#600 km di paura
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Le montagne sono finite, abbiamo passato Verona. Prima di settembre non tornerò, e la mia casa sarà diversa. Ho svuotato la mia stanza delle mie cose, e ho chiuso la porta sapendo che quella casa non la vedrò mai più. È stato strano, è strano. Ma stavo pensando a quanto quello che ho fatto quest'anno sia la cosa più folle ma anche più importante che io abbia mai fatto fino ad ora: andare via di casa, a 600 km di distanza, mantenendomi con dei soldi da parte e con un lavoro occasionale nella mia vecchia città, solo per andare a studiare qualcosa che volevo studiare, pur avendo già una laurea magistrale. Se penso a quante cose ho imparato, conosciuto, capito, a quante persone ho incontrato, al modo in cui ho smesso di avere paura di interagire in inglese, provo un senso di gratitudine enorme, e so che lo devo solo a me
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Happy Birthday/ Buon Compleanno
Eleonora Giorgi (Roma, 21 ottobre 1953) è un'attrice, regista e doppiatrice italiana.
🇬🇧 Eleonora Giorgi
(born 21 October 1953)
Italian actress, screenwriter and film director
She made her film debut in a minor role in Paolo Cavara's horror film Black Belly of the Tarantula (1970) and subsequently appeared in nearly fifty films, mostly in prominent roles. Domenico Paolella's Story of a Cloistered Nun (1973), an important nunsploitation, marks her official eighteen years old-debut.
Then she take part in Il bacio (The kiss), a fantasy drama directed by Mario Lanfranchi, and in erotic comedies such as Salvatore Samperi's La sbandata (1974), in which she plays near Domenico Modugno and Luciana Paluzzi, Luciano Salce's Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno (1974), Pasquale Festa Campanile's Conviene far bene l'amore (U.S. title: Love and Energy) (1975) and Gianluigi Calderone's Appassionata, that definitively gaine her the public acclaim.
Roles in movies like Franco Brusati's To Forget Venice (1979), Dario Argento's Inferno (1980), Nino Manfredi's Nudo di donna (1981), and Liliana Cavani's Beyond Obsession (1982) are some of her most known and remarkable dramatic performances but in the beginning of the eighties, Giorgi decides to rejoin comedy. She's near Adriano Celentano in Mani di fata and Grand hotel excelsior; for her performance in Carlo Verdone's Borotalco (1982), she won the Nastro d'Argento award and David di Donatello award for Best Actress.
In 2003, Giorgi wrote and directed her first film Uomini & donne, amori & bugie (U.S. title: Love, Lies, Kids... & Dogs), with Ornella Muti.
#eleonora giorgi#inferno 1980#dario argento inferno#inferno#inferno 198#la tarantola dal ventre nero#600 km di paura#storia di una monaca di clausura#liberi armati e pericolosi#tomas milian#un uomo in ginocchio#una spirale di nebbia#eriprando visconti#dario argento#darioargento#damiano damiani#romolo guerrieri#tonino cervi#catherine spaak#domenico paolella#suzy kendall#paolo cavara#barbara bouchet#giancarlo giannini#barbara bach#dimenticare venezia#mariangela melato#l’agnese va a morire#giuliano montaldo#giallo fever
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Rave di mezzano: Com'è stato veramente? Cosa ha significato per noi giovani del posto?
Come sappiamo ad agosto del 2021 in provincia di Viterbo sul lago di mezzano, si è svolto un immenso rave party che ha fatto molto discutere per la sua illegalità.
Abbiamo sentito molte notizie in merito, ma quanti di voi realmente c'erano?
In queste righe voglio raccontarvi la mia esperienza e le mie considerazioni in merito ad un evento che ha sconvolto la tranquilla zona dell'alta Tuscia.
•introduzione
•sostanze stupefacenti
•i morti
•pensiero dei locali
•pensiero dei partecipanti
•accoglienza e fraternità
•rispetto per l'ambiente
•guadagno per la attività
•occupazione proprietà privata
•preoccupazione per il covid
•miti e leggende
•maltrattamento animale
•centro di primo soccorso
•conclusioni
•chi sono io
Introduzione
È il 2018, io ed altri 6 amici stavamo montando le tende sulle rive del lago di mezzano, il giorno dopo sarebbe stata lpasquetta e noi avevamo iniziato a festeggiare già dalla sera prima.
La mattina dopo ci raggiunse tutto il paese, eravamo 50/60 persone sulla riva del lago.
Intanto noi più piccoli si studiava la situazione è qualcuno propose:
-pensa a farci un rave party.
-un rave party a mezzano?!? Risposero gli altri
-ma si pensa che fino che sarebbe, li ci andrebbe il dj e li il bar.
Passano gli anni, arriva il covid e quel desiderio è ormai lontano, finché un giorno; il 14/08/2021 arriva un messaggio sul nostro gruppo di whatsapp.
È un articolo di un giornale locale che dice:oltre 600 persone ad un rave sul lago di mezzano.
È il delirio
-ma che dici?!? Scrive qualcuno
-si è vero! Ci sono un sacco di camper sulla strada. Risponde qualcun'altro.
(Il rave di mezzano visto da lontano)
Insomma non sapevamo cosa aspettarci, se fosse stato un bene o un male e se avere paura dei partecipanti soprattutto.
Va a finire che ci incontriamo quel pomeriggio al bar, prendiamo le macchine e andiamo a controllare.
La situazione è tranquilla, Gente che balla, chi va al lago, chi beve e chi parla.
Ci spiega qualcuno che staranno li finché avranno acqua e che vogliono solo fare festa x divertirsi.
E dopo averci chiesto se fossimo giornalisti, ci salutano e vanno per la loro strada.
Così sempre più gasati ce ne torniamo a casa organizzandoci per la sera.
Alle 23 dello stesso giorno ci incontriamo al solito bar, tutti pronti, direzione Teknival space travel.
Per arrivare sbagliamo strada, parcheggiamo lontano e dobbiamo attraversare 3 km di campi, ma nonostante tutto arriviamo alla terra promessa.
Senza farci troppi problemi ci mettiamo a ballare, in quella specie di paese dei balocchi, popolato da gente di ogni tipo, che sta più fuori di noi e che non giudica il prossimo per le apparenze.
Così in un attimo veniamo rapiti da quel mondo psichedelico e fino ad allora a noi sconosciuto.
(Uno dei tanti palchi del rave di mezzano)
Sostanze stupefacenti
C'erano cartelli affissi fuori dai camper di chi vendeva dprga, con su scritte le "specialità della casa" : ketamina tot€ al g, mdma tot€ al g, cocaina tot€ al g e così via.
Era presente ogni tipo di sostanza stupefacente, pensate persino il gas esilarante.
E ci ho messo un po a capire cosa ci facessero le persone con quei palloncini gonfi che portavano in mano.
Le mafie hanno guadagnato molto dall'evento questo è vero, oltre che criticabile.
Ma cosa vogliamo aspettarci da un rave?
La gente ci va per drogarsi ed è solo meno nascosto rispetto ad altri luoghi.
La libertà con la quale se ne fa uso è una caratteristica dell'evento e di chi ne fa parte, da accettare anche non volendola condividere.
I morti
Non sto cercando di istigare l'uso di droga, è una cosa seria e terribile che nei casi peggiori può rovinare le persone e uccidere per overdose.
Ma se la si assume sulle rive di un lago, pericoloso e dichiarato assolutamente non balneabile come è il lago di mezzano, ecco che anche in piccole dosi, la più leggera delle droghe può rivelarsi fatale.
(lago di mezzano, foto del 2019)
Tutti noi locali siamo scioccati e vicini alle famiglie delle vittime del rave di mezzano, ma è stata una cosa che temevamo sarebbe potuta succedere da quando abbiamo appreso la notizia del festival.
Io ed i miei amici siamo cresciuti con molti racconti sul lago di mezzano; storie di mulinelli, sabbie mobili e gente annegata, storie che però non ci hanno mai impaurito a tal punto da proibirci un bagno.
Ora che però è sicuro il fatto che qualcuno sia morto lì dentro, non siamo sicuri di tornare a balnearlo, non tanto per paura ma quanto per rispetto ed impressione nei confronti dell'accaduto.
Pensiero dei locali
Se stava a casa sua non succedeva, così ha commentato il lutto il proprietario del terreno occupato dal Teknival space travel, parole forti ed offensive secondo alcuni seppur vere e condivise dalla maggior parte delle persone.
Altri sostengono di aver voluto vedere il rave di mezzano in fiamme; inneggiando alle camere a gas, ai bombardamenti con il napalm e al ritorno del duce, dicendo che "se ci fosse stato lui non lo avrebbe permesso ".
Purtroppo fanno parte di questi anche molti giovani, che di fronte al diverso preferiscono rintanarsi nelle vecchie ideologie piuttosto che comprendere le nuove.
Fortunatamente ci sono anche state persone razionali che hanno cercato di comprendere la situazione prima di dare un loro giudizio, non perforza dichiarandosi a favore.
Io vi ho partecipato e sono stato contento dell'esperienza che ho vissuto, ognuno ha deciso di parteciparvi oppure no, ma provo un senso di pena nei confronti di chi giudica senza conoscere.
Pensiero dei partecipanti
Ci sono varie interviste riportate da diversi giornali, ho cercato di riassumere quelle secondo me più significative per comprendere il punto di vista di chi lo ha vissuto.
Giornalista: mi sai spiegare perché c'è gente che fa centinaia di km per venire ad un rave party non autorizzato?
Intervistato 1: perché gli garba drogarsi alla gente gle lo devo dire sinceramente è così, io no ma alla gente gli garba drogarsi.
Giornalista: a livello di organizzazione?
Intervistato 1: è organizzato bene, ci sono anche i medici, da bere, da mangiare, non manca nulla.
Marco: noi vogliamo solo la musica, divertirci e dove spocchioso puliamo.
È una carovana; un gruppo di ragazzi che montano delle casse e che rischiano per farci divertire, perché comunque andiamo contro la siae e contro i locali, che comunque a me non piacciono perché se devo andare in un locale, entrare a mezzanotte, uscire alle 5 ubriaco, in una situazione in cui se mi metto alla guida sono un pericolo, preferisco così, almeno noi diamo il tempo di far riprendere la gente.
Non è un reato, questa è musica, I reati sono altri! la musica il divertimento non è un reato!
È illegale solo perché non c'è la siae, non c'è un locale dove pagare 40€ di ticket parliamoci chiaro.
Giornalista: non temete l'intervento delle forse dall'ordine?
Intervistato 2: certo certo, gli portiamo sempre rispetto ma vorremmo altrettanto, perché capisco il terreno e tutto, però questo si può sempre superare, si può sempre parlare, perché siamo umani siamo fatti per parlare.
Giornalista: voi sapevate del ragazzo morto?
Intervistato 3: no! Proprio ora l'ho saputo, io non ho visto nulla, nemmeno gente triste, erano tutti felici.
Manuel: questi ragazzi non vengono qui a costruire, non mettono il cemento, è temporaneo tutto ciò, gli animali si spaventato e scappano ma poi potranno farvi ritorno, in una città come new York, gli animali non potranno più viverci serenamente.
Natan: probabilmente è stata una risposta alla chiusura, è criticabile per il fatto del covid.
Siamo in tanti e tanti sono vostri figli o fratelli, c'è non siamo alieni.
Visti da fuori sembra una banda di chissà che, però è bello, ognuno si sente a casa.
Accoglienza e fraternità
Gente cordiale, rispettosa, che si vuole bene (almeno quella che ho conosciuto io), che ti accoglie pur non conoscendoti, che ti chiede scusa se ti urta.
Fratelli, questa è la parola che mi viene in mente, regnava una fraternità infinita, valore che non ho mai vissuto così a pieno come in quei giorni.
Certo tra la massa ci sarà sempre la pecora nera di chi si comporta male, ma posso assicurare che non è ben visto in questo mondo.
Insomma l'educazione prima di tutto.
Rispetto per l'ambiente
Circa 20 anni fa, sul lago di bolsena, ci fu un evento simile.
La carovana, così allora era chiamata ma era un rave a tutti gli effetti.
Fatto sta che arrivarono sulla spiaggia di Grotte di Castro circa 4000 ravers fermandosi per una settimana.
Anche lì ci furono le stesse preoccupazioni dei residenti, ma ci fu una differenza sostanziale; quando nel 2000 la carovana lasciò la spiaggia aveva seminato una distesa di rifiuti: plastica, bottiglie, siringhe, insomma la lasciò talmente sporca che i ristoratori fecero prima a chiudere vista l'assenza di turismo dopo l'evento.
20 anni dopo la preoccupazione era la stessa; lasceranno sporco ed incoltivabile il campo occupato?
La risposta è no!
Ho visto all'interno del rave di mezzano più rispetto per l'ambiente di quanto non lo abbia mai visto in nessun altra parte.
Oltre ai secchi fuori dai bar, non era raro incontrare gente che a qualsiasi ora girava per il teknival a raccogliere le cartacce che i più ignoranti lasciavano cadere a terra.
La gente in generale ti guardava male se gettavi a terra un solo mozzicone di sigaretta.
Una cosa da cui molti locali dovrebbero prendere spunto e che veniva fatta da alcuni bar al rave di mezzano era quella di far pagare circa 3€ il bicchiere oltre al prezzo della birra, così da farlo riutilizzare al cliente.
Una volta terminato il rave i partecipanti hanno si lasciato l'immondizia sul posto, ma ammucchiata e pronta per essere portata via.
(cumuli di rifiuti al termine del Teknival space travel)
Questo perché nel 2021 non è così facile sbarazzarsi di grandi quantità di rifiuti.
Insomma paragonando i 2 eventi (questo è quello del 2000) è chiaro che in 20 anni la società ha maturato un senso di rispetto e preoccupazione verso l'ambiente non indifferente.
Guadagno per le attività
"Per quanto mi riguarda ce ne vorrebbe uno all'anno di rave" questo è ciò che ha affermato il proprietario di un bar locale poco dopo l'evento.
"Sono persone gentili, rispettose di chi lavora, non rubano, pagano in anticipo e che ci stanno facendo lavorare come non abbiamo mai fatto in questo periodo " ha continuato.
È vero stanno commettendo un illegalità, ma la svolta economica che hanno portato alle attività locali non può essere trascurata.
Occupazione proprietà privata
In effetti tra le altre accuse fondate contro il rave di mezzano, quella dell'occupazione di proprietà privata è molto giustificata.
E questo è stato un grande sbaglio da parte degli organizzatori.
(un altro palco del rave)
Preoccupazione per il covid
Un altro problema in cui è andati in contro inevitabilmente l'evento è stato quello del covid.
Un evento di 10.000 persone, senza gli appositi controlli si sarebbe potuto trasformare in un gigantesco focolaio.
Il secondo ragazzo morto era positivo al covid, ciò ha implicato la presenza del virus al rave.
Addirittura qualcuno ha ironizzato sul fatto dicendo "sono bravi ragazzi che si vaccinato da soli" riferendosi alle siringhe trovate per terra (siringhe che non ho mai visto).
Per la mia esperienza posso confermare che nonostante le 10.000 persone, lo spazio era veramente ampio, evitando così di formare la tipica calca delle discoteche.
Insomma: c'è stato il covid al rave? Si!
È stato sbagliato e rischioso organizzare una festa del genere in piena pandemia? Si!
L'evento ha incrementato in maniera significativa i contagi della zona? No!
(Uno dei palchi era allestito a tema covid, sembra che i ragazzi che lo hanno creato venissero dalla Grecia)
Miti e leggende
Scannano le pecore! Rubano le auto! Entrano a casa della gente! Dove passano non cresce più l'erba!
Ci sono state si cose orribili e sbagliate ma non è corretto inventarsi delle storie come queste per fomentare l'odio della gente.
Maltrattamento animale
La cosa peggiore a cui ho assistito è che condanno fortemente per quanto mi abbia schifato è stato il modo in cui abbandonavano a loro stessi i cani.
Molto raver arrivavano, scioglievano i cani e pretendevano di ritrovarli sani e salvi dopo giorni di festa, senza preoccuparsi di farli mangiare, bere e riparare dal sole.
Molti cani sono morti per la sete o magari per aver mangiato qualche droga finita in terra.
Ricordo due episodi in particolare: il primo quando passando davanti ad uno dei tanti cumuli di rifiuti, sentii un forte odore di morto in stato di decomposizione.
Il secondo invece, più palese del primo fu di assistere alla sofferenza di un cane morente steso per terra difronte a quelli che penso siano stati i padroni, che indifferenti continuavano a vendere adesivi e felpe.
Quindi si la storia dei cani morti è vera, non esiste alcun motivo al mondo per giustificare un comportamento simile.
Va bene il divertimento ma tenete per bene i cani, e se proprio non potete farlo, allora lasciateli a casa!!!
Centro di primo soccorso
C'era un centro di primo soccorso che spiccava al centro del teknival.
Incuriositi siamo andati a conoscere la gente che lo aveva allestito.
Ad accoglierci abbiamo trovato dei ragazzi nelle mansioni di: un chimico, uno psicologo, un assistente sociale, un medico ed il loro relatore.
Ci hanno spiegato di essere degli specializzandi dell'università di Torino, che hanno approfittato della loro tesi per unirsi all'evento.
Oltre al servizio di primo soccorso infatti vi si poteva far analizzare le droghe mediante spettroscopia, in cambio di rispondere a qualche domanda in forma anonima posta dallo psicologo: perché sei qui? Da dove vieni? Ti aspetti che la sostanza che hai acquistato sia autentica?
Se non lo fosse l'assumeresti lo stesso?
Ora che lo sai ne farai uso?
Inoltre si preoccupavano anche di segnalare le pericolose sostanze che venivano spacciate per altre.
(quando il centro di primo soccorso scopriva una sostanza pericolosa spacciata per un altra tappezzava i bar con cartelli di allerta tipo questo)
Insomma progetto molto interessante che però ci fa capire che questo evento non è nato dal nulla.
Conclusioni
All'interno del rave di mezzano si potevano trovare persone di tutti i tipi: dal rasta al dottore laureato al ragazzo normale.
Per noi questo festival ha significato molto, è stato un sogno che si avvera, uno splendido regalo durante il covid, in cui abbiamo riscoperto il modo di andare a ballare oltre che a venire a contatto con una realtà completamente diversa da quella a cui eravamo abituati.
Abbiamo conosciuto gente proveniente da tutto il mondo e sono sicuro che nessuna delle persone che vi ha partecipato, anche solo per curiosità, anche non rispecchiandosi con la maggior parte delle persone facente parte all'evento, non parlerà negativamente di questa vicenda.
Se una realtà la si vive, la si conosce e la si comprende, poi è raro che se ne parli ancora male, è l'ignoranza e la paura che porta le persone ad odiarsi.
E così dopo aver vinto le preoccupazioni iniziali, sono felice di aver partecipato all'evento, e ancora di più di scrivere queste considerazioni in merito al famoso rave di mezzano.
Chi sono io?
Ciao sono un ragazzo che abita in uno dei comuni interessati dal teknival space travel.
Io ed I miei amici fin dall'adolescenza abbiamo sempre sognato un evento del genere a casa nostra, è per questo che quando è successo ci siamo lanciati a farne parte.
Oltre ad averlo vissuto ho voluto raccontare la mia esperienza e le mie considerazioni in merito a l'evento che ha sconvolto l'intera zona.
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Ciao Ele, spero tu stia bene ❤️ Volevo chiederti se credi nelle ralazioni a distanza. Credo di aver trovato uno dei ragazzi più speciali di sempre, l'unico problema sono i 600 km di distanza e questa cosa mi fa paura da morire...
personalmente ho smesso di credere alle relazioni a distanza dopo averle sperimentate con poco successo. Credo siano per pochi. Bisogna amarsi molto e bisogna avere anche le possibilità per viaggiare e vedersi e non è una cosa del tutto scontata.
Detto ciò, io non sono nessuno per dire cosa fare o non fare, molte relazioni a distanza sono andate molto bene, probabilmente io ho avuto solo sfortuna e dalla delusione ho preferito evitarle.
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RANDONNEE "LA 333 DI ROMA, SULLE STRADE DELLA 999" - 600 KM
Venerdì 29 Giugno 2018.
Partita presto, partita all'alba, io, la mia bici e la mia macchina. La radio accesa, Vasco, assaporo il sole che nasce e mi sveglio un po'. Settecento chilometri, otto ore di macchina e un trilione di pensieri, mi separano dalla Città Eterna. Penso che sarà un'avventura bellissima, ma anche da cardiopalma. Sola, come sempre, questo è il viaggio più lungo che abbia mai fatto senz'altra compagnia di un disco e del rumore dell'asfalto sotto le ruote della mia auto. Ansie e paure si affollano nella testa, si mescolano ai brividi, alle vibrazioni che quest'altro grande tour centro italico sono sicura mi lascerà, come incise nella roccia.
Arrivo a Roma intorno alle 13.30. Prima impressione? Il degrado, quello di cui parlano tanto in televisione. E piange il cuore: solo noi italiani non ci rendiamo veramente conto del VALORE antico, monumentale e storico del nostro Paese e lasciamo precipitare tutto in rovina, alla stregua dei mucchi fetidi di immondizia ovunque e le strade che si sbriciolano sotto i nostri piedi. Roma ne è solo un macroscopico esempio, come capitale. Doccia al B&B di Via Flaminia, qualche ora di sonno "smaltimento viaggio" e verso le 19.00 mi dirigo al punto di ritrovo, "Centro Sportivo La Mirage" di Via Baiardo. Saluti, sorrisi, anche qui trovo randonneurs amici, gente tosta con cui ho avuto il piacere di condividere la strada in altre occasioni. Mi presento agli organizzatori, ma con mio grande stupore sanno già chi sono. C'è anche il presidente ARI, mi presentano:"Lei è la Toscano...c'era anche a Bologna, alla Ravorando!". Il suo commento mi ha fatto sorridere:"Eh ma la Toscano c'è dappertutto!". Vero, non ho mai mancato un colpo e i grandi appuntamenti di giugno me li sono sciroppati tutti. La "faticosa bellezza". La partenza è prevista per le 23.00, c'è il tempo di cenare, cambiarsi, rilassarsi e prepararsi al meglio per la nottata che ci aspetta. L’attesa è snervante, tutti abbiamo una gran voglia di partire. Alle 22.00 si apre il debriefing. Ci viene illustrato il percorso nelle sue particolarità, si organizza l'uscita dal centro di Roma ripartendosi in gruppi e affidandosi a randonneurs del posto, che conoscono la città meglio delle proprie tasche. E mi tranquillizzo, forse riuscirò a non perdermi a Roma, di venerdì notte.
TAPPA 01: ROMA - ANAGNI
L’uscita da Roma city passando dal centro storico mi turbava fin dalla prima rapida lettura del roadbook. Immaginavo il caos che potesse esserci di venerdì sera, tra auto e pedoni in strada e sulle piazze e immaginare una sessantina di ciclisti non molto sani di mente “zigzagare” in quella baraonda, mi preoccupava. Fortunatamente, la “fuga” da Roma pilotata da randonneurs indigeni è stata una scelta saggia e rassicurante. Mi aggrego al gruppetto guidato da Marina, il primo pezzo è sulla ciclabile del Tevere, o meglio, una stradina tinta di rosso e quasi interamente fagocitata dalla vegetazione in molti tratti. Non ero mai stata a Roma, mai avrei pensato di attraversarla in bici e in piena notte. E’ di una bellezza disarmante anche alla luce artificiale della sera. Costeggiamo il fiume, attraversiamo Piazza del Popolo e percorriamo la Via dei Fori Imperiali e me lo vedo là, di fronte, imponente nel suo massiccio splendore: il Colosseo. Finalmente posso dire di aver visto con i miei occhi l’icona italica. Ci giriamo attorno e fatico a tenere gli occhi sulla strada, ipnotizzata da quell’antica meraviglia. In un attimo me lo ritrovo alle spalle e via veloci verso Circo Massimo. Non riesco a scorgere molto della bellezza che ho intorno, ma la respiro, la percepisco, c’è un clima speciale nella Capitale e, per me che ci mettevo piede per la prima volta, è stato magico. Marina opta per tagliare fuori la Via Appia Antica e sceglie di percorrere la Via Appia Nuova, al fine di evitare a tutti una tortura lastricata di pietre millenarie e un fondo pericolosamente accidentato ed irregolare. Ci impieghiamo più di un’ora ad uscire dalla città. Le luci dei lampioni gradualmente si diradano fino a sparire, la notte si fa più intensa. Il gruppo si disperde e senza accorgermene mi ritrovo da sola, in salita, circondata dal nulla. La strada porta a Castel Gandolfo. Pedalo per più di un’ora immersa unicamente nei miei pensieri. Non scorgo nulla intorno a me. Il buio è talmente denso che ho la sensazione di trovarmi in una camera oscura, soffocata da solide pareti nere. Mi guardo indietro più volte, ma non scorgo nessuno. Sento solo il rumore delle pedivelle che girano e il mio respiro che salendo si fa più affannato. Mi pervade un vago senso di inquietudine: mi sento come stretta in una morsa. Piano piano il bosco si dirada e gli alberi si aprono lasciando spazio al cielo nero, tinto di una luna gigantesca che sfuma di luce bianca la notte densa e appiccicosa, l’umidità è impressionante. La luce della luna mi rasserena, la notte non fa più così paura. Alzo lo sguardo e in lontananza scorgo delle lucette rosse davanti a me “sballonzolare” nell’oscurità: c’è vita in questa notte buia! Vedendomi vagare sola illuminata come un albero di Natale, mi accolgono nel loro gruppo e raccontandoci un po’ chi siamo e da dove veniamo, arriviamo a Rocca di Papa. Prima di scollinare ci vestiamo. Il freddo è pungente e l’umidità incolla le dita al manubrio. Proseguiamo per Colleferro e intorno alle 3.15 del mattino raggiungiamo il primo controllo: Anagni, la Città dei Papi. I primi novanta chilometri sono andati veloci, non ci resta che mangiare qualcosa e proseguire, godendo del fresco che, già so, rimpiangeremo molto presto.
TAPPA 02: ANAGNI – SPERLONGA
C’erano una volta una torinese, una senese, una romana (ma abruzzese!!), un mantovano e tre randagi campani. Il gruppetto più pittoresco della storia! Ma come suonano bene insieme tutti quegli accenti e quelle inflessioni! E’ come una piccola orchestra, ognuno suona il proprio strumento, ma siamo tutti lì per fare la stessa musica. Un centinaio di chilometri ci separano dal secondo controllo a Sperlonga. I primi quaranta sono di quasi totale pianura, pedaliamo tranquilli in fila indiana, è ancora troppo buio per vedere qualcosa. Incrociamo poche auto ed è la pace dei sensi. Mi sento bene, stranamente il sonno se ne sta timidamente in disparte e mi lascia tranquilla tutta la notte. Da Ceccano la strada comincia a salire dolcemente, una salita quasi impercettibile che ci risveglierà lentamente fino alle prime luci dell’alba, quando decidiamo di fermarci per una prima colazione in un baretto di Vallecorsa. Si sta facendo giorno, togliamo le luci e l’antivento, la temperatura è ottima e si pedala bene. Sono ormai passate le cinque del mattino e il sole inizia a tingere d’arancione le cime dei monti intorno a noi, ma la luna non ci pensa ancora a lasciargli il ruolo di protagonista, ancora forte della notte appena passata. Il contrasto è bellissimo: la luna e il sole che si dibattono per farsi spazio, in un cielo forse troppo piccolo per ospitarli entrambi. Superato il Passo della Quercia del Monaco arriviamo a Lenola, dove una discesa di una decina di chilometri ci riporta giù verso Fondi ed Itri. La vista toglie il fiato: la strada è a strapiombo sul mare calmo ancora assopito e scendiamo veloci col vento fresco sulla faccia. Un fantastico quarto d’ora di libertà. Fermarsi per una foto e immortalare per sempre un momento così, è d’obbligo. Si ride, si scherza, ci si abbraccia, felici di essere lì, insieme, mezzi sconosciuti, completamente matti, ma tutti amici. Queste sono le randonnée, Signori miei. Nel blu dipinto di blu, senza accorgercene intorno alle nove del mattino arriviamo nella bella cittadina di Sperlonga, dove ci aspetta un ristoro ipercalorico alla “Pasticceria Fiorelli”, con i suoi “maxi” cornetti “ultra” farciti e “stra” buoni. Diamo il cambio ad altri compagni randonneurs arrivati prima di noi e ci rilassiamo in riva al mare prima di proseguire. Da una ventina di chilometri il ginocchio destro mi fa male, è un fastidio strano e mi fa preoccupare. Per sicurezza prendo un antidolorifico prima di ripartire, non posso lasciare che un ginocchio mi guasti la festa! Si sta così bene al fresco dell’ombra, ma è ora di andare. C’è ancora tanta strada da fare e il caldo comincia a farsi sentire.
TAPPA 03: SPERLONGA – ROCCAMONFINA
La terza tappa è breve, sessantasei chilometri di cui una cinquantina di pianura sul lungo mare, con qualche piccolo strappo, ma niente di impegnativo. Nel giro di poco arriviamo a Gaeta. La strada è noiosa e trafficata, c’è molto movimento: le famiglie vanno al mare, i turisti si riversano sulle spiagge, pare che la gente sia stressata anche oggi, che è sabato! Fa caldo, veramente caldo, l’aria è irrespirabile per gli scarichi delle auto e l’inquinamento, il sole picchia in testa e non sono neanche le 10.30. Proseguiamo per Formia e rientriamo nell’entroterra da Scauri, da qui la strada progredisce in un falsopiano fino a Sessa Aurunca, dove inizia la salita che porta a Roccamonfina. La strada si inerpica tortuosa all’interno del Parco Regionale. Allungo leggermente il passo, ho fretta di arrivare al controllo per avere un po’ più di tempo per riposare, ma vado al mio ritmo, senza strafare; in salita ognuno deve andare secondo le proprie possibilità e capacità, il ginocchio ha smesso di farmi male e ne approfitto. Guardo a monte per avere un’idea di cosa mi aspetta. Fumi si disperdono verso l’alto e tutto intorno: le sterpaglie lungo la strada bruciano e in alcuni tratti mi ritrovo a pedalare in mezzo alle fiammelle. Tutto regolare, le donne fanno il bucato e i bambini giocano nei cortili, come se nulla fosse. Respirare quel fumo a pieni polmoni, però, non è stato proprio il meglio che potessi sperare. Salgo agile, la pendenza non è proibitiva, ma è costante. Gli altri sono rimasti indietro, ma non credo di molto. Arrivo a Roccamonfina intorno alle 12.50, dove mi aspetta tanto cibo, dell’acqua fresca e altri randonneurs stanchi che ne approfittano per chiudere gli occhi qualche minuto. Divoro un piatto di pasta fredda, una bruschetta mega, due mozzarelle, una fetta d’anguria e un pezzo di crostata. La fame è una brutta bestia ed è dalla sera prima che non mangio “cibo vero”. Ci voleva per proseguire. Un quarto d’ora dopo arriva il resto della truppa. Alle 13.40 decido di ripartire in autonomia, tanto sulla strada ci si ritrova sempre. Mi aspetta la tappa più dura del percorso e devo affrontarla con cautela, nelle ore più calde della giornata.
TAPPA 04: ROCCAMONFINA – PESCASSEROLI
Ho percorso 260 chilometri, sono ormai più di dodici ore che sono in sella. Questa tappa è lunga e porta con sé quasi 2000 metri di dislivello, quasi un terzo del totale. Saluto gli altri e dico loro che inizio ad incamminarmi piano piano. Mi sono fermata quasi un’ora, il tempo è tiranno. Prevedo che non arriverò a Pescasseroli tanto presto, ma spero comunque di arrivarci che è ancora giorno. Da Roccamonfina mi lascio trasportare dai dieci chilometri di discesa “digestiva” all’ombra degli alberi, mi godo quella vaga sensazione di fresco prima che il caldo mi falci le gambe. Pedalare da soli ti apre la mente. Proseguo assorta nei miei pensieri nel primo tratto pianeggiante, da San Marzano Appio a Vairano Scalo e Vairano Patenora. Salgo dolcemente a Pratella, il paese dell’acqua Lete, dove scorgo una fontanella e mi ci fiondo immediatamente. L’acqua gelida mi rinfresca, mi bagno la testa, le braccia, le gambe e bevo avidamente, neanche avessi la possibilità di tenere riserve d’acqua come i cammelli, ma chissà quando mi ricapita un’altra fortuna simile! Riempio le borracce e riparto rinvigorita. Il cielo si cosparge di nuvoloni neri, si sente qualche tuono in lontananza, sembra che voglia piovere e tutto sommato non farebbe male un po’ di pioggia. Ci prova, scende qualche goccia, ma il temporale non arriva. Anche il tempo vuole illudermi, un po’ come la strada che mi aspetta. Proseguo per Fragneto e Capriati Volturno, senza accorgermene mi ritrovo in provincia d’Isernia: per un attimo lascio il Lazio e approdo in Molise. C’è un ristoro intermedio al chilometro 308, ben prima di arrivare a Pescasseroli, è quello il mio primo obiettivo. Inizio a leggere le indicazioni per Filignano e mi sento subito meglio. L’aria è bollente, le nuvole passano veloci e il sole non smette mai di tirarmi per i capelli. Finalmente appare il cartello di “Benvenuti a Filignano”, tra me e me penso “dai che ci siamo, manca poco”. La strada prosegue ancora e ancora, ma di Filignano manco l’ombra. Non so quanti chilometri dopo, a me comunque sono parsi tantissimi, un altro cartello di benvenuto, ma quattro case sparse e del paese nulla. Anche Filignano vuole illudermi, così come il tempo, così come la strada, così come questa maledettissima tappa infinita. Salgo ancora, sto facendo fatica, mi prende sonno. Eccola, la tanto temuta crisi di sonno, ha deciso di attanagliarmi alle cinque del pomeriggio, quando finalmente riesco a raggiungere ‘sto benedetto controllo. Caffè triplo, due red bull, tappa in bagno e intanto gli altri mi raggiungono e mi superano. Han trovato lungo anche loro. Meno male, credevo di avere soltanto io qualche “problema”. Non voglio perdere tempo, restano ancora ottanta chilometri e per giunta i più impegnativi, il bello deve ancora venire e io non riesco a tenere gli occhi aperti. Ciondolando a destra e sinistra proseguo lentamente sulla strada che porta a Scapoli. Si sale lievemente, i tornanti sono irregolari, frastagliati. Fai una curva e poi hai di fronte a te un drittone che pare infinito, poi arriva un altro tornante “a gomito” e continui a salire, piano, sempre più piano, perché cominci a sentire le gambe pesanti e la testa lorda. Non c’è nulla da fare, il sonno non mi molla e nelle discese inframezze chiudo gli occhi. Penso di averne dormite un paio, a dirla tutta. Provo a combatterlo canticchiando, ma questa volta il risultato è poco soddisfacente. Cambio canzone, ma nemmeno così riscontro grossi miglioramenti. Sono stanca, c’è poco da fare, e la sensazione di non progredire per niente è un pugno nello stomaco che ti lascia senza respiro. Più vado avanti, più perdo il senso del tempo e della distanza. Ho l’impressione di aver macinato chilometri su chilometri, ma in realtà sono sempre più o meno nello stesso punto. E’ avvilente, è snervante e il morale è scarso. Raggiungo di nuovo gli altri, vedo che anche loro vanno a rilento. Mi lancio giù per la discesa e riprendo fiato. Il panorama è stupendo. Siamo “spersi” in mezzo alle montagne, i paesini sono arroccati sui promontori, agglomerati di case che paiono sospesi nel vuoto e incastonati nella roccia. E’ una visione piacevolmente insolita, ma qui è normale amministrazione. In qualche modo raggiungo Castel San Vincenzo col suo splendido laghetto uscito da qualche film fantasy, mancano solo fate e folletti a completare il bel quadro. C’è addirittura chi fa il bagno, ma devo ammettere che inizia finalmente a fare frescolino, in fondo sto salendo di quota e due chilometri dopo arrivo al valico di San Francesco, con i suoi 1054 m s.l.m., al confine tra L’Aquila e Campobasso. Dopo cinque interminabili chilometri raggiungo Alfedena. E’ ora di cena, il sole sta tramontando e ho ancora un bel pezzo di strada davanti a me. Cerco di aumentare un po’ il passo, ma non ne ho più. Vorrei solo scendere dalla bici e sdraiarmi su di una panchina a dormire. Provo a distrarmi dalla strada a dai chilometri che mancano pensando a qualcosa di bello, di piacevole, qualcosa che mi mette di buon umore. Un po’ mi aiuta e la strada passa un po’ più veloce. Sta facendo di nuovo buio, dannazione. Volevo arrivare a Pescasseroli di giorno, ma niente, non ce l’ho fatta. Mi fermo a montare di nuovo luci, lucine e lucette. Arrivo a Barrea che è praticamente notte, riesco ancora a scattare una foto dello splendido lago con un chiaro barlume dietro le montagne sagomate. Poi, la mazzata finale: vedo l’indicazione per Pescasseroli, ancora 21 chilometri. Lì avrei voluto veramente mandare tutti al diavolo e tornarmene a casa, nel mio morbido letto. Mi incazzo, pesto sui pedali con rabbia e frustrazione. E’ buio pesto e ancora una volta mi ritrovo in una strada in mezzo ad un bosco, contornata da mille lucciole intermittenti. Sembrano occhi famelici e sale un senso d’inquietudine. Leggo il cartello “ATTENTI AGLI ORSI” e non mi sento per niente rassicurata. Come se non bastasse, orde di cani randagi affollano quelle strade, probabilmente pastori di qualche gregge nascosto nel buio, io sento solo qualche belato, ma non vedo nulla. Lo scenario è da brividi e io sono da sola. Non mi sento più Biancaneve, ma Cappuccetto Rosso che sta cercando in tutti i modi di arrivare dalla nonna col suo cestino della merenda, con il lupo cattivo alle calcagna che potrebbe saltar fuori da un momento all’altro da quella fitta oscurità. Pedalo più forte che posso per quanto ne ho, per quanto riesco, per quanto posso. Torna il freddo, ma non mi fermo a vestirmi. Torna l’umidità e le dita mi si incollano nuovamente al manubrio. Arrivo a Pescasseroli che sono ormai le 22.00 passate. Voglio solo liberarmi di ogni cosa, della bici, delle luci, dei vestiti sporchi, mangiare e provare a dormire. Poco prima di me è arrivato anche Fausto, randagio di Biella conosciuto a Bologna alla Ravorando. Ha forato nella notte ed è rimasto solo, abbandonato a sé stesso. Mi chiede se sono sola, gli rispondo di sì, gli spiego che gli altri erano con me, ma non so a che punto fossero perché si sono fermati per strada, che sono ore che vago da sola. Allora mi propone di mangiare insieme, dormire qualche ora e ripartire intorno alle cinque del mattino. Va bene, mi va bene tutto, pur di non ritrovarmi ancora spersa da sola nei boschi in mezzo ai lupi e agli orsi. Arrivano telefonate di randonneurs che hanno deciso di ritirarsi e chiedono di essere recuperati. E’ stata veramente dura per tutti, per alcuni molto di più. Mangiamo come se non mangiassimo da settimane. Cerco di darmi una ripulita, ma mi prende freddo. Mi corico sul materassino, sono stravolta, ma ho i brividi e così non riesco a chiudere occhio. Mi viene in mente di avere la metallina nel borsello, corro subito a prenderla. Appena mi infilo nel sacco, un’ondata di calore mi pervade e crollo immediatamente, mi addormento per poco e poi mi risveglio, disturbata dall’andirivieni di altri stanchi viandanti. Diciotto “microsonni” di un quarto d’ora non faranno mai una dormita completa, ma è meglio di niente, è meglio che essere soli, al freddo, in un bosco, nella notte.
TAPPA 05: PESCASSEROLI – CASTEL DI TORA
Alle 04.30 apro gli occhi, per l’ennesima volta. Anche l’ultimo microsonno è terminato. Vedo che anche Fausto è sveglio e, senza pensarci due volte, decidiamo di rimetterci in marcia. Gli altri sono già partiti, ma sono sicura che li ritroveremo presto, in qualche bar. Da Pescasseroli c’è ancora un falsopiano schifoso come quelli del giorno prima e poi un lunghissimo tratto di discesa. Fa freddo, veramente freddo per essere il primo di luglio, ma d’altronde siamo praticamente in montagna, è normale. Nemmeno l’aria fredda sulla faccia riesce a ridarci un tono, imploro Fausto di fermarsi al primo bar aperto perché ho bisogno di un caffè. Come mi aspettavo, gli altri li ritroviamo proprio in quello stesso bar. Mi tracanno due cappuccini e mi divoro due saccottini alla nutella, ancora caldi, una prelibatezza. Mi bevo l’ultima red bull rimasta da Filignano e ho l’impressione di essere veramente pronta per ripartire. Questa dovrebbe essere una tappa “facile”, a parte una piccola “gobbetta” di qualche chilometro è tutta pianura e falsopiano; ma non fa niente, abbiamo già 400 km nelle gambe e due notti insonni, nulla si può definire semplice in quelle condizioni e con il caldo che presto tornerà a martellare le nostre teste. Un paio di soste per forature, nel giro di un’oretta passiamo Avezzano e proseguiamo per Scurcola Marsicana. Il tratto è pianeggiante, ma la stanchezza prende il sopravvento e al primo cavalcavia mi rendo conto di aver raggiunto quasi il punto limite. Resto indietro, ma prima Antonella e poi Fausto mi aspettano. A Tagliacozzo la crisi raggiunge il culmine. Ho sonno, ho veramente voglia di dormire. Ci fermiamo in panetteria, mi mangio una pizzetta e spero serva a riaccendere i motori. Niente, sono alla frutta. Marina mi consiglia di fermarmi e chiudere gli occhi un quarto d’ora. Le dico che se mi fermo a Roma non ci arrivo più. E’ metà mattina, mancano un centinaio di chilometri e dobbiamo rientrare entro le 16.00. E’ un rischio che non voglio correre. Fondamentalmente sono abituata a queste crisi, normalmente durano una o due ore e poi passano da sole. Questa volta però non ne sono così sicura, non ho la certezza di riuscire a riprendermi davvero e questo mi manda fuori. Cerco comunque di ostentare calma e provo con tutte le forze mentali rimaste a scacciare questa preoccupazione. Non mi fermo, proseguo lentamente, anzi, ad una lentezza disarmante. Dico loro di non curarsi di me, di andare al loro passo. Ovviamente la risposta è negativa.
TAPPA 06 – CASTEL DI TORA - ROMA
Fausto si sacrifica e resta al mio fianco, mi trascina fino a Castel di Tora, dove mangiamo ancora qualcosa, ma non voglio fermarmi tanto, sono quasi le 11.00 e mancano ottanta merdosissimi chilometri a Roma, ciò significa ancora tre o quattro ore di sella almeno. Cerco di godermi ancora un po’ il panorama, ma sono letteralmente rapita da un sonno indescrivibile. Castel di Tora è un posto veramente speciale, il lago, il Castello sulla roccia e il paesino che inerpica tutto intorno. Veramente bello, ma io voglio porre fine alle mie sofferenze ed arrivare a Roma il prima possibile, buttare la bici in un fosso e sdraiarmi all’ombra di una pianta con una bella birra fresca in mano. C’è ancora un’ultima salita non da poco di cinque o sei chilometri. Vi ho già parlato del caldo, quindi non ve ne parlerò più. Io e Fausto saliamo in modalità “risparmio energetico”, sta diventando una sofferenza per tutti e i chilometri rimanenti sembrano ormai pochi, ma in realtà sono ancora tanti. Più volte abbiamo l’impressione di scollinare, ma subito dopo arriva un’altra rampa maledetta a stroncare tutto il nostro entusiasmo. Ci versiamo continuamente acqua addosso, come si fa con le balene arenate sul bagnasciuga. Serve, a poco, ma serve. Finalmente arriva la discesa, da qui in avanti dovrebbe essere una passeggiata. Riesco a riprendermi un po’, quel tanto che basta per tenere un’andatura dignitosa. Ci fermiamo due volte al bar, prima per un gelato, per rinfrescarci poi. Trentacinque chilometri ci separano dalla Città Eterna, ripartiamo galvanizzati da questa notizia e filiamo veloci sulla Salaria. Entusiasmo che sbiadisce sulla Via Tiberina, dodici chilometri per entrare nella Capitale, sfracassati di buche, crateri, cose dell’altro mondo. Le mani e i polsi mi fanno male per tutti gli scossoni, perdo il ritmo, devo rallentare per evitare di spaccare tutto e arrivare a Roma con le ruote quadrate. Il Garmin mi segnala che ci sono 37 gradi. Possibile, l’aria è bollente e non si respira. Rientrare in città è stato snervante, le strade devastate, il traffico, le prostitute. Non è proprio un bello scenario per una Capitale, così come non è bella una ciclabile così trascurata e che paesaggisticamente offre una profumata vista sui depuratori romani. Poco mi importa in quel momento, resta un solo chilometro, l’ULTIMO di seicento dannatissimi chilometri e dopo 39 ore di viaggio, finalmente ritorniamo al punto di partenza, dove tutto è iniziato finalmente tutto finisce. Veniamo accolti con entusiasmo, il presidente Luca Bonechi e gli organizzatori vengono a complimentarsi con noi. Abbracci e foto di rito. Il sonno è passato, adesso è tempo di sorridere e ripensare a quanto abbiamo sofferto, a quanto abbiamo patito, ma soprattutto a quanto siamo stati tosti per sopportare tutto questo. Un’altra decina di randagi arriva ancora dopo di noi, applausi, urla, bravi tutti. Ci facciamo una doccia veloce e ci mangiamo una bella pizza tutti insieme. Una volta tolti di dosso caschi, occhiali, tutine da bici, si scoprono realmente i volti delle persone con cui hai trascorso tantissime ore, che due giorni prima nemmeno conoscevi e due giorni dopo hai l’impressione di conoscerli da una vita. L’entusiasmo supera di gran lunga la stanchezza e si festeggia un’altra grande impresa. Se ripenso a quanto ho sofferto, mi viene da piangere, mi viene da ridere, mi viene da chiedermi perché ho scelto questa vita da randagia. La risposta in fondo non è poi così complicata: tutto questo è VITA, è ossigeno puro nei polmoni, ogni sensazione è amplificata, è come un nervo a fior di pelle. Senti che CI SEI, che se vuoi, puoi tutto. E’ un mondo di testardi, matti-cocciuti, che del dolore ne han fatto una terapia: soffrire è alla base di ogni grande soddisfazione nella vita, che non è altro che una randonnée “un po’ più lunga”.
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Terremoto Macerata, a Muccia si teme per le poche case ancora agibili. “Mai smesso di avere paura” La scossa di terremoto di magnitudo 4.7 avvenuta alle 5:11 con epicentro a 2 km da Muccia (Macerata) “ha fatto crollare il piccolo campanile della Chiesa del ‘600 Santa Maria di Varano” (
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I campi concentramento per i civili nell'Africa italiana
Preso da: http://www.criminidiguerra.it/campiafrica.shtml
Campi di concentramento (16 in Libia 1 in Eritrea 1 in Somalia) Campi di rieducazione (4) Campi di punizione (3) Nei campi vennero inviati sia le tribù allontanate dal Gebel el- Achdar sia gli indigeni appartenenti a tribù seminomadi vaganti attorno alle oasi o all'interno. I principali campi di concentramento furono Soluch (a sud di Bengasi); Sidi el Magrum (a ovest di Bengasi) ;Agedabia (a 200 km a ovest di Bengasi) nelle vicinanze della primitiva sede della Senussia per dare un segnale alla resistenza senussita della forza dei coloniali italiani;.Marsa el Brega; el Abiar; el Agheila. Nei campi di rieducazione inviati giovani appartenenti a tribù più evolute per trasformarli in impiegati utili all'amministrazione coloniale. Nei campi di punizione tutti coloro che avevano commesso reati o ostacolato l'occupazione italiana.
Testimonianza di un sopravvissuto Reth Belgassen recluso ad Agheila (cfr Ottolenghi op. cit.): "Dovevamo sopravvivere con un pugno di riso o di farina e spesso si era troppo stanchi per lavorare... ricordo la miseria e le botte... Le nostre donne tenevano un recipiente nella tenda per fare i bisogni... avevano paura di uscire rischiavano di essere prese dgli etiopi o dagli italiani…le esecuzioni avvenivano... al centro del campo egli italiani portavano tutta la gente a guardare. ci costringevano a guardare mentre morivano i nostri fratelli. Ogni giorno uscivano 50 cadaveri." Testimonianza della propaganda fascista "L'Oltremare": "... Nel campo di Soluch c'è ordine e una disciplina perfetta e regna ordine e pulizia". Dopo il crollo della dittatura Canevari, che era stato comandante in Cirenaica, scrive: "Noi non abbiamo mai creato campi di concentramento in Cirenaica ma solo delle riserve in campi splendidamente sistemati e forniti di tutto il necessario dalle tende ai servizi idrici ... In tal modo il governo italiano li sottraeva dal dilemma o rifornire i ribelli o cadere sotto le loro vendette. Dopo la permanenza nei campi, le popolazioni della Cirenaica tornarono alle loro terre rinnovate dalla scienza e dalla scuola" La mancanza di volontà nell'ammettere l'esistenza di campi di concentramento in Libia, fa scrivere nel 1965, nel resoconto di G. Bucco e A. Natoli sulla "Organizzazione sanitaria in Africa" dal Ministero degli Affari Esteri, che "La maggior parte degli Auaghir viveva, prima di raccogliersi nella zona di Soluch, nelle zone... del Gebel", quando invece queste tribù vi erano state deportate. Motivi di chiusura dei campi 1) riduzione delle rivolte specialmente dopo l'esecuzione di Omar.el-Muktar. 2) coloni italiani già insediati nelle zone assegnate loro del Gebel cirenaico. 3) le popolazioni nomadi e seminomadi non avevano assimilato il tipo di vita sedentario imposto nei campi. 4) pericolo di epidemie per l'alto numero di individui inviati nei campi. 5) costi eccessivi sia dal punto di vista economico che militare.
CAMPI DI CONCENTRAMENTO LIBIA 1930/1933PROVENIENZA E/OCARATTERISTICHE DEI RECLUSILAVORI DEI RECLUSINUMERO RECLUSI ALL'APERTURANUMERO RECLUSI ALLA CHIUSURASOLUCHGEBEL EL-ACHDAR E ZONA ATTORNO BENGASI (TRIBÙ SEMINOMADI)LAVORI STRADALI E EDILIZIA COLTIVAZIONE TERRA ALLEVAMENTO20000 14500EL-MAGRUMGEBEL EL-ACHDARLAVORI STRADALI E EDILIZIA COLTIVAZIONE TERRA ALLEVAMENTO130008500AGEDABIANOMADI MOGARBALAVORI EDILIZI FERROVIARI COLTIVAZIONE ALLEVAMENTO900075OOMARSA EL BREGAMARABTIN PROVENIENTI DA OLTRE 500 KM MARCIA DI 2 MESI ALTRI VIA MARE NE PARTIRONO13200 NE ARRIVARONO10000 LAVORI STRADALI ALLEVAMENTO20072 EL-ABIARTRIBÙ NOMADI ENTROTERRA DI BENGASICOSTRUZIONE DI STRADE PASTORIZIA8000 APOLLONIA 628 BARCE 438 AIN GAZALA 426 DRIANA 275 EL NUFILIA 225 DERNA 145 COEFIA-GUARSCIA 145 SIDI CHALIFA 130 SUANI EL TERRIA 100
CAMPI DI PUNIZIONE DETENUTI COMPLESSIVITIPOLOGIA DETENUTI NOCRA 1895 1930 ERITREA3000 UOMINISINO AL1910 DELINQUENTI COMUNI POI DETENUTI POLITICI EL AGHEILA 1930 LIBIA30000 UOMINI 4500 DONNETRIBÙ RIBELLI, NOTABILI SENUSSITI, DEPORTATI FUGGIASCHI DAI CC DANANE 1935 SOMALIA6500UOMINI 500 DONNEVOLUTO DA GRAZIANI PER ACCOGLIERE I COMBATTENTI DELLE ARMATE DI RAS DESTA'(FRONTE SUD) MA POPOLATO DAL 1936 DI NOTABILI DI MEDIO E BASSO RANGO, DI EX UFFICIALI DI MONACI COPTI DI PARTIGIANI ETC.3175 MUOIONO PER SCARSA ALIMENTAZIONE, MALARIA ENTEROCOLITE,MANCANZA DI IGIENE
CAMPI DI RIEDUCAZIONE ANNESSI AI CCNUMERO DI INTERNATISCOPO DEL CAMPOSOLUCH500 MASCHI 60 FEMMINEINSEGNAMENTO PROFESSIONALE /ECONOMIA DOMESTICASIDI EL MAGRUM200 MASCHI 30 FEMMINEARTIGIANATO/ECONOMIA DOMESTICAAGEDABIA120 MASCHI 10 FEMMINESCUOLA DI AGRICOLTURA E ORTICULTURAMARSA EL BREGA600 RAGAZZISCUOLA MILITARE COMANDO TRUPPE INDIGENE
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600 km contro l'amore.
Sono innamorata di te come non lo sono mai stata di nessun altro.
Ho scoperto che significa guardare qualcuno e pensare che è davvero lui la tua felicità. Sono innamorata di te e vorrei passare il resto della mia vita a farti sorridere perché mi piace troppo, perché è bellissimo, sei bellissimo.
Mi piace guardarti, guardarti fare tutto anche prendermi in giro.
Sono innamorata di te, e forse sarà uno dei miei primi dolori veri, forse sarà la mia sconfitta o forse sarà la felicità della mia vita, non voglio tenermi il dubbio, ho intenzione di andare fino in fondo, ho intenzione di scoprirci. Sono innamorata di te e per la prima volta nella mia vita, mi permetto il lusso di immaginare il futuro con una persona credendo davvero ai miei pensieri. Cercando ogni giorno di farli diventare realtà e non sperare semplicemente, ma mettendomi d'impegno per realizzare questi sogni o progetti... più tosto progetti perché sembra più concreto.
E non te lo nascondo bimbo mio, ho così tanta paura di vederti scivolare tra le mie mani che a volte penso di esagerare.
Ma sono innamorata di te e non ho intenzione di arrendermi alle difficoltà, alla distanza.
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Rave di mezzano: Com'è stato veramente? Cosa ha significato per noi giovani del posto?
Come sappiamo ad agosto del 2021 in provincia di Viterbo sul lago di mezzano, si è svolto un immenso rave party che ha fatto molto discutere per la sua illegalità.
Abbiamo sentito molte notizie in merito, ma quanti di voi realmente c'erano?
In queste righe voglio raccontarvi la mia esperienza e le mie considerazioni in merito ad un evento che ha sconvolto la tranquilla zona dell'alta Tuscia.
•introduzione
•sostanze stupefacenti
•i morti
•pensiero dei locali
•pensiero dei partecipanti
•accoglienza e fraternità
•rispetto per l'ambiente
•guadagno per la attività
•occupazione proprietà privata
•preoccupazione per il covid
•miti e leggende
•maltrattamento animale
•centro di primo soccorso
•conclusioni
•chi sono io
Introduzione
È il 2018, io ed altri 6 amici stavamo montando le tende sulle rive del lago di mezzano, il giorno dopo sarebbe stata lpasquetta e noi avevamo iniziato a festeggiare già dalla sera prima.
La mattina dopo ci raggiunse tutto il paese, eravamo 50/60 persone sulla riva del lago.
Intanto noi più piccoli si studiava la situazione è qualcuno propose:
-pensa a farci un rave party.
-un rave party a mezzano?!? Risposero gli altri
-ma si pensa che fino che sarebbe, li ci andrebbe il dj e li il bar.
Passano gli anni, arriva il covid e quel desiderio è ormai lontano, finché un giorno; il 14/08/2021 arriva un messaggio sul nostro gruppo di whatsapp.
È un articolo di un giornale locale che dice:oltre 600 persone ad un rave sul lago di mezzano.
È il delirio
-ma che dici?!? Scrive qualcuno
-si è vero! Ci sono un sacco di camper sulla strada. Risponde qualcun'altro.

(Il rave di mezzano visto da lontano)
Insomma non sapevamo cosa aspettarci, se fosse stato un bene o un male e se avere paura dei partecipanti soprattutto.
Va a finire che ci incontriamo quel pomeriggio al bar, prendiamo le macchine e andiamo a controllare.
La situazione è tranquilla, Gente che balla, chi va al lago, chi beve e chi parla.
Ci spiega qualcuno che staranno li finché avranno acqua e che vogliono solo fare festa x divertirsi.
E dopo averci chiesto se fossimo giornalisti, ci salutano e vanno per la loro strada.
Così sempre più gasati ce ne torniamo a casa organizzandoci per la sera.
Alle 23 dello stesso giorno ci incontriamo al solito bar, tutti pronti, direzione Teknival space travel.
Per arrivare sbagliamo strada, parcheggiamo lontano e dobbiamo attraversare 3 km di campi, ma nonostante tutto arriviamo alla terra promessa.
Senza farci troppi problemi ci mettiamo a ballare, in quella specie di paese dei balocchi, popolato da gente di ogni tipo, che sta più fuori di noi e che non giudica il prossimo per le apparenze.
Così in un attimo veniamo rapiti da quel mondo psichedelico e fino ad allora a noi sconosciuto.

(Uno dei tanti palchi del rave di mezzano)
Sostanze stupefacenti
C'erano cartelli affissi fuori dai camper di chi vendeva dprga, con su scritte le "specialità della casa" : ketamina tot€ al g, mdma tot€ al g, cocaina tot€ al g e così via.
Era presente ogni tipo di sostanza stupefacente, pensate persino il gas esilarante.
E ci ho messo un po a capire cosa ci facessero le persone con quei palloncini gonfi che portavano in mano.
Le mafie hanno guadagnato molto dall'evento questo è vero, oltre che criticabile.
Ma cosa vogliamo aspettarci da un rave?
La gente ci va per drogarsi ed è solo meno nascosto rispetto ad altri luoghi.
La libertà con la quale se ne fa uso è una caratteristica dell'evento e di chi ne fa parte, da accettare anche non volendola condividere.
I morti
Non sto cercando di istigare l'uso di droga, è una cosa seria e terribile che nei casi peggiori può rovinare le persone e uccidere per overdose.
Ma se la si assume sulle rive di un lago, pericoloso e dichiarato assolutamente non balneabile come è il lago di mezzano, ecco che anche in piccole dosi, la più leggera delle droghe può rivelarsi fatale.

(lago di mezzano, foto del 2019)
Tutti noi locali siamo scioccati e vicini alle famiglie delle vittime del rave di mezzano, ma è stata una cosa che temevamo sarebbe potuta succedere da quando abbiamo appreso la notizia del festival.
Io ed i miei amici siamo cresciuti con molti racconti sul lago di mezzano; storie di mulinelli, sabbie mobili e gente annegata, storie che però non ci hanno mai impaurito a tal punto da proibirci un bagno.
Ora che però è sicuro il fatto che qualcuno sia morto lì dentro, non siamo sicuri di tornare a balnearlo, non tanto per paura ma quanto per rispetto ed impressione nei confronti dell'accaduto.
Pensiero dei locali
Se stava a casa sua non succedeva, così ha commentato il lutto il proprietario del terreno occupato dal Teknival space travel, parole forti ed offensive secondo alcuni seppur vere e condivise dalla maggior parte delle persone.
Altri sostengono di aver voluto vedere il rave di mezzano in fiamme; inneggiando alle camere a gas, ai bombardamenti con il napalm e al ritorno del duce, dicendo che "se ci fosse stato lui non lo avrebbe permesso ".
Purtroppo fanno parte di questi anche molti giovani, che di fronte al diverso preferiscono rintanarsi nelle vecchie ideologie piuttosto che comprendere le nuove.
Fortunatamente ci sono anche state persone razionali che hanno cercato di comprendere la situazione prima di dare un loro giudizio, non perforza dichiarandosi a favore.
Io vi ho partecipato e sono stato contento dell'esperienza che ho vissuto, ognuno ha deciso di parteciparvi oppure no, ma provo un senso di pena nei confronti di chi giudica senza conoscere.

Pensiero dei partecipanti
Ci sono varie interviste riportate da diversi giornali, ho cercato di riassumere quelle secondo me più significative per comprendere il punto di vista di chi lo ha vissuto.
Giornalista: mi sai spiegare perché c'è gente che fa centinaia di km per venire ad un rave party non autorizzato?
Intervistato 1: perché gli garba drogarsi alla gente gle lo devo dire sinceramente è così, io no ma alla gente gli garba drogarsi.
Giornalista: a livello di organizzazione?
Intervistato 1: è organizzato bene, ci sono anche i medici, da bere, da mangiare, non manca nulla.
Marco: noi vogliamo solo la musica, divertirci e dove spocchioso puliamo.
È una carovana; un gruppo di ragazzi che montano delle casse e che rischiano per farci divertire, perché comunque andiamo contro la siae e contro i locali, che comunque a me non piacciono perché se devo andare in un locale, entrare a mezzanotte, uscire alle 5 ubriaco, in una situazione in cui se mi metto alla guida sono un pericolo, preferisco così, almeno noi diamo il tempo di far riprendere la gente.
Non è un reato, questa è musica, I reati sono altri! la musica il divertimento non è un reato!
È illegale solo perché non c'è la siae, non c'è un locale dove pagare 40€ di ticket parliamoci chiaro.
Giornalista: non temete l'intervento delle forse dall'ordine?
Intervistato 2: certo certo, gli portiamo sempre rispetto ma vorremmo altrettanto, perché capisco il terreno e tutto, però questo si può sempre superare, si può sempre parlare, perché siamo umani siamo fatti per parlare.
Giornalista: voi sapevate del ragazzo morto?
Intervistato 3: no! Proprio ora l'ho saputo, io non ho visto nulla, nemmeno gente triste, erano tutti felici.
Manuel: questi ragazzi non vengono qui a costruire, non mettono il cemento, è temporaneo tutto ciò, gli animali si spaventato e scappano ma poi potranno farvi ritorno, in una città come new York, gli animali non potranno più viverci serenamente.
Natan: probabilmente è stata una risposta alla chiusura, è criticabile per il fatto del covid.
Siamo in tanti e tanti sono vostri figli o fratelli, c'è non siamo alieni.
Visti da fuori sembra una banda di chissà che, però è bello, ognuno si sente a casa.
Accoglienza e fraternità
Gente cordiale, rispettosa, che si vuole bene (almeno quella che ho conosciuto io), che ti accoglie pur non conoscendoti, che ti chiede scusa se ti urta.
Fratelli, questa è la parola che mi viene in mente, regnava una fraternità infinita, valore che non ho mai vissuto così a pieno come in quei giorni.
Certo tra la massa ci sarà sempre la pecora nera di chi si comporta male, ma posso assicurare che non è ben visto in questo mondo.
Insomma l'educazione prima di tutto.

Rispetto per l'ambiente
Circa 20 anni fa, sul lago di bolsena, ci fu un evento simile.
La carovana, così allora era chiamata ma era un rave a tutti gli effetti.
Fatto sta che arrivarono sulla spiaggia di Grotte di Castro circa 4000 ravers fermandosi per una settimana.
Anche lì ci furono le stesse preoccupazioni dei residenti, ma ci fu una differenza sostanziale; quando nel 2000 la carovana lasciò la spiaggia aveva seminato una distesa di rifiuti: plastica, bottiglie, siringhe, insomma la lasciò talmente sporca che i ristoratori fecero prima a chiudere vista l'assenza di turismo dopo l'evento.
20 anni dopo la preoccupazione era la stessa; lasceranno sporco ed incoltivabile il campo occupato?
La risposta è no!
Ho visto all'interno del rave di mezzano più rispetto per l'ambiente di quanto non lo abbia mai visto in nessun altra parte.
Oltre ai secchi fuori dai bar, non era raro incontrare gente che a qualsiasi ora girava per il teknival a raccogliere le cartacce che i più ignoranti lasciavano cadere a terra.
La gente in generale ti guardava male se gettavi a terra un solo mozzicone di sigaretta.
Una cosa da cui molti locali dovrebbero prendere spunto e che veniva fatta da alcuni bar al rave di mezzano era quella di far pagare circa 3€ il bicchiere oltre al prezzo della birra, così da farlo riutilizzare al cliente.
Una volta terminato il rave i partecipanti hanno si lasciato l'immondizia sul posto, ma ammucchiata e pronta per essere portata via.

(cumuli di rifiuti al termine del Teknival space travel)
Questo perché nel 2021 non è così facile sbarazzarsi di grandi quantità di rifiuti.
Insomma paragonando i 2 eventi (questo è quello del 2000) è chiaro che in 20 anni la società ha maturato un senso di rispetto e preoccupazione verso l'ambiente non indifferente.
Guadagno per le attività
"Per quanto mi riguarda ce ne vorrebbe uno all'anno di rave" questo è ciò che ha affermato il proprietario di un bar locale poco dopo l'evento.
"Sono persone gentili, rispettose di chi lavora, non rubano, pagano in anticipo e che ci stanno facendo lavorare come non abbiamo mai fatto in questo periodo " ha continuato.
È vero stanno commettendo un illegalità, ma la svolta economica che hanno portato alle attività locali non può essere trascurata.
Occupazione proprietà privata
In effetti tra le altre accuse fondate contro il rave di mezzano, quella dell'occupazione di proprietà privata è molto giustificata.
E questo è stato un grande sbaglio da parte degli organizzatori.

(un altro palco del rave)
Preoccupazione per il covid
Un altro problema in cui è andati in contro inevitabilmente l'evento è stato quello del covid.
Un evento di 10.000 persone, senza gli appositi controlli si sarebbe potuto trasformare in un gigantesco focolaio.
Il secondo ragazzo morto era positivo al covid, ciò ha implicato la presenza del virus al rave.
Addirittura qualcuno ha ironizzato sul fatto dicendo "sono bravi ragazzi che si vaccinato da soli" riferendosi alle siringhe trovate per terra (siringhe che non ho mai visto).
Per la mia esperienza posso confermare che nonostante le 10.000 persone, lo spazio era veramente ampio, evitando così di formare la tipica calca delle discoteche.
Insomma: c'è stato il covid al rave? Si!
È stato sbagliato e rischioso organizzare una festa del genere in piena pandemia? Si!
L'evento ha incrementato in maniera significativa i contagi della zona? No!

(Uno dei palchi era allestito a tema covid, sembra che i ragazzi che lo hanno creato venissero dalla Grecia)
Miti e leggende
Scannano le pecore! Rubano le auto! Entrano a casa della gente! Dove passano non cresce più l'erba!
Ci sono state si cose orribili e sbagliate ma non è corretto inventarsi delle storie come queste per fomentare l'odio della gente.
Maltrattamento animale
La cosa peggiore a cui ho assistito è che condanno fortemente per quanto mi abbia schifato è stato il modo in cui abbandonavano a loro stessi i cani.
Molto raver arrivavano, scioglievano i cani e pretendevano di ritrovarli sani e salvi dopo giorni di festa, senza preoccuparsi di farli mangiare, bere e riparare dal sole.
Molti cani sono morti per la sete o magari per aver mangiato qualche droga finita in terra.
Ricordo due episodi in particolare: il primo quando passando davanti ad uno dei tanti cumuli di rifiuti, sentii un forte odore di morto in stato di decomposizione.
Il secondo invece, più palese del primo fu di assistere alla sofferenza di un cane morente steso per terra difronte a quelli che penso siano stati i padroni, che indifferenti continuavano a vendere adesivi e felpe.
Quindi si la storia dei cani morti è vera, non esiste alcun motivo al mondo per giustificare un comportamento simile.
Va bene il divertimento ma tenete per bene i cani, e se proprio non potete farlo, allora lasciateli a casa!!!
Centro di primo soccorso
C'era un centro di primo soccorso che spiccava al centro del teknival.
Incuriositi siamo andati a conoscere la gente che lo aveva allestito.
Ad accoglierci abbiamo trovato dei ragazzi nelle mansioni di: un chimico, uno psicologo, un assistente sociale, un medico ed il loro relatore.
Ci hanno spiegato di essere degli specializzandi dell'università di Torino, che hanno approfittato della loro tesi per unirsi all'evento.
Oltre al servizio di primo soccorso infatti vi si poteva far analizzare le droghe mediante spettroscopia, in cambio di rispondere a qualche domanda in forma anonima posta dallo psicologo: perché sei qui? Da dove vieni? Ti aspetti che la sostanza che hai acquistato sia autentica?
Se non lo fosse l'assumeresti lo stesso?
Ora che lo sai ne farai uso?
Inoltre si preoccupavano anche di segnalare le pericolose sostanze che venivano spacciate per altre.

(quando il centro di primo soccorso scopriva una sostanza pericolosa spacciata per un altra tappezzava i bar con cartelli di allerta tipo questo)
Insomma progetto molto interessante che però ci fa capire che questo evento non è nato dal nulla.
Conclusioni
All'interno del rave di mezzano si potevano trovare persone di tutti i tipi: dal rasta al dottore laureato al ragazzo normale.
Per noi questo festival ha significato molto, è stato un sogno che si avvera, uno splendido regalo durante il covid, in cui abbiamo riscoperto il modo di andare a ballare oltre che a venire a contatto con una realtà completamente diversa da quella a cui eravamo abituati.
Abbiamo conosciuto gente proveniente da tutto il mondo e sono sicuro che nessuna delle persone che vi ha partecipato, anche solo per curiosità, anche non rispecchiandosi con la maggior parte delle persone facente parte all'evento, non parlerà negativamente di questa vicenda.
Se una realtà la si vive, la si conosce e la si comprende, poi è raro che se ne parli ancora male, è l'ignoranza e la paura che porta le persone ad odiarsi.
E così dopo aver vinto le preoccupazioni iniziali, sono felice di aver partecipato all'evento, e ancora di più di scrivere queste considerazioni in merito al famoso rave di mezzano.
Chi sono io?
Ciao sono un ragazzo che abita in uno dei comuni interessati dal teknival space travel.
Io ed I miei amici fin dall'adolescenza abbiamo sempre sognato un evento del genere a casa nostra, è per questo che quando è successo ci siamo lanciati a farne parte.
Oltre ad averlo vissuto ho voluto raccontare la mia esperienza e le mie considerazioni in merito a l'evento che ha sconvolto l'intera zona.
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