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#DAL VIVO SONO MOLTO MEGLIO
angelap3 · 4 days
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In un villaggio viveva un vecchio molto povero, ma perfino i re erano gelosi di lui perché aveva un bellissimo cavallo bianco; non si era mai visto un cavallo di una simile bellezza, una forza, una maestosità… i re offrivano prezzi favolosi per quel cavallo, ma l’uomo diceva a tutti: “Questo cavallo non è un animale per me, è come una persona. E come si può vendere una persona, un amico?”. L’uomo era povero, la tentazione era forte, ma non volle mai vendere quel cavallo.
Un mattino scoprì che il cavallo non era più nella stalla. L’intero villaggio accorse e tutti dissero: “Vecchio sciocco! Lo sapevamo che un giorno o l’altro ti avrebbero rubato il cavallo. Sarebbe stato molto meglio venderlo. Potevi ottenere il prezzo che volevi. E adesso il cavallo non c’è più, che disgrazia!”.
Il vecchio disse: “Non correte troppo! Dite semplicemente che il cavallo non è più nella stalla. Il fatto è tutto qui: il resto è solo giudizio. Se sia una disgrazia o meno non lo so, perché questo è solo un frammento. Chissà cosa succederà in seguito?”. Ma la gente rideva, avevano sempre saputo che era un po’ matto.
Dopo quindici giorni, una notte, all’improvviso il cavallo ritornò. Non era stato rubato, era semplicemente fuggito, era andato nelle praterie. Ora non solo era ritornato, ma aveva portato con sé una dozzina di cavalli selvaggi.
La gente di nuovo accorse e disse: “Vecchio, avevi ragione tu! Quella non era una disgrazia. In effetti si è rivelata una fortuna”.
Il vecchio disse: “Di nuovo state correndo troppo. Dite semplicemente che il cavallo è tornato, portando con sé una dozzina di altri cavalli… chissà se è una fortuna oppure no? È solo un frammento. Fino a quando non si conosce tutta la storia, come si fa a dirlo? Voi leggete solo una parola in un’intera frase: come potete giudicare tutto il libro?”.
Questa volta la gente non poteva dire nulla, magari il vecchio aveva ragione di nuovo. Non parlavano, ma nell’intimo sapevano bene che il vecchio aveva torto: dodici bellissimi cavalli, bastava domarli e poi si potevano vendere per una bella somma.
Il vecchio aveva un unico figlio, un giovane che iniziò a domare i cavalli selvaggi. E dopo una sola settimana, cadde da cavallo e si ruppe le gambe. Di nuovo la gente accorse, dicendo: “Hai dimostrato un’altra volta di avere ragione! Non era una fortuna, ma una disgrazia. Il tuo unico figlio ha perso l’uso delle gambe, ed era l’unico sostegno della tua vecchiaia. Ora sei più povero che mai”.
Il vecchio disse: “Sempre a dare giudizi, è un’ossessione. Non correte troppo. Dite solo che mio figlio si è rotto le gambe. Chissà se è una disgrazia o una fortuna?… non lo sa nessuno. È ancora un frammento, non ne sappiamo mai di più…”.
Accadde che qualche settimana dopo il paese entrò in guerra, e tutti i giovani del villaggio furono reclutati a forza. Solo il figlio del vecchio fu lasciato a casa perché era uno storpio. La gente piangeva e si lamentava, da ogni casa tutti i giovani erano stati arruolati a forza, e tutti sapevano che la maggior parte non sarebbe mai più tornata, perché era una guerra persa in partenza, i nemici erano troppo potenti.
Di nuovo, gli abitanti del villaggio andarono dal vecchio e gli dissero: “Avevi ragione, vecchio: la tua è stata una fortuna. Forse tuo figlio rimarrà uno storpio, ma almeno è ancora con te. I nostri figli se ne sono andati, per sempre. Almeno lui è ancora vivo, a poco a poco ricomincerà a camminare, magari solo zoppicando un po’…”.
Il vecchio, di nuovo, disse: “Continuate sempre a giudicare. Dite solo che i vostri figli sono stati obbligati a partire per la guerra, e mio figlio no. Chi lo sa… se è una fortuna o una disgrazia. Nessuno lo può sapere veramente. Solo dio lo sa, solo la totalità lo può sapere”.
Non giudicare, altrimenti non sarai mai unito alla totalità.
Sarai ossessionato dai frammenti, vorrai trarre delle conclusioni basandoti solo su dei particolari.
Una volta che hai espresso un giudizio, hai smesso di crescere.
Di fatto, il viaggio non finisce mai.
Un sentiero finisce, e ne inizia un altro.
Una porta si chiude, e un’altra se ne apre…
Tratto da un racconto di Osho
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muffa21 · 30 days
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Ho avuto un'infanzia meravigliosa. Con i monti e i torrenti e gli alberi e le lucertole assolati del mio Paesello. E Dio che ci sorvegliava, sonnacchioso dentro ai tabernacoli delle chiese, insieme alle vecchiette con la bocca piena di caramelle Rossana e canti sacri nella luce colorata che filtrava attraverso le vetrate della Matrice.
A undici anni, il declino. Abusato il primo anno di scuole medie da un compagno di classe pluri-ripetente. Mi costringeva a masturbarlo di fronte a tutti. Nessuno mosse un dito. Temo che qualche professoressa sapesse; ma meglio non andarsi a infilare in faccende più grandi di sé... soprattutto se ti ritrovi disgraziatamente a buscarti il pane nel quartiere più violento e feroce di Palermo, a pochi anni della guerra e delle stragi di Mafia. Nessuno si vergognò. Né l'abusante, né i compagni, né chi sapeva e non ha mosso un dito. In compenso mi vergognai io. Questo causò una timidezza patologica, una goffaggine che superava il ridicolo. E di conseguenza il bullismo, il male minore fra quelli sopportati, mi costrinse a chiudermi in casa. Ad uscire solo per andare a scuola e incontrare giorno per giorno il mio carnefice. Perché conoscevo già cos'erano i doveri. La mia famiglia mi ha sempre amato - le uniche persone ad averlo mai fatto - e li ho ripagati essendo sempre ligio ai miei doveri di figlio.
Le superiori andarono un po' meglio. Ma anche qui, amicizie superficiali che si basavano sulla simpatia che sucitava il mio essere goffo e ridicolo e brutto - avevo denti sporgenti e pesavo quanto una vacca - e per il resto cinque anni passati in casa a leggere narrativa fino alla nausea.
En passant: Prima e unica esperienza sentimentale. Rifiutato e umiliato.
Botta di culo. Passo i test di medicina. Volo a Pavia. Ci resto sei anni.
Il primo anno, fantastico. I miei sono lontani. Mi sento in diritto di mollare la presa sulle mie remore morali. Inizio a fumare tabacco e a bere, quasi ogni sera. Passo alla marijuana. Sembra la svolta. Ma dietro l'angolo c'è il baratro. Divento dipendente dall'erba - sì, gente, come si può essere dipendenti da quella porcheria che è il porno si può benissimo essere dipendenti da un fumo magico che fa svanire le proccupazioni - fumo fino a 15 canne al giorno; e le fumo solo, uscendo fuori dalle grazie di Maria. Dimentico che sto lì per studiare e inizio a mandare a troie la possibilità di laurearmi, dicendomi c'è tempo, e raccontandomi un fottìo di fregnacce. Ma sono consapevole delle fregnacce e per tre anni non faccio niente, se non spendere soldi in droga, vedere film d'essai su megavideo e masturbarmi fino a stordirmi, perdere i sensi e finalmente dormire.
Un gruppi di belle persone mi raccatta dal fango a 22 anni. Tra i 22 e 24 finalmente vivo, mi diverto, sono felice, quasi quasi mi viene pure voglia di studiare e dare una bella ordinata alla mia vita... ma i traumi dell'infanzia sono troppo pesanti e mi ammalo. Esordio psicotico acuto. Fottuto. Per 10 anni passo la vita, tra ricoveri, farmaci, psicologi, psichiatri, testi di roschark (o come cazzo si scrive) e le urla, i pianti e la depressione di tutti i miei familiari.
Per 10 anni lotto... e ne vengo fuori. Trovo lavoro a Milano, le miei poesie vengono pubblicate da una piccola casa editrice di Roma che crede in me, mi metto in forma, da dipendente pubblico ho tutte le agevolazioni del mondo e uno stipendio che farebbe invidia al mio psicologo.
Ma perché questa carrellata sulla mia vita? Perché ieri ho visto questo angolino di luce che mi sono costruito a calci e mozzichi e mi sono detto: non ho nessun diritto ad essere così fortunato. E pensavo a Gaza, all'Ucraina, alle carceri libiche, alla barista del mio paese morta a 40 anni, senza aver mai visto la Luce.
Fortunato? Porca Madonna, l'unica fortuna è essere nato in un paese del primo mondo, avere una famiglia che mi ama, ed essere molto meno stupido della media. Tutte cose niente affatto scontate. Ma la Fortuna, cazzo, è un'altra roba.
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arreton · 4 months
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La psicologa che mi ha accolta questa mattina è una donnina bassina, magra, capelli scuri medio-lunghi e occhi sgranati leggermente strabici e verdi. Non camminava né saliva le scale, semplicemente volava: la gonna lunga svolazzante assieme al passo molto leggero la rendevano come una fantasma allora l'immagine che mi veniva in mente era quella della moglie pazza chiusa in soffitta del libro Jane Eyre. Entro nella stanza e mi guarda con gli occhi di chi attende che tu gli dica qualcosa. Ricambio il sorriso e le chiedo imbarazzata ed in maniera brusca: "Cosa? Devo parlare io?" e da lì inizia il colloquio. Mi chiede come mai mi sono rivolta al centro, avrei voluto dirle perché mi sentivo disperata ed esasperata dai miei attacchi d'ansia e volevo un aiuto, ma cerco di essere più sobria dicendole dell'incidente come goccia che ha fatto traboccare il vaso e cose così. Con mia grande sorpresa mi dice che è una psicoanalista, segue un lungo silenzio imbarazzato da parte mia dove cercavo di controllare la mia felicità nell'aver trovato finalmente una psicoanalista! Il colloquio prosegue molto meglio di quanto mi aspettassi, le dico una mia supposizione in merito all'identificazione di mia madre con me e percepisco che capisce quello che sto dicendo: finalmente qualcuno che parla la mia lingua, finalmente è un dialogo a due e non un monologo dove ci si deve venire sempre in contro per cercare di capirsi, finalmente una persona che non critica negativamente le mie letture (passate) di psicologia ma le vede come un movimento positivo verso la comprensione di sé o una cosa del genere. Vorrei che fosse uno scambio intelligente ma ammetto di avere il cervello bruciato, le pile scariche, tanta stanchezza addosso e quelle poche energie che riaccumulo dal dormire a lungo le disperdo velocemente in ansie gratuite.
A questa felicità si aggiunge anche la felicità per l'aver visto per la prima volta dal vivo uno scoiattolo.
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musicaintesta · 1 year
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Bisogna essere molto forti
per amare la solitudine; bisogna avere buone gambe
e una resistenza fuori dal comune; non si deve rischiare
raffreddore, influenza e mal di gola; non si devono temere
rapinatori o assassini; se tocca camminare
per tutto il pomeriggio o magari per tutta la sera
bisogna saperlo fare senza accorgersene; da sedersi non c’è;
specie d’inverno; col vento che tira sull’erba bagnata,
e coi pietroni tra l’immondizia umidi e fangosi;
non c’è proprio nessun conforto, su ciò non c’è dubbio,
oltre a quello di avere davanti tutto un giorno e una notte
senza doveri o limiti di qualsiasi genere. Il sesso è un pretesto. Per quanti siano gli incontri
– e anche d’inverno, per le strade abbandonate al vento, tra le distese d’immondizia contro i palazzi lontani,
essi sono molti – non sono che momenti della solitudine;
più caldo e vivo è il corpo gentile
che unge di seme e se ne va,
più freddo e mortale è intorno il diletto deserto;
è esso che riempie di gioia, come un vento miracoloso,
non il sorriso innocente, o la torbida prepotenza
di chi poi se ne va; egli si porta dietro una giovinezza
enormemente giovane; e in questo è disumano,
perché non lascia tracce, o meglio, lascia solo una traccia
che è sempre la stessa in tutte le stagioni. Un ragazzo ai suoi primi amori
altro non è che la fecondità del mondo.
È il mondo così arriva con lui; appare e scompare,
come una forma che muta. Restano intatte tutte le cose,
e tu potrai percorrere mezza città, non lo ritroverai più; l’atto è compiuto, la sua ripetizione è un rito. Dunque la solitudine è ancora più grande se una folla intera
attende il suo turno: cresce infatti il numero delle sparizioni –
l’andarsene è fuggire – e il seguente incombe sul presente
come un dovere, un sacrificio da compiere alla voglia di morte. Invecchiando, però, la stanchezza comincia a farsi sentire,
specie nel momento in cui è appena passata l’ora di cena,
e per te non è mutato niente: allora per un soffio non urli o piangi;
e ciò sarebbe enorme se non fosse appunto solo stanchezza,
e forse un po’ di fame. Enorme, perché vorrebbe dire
che il tuo desiderio di solitudine non potrebbe essere più soddisfatto
e allora cosa ti aspetta, se ciò che non è considerato solitudine
è la solitudine vera, quella che non puoi accettare?
Non c’é cena o pranzo o soddisfazione del mondo,
che valga una camminata senza fine per le strade povere
dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.
Pierpaolo Pasolini
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canesenzafissadimora · 7 months
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"Cara Francesca,
spero che questa mia ti trovi bene.
Non so quando la riceverai. Quando io me ne sarò già andato.
Ho sessantacinque anni, ormai, e ne sono passati esattamente tredici dal nostro primo incontro, quando imboccai il vialetto di casa tua in cerca di indicazioni sulla strada.
Spero con tutto me stesso che questo pacchetto non sconvolga in alcun modo la tua vita. Il fatto è che non sopporto di pensare alle mie macchine fotografiche sullo scaffale riservato all’attrezzatura di seconda mano di un negozio o nelle mani di uno sconosciuto. Saranno in pessime condizioni quando le riceverai, ma non ho nessun altro a cui lasciarle e mi scuso del rischio che forse ti costringerò a correre mandandotele.
Dal 1965 al 1975 ho viaggiato quasi ininterrottamente. Nell’intento di allontanarmi almeno parzialmente dalla tentazione di telefonarti o di venire a cercarti, tentazione che da sveglio in pratica non mi lascia mai, ho accettato tutti gli incarichi oltreoceano che sono riuscito a procurarmi. Ci sono stati momenti, molti momenti, in cui mi sono detto: << All’inferno, vado a Winterset e, costi quel che costi, porto Francesca via con me>>.
Ma non ho dimenticato le tue parole, e rispetto i tuoi sentimenti. Forse avevi ragione, non lo so. So però che uscire dal viale di casa tua, in quella arroventata mattinata di agosto, è stata la prova più ardua che abbia mai affrontato e che mai avrò occasione di affrontare. Dubito, in effetti, che molti uomini ne abbiano vissute di più dure.
Ho lasciato il National Geographic, nel 1975 e da allora mi sono dedicato soprattutto a fotografare ciò che piaceva a me, prendendo il lavoro là dove potevo, servizi locali o regionali che non mi impegnavano mai più di pochi giorni.
Finanziariamente è stata dura, ma tiro avanti.
Come ho sempre fatto.
Buona parte del mio lavoro lo svolgo nella zona di Puget Sound. Mi va bene così. Pare che invecchiando gli uomini si rivolgano sempre più spesso all’acqua.
Ah, sì, adesso ho un cane, un golden retriever.
L’ho chiamato Highway, e lo porto quasi sempre con me, quando siamo in viaggio, se ne sta con la testa fuori dal finestrino, in cerca di posti interessanti da fotografare.
Nel 1972 sono caduto da una rupe nell’Acadia National Park, nel Maine, e mi sono fratturato una caviglia.
Nella caduta ho perso la catena e la medaglia, ma fortunatamente non erano finite lontano. Le ho recuperate e un gioielliere ha provveduto ad aggiustare la catena.
Vivo con il cuore impolverato, Meglio di così non saprei metterla. C’erano state delle donne prima di te, qualcuna, ma nessuna dopo. Non mi sono votato deliberatamente alla castità: è solo che non provo alcun interesse.
Una volta ho avuto modo di osservare il comportamento di un’oca canadese la cui compagna era stata uccisa dai cacciatori. Si uniscono per la vita, sai. Dopo l’episodio, ha continuato ad aggirarsi intorno allo stagno per qualche giorno. L’ultima volta che l’ho vista, nuotava tutta sola tra il riso selvatico, ancora alla ricerca. Immagino che da un punto di vista letterario la mia analogia sia troppo scontata, ma è più o meno così che mi sento anch’io.
Con la fantasia, nelle mattine caliginose o nei pomeriggi in cui il sole riflette sull’acqua a nord-ovest, cerco di immaginare dove sei e che cosa stai facendo.
Niente di complicato…ti vedo in giardino, seduta sulla veranda, in piedi davanti al lavello della cucina. Cose così.
Ricordo tutti. Il tuo profumo e il tuo sapore, che erano come l’estate stessa. La tua pelle contro la mia, e il suono dei tuoi bisbigli mentre ti amavo.
Robert Penn Warren scrisse: << Un mondo che sembra abbandonato da Dio >>. Non male, molto vicino a quello che provo per te certe volte. Ma non posso vivere sempre così. Quando la tensione diventa eccessiva, carico Harry e, in compagnia di Highway, ritorno sulla strada per qualche giorno.
Commiserarmi non mi piace. Non è nella mia natura. E in genere non me la passo poi tanto male.
Al contrario, sono felice di averti almeno incontrata.
Avremmo potuto sfiorarci come due frammenti di polvere cosmica, senza sapere mai nella l’uno dell’altra.
Dio o l’universo o qualunque altro nome si scelga di dare ai grandi sistemi di ordini ed equilibri, non riconosce il tempo terrestre. Per l’universo, quattro giorni non sono diversi da quattro miliardi di anni luce. Per quanto mi riguarda, cerco di tenerlo sempre a mente.
Ma, dopo tutto, sono un uomo.
E tutte le considerazioni filosofiche non bastano a impedirmi di desiderarti, ogni giorno, ogni momento, con la testa piena dello spietato gemito del tempo, del tempo che non potrò mai vivere con te.
Ti amo, di un amore profondo e totale. E così sarà sempre."
L’ultimo cowboy,
Robert.
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“I ponti di Madison County”, R.J.Waller
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susieporta · 7 months
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IL PIACERE PROIBITO
Vite che non sbocciano, che non ingranano, adulti mai nati, fermi, bloccati dentro scomodi grembi.
La patologia più grave, che per la scienza non è incasellata tra le patologie, è quella dei MAI NATI.
Ci sei, sei qui, cammini, guadagni, parli, fai sesso, viaggi, acquisti eppure non sei tu.
Non è la tua vita.
La vita è altrove.
Le cose accadono ma non a te.
La gente svolta, cambia, evolve, e tu sei fermo, come nel gioco dell’oca “fermo un altro giro”, e sto giro conta 40,50, 60 anni.
Sensazione di vivere espropriati da se stessi, 007 senza licenza di vivere.
Senza licenza per vivere ciò che piace davvero, perché il resto viene facile.
Il piacere è proibito, ciò che ami e desideri davvero, non osi nemmeno pensarlo ad alta voce e nemmeno dentro te.
E sapete quando il piacere diviene come la mela per Adamo ed Eva?
Quando si è mantenuta fede al patto depressivo familiare, quando stare bene è un fottuto reato, quando ci si è dovuti spegnere il fuoco da soli per non far sentire spenti quegli altri, quando la madre era invidiosa, troppo egocentrica, un seno cattivo direbbe la psicanalisi.
Il piacere di esserci e di Osare, di ardere, fare casino, essere eccessivi, essere creativi, sboccati, sopra le regole, affamati, voraci di vita.
Ma il piacere è soprattutto muovere il passo verso dove punta il cuore; il mai nato, lo vede! E va.. da un’altra parte.
E non è paura.
Non è sabotaggio, è per antico divieto materno.
È per sacro sigillo di stantìa fedeltà.
E dove è andata a finire tutta questa spinta? Repressa, dentro, sotterrata.
Come un sepolto vivo che ha giusto un foro per l’aria.
Si avverte violento il desiderio di rivalsa, di mordere la vita, di prenderla a calci in culo, di far vedere a tutti chi sei, ma ormai il tuo fuoco è spento, e sei così devastato dentro che non hai la forza per andare contro quell’invisibile mano che continua, giorno, dopo giorno, dopo giorno, a versarci acqua.
Quella mano è la tua, e con una mano vorresti accenderti e con l’altra, sei un pompiere.
Quella vita non nata, paralizzata dentro un gelido sepolcro, da cui spunta qualche foglia, ma non il tuo fiore, è la tua, la tua vita incatenata ad un antico tradimento, forse prima che nascessi, prima di emettere il primo respiro, eri già consapevole che sarebbe andata così.
E credo, niente per l’essere umano sia più tragico di questa frase, non per nulla tratta dalla canzone “Hurt” :
You are someone else, i am still right here e cioè vedere che i fiori sbocciano, crescono, fanno frutti e tu sei lì che non muovi un passo.
C’è tutto quel che ti serve per germogliare, ma tu in qualche modo senti che non lo puoi fare, che ti è vietato, che i piaceri e le gioie della primavera sono vietate, che il pullulare degli amoretti estivi puoi guardarlo da una cartolina, che le rondini svolazzano e tu sei estraneo a quella primitiva contentezza.
Ci sono figli che Dio non sa aiutare per quanto incastrati nelle loro angosce antiche, figli incasinati, figli disperati, che respirano flebili, accucciati nel fondo di un congelatore come una busta di surgelati.
Non so se questi figli vedranno mai la luce.
Forse non basta una vita, forse ce ne vogliono due, tre o chissà quante.
E non fatevi ingannare: non basta la volontà o il senso di responsabilità e non è vero che è tutto nella testa.
Anzi.
È una briglia marchiata nel DNA, è una paralisi dell’essere, che senza le giuste mani, rimane inoperabile.
YOU ARE SOMEONE ELSE
I AM STILL RIGHT HERE,
Cantavano i nine inch nails, ma molto meglio resa dall’immenso Johnny Cash, vero campione del soffrire e dell’autodistruzione, da buon pesci qual’era, salvato in estremis da June Carter, sua devota moglie cancerina.
È vero e lo credo che queste vite mai nate possano trovare la loro primavera grazie a un’ostetrica dell’anima.
Non ci si toglie dal ghiaccio infernale a mani nude, quando già si è privi degli strumenti per camminare.
Ci vuole Virgilio, ci vuole June, ci vuole un amore che ti strappi da quel grembo di eterna cova.
Che tutti i mai nati possano trovarne uno, non importa sotto quale forma, sotto quale veste, che si manifesti a voi, che sappiate riconoscerlo, e lasciatevi trarre in salvo.
Qualcuno nasce da solo, qualcuno no.
ClaudiaCrispolti
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donaruz · 1 year
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CLASSIFICAZIONE DEI SEDUTTORI ONLINE:
1) L'ANALFABETA: "O visto le tue foto mi ai piaciuto molto".
2) IL BUZZURRO: " Incontriamoci e poi vedi che ti faccio".
3) LO SBRIGATIVO: " Dammi il tuo cell che ti chiamo".
4) LO PSICOLOGO: " In questo tuo rifiuto di incontrarmi ,leggo una tua inibizione sessuale. Devi avere ricevuto una educazione molto rigida che ti condiziona ancora oggi".
5 ) IL FILOSOFO: "La vita è breve. Godiamocela. Ricordi il carpe diem di Orazio? Viviamoci quest'attimo".
6) L'INTELLETTUALE: "Scrivi benissimo. Potrei farti scrivere su qualche giornale per cui scrivo io, ma prima sarebbe meglio incontrarci e parlarne a voce".
7) IL POLITICO: "Le compagne come te mi eccitano".
8 ) IL RINCOGLIONITO: "Sono vedovo da anni, ma sessualmente molto attivo. Ho 79 anni, ma a letto sono un vulcano. Se ci incontriamo te ne renderai conto".
9) LO SFIGATO: "ho 55 anni vivo solo con mia madre anziana, ho bisogno di una donna, vuoi venire a vivere con me? ".
10) L'IRASCIBILE: "Ma chi ti credi di essere per dire a me, che non vuoi incontrarmi? E chi sei ? Lady Diana? ".
11) IL TECNOLOGICO: "ai wuozzap? ai skaip? ai la veb cam?".
12 ) IL CRIPTICO: "Ke fai? cm va? tt bn? 6 bona".
13 ) LO SDOLCINATO: "Tu sei la gomma, io la matita, non cancellarmi dalla tua vita ❤".
14 ) IL BASTARDO BUGIARDO SPUDORATO: "Sono sposato, ho due figli, ma sto separandomi. Ti seguo da sempre. Posso dirti, senza timore di essere frettoloso, che ti amo. Non voglio perderti. Dammi una chance".
15) IL MILITARE (statunitense o inglese): "Vista tua foto tu molto bella io vedovo, moglie morta in incidente io solo (ma a volte con bambini) honey, voglio una vita con te con la benedizione di Dio".
(Dal gruppo al femminile: Donne-Dee-Regine)
😁
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gregor-samsung · 1 year
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“ La camera era in penombra, anche se ormai Bonaria non pativa più né luce né buio. Il corpo ridotto alle sue funzioni elementari era così minuto che il letto sembrava pronto a inghiottirselo tra le coperte. Andrìa stette un istante sulla soglia, guardò Maria in cerca di un cenno e poi si accostò al capezzale di Bonaria. La ragazza non fece niente per impedirglielo, neppure quando lo vide piegarsi sul cadavere vivo. Andrìa non si sedette accanto al letto, si inginocchiò sul tappeto per farsi più vicino, come a vederla meglio. Maria avvertì l'impulso di lasciarlo solo e uscire, ma lui se ne accorse. – Resta, disse, e a nessuno dei due parve strano che a dare il permesso fosse stato lui. Maria non replicò, e rimase in piedi accanto alla porta, mentre Andrìa in silenzio guardava il volto emaciato dell'accabadora di Soreni. Gli vide chinare le spalle fino a posare il capo sulla coperta senza però abbandonarvelo, come temesse di schiacciare il corpo fragile che c'era sotto, in un gesto di tenerezza che rivelò a Maria la parte di lui che credeva persa. Rimasero così per un tempo necessario e impreciso, lei in piedi a guardare, lui in ginocchio a respirare. Poi Andrìa si alzò, e sfiorò appena la mano inerte della vecchia in coma. Maria aprì la porta, ed entrambi uscirono senza scambiarsi una parola fino alla soglia di casa. – Grazie, disse Andrìa. – Di nulla... si sorprese a dire Maria, disarmata dal tono mite che lui aveva usato. Se vuoi venire, qualche volta. Lui scosse la testa. – No, non serve, mi bastava vederla così. Ma se invece tu hai bisogno di uscire, di prendere aria. si interruppe, con un imbarazzo che gli stava addosso come un guanto. ... insomma, sai dove sono. Lei gli sorrise, e quando tornò in casa si sentiva il cuore molto meno pesante. Per una misteriosa associazione di senso con la visita di Andrìa, il pensiero che da settimane la divorava come un verme aveva bucato la soglia della sua potenzialità, ed era divenuto decisione chiara. Entrando in camera trovò il cuscino in attesa sulla poltrona accanto al letto e lo prese, poi si avvicinò con la certezza che stavolta nessun senso di colpa l'avrebbe fermata. Forse fu il gesto di tenerezza che aveva visto compiere ad Andrìa a spingerla a chinare il capo verso il volto di Bonaria prima di agire, sfiorandole la guancia con le labbra con una levità che non sentiva di aver mai avuto da quando era tornata a casa. Ci sono cose che si sanno e basta, e le prove sono solo conferma; fu con l'ombra netta di una intuizione che Maria Listru seppe con certezza che sua madre Bonaria Urrai era morta. “
Michela Murgia, Accabadora, Einaudi (collana Super ET), 2014; pp. 160-161.
[1ª Edizione originale: Einaudi (collana Supercoralli), 2009]
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allecram-me · 2 months
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Forse andrà meglio. Forse non fa per me. Quelli di Berlino mi hanno offerto questa bellissima possibilità di partecipare alla loro Summer school su una tipologia di disegno di ricerca di cui non so niente, non ho nemmeno dovuto chiedere fondi alla mia università. O meglio, mi hanno detto che se avessi potuto pagare per loro sarebbe stato fantastico, perché a furia di essere inclusivi rischiano spesso di non rientrare con le spese, ma ovviamente è bastato questo a fare in modo che mi sentissi dire che “sarebbe stupido pagare!” da chi gestisce i miei fondi, quelli che ho a mio nome, ma che non posso usare senza autorizzazione. E va così, era la vita che avevo scelto, mi piaceva. Ma adesso? Non riesco in nessun modo a concentrarmi, e per una senza corpo non è così normale. Sono dentro un loop assolutamente senza senso: ho fame, non mangio, ho sonno, non posso dormire. Mi sento inadeguata, mi chiedo come concretamente farò nei prossimi mesi a fare tutto quello che devo necessariamente portare a termine. Autosabotaggio puro, certo, un impostore qualunque. Però è vero che non riesco a seguire nulla. Poi, guardando il quadro generale, è facile dire che aver traslocato tutto quello che possiedo solo pochi giorni fa in questa casa nuova dove mi ostino a non avere gas e quindi acqua calda o alcuna connessione internet gioca il suo ruolo. Il fatto di stare ancora aspettando l’inizio dell’ultima raccolta dati che dovrà essere il punto focale della tesi che di conseguenza devo ancora scrivere per una buona parte, anche questo gioca certamente il suo ruolo. Sentirmi sola al mondo, aver messo in dubbio il senso di questi ultimi cinque anni di lavoro, non provare altro che oppressione all’idea di continuare a lavorare con queste persone che mi fanno semplicemente schifo, pure.
Svegliarmi alle tre di notte nella casa nuova completamente allagata da un tubo che si è rotto, con mobili, scatoloni e tutto il resto ancora a terra: come non considerare anche questo. Eppure la differenza tra varianza between e within mi ha sempre fatta sentire a casa, e oggi invece no.
Praticamente adesso vivo con mia madre, per la quale non saltare i pasti è da viziati con evidenti problemi di attaccamento al cibo e l’affrontare operativamente i problemi discutendoli razionalmente è una perdita di tempo che, soprattutto, non offre alcuna garanzia che le informazioni condivise - così come le conclusioni tratte - siano ritenute in memoria. Così svengo almeno una volta al giorno, e mi sento costantemente sola, in colpa, intrinsecamente incapace e soprattutto un peso per me stessa e per lei, che nel frattempo aspetta me per poter andare in ferie, ancora insieme.
Sono davvero tornata indietro, e peggio. La principale differenza è che al terzo allagamento della vita sono diventata molto più abile nello spazzare l’acqua dal pavimento.
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greatmoonballoon · 2 months
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Ho avuto praticamente tutti i social esistenti tranne Snapchat, e poi all'età di 16 anni ho abbandonato tutto.
Ho abbandonato per la mia sanità mentale. Già il bullismo a scuola era duro da superare, in più l'idea di essere presa in giro anche li mi ha sempre fatto male emotivamente e mentalmente.
Idea che penso che prima o poi, si sia realizzata, ma mi era già tolta per pensarci.
Quindi da quel giorno vivo con dubbi su dubbi, ed ogni sguardo di gente sconosciuta penso che invece, loro, conoscano me. (Eh sì, mi è venuta l'ansia sociale).
Per questo motivo per me, è anche difficile farmi nuovi amici.
Tumblr è l'unico social che non implica "il mostrarti" ma mi permette di usare il mio blog come diario personale.
Me ne sono andata tante volte da qui, e tante volte sono tornata, perché è veramente l'unico social che per me vale la pena di avere.
Qui ci sono anche meno pazzi rispetto a Twitter, per esempio, e si litiga per meno roba stupida tipo qua che tipo di musica ascolti non gliene frega nulla a nessuno, li invece ti fanno lo screenshot, ti bloccano e ti mostrano ai loro followers, chiedendo loro di segnalarti e bloccarti. Bambinate insomma. (A me capitò con una attrice che seguo, giudicata inadatta dall'essere definita attrice e non volevano che parlassi dei miei problemi fisici, che per loro servivano per guadagnare followers e io risposi che manco venivo pagata per scrivere quelle cose).
Ecco perché mi sono tolta da tutti i social. In più senza social ho un sacco di tempo libero, posso dormire e uscire senza per forza farlo sapere a tutta Italia, e poi se non pubblico per giorni, non sono obbligata a dare spiegazioni, perché non sono un influencer. In più, non mi interessa sapere che fa il vicino del piano di sopra nel suo giorno libero dal lavoro.
La scelta di non avere più profili social è stata molto coraggiosa oltre che molto saggia! Hai avuto la capacità di riconoscere e capire cosa potevi evitare per stare meglio con te stessa, proteggere le tue fragilità e i lati deboli.
Conosco bene purtroppo cosa sia il bullismo e delle ferite che lasciano anche dopo tanti anni.
Tanti anni fa feci questa scelta con facebook. In quel periodo vivevo il bullismo già a scuola e quel social non fece altro che ampliare le mie insicurezze: tizia aveva molti più like di me nelle foto soprattutto da parte di ragazzi mentre io ne avevo molto meno; foto di gente che usciva il sabato sera e si divertiva mentre io non avevo nessuna vita sociale oppure c'era persino il controllo di quello che postavo e i giudizi ipocriti e non richiesti; chi si metteva su un piedistallo pensando di sapere tutto di me solo da ciò che pubblicavo e poi magari nemmeno mi salutava di presenza. E da lì decisi di eliminarlo.
Tutte le mie insicurezze effettivamente sparirono e chi si accorse che non lo avevo più mi disse "e ora senza facebook che farai?"
E io "torno a vivere" 😂
Ma che domanda è? Questo fa capire quanto la gente non sappia più distinguere la realtà dal virtuale.
Dopo fb ho avuto twitter senza più usare nome né foto personale e devo dire che in quel periodo mi sono trovata bene. Era tra il 2013 e il 2015. Poi non l'ho più usato.
Ho ridato fiducia a Instagram quando ancora non lo aveva quasi nessuno (2014) ma dopo qualche annetto è diventato più popolare di facebook.
Non demonizzo i social perché altrimenti sarei incoerente. Sono un bel mezzo per esprimersi, fa piacere avere apprezzamenti sulle foto ma non ti nascondo che ci sono stati momenti dove ho dovuto disattivare il profilo per la mia sanità mentale. E sono stata bene. È da lì che spesso derivano certe paranoie, foto o storie che ti appaiono all'improvviso sulla home di cose che non avresti voluto sapere. Ha dato vita a tante ansie che ci distruggono mentalmente ed emotivamente...
Tumblr è un rifugio. Anche io ho provato tante volte ad avere un blog ma solo adesso sto riuscendo a mantenerlo. Ne avevo bisogno! Finché c'è gente educata e matura si può stare bene!
Dopo questo enorme papiro (che mi perdonerai spero ahah) voglio dirti che la tua scelta è senza dubbio molto saggia. È da un po' che penso di prendermi una pausa da alcuni social per un periodo che sto attraversando e mi sei quasi di ispirazione 🥹
Chissà quanta pace potrei riscoprire con questa scelta.
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tananaifanblog · 3 months
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Per Tananai è stato molto strano.
Abbiamo fatto quattro chiacchiere dopo aver scattato le foto che stanno in queste pagine, seduti per terra, al sole, nel piazzale di fronte al palazzetto del ghiaccio di Sesto San Giovanni. Dentro un palazzetto del ghiaccio (questa informazione potrebbe sconvolgere qualcuno) fa molto freddo, e Tananai ci è rimasto diverse ore per realizzare gli scatti, vestito per ragioni stilistiche in modi per nulla adatti alla suddetta temperatura.  La cosa non lo ha reso irascibile, ci scherzava e beveva molto tè caldo. È rimasto di buonumore fino all’ultima posa richiesta, ma senza quell’atteggiamento iper-performativo degli attori di Hollywood quando raccontano di aver perso 20 chili per un ruolo o di aver imparato a giocare a scacchi a livello professionistico in tre settimane. Era più un mood del tipo “non serve farne una tragedia”.
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Leggi l'intervista completa.
di JACOPO BEDUSSI 1 DIC 2022 ( GQ )
La carriera di Alberto Cotta Ramusino in arte Tananai ha subito un’accelerazione verticale e il 2022 è stato un anno densissimo di roba. Prima l’ultimo posto a Sanremo, festeggiato come se fosse il primo, con uno spirito tutto allegro e scazzato e chissenefrega non tanto da rockstar da manuale ma più da uno che delle cose prende solo il meglio e il resto va bene così. Una mossa ad altissimo rischio di trasformare chi la gioca in una specie di eterna macchietta. Rischio però ampiamente schivato e anzi occasione sfruttata alla perfezione, perché poi le canzoni c’erano, e piacevano davvero, senza i layer meta-ironici che avvolgono come carta stagnola certi fenomeni di TikTok fino a stritolarli nell’infinita ripetizione di sé. E quindi dopo il Festival i live in giro per l’Italia, con uno show un po’ anomalo in cui il nostro si divideva tra cantautore e party animal e dj. E gli amici artisti che ogni tanto saltavano fuori sul palco per una canzone insieme. Tutto sempre senza menarsela e senza trasformare i live in un carrozzone. Nel frattempo le lontrine (così si chiamano i fan, forse omaggio di sponda a Renato Zero ma non è dato sapere) approvano e acclamano, tanto dal vivo quanto su Twitter. E poi, di recente, la svolta che si potrebbe riassumere come “intimista” (che, mi dirà poi lui «è sempre stata parte di me, solo non l’avevo ancora tirata fuori») con Abissale che è «il riflesso inverso del mio stato d’animo degli ultimi mesi: in un momento particolarmente felice e caotico della mia vita mi sono guardato dentro, ho scavato nel mio passato e ho tradotto le mie emozioni più nascoste e malinconiche in questo brano. È un pezzo nato in modo molto naturale, in un giorno e mezzo era già pronto». Tananai insomma ha mischiato tutto, un po’ probabilmente per scelta e un po’ perché è accaduto e va benissimo così. Il successo adesso c’è, senza però essere di quelli che ti sparano nell’iperspazio e non capisci più niente. Sembra più uno che è riuscito a mettersi in contatto con le persone giuste, con un una specie di grande nicchia che lo apprezza e gli vuole bene senza idolatrarlo.
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A gennaio mi reco a Bonn, e stiamo insieme forse per la prima volta come vogliamo. Come possiamo.  La settimana non si apre facilmente. Ma si conclude meglio. Come è nelle  abitudini di entrambi, ma in particolare di Andrea, appena io sono sul treno lei già mi sta scrivendo e imbuca il giorno stesso una lettera che arriverà a Milano molto dopo di me. Ogni missiva è una battaglia di pensieri e dubbi. Sia le sue che le mie. Ma mentre io non ho perplessità circa la nostra relazione, lei è spesso combattuta. La distanza è un peso, enorme, per Lei. Le mie vere preoccupazioni sono legate ad altro. Gli eventi a casa mia sono devastanti, mio padre è violento e aggressivo con mia madre, continuamente. Mia madre durante l’anno successivo tenterà il suicidio 10 volte. Quasi riuscendoci in due occasioni. Non ci sono soldi in casa e io dovrò abbandonare ben presto gli studi per lavorare. Ma non ho cuore di riferire queste cose ad Andrea. Di parlarle delle giornate violente e del clima assurdo che vivo a casa ogni giorno. Del senso di abbandono e solitudine che vivo quotidianamente. La distanza è un ostacolo già sufficiente tra noi. Non voglio che lei si senta  in dovere di aiutarmi, o che si preoccupi per me. Non potrebbe fare nulla da quella distanza e finirebbe solo per patire anche di più. E io per lei.
Il mio comportamento - che lei descrive così quando parla di me a me stesso, che non sempre sono tranquillo - è legato non alla relazione con lei, ma a tutto questo, alla mia situazione. Ma Andrea lo ignora. Il vedermi teso causa reazioni, ma riferirle le mie ragioni aumenterebbe solo i problemi, e poi non sarebbe giusto nei suoi confronti. Questo genererà ben presto alcune terribili incomprensioni tra noi.
Però almeno, almeno ci diciamo onestamente tutto. Forse troppo. Anche nelle situazioni più complicate. Ci fidavamo profondamente l’uno dell’altra. Al punto di confessarci  anche quello che di solito si evita di dire. Pensavamo, entrambi,  per una inclinazione naturale del nostro carattere, che la nostra unione fosse fondata su certi pilastri. Alcuni solidi, altri vacillanti. Ma che il cuore, i nostri cuori dovessero comunicare totalmente per poter sopravvivere. E’ tutto molto insolito a ripensarci. Quando guardo “this is us” e osservo Rebecca e Jack parlare tra loro, come coppia, o come marito e moglie, e affrontare problemi che fanno tremare molte relazioni, io rivedo in loro la stessa forza, la stessa  stupida onestà che avevamo io e Andrea. E forse per questo non riesco più a guardarli. Perchè mi ricorda chi eravamo. Mi manca questa sincerità che avevamo, di parlare di tutto, anche di ciò che ci faceva più paura, non per ferirci ma per rispetto e amore.  Per parlare dal profondo del cuore. Andrea 20 anni, io poco più. Eravamo due ragazzi, pensavamo e agivamo da adulti. Ritenendo, forse stupidamente, che la nostra vita fosse nostra - che quello che facevamo fosse il frutto della nostra volontà, forza, intensità, e spirito. Ma forse poi in definitiva, era proprio così.
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multiverseofseries · 3 months
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House of the Dragon 2, Episodio 2 Rhaenyra The Cruel: Inchiostro e Sangue
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Dopo lo sconvolgente finale della season premiere, la stagione 2 di House of the Dragon entra nel vivo e tutti i personaggi devono affrontare le conseguenze di quanto accaduto.
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"Un figlio per un figlio": questo era il titolo del primo episodio della (attesissima) seconda stagione di House of the Dragon, lo spin-off de Il Trono di Spade tratto dal romanzo Fuoco e sangue di George R.R. Martin. Un titolo che non lasciava presagire nulla di buono e, dato che ci troviamo pur sempre nel mondo delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, non poteva che essere così.
L'elaborazione del lutto
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Rhaenyra è il cuore e l'anima di questo episodio
Forse è uno stratagemma degli autori, Ryan Condal in primis, per farci vedere l'approccio delle due fazioni in gioco per la corsa al Trono di Spade dopo la morte di Re Viserys. Ma resta il fatto che le reazioni dei Verdi e dei Neri a quanto gli è similmente accaduto tra il finale del ciclo inaugurale e l'inizio di questo secondo, sono molto diverse. Se Rhaenyra dopo la morte di Luke prova a tutti i costi a cercare la pace, prima di andare ufficialmente in guerra con il resto della famiglia, il primo istinto di Aegon II (Tom Glynn-Carney) è vendicare la morte del figlio con fuoco e sangue, nonostante il Concilio Ristretto gli consigli di andarci cauto, verificando i propri alleati tra le varie Case ed essendo sicuro di poter battere la concorrenza nel caso attaccassero: "I want to spill blood, not ink" ("Voglio versare sangue, non inchiostro") dice il giovane Re Usurpatore, confermando il proprio temperamento folle e la propria poca lungimiranza.
Non solo: il Concilio pensa ad un carro funebre in cui esporre il piccolo cadavere per ottenere compassione da parte del popolo. Helaena (Phia Saban) non è d'accordo ma aderisce suo malgrado, convinta dalla madre. La giovane vorrebbe che il dolore fosse solo suo e non di tutti, e qui si instaura un parallelismo con i personaggi pubblici, proprio come le famiglie reali moderne e contemporanee: nulla può essere vissuto in privato ma deve diventare "oggetto di tutti". Ognuno dei personaggi reagisce quindi in modo estremamente diverso nella propria elaborazione del lutto.
Verso la Danza dei Draghi
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Alicent convince i figli a partecipare al carro funebre
La proverbiale guerra civile dei Targaryen si fa sempre più vicina non solo perché una morte sta rapidamente succedendo ad un'altra. Ma anche perché vi sono sempre più attriti anche all'interno delle due fazioni nella lotta per la successione al trono. Appena Rhaenyra (Emma D'Arcy) viene a sapere quanto accaduto, infatti, si infuria con Daemon (Matt Smith) e col suo agire impulsivamente che ritorna prepotentemente. La sceneggiatrice Sara Hess aveva promesso che si sarebbe esplorato meglio il rapporto tra zio e nipote: uno dei confronti fondamentali e più appassionanti di questa stagione avviene proprio in questa puntata e fa emergere come, nonostante non lo voglia per sé, allo stesso tempo è come se Daemon non desideri nemmeno che il Trono vada alla moglie, poiché avrebbe voluto che il fratello gliel'avesse almeno proposto. Sono passati molti anni ma è come se lui fosse rimasto lì, sospeso nel tempo. Questo elemento serve a gettare le basi per la nuova storyline del personaggio.
Senso di colpa
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Ewan Mitchell è uno straordinario Aemond
L'emozione cardine dell'episodio, che si intitola Rhaenyra la Crudele, è il senso di colpa. Da una parte quello di Alicent (Olivia Cooke) e Ser Criston (Fabien Frankel) per essere stati impegnati nella loro relazione segreta, lasciando scoperta la Guardia del Palazzo di Approdo del Re e permettendo ai ratti di Daemon di entrare indisturbati ed uccidere il piccolo erede. Mentre la prima cerca di limitare i danni, il secondo continua a dimostrare il proprio voltagabbana mandando in missione qualcun altro per rimediare ai propri errori. Questo porterà ad uno scontro epico e poetico che ancora una volta mostrerà quanto entrambe le famiglie siano sguarnite verso le incursioni esterne, ricordandoci quanto la saga di Martin sia tutta incentrata sugli intrighi di palazzo e su quello che accade in quegli antichissimi corridoi del potere. Dall'altra il senso di colpa di Rhaenyra per aver lasciato che tutto accadesse sotto i propri occhi, preda del proprio lutto, sentendosi chiamare dal popolo "child killer". Ed ecco che arriva la conferma: i buoni e i cattivi sono ancora meno delineati, chiunque è capace di azioni indegne per il proprio tornaconto o per il bene della propria famiglia. Parallelamente c'è il sentimento della vendetta, che acceca molti dei protagonisti facendo perdere loro la bussola morale, se mai ne avessero avuta una.
Tutto in un bordello
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Gli Hightower sopravvivono ad ogni costo
I bordelli sappiamo quanto siano ricorrenti e rivelatori nel mondo di Game of Thrones. House of the Dragon mantiene la tradizione e ne conferma l'importanza attraverso una scena dedicata a Aemond (Ewan Mitchell), in cui non solo l'attore regala una grande performance ma in cui scopriamo anche di più sul suo carattere sadico e vendicativo e sul suo complesso rapporto materno - è interessante notare come sia lui che il fratello abbiano una relazione quasi assente con Alicent. Per non parlare di Otto (Rhys Ifans), talmente impegnato nei propri giochi di potere da passare tranquillamente da un nipote all'altro, pur di ottenere qualcosa per sé: il suo riuscire a cavarsela sempre in qualsiasi situazione, e reinventarsi continuamente, non può che ricordarci Ditocorto. Un figlio per un figlio, certo. Ma anche una colpa per una vendetta, dando ufficialmente il via ad un pericoloso ciclo di morte che sarà davvero complicato provare a fermare.
Conclusioni
Il secondo episodio della seconda stagione di House of the Dragon si conferma un importante tassello che porterà alla cosiddetta Danza dei Draghi. Si parla di elaborazione del lutto, gestita in modo molto diverso dai vari Targaryen coinvolti, ma allo stesso tempo indice di una cattiveria sovrumana, e di senso di colpa che troppo spesso fa rima con vendetta. Parallelamente vengono approfonditi i personaggi di Aemond e di Otto, tra i più calcolatori di tutta Westeros, due “sopravvissuti” che non guardano in faccia a nessuno. Sangue e inchiostro sono le due anime di questa puntata, solo apparentemente statica ma in realtà ricca di suspense e colpi di scena che preparano il terreno per ciò che verrà.
👍🏻
Rhaenyra.
Il senso di colpa e la vendetta come motori dell’episodio.
L’istinto di sopravvivenza di Otto.
👎🏻
Alcune sequenze potrebbero sembrare inutili e riempitive.
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seoul-italybts · 9 months
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[✎ ITA] Intervista JIN : Beyond The Stage Photobook - The Day We Meet⠸ 22.12.2023 💜⟭ 2 / 7 ⟬💜
Beyond The Stage
BTS DOCUMENTARY PHOTOBOOK
The Day We Meet
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2. JIN
Gli oggetti preferiti di JIN
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26 MARZO 2020
Perché ho scelto i fiori? Perché sono belli come me.
Dico sul serio. Avevo una mezza idea di portare il computer che uso per videogiocare, ma poi ho pensato ai fiori (ride). E sono ancora più adorabili, con questi fiori rosa che mi piacciono tanto.
4 MAGGIO 2020 __Un Giorno
C'è una grandissima differenza tra il dover fare qualcosa ed il fare qualcosa di propria volontà e scelta. Ecco perché sono così convinto avere degli hobby sia fondamentale. Sono attività che facciamo perché vogliamo farle.
Credo [dedicarsi ai propri passatempi] sia l'opportunità di riflettere sulla vita. Posso incontrare gli amici più stretti, darmi un'occhiata intorno e trascorrere più tempo con le/i fan, anche se solo online. [Questa pausa forzata a causa del Covid] Non era prevista, ma alla fine mi ha permesso di rigenerarmi.
5 OTTOBRE 2020 __BTS Map of the Soul ON:E
Ho davvero sentito molto forte la mancanza del pubblico. L'esibirsi si basa tanto sulle connessioni che vengono a crearsi tra il performer ed il pubblico. Aver solo la telecamera da guardare per tutto il tempo mi ha reso ancor più irrequieto. Se devo essere sincero, non ero poi così entusiasta, ma ho fatto comunque del mio meglio.
OTTOBRE 2020
Mi sto impegnando al massimo, sul lavoro, ma personalmente, negli ultimi mesi, credo d'essere emotivamente distaccato un po' da tutto. A meno che non ci sia qualche appuntamento pre-programmato, me ne sto a casa a poltrire e dormo per circa 15 ore al giorno. Non so se sia per questa pandemia che non finisce più o se ci sia altro. Neppure i videogiochi riescono più ad entusiasmarmi. Ma immagino sia semplicemente una fase che affrontiamo tutti, prima o poi. Poco alla volta, andrà meglio.
FEBBRAIO-MARZO 2021
È tutto un po' diverso e nuovo rispetto al solito, perché per ogni show ci dobbiamo spostare di location in location. Non è esattamente come esibirci sul palco [dal vivo], ma è bello potersi esibire in luoghi che non avrei mai immaginato possibili.
MAGGIO 2021
È davvero un sollievo poter tornare a casa, a fine lavoro, ma a volte sento la mancanza dei tour. Sapete come si dice, no? Che nonostante le difficoltà, a ben vedere, sono proprio quelli i momenti che diventano ricordi preziosi. Quando riprenderemo i tour, immagino diro "Oh, voglio tornare a casa" o anche "Quanto mi manca il cibo coreano!" Ma, per ora, è dei tour che sento la mancanza.
22 SETTEMBRE 2021
Sono molto grato di poter fare questo lavoro. Specialmente perché mi impedisce di impigrirmi.
In passato, ero solito chiedermi "Come potrò mai riuscire in qualcosa di tale portata?", ma ora è tutto molto diverso. Anche quando sono alle prese con esperienze che il resto della gente considera impossibili, tra me e me penso "Perché non dovrei farcela?" Credo il mio approccio e la mia prospettiva sulle cose siano cambiati perché ho provato con mano che non c'è nulla di irrealizzabile. Quindi ora, a primo impatto, mi dico "Perché non provarci?" Se poi non ci riesco, pace, ma se la cosa va a buon fine, fantastico!
27-28 NOVEMBRE / 1-2 DICEMBRE 2021
__BTS Permission to Dance on Stage LA
(Riguardo le sue sorprese/i suoi teneri accessori da concerto)
C'è chi videogioca per passione e divertimento, ma per alcune persone può anche essere fonte di stress. Ecco, prendendo i giochi a metafora, io vorrei essere una sorta di facilitatore di gioco, un animatore.. Vorrei semplicemente che la gente che mi vuol bene si divertisse.
30 NOVEMBRE 2021
Sono abituato a vedere il pubblico che canta insieme a noi, ai concerti, ma questa volta indossavano tuttə le mascherine. Sicuramente stavano sorridendo, ma non potevo decifrare chiaramente le loro emozioni. Inoltre, certo, sentivo che qualcuno cantava insieme a noi, ma non sapevo mai se anche le persone che avevo di fronte stessero cantando. Mi è spiaciuto un po' non poter vedere chiaramente i volti del pubblico.
3 APRILE 2022
__64a Ediz. dei Grammy Awards
Sono già soddisfatto così, quindi anche non dovessimo vincere, non credo sarei meno felice. Certo vincere non sarebbe male, ma la cosa finisce lì.
8-9 & 15-16 APRILE 2022
__BTS Permission to Dance on Stage Las Vegas
Cerco di non pensare troppo, sul palco. Mi trovo meglio così. Credo ormai sia piuttosto naturale, per me, vista l'esperienza guadagnata nel tempo. Se lascio semplicemente che il mio corpo segua i movimenti cui sono abituato, ho maggiori probabilità di non fare errori (ride).
15 OTTOBRE 2022
__BTS <Yet to Come> in Busan
Con tuttə le/i fan che ci seguono e guardano, non posso permettermi di adagiarmi. Devo fare la mia parte. Credo chiunque proverebbe lo stesso, nei miei panni.
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS⠸ Twitter
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ll Bordo del Letto
Eccoci sul Bordo del Letto.
Per chi come me è una persona che si ritrova la maggior parte del tempo a vivere seduta sul bordo del letto, siete nel posto giusto. Si, vivo sul bordo del letto. È una vita fatta di metà, un po' come mangiare una fetta di torta al cioccolato ma non volerla finire, perché alla fine, in fondo, non si vuole essere troppo sazi per assaggiare qualcos'altro. Sono spesso in balia di me stesso, delle mie preoccupazioni, dubbi, pensieri e paure, che mi fanno rimanere lì sospeso, tra un letto pieno di pieghe e un pavimento troppo freddo per poggiarci i piedi. Vivere sul bordo del letto è un po' come osservare tutto per la prima volta: si vuole capire con chi o che cosa si ha a che fare. Voglio sempre sapere in anticipo cosa può accadermi. Soltanto dopo piccoli passi riesco ad andare avanti e, se non sono rimasto ucciso, allora cerco di creare dei confini per non riempire troppo, quel piccolo vuoto che ho creato. Mi ritrovo a vivere seduto sul bordo del letto. Per me non è una condanna, è un qualcosa che mi fa andare avanti, molto spesso più lentamente. Non tutti riescono subito a capirlo. Molti cercano di spingerti giù dal letto.. Ti dicono: "Forza è tardi, scendi!" oppure "Devi imparare a buttarti!" o ancora "Non ci sta nulla di pericoloso, lo faccio anch'io non vedi!?". Non capiscono che per quelli come me non esiste il tutto e subito, non esiste lo sbagliare e riprovare, non esiste la fortuna, ma caso mai, esiste soltanto la sfortuna, un qualcosa che non posso prevedere, una scelta sbagliata, e in fondo al calderone, probabilmente del dolore. Quante volte mi sono congelato i piedi scendendo dal letto, quante volte ho inciampato in una ciabatta lasciata per terra la sera prima, oppure sbattuto all'angolo del letto con il mignolo del piede.. e come ci insegna il vecchio signor Pavlov, il ripetersi di tutto questo, e altro ancora, mi ha portato a vivere lì sul bordo del letto. È un regno fatto di indecisioni, di rimunerazione, di domande e di tanti pensieri. Penso a come potrebbe essere in un altro modo, se sono capace di fare quella strada o meglio, se in fondo alla strada troverò quello che mi aspetta invece della solita fregatura. Un pò come quando ordini un panino al McDonald's guardando la foto della pubblicità , e poi ti ritrovi un panino che ha le sembianze di un cheeseburger calpestato, masticato e buttato nel piatto. No grazie, tutto questo non fa per me.
Vivere sul bordo del letto non è così brutto, mi regala tante piccole felicità ogni volta. Prima di dare inizio alla mia giornata, posso semplicemente chiudere gli occhi e immaginarmi la "mia" di giornata. Mi ritrovo in un mondo plasmato secondo i miei desideri: accade tutto quello che vorrei. Sono capace di rispondere in modo intelligente alle provocazione di quei bastardi dei narcisisti, la persona che amo riesce a farmi sentire tale, sono intraprendente, mi diverto. Insomma, è come quando si canta sotto la doccia. In quel momento mi sento sul palco dei Rolling Stones, soltanto che sono io al microfono. Sono come quelle persone che si rifugiano nei fumetti dei supereroi, dove si rispecchiano, o meglio, ritrovano ciò che vorrebbero essere. Soltanto che ad un certo punto la vita chiama, l'orologio va avanti e dal bordo del letto tocca scendere, perché dopo un po', il boiler dell'acqua calda finisce e le pagine del fumetto si esauriscono.
Non credete che sia facile vivere sul bordo del letto. Non chiamatemi pigro, non pensate che sia uno scansafatiche, non crediate che mi piaccia arrivare in ritardo agli appuntamenti. È difficile. Si, è difficile. Ogni volta ci si ritrova pietrificati, con un corpo che sembrare pesare tonnellate. Per muovere i muscoli sembra di dover sollevare Antonino Cannavacciuolo. Il tuo cervello ti "bombarda" di pensieri e naturalmente il tuo corpo risponde di conseguenza: diventa rigido, immobile. È una lotta continua, tra tu che cerchi di convincerti che quella sia la strada giusta, una scelta di cui devi essere felice, mentre tutto il resto cerca di convincerti a ripensarci ancora un pò. Già, per vivere sul bordo del letto non serve mica un letto. È un modo d'essere, è una caratteristica anacronistica, non esiste un momento della giornata in cui tu ti ritrovi sul bordo del letto e non riesci a scendere. Ti ci ritrovi ogni qual volta devi fare un piccolo passo:  la mattina appena sveglio, scegliere quale tipo di caffe vuoi, scegliere se andare a cena fuori con gli amici, quale lavoro tu voglia fare, oppure scegliere davvero chi amare. Scegliere. 
Siamo arrivati probabilmente dove volevo arrivare, ma non riuscivo a scegliere come farlo. Strano?
Vivere sul bordo del letto è il mio piccolo rifugio, quel magico mondo dove le scelte non devono essere fatte. Sono un indeciso. Mi costa fatica e dolore dover prendere una scelta. Fino a quando non posso sapere tutto quello che mi accadrà, non posso sapere se ci siano scelte migliori, io preferisco rimanere sul bordo. Ma alla fine dei conti, come faccio a scegliere qualcosa, se probabilmente, non ho ancora scelto chi voglio essere. Non so se il mio colore preferito sia il verde o il rosso, se mi piaccia di più la carbonara o uno spaghetto alle vongole, se mi piaccia di più il caffe o un bacio al mattino. Non ho scelto chi essere, come potrei scegliere il resto? Vorrei essere tante persone allo stesso tempo, vorrei poter fare cose diverse senza dover etichettarmi come un professionista in qualcosa. Vorrei sentirmi libero. Invece mi sento obbligato a seguire le indicazioni stradali della vita. Girare a destra, proseguire dritto e in fondo alla strada a sinistra. Io vorrei vivere una vita percorrendo il tragitto panoramico. Potermi fermare dove voglio, con chi voglio e non dover tenere conto della prossima scelta che mi si presenterà. Vorrei una strada a senso unico.
Però qualcosa ad un certo punto è cambiato.
Probabilmente perché recentemente ho battuto la testa, o semplicemente il sushi dell'altro giorno mi ha intossicato, ma mi capita sempre meno di vivere su quel fottuitissimo bordo del letto. Ho capito che forse non esiste una scelta giusta ed una sbagliata. Non perché non si possa sbagliare, perché non è sempre vero che sbagliando si impara. Sopratutto, non è neanche vero che dobbiamo con il tempo arrivare a capire quale siano le nostre scelte, capire quale sia la più giusta per noi, o peggio, la più giusta secondo gli altri. Per me, non dobbiamo scegliere chi siamo, perché sceglierlo equivarebbe a dover scartare tanti piccole parti di noi. Ho capito che sempre ci ritroveremo davanti a delle scelte, la magia sta nel "provare." Si sta semplicemente in questo. La strada a senso unico, che tanto desidero, mi porterebbe soltanto in un posto... e questa si che è una scelta da non poco. Il trucco sta di scegliere ogni giorno, se andare a destra o sinistra. Se quella scelta non vi piace, banalmente, il giorno dopo non la sceglierete più. Se vi è piaciuta, cavolo, rifatelo. Se vi interessa anche continuare dritto per la vostra strada, andateci, la possibilità di tornare indietro ci sarà sempre. Non abbiate paura di scegliere chi essere, chi diventare, o cosa volete. Abbiate paura del giorno che non potrete più sceglierlo, di sentirvi "arrivati", di aver finito le vostre scelte. Potete anche scegliere di bere la stessa camomilla ogni giorno per 20 anni, ma ogni giorno sceglietelo, non smettete di farlo. Ragionate sempre di pancia. Non temete le vostre scelte, il giorno dopo se ne possono fare altre. Non ci sta vita più bella di quella che si può riempire di scelte.
Ci ho messo un po a scegliere se pubblicare tutto questo o meno.
Ma se lo state leggendo avete fatto una buona scelta.
Il vostro ragazzo della porta accanto.
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micro961 · 6 months
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Cristina Russo & NeoSoul Combo - Pieces of a Woman
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Pronto all’uscita il nuovo lavoro discografico
Si apre nel migliore dei modi il 2024 per l’artista siciliana Cristina Russo, cantante ed autrice catanese tra le più apprezzate nel panorama indipendente musicale italiano.
Il 7 Marzo esce il nuovo album in formato vinile intitolato "Pieces of a Woman", un progetto che ci trascina musicalmente nel mondo di sonorità alternative e contaminate da diversi stili caratterizzanti dell’artista, affiancata dalla sua fidata band i Neo Soul Combo.
La firma del lavoro è proprio “Cristina Russo & Neosoul Combo", ovvero il nome che da anni ormai accompagna i suoi progetti e le performance “live” in giro per l'Italia. L’artista , con sue parole, ha reso noto che è stato un duro lavoro di studio che ha visto molti brani venire alla luce con spunti ed idee in brain storming insieme ai suoi musicisti, ormai una vera e propria famiglia. La scia sonora ricalca lo stile dell'album Energy, uscito nel 2019. Questo nuovo ed appassionato progetto non sarebbe stato possibile senza la direzione artistica e gli arrangiamenti musicali di Marco Di Dio, la cui mano sapiente ed estro artistico sono dietro al successo ed ai lavori di altri artisti siciliani in vari ambiti diversi: da Club Rivera, ad Andrea La Ferla, da VIVO ad Alice B. "Pieces of a Woman" pubblicato in vinile (e dunque un tocco di classe ma anche alla moda) ha dei tratti “urban” molto vicini al sound “new jazz”, quindi in perfetto stile neosoul, ma non manca qualche sorpresa come degli accenni musicali in stile anni ‘80 che hanno influenzato le ritmiche e le melodie presenti in alcuni brani, come ad esempio nella canzone "Splendidi".
La “urban fusion music” che Cristina Russo e la sua band propongono in "Pieces of a Woman" è ritmata senza tralasciare la raffinatezza che accomuna molti dei loro lavori; la caratteristica voce graffiata e calda, in puro stile soul black di Cristina, si presta in questa occasione ad un sound più moderno: il nuovo jazz d'oltreoceano, dove il piede non smette di muoversi. Cristina Russo e la sua band ci trascinano come sempre nel loro mondo alternativo e “contaminato”; la passione per il così detto sound neo soul, mixato secondo mood e creatività con tocchi di “urban fusion” ,“ new jazz” e “new reggae” sono la base dei loro progetti. Il tutto espresso con uno stile personalissimo e di grande fascino, che si sprigiona ancor più nei “live” dove la formazione completa dà il meglio di sé, con estrosa raffinatezza, lasciandosi spesso coinvolgere dall’atmosfera del momento e dal feedback del pubblico. 
Cristina Russo & Neosoul Combo: Cristina Russo - voce  Mariano Nasello - basso  Angelo Di Marco - tastiera  Marco Di Dio - batteria
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