#Avventura nel West
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pier-carlo-universe · 10 days ago
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I cercatori di ossa di Michael Crichton: Un’avventura nel selvaggio West tra rivalità e scoperta. Recensione di Alessandria today
Una spedizione nel cuore del mistero, dove il confine tra scienza e avidità si dissolve
Una spedizione nel cuore del mistero, dove il confine tra scienza e avidità si dissolve. Recensione del libro I cercatori di ossa di Michael Crichton, pubblicato postumo, ci trasporta nel Wyoming del 1876, in un’epoca in cui la frontiera americana è teatro di spedizioni scientifiche e rivalità accese. Al centro della vicenda c’è il professor Othniel C. Marsh, un ambizioso paleontologo che guida…
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morelin · 11 months ago
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Deserto del Qatar
Mi sembra doveroso concludere il racconto di viaggio in Qatar con un post dedicato al deserto che abbiamo vissuto in diversi modi.
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Chi ama l'arte, in particolare le installazioni situate in luoghi particolari, saprà che all'interno della riserva naturale del Brouq si trova l'installazione “East-West/West-East” dello scultore Richard Serra: quattro gigantesche lamine di metallo (ognuna è alta più di 14 metri) che trafiggono il suolo del deserto del Zekreet. Essere lì poco prima del tramonto ci ha permesso di godere di uno spettacolo unico nel silenzio più totale.
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Il deserto è anche adrenalina ed avventura: mi sono divertita come una matta durante il dune bashing, volteggiando tra le dune con i nostri SUV 4x4 guidati dagli abili driver.
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Oltre a farci divertire, ci hanno portato alla scoperta del Mare Interno, il Khor Al Adaid che è una riserva naturale riconosciuta Patrimonio Unesco: qui il mare avanza nel deserto creando una vasta insenatura circondata dalle dune.
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Durante il percorso abbiamo fatto anche una breve sosta per un tuffo perché, seppur con qualche piccola alga, è stato impossibile resistere alle acque cristalline.
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Trascorrere la notte in un campo tendato è un'esperienza da provare almeno una volta nella vita, meglio ancora se si affaccia sulle acque del Golfo Persico per godersi un tramonto ed un'alba spettacolari.
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cartonionline · 2 months ago
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Squiddly Diddly - Tentacolino
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Ah, Squiddly Diddly! Un vero tuffo nel passato per chi, come me, ha vissuto gli anni '80 attaccato allo schermo a guardare i cartoni animati di Hanna-Barbera. Squiddly Diddly, che in Italia abbiamo conosciuto come Tentacolino, è uno di quei personaggi che a molti potrebbe sfuggire a primo impatto, ma che chi ha avuto la fortuna di crescere guardando Ciao Ciao non dimentica facilmente. Tentacolino era un calamaro antropomorfo – o meglio, somigliava più a un polpo con il suo simpatico cappellino da marinaio e solo sei tentacoli – che viveva nel parco acquatico di Bubbleland, cercando sempre di sfuggire dalla monotonia della sua prigionia. Era un personaggio che, come tanti di noi, sognava in grande. Il suo grande desiderio? Diventare una star della musica! Tentava continuamente di fuggire per trovare il suo posto nel mondo, ma il burbero Capo Winchley, l’amministratore del parco, era sempre lì pronto a riportarlo in riga. Ogni episodio era una piccola avventura, dove Tentacolino provava a inseguire i suoi sogni, spesso con risultati disastrosi, ma sempre con un sorriso. Era buffo perché, ogni volta che riusciva a scappare, si trovava ad affrontare un mondo esterno che non era esattamente come lo immaginava. E, alla fine, finiva sempre per tornare a Bubbleland, a dimostrazione che a volte i sogni più grandi non sono così semplici da realizzare.
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Ciò che rendeva Squiddly Diddly così speciale era proprio questa combinazione di umorismo slapstick e un pizzico di malinconia. Tentacolino era amato per la sua musica – spesso lo vedevamo intrattenere con la sua band improvvisata – ma allo stesso tempo era temuto per via della sua natura di "polpo", una creatura marina che molti trovavano spaventosa. Una metafora, forse, di come a volte ci sentiamo incompresi, nonostante i nostri talenti. Ricordo con affetto come le sue disavventure fossero sempre accompagnate da una colonna sonora allegra e orecchiabile, composta da Ted Nichols, che ti restava in testa per ore. In più, Tentacolino era parte di un pacchetto di serie animate che includeva anche Secret Squirrel e L'amabile strega, quindi guardare questi episodi era come avere un'intera ora di divertimento non-stop. In Italia, la serie è andata in onda su Ciao Ciao a partire dal novembre del 1980, e anche se gli episodi duravano solo sette minuti, erano abbastanza per strapparti un sorriso e farti dimenticare per un attimo le preoccupazioni della giornata. Quei brevi minuti erano un vero e proprio viaggio in un mondo di fantasia dove tutto sembrava possibile, almeno per Tentacolino… fino al prossimo incontro con il Capo Winchley! Anche se non è diventato uno dei personaggi di punta della Hanna-Barbera, Squiddly Diddly ha comunque lasciato il segno nei cuori di chi lo ha seguito. E come dimenticarlo? Ogni tentacolo era un simbolo di speranza, una speranza che ci ricordava di non mollare mai i nostri sogni, anche quando il mondo ci mette i bastoni tra le ruote… o, nel caso di Tentacolino, tra i tentacoli!
Sinossi degli episodi di Squiddly Diddly:
Stagione 1 (1965–66) - Way Out Squiddly (2 ottobre 1965) Due alieni rapiscono Squiddly e lo portano in un'avventura selvaggia a bordo della loro astronave. - Show Biz Squid (9 ottobre 1965) Squiddly, oscurato dai delfini, decide di lasciare Bubbleland per cercare la celebrità nel mondo dello spettacolo. - The Canvas Back Squid (16 ottobre 1965) Squiddly viene assunto come sostituto per un lottatore professionista. - Nervous Service (23 ottobre 1965) Squiddly viene arruolato per errore nella Marina. - Westward Ha! (30 ottobre 1965) Squiddly si reca nel selvaggio West per imitare i suoi show western preferiti. - Sea Grunt (6 novembre 1965) Squiddly viene scelto come protagonista in una serie televisiva. - Chief Cook and Bottle Washer (13 novembre 1965) Sopraffatto dalle faccende, Squiddly fugge per unirsi ai pirati. - Squid on the Skids (20 novembre 1965) Squiddly tenta di corteggiare una calamaro femmina. - Double Trouble (27 novembre 1965) Squiddly diventa improvvisamente popolare a una festa in maschera. - Squid Kid (4 dicembre 1965) Un ragazzino porta Squiddly a casa come "animale domestico". - Booty and the Beast (11 dicembre 1965) Squiddly e Winchley partono alla ricerca di un tesoro nascosto. - Clowning Around (18 dicembre 1965) Squiddly scappa e si unisce a un circo. - Surprise Prize (25 dicembre 1965) Squiddly e Winchley finiscono su un'isola, dove Squiddly viene venerato come un dio. - Naughty Astronaut (1 gennaio 1966) Scambiato per un alieno, Squiddly viene inseguito dall'esercito. - The Ghost Is Clear (8 gennaio 1966) Squiddly deve fare da babysitter a un giovane fantasma di nome Wilbur. - Lucky Ducky (15 gennaio 1966) Un'anatra della Tasmania arriva a Bubbleland e tenta di convincere Squiddly a cedergli la sua vasca. - Foxy Seal (22 gennaio 1966) Dopo essere stato ingannato da Slippery Seal, Squiddly aiuta a proteggere una volpe dalla caccia. - Squiddly Double Diddly (29 gennaio 1966) Un agente straniero sostituisce Squiddly per rubare i progetti segreti di Bubbleland. - Hollywood Folly (5 febbraio 1966) Squiddly parte per Hollywood con l'aspirazione di diventare una star. - One Black Knight (12 febbraio 1966) Squiddly eredita un castello infestato dal fantasma del Cavaliere Nero. Stagione 2 (1966) - Yo Ho Ho (10 settembre 1966) Squiddly trova una macchina del tempo e viaggia nell'epoca dei pirati al tempo del Capitano Kidney. - Phoney Fish (17 settembre 1966) Due criminali, Knuckles e Tiny, si travestono da pesci per rapinare la biglietteria di Bubbleland. - Gnatman (24 settembre 1966) Squiddly e il capo Winchley si travestono entrambi da supereroe Gnatman per combattere il crimine. - Robot Squid (1 ottobre 1966) Winchley sostituisce Squiddly con una versione robotica. - Jewel Finger (8 ottobre 1966) Squiddly ingoia accidentalmente una collana di perle rubata da un ladro nascosto a Bubbleland. - Baby Squidder (15 ottobre 1966) Squiddly deve proteggere un bambino avventuroso e tenerlo al sicuro.
Dati tecnici
Ecco i dati tecnici per la serie animata Squiddly Diddly: - Lingua originale: inglese - Paese: Stati Uniti - Autori: William Hanna, Joseph Barbera - Regia: William Hanna, Joseph Barbera - Produttori: William Hanna, Joseph Barbera - Musiche: Ted Nichols - Studio: Hanna-Barbera Productions - Rete originale: NBC - Prima TV (USA): 2 ottobre 1965 – 15 ottobre 1966 - Stagioni: 2 - Episodi: 26 (serie completa) - Rapporto: 4:3 - Durata episodio: 7 minuti - Rete italiana: Ciao Ciao - Prima TV italiana: 20 novembre 1980 Altri cartoni animati di Hanna e Barbera Altri cartoni animati degli anni 60 Guarda i video di Squiddy su Youtube Read the full article
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tecnowiz · 11 months ago
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I giochi più attesi del 2024: Una panoramica dei titoli in arrivo per gli appassionati di videogiochi
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Il 2024 si preannuncia come un anno ricco di novità e sorprese per il mondo dei videogiochi. Molti titoli attesi da tempo sono in fase di sviluppo o di annuncio, e promettono di offrire esperienze di gioco coinvolgenti, emozionanti e innovative. In questo articolo, vi presentiamo una panoramica dei giochi più attesi nel 2024 che non potete perdervi, suddivisi per genere e piattaforma.
Scopri i giochi più attesi del 2024 e immergiti in avventure epiche, nuove sfide e mondi virtuali mozzafiato.
Si tratta di giochi che promettono di offrire esperienze di gioco diverse e di qualità, che sapranno soddisfare i gusti e le aspettative di ogni tipo di giocatore. Che siate amanti dell'azione, della strategia, della gestione, delle corse e della guida oppure di altri generi, il 2024 vi riserverà sicuramente delle sorprese e delle emozioni.
Giochi di azione e avventura
Il genere dell'azione e dell'avventura è uno dei più popolari e apprezzati dai giocatori di tutto il mondo. Si tratta di giochi che combinano elementi di combattimento, esplorazione, risoluzione di enigmi e narrazione, e che spaziano da ambientazioni realistiche a fantasy, da storiche a futuristiche. Tra i giochi attesi 2024 di questo genere, spiccano: The Elder Scrolls VI
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il sesto capitolo della celebre saga di RPG open world di Bethesda, ambientato nel continente di Tamriel. Il gioco è atteso da molti fan, che sperano di ritrovare la magia e la libertà di azione dei precedenti episodi. Il gioco è previsto per PC, Xbox Series X|S e PlayStation 5. God of War: Ragnarok
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Il sequel del reboot del 2018 della saga di God of War, che ha visto il protagonista Kratos affrontare le divinità e le creature della mitologia nordica. Il gioco promette di continuare la storia di Kratos e di suo figlio Atreus, e di portare il giocatore in nuove ambientazioni e sfide. Il gioco è previsto per PlayStation 5. Horizon Forbidden West
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Il sequel di Horizon Zero Dawn, il gioco di Guerrilla Games che ha conquistato critica e pubblico nel 2017. Il gioco segue le avventure di Aloy, una cacciatrice che vive in un mondo post-apocalittico dominato da macchine selvagge. Il gioco promette di ampliare il mondo di gioco, introducendo nuove macchine, fazioni, armi e abilità. Il gioco è previsto per PlayStation 4 e PlayStation 5. Starfield
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Il nuovo progetto di Bethesda, che si propone di portare il gameplay open world tipico della casa di sviluppo in un'ambientazione fantascientifica. Il gioco è descritto come un RPG single-player, che permetterà al giocatore di esplorare lo spazio e i suoi misteri. Il gioco è previsto per PC e Xbox Series X|S.
Giochi Sparatutto
Il genere degli sparatutto è uno dei più longevi e apprezzati dai giocatori, che amano mettere alla prova le proprie abilità e i propri riflessi in scenari di guerra, azione e fantascienza. Tra i giochi attesi 2024 di questo genere, si segnalano: Halo Infinite
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Il sesto capitolo della saga di Halo, che vede il ritorno del protagonista Master Chief, il super soldato che combatte contro le forze aliene del Covenant. Il gioco promette di offrire una campagna single-player avvincente e un multiplayer competitivo e cooperativo, con modalità classiche e innovative. Il gioco è previsto per PC, Xbox One e Xbox Series X|S. Call of Duty 2024
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Il nuovo episodio della serie di sparatutto bellici più famosa al mondo, che ogni anno propone una nuova ambientazione e una nuova storia. Il gioco è atteso dai fan, che sperano di trovare una campagna single-player coinvolgente e un multiplayer ricco di contenuti e modalità. Il gioco è previsto per PC, Xbox One, Xbox Series X|S, PlayStation 4 e PlayStation 5. Half-Life 3
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Il gioco più atteso e desiderato dai fan di Valve, che aspettano da anni il seguito della saga di Half-Life, che ha rivoluzionato il genere degli sparatutto in prima persona. Il gioco dovrebbe continuare la storia di Gordon Freeman, il fisico che si ritrova a combattere contro una minaccia aliena. Il gioco è previsto per PC e VR. Doom Eternal: The Ancient Gods Part 3
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Il terzo e ultimo DLC di Doom Eternal, il gioco di id Software che ha portato il genere degli sparatutto frenetici e violenti a nuovi livelli. Il DLC dovrebbe concludere la storia del Doom Slayer, il guerriero che affronta le orde demoniache dell'inferno. Il DLC è previsto per PC, Xbox One, Xbox Series X|S, PlayStation 4, PlayStation 5 e Switch.
Giochi strategia e gestione
Il genere della strategia e della gestione è uno dei più apprezzati dai giocatori che amano mettere alla prova la propria intelligenza, il proprio senso tattico e la propria creatività. Si tratta di giochi che richiedono di pianificare, organizzare, gestire e guidare risorse, unità, popolazioni e imperi. Tra i giochi attesi 2024 di questo genere, si evidenziano: Age of Empires IV
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Il quarto capitolo della saga di Age of Empires, che ha fatto la storia del genere della strategia in tempo reale. Il gioco promette di offrire una grafica migliorata, una fisica realistica, una IA avanzata e una varietà di civiltà, epoche e scenari storici. Il gioco è previsto per PC. Civilization VII
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Il settimo capitolo della saga di Civilization, che ha fatto la storia del genere della strategia a turni. Il gioco promette di offrire una profondità di gioco senza precedenti, una personalizzazione delle civiltà, una diplomazia dinamica e una modalità multiplayer competitiva e cooperativa. Il gioco è previsto per PC. Jurassic World Evolution 2
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Il sequel di Jurassic World Evolution, il gioco di Frontier Developments che ha permesso ai giocatori di creare e gestire il proprio parco dei dinosauri. Il gioco promette di offrire nuove specie di dinosauri, nuove ambientazioni, nuove sfide e nuove modalità di gioco. Il gioco è previsto per PC, Xbox One, Xbox Series X|S, PlayStation 4 e PlayStation 5. SimCity 6
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Il sesto capitolo della saga di SimCity, che ha fatto la storia del genere della gestione urbana. Il gioco promette di offrire una grafica realistica, una simulazione dettagliata, una varietà di scenari e una modalità multiplayer cooperativa e competitiva. Il gioco è previsto per PC.
Giochi di corse e guida
Se sei un appassionato di giochi di corse e guida, il 2024 ti riserverà sicuramente delle belle sorprese. Tra i titoli in uscita per il prossimo anno, ci sono alcuni che promettono di offrire una simulazione realistica, una grafica spettacolare e una varietà di modalità e veicoli. Ecco alcuni dei migliori giochi di guida in uscita del 2024: Microsoft Flight Simulator 2024
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Il simulatore di volo più famoso e apprezzato al mondo torna con una nuova versione, che promette di offrire una grafica mozzafiato, una fisica accurata, una meteo dinamica e una vasta scelta di aerei e aeroporti. Il gioco è previsto per PC. Nivalis
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Un gioco di guida ambientato in una città cyberpunk, dove il giocatore potrà esplorare le strade, i grattacieli e i sotterranei a bordo di veicoli futuristici. Il gioco promette di offrire una narrazione coinvolgente, una colonna sonora elettronica e una modalità multiplayer. Il gioco è previsto per PC.
Conclusione
E per voi, quali sono i giochi attesi 2024 che aspettate con più ansia? Quali sono i vostri generi e le vostre piattaforme preferite? Fatecelo sapere nei commenti o sui nostri canali social. E se vi è piaciuto questo articolo, condividetelo con i vostri amici e seguaci. Grazie per averci letto e alla prossima!
Note finali
E siamo arrivati alle note finali di questa guida. I giochi più attesi del 2024: Una panoramica dei titoli in arrivo per gli appassionati di videogiochi. Ma prima di salutare volevo informarti che mi trovi anche sui Social Network, Per entrarci clicca sulle icone appropriate che trovi nella Home di questo blog, inoltre se la guida ti è piaciuta condividila pure attraverso i pulsanti social di Facebook, Twitter, Pinterest e Tumblr, per far conoscere il blog anche ai tuoi amici, ecco con questo è tutto Wiz ti saluta. Read the full article
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pinknachowitch · 1 year ago
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#georgemartin #salborghese #tresupermen
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Pesaro: Inaugurato il parco “Pesaro Avventura”, presenti in centinaia. 
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Pesaro: Inaugurato il parco “Pesaro Avventura”, presenti in centinaia.  “Pesaro Avventura” ha aperto le sue porte, i percorsi, le carrucole, il villaggio del west, il jump tree, l’area baby e quella playground inclusiva durante l’inaugurazione che oggi ha richiamato centinaia di pesaresi nel parco avventura urbano creato dalla Top Adventure Park in via Togliatti, a Villa San Martino. «Complimenti ad Alfredo Manzaroli, alla famiglia Ferri e a tutti coloro che hanno contribuito a realizzare questo luogo - ha detto il sindaco Matteo Ricci - : un bel investimento nel cuore di Villa San Martino, un’area strategica per lo sport, il buon vivere e il divertimento». E in evoluzione, «Accoglierà il Centro della FIP (grazie ai fondi PNRR ottenuti dalla città) che arricchirà una zona che negli anni è cresciuta diventando davvero interessante dal punto di vista sportivo e del tempo libero, e collocata a due passi dal centro storico e dal mare». L’inaugurazione del parco “Pesaro Avventura” si inserisce in questo contesto, «e dà un valore aggiunto alla proposta turismo del territorio: è un’attività che mancava alla città e che siamo felici di inaugurare in questo luogo, tra questi alberi così imponenti che sarà possibile sentire respirare mentre si fa attività fisica e mentre si socializza. Farlo attraverso lo sport, nella natura, è fondamentale per i ragazzi». «Felici di festeggiare questo traguardo per la città - ha sottolineato Mila Della Dora, assessora alla Rapidità -: un parco avventura mancava a Pesaro e al territorio. Abbiamo avuto la fortuna di poterlo realizzare in un contesto urbano molto frequentato e particolarmente interessante dal punto di vista educativo e formativo. “Pesaro Avventura” sarà un punto di riferimento per il Quartiere 10 e per le tante famiglie che decideranno di fare un percorso inclusivo, sostenibile all’insegna dell’attività fisica da vivere nella natura». I 18 percorsi del parco sono stati infatti realizzati usando gli alberi presenti in parte di un’area privata (di proprietà della famiglia Ferri) del Quartiere. La restante, sarà fruibile gratuitamente dalle famiglie pesaresi, dai turisti e, soprattutto, dai frequentatori dell’attigua Cittadella del Basket, del playground Mattioli, dei campi da calcio e da calcio a 5 e delle scuole. «Fra pochi giorni - ha aggiunto Della Dora - ci raggiungeranno gli atleti che parteciperanno ai tornei giovanili di basket in programma a Pesaro e che hanno già chiesto una convenzione con “Pesaro Avventura”, a dimostrazione dell’appeal che questo luogo esercita e della sua capacità di offrire una proposta d’intrattenimento trasversale». Qualità messe in campo dalla Top Adventure Park di Alfredo Manzaroli, che conta 110 parchi avventura realizzati; 6 di questi sono gestiti direttamente dall’azienda di San Marino, tra cui (unico nelle Marche) quello di Pesaro, «Una città che ci ha accolto in modo straordinario, come forse mai ci è successo in 16 anni – ha evidenziato il presidente Manzaroli -. Ringrazio l’Amministrazione comunale che ci ha aiutati a essere qui oggi in questo spazio molto bello che ha concretizzato una collaborazione virtuosa, che ha reso un’area privata aperta alla fruizione pubblica. L’obiettivo è rendere sempre più bello e vissuto “Pesaro Avventura” e continuare a fondere tutte le sue “anime”, quella ludica, quella didattica, quella motoria e quella di socializzazione». Presenti al taglio del nastro le autorità civili, militari e religiose della città. Info e orari: PesaroAvventura.it... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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fotopadova · 2 years ago
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La fotografia documentaria come forma d’arte (terza parte)
di Lorenzo Ranzato
 -- Due esperienze significative del documentarismo fotografico negli Stati Uniti
 Introduzione
Alla fine del 1929, con il crollo della borsa di Wall Street, si apre il periodo della Grande Depressione che coinvolge le economie dell’intero pianeta. Negli Stati Uniti, dopo alcuni anni di profonda crisi, nel 1933 si registra una svolta con l’elezione del nuovo presidente Franklin D. Roosevelt, che per superare la crisi fra il 1933 e il 1937 adotta un programma di riforme economiche e sociali, più noto con il nome di New Deal. In questo clima, maturano due esperienze significative nell’ambito della fotografia americana, esperienze che nascono con finalità diverse, ma che saranno entrambe determinanti per l’affermazione dello stile documentario negli Stati Uniti: la breve avventura del Gruppo f/64, costituitosi nel 1932 e scioltosi nel 1935, e le campagne fotografiche avviate nel 1935 dalla Resettlement Administration e continuate dal Farm Security Administration project, a partire dall’anno 1937 sino al 1943.
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Ansel Adams, Moonrise, Hernandez New Mexico, 1941
I fotografi del Gruppo f/64
Il Gruppo f/64 è una libera associazione di fotografi californiani che si forma nel 1932, con lo scopo di promuovere lo stile purista della straight photography. Il nome del gruppo deriva dall'impostazione più piccola dell'apertura del diaframma nelle fotocamere di grande formato, con la quale si ottiene una notevole profondità di campo che si estende dal primo piano sino all’infinito. Originariamente il gruppo è composto da 11 membri: Ansel Adams, Imogene Cunningham, Edward Weston[1], Willard Van Dyke, Henry Swift, John Paul Edwards, Brett Weston, Consuelo Kanaga, Alma Lavenson, Sonya Noskowiak e Preston Holder.
La prima uscita collettiva avviene con la Mostra collettiva di 80 fotografie, inaugurata il 15 novembre del 1932 al M. H. de Young Memorial Museum di San Francisco. L’obiettivo del gruppo è quello di rappresentare il mondo “così com’è”: a questo proposito è utile ricordare l’affermazione di Weston secondo il quale "la macchina fotografica dovrebbe essere usata per registrare la vita, per rendere la sostanza stessa e la quintessenza della cosa stessa, sia che si tratti di acciaio lucido o di carne palpitante".
In questa visione si collocano i paesaggi di Ansel Adams realizzati all’interno del Parco Nazionale dello Yosemite.
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Ansel Adams, Yosemite falls e Yosemite point, 1932
Le fotografie di Ansel Adams, che rappresentano la natura del West americano sono tra le immagini più conosciute al mondo. Fra le più famose è quella scattata nel 1942 nel nord-ovest del Wyoming: The Tetons and the Snake River.
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Ansel Adams, The Tetons and the Snake River, 1942
Altrettanto significative sono le fotografie di botanica di Imogen Cunningham, esposte durante gli anni '30 in numerose mostre personali: con le sue immagini di piante e fiori riesce a trasmetterci la perfezione delle forme della natura e i suoi incredibili dettagli.
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Imogen Cunningham, a sinistra Agave Design, 1920; a destra: Mano e foglia di Voodoo Lily, 1972
Edward Weston, fautore della fotografia diretta ha contribuito a consolidare il ruolo della fotografia come mezzo artistico moderno, influenzando un'intera generazione di fotografi americani. Weston inizia a fotografare nudi nei primi anni '20 e continua nei successivi vent'anni.
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Galleria con i temi più rappresentativi della fotografia di Edward Weston
Alla fine degli anni '20, si orienta verso la fotografia still life. Particolarmente conosciuta è la serie fotografica dei peperoni, fra i quali spicca l’immagine Pepper n. 30, che “viene spesso descritta come l’icona per eccellenza della natura morta modernista negli Stati Uniti”: “l’elegante profilo antropomorfo” ricorda le fotografie di nudo e “la superficie levigata, le forme arrotondate e i profondi punti d’ombra dell’oggetto” richiamano le sculture di Brancusi, anche se la critica contemporanea tende a vedere in queste immagini l’influenza di altri artisti europei, da Pablo Picasso ai surrealisti Joan Mirò e Jean Arp[2].
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Edward Weston, Pepper No. 30, 1930
Nel 1935, quando il gruppo si scioglierà e ogni fotografo andrà per la sua strada, la visione di questi fautori della fotografia diretta, che si era ormai affermata nel paese, andrà a influenzare il lavoro di altri fotografi americani, fra i quali Dorothea Lange e Walker Evans, che saranno impegnati all’interno dell’esperienza della Farm Security Administration (FSA).
Il “Farm Security Administration project”
Durante il periodo della Grande Depressione, uno dei settori maggiormente colpiti è stato quello agricolo, dove le condizioni di vita degli agricoltori e delle loro famiglie con il passar degli anni sono diventate sempre più critiche. Nell’ambito dei programmi di intervento statale del New Deal, finalizzati a dare assistenza al mondo agricolo, va ricordata l’istituzione dell’agenzia governativa Resettlement Administration (1935), trasformata nel 1937 in Farm Security Administration (FSA), attraverso la quale il governo americano incarica alcuni dei più importanti fotografi del tempo, per documentare il mondo rurale americano e le condizioni di vita della sua gente.
A capo del progetto - che ha forti connotazioni politiche e rimane attivo fino al 1943 - viene messo Roy Stryker, economista e assistente del più famoso Rexford Tugwell, consulente di Roosevelt. Stryker nel corso di otto anni riuscirà a realizzare “la collezione di foto di documentazione sociale più ricca di tutto il XX secolo”[3], costituita per lo più da fotografie in bianco e nero di grande potenza narrativa e che alla fine verrà trasferita alla Biblioteca del Congresso.
Stryker interpreta il suo mandato in maniera molto ampia, con l’obiettivo di “restituire un’immagine dell’America rurale alle soglie dell’età moderna, da trasmettere alle generazioni seguenti”[4] e a questo scopo ingaggia un nutrito gruppo di fotografi – più di 40 - che nel corso degli anni scatteranno migliaia di fotografie, fino al 1943. Fra questi ricordiamo: Arthur Rothstein, responsabile del laboratorio, Theodor Jung, Ben Shahn, Dorothea Lange e Walker Evans che si affermerà come uno dei fotografi più influenti del Novecento. A questo primo gruppo in seguito si uniranno, fra gli altri, Jack Delano, John Vachon e Gordon Parks.
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Fotografie di Arthur Rothstein
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Fotografie di Dorothea Lange
I confini tra il lavoro dei fotografi della FSA, descritti come “sociologi con la macchina fotografica”, e il fotogiornalismo - che in quell’epoca iniziava ad affermarsi grazie alla nascita delle riviste illustrate come Fortune, Life e Look – sono piuttosto “fluidi”, soprattutto perché molte foto ciclicamente vengono pubblicate sulle riviste che erano in grado di raggiungere un pubblico molto vasto [5].
La differenza sostanziale riguarda “l’atteggiamento davanti al soggetto, la cosiddetta osservazione partecipante”[6]. “Malgrado un certo distacco artistico, questa tecnica dava luogo a una fotografia empatica che, invece di trasformare la situazione in un racconto di immagini confezionato, si concentrava sull’immediatezza e la drammaticità dell’immagine”[7].
La mancanza di spazio non ci consente di raccontare in modo esaustivo le vicende della FSA, che comunque va ricordata come “uno dei grandi progetti fondativi in cui la fotografia documentaria sociale sia stata adottata come metodo di ricerca sociologica”[8].
Per questo motivo, come approfondimento, suggeriamo il link alla Library of Congress[9], dove è possibile consultare la collezione fotografica FSA, completamente digitalizzata e resa disponibile al pubblico nella sua interezza.
Inoltre, consigliamo la lettura del libro già citato nelle note: New Deal Photography, USA 1935-1943, edito da Taschen, che raccoglie “una selezione rappresentativa” di stampe in bianco e nero e a colori del vasto archivio FSA.
Infine, rinviamo agli articoli di Paolo Felletti Spadazzi, presenti in questo stesso sito, per chi volesse avvicinarsi allo studio della complessa figura di Walker Evans, che già durante la turbolenta collaborazione con la FSA ha cercato di superare il tipico approccio del “documentario sociale”, riconoscibile nella fotografia di Dorotea Lange, per esplorare nuove forme di “fotografia documentaria poetica”, che cercherà di sviluppare nelle sue opere successive, proponendo lo stile documentario come possibile sintesi tra due tendenze antitetiche che contrappongono la “visione personale” alla “visione della società”[10].
 Appendice: il Sistema Zonale di Ansel Adams
Ansel Adams ha un ruolo importante nella storia della fotografia non solo per i suoi inimitabili paesaggi, ma anche per aver ideato il Sistema Zonale (Zone System), assieme al suo collega Fred Archer, fotografo noto per i suoi ritratti delle star del cinema di Hollywood. Il Sistema Zonale nasce negli anni ‘40, in funzione della fotografia analogica.
La scala tonale dei grigi presente in una scena fotografica (e quindi nella fotografia scattata) viene divisa in 11 parti, dette zone, che vanno dal bianco puro al nero assoluto. Ogni zona rappresenta un determinato tono di grigio. Questa suddivisione della scala continua in più gradini permette di riconoscere nella fotografia b/n 11 specifici livelli di grigio, che hanno una variazione di uno stop di luminosità dall’uno all’altro.
- La zona 0 e la zona 10 corrispondono rispettivamente al nero assoluto e al bianco assoluto (equivalenti al valore zero e al valore 255, oggi presenti nell’istogramma digitale). In entrambe le zone si ha una perdita di dettaglio, dovuta alla sottoesposizione o alla sovraesposizione;
- nelle zone 1 e 9 si registra un piccolo cambio di tonalità rispetto alla zona precedente, ma anche in questo caso la trama del soggetto non è distinguibile. Queste zone sono utili per marcare i punti di massimo contrasto dell'immagine;
- nelle zone 2 e 8 sono presenti le ombre profonde e le alte luci: si tratta di zone  fortemente sottoesposte o fortemente sovraesposte, ma che conservano un minimo dettaglio del soggetto;
- infine le zone 3, 4, 5, 6, 7 sono quelle che codificano i diversi livelli di grigi intermedi, più ricchi di dettagli che danno carattere alla fotografia.
La zona 5, che rappresenta il grigio medio, va considerata sotto il profilo operativo come la zona-base più significativa e centrale in termini esposimetrici della scena osservata, attorno alla quale impostare l’esposizione dell’immagine con una determinata coppia tempi/diaframma, in modo da “restituire, in accordo al concetto di ‘previsualizzazione’ (anch’esso adamsiano) la massima scala tonale dell’immagine, in grado di contenere sia i dettagli in ombra, sia quelli presenti sulle luci”*.
“La previsualizzazione è ciò che consente all’abilità del fotografo di far emergere, dal negativo prima, e dalla stampa poi, tutto il potenziale espressivo, in termini di ricchezza tonale, contenuto nell’immagine che il fotografo si accinge a riprendere”. Adams ritiene che: “visualizzare un’immagine […] consiste nell’immaginarla, ancor prima dell’esposizione, come una proiezione continua, dalla composizione dell’immagine fino alla stampa finale”.
* Luca Chistè, Ansel Adams e il Sistema Zonale analogico/digitale per la fotografia in bianco/nero,
in: http://www.cuneofotografia.it/pdf/RPSistemaZonale.pdf. Cfr. anche il manuale scritto da Ansel Adams: La fotocamera e Il negativo, Zanichelli, 1987.
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[1] Per un approfondimento su questi 3 importanti autori segnaliamo:
- Ansel Adams' 400 Photographs, 2004, (ed. inglese), che presenta una panoramica completa del suo lavoro;
- Imogen Cunningham – A retrospective di Paul Martineau, 2020, (ed. inglese) a cura del J. Paul Getty Museum;
- Edward Weston, 2020, (ed. inglese) che contiene le iconiche e classiche nature morte, i nudi e i paesaggi del fotografo.
 [2] Juliet Hacking (a cura di), Fotografia, la storia completa, Atlante, 2012, p.283.
 [3] Peter Walther (a cura di), New Deal Photography, USA 1935-1943, TASCHEN, 2016, p. 29.
 [4] Peter Walther, ibidem.
 [5] Peter Walther, p. 34.
 [6] Peter Walther, ibidem.
 [7 Peter Walther, ibidem.
 [8] David Bate, La fotografia d’arte, Einaudi, 2018, p. 106.
 [9] https://www.loc.gov/pictures/collection/fsa/.
 [10] David Bate, op. cit., pp. 107-08.
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redazionefotopadova · 2 years ago
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La fotografia documentaria come forma d’arte (terza parte)
di Lorenzo Ranzato
 -- Due esperienze significative
del documentarismo fotografico negli Stati Uniti
 Introduzione
Alla fine del 1929, con il crollo della borsa di Wall Street, si apre il periodo della Grande Depressione che coinvolge le economie dell’intero pianeta. Negli Stati Uniti, dopo alcuni anni di profonda crisi, nel 1933 si registra una svolta con l’elezione del nuovo presidente Franklin D. Roosevelt, che per superare la crisi fra il 1933 e il 1937 adotta un programma di riforme economiche e sociali, più noto con il nome di New Deal. In questo clima, maturano due esperienze significative nell’ambito della fotografia americana, esperienze che nascono con finalità diverse, ma che saranno entrambe determinanti per l’affermazione dello stile documentario negli Stati Uniti: la breve avventura del Gruppo f/64, costituitosi nel 1932 e scioltosi nel 1935, e le campagne fotografiche avviate nel 1935 dalla Resettlement Administration e continuate dal Farm Security Administration project, a partire dall’anno 1937 sino al 1943.
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 1-Ansel Adams, Moonrise, Hernandez New Mexico, 1941
 I fotografi del Gruppo f/64
Il Gruppo f/64 è una libera associazione di fotografi californiani che si forma nel 1932, con lo scopo di promuovere lo stile purista della straight photography. Il nome del gruppo deriva dall'impostazione più piccola dell'apertura del diaframma nelle fotocamere di grande formato, con la quale si ottiene una notevole profondità di campo che si estende dal primo piano sino all’infinito. Originariamente il gruppo è composto da 11 membri: Ansel Adams, Imogene Cunningham, Edward Weston[1], Willard Van Dyke, Henry Swift, John Paul Edwards, Brett Weston, Consuelo Kanaga, Alma Lavenson, Sonya Noskowiak e Preston Holder.
La prima uscita collettiva avviene con la Mostra collettiva di 80 fotografie, inaugurata il 15 novembre del 1932 al M. H. de Young Memorial Museum di San Francisco. L’obiettivo del gruppo è quello di rappresentare il mondo “così com’è”: a questo proposito è utile ricordare l’affermazione di Weston secondo il quale "la macchina fotografica dovrebbe essere usata per registrare la vita, per rendere la sostanza stessa e la quintessenza della cosa stessa, sia che si tratti di acciaio lucido o di carne palpitante".
In questa visione si collocano i paesaggi di Ansel Adams realizzati all’interno del Parco Nazionale dello Yosemite.
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2-Adams, Yosemite falls e Yosemite point, 1932
 Le fotografie di Ansel Adams, che rappresentano la natura del West americano sono tra le immagini più conosciute al mondo. Fra le più famose è quella scattata nel 1942 nel nord-ovest del Wyoming: The Tetons and the Snake River.
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3-Adams, The Tetons and the Snake River, 1942
 Altrettanto significative sono le fotografie di botanica di Imogen Cunningham, esposte durante gli anni '30 in numerose mostre personali: con le sue immagini di piante e fiori riesce a trasmetterci la perfezione delle forme della natura e i suoi incredibili dettagli.
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4-Cunningham, a sinistra Agave Design, 1920; a destra: Mano e foglia di Voodoo Lily, 1972
 Edward Weston, fautore della fotografia diretta ha contribuito a consolidare il ruolo della fotografia come mezzo artistico moderno, influenzando un'intera generazione di fotografi americani. Weston inizia a fotografare nudi nei primi anni '20 e continua nei successivi vent'anni.
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5-Galleria con i temi più rappresentativi della fotografia di Weston
 Alla fine degli anni '20, si orienta verso la fotografia still life. Particolarmente conosciuta è la serie fotografica dei peperoni, fra i quali spicca l’immagine Pepper n. 30, che “viene spesso descritta come l’icona per eccellenza della natura morta modernista negli Stati Uniti”: “l’elegante profilo antropomorfo” ricorda le fotografie di nudo e “la superficie levigata, le forme arrotondate e i profondi punti d’ombra dell’oggetto” richiamano le sculture di Brancusi, anche se la critica contemporanea tende a vedere in queste immagini l’influenza di altri artisti europei, da Pablo Picasso ai surrealisti Joan Mirò e Jean Arp[2].
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6-Weston, Pepper No. 30, 1930
 Nel 1935, quando il gruppo si scioglierà e ogni fotografo andrà per la sua strada, la visione di questi fautori della fotografia diretta, che si era ormai affermata nel paese, andrà a influenzare il lavoro di altri fotografi americani, fra i quali Dorothea Lange e Walker Evans, che saranno impegnati all’interno dell’esperienza della Farm Security Administration (FSA).
Il “Farm Security Administration project”
Durante il periodo della Grande Depressione, uno dei settori maggiormente colpiti è stato quello agricolo, dove le condizioni di vita degli agricoltori e delle loro famiglie con il passar degli anni sono diventate sempre più critiche. Nell’ambito dei programmi di intervento statale del New Deal, finalizzati a dare assistenza al mondo agricolo, va ricordata l’istituzione dell’agenzia governativa Resettlement Administration (1935), trasformata nel 1937 in Farm Security Administration (FSA), attraverso la quale il governo americano incarica alcuni dei più importanti fotografi del tempo, per documentare il mondo rurale americano e le condizioni di vita della sua gente.
A capo del progetto - che ha forti connotazioni politiche e rimane attivo fino al 1943 - viene messo Roy Stryker, economista e assistente del più famoso Rexford Tugwell, consulente di Roosevelt. Stryker nel corso di otto anni riuscirà a realizzare “la collezione di foto di documentazione sociale più ricca di tutto il XX secolo”[3], costituita per lo più da fotografie in bianco e nero di grande potenza narrativa e che alla fine verrà trasferita alla Biblioteca del Congresso.
Stryker interpreta il suo mandato in maniera molto ampia, con l’obiettivo di “restituire un’immagine dell’America rurale alle soglie dell’età moderna, da trasmettere alle generazioni seguenti”[4] e a questo scopo ingaggia un nutrito gruppo di fotografi – più di 40 - che nel corso degli anni scatteranno migliaia di fotografie, fino al 1943. Fra questi ricordiamo: Arthur Rothstein, responsabile del laboratorio, Theodor Jung, Ben Shahn, Dorothea Lange e Walker Evans che si affermerà come uno dei fotografi più influenti del Novecento. A questo primo gruppo in seguito si uniranno, fra gli altri, Jack Delano, John Vachon e Gordon Parks.
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7- Fotografie di Arthur Rothstein
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8- Fotografie di Dorothea Lange
 I confini tra il lavoro dei fotografi della FSA, descritti come “sociologi con la macchina fotografica”, e il fotogiornalismo - che in quell’epoca iniziava ad affermarsi grazie alla nascita delle riviste illustrate come Fortune, Life e Look – sono piuttosto “fluidi”, soprattutto perché molte foto ciclicamente vengono pubblicate sulle riviste che erano in grado di raggiungere un pubblico molto vasto [5].
La differenza sostanziale riguarda “l’atteggiamento davanti al soggetto, la cosiddetta osservazione partecipante”[6]. “Malgrado un certo distacco artistico, questa tecnica dava luogo a una fotografia empatica che, invece di trasformare la situazione in un racconto di immagini confezionato, si concentrava sull’immediatezza e la drammaticità dell’immagine”[7].
La mancanza di spazio non ci consente di raccontare in modo esaustivo le vicende della FSA, che comunque va ricordata come “uno dei grandi progetti fondativi in cui la fotografia documentaria sociale sia stata adottata come metodo di ricerca sociologica”[8].
Per questo motivo, come approfondimento, suggeriamo il link alla Library of Congress[9], dove è possibile consultare la collezione fotografica FSA, completamente digitalizzata e resa disponibile al pubblico nella sua interezza.
Inoltre, consigliamo la lettura del libro già citato nelle note: New Deal Photography, USA 1935-1943, edito da Taschen, che raccoglie “una selezione rappresentativa” di stampe in bianco e nero e a colori del vasto archivio FSA.
Infine, rinviamo agli articoli di Paolo Felletti Spadazzi, presenti in questo stesso sito, per chi volesse avvicinarsi allo studio della complessa figura di Walker Evans, che già durante la turbolenta collaborazione con la FSA ha cercato di superare il tipico approccio del “documentario sociale”, riconoscibile nella fotografia di Dorotea Lange, per esplorare nuove forme di “fotografia documentaria poetica”, che cercherà di sviluppare nelle sue opere successive, proponendo lo stile documentario come possibile sintesi tra due tendenze antitetiche che contrappongono la “visione personale” alla “visione della società”[10].
 Appendice: il Sistema Zonale di Ansel Adams
Ansel Adams ha un ruolo importante nella storia della fotografia non solo per i suoi inimitabili paesaggi, ma anche per aver ideato il Sistema Zonale (Zone System), assieme al suo collega Fred Archer, fotografo noto per i suoi ritratti delle star del cinema di Hollywood. Il Sistema Zonale nasce negli anni ‘40, in funzione della fotografia analogica.
La scala tonale dei grigi presente in una scena fotografica (e quindi nella fotografia scattata) viene divisa in 11 parti, dette zone, che vanno dal bianco puro al nero assoluto. Ogni zona rappresenta un determinato tono di grigio. Questa suddivisione della scala continua in più gradini permette di riconoscere nella fotografia b/n 11 specifici livelli di grigio, che hanno una variazione di uno stop di luminosità dall’uno all’altro.
- La zona 0 e la zona 10 corrispondono rispettivamente al nero assoluto e al bianco assoluto (equivalenti al valore zero e al valore 255, oggi presenti nell’istogramma digitale). In entrambe le zone si ha una perdita di dettaglio, dovuta alla sottoesposizione o alla sovraesposizione;
- nelle zone 1 e 9 si registra un piccolo cambio di tonalità rispetto alla zona precedente, ma anche in questo caso la trama del soggetto non è distinguibile. Queste zone sono utili per marcare i punti di massimo contrasto dell'immagine;
- nelle zone 2 e 8 sono presenti le ombre profonde e le alte luci: si tratta di zone  fortemente sottoesposte o fortemente sovraesposte, ma che conservano un minimo dettaglio del soggetto;
- infine le zone 3, 4, 5, 6, 7 sono quelle che codificano i diversi livelli di grigi intermedi, più ricchi di dettagli che danno carattere alla fotografia.
La zona 5, che rappresenta il grigio medio, va considerata sotto il profilo operativo come la zona-base più significativa e centrale in termini esposimetrici della scena osservata, attorno alla quale impostare l’esposizione dell’immagine con una determinata coppia tempi/diaframma, in modo da “restituire, in accordo al concetto di ‘previsualizzazione’ (anch’esso adamsiano) la massima scala tonale dell’immagine, in grado di contenere sia i dettagli in ombra, sia quelli presenti sulle luci”*.
“La previsualizzazione è ciò che consente all’abilità del fotografo di far emergere, dal negativo prima, e dalla stampa poi, tutto il potenziale espressivo, in termini di ricchezza tonale, contenuto nell’immagine che il fotografo si accinge a riprendere”. Adams ritiene che: “visualizzare un’immagine […] consiste nell’immaginarla, ancor prima dell’esposizione, come una proiezione continua, dalla composizione dell’immagine fino alla stampa finale”.
* Luca Chistè, Ansel Adams e il Sistema Zonale analogico/digitale per la fotografia in bianco/nero,
in: http://www.cuneofotografia.it/pdf/RPSistemaZonale.pdf. Cfr. anche il manuale scritto da Ansel Adams: La fotocamera e Il negativo, Zanichelli, 1987.
 [1] Per un approfondimento su questi 3 importanti autori segnaliamo:
- Ansel Adams' 400 Photographs, 2004, (ed. inglese), che presenta una panoramica completa del suo lavoro;
- Imogen Cunningham – A retrospective di Paul Martineau, 2020, (ed. inglese) a cura del J. Paul Getty Museum;
- Edward Weston, 2020, (ed. inglese) che contiene le iconiche e classiche nature morte, i nudi e i paesaggi del fotografo.
 [2] Juliet Hacking (a cura di), Fotografia, la storia completa, Atlante, 2012, p.283.
 [3] Peter Walther (a cura di), New Deal Photography, USA 1935-1943, TASCHEN, 2016, p. 29.
 [4] Peter Walther, ibidem.
 [5] Peter Walther, p. 34.
 [6] Peter Walther, ibidem.
 [7] Peter Walther, ibidem.
 [8] David Bate, La fotografia d’arte, Einaudi, 2018, p. 106.
 [9] https://www.loc.gov/pictures/collection/fsa/.
 [10] David Bate, op. cit., pp. 107-08.
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fashionbooksmilano · 3 years ago
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VNGRD
Rizzoli, Milano 2021, 335 pagine, Brossura, 32,5x24,5 cm., ISBN  9788891833457
euro 60,00
email if you want to buy :[email protected]
VNGRD è un marchio di abbigliamento nato a Milano nel 2005 da un gruppo di creativi della cultura underground della città. Giorgio di Salvo, uno dei fondatori, è stato un aggregatore di artisti emergenti a livello internazionale. Le sue grafiche estreme e la ricerca sul prodotto diventano cult, e superano in poco tempo i confini della città per arrivare alle cronache nazionali e all'attenzione di creativi come Marcelo Burlon, che diversi anni dopo lo chiama alla direzione artistica della sua linea: etnico, animali esotici e stampe diventano un must-have. Altre collaborazioni prestigiose hanno intercettato marchi streetwear come Stüssy, SUPER, FUCT and Slam Jam. Il brand è stato portato alla ribalta da Kanye West e successivamente ha dato origine a Octopus. Nella sua breve vita (ha chiuso nel 2010) VNGRD ha lanciato molti dei trend degli anni successivi. Questo libro è un archivio completo delle grafiche e dei prodotti e si avvale dei contributi di molti degli amici che hanno partecipato a questa avventura creativa che è stata la vera e propria "avanguardia" dello streetwear. Il volume sarà parte di un programma si celebrazioni che culminerà con il lancio di una capsule collection VNGRD OR (Vanguard Original) con eventi in vari negozi 
16/03/22
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weirdesplinder · 4 years ago
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Sharing knife serie
The Sharing knife serie dell'autrice Lois McMaster Bujold è una delle mie serie fantasy preferite. E’ scritta veramente benissimo, i personaggi e i loro sentimenti sono approfonditi e analizzati con grande maturità e profondità,
La serie è ambientata in un mondo simile al West, ma in realtà molto diverso.
C'era una volta un o stupendo regno magico, chiamto Regno dei sette laghi. Un regno governato da un re e da diversi lord in grado di manipolare la natura e i loro stessi corpi grazie alla magia con cui erano nati e che avevano coltivato tramite matrimoni combinati. Per secoli il regno aveva prosperato, e le leggende ancora oggi parlano di navi volanti con vele d'aergento, animali fantastici, ricchezze infinite, lord quasi immortali di una bellezza abbagliante, e dei che camminavano fra gli umani. Ma poi la sete di sempre più potere aveva causato una terribile guerra. Nessuno ricorda bene cosa l'iniziò, alcune leggende dicono che il sovrano in cerca di aumentare il suo potere cercò di aprire un portale verso un'altra dimensione, altri che rapì un dio….tutto ciò che è certo è che fu trasformato da quella magia in qulacosa di mostruoso, qualcosa che stava consumando il mondo intero assorbendone l'essenza. I lord si unirono per combatterlo e, non si sa come, riuscirono a spezzarlo. Non lo uccisero, ma lo frantumarino in milioni di pezzi che in una grande esplosione finirono sparsi per il mondo.
Ora secoli e secoli dopo quel regno non esiste più, nè esistono più i laghi, ma vivono i discendenti di quei Lord che ormai però non posseggono che una capacità magica ridotta e molto diluita e che scontano la loro pena cacciando ancora i pezzi di quel re che tentano di riafuorare ed evolversi assorbendo l'esenza di cose persone e animali. Lakewalkers si fanno chiamare.
E sono spesso in conflitto con i contadini, i discenenti di quel popolo privo di magia che viveva felice in quel regno e che solo ora dopo secoli ha iniziato a riappropriarsi dei terreni abbandonati perchè privi di vita.
Questi due gruppi non comprendono gli usi e i costumi l'uno degli altri, e molto non ricordano del loro passato, vivono vicini ma separati, come indiani e coloni, ognuno con le loro usanza e ognuno convinto che l’altro poppolo sia barbaro. Nonostante questo e tutti i pregiudizi che ne conseguono, una giovane colona, Fawn e un Lakewalker, Dag, si innamorano e decidono di sposarsi. Ma dovranno superare molto più delle semplici barriere culturali, poichè tra loro c’è anche una grande differenza di età, lui ha 55 anni (ma ne dimostra meno di 40), mentre lei solo 18, una gravidanza non voluta, il fantasma della prima moglie di lui e il suo handicap (Dag ha solo una mano, l’altra gli è stata tagliata). Naturalmente trattandosi di un fantasy non mancano alcuni elementi magici, coltelli fatti d’osso con proprietà speciali e mostri da sconfiggere, ma sono veramente minimi, così come la storia in sè è piuttosto semplice ed è proprio per questa semplicità che l’autrice imbeve i personaggi e il loro mondo di una profondità e un realismo veramente fantastici, e affronta temi immortali come il pregiudizio, il sacrificio, la famiglia e naturalmente l’amore….
La serie, per ora inedita in Italia è formata da quattro libri, più un racconto lungo:
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1. Beguilment
https://amzn.to/2Rvobe9
Trama: Fawn, fuggita di casa, cade vittima di un pericoloso mostro, a salvarla sarà un Lakewalker, Dag. I due si innamorano e decidono di sposarsi nonostante i problemi che li attendono a causa del fatto che i loro due popoli si odiano e non si comprendono.
2. Legacy
Trama: Dag conduce Fawn tra il suo popolo, lei per amore sopporta i cambiamenti, ma ben presto entrambi si rendono conto che il popolo dei Lakewalkers non li vuole veramente fra loro. Dag, ora unito a Fawn, sa che se i Lakewalkers vogliono sopravvivere e sconfiggere i terribili mostri che popolano la terra, devono abbandonare il loro odio contrio i farmers e collaborare con loro, e viceversa. Così decide , insieme a sua moglie, di partire per un viaggio, durante il quale parlerà a ogni farmer che incontrerà, per spiegargli chi sono veramente i Lakewalkers e la guerra che combattono contro i mostri.
 3. Passage
Trama: Il viaggio ha inizio, Dag con Fawn e ben presto tanti altri compagni di viaggio, inizia la sua missione, parlare ai due popoli e cercare di fare capire loro che solo uniti potranno prosperare.
4. Horizon
Trama: E’ ora per Dag e Fawn di raccogliere i frutti delle loro avventure. Una mostruosa Malice, molto potente è sorta e i nostri eroi dovranno combatterla.
4.5. Knife children
Trama: Il Lakewalker Barr Foxbrush dopo due anni passati in Luthlia torna a controllare la figlia avuta da un’avventua di una notte con una contadina che non ha più voluto avere niente a che fare con lui e si è sposata con un contadino che crede la bambina sia sua. Barr l’ha sempre tenuta d’occhio per controllare se in lei sarebbero insorti i poteri dei Lakewalker, ma dopo due anni di assenza, scopre che è fuggita di casa e si butta subito alla sua ricerca scoprendo così che sì ha proprio ereditato quei poteri e ora è compito suo introdurla la suo popolo dove dovrà imparare come controllarli.
La mia opinione: E’ una saga stupenda. I personggi dopo aver vissutto numerose avventure  gungono alla fine del loro lungo viaggio cambiati, diversi, ma più consapevoli, più maturi, più completi. Sì, questa credo sia l’espressione più giusta, sono diventate delle persone complete, mentre all’inizio della saga erano feriti, oppure troppo giovani e ingenui, oppure troppo chiusi in loro stessi, ora sono completi, hanno imparato molte cose sul mondo che li circonda ma soprattutto su loro stessi. Dag, fin dal primo libro, cerca di cambiare il mondo, ma in questo libro, grazie anche a Fawn, capisce che prima di cambiare gli altri, bisogna cambiare se stessi, miglirarsi e soprattutto , per poterlo fare, bisogna capire se stessi e le proprie doti. Così, a cinquantacinque anni, inizia a studiare medicina sotto la supervisione di un Lakewalkers che lo prende sotto la sua ala, e i suoi tentativi di capire i suoi poteri che nel libro due e tre, lo facevano tremare di paura, vengono finalmente spiegati e le paure dissipate. Dag aveva temuto i suoi nuovi poteri e il cambiamento che portavano, e questo glieli aveva fatti vedere come maligni , ma ora, semplicemente avendo il coraggio di chiedere aiuto, scopre che sono normali e che lo studio li migliorà e li potrà rendere utili al mondo intero.
Ma questa è solo una delle tante cose che accadono in questi libri, incontriamo personaggi interessanti, intriganti nemici da sconfiggere, e nel finale il cerchio si chiude in modo perfetto e Fawn trova finalmente la casa che aveva sempre voluto.
Non voglio rivelare troppo, e non saprei che altro aggiungere, se non che, ,lo stile di scritture della Bujold, da solo, basterebbe per volere leggere questo libro, e la grazie e la profondità velata di semplicità con cui riempie una storia fantasy di temi importanti e moderni, è imbattibile. Già usare il termine fantasy per questa serie di libri non mi sembra giusto, l’elemto magico è veramente opiccolo, e l’universo in cui si muovono i personaggi è normale, sembra il vecchio west, senza alcuni elementi soprannaturali, questi romanzi sarebbero ptuti essere storici e sarebbero stati comunque bellissimi. Tutti possono goderli, ma credo che solo un pubblico adulto potrà veramente carpire tutti i vari livelli di lettura che questi romanzi nascondono.
Spero vengano presto pubblicati in Italia e pubblicizzati come meritano poichè credo siano veramente un capolavoro. Scusate le lodi sperticate, ma è così raro, trovare romanzi così belli in giro, che quando ne leggo uno, non riesco a trattenermi. Unire amore e avventura e magia, a temi delicati come l’aborto, la morte di un coniuge, le difficoltà di essere ragazza madre, le unioni interrraziali…….è un vero miracolo, che riesce a pochi sdrittori bene come a Lois McMaster Bujold e se a questo si unisce la capacità di dipingere in profondità i personaggi e la loro psiche, bè. allora, stiamo parlando di una scrittrice veramente brava.
So che vi  ho già parlato fino alla sfinimento di questa serie, ma visto che in questi giorni la sto rileggendo per l’ennesima volta non potevo non nominarla di nuovo anche sul blog, perchè spero veramente tanto che un giorno diventi disponibile anche in italiano.
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pier-carlo-universe · 14 days ago
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Recensione di "Il Merlo" di Kristy McCaffrey: Amore, Vendetta e Redenzione nel Selvaggio West. A cura di Alessandria today
Un’avventura ricca di emozioni e di passione tra le montagne dell’Arizona, dove un cacciatore di taglie e una narratrice messicana affrontano il proprio passato e il destino.
Un’avventura ricca di emozioni e di passione tra le montagne dell’Arizona, dove un cacciatore di taglie e una narratrice messicana affrontano il proprio passato e il destino. “Il Merlo”, quarto libro della serie Ali del West di Kristy McCaffrey, è un romanzo western intriso di passione, riscatto e avventura, ambientato tra le selvagge montagne dell’Arizona. Il protagonista, Cale Walker, è un…
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antorock · 3 years ago
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Tempo da cani. Un'avventura rocambolesca di Sigmund Freud. Una rivisitazione fantasiosa della vita di Freud che lo porta in un avventura nel vecchio west tra crudeltà umana, vita dura, ricerca della libertà e buffi dialoghi. #manularcenet #tempodacani #sigmundfreud #comicbooks #inthecompanyofbooks #2021reading #cononinopress https://www.instagram.com/p/CVYIc3zt93h/?utm_medium=tumblr
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pionchan-blog-blog · 3 years ago
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AMORE FAMIGLIA E UNIVERSITà in una grande avventura
AMORE FAMIGLIA E UNIVERSITà in una grande avventura
C’è un ragazzo di campagna nel far west, che vuole andare all’università con al fidanzata più ricca di lui. Ma lui viene da una famiglia molto numerosa, ha moltissimi fratelli e sorelle. E si decide che l’università per lui non si può fare. Però poi la trama si stravolge. Perché la famiglia di lui vede quanto il ragazzo ci tenga a continuare questi studi, e grazie anche al parroco della chiesa…
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fumettomania-web-magazine · 3 years ago
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(via Sneak Peek: Aces Weekly heads to the Wild West, with “The Hunter”)
Aces Weekly fa capolino nel selvaggio West, con "The Hunter" <<Sì! Il prossimo volume dell'antologia digitale Aces Weekly presenta il suo primo western, “The Hunter”, di Petri Hänninen e Niccolò Pizzorno, scritto da Glauco Piccione. Sì, è vero, il team di Aces Weekly, guidato da David Lloyd, chiaramente non si accontenta di offrire grandi strisce di fantascienza, avventura, fantasy e umorismo, ogni volume arriva fino a 120 pagine, inclusi gli extra, per solo £ 1 ogni settimana , o qualsiasi altro tipo di denaro che hai. Ora si stanno dirigendo laggiù, nel selvaggio West, portandoti un'avventura armata dall'aspetto fantastico, che segue le orme di registi come Sergio Leone e Sam Peckinpach.>> Articolo completo sul blog di John Freeman​
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abatelunare · 7 years ago
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(Non) tengo famiglia
I protagonisti di alcuni anime passano da una condizione di moderata agiatezza a una di estrema povertà, per poi tornare alla condizione originaria o quasi, seguendo un movimento circolare: dall’alto al basso e dal basso all’alto. In altri casi, ci si muove direttamente dal basso, perché c’è solo la miseria. È lo schema classico della fiaba: si parte da uno stato di equilibrio compromesso e si raccontano le peripezie che piovono addosso al protagonista mentre cerca di recuperare una condizione di stabilità. Le avversità sono necessarie, come si legge nella Storia del principe Zeyn Alasnam e del re dei Geni, tratta da Le mille e una notte: «Mio figlio […] non è degno di compassione perché dovrà essere coraggioso. È necessario che i principi abbiano delle disgrazie, perché l’avversità purifica le loro virtù, e da ciò imparano meglio a regnare». Le “disgrazie” prevedono anche la ricerca di qualcuno, che può essere un parente o un partner. E qui i giapponesi utilizzano un trucco tipico del teatro antico: l’agnizione. Consiste nel «riconoscere o il riconoscersi di persone in particolari circostanze; spec. il riconoscimento di uno o più personaggi che ravvisano la loro personalità fin allora sconosciuta» (Dizionario Enciclopedico Treccani). Aristotele, nella sua Poetica, ne individua quattro tipi: quello originato dai segni: corporei (tatuaggi, cicatrici, ecc.) ed “esterni” (legati a oggetti posseduti dalla persona: spille, medaglioni, gioielli, ecc.); quello originato dalla memoria (ascoltando una storia, oppure vedendo un oggetto); quello originato da un ragionamento logico; quello scaturito dall’azione stessa (e non meglio specificato). In pratica, verso la conclusione della serie si riesce a scoprire l’identità di un personaggio misterioso, oppure a riconoscere qualcuno che si è avuto sotto il naso per tutto il tempo. Sam il ragazzo del West e Remì, alla ricerca rispettivamente di padre e madre, prima di riunirsi a loro, li incontrano senza sapere chi siano. Candy Candy scopre chi siano il Principe della collina e il fantomatico Zio William che l’ha adottata, vale a dire la stessa persona. Lulù l’angelo tra i fiori, accompagnata nella sua missione da un misterioso ragazzo, scopre che non è ciò che sembra. Eccetera. I personaggi citati hanno una caratteristica comune: sono tutti orfani. Quelli che hanno entrambi i genitori sono più rari dei rinoceronti bianchi. Le condizioni più frequenti sono due. Uno dei genitori è deceduto, durante la serie oppure dietro le quinte. Il superstite può essere la madre (Sandybell, Charlotte, Chobin, Trider G7, Remì) o il padre (Sam ragazzo del West, Daltanious, Vultus V, Tommy stella dei Giants, Hurricane Polymar). E va ritrovato, una volta scoperto che è ancora vivo. Innumerevoli, poi, i casi in cui i genitori sono entrambi defunti. Il protagonista se la deve cavare da solo. Può essere del tutto orfano fin dall’inizio dell’anime (Candy Candy, Lulù dei fiori, Daitarn III, Il grande Mazinga) oppure diventare tale in corso d’opera (Peline Story, Danguard, Judo Boy). Le veci dei trapassati vengono spesso svolte con amore da altri parenti: zii o nonni, naturali (Sampei, Heidi) oppure acquisiti (Lalabel). Questo proliferare di “senza famiglia” ha sicuramente motivazioni narrative. In Storia delle mie storie la scrittrice per l’infanzia Bianca Pitzorno afferma: «Essere orfani di madre è la peggior disgrazia che possa capitare a un bambino. Ma è anche uno degli espedienti narrativi più importanti per dare avvio a una storia. Senza orfanezza, nei libri per l’infanzia del passato non c’era quasi mai avventura, perché chi sarebbe stato così folle da abbandonare il nido o il “focolare” se non sbattuto fuori da un crudele destino?». Ma gli orfani presenti negli anime riflettono – o meglio denunciano – anche la condizione familiare dei ragazzi giapponesi. Il padre è completamente assorbito dal lavoro e non è quasi mai a casa: trascorre la maggior parte del suo tempo in azienda. Questo, durante gli anni ’80, ha provocato l’insorgere della «sindrome del padre assente», che consiste in un declino della figura paterna dal punto di vista simbolico e affettivo. Se si aggiunge che adesso si sono messe a lavorare anche le madri, il quadro è completo. Questi ragazzi e queste ragazze rimasti soli possono – anzi, devono – contare esclusivamente sulle proprie forze. Nessuno li aiuterà nella battaglia per la conquista di un ritrovato equilibrio. Le loro armi sono la determinazione e la costanza. Non si arrendono mai. Perché, come afferma un personaggio della serie Galaxy Express 999, «Un uomo non deve arrendersi mai, ma bisogna continuare a perseguire le proprie mete, malgrado le sconfitte. Per questo siamo uomini!». La grammatica, magari, lascia a desiderare, ma il concetto è chiarissimo. Gli anime, insomma, esaltano l’uomo che si è fatto da sé medesimo, che primeggia nella vita grazie a doti come il coraggio, la volontà e l’autodisciplina. Che si abbia o meno una famiglia alle spalle, tutto questo comporta un notevole dispendio di energie, fisiche e mentali. Le risorse, questi personaggi, devono andarsele a cercare dentro di sé. Attingendo, magari, anche a fonti “esterne”. Le motivazioni che spingono a stringere i denti si appoggiano su un senso dell’onore a dir poco incrollabile e sul valore dato all’amicizia. Gli amici si scambiano frasi come: «Non importa dove saremo: la nostra amicizia ci terrà uniti per sempre». Oppure: «Anche se saremo lontani, la nostra amicizia durerà per sempre». Soprattutto, credono fermamente nel valore della parola data. Chi promette, mantiene sempre. Quanto meno, fa di tutto per riuscirci. Hai detto niente.
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iopensomanonsono · 3 years ago
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D’arte si può morire facilmente. Si comincia pian piano a patire la propria solitudine nello scoprire la vacuità dei gesti pensati eroici e radicali, schiacciati dall’evidenza dell’illusione d’aver per tanto tempo vagheggiato d’esser parte di un magico universo make believe, l’illusione di credersi eroi di un mondo esclusivo ricco di senso capace di farci sentire lontani e noncuranti dei traffici e delle bassezze del quotidiano. Presto si scopre – a volerlo fare – d’essere immersi in un brodo creativo svuotato di certezze e convinzioni, orfani di pensieri guida, in anni in cui pare per sempre svaporata la favolosa e comoda èra dell’everything goes, quelle stagioni allegramente sostanziate del qualunquismo postmoderno, gli anni obliqui del tutto è arte e tutti sono artisti. Si può davvero morire per la malinconia di ritrovarsi nudi e orfani, al freddo e al gelo di una slavata waste land, attoniti a contemplare la propria confusa e faticosa avventura solitaria. Scomparsa di teorie e teorici, quelli capaci almeno di rubacchiare ancora dai polverosi armadi dell’estetica indicazioni su cui erigere progetti di una qualche sostanza, lanciare manifesti che non siano soltanto surrogati, parodie teoriche di estinte avanguardie, quelle dei tempi della preminenza di cultura, pensiero e azione. Proprio le teorie erano gesti radicali per definizione, atteggiamenti critici, irriverenti, persino contro, tabule rase spesso dai toni utopici ma generosi e capaci di rinsanguare i debilitati e confusi gesti del fare arte. Si muore perché si sa di vivere il tempo delle superchiacchiere, perché si è sommersi da cataste rovinose di oggetti eterogenei in cui volume e peso sono inversamente proporzionali al loro sapere e potere culturale. Già Marcel Duchamp nel 1964 diceva, nel suo modesto appartamento newyorchese sulla Decima Strada West a New York, a Calvin Tomkins che lo intervistava: «Una produzione cosí abbondante è veramente dannosa». Superproduzione travolgente che inquina il mondo con «la monotonia e la quantità», sentenzia Robert Hughes. Si muore a sentire l’amico Jean Baudrillard a ricordarci di stare vivendo il «grado Xerox dell’arte», il suo vanishing point, la sua totale simulazione, un’arte che «sembra non avere piú poste in gioco». Si può anche morire per la vacuità di un mestiere che ha abolito il mestiere, quel craft, quella capacità manuale e concettuale, morire anche per la scomparsa di una qualsiasi bellezza intorno, schiavi del dogma dell’indifferenza estetica dove la bellezza – ricorda Maurizio Ferraris – è un fossile fuori luogo. Mette angoscia intanto l’universo asfittico di un concettualismo d’accatto, privo di qualsiasi profondità e appeal, triste e unico tentativo di feticizzare gli oggetti come opere e del decorativismo di un’arte che «non ha piú autonomia!» Si muore senza scampo nel trovarsi condannati alla dannazione del prezzo. Fa davvero male l’impossibilità di spezzare i vincoli dittatoriali dell’Artworld quando ci chiede, con tutto l’autoritarismo di cui dispone, di apprezzare quello che qualcuno prezza senza ritegno. Ti può trafiggere l’assioma del ciò che costa vale, ti ferisce sentir dichiarare da Brett Gorvy, vicepresidente della sezione Arte Contemporanea di Christie’s: «È solo business, non storia dell’arte», o Thomas Hoving, ex direttore del Metropolitan Museum of Art di New York: «L’arte è sexy, l’arte è soldi sexy arrampicata sociale fantastica». Si può morire anche al sapere che l’arte ai nostri giorni altro non è che una commodity, proprio come cacao, soia, nichel, gas naturale, maiali e tutto il resto. Ugo Nespolo - Per non morire d'arte - Einaudi
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