#Cultura contadina
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"Fumana" di Paolo MalagutiUn viaggio tra nebbia, magia e tradizioni nella bassa del Po. Recensione di Alessandria today
"Fumana", pubblicato il 3 settembre 2024, è il nuovo romanzo di Paolo Malaguti che ci trasporta nel cuore della pianura padana, in un mondo perduto tra la nebbia e la magia contadina.
“Fumana“, pubblicato il 3 settembre 2024, è il nuovo romanzo di Paolo Malaguti che ci trasporta nel cuore della pianura padana, in un mondo perduto tra la nebbia e la magia contadina. La protagonista, chiamata Fumana per il legame con la nebbia che avvolge le terre del Po, è una giovane ragazza che cresce libera e selvaggia, allevata dal rude nonno Petrolio. Insieme pescano anguille nelle paludi,…
#accettazione del destino#Crescita Personale#Cultura contadina#Einaudi#Eredità Culturale#legami familiari#Lena strigossa#letteratura italiana#magia#magia contadina#misteri della natura#narrativa contemporanea#Nebbia#Nonno e nipote#paesaggi del Nord Italia#Paolo Malaguti#pesca#potere delle donne#Recensione libro#romanzi 2024#romanzi sul Po#romanzi sulla magia#romanzo di formazione#Romanzo italiano#romanzo psicologico#Romanzo storico#Scoperta di Sé#Società patriarcale#Storie di famiglia#Tags: Fumana
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Buona festa di Samonios, delle Lümere... e perchè no, anche di Halloween!
Amo mantenere vive le nostre tradizioni che sono anche le nostre radici, spesso storie millenarie che hanno forgiato i nostri antenati. Le celebrazioni di Halloween meritano di essere spiegate da chi ha competenza in materia, che ha fatto lunghe ricerche per trovare quel fil rouge che lega la festa consumistica americana, esportata in tutto il mondo e le sue origini nel vecchio continente. Ho…
#1° novembre#31 ottobre#Brianza#Buguggiate#Carlo Paredi#cielo#cultura celtica#cultura contadina#defunti#Elena Paredi#falò#fuoco#Halloween#idromele#Lümere#Le Tradizioni Dimenticate#leggende#Lombardia#Lunario#Ognissanti#poesie#riti antichi#Samhein#Samonios#stagioni#terra#tradizioni#usanze#zucche
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Audiolibro Il mondo dei vinti di Nuto Revelli
«…Volevo che i giovani sapessero, capissero, aprissero gli occhi. Guai se i giovani di oggi dovessero crescere nell’ignoranza, come eravamo cresciuti noi della “generazione del Littorio”. Oggi la libertà li aiuta, li protegge. La libertà è un bene immenso, senza libertà non si vive, si vegeta…» (Nuto Revelli) Il dialogo con la gente contadina di Revelli incomincia con la primavera del…
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Se n'è andata Elena Pongiglione, pittrice, illustratrice, scrittrice anche di R' Ni D'Aigura, la rivista della cultura dei monti...
È mancata Elena Pongiglione, pittrice, illustratrice, scrittrice. Con la sua arte e le sue capacità professionali ha dato un’impronta indelebile alla rivista R’NI d’Aigura – sue furono quasi tutte le copertine (ma anche all’interno c’erano spesso molti disegni di vita rurale, contadina, alpina e di animali tra i quali i suoi amatissimi gatti…) erano opera della sua capacità artistica – e al…
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#cultura alpina#cultura contadina#disegni grafica...#elena pongiglione#rnidaigura rni d&039;aigura#servanot
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......STUPENDA 🤗...
Attraverso il buchino del muro il topolino guardava il contadino e la moglie che stavano aprendo un pacchetto. "Che cibo ci sarà?" - si chiedeva il topolino che rimase sconvolto nel vedere che era una trappola per topi.
Il topolino fece il giro della fattoria avvisando tutti: - "C'è una trappola per topi in casa! C'è una trappola per topi in casa!"
Il pollo alzò la testa e disse: "Signor Topo, capisco che è una cosa grave per te, ma non mi riguarda. Non mi preoccupa affatto." Il topolino andò dal maiale dicendogli, "C'è la trappola per topi in casa! C'è la trappola per topi in casa!
" Il maiale con empatia disse: -"mi dispiace molto, Signor Topo, ma non c'è nulla che io possa fare, eccetto pregare. Ti assicuro che sarai fra le mie preghiere." Il topolino allora andò dalla mucca: -"C'è una trappola per topi in casa! C'è una trappola per topi in casa!"
La mucca disse, "Ohh.. Sig. Topo, mi dispiace per te ma a me non disturba." Quindi, il topolino tornò in casa, con la testa bassa, molto scoraggiato, per affrontare da solo la fatidica trappola.
Durante la notte sentirono uno strano rumore che echeggiò per la casa, come quello di una trappola che afferra la sua preda. La moglie del contadino si alzò subito per vedere cosa avrebbe trovato nella trappola.
Nel buio, non vide che era un serpente velenoso con la coda bloccata nella trappola. Il serpente morsicò la moglie del contadino che dovette portarla d'urgenza all'ospedale, con la febbre alta.
Come molti sanno, nella cultura contadina, la febbre si cura con una zuppa di pollo fresco, quindi il contadino con il suo coltellone uscì nel pollaio per rifornirsi con l'ingrediente principale della zuppa.
La malattia della moglie però non passava e così tanti amici vennero a trovarla per starle vicino.
La casa era piena e per nutrire tutti, il contadino dovette macellare il maiale. Ben presto la moglie morì e tanta gente venne al suo funerale tanto che il contadino dovette macellare la mucca per offrire il pranzo a tutti. Il topolino dal buchino del muro guardò il tutto con grande tristezza.
La prossima volta che sentite che qualcuno sta affrontando un qualche problema e pensate che non vi riguardi, ricordate che quando uno di noi viene colpito, siamo tutti a rischio.
Siamo tutti coinvolti in questo viaggio chiamato vita.
Prendersi cura gli uni degli altri è un modo per incoraggiarci e sostenerci a vicenda.
"Quando senti suonare la campana
non chiederti per chi suona.
Essa suona anche per te".
.......
(Ernest Hemingway)
foto del web
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Siamo orfani della nostra civiltà contadina, quella era un’altra cultura. Era la cultura contadina, montanara, di gente che aveva la 5 elementare ma che conservava conoscenza. Ho trovato una lettera di una mia zia che aveva la terza elementare: una sintassi impeccabile. Gente che oggi sembra non esistere più. Perché? Colpa della bestia nera, della televisione, di questa tv vuota che guida le coscienze. Io invece ricordo una classe popolare aveva una propria cultura, una cultura contadina che si è frantumata, sostituita da contenuti televisivi spesso vuoti. Chi aveva anche solo la terza elementare una volta però possedeva la sua cultura, la cultura parallela, la cultura contadina. Ne parlava lo stesso Gramsci che indicava due culture: quella egemone, accademica, e la cultura contadina dei poveri, che era una grande cultura […]».
Riportiamo questa bella intervista di Francesco Guccini, perché anche lui, come noi e come Carlo Petrini, riconosce nella cultura contadina e nei saperi tradizionali valori che dovrebbero guidare le nostre scelte e invece siamo perdendo, tanto che dobbiamo organizzare una giornata nazionale, anzi, mondiale per la prevenzione dello spreco alimentare, quando quella civiltà ci ha insegnato che il cibo è sacro e non si può sprecare.
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IL TOPOLINO
Attraverso il buchino del muro il topolino guardava il contadino e la moglie che stavano aprendo un pacchetto. “Che cibo ci sarà?” – si chiedeva il topolino che rimase sconvolto nel vedere che era una trappola per topi. Il topolino fece il giro della fattoria avvisando tutti: – “C’è una trappola per topi in casa! C’è una trappola per topi in casa!” Il pollo alzò la testa e disse: “Signor Topo, capisco che è una cosa grave per te, ma non mi riguarda. Non mi preoccupa affatto.” Il topolino andò dal maiale dicendogli, “C’è la trappola per topi in casa! C’è la trappola per topi in casa!” Il maiale con empatia disse: -“Mi dispiace molto, Signor Topo, ma non c’è nulla che io possa fare, eccetto pregare. Ti assicuro che sarai fra le mie preghiere.” Il topolino allora andò dalla mucca: -“C’è una trappola per topi in casa! C'è una trappola per topi in casa!" La mucca disse, "Ohh.. Sig. Topo, mi dispiace per te ma a me non disturba". Quindi, il topolino tornò a casa, con la testa bassa, molto scoraggiato, per affrontare da solo la fatidica trappola. Durante la notte sentirono uno strano rumore che echeggiò per la casa, come quello d'una trappola che afferra la sua preda. La moglie del contadino s'alzò subito per vedere cosa avrebbe trovato nella trappola. Nel buio non vide che era un serpente bloccato nella trappola per la coda. Il serpente morse la moglie del contadino che dovette portare d'urgenza all'ospedale, con la febbre alta. Come molti sanno nella cultura contadina la febbre si cura co una zuppa di pollo fresco, quindi il contadino uscì col suo coltellone nel pollaio... La malattia della moglie però non passava e così tanti amici vennero a trovarla per starle vicino. La casa era piena e per nutrire tutti il contadino dovette macellare il maiale. Ben presto la moglie morì e tanta gente venne al suo funerale tanto che il contadino dovette macellare la mucca per offrire il pranzo a tutti. Il topolino dal buchino del muro guardò il tutto con molta tristezza. La prossima volta che sentite che qualcuno sta affrontando un qualche problema e pensate che non vi riguardi, ricordate che quando uno di noi viene colpito, siamo tutti a rischio. Siamo tutti coinvolti in questo viaggio chiamato vita. Prendersi cura gli uni degli altri è un modo per incoraggiarci e sostenerci a vicenda. "Quando senti suonare la campana non chiederti per chi suona. Essa suona anche per te"."
-Ernest Hemingway
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SUL CONCETTO DI EGEMONIA CULTURALE
Nel vasto e variegato panorama della Destra italiana che ormai governa il paese (ma anche regioni, provincie, comuni), dirige televisioni, spopola sui social, indice feste di partito ecc. da qualche tempo ha preso piede il dibattito sulla cosiddetta “egemonia culturale”, espressione di derivazione gramsciana che definiva in realtà una idealità operativa, una ��conditio sine qua non” che potesse consentire ad un “blocco storico” di governare la nazione (Gramsci usava spesso il termine “nazione”). Cos’era un “blocco storico”? Secondo quanto elaborato nei “Quaderni” il blocco storico era l’unione del proletariato del Nord con la classe contadina del Sud, sotto la guida degli intellettuali. Certo, anche le terminologie erano di altri tempi (e infatti erano altri tempi), così come lo erano le idee. Ma almeno erano idee. Oggi una Destra con un ampio consenso elettorale, ma con un evidente complesso inferiorità culturale, sembra tutta impegnata a colmare questo “gap”. Lo si vede a livello locale, lo si vede a livello nazionale. E, non per caso, si ritorna a parlare di “egemonia culturale”. Ma mentre la Destra storica, pensando non solo ai soliti Papini e Prezzolini, ma anche a quella destra che costituì la matrice ideologico-artistica dell’eversione fascista, come fu quella di Filippo Tommaso Marinetti e dei futuristi, produceva cultura, la cultura che, ideologicamente opposta, produceva la Sinistra, mentre la Destra di oggi produce poltrone, non nel senso che si sono dati all’industria manufatturiera dell’arredamento, ma nel senso simbolico del termine. Loro pensano che l’egemonia culturale non si costruisca nei teatri con le idee, ma con il figlio del Presidente del Senato infilato nel CDA del Piccolo Teatro di Milano, pensano che non si costruisca con programmi televisivi di grande rilevanza culturale, ma creando le condizioni perché Corrado Augias lasci la Rai. Loro pensano che basti nominare loro simpatizzanti a dirigere musei, biblioteche, assessorati alla cultura, per far sì che questa “egemonia culturale” si compia. Purtroppo per loro e per fortuna per noi, non è così. Gramsci non elaborò questo concetto da una poltrona di un ministero o nel salotto di Bruno Vespa e nemmeno sulle pagine di un social, Gramsci lo elaborò dal carcere, dove era stato rinchiuso dai fascisti, tanto per chiamarli col loro nome. Ed è questo che fa la differenza, perché la “santa guerra dei pezzenti” non la si può condurre dopo una prestigiosa nomina, e nemmeno dalla direzione di un partito che si riunisce in una SPA di lusso. “La rivoluzione” è il lavoro della talpa e per fortuna la talpa continua a scavare nei libri, nei teatri, nella musica, nell’arte, nel cinema e nella coscienza di tutti noi…
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Dell’infanzia ricordo soprattutto la casa di campagna di mia nonna, una cascina: allora le vacanze estive duravano quattro mesi e, a parte quindici giorni di mare, che avevamo sotto, le passavamo tutte in campagna, con mio grande piacere. Lì ho assorbito tutto l’amore, che poi mi è rimasto, per la campagna, la natura, gli animali e la cultura contadina.
Fabrizio De André (in una foto del 1953)
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La quiete della bibliotecaria
In paese s'è ricavata un angolo di parole. Lei, piccola maestra reietta dalle scuole affollate della città, s'è accoccolata in quel luogo dimenticato.
Ha adattato la sua cultura al ritmo dell'intelligenza contadina, l'ha riportata all'origine delle cose, ai tempi molli della natura, con le sferzate allegre dei temporali estivi.
Un po' attimo fuggente e un po' albero degli zoccoli.
Ha i suoi bimbi, che fioriscono nei banchi stinti, coltura di cultura.
E poi ha il suo angolo, come gli amanti del bosco.
Ha quello scaffale della nonna, noce, scuro, zeppo di tutti i libri che è riuscita a raccogliere, generosa e avida allo stesso modo.
Ha creato la sua biblioteca, sua e di tutti. Presta i libri, che però hanno marchiato il suo nome in bella calligrafia sulla prima di copertina. "Mio", dice sempre, come i suoi bimbi con le figurine. Gelosa.
E poi c'è nello scaffale alto, una seconda fila. Lì sono celati i tesori sporchi, quelli inopportuni, non adatti, quelli che usano le suore e i frati per masturbarsi e per peccare.
Conservano nella carta porosa i suoi ex-libris odorosi, unti, il profumo intimo delle dita intrise.
Quelli li ha sempre tenuti per sé.
Quello spazio è suo.
Quei movimenti sono suoi.
Quell'amarsi e godere è suo.
Privato, dentro lo spazio delle pagine, nelle pieghe del libro come nelle pieghe della sua fessa.
Ancora non sa che dietro quei libri, o forse proprio dentro quei libri, qualcuno l'aspetta.
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"Un paese ben coltivato" di Giorgio Boatti: Un viaggio nell'Italia che riscopre la terra. Recensione di Alessandria today
Un ritorno alle radici. Il libro "Un paese ben coltivato" di Giorgio Boatti è un appassionante viaggio attraverso un'Italia che riscopre la terra come fonte di identità, speranza e futuro.
Un ritorno alle radici.Il libro “Un paese ben coltivato” di Giorgio Boatti è un appassionante viaggio attraverso un’Italia che riscopre la terra come fonte di identità, speranza e futuro. In un mondo sempre più segnato dall’urbanizzazione e dalla tecnologia, l’autore esplora il legame profondo che ancora unisce l’uomo alla natura e al lavoro agricolo, raccontando storie di persone, luoghi e…
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Il mio Pollo alla Cacciatora
Il pollo alla cacciatora è un vero e proprio inno alla cucina italiana, un piatto che, pur mantenendo un'anima semplice e genuina, si declina in mille sfumature a seconda della regione e della tradizione familiare. Nasce come piatto povero, un modo per valorizzare gli ingredienti di stagione e trasformare un semplice pollo in un banchetto di sapori.
La base è più o meno sempre la stessa: un classico trito di sedano, carota e cipolla, un soffritto che rilascia i suoi aromi in un tegame rovente. Ma è proprio qui che spesso iniziano le differenze: c'è chi preferisce un soffritto più deciso, con una quantità maggiore di verdure, chi invece predilige un fondo più delicato, per esaltare la carne.
Il pollo, tagliato a pezzi, viene rosolato nel soffritto fino a doratura, poi sfumato con un vino robusto, rosso o bianco a seconda dei gusti. Alcuni aggiungono una spruzzata di aceto balsamico per una nota agrodolce, altri preferiscono un tocco di liquore, come il marsala o il brandy.
Il sugo, ricco e corposo, viene completato con l'aggiunta dei pomodori, freschi o pelati, e insaporito con un bouquet di erbe aromatiche: rosmarino, salvia, alloro. Ma le varianti non finiscono qui.
Un piatto, mille sfumature Il Nord: In molte regioni del Nord Italia, il pollo alla cacciatora viene preparato con l'aggiunta di pancetta o lardo, per un gusto più ricco e saporito.
Il Centro: In Toscana, il pollo alla cacciatora è un classico della cucina contadina, spesso accompagnato da polenta o pane casereccio.
Il Sud: Nelle regioni meridionali, si trovano versioni più piccanti, con l'aggiunta di peperoncino fresco o peperoncino in polvere.
Le infinite varianti La fantasia in cucina non ha limiti. Oltre alle classiche olive e funghi, si possono aggiungere patatine, carciofi, oppure aromatizzare il sugo con zafferano o curry. Alcuni cuochi amano sfumare con la birra, mentre altri preferiscono un brodo vegetale.
Un piatto per tutti La bellezza del pollo alla cacciatora sta proprio nella sua versatilità. È un piatto che si adatta ad ogni occasione, dal pranzo della domenica alla cena tra amici. È facile da preparare, anche per chi non è un esperto ai fornelli, e si presta a infinite personalizzazioni.
In conclusione, il pollo alla cacciatora è molto più di una semplice ricetta. È un viaggio nei sapori d'Italia, un omaggio alla tradizione culinaria di un Paese ricco di storia e cultura.
Procedimento: Per preparare il pollo alla cacciatora sciacquate i pezzi di carne e asciugateli tamponandoli con carta da cucina. Metteteli in una casseruola con il burro, tre cucchiai d'olio e la cipolla affettata. Fateli rosolare bene per circa 15 minuti. Aggiungete quindi la polpa di pomodoro, la carota e il sedano tritati.
Mescolate bene, bagnate con un mestolino d'acqua calda e portate a bollore, quindi abbassate la fiamma, coprite e cuocete per altri 40-45 minuti o comunque fino a quando la carne è cotta e il sugo ristretto. Se si dovesse asciugare troppo, potete aggiungere pochissima acqua calda in cottura. Alla fine unite il sale e una macinata di pepe. Lasciate riposare il pollo alla cacciatora per una decina di minuti al caldo, quindi servite con una manciata di prezzemolo tritato.
Preparo il pollo: Lavo bene i pezzi di pollo e li tampono con carta assorbente. In una pentola capiente, sciolgo un po' di burro con dell'olio e rosolo i pezzi di pollo da tutti i lati finché non saranno ben dorati. Unisco la cipolla tritata e lascio appassire per qualche minuto.
Aggiungo il sugo: Verso la polpa di pomodoro e le verdure tritate (carota e sedano). Mescolo bene e sfumo con un mestolino di acqua calda. Copro la pentola e lascio cuocere a fuoco dolce per circa 40-45 minuti, o fino a quando il pollo sarà tenero e il sugo si sarà ristretto. Se si asciuga troppo, aggiungo un po' d'acqua calda.
Ultima rifinitura: Regolo di sale e pepe. Prima di servire, lascio riposare il pollo alla cacciatora per qualche minuto e guarnisco con prezzemolo tritato fresco.
(Immagine scaricata dalla rete, di proprietà dell'autore/proprietario)
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Tornare indietro significa compiere un viaggio in una cultura contadina perduta, riscoprendo esistenze semplici e creative, innestate su riti ancestrali e credenze sospese tra fede e superstizione. Sarebbe tuttavia ingiusto cedere alla tentazione di idealizzare un’età in cui ogni cosa era fatica, sacrificio, in cui tutto si consumava sempre uguale, perché dove non c’è ricchezza, per campare bisogna fare sempre le stesse cose. Eppure ricordare dà speranza. “Lunario sentimentale” è il calendario dei sentimenti di Mauro Corona, in tutte le librerie e store on-line.
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IL MERCATINO DEL CONTADINO
Il 29 luglio torna a grande richiesta il mercatino dei prodotti agricoli locali. Un’iniziativa alla riscoperta della sapienza e della cultura contadina e il recupero dei sapori tradizionali della nostra terra, punto di riferimento per l’acquisto di prodotti locali e di occasioni di approfondimento sulle buone pratiche agricole. Continue reading IL MERCATINO DEL CONTADINO
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Il topolino: racconto sulle conseguenze dell’indifferenza e dell’egoismo.
Attraverso il buchino del muro un topolino guardava il contadino e la moglie che stavano aprendo un pacchetto. “Che cibo ci sarà?” si chiedeva il topolino.
Appena il pacchetto fu aperto il topino rimase sconvolto: era una trappola per topi!
Il topolino allora fece il giro della fattoria avvisando tutti: “C’è una trappola per topi in casa! C’è una trappola per topi in casa!”
Il pollo alzò la testa e disse: “Signor Topo, capisco che è una cosa grave per te, ma non mi riguarda, non mi preoccupa affatto!”
Il topolino andò dal maiale dicendogli: “C’è la trappola per topi in casa! C’è la trappola per topi in casa!” Il maiale con empatia disse: “Mi dispiace molto signor Topo, ma non c’è nulla che io possa fare, eccetto pregare. Ti assicuro che sarai fra le mie preghiere.”
Il topolino allora andò dalla mucca: “C’è una trappola per topi in casa! C’è una trappola per topi in casa!” La mucca disse: “Ohh… signor Topo, mi dispiace per te, ma a me non disturba.”
Quindi, il topolino tornò in casa, con la testa bassa, molto scoraggiato, per affrontare da solo la fatidica trappola.
Durante la notte sentirono uno strano rumore echeggiare per la casa, come quello di una trappola che afferra la sua preda. La moglie del contadino si alzò subito per vedere cosa avrebbe trovato nella trappola. Nel buio, non vide che era un serpente velenoso, con la coda bloccata nella trappola.
Il serpente morsicò la moglie del contadino che dovette portarla d’urgenza all’ospedale, con la febbre alta.
Come molti sanno, nella cultura contadina, la febbre si cura con una zuppa di pollo fresco, quindi il contadino con il suo coltellone uscì nel pollaio per rifornirsi con l’ingrediente principale della zuppa.
La malattia della moglie però non passava e così tanti amici vennero a trovarla per starle vicino. La casa era piena e per nutrire tutti, il contadino dovette macellare il maiale.
Ben presto la moglie morì e tanta gente venne al suo funerale, tanto che il contadino dovette macellare la mucca per offrire il pranzo a tutti.
Il topolino dal buchino del muro guardò il tutto con grande tristezza.
La prossima volta che sentite che qualcuno sta affrontando un qualche problema e pensate che non vi riguardi, ricordate che quando uno di noi viene colpito, siamo tutti a rischio. Siamo tutti coinvolti in questo viaggio chiamato vita.
Prendersi cura gli uni degli altri è un modo per incoraggiarci e sostenerci a vicenda.
“Quando senti suonare la campana, non chiederti per chi suona. Essa suona anche per te.”
- Morale del racconto
Questo breve racconto va a centrare alcuni temi cruciali delle relazioni umane e della natura egoistica che contraddistingue l’uomo medio.
Attraverso il personaggio del topolino, che cerca di avvertire gli altri animali della fattoria del pericolo rappresentato dalla trappola per topi, vediamo come le persone possano essere indifferenti o distanti rispetto alle sfide degli altri, a volte persino quando potrebbero essere coinvolte.
La reazione dei diversi animali alla notizia della trappola riflette una gamma di risposte umane comuni: l’indifferenza, l’empatia passiva e l’assunzione di responsabilità limitata.
La tragedia che segue evidenzia però come l’interconnessione delle nostre vite renda inevitabile che i problemi di uno possano alla fine coinvolgere tutti.
Il finale drammatico del racconto, con la morte della moglie del contadino e la catena di eventi che ne consegue, ci vuole trasmettere il concetto che ignorare le difficoltà degli altri può avere conseguenze devastanti. L’immagine del topolino guardando dalla sua tana con tristezza rappresenta il rimorso che possiamo provare quando non facciamo abbastanza per aiutare gli altri.
La citazione di Ernest Hemingway, “Quando senti suonare la campana, non chiederti per chi suona. Essa suona anche per te,” riassume perfettamente il messaggio del racconto: i problemi degli altri non dovrebbero essere ignorati perché alla fine ci riguardano tutti. Prendersi cura l’uno dell’altro e offrire supporto reciproco è la necessaria solidarietà che in una civiltà evoluta deve diventare consuetudine.
Dovremmo, insomma, abbandonare la vecchia abitudine di pensare solo a “coltivare il nostro orticello” e ignorare tutto il resto, credendo che se nel nostro piccolo recinto va tutto bene, allora non c’è alcun problema. Presto o tardi, ci accorgeremo che non può funzionare così!
#favola con morale#ernest hemingway#indifferenza#egoismo#conseguenze#irresponsabilità#rimorso#solidarietà#racconti brevi
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Venezia. Il benvenuto del Presidente della regione a Papa Francesco: sarà in visita a Venezia nella giornata di domenica 28 aprile.
Venezia. Il benvenuto del Presidente della regione a Papa Francesco: sarà in visita a Venezia nella giornata di domenica 28 aprile. "Sono certo di rappresentare i sentimenti di tutti i Veneti nel dare il benvenuto nella nostra regione, a Venezia, a Papa Francesco. La sua visita nel Veneto ci onora e ci riempie di gioia, assumendo un valore che va ben oltre l'aspetto religioso che pure rimane fondamentale perché chi vive in questa terra, anche se non credente o di altra fede, non può non cogliere il valore di una storia e di una cultura millenaria legata al Cristianesimo da cui derivano la nostra identità, il nostro senso di solidarietà e la nostra forza di comunità. Così come anche il laico riconosce la statura della personalità del Pontefice e trova spunti di profonda riflessione in ogni suo appello. Per questo lo accogliamo a braccia aperte". Così il Presidente della Regione del Veneto saluta l'arrivo di Papa Francesco che sarà a Venezia, domenica prossima 28 aprile. Prosegue il Presidente: "Quando Sua Santità sarà in Piazza San Marco avrà davanti a sé numerosissimi veneti accorsi per incontrarlo. Sono i rappresentanti degli oltre 4 milioni di persone che vivono in questa regione, diventata negli ultimi decenni uno dei primi distretti produttivi d'Europa e del Mondo. Una terra che ha conosciuto il dramma dell'emigrazione con la diaspora di intere famiglie ma che si è conquistata un benessere diffuso con il duro lavoro, la forza di volontà, in una visione di collaborazione e di progresso. Caratteristiche ereditate da una società rurale e povera ma che si contraddistingueva per carità, semplicità, laboriosità, impegno e attenzione verso il prossimo come hanno testimoniato universalmente i suoi predecessori, tutti di origine contadina, che nel secolo scorso sono usciti dal Patriarcato che si affaccia sulla piazza per essere eletti alla cattedra di San Pietro: Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I, tutti e tre saliti agli onori degli altari. Siamo figli di quella tradizione, quella del 'prendersi cura' come conferma l'alto numero di Veneti, almeno 1 ogni 5, impegnati nel sociale, svolgendo in prima persona attività di volontariato". "Dall'Evangelista Marco abbiamo ereditato il simbolo del Leone Alato che qui a Venezia ha la sua più alta espressione e di cui è disseminato tutto il Veneto – conclude il Presidente della Regione -. Quel simbolo contiene un messaggio: 'Pax Tibi'. Secondo la tradizione, è stato il saluto alle spoglie del Santo giunte in questa terra, ma da sempre è anche un auspicio di Pace. Quella pace che Papa Francesco, in questi anni, non ha mai smesso di difendere e invocare e di cui il mondo, oggi più che mai, dimostra di avere tanto bisogno. Un appello che sono certo farà suo anche domenica, sostenuto dalla volontà e dalle speranze di pace di noi Veneti".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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