#Altare dei Dodici Dei
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Il Tempio di Efesto ad Atene: un capolavoro dell’architettura greca classica. Un viaggio alla scoperta del tempio meglio conservato dell’antica Grecia. Recensione di Alessandria today
Il Tempio di Efesto, situato nell’antica Agorà di Atene, è uno dei monumenti più iconici e meglio conservati dell’architettura greca classica. Costruito intorno al 449 a.C., il tempio è dedicato a Efesto, il dio del fuoco e della metallurgia, e ad Atena E
Il Tempio di Efesto, situato nell’antica Agorà di Atene, è uno dei monumenti più iconici e meglio conservati dell’architettura greca classica. Costruito intorno al 449 a.C., il tempio è dedicato a Efesto, il dio del fuoco e della metallurgia, e ad Atena Ergane, la dea della saggezza e dell’artigianato. Questo splendido edificio dorico domina il paesaggio urbano ateniese, circondato da colline…
#Acropoli di Atene#Agorà#Agorà di Atene#Altare dei Dodici Dei#antica Atene#antichi templi greci#architettura dorica#architettura greca#arte e scultura#Atena Ergane#Atene#colonne doriche#cultura greca#Efesto dio#fregi antichi#Grecia antica#Grecia classica#luoghi storici#metope scolpite#monumenti antichi#monumenti greci#paesaggi storici#paesaggio urbano Atene#Partenone#patrimonio culturale#Pericle#periodo bizantino#Portico di Attalo#San Giorgio Akamates#siti archeologici
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San José Sanchez Del Rio Adolescente, martire
Sahuayo, Messico, 28 marzo 1913 - 10 febbraio 1928
José Sánchez del Río, nato a Sahuayo in Messico da una famiglia solidamente cristiana, emigrò ancora piccolo a Guadalajara, dove ricevette la Prima Comunione e si distinse per la sua devozione mariana. A seguito della promulgazione delle leggi anticlericali da parte del presidente Plutarco Elías Calles, si formò l’esercito popolare dei “cristeros”, cui si unirono anche i due fratelli di José, ma a lui, tredicenne, fu impedito. Visitando la tomba dell’avvocato Anacleto González Flores, chiese a Dio di poter morire in difesa della fede come lui. Diventato quindi portabandiera dell’esercito cristero, venne catturato e messo in carcere, poi rinchiuso nel battistero della chiesa di San Giacomo apostolo a Sahuayo, la sua parrocchia. Rifiutò le proposte di liberazione, determinato a dare la sua vita fino in fondo. Torturato quasi a morte, fu ucciso nel cimitero di Sahuayo il 10 febbraio 1928, a quattordici anni. È stato beatificato il 20 novembre 2005, sotto il pontificato di Benedetto XVI, insieme ad altri dodici martiri messicani, compreso anche il già citato Anacleto González Flores. È stato quindi canonizzato domenica 16 ottobre 2016 da papa Francesco, insieme ad altri sei Beati. I suoi resti mortali sono venerati dal 1996 sotto un altare laterale della chiesa di San Giacomo a Sahuayo.
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«Il progetto originale di Lucifer Rising è costituito da due parti, quella distribuita è solo la prima. Ho filmato un’altra parte (insieme, la durata complessiva è di un'ora). Ma al momento possiedo solo la parte prodotta ed ho bisogno di una quantità addizionale di denaro per gli effetti speciali dopo la stampa. La farò uscire su un laser-disc che raccoglie i miei film.
Per le riprese, tra i vari luoghi, andai anche in Germania, nella foresta di Teutoburgo. Dissi alle autorità che avevo intenzione di girare un film sulla mitologia. Furono molto cooperativi ed ebbi il permesso di filmare nella città di Horn-Bad Meinberg, vicino a un luogo chiamato Externsteine, che ha delle colonne naturali di arenaria alte circa un centinaio di piedi. Furono convertite in un tempio solare dai primi Celti e il luogo è considerato antico come lo è Stonehenge in Inghilterrra, uniti dalla stessa tradizione per il culto solare. Durante il solstizio estivo, il 21 giugno, il sole passa esattamente al centro di un foro nella roccia e risplende in un luogo che doveva essere usato come un altare. Questo posto meraviglioso fu cristianizzato durante il Medioevo e vi sono incisioni Cristiane. Ciò accadde per molti luoghi pagani: molte chiese infatti sono costruite sulle rovine di templi antecedenti. Inoltre questo luogo fu riscoperto dai Nazi. Il loro piano segreto era di distruggere il Cristianesimo e ristabilire la loro propria versione di paganesimo che, grazie a Dio, non accadde. Essi convertirono il complesso, facendo delle scalinate che portano al Santuario un punto iniziatico per la Hitler Jugend (Gioventù hitleriana). Era presente anche Baldur Shirach. Qui, ai ragazzi della HJ veniva consegnato il primo pugnale, e tutto il rito veniva compiuto molto drammaticamente. Esistono bobine di giornali cinematografici su queste processioni con i bambini che alla luce delle torce salgono gli scalini. Nella foresta intorno a Externsteine uno può ancora vedere le iniziali sulle betulle che furono incise dai bambini con i loro coltelli (le loro iniziali e le lettere HJ). A quel tempo le incisioni erano all’altezza di un bambino di dodici anni. Ora le betulle sono più alte, così che le incisioni sono alte più di venti piedi. E sono ancora lì, l’intera foresta è coperta da queste iniziali...»
«Poi andai in Egitto, e lì avevo naturalmente bisogno dei permessi. C'è un particolare annedoto a riguardo. Quando girai a Luxor avevo una lettera che diceva che mi si permetteva di girare in quel luogo, ma le guardie lì non sapevano leggere l’arabo (erano illetterati come molti contadini egiziani). Così dissero: “Noi non ti crediamo. Voi siete ovviamente un gruppo di spie”. Ci trattennero un’intera giornata presso la polizia. Cercai di rimanere calmo e dissi: “Guardate. Qui c’è il mio passaporto americano”. Mi risposero: “Oh questo ovviamente è un falso, noi sappiamo dove puoi comprare un passaporto del genere”. Ci potevano trattenere lì o cacciare dal paese. Era pericoloso, perché se avessero guardato nella borsa del trucco di Marianne Faithfull avrebbero trovato l’eroina che stava portando, senza che lo sapessi. Se l’avessero trovata ci avrebbero uccisi tutti.
Nel finale del film mostro l'effetto speciale di un UFO, tracce di UFO risalgono fin da tempi antichi. Il fatto è che in Egitto vidi veramente un oggetto simile, di color arancione splendente, quando mi trovavo nel tempio di Luxor. Un vero UFO! Avevo con me la fotocamera ma non ci fu abbastanza tempo per tirarla fuori ed usarla prima che l'oggetto sparisse. Così immediatamente pensai: Devo cercare di catturare una specie di istantanea annebbiata o è meglio avere una visione magnifica? Alla fine decisi di non fare la foto. In realtà in passato ho avuto tre o quattro eccellenti incontri con gli UFO. Ll ho visti volare nel cielo, ma non ho mai stretto la mano al pilota... Nella seconda parte di Lucifer Rising, farò ritornare gli UFO.»
Kenneth Anger
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*BRIGHT HORSES*
Costellazione dell’ Altare
Gli altari fanno spesso la loro comparsa nella leggenda greca, poiché gli eroi non facevano che offrire sacrifici agli dei, quindi non deve sorprendere se ne troviamo uno fra le stelle. Ma questo è un altare speciale, poiché secondo Eratostene e Manilio è quello davanti al quale gli dei pronunciarono solenni promesse di aiuto reciproco prima di intraprendere la lotta contro i Titani. Quella lotta costituì uno degli eventi più importanti della mitologia greca. A quel tempo Crono, uno dei dodici Titani, governava sull'Universo. Crono aveva privato del trono suo padre, Urano, ma c'era una profezia che diceva che a sua volta sarebbe stato deposto da uno dei suoi figli. Nel disperato tentativo di impedire alla profezia di avverarsi, Crono se li inghiottiva non appena nascevano; lo fece con Estia, Demetra, Era, Ade e Poseidone, tutti destinati a divenire dei e dee. Venne il momento che sua moglie, Rea, non sopportò più di vedere altri suoi figli fare quella fine. Depose di nascosto l'ultimo nato, Zeus, in una grotta del Monte Ditte a Creta e al suo posto diede a Crono da inghiottire una pietra, dicendogli che era il neonato Zeus. A Creta, Zeus crebbe sano e salvo. Quando divenne adulto ritornò nel palazzo paterno e costrinse Crono a vomitare i bambini che aveva ingoiati, che si presentarono nel loro aspetto di dei e dee belli e cresciuti. Zeus e i suoi fratelli prepararono quindi un altare e su quello giurarono di spodestare il cattivo Crono e gli altri Titani. La lotta fra i Titani infuriò per dieci anni e, per superare la situazione di stallo, la Madre Terra suggerì a Zeus di liberare i fratelli brutti dei Titani che Crono aveva imprigionati nelle caverne senza luce del Tartaro. C'erano due gruppi di fratelli, i Centimano (giganti dalle cento mani) e i Ciclopi che avevano un solo occhio, ed entrambi volevano vendicarsi di Crono. Zeus riuscì ad arrivare nel Tartaro, liberò quelle creature mostruose e chiese loro di unirsi a lui nella lotta che infuriava nel mondo sopra di loro. Felici per la ritrovata e inattesa libertà, i Ciclopi si misero al lavoro per aiutare gli dei. Crearono un elmo che lo rendesse invisibile per Ade, un tridente per Poseidone e, soprattutto, la folgore per Zeus. Con queste nuove armi e i loro mostruosi alleati gli dei sgominarono i Titani. Dopo la vittoria, essi suddivisero l'Universo giocando a dadi. Poseidone divenne il padrone del mare, ad Ade toccò l'oltretomba, e a Zeus il cielo. Il loro altare divenne la costellazione dell'Altare che Zeus sistemò in cielo a perenne gratitudine per la loro vittoria sui Titani.
Fonte:maraffi.net
#costellazione#constellation#mitologia greca#Greek Mythology#universo#stelle#embroidery#contemporaryembroidery#ricamo#ricamoamano
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Il santo del 7 aprile: Sant'Ermanno Giuseppe
Sant'Erm,anno Giuseppe Ermanno è nato a Colonia tra il 1150 e il 1160 e fin dalla infanzia si distinse per la devozione verso la Madre di Dio. A dodici anni entrò nel monastero premostratense di Steinfeld, allora nella diocesi di Colonia (da cui dista sessanta chilometri), oggi in quella di Aachen. Per ragioni di studio dimorò alcuni anni nel monastero di Mariengaarde, in Olanda, fondato dal beato Federico. Tornato a Steinfeld, fu addetto al servizio del refettorio e poi alla sagrestia. Divenuto sacerdote premostratense in un anno indeterminato, esercitò spesso il suo ministero nei monasteri delle religiose cistercensi e premostratensi della sua regione. Infine, nel 1241 o 1252, in Quaresima, essendo andato a esercitare il suo ministero a Hoven, assalito dalla febbre alcuni giorni prima di Pasqua, rese l’anima a Dio il giovedì entro l’ottava. Sepolto ad Hoven, le sue reliquie, il martedì dopo Pentecoste, furono portate con una solenne processione in Steinfeld e deposte nella chiesa, dove ancor oggi sono devotamente conservate e venerate dai fedeli. E. si distinse per la sua tenera devozione verso il Bambino Gesù e verso la Vergine, che era solito invocare col nome di “Rosa”. Compose molti scritti, fra cui Orationes et gratiarum action; Commentarium in Cantica Canticorum; Officium S. Ursulae et Sociorum, ecc. La maggior parte di queste opere è andata perduta, ad eccezione di Duodecim gratiarum actiones e di Precula de quinque gaudiis B. M. V.. Il famosissimo inno Summi regis cor aveto in onore del Salvatore, si disputa se sia da attribuirsi a Ermanno Alcuni gliene attribuiscono la paternità, altri lo giudicano di Arnolfo di Lovanio. La storia del culto reso a Ermanno è descritta accuratamente nella Positio super casu excepto (Roma 1954, pp. 68-177). Già nel 1339 gli fu dedicata una chiesa in Ubbergen, allora nella diocesi di Colonia; nel 1628 fu compilato a Steinfeld il processo super fama sanctitatis; le sue reliquie erano esposte alla venerazione del popolo con indulgenze in occasione della sua festa; gli erano dedicati altari e cappelle; lo stesso Benedetto XIII, nel 1728, consacrò a Roma un altare e lo dedicò ad Ermanno. L'11 agosto 1958 fu pubblicato il decreto della S. Congregazione dei Riti con cui è stato confermato il culto a lui attribuito. Il 15 maggio 1960 la stessa Congregazione stabilì che Ermanno si può invocare come santo e che questo titolo può essere stampato nei calendari liturgici della diocesi di Aachen. La chiesa di Steinfeld, dove si conserva il corpo del santo, è stata dichiarata basilica minore. Con decreto del 7 gennaio 1961 è stato concesso che la sua festa si celebri in tutte le diocesi della Germania il 7 aprile. Read the full article
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La cappella di San Matteo nella Cattedrale di San Siro, uno dei sepolcri della famiglia Imperiali a Genova
di Mirko Belfiore
Incastonata fra la moderna via Cairoli e l’antica via San Luca, nel quartiere della Maddalena, trova sede uno dei più antichi templi cristiani della città di Genova: la Basilica di San Siro.
1. Basilica di San Siro, prospetto neoclassico di Carlo Barabino (XIX secolo)
Eretta, secondo la tradizione, intorno al IV secolo d.C. su un luogo di culto già dedicato ai Dodici Apostoli, fu la prima cattedra vescovile della città fino a quando la sede non venne spostata presso la Cattedrale di San Lorenzo (X secolo). Ospita le spoglie di uno dei santi più cari della tradizione cittadina: il vescovo San Siro (IV secolo) e leggenda vuole che lo stesso abbia scacciato da un pozzo il temibile “Basilisco”, una creatura mitologica che con la sua presenza atterriva i genovesi; metafora di quella lotta all’eresia ariana, allora imperante, che l’Episcopo intraprese durante il suo governo e che gli valse la riconoscenza dei suoi fedeli e l’intitolazione della suddetta chiesa.
2. Genova, Vico San Pietro della Porta, lapide marmorea che raffigura San Siro nell’atto di sottomettere il Basilisco, iscrizione latina del 1580
Superata la soglia dell’imponente portale d’ingresso neoclassico opera dell’architetto genovese Carlo Barabino, si viene subito catturati dalla complessità decorativa delle superfici, uno dei massimi esempi del Barocco genovese e frutto di una ricostruzione avvenuta dopo il terribile incendio del 1580.
3. Basilica di San Siro, navata principale
L’immenso ambiente scandito da una serie di imponenti colonne binate e suddiviso in tre navate, affascina non solo per la magnificenza della cupola e delle ampissime volte, rivestite da affreschi, stucchi e fregi, opera della bottega dei Carlone (1650-1670) ma anche per l’ampio presbiterio dove, in tutta la sua raffinatezza, si erge l’altare maggiore realizzato dal francese Pierre Puget (1670), realizzato in bronzo e marmo nero. Considerevole poi, la successione di cappelle nobiliari e imponenti statue di apostoli che si stagliano lungo i lati delle navate minori e che nel ricco corredo artistico portano la firma di famosi artisti della scena seicentesca genovese e non: Taddeo Carlone, Gregorio de Ferrari, Orazio de Ferrari, Orazio Gentileschi, Domenico Fiasella, Aurelio Lomi, Domenico Piola e Andrea Semino.
4. Basilica di San Siro, particolare della cupola con gli affreschi di Giovan Battista Carlone (1650-1670)
Queste molteplici tombe gentilizie erano riservate alle principali famiglie patrizie della città (Centurione, Grimaldi, Invrea, Lomellini, Pallavicini, Pinelli, Serra e Spinola), le quali contribuirono profumatamente alla decorazione artistica della Cattedrale, ricevendo in cambio l’assegnazione di questi spazi tramite un giuspatronato (sistema di privilegi e oneri concessi dall’autorità ecclesiastica).
5. Basilica di San Siro, particolare del presbiterio
6. Basilica di San Siro, altare maggiore di Pierre Puget (1670)
7. Basilica di San Siro, cappella gentilizia famiglia Grimaldi-Cebà, Annunciazione di Orazio Gentileschi (olio su tela, 1624).
Una di queste fu concessa nel 1599 alla famiglia Imperiale e divenne subito il luogo di sepoltura della dinastia. Fra i molti membri che quivi trovarono sepoltura ricordiamo: Gian Giacomo, facoltoso banchiere e Doge di Genova nel biennio 1617-1619, il figlio Gian Vincenzo, illustre collezionista e celebrato poeta, e Francesco Maria, Senatore della Repubblica e Doge nel biennio 1711-13.
8. Basilica di San Siro, cappella gentilizia della famiglia Imperiale
La cappella nobiliare, posta subito alla sinistra del varco d’accesso, si presenta come uno spazio non troppo ampio ma dall’ambientazione intima e raccolta. Essa è introdotta da una massiccia balaustra e da una coppia di imponenti colonne in marmo arabesco di Carrara, su cui poggia un architrave spezzato con mensole aggettanti, al centro del quale si inserisce lo stemma gentilizio della famiglia. L’intera superficie interna è rivestita da un diffuso rivestimento lapideo, caratterizzato da compositi intarsi marmorei che riprendono fedelmente gli stilemi baroccheggianti dell’edificio.
All’interno, altre due eleganti colonne corinzie in marmo nero di Portovenere sorreggono un imponente architrave spezzato, manufatto che trova solide basi su compatti parallelepipedi dalla bicromia B/N, collegati a un ampio altare in marmo. Nell’incavo creatosi, un piccolo podio accoglie uno dei tre putti posti in alto che insieme ai restanti due, posti ai lati, vanno a comporre un elegante gruppo statuario. Un pregevole motivo a dentelli decora sia l’architrave centrale che le mensole poste ai lati mentre alcuni fregi si diffondono su tutta la superficie emergendo sottoforma di cartigli, volute e arricci.
Sui profili angolari, il prospetto è scandito da una nicchia posta a mezza altezza, dove probabilmente trovava posto un’opera d’arte, e da un piccolo portale cieco inquadrato da greche e bassorilievi dalle linee sinuose.
L’intero paramento marmoreo fu messo in opera dagli artisti Battista Orsolino e Domenico Solaro mentre l’unica opera artistica presente, un olio su tela, venne realizzata nel 1605 dai fratelli Agostino e Giovanni Battista Montanari, i quali rappresentarono le concitate fasi del martirio di San Matteo, ucciso in terra etiope per mano di un sicario inviato dal re Irtaco. Ciò che più addolora è sicuramente la perdita senza possibilità alcuna di recupero degli affreschi e degli stucchi che impreziosivano la piccola volta a botte della cappella, opera dell’artista Bernardo Castello (primi decenni del XVII), molto attivo nelle commissioni della famiglia Imperiale. Questi realizzò una serie di riquadri con tematiche inerenti alle storie della “Sacra Famiglia”, irrimediabilmente danneggiati da una delle frequenti incursioni aeree intercorse durante la Seconda guerra mondiale e che sconvolsero Genova fra il 1940 e il 1945.
9. Basilica di San Siro, cappella gentilizia famiglia Imperiale, Martirio di San Matteo dei fratelli Agostino e Giovanni Battista Montanari (olio su tela, 1605)
10. Basilica di San Siro, cappella famiglia Imperiale, particolare della volta con affreschi sulla Sacra Famiglia di Bernardo Castello (XVIII secolo)
#Agostino Montanari#Andrea Semino#Aurelio Lomi#Battista Orsolino#Bernardo Castello#Carlo Barabino#Domenico Fiasella#Domenico Piola#Domenico Solaro#famiglia Imperiali#Giovanni Battista Montanari#Gregorio de Ferrari#Mirko Belfiore#Orazio de Ferrari#Orazio Gentileschi#Pierre Puget#Taddeo Carlone#Miscellanea#Spigolature Salentine
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SANT’AMBROGIO
Nome⚘: Sant’Ambrogio
Autore⚘: Fu fondata dal vescovo Ambrogio
Data⚘: Fu fondata nel 386 e poi modificata a partire dall’ottavo secolo.
Luogo⚘: Milano
Tecniche costruttive⚘: La pianta è longitudinale e l’interno è composto da tre navate, un altare e due absidi. La copertura è con volte a crociera, tra le più antiche ad essere usate per coprire spazi così ampi. Tutto ciò in presenza di costoloni, e possiamo notare le spinte verticali sostenute da archi ribassati. I mattono sono un motivo decorativo e non è presente un claristorio. Le spinte laterali sono sostenute dai matronei e anche le navate lateriali, che dunque convogliano il peso verso i contrafforti. L’altare è dietro in oro e argento con smalti e gemme e abbiamo gli sportelli per la reliquio. Davanti abbiamo la croce gemmata e dodici apostoli e simboli degli evangelisti. Troviamo Ambrogio e due monaci, Protasio e Gervasio, Cristo e Paolo e Pietro, San Benedetto e due monaci e Santa Scolastica e due monache.
Influenza⚘: La Basilica è un simbolo di riconquista e della concordia tra vescovo, mobilità urbana e borghesia nascente. Milano è infatti colpita dalla riforma ecclesiastica del 1046 ad opera di Gregorio VII. Infatti Milano era stata colpita dalle patarie, associazioni laiche contro la corruzione ecclesiastica. Questo è un modello seguito dalle altre chiese lombarde e la chiesa in stile romanico si rifà alla basilica paleocristiana. Inoltre sono mantenuti invariati larghezza, lunghezza e rapporti dimensionali delle navate. Il fulcro sacro è infatti la tomba di Sant’Ambrogio
Materiali⚘: abbiamo mattoni per le murature, pietra nei sostegni e elementi scultorei. Il materiale è povero e locale, e l’altare è in oro e le colonne in porfido rosso. La facciata prende decisamente spunto da un arco trionfale romano.
Funzione: è una Basilica, mentre nel quadriportico infatti erano svolte anche assemblee laiche e civili.
Decorazioni⚘: l’esterno ha mattoni come decorazioni e un tiburio. Nella facciata a campana abbiamo una loggia traforata a cinque arcate. All’interno abbiamo un altare in oro a sbalzo e un mosaico absidale. C’è inoltre una rappresentazione dell’incoronazione di Volvimio, l’autore dell’altare da parte di Ambrogio. Abbiamo un pulpito del 1200 in pietra marmorea e con il sarcofago di Stilicone. Abbiamo le navate laterali buie e nella navata centrale abbiamo invece una luce graduale che si riflette sull’oro e sui mosaici. Infatti c’è la concezione che più un ambiente è luminoso più è sacro.
SANTA SOFIA
Nome: Santa Sofia
Data: 350-357
Autore: Antemio di Tralle, Isidoro di Mileto
Luogo: Istanbul, Turchia
Contesto originale: Questa Basilica è dedicata alla Sophia, ossia la sapienza di Dio, e dal 537 al 1453 l'edificio fu cattedrale Greco-cattolica e poi ortodossa e sede del Patriarcato di Costantinopoli, mentre per un breve periodo fu convertita dai crociati a cattedrale cattolica di rito romano. Divenne poi moschea ottomana nel 1453 e tale rimase fino al 1931. Fu successivamente sconsacrata e nel 1935 divenne un museo.
Scelte stilistiche: La basilica di Santa Sofia è uno dei più grandi esempi superstiti dell’architettura bizantina. Il tempio stesso era così riccamente e artisticamente decorato, che Giustiniano affermò di aver dunque superato Salomone. Giustiniano stesso curò la realizzazione della cattedrale, la più grande mai costruita fino a quel momento e per i quasi 1000 anni successivi, fino alla realizzazione della Cattedrale di Siviglia. La basilica voluta da Giustiniano è al tempo stesso la realizzazione architettonica culmine della tarda antichità e il primo capolavoro dell'architettura bizantina. Influenzò molto la costruzione della chiesa di San Vitale.
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di GIANCARLO LUPO ♦
Alla scoperta dei Hmong, terza parte
Mi alzo un po’ di volte con la lampada elettrica per uscire all’aperto, sotto il cielo stellato, a pisciare. Sento un ululìo di cani, un ronzio lontano, poi nessun rumore.
Torno a letto e dormo, nonostante fetore e sporcizia mai visti prima.
Sveglia alle sei, Jessica dorme, mr. Lee si è alzato e armeggia nella polvere.
Un’aura lattiginosa persa nel tempo, i bambini bellissimi, in abiti laceri, a piedi nudi, sporchi, giocano nel chiarore mattutino, come se fossero i padroni di un mondo in disfacimento: avvallamenti del terreno su cui scorre piscio di animali, rifiuti, cartacce sospinte dal vento, mucchietti ben distinti di escrementi umani. I bambini comunque ridono, si tuffano nei fiumi della foresta, nuotando con le sanguisughe, salgono sugli alberi assaporando libertà, cacciano animali come i “grandi” e vivono, come se questo non dovesse mai finire. Eppure a 12 anni l’infanzia ha termine e loro si accorgono di popolare un mondo dimenticato dalla storia, in rovina, e sono già pronti a entrare nell’età adulta e a rompersi la schiena sui campi di riso.
Facciamo colazione con pane schifoso, marmellata schifosa, caffè schifoso, mentre il padrone di casa, accovacciato a torso nudo, con un sarong a coprirgli le gambe, fuma oppio dal tubo di bambù.
Salutiamo. Do una parte delle penne alla donna di casa per ringraziarla dell’ospitalità, ne do direttamente una a un bambino che guarda diffidente, avrebbe preferito l’iPad.
Oltre il villaggio è di nuovo foresta. Con me porto i soliti sei litri di acqua che la nostra guida ha bollito la sera prima e ha infilato nelle stesse bottiglie.
Mr. Lee indica un punto lontano, oltre i monti, la nostra meta finale: in tutto dobbiamo percorrere 42 km, molto faticosi perché sono sempre discese e salite. La guida, munito di un’accetta, taglia pezzi di bambù e ci fabbrica due solidi bastoni da passeggio.
Per sentieri ripidi, passiamo oltre il fiume Wai Tia, scivolando sopra le rocce che affiorano dall’acqua. Mentre risaliamo sento un pizzicore alla base della gamba. Un verme nero aderisce perfettamente alla mia pelle, è la prima volta che mi capita. Chiedo a mr. Lee cosa fare per staccare la sanguisuga. Lui prende il mio repellente per zanzare e con un semplice spruzzo la sanguisuga si stacca, avvelenata, mentre una scia di sangue cola sul mio piede. Risaliamo verso macchie e foreste sempre più intricate. La guida taglia i bambù per renderci più agevole il passaggio.
Alle dodici facciamo una sosta per mangiare riso e verdure con un cucchiaio minuscolo. Ricominciamo a camminare sotto il sole che filtra tra i rami. Caldo, ma meno del giorno prima. Panorami mozzafiato su vallate e montagne di verde, con nuvole in lontananza. A un certo punto, le nuvole nere, che avevano minacciato pioggia all’orizzonte, scaricano. L’argilla rossa diventa poltiglia fangosa.
Fortunatamente per le due arriviamo, a 1200 metri di altezza, nel villaggio Bok Quai (piscina per i bufali). Qui vivono 400 persone, è molto grande. La capanna è simile a quella del giorno prima. In un angolo c’è una specie di altare, perché la casa che ci ospita è dello sciamano. Gli sciamani sono più medici che uomini di religione, curano le persone e ci si rivolge a loro solo quando qualcuno sta male.
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Mentre gioco coi bambini mi accorgo che un’altra sanguisuga nel piede si avvita su sé stessa prima di aderire alla pelle e si attacca. Quando la tolgo inizio di nuovo a sanguinare, mr. Lee mi dà due cerotti, ma il sangue non si arresta. La guida spiega il trucco per guadare i fiumi senza essere martoriati dalle mignatte, mi mostra i suoi pantaloni, abboccati fin sopra il ginocchio. Cammina in ciabatte, guada i fiumi e in questo modo si rende subito conto se qualche sanguisuga si attacca alla pelle; il vermetto nero e lungo, infatti, non morde subito, così lui ha tutto il tempo di toglierlo.
Non possiamo uscire perché piove troppo forte e siamo inzaccherati di fango.
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Vedo un tizio fuori, nudo, che si lava sotto la pioggia. Una vecchia sorride in un angolo della capanna. È la madre dello sciamano. Chiedo a mr. Lee di sapere quanti anni ha. 70 o 80 anni, non ricorda, il momento della nascita non è importante per loro. Anche la nostra guida non sa in che giorno è nato.
Un nipote, uno dei 13 figli dello sciamano, arriva baldanzoso, avrà 15 o 16 anni.
Tira fuori da una sacca alcuni volatili che ha cacciato. I bimbi eccitati giocano con quelli, come fossero bambole, prendendo i volatili per le ali e simulando combattimenti. Dopo poco il gioco finisce. La nonna spenna i chicken forest, come li chiama mr. Lee, e li cucina dentro pentole lerce. Usciamo fuori, in un momento di sereno, e andiamo in una capanna vicina, uguale a tutte le altre, dove c’è l’unico negozio del villaggio. Non ci sono mobili, tranne il letto di bambù su cui, in fondo, sono stese una mamma e una bambina. Jessica prende una coca cola da uno stipetto, io compro una bibita zuccherosa, che bevono i lottatori di muay lao, una specie di gatorade. Nel villaggio si vedono alcune capanne con pannelli solari installati sul tetto. C’è energia elettrica, non sempre e non per tutto però. Infatti non riesco a caricare il cellulare, si blocca.
Alle 4 lo sciamano sorridente ci invita a mangiare con loro. Si preparano due tavolinetti minuscoli, per adulti e per bambini. Mangiamo riso e ossa di volatile in un brodino dal colore grigio poco invitante. In una tazzina a parte un macinato di peperoncino molto piccante, tanto da farmi lacrimare. Lo sciamano mangia a quest’ora perché deve visitare un po’ di malati. Noi mangeremo di nuovo alle sei. Appena finiamo lo sciamano si alza e, dall’altare poverissimo nell’edicola, prende gli abiti sacri, ovvero qualche striscia di telo blu e un vestito nero.
Mr. Lee ripete che loro pregano solo quando qualcuno sta male. I centri di cura buddisti, cristiani e animisti sono solo a Luang Prabang. Mr. Lee è diventato cristiano quando sua moglie stava molto male e rischiava la vita. Allora aveva prima provato a portarla in un tempio buddista, in seguito aveva interpellato uno sciamano, infine, dopo esser stato in chiesa, la donna si era sentita meglio. Non aveva pensato di portarla da un dottore, costano troppo. I hmong celebrano la festa del nuovo anno il 24 dicembre, uccidendo un maiale e bevendo lao whisky.
Riposiamo un po’ mentre fuori continua a piovere. Per le sei mangiamo di nuovo, una scatoletta di tonno in salsa abbastanza schifosa, che cucina mr. Lee, vantandosene, come fosse la sua specialità.
6 luglio 2014
Durante la notte dormo poco perché sento abbaiare i cani (per difendere gli altri animali dai predatori oppure per difendere sé stessi dai hmong) o la pioggia battente.
La mattina sveglia alle sei. Umido in giro, tutto avvolto nella pioggia. I panni stesi fuori sono ancora fradici. Provo ad asciugarli vicino al fuoco, ma si affumicano e basta, rimanendo umidi. Facciamo colazione, intirizziti, con caffè schifoso e con gli avanzi del giorno prima, tonno sugo e riso. Mr. Lee è veramente convinto che sia una prelibatezza. Jessica ne lascia una buona parte, io mi sforzo per gentilezza, ma è veramente pessimo. Per le 8 partiamo. Regalo il resto delle penne allo sciamano che sorride. Prima di uscire dal villaggio passiamo dall’unico edificio in muratura, con un enorme cortile: la scuola.
Il sentiero è largo, di terra rossa e fango. Ci sarebbero solo tre ore di cammino, ma ne impiegheremo di più, a causa del fango. Nuvole e foschia avvolgono tutto nella solita atmosfera irreale. Fortunatamente non piove a dirotto, solo qualche goccia ogni tanto.
Mr. Lee dice che di solito alcuni trekker percorrono gli ultimi metri a marcia indietro perché i piedi fanno male, visto che la strada, piena di dossi e buche, è in discesa. Al terzo giorno ho solo tre bottiglie di acqua imbevibile che sa di plastica a furia di bollirla ogni sera. Ne sputo una buona parte.
Comincia a piovere forte, ma arriviamo all’Haskin village, dove vivono 391 persone, verso le 11 e 30. È un villaggio moderno, sullo stradone, c’è luce elettrica e un baracchino degno di questo nome, dove ci fermiamo a mangiare una zuppa con uova e noodles. Accanto a noi una famiglia: madre, padre e un bimbo malato. Sono appena andati in ospedale e ora il bimbo sta bene. Finiscono di mangiare e salgono di nuovo al villaggio carichi di roba.
Domando a mr. Lee come e dove seppelliscono i loro cari. Mi risponde che ci sono punti nel villaggio riconoscibili, perché sopra ci sono mucchi di pietre, per ricordare. Gli dico che non mi è sembrato di averne visti, mi risponde che per noi è più difficile farci caso, perché sembrano pietre messe in disordine.
Dopo poco tempo arriva il furgone, per riportarci a Luang Prabang.
7 luglio 2014
GIANCARLO LUPO
SULLE ORME DI SAM PECK – LAOS (PARTE – 3) di GIANCARLO LUPO ♦ Alla scoperta dei Hmong, terza parte Mi alzo un po' di volte con la lampada elettrica per uscire all’aperto, sotto il cielo stellato, a pisciare.
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SAO Alicization: War of Underworld - Ep 15 - Tumulto
IN ITALIA L'ANIME E' DISPONIBILE SULLA PIATTAFORMA GRATUITA VVVVID! SUPPORTIAMOLA! -> https://www.vvvvid.it/show/892/sword-art-online-alicization-war-of-underworld/1474/542945/tumulto
La puntata si apre benissimo perchè fanno vedere la mia Sinon che sorvola le terre desertiche diretta a sud, in cerca di Alice e dell'imperatore. Arriva però tardi, ed anche lei se ne accorge, perchè ha già fatto tutto Bercoulli, ed ora Alice ed i due draghi arrivati con lui lo stanno piangendo. Alice, che riconosce all'istante Sinon come una persona del mondo reale, le chiede com'è la situazione con l'armata rossa, e Sinon le risponde che si stanno difendendo bene. Ma non c'è tempo da perdere, Alice deve al più presto dirigersi a sud, al World End Altar, dove troverà un pannello che le permetterà di uscire nel mondo reale. Ma che fretta c'è scusa, l'imperatore è morto, prima vado a dare una mano all'esercito e poi si parla di altari. Eh no, mia cara Alice, le dice Sinon un po' incerta (come cavolo glielo spieghi il meccanismo del respawn ad una che in quella realtà ci vive?), perchè per chi viene dal mondo reale la morte in Underworld non è proprio definitiva, e possono impersonare un'altra entità e ricomparire come se nulla fosse, e poi mi pare anche logico, è il cattivone, ce lo dobbiamo portare fino alla fine e deve essere distrutto dal protagonista, che è sto buonismo che ora un personaggio secondario qualunque mi ammazza l'antagonista? Quindi mi dispiace ma finchè non si sveglia Kirito che nessuno tocchi Miller. O quanto meno che nessuno lo uccida.
Alice la prende di certo maluccio, sapendo che Bercoulli ci è morto mentre quel farabutto tra un po' ricompare bello fresco e pettinato, ma Sinon le dice che per loro che vengono dal mondo reale non è una finzione, le ferite che si procurano sono vere, le ferite che Kirito porta sono reali, e se l'è procurate per permettere ad Alice di compiere questa missione. Ci ha infilato dentro anche il fatto che le piace Kirito, del tutto non richiesto, potevi anche evitare visto che quello è più che felicemente fidanzato. Ma che vuoi, senza l'harem non andiamo avanti, va bene il protagonista, l'antagonista, la guerra, i nemici, i cavalieri, la magia, ma senza harem signori miei qua chiudiamo tutto. E così Sinon convince Alice a rotolare verso sud sopra un'onda stanca che la tira su; lei rimarrà su quel pizzo sperduto poichè è possibile che Miller respawni proprio lì.
Ci spostiamo in un altro punto, dove i pugilisti stanno combattendo contro l'armata rossa. Campione è stremato, e guardandosi intorno vede tutti i suoi compagni morti o stremati quanto lui che cominciano a non farcela più. Poco distante vede Scheta che ancora combatte nonostante sia stanca anche lei. Ma a lei non importa della battaglia, pensa ai fatti suoi, si chiede come mai non abbia voglia di tagliare quel giovane pugilista, lei che ha sempre e solo voluto tagliare roba, adesso con Campione questo desiderio non le viene manco a pagarlo. Dopo aver ucciso un altro cavaliere rosso la sua spada la saluta del tutto e si sbriciola, noooooo, dovevi farmi vedere il tuo rilascio prima, non ci sono più le spade sacre di una volta. Scheta si avvicina a Campione, e lui le dice che gli dispiace per la sua spada, si mortifica, le chiede scusa per aver permesso che le si rompesse l'arma, ma Scheta gli risponde che va bene così, era giusto che la spada si frantumasse, poichè è arrivata a capire ed a distruggere la sua maledizione, dopo aver passato tutti questi anni a voler tagliare, tutto ciò e servito a trovare qualcosa che invece avesse voglia di lasciare integro e di proteggere, cioè lui. Aawww sì sto piangendo. I due si abbracciano e fantasticano su come sarebbe stato un loro figlio se fossero campati fino ad averne, ma le probabilità di sopravvivere alla successiva armata rossa scendono vertiginosamente dato che sono rimasti in dodici più o meno.
Fra le rovine dove si è rifugiato l'esercito degli umani intanto si rilassano, bevono birra, conversano amabilmente, chiacchierano del più e del meno, dato che dei cavalieri rossi si stanno occupando i personaggi secondari provenienti da Aincrad. Ma Asuna scorge un figuro incappucciato, ed anche Klein l'ha riconosciuto con terrore, era il leader della Laughin Coffin (che nome figlio mio, Bara che ride), che noi sappiamo essere Vassago. Dietro di lui arrivano ancora cavalieri rossi, non si contano più, sono infiniti, ma che succede? Credo che anche questo faccia parte del piano di Miller, dopo il dive degli americani, adesso hanno diffuso la notizia che il test di un videogioco sia stato hackerato dai giapponesi che hanno fatto fuori tutti i beta tester ed adesso ne hanno preso il controllo. Dunque chiedono volontari per combattere questi cattivoni dei giapponesi, e dalla Cina e Corea tutti stanno rispondendo alla chiamata. Vassago gli fa pure il discorso da generale, e senza indugi li manda tutti contro quei poveretti degli umani che cominciano a non farcela più. Anche Asuna comincia ad accusare qualche colpo dovuto alla stanchezza, difficile dire se continuando così ce la faranno a resistere.
Intanto nel punto dove è rimasta Sinon compare una melma nera, uno schifo proprio che solo a guardarlo viene il vomito, e dal centro della pozza si presenta Miller, con le vesti però di Gun Gale Online, e col solito sguardo disgustoso, mentre fissa Sinon come se gli avessero appena portato il suo piatto preferito. Ed ora naturalmente capiamo anche il flash di Shino in cui il farabutto la prendeva per il collo e diceva di volere la sua anima. La ragazza è giustamente terrorizzata, ho molta paura anche io perchè okay che ora sei Solus, ma quello è il vuoto fatto persona, già che lei sia più abile nel combattimento a distanza mi rincuora un pochino ma Miller ha dimostrato di non aver bisogno del contatto per fare danni, anche se quella era la tenuta da imperatore, questo qui è il suo avatar personale, sarà più potente che mai. Sulla Ocean Turtle intanto Higa e il tecnico che si è offerto di accompagnarlo sono scesi nei canali di manutenzione, mentre al piano di sopra hanno sguinzagliato il robot per fare da diversivo ed Higa è riuscito a localizzare dal pc le varie fluctlight di Kirito e delle ragazze; ma non arriva a fare altro perchè il tecnico che è con lui gli punta una pistola contro. E basta però, nemici ovunque, nel gioco, fuori, nel team, fuori dal team...aspetta, non è che è questo tecnico che ha a che fare con il sigillo dell'occhio destro dei personaggi di Underworld e col famoso codice 871? Vedremo. Nel frattempo, cavolo videogiocatori, accorgetevi che è tutta una montatura e che quei poveretti dei giapponesi non ce l'hanno con voi! Ma soprattutto qualcuno vada ad aiutare Scheta e Campione, che sono rimasti da soli! Vi prego, ho bisogno di vederli amoreggiare! Alla prossima! -sand-
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Mercoledì 10 Giugno 2020 : Primo libro dei Re 18,20-39.
In quei giorni, Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte Carmelo. Elia si accostò a tutto il popolo e disse: "Fino a quando zoppicherete con i due piedi? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!". Il popolo non gli rispose nulla. Elia aggiunse al popolo: "Sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Dateci due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l'altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Voi invocherete il nome del vostro dio e io invocherò quello del Signore. La divinità che risponderà concedendo il fuoco è Dio!". Tutto il popolo rispose: "La proposta è buona!". Elia disse ai profeti di Baal: "Sceglietevi il giovenco e cominciate voi perché siete più numerosi. Invocate il nome del vostro Dio, ma senza appiccare il fuoco". Quelli presero il giovenco, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: "Baal, rispondici!". Ma non si sentiva un alito, né una risposta. Quelli continuavano a saltare intorno all'altare che avevano eretto. Essendo già mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo: "Gridate con voce più alta, perché egli è un dio! Forse è soprappensiero oppure indaffarato o in viaggio; caso mai fosse addormentato, si sveglierà". Gridarono a voce più forte e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agivano da invasati ed era venuto il momento in cui si sogliono offrire i sacrifici, ma non si sentiva alcuna voce né una risposta né un segno di attenzione. Elia disse a tutto il popolo: "Avvicinatevi!". Tutti si avvicinarono. Si sistemò di nuovo l'altare del Signore che era stato demolito. Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei discendenti di Giacobbe, al quale il Signore aveva detto: "Israele sarà il tuo nome". Con le pietre eresse un altare al Signore; scavò intorno un canaletto, capace di contenere due misure di seme. Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna. Quindi disse: "Riempite quattro brocche d'acqua e versatele sull'olocausto e sulla legna!". Ed essi lo fecero. Egli disse: "Fatelo di nuovo!". Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: "Per la terza volta!". Lo fecero per la terza volta. L'acqua scorreva intorno all'altare; anche il canaletto si riempì d'acqua. Al momento dell'offerta si avvicinò il profeta Elia e disse: "Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose per tuo comando. Rispondimi, Signore, rispondimi e questo popolo sappia che tu sei il Signore Dio e che converti il loro cuore!". Cadde il fuoco del Signore e consumò l'olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l'acqua del canaletto. A tal vista, tutti si prostrarono a terra ed esclamarono: "Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!".
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Jodie Foster: 10 cose che non sai sull’attrice
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/jodie-foster-10-cose-che-non-sai-sullattrice/
Jodie Foster: 10 cose che non sai sull’attrice
Jodie Foster: 10 cose che non sai sull’attrice
Jodie Foster: 10 cose che non sai sull’attrice
Jodie Foster è una di quelle attrici che ha fatto la storia del cinema mondiale grazie alle sue incredibili, quanto incisive interpretazioni. L’attrice, che ha iniziato a recitare sin dalla più tenera età, è entrata sin da subito nel cuore degli spettatori e ha dimostrato di essere molto in gamba anche in altri campi, come la regia e la produzione.
Ecco dieci cose da sapere su Jodie Foster.
Jodie Foster film
1. I film e la carriera. L’attrice ha iniziato a recitare per il grande schermo nel 1972, anno di debutto con il film Due ragazzi e un leone. In seguito, ha preso parte a film come Tom Sawyer (1973), Alice non abita più qui (1974), Taxi Driver (1976), Tutto accadde un venerdì (1976), Carny un corpo per due uomini (1980), Il sentiero dei ricordi (1988), Ore contate (1989) e Il silenzio degli innocenti (1991). La sua carriera, prosegue con i film Maverick (1994), Contact (1997), Panic Room (2002), Inside Man (2006), Il buio nell’anima (2007) e Alla ricerca dell’isola di Nim (2008). Tra le sue ultime apparizioni cinematografiche, si citano Mr. Beaver (2011), Carnage (2011), Elysium (2013) e Hotel Artemis (2018).
2. Ha lavorato in molte serie tv. Ben prima della sua esperienza cinematografica, Foster aveva già lavorato nel mondo della recitazione in ambito seriale. Infatti, il suo debutto nel mondo della recitazione è avvenuto nel 1969 con The Doris Day Show, per poi continuare ad apparire in serie come La tata e il professore (1970), Disneyland (1970), Una moglie per papà (1969-1971), Bonanza (1972), Io e i miei tre figli (1971-1972), Love Story (1973) e Paper Moon (1974).
3. È anche doppiatrice, produttrice e regista. Nel corso della sua carriera, l’attrice ha prestato diverse volte la propria voce per il doppiaggio di alcune serie tv come The New Scooby-Doo Movies (1972), Charlie Chan (1972), The Addams Family (1973), Frasier (1996), X-Files (1997) e I Simpson (2009). In quanto produttrice, ha partecipato alla lavorazione dei film Presunta assassina, Nell (1994), Una decisione sofferta (1998), Walking the Dead (2000), The Dangerous Lives of Altar Boys (2002), Il buio nell’anima (2007) e Be Natural: The Untold Story of Alice Guy-Blaché (2018). In qualità di regista, invece, ha lavorato alla regia dei film Il mio piccolo genio (1991), Mr. Beaver e Money Monster – L’altra faccia del denaro (2016) e di alcuni episodi delle serie Un salto nel buio (1988), House of Cards – Gli intrighi del potere (2014), Orange Is the New Black (2013-2014) e Black Mirror (2017). Inoltre, ha diretto e prodotto il film A casa per le vacanze (1995).
Jodie Foster Taxi Driver
4. Ha avuto l’aiuto della sorella. L’attrice, al momento di girare il film, aveva solo dodici anni e non poteva girare le scene più esplicite. Così, Connie Foster, sua sorella maggiore che a quel tempo aveva 19 anni, venne scelta per girare quel tipo di scene al posto di Jodie.
5. Ha battuto una bella concorrenza. Prima che l’attrice venne scelta per interpretare Iris, la giovane prostituta del film, erano state considerate altri attrici, tra cui Carrie Fisher, Rosanna Arquette e Michelle Pfeiffer.
Jodie Foster sposata
6. È sposata da qualche anno. L’attrice si è sposata per la prima volta a cinquantadue anni, nel 2014, con l’attrice e fotografa Alexandra Hedison, dopo essersi conosciute nel 2013, lo stesso anno in cui ha fatto coming out una volta per tutte durante i Golden Globe. In passato, ha avuto relazioni con Tina Landau, con cui si è frequentata per un breve periodo durante il college, e con la produttrice cinematografica Cydney Bernard: le due anno avuta una lunga relazione, durata dal 1993 al 2007.
Jodie Foster figli
7. È madre di due figli. L’attrice è diventata madre di due maschi: Charles, nato nel luglio del 1998, e Kit, nato nel settembre del 2001. Non è mai stato rivelato il nome del padre dei due figli, ma sono state molte le speculazioni che affermavano che il padre fosse Mel Gibson. Le voci si sono fatti insistenti dato che loro due sono molto amici da tantissimi anni che l’attore si stato spesso al fianco dei figli di lei.
Jodie Foster Il silenzio degli innocenti
8. È rimasta colpita dall’improvvisazione di Hopkins. L’attrice ha affermato che durante il primo incontro tra Lecter e Starling, la presa in giro del suo accento meridionale da parte di Anthony Hopkins è stata improvvisata mentre giravano. La reazione orripilata dell’attrici era genuina, perché si era sentita personalmente attaccata. In seguito, ha ringrazio il collega per generato in lei una reazione così vera.
9. Ha fatto ricerche per costruire il suo personaggio. L’attrice, oltre a consultare diversi libri, ha trascorso molto tempo con l’agente dell’FBI Mary Ann Krause prima delle riprese. Grazie a lei, infatti, Foster ha potuto osservare i pro e i contro del loro lavoro, nonché le vari sfumature comprese e le emozioni suscitate.
Jodie Foster: età e altezza
10. Jodie Foster è nata il 19 novembre del 1962 a Los Angeles, in California, e la sua altezza complessiva corrisponde a 160 centimetri.
Fonti: IMDb, Ranker
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Jodie Foster: 10 cose che non sai sull’attrice
Jodie Foster è una di quelle attrici che ha fatto la storia del cinema mondiale grazie alle sue incredibili, quanto incisive interpretazioni. L’attrice, che ha iniziato a recitare sin dalla più tenera età, è entrata sin da subito nel cuore degli spettatori e ha dimostrato di essere molto in gamba anche in altri campi, come […]
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Mara Siviero
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Roma: le Chiese e le Basiliche
Roma, in quanto città simbolo del cattolicesimo nel mondo grazie alla presenza sul suo territorio dello Stato Vaticano, è ricca di chiese e basiliche. Se non hai letto il mio articolo sul Vaticano ti consiglio di farlo subito. Di seguito ti elencherò tutte le più importanti chiese di Roma, sia quelle in stile romanico che quelle in stile gotico. Tracceremo insieme una mappa virtuale delle chiese e basiliche romane, in un tour di arte e storia religiosa veramente interessante, soprattutto se ami quest’argomento. A Roma non ci sono solo le chiese importanti, che di sicuro conoscerai già o avrai senz’altro sentito nominare, ma anche molte chiese nascoste di una bellezza emozionale disarmante. Tra poco le scopriremo insieme, così da fornirti un itinerario preciso su un eventuale percorso alla scoperta delle chiese e delle basiliche di Roma. Hai mai sentito nominare la Sagrada Familia? È la più importante chiesa spagnola. Potremmo paragonarla alla nostra San Pietro, per maestosità, ricchezza di dettagli artistici e importanza religiosa. San Pietro è infatti la Basilica di Città del Vaticano, quella dalla quale Papa Francesco parla ai suoi fedeli durante le sue omelie domenicali. Ho scritto un articolo molto interessante sul nostro Papa, ti invito a leggerlo, per conoscerlo meglio e per scoprire come mai è stato scelto per rappresentare la Chiesa Cattolica nel mondo. Cominciamo il nostro viaggio attraverso le strade di Roma, alla ricerca e alla scoperta delle più interessanti chiese e basiliche? Sei pronto a scoprire quali meraviglie celano queste strutture religiose così importanti per un paese fortemente cattolico come l’Italia? Allora non perdiamo altro tempo ed entriamo immediatamente nel vivo del discorso! (adsbygoogle = window.adsbygoogle || ).push({});
Indice
Le Basiliche papali di Roma Le più belle Chiese romaniche di Roma Le Chiese gotiche più importanti di Roma Le Chiese di Roma nascoste e sconosciute
Le Basiliche papali di Roma
Parlando di basiliche romane, un trafiletto a parte lo merita certamente la Basilica di San Pietro, ubicata nella piazza principale di Città del Vaticano. San Pietro è la sede principale dell’operato del Papa. Nella sua cappella, la Cappella Sistina affrescata dal Buonarroti e riconosciuta come meraviglia imprescindibile e di valore inestimabile a livello mondiale, si svolgono le assemblee più importanti e i conclave per eleggere il Papa. Se sei a Roma in vacanza non puoi esimerti dal visitare San Pietro: è una delle più maestose, imponenti e belle basiliche di tutto il mondo. Non è la sola, però. Ecco l’elenco delle altre tre basiliche papali di Roma. Basilica di San Giovanni in Laterano o Arcibasilica Lateranense Il suo nome completo è “Arcibasilica papale del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista in Laterano” ed è attualmente coordinata da Papa Francesco e dal Cardinale De Donatis. È la più antica basilica mai costruita in occidente ed è inserita in un contesto strutturale che composto dal Palazzo Pontificio, dall’Università Pontificia, dal Seminario e dai Palazzi della Canonica. È stata insignita del titolo “madre di tutte le chiese del mondo”. La basilica risale al IV secolo, sotto il regno di Nerone. Ai tempi era una mastodontica struttura molto semplice. Nel corso dei secoli è stata modificata e arricchita. Le fattezze odierne le prende in epoca barocca. La basilica è caratterizzata da una navata con ai lati dodici nicchie monumentali, in ognuna delle quali c’è una statua sacra di rara bellezza e prestigio. La facciata principale è opera di Galilei mentre quella a nord, preceduta da un ampio poggiolo a loggia, è del Fontana. Le quattro navate a cupola, si raggruppano attorno a quella principale, con soffitto a cassettoni. L’abside è dedicata a Papa Leone, che tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 lo fece ristrutturare. San Paolo Fuori le Mura o Basilica Ostiense Si trova appena fuori dalle mura aureliane, sul Lungotevere sinistro. Sul territorio dove oggi sorge San Paolo Fuori le Mura prima c’era un cimitero. I Santi Pietro e Paolo sarebbero morti in seguito a uno dei grandi incendi appiccati da Nerone e seppelliti a cielo aperto proprio in questo cimitero, sul quale oggi sorge la basilica papale. La ricostruzione e ristrutturazione dell’antica San Paolo Fuori le Mura si deve a Papa Leone XIII e avvenne nel primo trentennio del 1800. L’architetto che si è occupato del progetto è Luigi Poletti, che ha ripristinato il quadriportico. A fine 1800 furono completati i mosaici e sostituite le vetrate con lastre di finissimo alabastro. Questo in seguito allo scoppio della polveriera del Forte Portuense del 1891. Basilica di Santa Maria Maggiore o nome completo è “Papale Arcibasilica Maggiore Arcipretale Liberiana di Santa Maria Maggiore” ed è l’ultima delle quattro basiliche papali di Roma. Si trova nel rione Monti. Non sei molto ferrato sui quartieri e sui rioni della Capitale? Leggi il mio articolo a riguardo e ti sembrerà tutto molto più semplice. Santa Maria Maggiore ha conservato l’antica struttura architettonica paleocristiana, caratterizzata da linee squadrare, semplici e pulite. Si tratta di una basilica antichissima, sorta nel 360 d.C. per volere di Papa Libero e ristrutturata in seguito da Sisto III. La basilica ha tre navate e una delle sue caratteristiche più belle sono gli splendidi mosaici collocati sotto i finestroni. Risalgono all’epoca sistina e, per colori e sfumature, si collocano perfettamente in questo periodo artistico. Inoltre, nella basilica è custodito il grande organo, opera dei Mascioni. È stato commissionato da Papa Pio XII nel 1955.
Le più belle Chiese romaniche di Roma
Le tantissime chiese di Roma si suddividono principalmente in due stili architettonici: romaniche e gotiche. Di seguito ti parlerò delle chiese in stile romanico poi, nel paragrafo successivo, affronteremo quello gotico. “Sant’Angela dei Goti” Si trova nel rione Monti, ed è un esempio di chiesa romanica ristrutturata con dettagli barocchi. Si trova a ridosso di un Convento, di proprietà dei Frati Stimmatini. Vi si accede tramite un piccolo chiostro semi-nascosto e ci si trova avvolti da rosso e oro, i due colori sì clericali ma anche tipici dello stile barocco. Splendido l’organo a parete, incastonato in una nicchia tridimensionale a balconata candida, valorizzato da una cornice di colonnine auree. “San Nicola in Carcere” In via del Teatro di Marcello. Una chiesa medievale che infatti ha le fattezze tipiche del periodo, squadrate, dure, lineari. Anche l’interno si contestualizza nella stessa filosofia artistica, con la navata percorsa da grandi colonne equidistanti in pietra e panche in legno semplici e rudimentali. Bellissimo il soffitto a cassettoni, dai colori sgargianti che creano giochi di luce ed atmosfere molto particolari. “San Giorgio in Velabro” Situata in via Velabro 19. La chiesa risale al lontano 685 ed è un esempio classico di architettura paleocristiana. Molto semplice, caratterizzata da colonne. Molto bella la piccola cappella che sovrasta l’altare, affrescata in stile sistino. “San Giovanni a Porta Latina” Una chiesa romanica che si trova appunto in Via Porta Latina. Una piccola chiesa medievale, dagli esterni rudimentali e squadrati ma che sorprende per l’atmosfera romantica, luminosa e ricca di pathos che regala all’interno. Le grandi finestre ad arco che circondano la nicchia dell’altare fanno filtrare la luce che, rimbalzando sugli affreschio della cappella, creano giochi cromatici meravigliosi e suggestivi. “Santa Maria in Cappella” Sita in Vicolo di Santa Maria Cappella a Trastevere. Antichissima e molto semplice, sia nella facciata in muratura, senza alcun decoro di pregio o di spicco, sia negli interni rudimentali e quasi freddi. Visitarla è un’esperienza molto particolare perché vi si respira la vera essenza del cattolicesimo e dei valori cristiani di povertà, umiltà e poco sfarzo (adsbygoogle = window.adsbygoogle || ).push({}); “Santa Maria in Cosmedin” In Piazza Bocca della Verità. Si contraddistingue per la struttura tipicamente romanica, con l’ingresso a colonnato. La navata è valorizzata da archi a volta ripetuti, in una sequenza che la rende ordinata e logica, così come volevano i dettami dell’arte romanica pura. “Santa Balbina all’Aventino” In Piazza di Santa Balbina. Bellissima la strada in salita, moderna, che si deve percorrere a piedi per poter accedere alla basilica. Balbina, la Santa a cui è dedicata, è una martire italiana. Gli interni della chiesa sono stupendamente decorati con affreschi e dettagli aurei. “San Benedetto in Piscinula” In Piazza in Piscinula, piccola e semplicissima, racchiude nei suoi arredi poveri tutti i concetti basici della dottrina cattolica. I colonnati interni finiscono in volte in muratura e rappresentano un bellissimo esempio di arte romanica. “Basilica Santi Cosma e Damiano” In Via dei Fori Imperiali. Un esempio d’arte paleocristiana che si avvicina già all’epoca romanica. Ad esempio, la grande volta che separa l’altare dalla platea è un riferimento importantissimo alle regole architettoniche romaniche. Splendido l’affresco che avvolge il grande e ricco altare che, dopo la ristrutturazione, ha preso un aspetto molto barocco e sfarzoso, in netto contrasto con la struttura architettonica semplice e basilica. Splendidi esempi di arte religiosa romanica anche la “Basilica di Santa Francesca Romana”, conosciuta per un’antica leggenda che sostiene che le donne in cerca di una gravidanza debbano sedersi sullo scranno appartenuto alla Santa e la basilica di “Santa Maria in Domnica.”
Le Chiese gotiche più importanti di Roma
(adsbygoogle = window.adsbygoogle || ).push({}); Come promesso nel capitolo precedente, di seguito di riporto l’elenco delle più belle e importanti chiese gotiche romane. “Sacro Cuore del Suffragio” Nel quartiere Prati, inaugurata e consacrata nel 1917. È uno dei primi esempi di architettura gotica e infatti lo si nota dallo stile acerbo e non ancora perfettamente identificato nel genere. Splendida la facciata, ricca di punte e fiorate, un po’ semplicistico l’interno, con colonne colorate bianco-rame. “Santa Maria Sopra Minerva” In Piazza della Minerva. Meraviglioso esempio di gotico italiano, con soffittature affrescate nei colori tipici e sgargianti che uniscono il gotico classico a quello contemporaneo italico. Oro e rosso completano il quadro, così come le sedute semplici e l’altare rialzato. “Basilica e Monastero Agostiniano Santi Quattro Coronati” In Via dei Santi Quattro, con uno splendido altare inserito in grandi volte affrescate con colori luminosi e chiari. L’esterno è semplice e rudimentale, quasi spettrale ma gli interni sono uno sfavillio di luminosità e tinte pastello. Ti ricordo poi che a Roma molte chiese sono in stile barocco-rinascimentale, più moderne rispetto a quelle medievali, paleocristiane, gotiche. Tuttavia, tutte le strutture riprendono i tratti fondamentali delle architetture più antiche. Le barocche sono più sfarzose e vistose, con rossi, porpora, turchesi e ori, mentre nel Rinascimento si puntava su una ricchezza caratterizzata da colori più tenui come l’azzurro, il rosa, il celeste, il giallo.
Le Chiese di Roma nascoste e sconosciute
Voglio svelarti alcuni nomi di chiese poco conosciute, ma non per questo meno belle e scenografiche, della Capitale. Nel tuo itinerario tra chiese e basiliche romane non dovresti perderti queste piccole perle d’arte religiosa. “Santo Stefano Rotondo” Nascosta nel quartiere Celio, tra case, strutture, ospedali e cedri secolari. Splendidi, anche se molto crudi, gli affreschi del Pomarancio che rappresentano i modi in cui venivano martirizzati i traditori nei tempi in cui il martirio era pratica comune contro i sovversivi alla dottrina, o ritenuti tali. “San Girolamo” In Via Monserrato. La sua bellezza sta nei marmi policromi che ne decorano le pareti principali e quelle attorno all’altare. Belli e quasi moderni, seppur realizzati secoli fa. “Santa Maria della Pace” Nei pressi di Piazza Navona. Questa chiesa, poco conosciuta, custodisce delle importantissime opere di Raffaello: le Sibille. Da non perdere. “Sant’Ivo alla Sapienza” E' una chiesa che non puoi assolutamente perdere se ami l’architettura. Borromini ha fatto miracoli nella costruzione degli interni di questa chiesa. I pieni e i vuoti si sovrappongono in un gioco geometrico in grado di far perdere il senso dell’orientamento. “Santa Maria degli Angeli” In zona Piazza della Repubblica. Favolosa la statua dell’annunciazione. La Madonna e l’Angelo sono così ben dettagliati e raffigurati, fin nei minimi particolari, che i loro abiti marmorei sembrano svolazzare nel vento. Sei pronto a partire alla volta del tuo tour romano tra chiese, basiliche, arte gotica, rinascimentale e barocca? Antico e moderno si fondono, come spesso accade di dire quando si parla di Roma. Una città che, in quanto ad arte, è imbattibile a livello mondiale. Se sei fortunato, e capiti a Roma in una domenica in cui il Papa parla ai fedeli da San Pietro, potresti persino vivere l’emozione di ascoltare una sua omelia dal vivo. (adsbygoogle = window.adsbygoogle || ).push({}); Read the full article
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piazzale con la moschea
interno della chiesa ortodossa
veduta di betlemme
luogo della nascita
porta di ingresso
“Siam Giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei……” così inizia la poesia “ la Notte Santa” scritta da Giudo Gozzano nel 1914 che imparai alle scuole elementari.
In effetti sono a Betlemme. La piccola Betlemme sorge a circa 10 km a sud di Gerusalemme su due colline a circa 750 metri di altezza. Il suo nome in ebraico Beit Lehem significa letteralmente “casa del pane”, mentre in arabo Bayt Lahm significa “casa della carne”. Era la città del Re Davide. Per arrivarci, essendo una città sotto il controllo dell’autorità palestinese, occorre passare il muro che la separa da Gerusalemme. Un controllo sommario dei passaporti effettuato dai militari israeliani e si entra in territorio palestinese, nella Cisgiordania.
Il paesaggio decisamente cambia e si passa da quello che definiremmo “occidentale” con strade ordinate e abitazioni di tipo residenziale ad un paesaggio dove le abitazioni sembrano sgomitare tra loro per farsi spazio in un piccolo territorio messo a loro disposizione: 30 km quadrati con circa 30 mila abitanti. Anche dove transitiamo con il pullman le strade non si possono definire tali; a volte mi sono sempre domandato se gli autisti dei nostri pullman sarebbero capaci di condurre un mezzo di dodici metri su strade dove a mala pena riescono a passare due automobili !
Finalmente dopo alcune “acrobazie” da formula uno del nostro autista, si arriva al parcheggio riservato ai pullman: è una costruzione fatta con grezze pareti e grossolane colonne di cemento armato che a prima vista non mi sembra neppure terminata. E’ costruito sulla costa della collina a strapiombo sulla vallata. Scendiamo dal nostro mezzo e subito una nube di gas di scarico ci prende alla gola. Usciamo e ci troviamo “assediati” dai soliti venditori di rosari ed altri oggetti di culto.
Dopo pochi metri, eccoci nella piazza dove sorge la Basilica della Natività. E’ abbastanza grande ed è caratterizzata dall’imponente costruzione del minareto della Moschea di Omar. Di lato ad essa, una strada con diversi bazar tipici del medio oriente le cui vetrine sono tappezzate da colorati tessuti. Da altri negozi di spezie accatastate in sacchi di iuta escono fragranti profumi che impregnano l’aria. Vedo anche degli orafi con le loro vetrine strapiene di oggetti esposti disordinatamente sotto la luce di lampade al neon.
Nella strada e nella piazza vicina è tutto un brulicare di turisti, pellegrini e abitanti di Betlemme. Sono in maggioranza mussulmani e li riconosco perché indossano le tipiche tuniche e le donne sono velate.
I bambini giocano sulla piazza e si mescolano ai numerosi venditori, anche giovanissimi, di paccottiglia. Il selciato della piazza è fatto di pietre di un colore biancastro tendente all’ocra ormai rese lisce dal tempo, dall’usura e dal sole.
Ma la basilica della natività dov’è?
In effetti non è molto visibile perché un alto muro la racchiude come una fortezza.Vi si accede chinandosi da una porta molto bassa e il muro di passaggio è spesso quasi 1 metro. Questo chinarsi è un atto penitenziale, per entrare nel luogo della nascita di Gesù.
Appena entrati, ci si trova nella chiesa ortodossa. Dal soffitto scendono numerose lampade e siccome un tempo venivano alimentate ad olio, l’interno della basilica è scuro e tetro. Anche gli affreschi sono scuriti dal tempo. Ma mi avvio verso destra dove una fila interminabile porta alla grotta della natività.
Dopo circa mezz’ora di coda mi trovo a scendere dodici scalini di marmo, parecchio stretti e poco illuminati. Appena entrati subito a destra un piccolo altare ricoperto di drappi, mentre sotto ad esso, per terra la stella in argento: è il punto della nascita, una serie di lampade pendono sopra la stella, mentre di fronte ad essa si trova la mangiatoia. Mi chino per baciare la stella e mi apparto per meditare. C’è un prete ortodosso che mi fa cenno di uscire, ma dato che in quella posizione non blocco la coda dei pellegrini, italianamente faccio finta di nulla e rimango qualche minuto in preghiera.
Oltre duemila anni fa, Egli è nato per noi, è nato per me. E’ nato per portare luce in quella grotta della nostra anima, in quella grotta dove spesso cerchiamo di nascondere le nostre povertà. E Lui povero tra i più poveri, piccolo tra i più piccoli, nella più piccola tra le città della Giudea, in un’esplosione di luce è nato ed ha rischiarato il mondo portando in ciascuno di noi la speranza, l’amore…….la vita.
Sono sceso in questa grotta un po’ buia dove l’Amore si è fatto carne in un bambino e per uscire risalgo da altri gradini alla vita nella luce del Salvatore.
Ormai è tardi e usciamo da Betlemme, con una breve sosta alla “Grotta del Latte”, una grotta tutta bianca dove la leggenda racconta che la Madre di Dio con Giuseppe e il Bambino si soffermò ad allattare Gesù. Una goccia di latte cadde dal suo seno e da quel giorno tutta la caverna ha assunto il colore bianco.
A un paio di chilometri dalla Grotta della Natività una fermata d’obbligo anche al “Campo dei Pastori”: un giardino con tante piante e pini dove ci sono alcune grotte che furono usate dai pastori. C’è anche qui una cappella costruita dall’architetto Barluzzi. All’interno, degli affreschi raccontano la natività e l’annuncio ai pastori, mentre dal tetto costruito con tanti fori chiusi da piccole tessere di vetro, lasciano trasparire la luce come fosse un cielo stellato. Non può non tornarmi in mente la poesia di Gozzano:
“È nato!
È nato il Sovrano Bambino.
La notte, che già fu sì buia,
risplende d’un astro divino.
Orsù, cornamuse, più gaie
suonate; squillate, campane!
Venite, pastori e massaie,
o genti vicine e lontane!”
Betlemme, una grotta di luce “Siam Giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei……” così inizia la poesia “ la Notte Santa” scritta da Giudo Gozzano nel 1914 che imparai alle scuole elementari.
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Il Camperista ma non solo per lui
con il primo sole vuole fare un uscita
ecco un itinerario storico-culturale da Classe a Brisighella
Prima parte dell’itinerario
Il camperista itinerario storico-culturale da Classe a Brisighella
Con i primi tepori e belle giornate, sicuramente il camperista vuole sfogare la voglia di viaggiare, assaporare la libertà di fermarsi dove più piace, ed esplorare luoghi e città da riportare agli amici, nelle future serate invernali.
Viaggiare in camper è sinonimo di libertà, puoi organizzarti la vacanza dove vuoi, puoi partire anche all’ultimo minuto, soprattutto, si può inoltrarsi all’interno di aree naturali e territori meno frequentati dal turismo di massa o in città d’arte minori dove l’offerta di alloggio è spesso più economica ma offre tante occasioni di scoperta di un’Italia, a volte sconosciuta, la maggior parte delle volte, lontane dai luoghi di massa turistica ma ricchi di bellezze e cultura, che solo l’italia può avere.
Un itinerario con diverse soste, per poter visitare i luoghi, con indicate anche le aree attrezzate per camper, sperando e augurando che siano giorni spensierati, come devono essere, nello spirito del campeggio e per il camperista.
L’itinerario si sviluppa con partenza da Classe Ravenna per arrivare a Brisighella, passando da Ravenna, Bagnacavallo, Lugo, Faenza, per poi arrivare a Brisighella.
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Classe Ravenna partenza per il camperista
Classe è una frazioncina di Ravenna ma con un’importante area archeologica, che si sviluppa intorno alla bellissima Basilica di Sant’Apollinare in Classe.
Il nome del paese deriva dal latino “Classis”, Flotta, oggi piccolo centro abitato ma all’epoca romana era un importante porto che ospitava una flotta permanente della marina militare dell’impero e in epoca bizantina il porto divenne la sede principale della flotta di Costantinopoli in Occidente.
Il centro abitato si è sviluppato intorno alla Basilica, mentre l’antica Civitas Classis, di età tardoantica, si localizzava più a nord nei pressi dell’attuale corso dei Fiumi Uniti.
La Basilica di Sant’Ampollinare in Classe meta per il camperista
La Basilica di Sant’Apollinare in Classe
Fu costruita e consacrata nel maggio 549 dal primo arcivescovo Massimiano e dedicata a Sant’Apollinare, il primo vescovo di Ravenna, dove vi furono portati i resti, è inserita tra gli otto monumenti UNESCO della città di Ravenna, per i suoi splendidi mosaici.
Lo stile architettonico è bizantino, caratterizzata dagli splendidi mosaici policromi del suo catino absidale e gli antichi sarcofagi marmorei degli arcivescovi collocati lungo le navate laterali.
L’esterno della Basilica ha la facciata, parzialmente ricostruita, come altre parti della chiesa, è fronteggiata da un porticato esterno, sotto cui ci sono marmi ed iscrizioni.
Sulla sinistra della chiesa c’è il campanile del IX secolo che si innalza con forma cilindrica e le caratteristiche finestre, che partendo dal basso verso l’alto, prima sono finestre sormontate da un arco e con una sola apertura, poi con due aperture divise da una colonnina centrale e infine a tre aperture con due colonnine.
interno della Basilica di Sant’Ampollinare in Classe con al centro l’altere antico sopra il luogo del martirio del Santo
L’interno è ampio e luminoso, strutturato a tre navate, divise da due file di dodici colonne e copertura formata da travatura in legno, la navata centrale è rialzata, rispetto alle laterali e la parte terminale dove si trova l’abside poligonale è affiancata da due cappelle semicircolari.
Inserito, nella parte centrale della Basilica, sul luogo del martirio del Santo, vi è collocato un altare antico e lungo i muri sono sistemati numerosi sarcofagi romani e bizantini.
L’unica parte dove si trovano i mosaici, il resto delle pareti sono spoglie, è la parte dell’abside, ovvero la parte terminale della Basilica, dove si trova l’altare maggiore.
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I mosaici nella Basilica di Sant’Ampollinare in Classe
Pannello con l’Imperatore Costantino
I Mosaici
La decorazione si divide in due parti, quella superiore con un disco che racchiude un cielo stellato e al centro una croce, con il volto di Gesù incastonato in un medaglione, all’incrocio dei bracci della croce, ai lati del cerchio stellato, le figure di Elia e Mosè e sopra al disco una mano sbuca dalle nuvole, la mano di Dio.
Sopra la semisfera, in mezzo alle nuvole i simboli degli Evangelisti, l’Aquila, Giovanni, l’Angelo, Matteo, il Leone Marco, il Vitello, Luca, mentre i tre agnelli, nella zona verde, rivolti verso la Croce, simboleggiano gli Apostoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, probabilmente una rappresentazione della Trasfigurazione sul Monte Tabor.
Nella zona inferiore si allarga una verde valle fiorita, con rocce, cespugli, piante e uccelli, con al centro la figura di Sant’Apollinare, primo vescovo di Ravenna, con le braccia aperte in atteggiamento di preghiera, rivolto a Dio perché conceda la grazia ai fedeli affidati alla sua cura, rappresentati da dodici agnelli bianchi.
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Le due palme che si trovano ai lati del semicerchio, simboleggiano l’emblema del giusto, sotto si trovano le figure degli Arcangeli Michele e Gabriele, il busto di San Matteo e di un altro santo.
Tra le cinque finestre, sono rappresentati i quattro vescovi, fondatori delle principali basiliche di Ravenna Ursicino, Orso, Severo ed Ecclesio,con abito sacerdotale e un libro in mano.
I due pannelli che si trovano ai lati delle cinque finestre, riproducono, a sinistra, l’imperatore Costantino, mentre conferisce i privilegi a Reparato, un inviato dell’arcivescovo Mauro e nel pannello di destra sono rappresentati Abramo, Abele e Melchisedec attorno ad un altare mentre offrono un sacrificio al Signore.
Dove può il camperista soggiornare a Classe
A Classe si può parcheggiare il camper nell’Area di Sosta Camper Classe, Coordinate GPS: 44°22’42.000” N – 12°14’5.880” E è attrezzata con acqua, colonnine per la corrente, servizi igienici per il camperista e lo scarico per i camper.
Si trova al parcheggio per autobus e camper di fianco alla Basilica di Sant’Apollinare in Classe.
Ravenna il secondo sito per il camperista nell’itinerario storico-culturale
E qui ci vorrebbe un articolo solo su questa città, che vanta ben otto menzioni dell’UNESCO, a monumenti cristiani considerati patrimonio dell’umanità, dista solamente 6 chilometri e mezzo da Classe.
Considerata la “Città del Mosaico” e per ben tre volte capitale, la prima volta dell’Impero Romano d’Occidente, la seconda del Regno degli Ostrogoti e l’ultima dell’Impero Bizantino in Europa.
Ravenna è città ricca d’arte e cultura, conserva le spoglie di Dante Alighieri mantenendone viva la memoria, con importanti manifestazioni.
Una delle soste camper è localizzata nelle adiacenze del Mausoleo di Teodorico, Coordinarte GPS: N 44°25’51”-E 12°12’35”, che si trova a 500 metri, fermata autobus a 100 metri e il centro a circa 2 chilometri, ha lo scarico acque reflue, scarico WC chimici e acqua, l’illuminazione piazzole è data da lampioncini.
Da qui il camperista può agevolmente spostarsi e poter visitare Ravenna.
Avendolo vicino la prima tappa potrebbe essere il Mausoleo di Teodorico
Il Mausoleo di Teodorico meta per il camperista
Il Mausoleo di Teodorico
Costruito da Teodorico il Grande, Re degli Ostrogoti, come sua futura tomba sepolcrale, è la più celebre costruzione funeraria degli Ostrogoti, uno degli otto monumenti dell’Unesco, la costruzione è in blocchi di pietra Aurisina a differenza delle architetture ravennati che sono in mattoni, ha pianta decagonale e su due livelli.
Il primo con all’esterno nicchie su ciascun lato e solidi archi a tutto sesto, mentre l’interno ha un vano cruciforme, destinato a camera sepolcrale, il secondo è più piccolo, raggiungibile da una scala esterna, anch’esso a forma decagonale all’esterno, ma circolare nell’ultima parte alta coperta da cupoletta.
La vasca sepolcrale dell’Imperatore Teodorico foto di Luca Camillo
L’interno è circolare, con una sola nicchia ad arco sormontata da croce,al centro si trova la vasca di porfido rosso, senza la lastra superiore e che conteneva il corpo del re, rimossi durante la dominazione bizantina.
Portandoci verso il centro di Ravenna un’altra tappa, potrebbe essere sempre un Mausoleo ma quello di Galla Placidia.
Il Mausoleo di Galla Placidia
Poco distante dalla Basilica di San Vitale, si trova l’edificio funebre dell’imperatrice Galla Placidia, il suo Mausoleo è anch’esso annoverato dall’Unesco tra i Patrimoni dell’Umanità.
Il Mausoleo di Galla Placida
Non è comunque del tutto vero, la leggenda vuole che si il sepolcro dell’imperatrice, che invece morì e sepolta a Roma, dove ancora oggi le spoglie riposino all’interno della cappella di Santa Petronilla, sotto la Basilica di San Pietro, sia un mausoleo imperiale annesso alla chiesa di Santa Croce, in origine collegato con un portico, ora perduto.
La pianta del piccolo edificio a croce latina, con il braccio longitudinale dell’ingresso, leggermente più lungo degli altri.
Esternamente è costruito in laterizio, con tiburio a base quadrata,costruzione a torre che nasconde la cupola, il fregio sopra il portale d’ingresso, raffigura due felini che si affrontano ai lati di un cratere a volute, tra rami di vigna carichi di grappoli d’uva
Il suo interno è decorato da un ciclo di mosaici, fra i più antichi della città e alla fine dei bracci si trovano tre sarcofagi in marmo romani, la cupola domina lo spazio interno, affiancata sui lati da quattro lunette, mentre altre quattro lunette si trovano alle estremità dei bracci che hanno volte a botte.
I Mosaici del Mausoleo di Galla Placidia
I mosaici si presentano estremamente ben conservati, grazie anche a tutte le opere di mantenimento effettuate negli anni, la cupola è una volta di cielo stellato con una Croce al centro, su sfondo blu, nelle quattro lunette sotto la cupola, vi sono rappresentate coppie di Apostoli, con le braccia alzate in adorazione verso il centro dell’edificio, la Croce.
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Interno con mosaici nel mausoleo di Galla Placidia
Parte della cupola e i mosaici di deu dei bracci del Mausoleo di Galla Placidia
Tra gli Apostoli si distinguono San Pietro con la chiave sulla sinistra e San Paolo, le colombe, sul prato tra gli Apostoli, simboleggiano le anime di fronte alla fonte della grazia divina.
Nella lunetta sopra l’ingresso si trova una raffigurazione del Buon Pastore circondato da pecore che si rivolgono tutte verso di lui.
Nella lunetta opposta San Lorenzo sulla graticola entra correndo dalla destra, recando una larga Croce sulla spalla, mentre con l’altra mano regge un libro aperto su cui è espressa una scrittura ebraica.
La successiva tappa per il camperista potrebbe essere la Basilica di San Vitale.
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Basilica di San Vitale a pianta ottogonale
Interno della Basilica con viste delle esedre
La Cupola
La Basilica di San Vitale
I mosaici dell’Abside
Anch’essa segnalate dall’Unesco, è una chiesa che si distacca dalle tipiche basiliche longitudinali di Ravenna, con la pianta a base centrale di forma ottagonale e con la cupola inglobata e nascosta dal tiburio, costruzione a forma di torretta.
L’interno, che rispecchia la pianta ottagonale, porta incavi semicircolari, traforati da un doppio ordine di arcatelle e racchiuse entro grandi archi sostenuti da pilastri angolari e ognuno con una cupola, posti su ogni lato della Basilica.
Anche la Basilica è piena di mosaici in stile bizantino.
Ravenna è carica di chiese e monumenti da poter vedere e tutti unici, nel loro splendore ma lasciamo a tutti i camperisti la facoltà di scegliersi, come muoversi e cosa poter visionare a Ravenna, noi ci spostiamo alla prossima tappa.
Bagnacavallo altra tappa per il camperista
Spostandoci verso l’interno, dopo poco più di 25 chilometri, arriviamo a Bagnacavallo e qui possiamo sostare il camper presso l’area di sosta di via Stradello, è attrezzata per la sosta breve di camper e roulotte, è fornita di camper service e svuotatoio chimico, l’accesso è libero, gratuito ed autogestito.
Indirizzo: Via Stradello – Bagnacavallo.
Volendo il camperista può sostare anche presso l’Agriturismo la Rondine, che si trova a 5 chilometri dal centro, coordinate GPS N 44.38694, E 11.98896 telefono 0545 69262 – 3474230464
Molto interessante è in centro storico ricco di palazzi del seicento e settecento, conserva a tutt’oggi il suo stile urbanistico a impianto radiale, con le costruzioni che si allargano a cerchio dal centro.
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Uno degli edifici più caratteristici è una storica piazza, Piazza Nuova, posta al lato sud-est della cerchia del centro.
Il nome della città ha la sua leggenda o la sua storia, non voglio attirarmi le ire degli abitanti dicendo che è leggenda, comunque si narra che di qui ci passò Tiberio, l’imperatore e fosse costretto a girare in lungo e in largo per le strade di casa sua, l’impero, stando in sella ad un ronzino acciaccato e zoppicante.
Un giorno passando da quella che oggi è Bagnacavallo, c’erano solamente paludi e zanzare ma la leggenda vuole che queste acque fossero miracolose, tanto che il cavallo dell’imperatore passandoci al trotto, ne uscì con l’energia di un giovane stallone.
Così i bagnacavallesi, hanno messo il fumetto del cavallo nel motto dello stemma, “ingredior rhoebus, cyllaros egredior”, “Sono entrato malato e sono uscito sano”.
Piazza Nova veduta dall’alto con la forma di un’arena
Piazza Nova
Piazza di forma ovale, circondata da un portico costituito da trenta archi a tutto sesto che poggiano su pilastri squadrati con muratura a vista e edificata nella metà del 1700 come mercato, sede per macellerie, pescherie e botteghe dell’olio, un po’ l’antesignana dei moderni centri commerciali, è oggi il monumento più caratteristico della città.
Piazza Nova a Bagnacavallo
I due ingressi alla piazza sono costituiti da portali ad arco, la pavimentazione del loggiato è in cotto, mentre l’area esterna è in ciottoli.
Un’altra piazza che il camperista può visitare è Piazza della Libertà cuore pulsante della città.
Piazza della Libertà
Elegante piazza rettangolare su cui si affacciano importanti edifici pubblici e religiosi, Palazzo Comunale, Teatro Goldoni, Palazzo Vecchio, Torre Civica e Chiesa di San Michele.
Il Palazzo Comunale costruito, verso la fine del ‘700, sui resti dell’antico Palazzo Brandolini, su due livelli con un portico a sette aperture ad arco e facciata neoclassica, su cui spicca lo stemma della città.
La Torre Civica con un’altezza di 35 metri, è costruita intorno alla metà del duecento, in seguito dotata di orologio e sotto una nicchia con la statua della Madonna.
Anticamente era adibita a prigione, si sviluppa su tre piani, chiamati popolarmente “Inferno“, “Purgatorio” e “Paradiso“, qui fu imprigionato uno degli ospiti più famosi della torre, il brigante Stefano Pelloni detto “il Passatore“.
Se vi capita, prima di allontanarvi dalla piazza, provate a degustare la tipica torta di San Michele, che viene preparate solitamente a settembre, quando si festeggia San Michele, santo guerriero, protettore della città ma si può trovare anche durante l’anno.
Ultima segnalazione che propongo per il camperista a Bagnacavallo è l’Antico Convento Francescano.
Il Convento Francescano di Bagnacavallo
Antico Convento Francescano
Risalente al XIII secolo, il complesso del Convento Francescano, comprende la Chiesa e il monumentale convento, che ospita la “Sala Oriani o Refettorio nuovo”, il chiostro, lo scalone monumentale e le sale del primo piano che purtroppo non sono restaurate, i sotterranei e il “solaio grande” detto anche Sala delle Capriate.
E’ uno dei primi sorti dopo la morte di San Francesco, subì ristrutturazioni ed ampliamenti nel corso dei secoli, dopo la soppressione degli ordini religiosi dovuta agli editti napoleonici, l’edificio divenne in gran parte di proprietà pubblica, fu sede di scuole pubbliche e durante la seconda guerra mondiale i sotterranei vennero adibiti a rifugio per la popolazione, ora è stato ristrutturato e destinato ad ospitare eventi espositivi o incontri pubblici.
Giunti alla prossima destinazione Lugo, il camperista può visitare, nell’arco di due isolati, i monumenti più rappresentativi della cittadina.
Lugo
Cittadina, che visionata dall’alto ricorda la forma di un aeroplano, ed è città che casualmente, ha dato i natali a Francesco Baracca, famoso eroe dell’aria italiano.
Rocca Estense Con l’entrata dove una volta si trovava il ponte levatoio
Rocca Estense
In Piazza Giuseppe Garibaldi si trova il retro di Rocca Estense, dove una targa commemora il giorno in cui Garibaldi, dal balcone sovrastante, incitò il popolo alla libertà arruolando in questo modo 600 volontari, inoltre da qui si può vedere tutta la maestosità della Rocca.
Rappresenta un’importante testimonianza nel campo dell’architettura fortificata, il periodo più significativo per lo sviluppo della fortificazione corrisponde alla dominazione estense, durante la quale l’aspetto dell’apparato difensivo vennero profondamente modificati.
Nella seconda metà del Quattrocento, la piazza d’arme antistante la Rocca, fu trasformata in cittadella e provvista di una cinta muraria con torri rotonde e completamente racchiusa da un fossato, di queste strutture oggi rimangono, solamente visibili l’impianto quadrangolare articolato sul cortile interno, alcuni tratti della cortina muraria e la cosiddetta Torre di Uguccione il mastio di nord-ovest, adattata poi a prigioni.
La parte posteriore della Rocca con la targa e il balcone di Garibaldi sulla destra la Torre Uguccione
Il portone che chiude l’accesso alla Rocca, è stato realizzato con il legno dell’antico ponte levatoio e l’antica lamiera che lo ricopre riporta ancora segni di colpi di fucile, risalenti probabilmente al periodo di dominazione francese, mentre al centro del cortile si trova una pregevole vera da pozzo, la balaustra di protezione chiusa attorno al foro di un pozzo, con le insegne di Borso d’Este.
La Rocca ospita interessanti sale di rappresentanza, Sala d’attesa, Sala Giunta, Saletta Rossini, Studio del Sindaco, Antisala Consigliare, Sala Consigliare e Salone Estense, tutte visitabili previo appuntamento telefonico al recapito tel. 0545.38411.
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Il Paviglione vista esterna
Il Paviglione internamente
Il Paviglione
Di fronte alla Rocca si erge il Pavaglione, imponente quadriportico settecentesco, è un quadrilatero irregolare i cui lati più lunghi misurano rispettivamente 131 e 133 metri, contro gli 82 di quelli corti.
Un tempo sede del mercato dei bozzoli del baco da seta, oggi ospita il mercato del mercoledì, con i suoi seicento anni di storia e numerosi eventi spettacolari, oltre, come un tempo, a botteghe, negozi, fiere.
fine prima parte nella seconda parte l’itinerario prosegue per Faenza e Brisighella—-
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La chiesa di S. Giovanni Battista a Presicce
di Andrea Erroi
La chiesa di S. Giovanni Battista di Presicce, nota ai più come “Carmine”, è indissolubilmente legata ai padri carmelitani, presenti sino alla soppressione del 1809.
Nel 1559 Martino Alfarano lasciava eredi testamentari di tutti i suoi beni i carmelitani di Lecce, con l’obbligo di fondare in Presicce un convento del loro ordine e di intitolarlo a S. Giovanni Battista. La scelta del santo indicato dal benefattore potrebbe derivare dalle origini acquaricesi dell’Alfarano: S. Giovanni Battista, infatti è stato il protettore di Acquarica del Capo sino al ‘600 per poi essere sostituito da S. Carlo Borromeo.
Ampliato e rimaneggiato più volte nei secoli, il complesso originale doveva apparire assai diverso da quel che vediamo oggi. Dai documenti, dall’iscrizione del portale e dall’epigrafe settecentesca sulla controfacciata, si apprende che l’edificio fu riedificato nel 1695 per poi essere rimaneggiato nel 1790.
La chiesa si sviluppa con uno schema longitudinale ed è scandita da tre campate, una delle quali più stretta e più alta, che sovrasta l’area del coro. Nelle campate dell’aula liturgica si aprono quattro cappelle con altari in stucco, coeve agli stucchi settecenteschi.
La decorazione del 1790, voluta da fra’ Policarpo Torselli, padre priore del convento, probabilmente mosso dall’entusiasmo della recente riedificazione della parrocchiale (1781), ha interessato l’intero edificio: sia gli intradossi delle volte, sia le partiture architettoniche, sia le quattro cappelle laterali sono caratterizzate da una decorazione a stucco policromo, di gusto rococò che già guarda alle novità neoclassiche, caratterizzato dalle tinte pastello delle campiture sulle quali si stagliano gli stucchi bianchissimi.
Durante i restauri del 2015 si è appreso che l’edizione decorativa settecentesca si sovrappone su di un ciclo pittorico del ‘600 (del quale sono visibili alcune porzioni) che interessava l’intero edificio ecclesiastico. Della chiesa seicentesca rimane il superbo altare maggiore in pietra leccese. Con il recente restauro l’esuberante modellato e le dodici statue di angeli, santi e profeti che lo costituiscono hanno recuperato l’originale policromia barocca. Quando nel Settecento si rinnovarono le decorazioni dell’edificio, l’altare venne integrato agli stucchi con la realizzazione di un nuovo tabernacolo, con mensa e paliotto in stucco dipinto a finto marmo, secondo il gusto del tempo.
particolare con le pitture a monocromo
particolare dell’altare maggiore con angelo musicante
Per la complessità dell’edificio che, come accennato, è caratterizzato dalla successione di epoche e stili che si stratificano gli uni agli altri e le differenze materiche costitutive dei manufatti (sculture lapidee, litoidi, perni metallici originali, inserti lignei, ceramiche, dipinti murali, ecc.) le operazioni di restauro sono state precedute da uno studio stratigrafico e analisi di laboratorio, necessari a comprendere la storia degli apparati decorativi.
Alle indagini preliminari hanno seguito le operazioni di conservazione e restauro, condotte su tutte le superfici murarie interne che si presentavano ricoperte da svilenti tinteggiature contemporanee, da numerose scialbature di calce e ridipinture manutentive che nel tempo si erano sovrapposte sulle pareti, sugli stucchi e sull’altare maggiore.
Nel 1711 mons. Tommaso De Rossi, in visita nella chiesa, visita l’altare e lo definisce “bene ornatum et ex lapide liciensis confectum”. Esso si sviluppa nel presbiterio dividendo l’aula ecclesiastica dal coro. Come annota il presule, è realizzato in pietra leccese ed è caratterizzato da un complesso programma iconografico che mostra un modellato ricercato con putti, cherubini ed esuberanti decorazioni barocche, con uccelli e decorazioni fitomorfe. Quattro colonne tortili reggono la trabeazione, sulla quale appare una gloria di angeli musicanti e le sante carmelitane Teresa d’Avila e Maddalena de’ Pazzi. Nel registro inferiore e sulle paraste sono collocate le statue dei santi carmelitani Angelo martire e Alberto, mentre tra i profeti Elia ed Eliseo, al centro dell’altare, vi è la statua del Battista. Inoltre, l’altare accoglie in un’edicola, dalla cornice quadrilobata, un dipinto su tela raffigurante la Madonna del Carmine.
particolare dell’altare maggiore con statua di Santa Teresa
Sulle due porte che immettono nel coro, sormontati dai profeti vi sono due clipei, chiusi da un vetro, retti da angeli, un tempo adibiti ad accogliere reliquie: infatti, durante la citata visita pastorale del De Rossi, egli, non trovando documentazione certa circa l’autenticità delle reliquie, le fece rimuovere dai frati.
paliotto dell’altare maggiore
L’altare è un prezioso manufatto lapideo, testimonianza delle tecniche artistiche e della sensibilità cromatica del XVII sec. La ricca policromia, emersa dopo un lungo e delicato intervento di restauro, ci racconta che il barocco leccese, caratterizzato per la tenera pietra, quasi sempre accompagnava alla scultura il gusto per il colore.
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