#DIDASCALICO
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il libro: inserisce vaghi riferimenti temporali che richiedono al lettore di farsi due conti sulle epoche in cui le varie sezioni del romanzo sono ambientate, ma non specifica esplicitamente (all’inizio del capitolo, oppure con espressioni come “correva l’anno…”) proprio perché non è quello il punto, dato che il passare del tempo e il susseguirsi dei cicli della natura trascendono dalla scansione antropocentrica del tempo, al punto che l’essere umano passa in secondo piano rispetto a questa inesorabilità
i recensori usamericani, mai smentendo le illazioni: un grande difetto del libro è che non ci dice mai in che anno siamo
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Didascalico (Didactic)
I.S.A.
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La creazione del cane
(La scena si apre sul Paradiso Terrestre. Ci sono piante lussureggianti, cascatelle d’acqua, ninfee, leoni, elefanti, caimani e zanzare. Sulla scena, in piedi, vicini l’una all’altro, Eva e Adamo.)
EVA: Adamo, hai portato fuori il cane? ADAMO (la guarda interrogativo): Cane, quale cane? EVA (comincia ad irritarsi): Il nostro cane! ADAMO (didascalico): Ma noi non abbiamo un cane! EVA (irritata): Tutti hanno un cane! ADAMO (come sopra): Ma se qui ci siamo solo tu ed io! EVA (come sopra): Ecco, sempre pronto a contraddirmi. Vuoi che litighiamo di nuovo? ADAMO (conciliante): Ma no, cara, non è per contraddirti, ma qui non c’è nessun cane. EVA (come sopra): Oh, ma va’ al diavolo! SERPENTE (scende serpeggiando giù dall'albero): Mi ha chiamato? EVA: Fila via, tu: entri solo al prossimo atto! SERPENTE: Ah, scusate (serpeggia sull'albero, mogio, mogio) EVA (ad Adamo): Hai visto? Hai messo scompiglio nel Giardino. Quello ha pure fatto l’entrata sbagliata, ora lo senti il Regista! DIO (svegliandosi): Eh? ADAMO: Cosa? EVA: Che dice? DIO: Meditavo e mi è parso di sentire invocare il mio nome ADAMO ed EVA (all’unisono): No, no. Continui pure a meditare. EVA (ad Adamo): Senti… ADAMO: Cosa c’è? EVA: Ma… e il cane? ADAMO: Ancora il cane? Quando ti metti in testa una cosa…. Sei proprio cocciuta: non abbiamo cani qui! EVA: Io lo voglio ADAMO (sconsolato): Già EVA (fa una bizza): Lo voglio, lo voglio, lo voglio! ADAMO (fa spallucce): Non ci posso fare niente, è colpa del Regista. DIO (si sveglia di nuovo): Eh? Che c’è? Mi si nomina ancora invano laggiù? EVA (sommessamente): No, è per il cane… DIO (che sa tutto): Quale cane? Non ci sono cani costì. ADAMO (gongolando, rivolto a Eva): Ecco, vedi, che ti dicevo! EVA (a bassa voce, rivolta ad Adamo): Sta invecchiando, allora: si è dimenticato di crearlo… DIO (che sente tutto): Mi sono dimenticato? EVA (umile): Ehm … sembrerebbe… DIO: Mah, ho perso la lista delle cose da fare, può darsi…. Non sono più attento come un tempo. (Rivolto a se stesso) Forse ho fatto male a crearlo, il Tempo, ma qui devo fare sempre tutto da solo, e qualche volta… ADAMO ed EVA (si guardano, scuotendo la testa, senza parlare) DIO (tuonando): Eccovi il cane! CANE (compare tra Adamo ed Eva, fa qualche passo, si avvicina all’Albero del Bene e del Male e fa pipì) SERPENTE: Attento, mi hai schizzato tutto! CANE: (sorride, compiaciuto)*. EVA: Adamo, questo cane non mi piace. ADAMO (rivolgendo lo sguardo in alto): Oh Santo Cielo! DIO, SERAFINI, CHERUBINI, TRONI, DOMINAZIONI, VIRTÙ, POTENZE, PRINCIPATI, ARCANGELI e ANGELI (in coro): Eh? Che c’è? ADAMO (fa un passo avanti sul proscenio): Qui non ne usciamo più. Vogliamo chiudere il sipario e passare al secondo atto?
(Cala il sipario)
[*] I cani sorridevano, nel Paradiso Terrestre. È da quando ne sono usciti che hanno smesso.
Ispirato ad Achille Campanile.
Immagine: Luca Cranach, particolare da: Paradiso Terrestre (1530)
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L'uniforme borghese
collana Idee di Moda n° 2 a cura di Grazietta Butazzi e Alessandra Mottola Molfino
DeAgostini, Novara 1991, 184 pagine, 13,5x21,5cm, ISBN 97 888 402 92298
euro 18,00
email if you want to buy [email protected]
…Tutti quei signori si rassomigliavano, le basette abbondanti sfuggivano dai grandi colletti duri, ch’erano sostenuti dalle cravatte bianche con l’orlo di trina ben spiegato. Tutti i panciotti erano di velluto col risvolto a scialle; tutti gli orologi portavano in capo a un lungo nastro qualche sigillo ovale di corniola; e ognuno teneva appoggiate le mani sulle cosce, abbassando con cura la forca dei calzoni, ch’erano di panno lustro e brillavano più del cuoio delle grasse scarpe…(G. Flaubert, La Signora Bovary, 1857).
La moda come sintesi di una mentalità, come rappresentazione di un comportamento è questo il filo conduttore dei dodici volumi della collana Idee della Moda che si propone un’approfondita analisi del fenomeno moda attraverso i mutamenti psicologici, sociologici, estetici. Saggi redatti da storici della moda e del costume individuano di volta in volta i motivi, i temi, i soggetti, i percorsi essenziali che segnano e permettono di leggere l’evoluzione dei ruoli, femminile e maschile, attraverso quelle trasformazioni. Un corredo iconografico selezionato e un pertinente commento didascalico guidano a una ricostruzione per immagini dei temi proposti.
02/05/24
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Possiamo dirlo?
L'ormai famigerato monologo di Scurati è un banale discorsetto didascalico senza alcuna rilevanza non tanto poetica - figurarsi - ma nemmeno letteraria. Un semplice bignamino degno di un libro di storia di terza media che si chiude con un vuoto e generico attacco al governo attuale. Detto ciò: andava censurato? Assolutamente no, anche perché se questo è il livello culturale/artistico della sinistra - e temo sia questo - la destra può stare tranquilla: governerà per altri 50 anni.
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L'uniforme borghese
DeAgostini, Novara 1991, 183 pagine, 14x21,5cm, ISBN 9788840292298
collana Idee di moda, collana a cura di Grazietta Butazzi e Alessandra Mottola Molfino
euro 18,00
email if you want to buy [email protected]
…Tutti quei signori si rassomigliavano, le basette abbondanti sfuggivano dai grandi colletti duri, ch’erano sostenuti dalle cravatte bianche con l’orlo di trina ben spiegato. Tutti i panciotti erano di velluto col risvolto a scialle; tutti gli orologi portavano in capo a un lungo nastro qualche sigillo ovale di corniola; e ognuno teneva appoggiate le mani sulle cosce, abbassando con cura la forca dei calzoni, ch’erano di panno lustro e brillavano più del cuoio delle grasse scarpe…(G. Flaubert, La Signora Bovary, 1857).
La moda come sintesi di una mentalità, come rappresentazione di un comportamento è questo il filo conduttore dei dodici volumi della collana Idee della Moda che si propone un’approfondita analisi del fenomeno moda attraverso i mutamenti psicologici, sociologici, estetici. Saggi redatti da storici della moda e del costume individuano di volta in volta i motivi, i temi, i soggetti, i percorsi essenziali che segnano e permettono di leggere l’evoluzione dei ruoli, femminile e maschile, attraverso quelle trasformazioni. Un corredo iconografico selezionato e un pertinente commento didascalico guidano a una ricostruzione per immagini dei temi proposti.
25/06/24
#Uniforme borghese#moda maschile#anglomania#livree#marsine#frac#redingote#giacca#fashion books#fashionbooksmilano
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"Quando un'opera che si vuole in qualche modo artistica tenta di farsi giudicare per il messaggio che veicola, rendendolo non solo esplicito e didascalico, ma presentandosi come questo stesso messaggio vi sta prendendo in giro.
Il rischio di un'epoca che ha fatto del moralismo il metro di giudizio e valore di ogni cosa è quello di indurre i più furbi e i più incapaci (molto spesso le due cose coincidono) a sfornare compitini che non sono altro che letterine morali ben confezionate in cerca di plauso e consenso.
Non esiste minaccia più grande per l'arte come per il pensiero di questo servilismo morale."
Simone Regazzoni
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Ieri al cinema ad assistere alla proiezione del film su Oppenheimer di Nolan. Non mi dilungo sui “contenuti”. Sono di una chiarezza inequivocabile. Da questo punto di vista lasciano poco spazio alle sottili disquisizioni del tipo cosa ha detto qui, cosa voleva dire in quella scena ecc. Tutto chiaro. Didascalico, quasi. Ma assolutamente uguale, fin nelle battute, alla biografia di Oppenheimer scritta da Bird e Sherwin nel 2012 (Garzanti) da cui è tratto. Non è cosa da poco, visti gli scempi che spesso le riduzioni cinematografiche comportano. Il libro è di 800 pagine con una documentazione riscontrabile frase per frase. Le trascrizioni delle sedute del “processo” sono riportate quasi alla lettera nel film. La maestria tecnica di Nolan, l’uso degli effetti, posti a servizio di un contenuto, lo ribadisco, inequivocabile: il fallimento umano della scienza, la sua intrinseca impossibilità a governare gli effetti dei suoi risultati, affidati unicamente a coloro che ne faranno l’uso che ne vorranno senza tener conto, a questo punto giustamente, delle titubanze umane degli scienziati, che tali sono perché nutrite, in molte loro espressione, della stessa volontà di potenza dei politici e dei militari. L’unico inconveniente, in questo genere di spettacolo, a mio parere grave, ma non dipendente da Nolan, è che un pubblico mondiale abituato a considerare fiction ciò che viene rappresentato sullo schermo attribuirà anche al film lo stesso criterio e crederà che trattasi, appunto, di fiction. Ma non c’è un fotogramma che non appartenga alla descrizione di ciò che è realmente accaduto e documentato dal libro. Le questioni eminentemente filosofiche che stanno all’interno stesso di questa situazione non sono state affrontate neppure nel libro che segue, in fondo, la struttura tipica delle biografie di stile anglosassone (non è certo lo stesso stile del Kantorowicz del Federico II imperatore, tanto per intenderci), ma è proprio questo inner circle che dovrebbe essere affrontato dalla discussione culturale… so che non sarà così. E, ad essere onesto, nemmeno mi dispiace tanto… l’amaro calice di Shiva l’occidente se lo deve bere fino alla feccia!
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Tár
Partiamo subito col mettere in chiaro una cosa: Tàr non è un film che parla di musica. Semmai è un film sull'artista, sulla sottile linea che separa l'artista dalla persona. Sul concetto stesso di separazione tra l'arte (o presunta tale) e l'ambiente in cui viene creata, sviluppata, allevata.
Tra i pregi del film, c'è senza alcun dubbio il fatto di non essere didascalico. Non c'è nulla di complesso da decifrare, eppure l'interpretazione, o per meglio dire, il giudizio è sempre e solo lasciato allo spettatore. Forse fin troppo. In fondo, trovo un po' paraculo da parte del regista affidare alla bravissima (ma non eccelsa) Cate Blanchett un ruolo che avrebbe fatto inorridire qualsiasi paladin* del metoo: quando il ragazzo dà della bitch a Lydia Tàr, è il regista che parla? O il regista parla attraverso la saccenteria della protagonista?
Non c'è un solco netto, e personalmente è sia il punto di forza che il punto debole del film.
Oltre ad un finale un po' frettoloso in cui tutto, ma proprio tutto, precipita verso un baratro che è l'esatto opposto dell'inizio.
(Opinione controversa per un film controverso, ma magari sono l'unico a pensarla così)
#oscars 2023#tàr#cate blanchett#todd field#recensioni#best picture#oscar nominations#academy awards#cinema#film#movies
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Senza titoli di coda
Ho immaginato a lungo un film che si chiudesse con un taglio netto, dal fotogramma precedente al nero in una frazione di secondo. In un battito di ciglia, anzi. Magari, se girato in prima persona, con il protagonista che muore, esattamente nell'ultima scena. E un lungo tempo di schermata nera. Senza titoli di coda. Virtualmente infinita. Alla fin fine - ammesso che qualcosa del genere non esista già - la storia passerebbe in secondo piano. Proprio oggi riflettevo su cosa mi piace scrivere. Ecco, non sempre quello che scrivo è quello che mi piace scrivere. Quasi mai quello che scrivo è quello che mi piacerebbe leggere. Sono autoreferenziale, didascalico, pomposo a tratti e vergognoso nel frammezzo. Il mio stile narrativo preferito è impersonale, come un dipinto anonimo, una fotografia, un video muto, senza alcun intervento di personaggi o persone specifici. Quello che accade nella vita non è funzione di chi si trova da un lato o dall'altro. Tutto è frutto del caso. Per parafrasare Salemme: è solo un caso che cadano alcune regole e non altre. Per non parlare delle cose che più mi piacciono e che vorrei mi appartenessero di più. Stimo tantissimo gli artisti, di qualunque tipo, che realizzano un'opera pur di mettere in mostra un pensiero buffo, ironico, semplice. Invito chiunque legga queste quattro righe ad ascoltare la canzone 'A borzanova di Aldolà Chivalà. A seguire, Portofino. Nessuno spoiler sulla seconda, immagino: ma che bello è scrivere una canzone per dire soltanto "ti porto fino a Portofino". Io impazzisco per i giochi di parole, ma impazzisco ancor di più per chi arzigogola con il fine ultimo - magari il solo fine - di poter dare la giusta illuminazione, di poter dare il giusto peso a una cosa apparentemente sciocca, superflua, insulsa.
E così, io guarderei anche un film di tre ore senza trama se finisse con venti minuti di buio, senza titoli di coda - purché sia una cosa del tutto originale e non frutto di una piratata sbagliata. Non deve esserci sempre, per forza, un senso compiuto.
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Under Paris: più che un film, uno spot per Parigi
Uno squalo, la Senna e un didascalico messaggio ambientalista: Under Paris di Xavier Gens spreca la buona idea, incastrandosi in un film che sembra una pubblicità in occasione delle Olimpiadi 2024. Su Netflix.
Ragionandoci su, c'era da aspettarselo che, ad un certo punto, sarebbero entrate in scena le Olimpiadi di Parigi. All'inizio del film, disponibile su Netflix, non potevamo certo mettere in correlazione l'evento scatenante del plot con l'appuntamento sportivo dell'estate 2024. Eppure, scorrendo, il parallelo ha una sua logicità, nonostante l'opera sia qualcosa di diametralmente opposto alla razionalità. Ecco, Under Paris, diretto da Xavier Gens, asciuga ogni sospensione dell'incredulità, trasportandoci in un thriller che, al netto della buona idea, ha di contro un'eccessiva seriosità che sfilaccia l'assurdità del plot.
Bèrènice Bejo, protagonista del film
Under Paris, co-produzione franco-belga sembra infatti sia stato pensato per anticipare e accompagnare le Olimpiadi parigine, portandoci a scoprire la capitale francese da un'altra prospettiva (cartolina cine-turistica? Sì, siamo da quelle parti). Chiaro, la realtà e la credibilità non vanno ricercate certo in un film, tuttavia quello di Gens non riesce (quasi mai) a farci sospendere l'incredulità, puntando fin dalla scena iniziale - lunghissima - ad un effetto artificialmente costruito, che confluirà in una parte centrale in cui si mischia tutto: action, survival, tematiche green e ambientaliste, fino alla disobbedienza sociale come legittima presa di posizione contro il potere.
Under Paris: c'è uno squalo nella Senna?!
Studiando gli squali
Tra l'altro, la storia di Under Paris (firmata dal regista insieme a ben altri quattro autori, Yannick Dahan, Maud Heywang, Yael Langmann) potrebbe essere tecnicamente riassunta in mezza riga: uno squalo si aggira tra i fondali della Senna. Il punto è: come ci è arrivato uno squalo, nella Senna? Scopriamo che il carcarodonte parigino fa parte di un gruppo di esemplari già seguiti e studiati dalla dottoressa Sophia (Bérénice Bejo), prima che divorasse la sua squadra di studio, in un incidente nel bel mezzo del Pacifico. Sophia, che ha mollato le ricerche in mare lavorando in un acquario, capisce che l'enorme carcarodonte potrebbe essersi incredibilmente adattato, trovando rifugio nei canali subacquei della Catacombe di Parigi. Ad aiutare Sophia nelle ricerche c'è Adil (Nassim Lyes) della polizia fluviale, inizialmente scettico. Oltre le rimostranze degli ambientalisti, i due si troveranno ad affrontare una corsa contro il tempo: catturare lo squalo prima delle prove del triathlon delle Olimpiadi, che si terranno proprio nelle acque della Senna.
Uno spot per Parigi 2024?
Giù nelle catacombe
Se solo l'idea di nuotare in uno dei fiumi meno limpidi d'Europa (per usare un eufemismo) può farvi accapponare la pelle, va detto che lo squalo è, da sempre, simbolo di un certo cinema ad effetto (inutile stare a ricordare Spielberg, o il trash dichiarato di Sharkando), suscitando un concettuale interesse anche in un contesto d'acqua dolce. Ciononostante, Under Paris prosegue mettendo in serie una sequela di momenti auto-compiaciuti (mostrando e dimostrando i quasi 20 milioni di budget), che girano su sé stessi, senza far progredire a dovere quello che poteva essere uno spassionato guilty pleasure. Invece, c'è un'atmosfera sussiegosa che depotenzia il film di Xavier Gens, generando un cortocircuito tra intenzioni, aspettative e risultato finale.
A spasso per la Senna
La tensione, di conseguenza, è palesemente artificiale, e poco incline ad una malleabilità narrativamente adattiva. Tra l'altro, sembra un pretesto la sfumatura ambientalista, per una backstory popolata da ragazzine con zuccotto e capelli colorati. Una sfumatura narrativa che, purtroppo, ragiona per didascalia piuttosto che per sostanza. Chiaro, ogni opera va contestualizzata (e quella di Gens rientra nel classico film-in-streaming da vedere senza impegni), ciononostante Under Paris pare addirittura sfuggire alla sua mission (sottintesa, e goffamente nascosta) votata all'intrattenimento, pendendo per una formalità scritta e pensata solo per illuminare la Senna di Parigi, come se fosse il pitch di uno spot pubblicitario.
Conclusioni
Uno squalo che nuota nella Senna? Possibile in Under Paris. Forte di un'idea interessante, il prodotto però si incastra in una sorta di approccio cine-turistico, anticipando le Olimpiadi 2024 per un pretesto narrativo che sembra essere più vicino alla spot. L'atmosfera seriosa e il messaggio ambientalista, didascalico e svogliato, non aiutano. Peccato. Una domanda sorge spontanea chissà se lo squalo ha visto dove è caduta la fede di Tamberi?
👍🏻
La buona idea di partenza.
Gli scenari parigini…
👎🏻
…Ripresi come se fossero uno spot.
Il pretesto delle Olimpiadi 2024 sembra un traino pubblicitario.
Il messaggio ambientalista, didascalico e artificiale.
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Vittorio Nistri / Filippo Panichi | s/t
Etichetta: SnowdoniaTracce: 9 – Durata: 49:28Genere: Elettronica, AvanguardiaSito: FB_Nistri, FB_Panichi Voto: 8/10 Quello che mi dispiace è di aver ricevuto una copia promozionale di questo nuovo lavoro realizzato da Vittorio Nistri e Filippo Panichi. Mi dispiace perché ho avuto accesso a un comunicato stampa fortemente didascalico, un foglio A4 fitto-fitto di informazioni che introducono a un…
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Didascalico
I.S.A.
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ho finito la terza stagione di heartstopper e posso dire che penso fosse impossibile per un prodotto essere più didascalico di così
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Francesco Lattanzi - Vincent e le stelle
Una ballade sul delicato tema del suicidio e dell’isolamento sociale. Un omaggio musicale alla poesia di Don Mc Lean dedicata a Van Gogh
Sentirsi rifiutati dagli altri viene vissuto come una colpa. Van Gogh può rappresentare un esempio di questo autoisolamento, la modernità ci insegna che sempre più persone soprattutto nei Paesi ricchi e sviluppati si recludono non trovando il sostegno di una società egoista che li ignora. Il suicidio a volte è l’unica estrema soluzione, ma a morire sono innanzitutto la comprensione del prossimo e la solidarietà.
«“Vincent e le stelle”, il cui titolo mi è stato suggerito da Gianni Ferretti, è un omaggio alla poesia di Don Mc Lean e ad uno degli artisti più geniali e controversi della nostra storia. Ho scelto di inserire la canzone nell’album perché il tema del suicidio e dell’isolamento sociale che riguardano Vincent sono stati e sempre saranno temi purtroppo di attualità sociale, e questo fino a che la nostra civiltà vivrà (per parafrasare una parte del testo). Ma la parte che trovavo più interessante della vicenda di Van Gogh, era la sua presunta pazzia, è da lì che sono partito ed è su quello che mi sono concentrato per lavorare sull’adattamento del testo originale. E come a volte accade, solo a distanza di tanti anni, noi posteri ci accorgiamo che tra lui e chi gli stava intorno, il pazzo forse non era il pittore.» Francesco Lattanzi
Il videoclip che accompagna l’uscita del singolo è stato girato tra Roma e Ciciliano, all’interno di un castello che conserva resti intatti del 1800. È stato interpretato da Andrea Pittorino (“Gli anni più belli” di Gabriele Muccino, “La vita possibile” con Margherita Buy) e Chiara Lo Faso. La regia è di Daniele Coccia che parla così del video: «Il videoclip di “Vincent e le stelle” non è un video didascalico, e non vuole esserlo per scelta.Mentre il testo racconta Vincent e le sue irrisolvibili angosce, il piano narrativo visivo mostra un Vincent diverso, innamorato (a modo suo), ma pur sempre schiacciato dalle sue inquietudini. Ed è così che “il gesto disperato” cantato da Francesco, si tramuta in un bacio tenero e prezioso, talmente magico da strappare un sorriso a quell’uomo tormentato per accompagnarlo, mano nella mano, verso un finale che non sapremo mai».
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“Alla morte” è il concept album da cui è tratto questo nuovo singolo, un album che parla di geopolitica e di rapporti fra nazioni. Racconta di come le società dei Paesi evoluti stiano subendo una pericolosa involuzione, abbandonando progressivamente quei valori fondamentali e indispensabili al comune benessere. Ogni canzone narra un fatto luttuoso, ma la morte che più spaventa, ed è a questa morte che l’album è dedicato, è quella delle virtù, delle qualità, dei valori morali, in una parola della civiltà e della nostra umanità.
Francesco Lattanzi nasce a Roma nel maggio 1972. Dall’età di 5 anni inizia ad avvicinarsi alla musica studiando da autodidatta. Nel 1981, suo cugino gli fa ascoltare “La voce del padrone” album appena pubblicato da Franco Battiato e, come di fronte a una folgorazione, il cantautore siciliano diventerà un riferimento imprescindibile per tutti gli anni ’80. In adolescenza sviluppa la passione per la scrittura. Sempre durante quegli anni prova ad avvicinare testi e musiche, ma arriva tardi alle prime vere e proprie canzoni. “Pietrogrado” e “Turno di notte” (canzoni contenute nel disco d’esordio dal titolo "Turno di notte”) sono i primi brani completi di testo e musica, messi su pentagramma. In questi anni da preponderanza all’aspetto letterario a scapito di quello musicale, spesso i testi (che prendono anche mesi e a volte anni di stesura) nascono interamente privi di musica, composta ad hoc solo successivamente. Subito dopo la laurea in lingue dell’Europa orientale, inizia a collaborare con il compositore e arrangiatore Gianni Ferretti. Parte del materiale viene inviato come demo a varie etichette discografiche e a rispondere per prima è la DC Records Italy di David Costa. Con questa etichetta firma nel settembre 2011 un contratto di tre anni e pubblica i due singoli “La volpe restò senza fiato” (che diventerà un video realizzato e diretto da Marco Mazzei) e “Uischi in de giar” (cover di un famoso brano folk irlandese). Nell’agosto del 2013 arriva, con la stessa etichetta, la pubblicazione del primo album “Turno di notte”. A Tivoli, dove da sempre risiede, nel 2015/2016 inizia le prime prove di registrazione di un nuovo album con la collaborazione di Andrea Mattei. Entra in contatto con il regista bielorusso Dmitrij Dedok, a cui assegna il compito di scrivere la sceneggiatura e dirigere il video per il brano “Gli angeli di Horlivka”, scelto come primo singolo del nuovo disco. Il videoclip viene interamente girato in Bielorussia. La lavorazione del disco richiede ancora diversi anni e il 18 maggio 2022 pubblica un omaggio a Battiato, ad un anno dalla scomparsa, registrando in video (con la regia di Daniele Coccia) la “Prospettiva Nevskij” presso il Jungle Music Factory. Bisogna attendere proprio la primavera del 2022 per completare le ultime registrazioni dell’album. In estate hanno luogo missaggio e mastering. Per l’uscita del primo singolo si sceglie la data dell’11 gennaio 2023, anniversario della scomparsa di Fabrizio De André, altro artista che ha molto influenzato Francesco. Il concept album “Alla morte” esce il 17 febbraio 2023.
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