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Il Rapporto Kinsey di Sborrate nel Ticino (VM)
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Distopia: dalle osterie delle Lambrette e delle bestemmie mammarie al Covid, dalla grammatica della fantasia alle sfide a freccette e ai giochi della bottiglia. Un rapporto Kinsey esplicito basato su un io plurale.
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solovedreidue · 6 days ago
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Vera Bergman nel film di Vittorio de Sica Maddalena... zero in condotta, 1940
Punto e a bacio
Esistono figure eteree, magiche a tratti, delicate come una sfoglia sottile che lascia sciogliere i sapori in bocca.
Lascia segni leggeri sulla lavagna, una carezza di gesso che non fa rumore, come polvere.
Si innamorano pure i bimbi, d'amore puro, che sa di mamma e coccole, che sa del bacio dolce che lei mette al posto del punto, alla fine della frase.
"Punto e a bacio", lo dice mentre sorride e lui la guarda, sempre, anche mentre non c'è, la vede davanti a sé, perché in quel sorriso ci si perde. Come se i suoi fossero gli occhi di ogni bimbo innamorato che lei ha davanti. Bimbo. Innamorato.
Maestrina nel suo tempo, camicia bianca, colletto, pizzo casto, toni di dolce modestia, autunno e primavera, insieme.
La bacia all'uscita da scuola, arrossisce mentre si dipana la voglia d'amore adulta. E sorride, ancora, con quell'alito di malizia che si svela. E se ne vanno, per mano, come i bimbi.
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solovedreidue · 16 days ago
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Come Kiki de Montparnasse
È una storia bella quella di Kiki, di quelle che hanno la malinconia della mancanza di fondo, di quella cosa che sta di mezzo tra la sporca puttana che alcuni vedono (compresa sua madre) e l'argonauta culturale che sa cogliere il segno del tempo che vive.
Ogni paese, ogni luogo, ogni scuola ufficio famiglia casa, ha la sua Kiki, ha l'animo così sofferente che lo conduce ad una libertà vera, come se fosse necessario il male per trovare la forza di essere se stessi. Non è per tutti, non è l'unica via, ma per le kiki sì.
Nel paese vaga, modella sghemba delle sue imperfezioni per gli artisti che sanno vedere oltre le forme, o forse per coloro che sanno vedere dentro le forme, senza oltrepassarle. Cattura l'attenzione, non con l'ego, ma con la persona, con la cultura infusa per osmosi ambientale e per quella via di mezzo tra curiosità intellettuale e ninfomania sapiofila emancipata.
La guardi mentre cammina per strada, se guardi il passo vedi il suo bagaglio invisibile di delusione, ma se guardi il sorriso lo capisci che non è disillusa, che ha ancora il disincanto negli occhi e la voglia di essere felicità per se stessa e per chi ama. Infatti sa amare.
Si sorride a Kiki, quando la si incontra, ad ogni kiki che si ha la fortuna di incrociare. E bisogna sapere imparare, dalla scorza fino al cuore.
Ah, lei era Kiki (per Modigliani):
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Per chi vuole: https://sublimista.it/kiki-de-montparnasse-la-regina-outsider-della-bella-epoque/
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solovedreidue · 17 days ago
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Istinti d'anima(li)
Il desideri e l'istinto lo rendono irrequieto, nella gabbia delle convenzioni di una società campestre nemesi della sua mente rupestre.
Sguazza, tra ruffiani e vacche, assiste alla monta, ne prende forza, la attende sulla soglia del ristoro appena fuori dalla stalla. La guarda, ruffiano lui, d'odore di calore, che non pare nemmeno di femmina, perchè il piscio sul sesso è piscio uguale.
Paonazze le labbra che tocca, rosso il volto, vergogna e voglia, anima pudica, senso di colpa anche, da fottere, da guardare mentre fotte, mentre prende lei.
Vuole che li guardino, ama che bramino l'una la minchia, l'altro il buco di culo, perchè sono belli, avvolti dal fieno e dalle loro membra, arti che stringono, che prendono, che palpano, che tirano a se, che spingono dentro.
Li guarda anche la sguattera eccitata, con tre dita dentro e una mano a tenersi sull'uscio, lo sanno e si rendono osceni, mentre lei vorrebbe solo essere sorpresa e subire l'onta sconosciuta, da dietro, che le scansi le mani e la invada.
Giocano, come se svuotassero i resti del loro sesso, i vapori di voglia, sulla sua pelle, per lasciarle l'odore frustrante del sesso bagnato e darla in pasto a chi può raccoglierne i sensi e farne erezione concreta, dentro.
Lui d'istinto, ancora, vuole che urli, egoista e generoso, perchè lo sa che le bestie vanno appagate per essere rese inoffensive, per lasciare che abiurino gli istinti e ricondurle ad una condizione di placida morbidezza dei sensi e delle carni, ormai gonfie di monta.
Odora d'orgia, mentre lui le si smoscia dentro, nel suo stesso seme, come la bestia quando leva il cazzo, ormai ha fatto quel che doveva l'istinto e l'anima trova pace.
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solovedreidue · 2 months ago
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François-Auguste-René Rodin, Il bacio in marmo, detto anche La fede o L'amore profondo come i sepolcri o Francesca da Rimini o Paolo e Francesca, 1882
"Dammene ancora" e "basta"
Con il sorriso, preferisce affondare due volte nelle sue carni dopo il "basta" rispetto ad un ossessivo "dammene ancora".
Perchè la vede, la sente, lo capisce che soccombe sotto la voglia irrazionale di quei colpi e alla paura di non reggerli, che poi cosa saranno mai due schizzi di troppo sulle lenzuola immacolate?
"Dammene Ancora" e "basta" sono come Amore e Psiche, ma oltre il non detto di Canova e dieci minuti dopo "Il Bacio" di Rodin, e glielo scrive bene nella carne il giovane scalpellino, figlio anch'esso della campagna e di una francesina arrivata da Montpellier con il suo carico di profumi e i suoi libri d'arte.
Ha imparato a scolpire nella pietra povera e a cercare nella natura le ragazze che avessero il desiderio di essere toccate nelle carni vive e morbide, di farsi lasciare l'impronta nei tessuti, come calchi, una memoria sufficiente a riprodurla nella materia d'artista.
Cerca la profondità che rende improbabile il "dammene ancora", troppo transitorio per potere essere riprodotto, troppo labile, troppo poco per l'avidità sessuale di chi deve lottare con la consistenza della propria morbosità.
Serve una lenta progressione verso il sopruso, verso l'appagamento di un consenso esplicito nelle urla e nella voglia, di un "basta" che matura fino a rendersi definitivo. Allora si ferma, scolpisce come se lo facesse direttamente con la verga carnosa ancora sporca, nel disfacimento pieno della consapevolezza del senso scontento di "dammene ancora" e del limite inconsistente di quei "basta".
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solovedreidue · 2 months ago
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L'erotico benessere dell'amare
Si perdono gli sguardi nell'erotico benessere di quella sala grande, con il camino, i tappeti, il legno, i libri, il caldo, la carta da parati, le tende pesanti, il profumo della pelle vicina.
Insegna in questa scuola da tanti anni, nella sua solitudine, d'anima e culturale, in quel paese concreto e pragmatico come la natura dei campi d'inverno, forse l'aspettava.
Probabilmente aspettava inconsapevolmente quella giovane esiliata, lontana dalla sua città, così simile a lui. Anima pura, come la sua seppur sperduta nel tempo, con quel desiderio inespresso di lei che si unisce al suo assopito.
L'amore non è mai facile, nemmeno quando è scontato, l'ovvietà è fatta di no, di ma se, di anche, di forse, di magari, di seduzione delle forme e delle menti, di tempo, di attesa, di pazienza, di calma, di costanza e di coraggio. L'amore è questione di fortuna nella misura in cui la fortuna è questione d'amare.
Eppure l'amore è lì. Sta. A farsi guardare negli occhi. A saperlo guardare come fanno loro, giù, giù, giù.
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solovedreidue · 2 months ago
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ciao, sono Alessio
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"Buongiorno signor Alessio, tra un attimo la collegherò con l'utente desiderato."
È così bella che ogni volta sorride, educata.
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solovedreidue · 3 months ago
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Christian Krohg, Portrait of the Swedish Painter Karl Nordström, 1882
Ius fornicari / 2 / Il conte
Li guarda il vecchio conte, nella sua morbida e impotente erezione. Ne sono fonte, ne sono frutto, lo sanno come se fosse lì, anche se mai lo è stato e mai lo sarà.
Gentile concessione dello ius fornicari, lascia lo spazio ai due amanti, di scavarsi le carni. In cambio guarda, morboso, avido, mena la carne.
Lecca con gli occhi ficcati nel loro contorcersi, vicini a sufficienza e distante abbastanza da riuscire solo ad immaginarne l'odore. Al sicuro, ognuno delle proprie mura, ma con gli sguardi e la consapevolezza che le invade.
Non controlla i propri liquidi, così come non controlla la propria coscienza. Porco. Vecchio. Maiale quanto basta perchè lei ne senta quasi l'ansimare e se ne ecciti.
Giocano, nelle loro età diverse, nelle loro bellezze uguali, in una complicità che non è mai scritta se non nelle brame recondite delle fantasie indicibili.
Vorrebbero un contatto, fatto di succhiare le carni di ogni consistenza, fatto di penetrarsi, fatto di sbattersi i suoi buchi, fotterla, cagna, quello che vuole, sbrodolarle il mollume e la consistenza dentro.
Li vorrebbe lì, loro vorrebbero adesso, sempre su quel ciglio di burrone che gli impedisce di andare oltre, nella stanza del Conte, sul letto a baldacchino sfondato, dove ha fottuto la servitù, in fondo ne farebbero (im)moralmente parte, in fondo ne avrebbe diritto, in fondo sarebbe educazione dargli sollievo e farlo schizzare sui visi, nei culi, in figa.
Forse per questo trattengono l'orgasmo lì, forse sanno che quello non è concesso se non valicando quelle mura che non si può.
Il conte schizza piano, le poche gocce dei suoi coglioni stanchi sulle pareti aride sotto la finestra, mura importanti, in preziosa decadenza. Se lo palpa piano, mentre guarda il giardiniere prendersi il succo di lei tra le dita, voltarsi verso di lui e leccarlo come fosse sperma. Suo.
Si guardano, grati. Si ricompongono, e tornano mano nella mano.
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solovedreidue · 3 months ago
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Ius fornicari
Quasi fosse una gentile emanazione di diritto nobiliare, concessa dall'ormai decaduto, ma sempre fascinoso conte, la figlia del custode del parco e il giardiniere, si arrogano il diritto di fornicazione.
Mette la camicia bella lui, al di fuori dell'esercizio ligio della propria professione, mentre lei scopre le gambe, si rende accessibile, sorride alla madre mentre esce.
L'aspetta e le prende la mano, in quel percorso morbido di foglie che li accompagna alla loro panchina, quella vicina al roseto. Un sentiero ampio, con l'odore delle stagioni.
Uno stagno, un deposito per gli attrezzi che fu capanno di caccia e infine un piccolo dosso, ad accoglierli, a nasconderli, a farsi nido per le esigenze della carne.
Prima i baci, lenti, poi il desiderio di contatto genitale, uno strofinarsi calmo che cresce nei baci sempre più profondi.
I tessuti, nella carne, premuti dai gonfiori.
La ricerca della pressione, del piacere, negli occhi e tra le gambe.
Le ginocchia sulla terra battuta, i bottoni che si aprono.
Toccarsi, con le mani, raccogliere gli umori, penetrare con le dita, quello gli è concesso. Quello è permesso dagli sguardi indiscreti delle balie, dei corteggiatori, dei cortigiani segaioli che li guarderebbero per ore.
Si toccano loro, anche gli altri forse, ma non importa, sono solo loro in quell'orgia collettiva, in quella voglia che spargono.
Le falangi dentro, come fossero cazzi e lei a raccogliere con la bocca e con le mani le conseguenze del suo fottere nella sua carne quasi disperata. Si muove, scopa quelle dita, mentre lo guarda pulsare per ciò che dovrebbe essere secondo natura, fa quasi male quel godere e quella privazione dell'ovvio.
Magari si priveranno pure dell'orgasmo, se lo terranno addosso, prima di rotolarsi dove potranno, come potranno, se potranno.
È un gioco difficile, un equilibrio che sa di baratro, ma oggi e lì sono fornicatori. Godono, più della voglia che dell'eiaculazione.
(E il conte lo sa).
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solovedreidue · 3 months ago
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uomo,posso confermare
Fonte anonima a rassicurazione degli astanti.
Si prenda atto, anche se ho sempre ritenuto gratificante che i testi lascino una certa ambiguità che vorrei permanesse in ogni caso, incertezza implicita dell'effimero nell'anonimato.
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solovedreidue · 3 months ago
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Ma sei uomo o donna?
Qui sono anima collettiva di un piccolo paese perso nel tempo e nelle brame lungo il Ticino.
Altrove, importa?
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solovedreidue · 3 months ago
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Dal diario del prevosto / 1
(Note dal confessionale, appunti delle morbosità dei paesani preservati in un diario, custodito in sacrestia, a portata masturbatoria delle perpetua)
Si considera notevole il coraggio dell'osare degli amanti e altrettanto considerevole il rispetto nell'amore grande. Molto rara e dunque preziosa l'unione delle due cose nella brama istintiva sessuale, coraggio e rispetto, come equilibrio e orlo di precipizio, legittimità e peccato.
Il coraggio di pisciare sul visino amato o nella bocca che si bacia nella quotidianità è, nella confessione odierna, oggetto del mio inopportuno tirar di cazzo per quella dolce ragazza dalla pelle screziata.
Il Padre Confessore.
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solovedreidue · 3 months ago
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Ippocrate, ipocrita, condotto, condotta
Dopo la voluttà l'accidia, del sesso docile, addomesticato, di una cagnetta dolce che si piega alla sua stessa voglia d'essere puttana.
Non più velluto sulla poltrona, ma pelle. Non più nudità sfatta, ma gli abiti belli della città. Non più lo sguardo passivo, ma il vedere interessato, porco e colto, morboso, esigente.
Nuda nel focolare domestico, davanti a lui, che la scopre senza toccarla. Chiede ed esamina. Medico di carne e psiche. Indaga, così vicino, senza scomporsi. È lei a scomporsi, in effetti, oscena, progressivamente slabbrata, apre, davanti.
Un'operetta dalla radio a valvole, mentre crescono i mugolii pretesi frutto delle sue stesse dita pudiche fanno quello che chiede, senza remore, con decisione, imperativo. Fanno irrimediabilmente quello che sanno. Nella vergogna della presenza inopportuna, ma nella consapevolezza di un piacere noto.
La spoglia dei limiti, della decenza, ne smonta le sovrastrutture. È difficile tenere il contegno, la posizione deontologica del voyeur, in una condizione di prepotenza erettiva con la quale vorrebbe solo ingozzarle le carni, orali, vaginali, anali.
È il medico di paese, adoratore delle false frigidità, di un pudore che si fa delizia e malizia sotto gli occhi che sanno guardare, vedere e toccare dove le mani non possono.
Non sempre regge la sua condotta morale, soprattutto quando i buchi sgorgano e l'odore del desiderio travalica la decenza del contegno.
E allora tutto cambia.
E allora s'alza dalla poltrona e la cagna tronfia d'orgoglio s'impala come se dovesse scoparsi Ippocrate ficcandogli con due dita in culo il suo stesso giuramento e facendogli sborrare l'anima nelle stesse carni che lui aveva esaminato con distacco, senza più sapere chi sia la puttana.
È molto amato nel paese il medico condotto, uno di famiglia.
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solovedreidue · 3 months ago
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La poltrona di voluttà
La guarda, placido, leggermente sprofondato nel velluto della poltrona, nudo, flaccido dell'orgasmo, eccitato dalla sua voglia ancora agitata, davanti.
Lei sì imperla tra le pieghe, mentre si tocca impaziente, lo vuole ancora duro, rinfaccia l'inappagatezza, sa che l'umiliazione gli rode dentro e alita forte sulle braci del gioco dell'impotenza.
Castrazione temporanea post eiaculatoria, la diagnosi.
Lo cura con una voglia sadica e finemente violenta, con fuori la nebbia, che tra le sue cosce condensa, calda rugiada odorosa. Le luci tremano, lei trema.
Lui vorrebbe solo tuffarcisi, annegare mentre ingoia. Ma lei vuole un cazzo maschio e lo provoca mentre lo bacia e gli fa notare il sapore, di sperma, di uomini. Evoca l'orgia che la soddisfa, di carni dure. Deve attendere, nell'oblio dell'impazienza e lo guarda, dritto, negli occhi e lo sferza sull'inutilità molle, palpandolo come fanno i bimbi.
Sprofondato nel velluto e nella voluttà, si gode la voglia, con la pazienza della distanza, con il Natale che incede nelle incombenze e la decora di desiderio, fili di brama che si tessono e si intrecciano, con calma, sotto il peso dell'avvento dei giorni che riempiono nell'attesa di trovarsi.
La vuole. Lo vuole. Sì.
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solovedreidue · 4 months ago
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Scrivi tu i tuoi racconti?
Blog fantastico, fuori dal solito smielaggine..
Mi limito a narrare la cronistoria di una pianura umida e nebbiosa, con i suoi tempi, le sue stagioni, la sua calma e la sua frenesia erotica ed emotiva.
Non sempre, solo quando succede, nel rispetto degli attimi.
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solovedreidue · 5 months ago
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Il piacione viaggiatore
Sfarfalla il piacione viaggiatore, quando giunge al paesello è tutto un fermento di vulvine, vulvette e vulvone. Tra le ragazzine allegre e tra le signore borghesi, leggero e leggiadro nel suo muovere il cazzo.
Frulla nelle passere agrodolci a ravanar carne e raccoglier succo, si gusta con frivolezza i differenti sapori delle pelli, ne constata consistenza e trama, ne trova i pregi e li decanta, deformazione dell'arte del vendere e del suo conoscere le stoffe.
Fremono mentre lui accarezza, mentre prende le misure del mugolare e mette in ordine il montare della brama prima e del piacere poi. Maniaco nel suo campionario, nel catalogo dei sensi.
Ammalia e tesse la voglia, come quando con le mani accarezza il velluto per mostrarlo alla merciaia, alla sartina, alla signora, giù alla boutique. In quel suo spazio, in quel regno che sa della polvere dei tessuti, in quel mondo ovattato dai rotoli morbidi, vive i suoi scampoli di sesso e taffetà.
Puttane, sante, vergini rotte in culo, le prende, ne prende, le vuole di carne, le sente, una via l'altra, insieme, esposte davanti a lui, bramose che colano, da fottere, da soddisfare e mischiare, negli schizzi dello sbattere dentro e contro lei, lui, loro. Si piegano, mentre soddisfatto si ammoscia, a raccogliere quel che resta, quel che ha dato.
C'è sempre però quel seme di tristezza nei suoi occhi, dopo l'orgasmo così, dopo la piacioneria sapiente e l'ostentata sicurezza. È la consapevolezza di volere essere se stesso, fuori da un ruolo, senza viaggiare, in una casa che sia pace, amato così. Ma mai concede quel momento, a nessuno esso stesso compreso, prigioniero della sua arte di vendere chiffon e s�� stesso.
Magari un giorno diventerà piccione, e allora sarà felice.
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solovedreidue · 7 months ago
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Terapia d'unto
"Signora mia, divarichi bene, è necessaria una terapia d'urto vista la mancanza di cura adeguata".
Iniezione carnale nel gonfiore di voglia, di labbra grasse di brama di cazzo. Senza mezze misure, nei termini, nei mezzi e nei modi.
Solo delicatezza d'inizio, tesa al raggiungimento dell'elasticità dei tessuti, poi colpi, come cure d'isteria d'un tempo, ma calde, di minchia, di verga, di corpo e di pelle.
Pesa il medico condotto, nel pieno esercizio della sua funzione disinibitoria, compare dei mariti consenzienti e delle mogli inappagate, categorie che abbondano in ogni luogo e in ogni tempo, all'ombra dell'illecito desiderio e dell'immorale pensiero di condotta.
Pesa sopra di loro, ostenta quel peso dei tessuti cavernosi e usa la sostanza della sua struttura per raggiungere le profondità sessuali nonostante la dotazione tozza. Dentro infilato a forza con adeguata disposizione dei corpi, perchè lei s'appaghi di quel toccare e di quel dilatare.
Indicazioni precise, ma anche cura, nel rispetto di Ippocrate e della sua morbosa carnalità clinica. Morboso, ecco sì, nei dettagli, nell'osservare, nell'aprire per guardare meglio la natura delle forme e concretizzarne il fremere.
A lungo, quanto basta a placare la brama dell'attesa di quella visita, dal medico condotto, che ora sente il pompare alla base, sente il fluire dalla prostata a raccogliere il contenuto scrotale da eiaculare nel ventre.
Anche piscio, poi, a lavare con l'immondo il sozzo seme che già inizia ad appiccicarsi all'epitelio sfatto dell'apertura, quasi tumida, bella da vedere solo per l'uomo porco che ora è, ma sbircia anche la paziente consapevole e complice e sorride per quello che hanno.
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solovedreidue · 7 months ago
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Sensi di polpa
Il modo in cui rigira la carne trita tra le mani per impastare mortadella e manzo, come aveva imparato dai suoi trascorsi bolognesi, macinata grossa, consistente, ma morbida, da cuocere, da ungere, da leccarsi i baffi, da volersela mettere in bocca così.
Quel modo eccitava palesemente la dolce astante, lui l'aspetta e lei sbircia con pudore, ogni volta, i gesti preparatori, le mani che si muovono.
Vede la carne mischiarsi, sente la carne mischiarsi, sente l'odore, e sente colare. Lo sa come è lui, le assaggia ogni volta addosso quelle mani, nella sua di carne. Perchè è così che finisce, lo sanno entrambi, mentre l'uomo fa e la guarda.
Ha qualche anno in più di lei, quanto basta per lasciare che lei si ecciti anche dei suoi tratti grigi, di quei luoghi che lui conosce e che possono esplorare insieme, nuovi ancora, anche per lui.
E lui la vede quella voglia, quella brama fatta anche di "no" e "basta", che poi sono i suoi sì, sono i suoi continuare a rovistare nella carne fino a che lei, sa come fermarlo, sempre al sicuro, sempre sicura.
E allora ancora dentro quelle mani, come fossero addosso, sono addosso ora in effetti, la sporca del suo essere, del suo lavoro, la rende presente e scaldano l'odore freddo della macelleria.
Lo scaldano con i respiri, suda lui, addosso, a irrorarle la pelle già lucida, ad asciugarsi la faccia prima di baciarla, per lasciarle intatto il visino dolce, che poi sfregerà di seme.
La macella, con un coltello di carne, la apre, come si fa, la dilata, la penetra, in fondo con ritmo e dovizia. Istinto e basta, maiale, manzo, bufalo, spinge.
La rigira, per goderne i pezzi pregiati, seziona e prende, sceglie, dispone e lei intanto si prende il suo trattamento, le conseguenze e gode, rumorosa, per niente sommessa, vitella che scopre il calore, ancora. E lui monta.
Ma sono i baci, le carezze, il massaggio, i contorni, a dare il sapore, ad aumentare il colare dei corpi, a dare forza, spinta, ancora, forte, dai, baciami cazzo, tira fuori la lingua, così.
Sul viso cola, perchè lì andava sporcata, perchè questo prevede il disciplinare istintivo del macello odierno. Pulisce con cura le tracce nei punti più esposti, per non bruciare negli occhi, ma lascia i segni da rimirare e leccare appena, perchè senta tirare la pelle e senta anche l'odore nei momenti a venire.
Esce con il suo pacchetto, per fare un ragù che sa della sua stessa carne, condita di altra carne. Come manzo e mortadella, secondo tradizione, a dar gusto anche nel nostro borgo lungo il Ticino. Di eccitazione e conforto, in pace, con tutti i sensi di polpa del caso.
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