alla volontà architettonica di Neruda. Come si sa, Neruda riorganizzava le sue opere e vi intercalava poesie e persino interi libri; l’inclusione di quei canti materiali cerca di correggere o attenuare il tono apocalittico del libro e stabilisce, a ritroso, un collegamento con una storia che già si stava avvicinando.
Vediamo la data: 1935. Neruda scrive il suo manifesto Intorno a una poesia senza purezza: “(cerchiamo) una poesia impura come un abito, come un corpo, con macchie di nutrimento e atteggiamenti vergognosi. Con rughe, osservazioni, sogni, veglie, profezie, dichiarazioni d’amore e d’odio (…), credenze politiche, negazioni, dubbi, affermazioni, tasse”. Una poesia, ha detto prima, “consunta come da un acido dai doveri della mano, costellata dalle diverse professioni che si esercitano all’interno e al di fuori della legge”. E se qui riecheggia Walt Whitman (“Foglie d’erba è un libro per le classi al margine della legge; le altre classi non necessitano alcun poeta”), tutto il resto è come un piano caotico dove già risuona l’opera futura di Neruda. Vediamo più da vicino quella data: ottobre 1935. Franco ha trattato con Hitler e con Mussolini, qualche mese più tardi scoppierà la guerra civile spagnola e nessuno nel circolo di Neruda, nessuno in Spagna, ignorava questo fatto. Detto in altre parole, quei versi ci sono oggi in questo libro perché, verso il 1935, il poeta maledetto della Residenza sulla terra, e il suo mondo, erano rimasti indietro.
Questo pare confermare l’interpretazione nera: distruzione, morte, sconforto, ermetismo, una deliberata mancanza di comunicazione, sconcerto, tedio di vivere sono l’amara sostanza poetica con cui venne scritta Residenza sulla terra. È vero. Sono qualcosa di simile a questo ma non sono la sostanza di cui è fatto Neruda.
C’è dell’altro, qualcosa di essenziale che – se stessimo parlando in prosa – potremmo chiamare il punto di vista di queste poesie. In effetti, Neruda non celebra la disperazione, non corteggia la morte e i suoi fasti, non abbellisce la disintegrazione e il caos: li vede. Li vede e li annota con la minuziosità di un cronista pazzo. Vago da un punto all’altro, assorbo illusioni/ converso con i sarti nei loro nidi (“Cavallo dei sogni”). Sono solo tra materie sconnesse/ la pioggia cade su di me, e mi appare, / mi appare, col suo vaneggiare, solitaria nel mondo morto, /ricacciata al cadere, e senza forma ostinata (“Debole dell’anima”). Spio, dunque, l’inanimato e il dolente (“Sonata e distruzioni”). Io lavoro di notte, circondato di città, /di pescatori, di vasai, di defunti bruciati (“Sepoltura dell’est”). Questo sguardo maniacale è come quello di un pesce insonne che nuotasse lentamente attraverso l’aria morta, un pesce teratologico con un occhio di mosca che registrasse al tempo stesso parrucchieri atroci, case umide, intestini appesi alle porte, occhiali senza faccia, ombrelli, ascensori di spavento. Lo sguardo di Neruda è un immondezzaio incessante dove, senza l’intervento della sua volontà, va a finire tutto ciò che viene distrutto. Lo dice lui stesso: Come una palpebra atrocemente sollevata a forza / sto guardando (“Acqua sessuale”).
Tuttavia, come atteggiamento poetico di fronte alle cose reali, questo sguardo differisce da quello che anni più tardi gli farà lodare la zuppa di grongo, i treni del sud, la patata, gli uccelli, gli scarafaggi e le pietre. Neruda bracca il mondo e dice quello che vede. Solo che in Residenza quello che vede del mondo è sempre atroce. Acque stagnanti, letti orrendi, dentature dimenticate in una caffettiera e attorno a tutto questo, la morte. Che la vita non valga sempre la pena essere vissuta è un luogo comune e frequente della filosofia e della poesia. Nietzsche ha già detto che le peggiori idee suicide permettono di sopportare più di una brutta notte e Goethe ha già detto che di solito hanno come risultato alcuni bei versi. Ma nella Residenza sulla terra Neruda non anela la morte, né la cerca né la celebra. La guarda agire. Non è più il poeta ferito ed eloquente de Il fromboliere entusiasta (Ah, il mio dolore, amici, non è più dolore umano, / Ah, il mio dolore, amici, non sta più nella mia vita). Il suo dolore è diventato criptico, quasi murato nel silenzio. Se non sapessimo che in Malattie nella mia casa parla di sua figlia Malva Marina che nacque idrocefalica ed è segnata dalla morte, non potremmo indovinarlo, sentiamo persino, dal suo titolo distante ed elusivo, che Neruda non ha nessun interesse nel farcelo indovinare.
Non so se si sia riflettuto abbastanza su un altro fatto: c’è pochissimo amore in questo libro. Il memorabile Tango del vedovo è, in realtà, una poesia sulla stanchezza dell’amore. Neruda ci dice: Son giunto di nuovo ai dormitori solitari, / (…) e di nuovo getto in terra i pantaloni e le camice, / non ci sono attaccapanni nella mia stanza, né ritratti di alcuno sulle pareti. / Quanta ombra di quella che v’è nella mia anima darei per recuperarti. Ma sappiamo che questi versi li scrisse in una cabina della nave che lo portava via da Rangoon, poche ore dopo aver abbandonato Josie Liss, o meglio, mentre fuggiva da lei. In “Angela adonica” (Oggi mi son disteso presso una giovane pura) non solo non c’è amore ma c’è a malapena una donna. Quando uno pensa a “Anima mia! Anima mia! Radice della mia sete errante” o ad “Amica, non morire” del Fromboliere quando ricorda il “Farewell” del Crepuscolario o qualsiasi di quei versi imperiosamente erotici dei Venti poesie, “Angela adonica” sembra la favola provenzale di un poeta che gioca, bellamente, all’amor cortese. Un dato curioso e chissà non meramente stilistico: delle cinquantasei poesie di Residenza, questa è, insieme a “Alberto Rojas Giménez viene volando” una delle due uniche poesie ritmiche. La sua struttura di ode saffica (strofe simmetriche di rima assonante, con tre endecasillabi rifiniti da un pentasillabo), la sua inattesa chiarezza, ne accentuano la rarità: è come se Neruda, per una volta, e nel più scuro e infernale dei libri, si fosse proposto di essere poetico. “Insieme noi”, invece, nonostante la sua irritata libertà formale, è un poema congelato. Qua, né l’amore né il sesso, neppure la poesia esistono. Neruda, il cui flusso metaforico è il più sorprendente della nostra lingua, dà l’impressione di non trovare nessuna figura convincente per descrivere questa donna. Mese di stella, la chiama, e non le crediamo, bacio fisso, e non sappiamo cosa significhi, la trova simile al più lungo bacio, e questo bacio già ci risulta poeticamente sospettoso; alla fine, con una sola metafora schiacciante, riesce a cancellare la donna intera: fatta di onda in lingotti, le dice. Onda in lingotti. Questa onda è metallica, questa compagna di letto è pietrificata: non possiamo nemmeno immaginare che abbia un sesso. Perché quello che c’è in Residenza è l’abominazione e quasi l’orrore del sesso. E probabilmente non è neppure esistito un solo poeta, prima o dopo Neruda, capace di raggiungere con un soggetto simile una poesia così elevata. Se tra le grandi poesie di questo libro “Walking around” è la più amara, se “Solo la morte” è la più sconvolgente, “Acqua sessuale” è la più feroce. Rotolando a goccioloni soli, /a gocce come denti, /a densi goccioloni di marmellata e di sangue, /rotolando a goccioloni, /cade l’acqua, / come una spada in gocce, / come uno straziante fiume di vetro, / (…) vedo sangue, pugnali e calze da donna, / e peli d’uomo, / vedo letti, vedo corridoi dove grida una vergine, /vedo coperte e organi e hotels. / (…) È come un uragano di gelatina, / come una cateratta di spermi e di meduse. / Vedo correre un arcobaleno torbido. / vedo passare le sue acque attraverso le ossa. Ma non solo l’amore e l’erotismo sono stati cancellati dal mondo. Insieme a questi è scomparsa un’altra manifestazione della realtà: il movimento.
Il vortice della vita, quell’anelante girare di braccia come pale impazzite, quelle scorrerie da geografo sessuale che contrassegnava con cartografie di fuoco la mappa dei corpi, quella mareggiata di astri e di venti che cantavano nella notte, tutto si è fermato in una fitta quiete da serra: È un giorno di domenica trattenuto sul mare, /un giorno come una nave sommersa (…). / Vi sono mesi seriamente accumulati su un vestito (“L’orologio caduto nel mare”). Ore di una sola stagione rotolano ai miei piedi, e un giorno di forme diurne e notturne è quasi sempre fermo su di me (“La notte del soldato”). Infine la materia del mondo ha perduto la sua unità panica, ha smesso di essere sacra: è mera disintegrazione. Quando Neruda vede l’unità essenziale delle cose è per dirci che tutto, per il lavoro del tempo, è la stessa cosa, che c’è una sola sostanza per la distruzione. Illustrare con esempi questo argomento equivarrebbe a copiare, parola per parola, le migliori pagine di Residenza.
Tuttavia, questo libro nelle tenebre non è un libro funereo: è un libro disgustato. Il poeta semplicemente confessa: avviene che mi stanco di essere uomo (“Walking around”). Il che significa, non per Neruda, cercare la quiete nella morte. Rilke poté scrivere: O Signore, concedi a ciascuno la sua morte e persino Whitman: Vieni, leggiadra consolatrice morte, / ondeggia intorno al mondo, arrivando serena. Neruda si è stancato solamente di essere questo uomo.
Dalla Birmania, a ventiquattro anni, aveva inviato la seguente lettera: “Attualmente non sento niente che io possa scrivere, tutte le cose mi sembravano, non senza senso ma molto abbondanti di quello: sento che tutte le cose hanno trovato la loro espressione da sole e che non faccio parte di loro né ho il potere di penetrarle” (A Hector Eandi). Qualche mese più tardi, questo poeta senza niente da dire ha concluso quasi tutte le poesie della prima Residenza. Tre anni dopo, a Java, si rettifica: “Uno pensa di aver finito ma c’è qualcosa che si accumula sempre più dentro di noi, goccia a goccia. Io morirei se non potessi più scrivere …”.
Insomma, se c’è una chiave in Residenza sulla terra, non appartiene alla poesia né alla stilistica. La chiave ultima di questo libro occorre cercarla fuori dalle parole: occorre cercarla in Neruda.
Pablo Neruda era il poeta che si uccideva e rinasceva con la stessa naturalità ciclica con cui uomini e animali dormono, sognano, si svegliano e si riaddormentano e si risvegliano. Questo sembrava sbalordirlo fino a che all’età di 65 anni alcuni pescatori gli rivelarono la verità: Voglio sapere, fratelli miei, / dissi all’Unione dei pescatori, / se tutti amano come me. / La verità — mi risposero — / è che noi peschiamo pesci /e tu peschi te stesso, / poi torni a ripescarti / e a gettarti di nuovo in mare. (“Sempre io”: Le mani del giorno).
In quanto alla conversione di Neruda a partire da Residenza sulla terra, probabilmente è quello che la nostra generazione avrebbe chiamato “scelta esistenziale”. La storia della letteratura ne registra più di una. Ne annoto due soltanto: quella di Goethe, che rinnegò le burrasche del Romanticismo e si fece apollineo; e quella di Rimbaud, che semplicemente smise di scrivere. Nessuno, naturalmente, si azzarderebbe ad accostare i nomi di Goethe e Rimbaud e per rendersene conto del perché basta immaginarli seduti uno di fronte all’altro allo stesso tavolo. Neruda, incomprensibilmente assomiglia a entrambi. Non c’è, al di fuori di Neruda, un solo caso di precocità poetica analogo a quello di Rimbaud; non c’è, al di fuori di quella di Goethe, una trasformazione spirituale simile a quella di Neruda. Nello stesso senso in cui Goethe scrisse “chiamo classico quel che è sano, romantico quel che è malato”, Neruda verso il 1950 avrebbe detto: “Reputo nocive le poesie di Residenza sulla terra. Queste poesie non devono essere lette dai giovani dei nostri paesi. Non aiutano a vivere, aiutano a morire”. Nessuno dei due aveva ragione ma questa abdicazione del passato permise loro di invecchiare scrivendo. E c’è ancora un’altra confessione, per nulla drammatica, piuttosto irresistibilmente umoristica che probabilmente lo spiega meglio: “Ricordo”, raccontò Neruda all’Università di Cile nel 1954, “quando a Parigi abitavo assieme a Rafael Alberti. Dicevamo che la nostra epoca era quella del Realismo, quella dei poeti grassi. ‘Basta con i magri!’, mi diceva Rafael con la sua voce allegra di Cadice, ‘Ne abbiamo avuto abbastanza dei magri del Romanticismo’. Volevamo essere grassi come Balzac e non magri come Bécquer. Al pianterreno del nostro appartamento c’era una libreria e lì, attaccate alla vetrina c’erano tutte le opere di Victor Hugo. Quando uscivamo di casa, ci fermavamo e ci misuravamo. ‘Fino a dove arrivi in larghezza?’. ‘Fino a I lavoratori del mare, e tu?’. ‘Io solo fino a Notre-Dame de Paris’”.
Sul tavolo ho tre fotografie di Pablo Neruda. Due furono pubblicate in quel volume indimenticabile che la casa editrice Nascimento pubblicò verso gli anni Cinquanta; la terza appare sulla copertina de una delle sue biografie. In una, si vede un ragazzo che non può essere se non un poeta; mezzo volto alla luce e mezzo in penombra: è l’autore di Venti poesie. Se si dovesse materializzare con una effigie il volto ignorato di Lautréamont, io sceglierei questa. Nella seconda il poeta è cresciuto ma continua ad essere il nostro contemporaneo dell’adolescenza, conserva la stessa aria affilata e taciturna, gli stessi capelli cupi: sta scrivendo Residenza sulla terra. L’ultima fotografia è quella di un signore più che salutare, calvo, sorridente, con pappagorgia, simile a qualsiasi altro e probabilmente più brutto e antipoetico di parecchi altri. Un uomo tra gli uomini. È il poeta balzachiano di Spagna nel cuore, di Canto Generale, del Memoriale di Isla Negra.
Per dirla di una buona volta: se tra i sedici e i diciannove anni uno ha scritto Crepuscolario e Il fromboliere entusiasta, se a vent’anni si è l’autore di Venti poesie d’amore e una canzone disperata e a ventuno di Tentativo dell’uomo infinito, molto probabilmente è impossibile andare oltre. Ma se a quella età, e avendo scritto quei libri, si può ancora scriverne ancora un altro, quel libro sarà in un certo senso, l’ultimo. Sarà questo libro. Con Residenza sulla Terra, Neruda giunge all’unico luogo dove possa giungere un poeta: al precipizio del silenzio, all’inferno da cui non è riuscito a far ritorno Rimbaud.
Quello che è accaduto dopo Residenza sulla terra, quello che Amado Alonso denominò conversione poetica, altri apostasia e noi scelta, potrebbe denominarsi anche risurrezione o miracolo; ma visto che tale risurrezione ha avuto luogo, occorre ammettere che era l’unico miracolo possibile.
*Il testo di Abelardo Castillo, raccolto in “Desconsideraciones”, è stato tradotto da Mercedes Ariza; i versi in italiano sono tratti dal libro “Tre Residenze sulla terra” del 1971, edizioni Accademia, a cura di Giuseppe Bellini
L'articolo “Morte, amore, desolazione, angoscia: di Pablo Neruda puoi buttare metà dell’opera, resterebbe comunque uno dei poeti più grandi. Ora vi parlo del suo libro più bello, del lupo taciturno”. Un saggio di Abelardo Castillo proviene da Pangea.
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