Tumgik
#4 luglio 1969
ma-pi-ma · 2 years
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La bellezza non è bella.
Erwin Blumenfeld
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diceriadelluntore · 2 years
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Storia Di Musica #245 - Flamin’ Groovies, Shake Some Action, 1976
Se tutti sapessero la storia della band di oggi, ognuno di noi avrebbe un amico o un'amica a cui poter dire: hai fatto una cosa alla Flamin’ Groovies. Band fondamentale della scena di San Francisco, è stata per quasi tutta la loro pluridecennale carriera “la band sbagliata nel momento perfetto”, una serie di particolari coincidenze storiche che mal si allineavano al loro stile musicale, del tutto unico nel panorama della Bay Area degli anni ‘60 e ‘70. Perchè se gli altri stiravano il blues al limite dell’inverosimile, aggiungendo psichedelia, effetti, acido, qui il faro era la musica beat inglese, i Beatles e i Rolling Stones, ma anche i Kinks o i Lovin’ Spoonful, con 5-6 anni di ritardo rispetto al loro boom. Ma andiamo con ordine. Nascono come Chosen Few, nel 1965, e sono formati da Cyril Jordan (chitarrista), George Alexander (basso), Tim Lynch (chitarra e voce) e Roy Loney (chitarra e voce), a cui si aggiunge Roy Greco, batterista, cambiano nome in Lost & Found  e suonano cover dei grandi gruppi inglesi che ho citato prima. Il gruppo si scioglie, Jordan e Lynch volano in Europa, tornano e riformano il gruppo con Roy Loney e Danny Mihn alla batteria, ribattezzandosi Flamin’ Groovies. Il problema è trovare un contratto, dato che siamo all’esplosione della psichedelia e loro suonano una musica che è fuori moda. Non demordono, e con una mossa inaspettata fondano una propria etichetta discografica, la Snazz, e pubblicano Sneakers, disco in 10 pollici che solo con il passaparola vende migliaia di copie, soprattutto durante i concerti. Il successo ingolosisce la Epic, che li scrittura, i Groovies volano a Los Angeles e registrano Supersnazz. Il disco è interessante, ma il loro suono è lontano dal sentire del 1969 ed è un fiasco. La Epic li licenzia. Ma ancora non demordono. Con un’altra genialata, chiedono a Bill Graham di gestire il mitico Fillmore West, chiuso nel 1969: è un altro fallimento, con i grandi gruppi della zona che non suonano su quel palco ma soprattutto con un manager arruolato per l’iniziativa che scappa con i soldi dei concerti. Senza più un soldo, vanno a New York, firmano un fortunoso contratto con una piccola etichetta, la Kama Sutra, e scrivono due dischi, nel 1970 Flamingo, e nel 1971 il formidabile Teenage Head, una sorta di Sticky Fingers “sfortunato” (ma amato tantissimo dallo stesso Mick Jagger). Ma la mala sorte non finisce qui: Tim Lynch è arrestato per droga, Loney se ne va per disaccordi creativi, la Kama Sutra li licenzia per gli scarsi successi commerciali. Cyril Jordan prende le redini del gruppo, assolda Jim Farrel e Chris Wilson, e va in tour in Europa. Lì iniziano delle registrazioni con la United Artist. Ci sono dei singoli, Slow Death\ Tallahassie Lassie e Married Woman\ Get A Shot Of R&B, che dovrebbero anticipare un disco dal titolo Bucketfull Of Brain, ma le scelte di produzione non piacciono alla band, che stavolta sbatte la porta alla produzione. Si prendono tre anni di silenzio, che per altri sarebbero stati la fine. Ma loro, ancora una volta non demordono, e con l’ennesimo cambio di formazione, David Wright alla batteria al posto di Mihn, con il famoso produttore Dave Edmunds tornano in Inghilterra a finire il lavoro iniziato nel 1976. Shake Some Action esce finalmente nel Giugno del 1976, e durante il breve tour di promozione a seguito dell’uscita accadrà l’apoteosi del concetto che ho espresso all’inizio di questa storia: è il 4 luglio 1976, bicentenario dell’Indipendenza Americana, e al leggendario Roundhouse di Camden Town, a Londra, una generazione intera di ragazzi riempie il locale per assistere ad un gruppo rock americano che di lì a poco indicherà a molti di quel presenti una certa strada. Ma non erano i Flamin’ Groovies, main band della serata, erano i due gruppi di spalla, i The Stranglers ma soprattutto quattro finti fratelli con un chiodo di pelle, i Ramones. Shake Some Action, va detto, è un disco meraviglioso, che ha un solo difetto: suona come se fosse suonato nel 1965, ma pubblicato dieci anni più tardi. Per il resto, è una sintesi perfetta del suono della british invasion, spruzzato di sunshine touch californiano: sintesi perfetta è la cover di Misery, gioiellino di Lennon- McCartney, oppure l’omaggio, sin dal titolo, She Said Yeah, di Larry Williams,  agli Stones, che a loro volta ne fecero una cover ai tempi. I riferimenti sono quelli del rock’n’roll più classico, come le altre splendide cover di St. Louis Blues o la ripresa di Don't Lie To Me di uno dei papà di tutta la famiglia rock, Chuck Berry. Sono fuori tempo massimo le belle Please Please Girl o Yes It's True? Se paragonate alle acid jam dei Grateful Dead o dei Quicksilver Messenger Service si, ma anche al furore che di lì a poco saranno capaci i giovani che verranno affascinati dal punk. Ma i nostri vivono ancorati ad altre certezza: il rockabilly di Let The Boy Rock& Roll è rifanno in maniera magistrale ed è un sentito omaggio ai Lovin' Spoonful di John Sebastian. Si aggiungano i suono alla Kinks delle splendide I Saw Her, Teenage Confidential e soprattutto You Tore Me Down, il gioiello del disco insieme alla loro canzone più famosa, la Shake Some Action che apre il disco, che ha un riferimento cinematografico: un dialogo da None But The Brave (film di guerra diretto da Frank Sinatra nel 1965, uscito in Italia col titolo La Tua Pelle O La Mia), quando il sergente della Marina chiede a un suo sottoposto: "Are you ready to shake some action?". La stessa canzone fu scelta in uno dei suoi libri più belli dal grande Greil Marcus, Storia Del Rock In Dieci Canzoni (edito in Italia da Il Saggiatore), che in un passaggio chiave dice: In Shake Some Action tutto è nuovo, come se il segreto fosse stato scoperto e il mistero risolto all'istante (...) perché non importa quante volte in quanti brani musicali sei stato travolto, i passaggi strumentali di "Shake Some Action" possono travolgerti via, è sempre la prima volta. La Band continuerà a cambiare formazione (oltre venti line up diverse) e a suonare dal vivo, e per una volta sarà la band giusta al posto giusto: a Barcellona, in una delle prime edizioni del Rock Fest, suoneranno davanti a 70 mila persone, che sono sicuro pochissimi sapendo che quella band per quasi tutta la vita era stata la band sbagliata nel momento giusto.
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enkeynetwork · 5 months
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wolfman75 · 5 months
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Joachim Georg Kroll (Zabrze, 17 aprile 1933 – Rheinbach, 1º luglio 1991) è stato un serial killer tedesco. Fu soprannominato "Il cacciatore della Ruhr" e "Il cannibale della Ruhr", dalla regione in cui colpì. Commise almeno 14 omicidi tra uomini, donne e bambini, usando armi bianche, o strangolando le vittime. Cannibale pedofilo e necrofilo, fu condannato all'ergastolo per otto omicidi.
Nato a Hindenburg (l'odierna Zabrze), provincia dell'Alta Slesia, figlio di un minatore, Kroll era il sesto di nove figli. Al termine della seconda guerra mondiale, durante la quale suo padre fu fatto prigioniero di guerra, la famiglia di Kroll si trasferì nel Land della Renania Settentrionale-Vestfalia. La sua infanzia è stata costellata da numerosi problemi di inadeguatezza: faceva spesso la pipì a letto anche in tarda età ed era un pessimo studente.
Cominciò ad uccidere nel 1955, dopo la morte della madre. La prima vittima fu la diciannovenne Irmgard Strehl, violentata e uccisa in un fienile nei pressi del villaggio di Walstede. La successiva fu la dodicenne Erika Schuletter, stuprata e strangolata a Kirchhellen nel 1956. Tre anni dopo, il 17 giugno 1959, uccise Klara Tesmer nei boschi vicino a Rheinhausen. Alla sedicenne Manuela Knodt, violentata e uccisa nei pressi di Bredeney a sud di Essen, furono asportate parti di carne dalle natiche e dalle cosce. Circa nel 1960, Kroll si trasferì a Duisburg dove trovò lavoro come inserviente ai bagni della Mannesmann. Successivamente trovò impiego presso le industrie Thyssen e andò ad abitare al n. 24 di Friesenstrasse, Laar, un distretto di Duisburg. Fu in questo periodo che riprese a uccidere. Riempì il suo appartamento di riviste pornografiche e bambole gonfiabili, spesso strangolandole con una mano mentre si masturbava.
Poco attraente, quasi completamente calvo, troppo nervoso e timido per avere rapporti consensuali con donne di qualsiasi genere, finì per darsi allo stupro e all'omicidio.
8 febbraio 1955; Irmgard Strehl, 19 anni, violentata e pugnalata a morte. Il suo cadavere smembrato venne ritrovato in un fienile a Lüdinghausen.
1956; Erika Schuletter, 12 anni, violentata e strangolata a Kirchhellen.
17 giugno 1959; Klara Frieda Tesmer, 24 anni, stuprata e uccisa nei boschi vicino Rheinhausen. Un meccanico del luogo, Heinrich Ott, fu arrestato e incolpato del crimine. Si suicidò impiccandosi in cella.
26 luglio 1959; Manuela Knodt, 16 anni, violentata e strangolata nel parco cittadino di Essen. Strisce di carne furono prelevate dalle sue natiche e cosce.
23 aprile 1962; Petra Giese, 13 anni, violentata e strangolata a Dinslaken-Bruckhausen. Per questo crimine fu arrestato Vinzenz Kuehn.
4 giugno 1962; Monika Tafel, 12 anni, uccisa a Walsum. Strisce di carne furono prelevate dalle sue natiche. Walter Quicker fu arrestato per il delitto. Fu in seguito scarcerato, ma si suicidò per la vergogna in ottobre.
3 settembre 1962; Barbara Bruder, 12 anni, rapita a Burscheid. Il suo corpo non fu mai ritrovato.
22 agosto 1965; Hermann Schmitz, 25 anni, e la fidanzata Marion Veen furono aggrediti mentre si erano appartati in auto a Duisburg-Großenbaum. Hermann (unica vittima maschile di Kroll) fu pugnalato a morte, la ragazza riuscì a fuggire.
13 settembre 1966; Ursula Rohling, 20 anni, strangolata nel parco di Foersterbusch vicino Marl. Il suo fidanzato, Adolf Schickel, si suicidò dopo essere stato incolpato dell'omicidio.
22 dicembre 1966; Ilona Harke, 5 anni, violentata ed affogata in un fosso a Wuppertal.
12 luglio 1969; Maria Hettgen, 61 anni, violentata e strangolata a casa sua a Hückeswagen.
21 maggio 1970; Jutta Rahn, 13 anni, strangolata mentre tornava a casa da una stazione ferroviaria. Per questo crimine fu arrestato Peter Schay ma fu poi rilasciato.
8 maggio 1976; Karin Toepfer, 10 anni, stuprata e strangolata mentre si recava a scuola a Voerde.
3 luglio 1976; Marion Ketter, 4 anni. Parti del suo corpo erano state cucinate da Kroll quando la polizia lo arrestò a casa sua.
Kroll decideva molto attentamente i luoghi dove avrebbe colpito, uccidendo nello stesso posto solo in poche occasioni e a distanza di anni. Questo fatto, unito alla coincidenza della presenza di numerosi assassini operanti nella medesima zona all'epoca, gli facilitò l'impunità. Kroll sorprendeva le proprie vittime e le strangolava subito. Dopo spogliava i cadaveri e indugiava in atti di necrofilia, spesso masturbandosi sui corpi delle vittime. Infine, mutilava i corpi tagliando via pezzi di carne che avrebbe mangiato a casa in seguito.
Nel 1967 Kroll si stabilì per breve tempo a Grafenhausen, dove divenne amico di molti bambini della zona che cominciarono a chiamarlo "zio".
Un pomeriggio attirò una bambina di dieci anni in un campo con la promessa di mostrarle un coniglietto, ma invece le fece vedere delle immagini pornografiche sperando che si eccitasse sessualmente. La ragazzina invece fuggì spaventata. Kroll se ne andò in tutta fretta da Grafenhausen il giorno stesso, prima che la polizia potesse fare indagini in merito, ma questa volta rischiò parecchio e si fermò per circa due anni tornando a colpire solo nel luglio 1969. Il 3 luglio 1976, Kroll venne arrestato per il rapimento e omicidio di una bambina di quattro anni di nome Marion Ketter. Mentre la polizia stava indagando casa per casa chiedendo informazioni, un vicino di casa di Kroll approcciò un agente dicendogli che Joachim si era lamentato del fatto che le tubazioni di un bagno ai piani superiori della loro abitazione erano otturate da della "interiora", e quando la polizia mandò un idraulico a controllare, egli trovò nelle tubature dei polmoni di bambino e altri organi. La polizia si presentò quindi a casa di Kroll, e durante la perquisizione rinvenne parecchi sacchetti di plastica contenenti pezzi di carne umana nel frigorifero, e sul fornello, dentro una pentola che bolliva, una mano di bambina condita con carote e patate.
Kroll venne immediatamente arrestato.
Joachim Kroll confessò l'omicidio di Marion Ketter e di altre 13 vittime, fornendo dettagliati resoconti della sua attività di killer nei precedenti vent'anni.
Kroll ammise anche di praticare il cannibalismo di tanto in tanto, per risparmiare sul conto del droghiere. In carcere, sperò di ottenere l'infermità mentale ma fu invece incriminato per otto omicidi di primo grado, più un ulteriore tentato omicidio. Nell'aprile 1982, dopo un processo durato 151 giorni, fu condannato all'ergastolo. Analisi successive al suo arresto gli assegnarono un quoziente intellettivo di 76: si tratterebbe di uno dei serial killer meno intelligenti della storia.
Nel 1991 morì in carcere a causa di un infarto a Rheinbach.
Fonte: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Joachim_Kroll
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personal-reporter · 1 year
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Summer Jamboree 2023 a Senigallia
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Dal 29 luglio al 6 agosto torna a Senigallia uno degli eventi simbolo dell’estate, Summer Jamboree, il Festival Internazionale di musica e cultura dell’America del secondo dopoguerra più grande al mondo, punto di riferimento internazionale per tutti gli appassionati di quell'epoca. Saranno nove giorni di divertimento, all’insegna del Rock’n’Roll e dello Swing, con  artisti internazionali tra  il R'n'R, lo Swing, il Country, il Rockabilly, il Rhythm’n’Blues, il Hillbilly, il Doo-wop e per il Western swing. Tra gli special guests ci sarà Pokey La Farge, cantautore statunitense ed erede dei grandi maestri del passato e innovatore del genere con il suo eclettismo e il suo stile scanzonato, ma colto.  che mescola hot swing, early jazz e ragtime blues. Da non perdere anche Glenn Doran, astro nascente della countryside, Pachuco Jose, Jay Ernest con un incredibile a Johnny Cash e la reunion dei The Di Maggio Bros, unica band italiana che fa parte della Rock & Roll Hall of Fame. Insieme a loro ci saranno tantissimi artisti in arrivo da tutto il mondo che daranno vita a un ricco cartellone di grandi concerti ad ingresso gratuito, con tante esclusive nazionali e internazionali. E a fare gli onori di casa in veste di presentatori del Festival sono il performer e coreografo Russler Bruner e la pioniera del Bump&Grind in Italia, Bianca Nevius. Per chi è alle prime armi ci sono gli incredibili spazi dedicati al ballo, con lezioni gratuite per imparare a muovere i primi passi e immergersi nel mondo dello Swing e Rock’n’Roll, e il Summer Jamboree Dance Camp, una full immersion dedicata all'apprendimento, con alcuni tra i migliori ballerini della scena internazionale. Non mancherà l'altro evento diventato un’icona del Summer Jamboree,  il Burlesque Cabaret, Music and Dance Show al Teatro La Fenice il 4 agosto, dove si esibiscono i più famosi artisti di Burlesque al mondo. Inoltre ci saranno il Rockin’ Village Vintage Market, con oltre 70 espositori selezionati di abbigliamento vintage, scarpe, accessori, oggettistica e riproduzioni, modernariato e memorabilia da collezione; il Barber Shop,  l’Oldtimers Park con le Auto americane prima del 1969, tra cui alcuni preziosi esemplari della Fondazione Nicola Bulgari e il Walk-in Tattoo, con i tatuaggi tradizionali. A grande richiesta, dopo l’anno scorso, torna l’Hawaiian Beach, insieme al tradizionale appuntamento diurno al Mascalzone sul Lungomare dalle 12 alle 19, in quello che è divenuto da tempo un momento di ritrovo per tutti gli appassionati del Festival. Read the full article
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Ennio Morricone - R.I.P., Maestro
Ennio Morricone - Once upon a time in America - Nuovo Cinema Paradiso - Piano & Bandoneon Gli spartiti di Morricone sono completamente disponibili nella nostra LibreriaEnnio Morricone, il compositore italiano le cui colonne sonore sinfoniche hanno accompagnato di tutto, dagli spaghetti western ai film romantici, horror e di fantascienza, è morto all'età di 91 anni, nel 2020. Elenco di composizioni di Ennio Morricone Classic (absolute) music Live albums Studio albumswith Gruppo di Improvvisazione di Nuova Consonanza with Chico Buarque other Selected compilations
Ennio Morricone - Once upon a time in America - Nuovo Cinema Paradiso - Piano & Bandoneon
Gli spartiti di Morricone sono completamente disponibili nella nostra Libreria
Ennio Morricone, il compositore italiano le cui colonne sonore sinfoniche hanno accompagnato di tutto, dagli spaghetti western ai film romantici, horror e di fantascienza, è morto all'età di 91 anni, nel 2020. https://youtu.be/dt3yMDPi4n0 Track Kist: 1. This Kind of Love (Questa Specie D'Amore) 2. Love Theme for Nata (Cinema Paradiso) 3. La Califfa 4. Romanza Quartiere (Quartiere) 5. Chi Mai (Maddalena & Le professionel) 6. Ninna Nanna per Adulteri (Cuore di Mamma) 7. Silvie - Momento D'Amore (Via Mala) 8. La Messicana (Vamos a matar compañeros) 9. Once Upon a Time in the West (with. Edda Dell'Orso) 10. Irene (Gli intoccabili) 11. La Donna e la Campagna (La Califfa) 12. Lei Mi Ama (D'amore si Muore - For Love One Dies) 13. Cinema Paradiso - Main Theme 14. Una Fotografia (L'Alibi) 15. Poesia di una Donna - Version 3 (Veruschka) 16. In ogni casa una storia (Quartiere) 17. Le Foto Proibite di una Signora per Bene 18. La Scoperta dell'America - Love Theme 19. Tema di Dunja (Il Fiore delle Mille e una Notte - Arabian Nights) 20. A Lidia (Scusi Facciamo l'Amore ? - Listen, Let's Make Love) 21. De Copalamo (La Cugina) 22. Viaggio con Anita 23. Eros Profondo (La Donna Invisibile - The Invisible Woman) Ennio Morricone (10 novembre 1928-6 luglio 2020) è stato un compositore, orchestratore, direttore d'orchestra ed ex trombettista italiano che ha scritto musica in una vasta gamma di stili. Morricone ha composto oltre 400 colonne sonore per il cinema e la televisione, oltre a oltre 100 opere classiche. Ha iniziato come calciatore di talento per l'A.S. La Roma però ha lasciato lo sport per seguire la sua passione per la musica. La sua colonna sonora per The Good, the Bad and the Ugly (1966) è considerata una delle colonne sonore più influenti della storia ed è stata inserita nella Grammy Hall of Fame. La sua filmografia comprende oltre 70 film pluripremiati, tutti i film di Sergio Leone da Per un pugno di dollari, tutti i film di Giuseppe Tornatore da Cinema Paradiso, La battaglia di Algeri, La trilogia degli animali di Dario Argento, 1900, L'esorcista II, I giorni del paradiso, diversi grandi film nel cinema francese, in particolare la trilogia comica La Cage aux Folles I, II, III e Le Professionnel, oltre a La cosa, La missione, Gli intoccabili, Mission to Mars, Bugsy, Disclosure, Nel centro del mirino, Bulworth, Il gioco di Ripley e The Hateful Eight. Dopo aver suonato la tromba in gruppi jazz negli anni '40, divenne arrangiatore in studio per la RCA Victor e nel 1955 iniziò a scrivere fantasmi per film e teatro. Nel corso della sua carriera ha composto musica per artisti come Paul Anka, Mina, Milva, Zucchero e Andrea Bocelli. Dal 1960 al 1975, Morricone ha guadagnato fama internazionale per aver composto musica per western e, con una stima di 10 milioni di copie vendute, C'era una volta il West è una delle colonne sonore più vendute al mondo. Dal 1966 al 1980 è stato uno dei membri principali de Il Gruppo, uno dei primi collettivi di compositori sperimentali, e nel 1969 ha co-fondato il Forum Music Village, prestigioso studio di registrazione. Dagli anni '70, Morricone eccelleva a Hollywood, componendo per prolifici registi americani come Don Siegel, Mike Nichols, Brian De Palma, Barry Levinson, Oliver Stone, Warren Beatty, John Carpenter e Quentin Tarantino. Nel 1977, ha composto il tema ufficiale per la Coppa del Mondo FIFA 1978. Ha continuato a comporre musica per produzioni europee, come Marco Polo, La piovra, Nostromo, Fateless, Karol e En mai, fais ce qu'il te plait. La musica di Morricone è stata riutilizzata in serie televisive, tra cui I Simpson e I Soprano, e in molti film, tra cui Bastardi senza gloria e Django Unchained. Ha anche scritto sette western per Sergio Corbucci, Ringo duology di Duccio Tessari e The Big Gundown e Face to Face di Sergio Sollima. Ennio Morricone ha lavorato a lungo per altri generi cinematografici con registi come Bernardo Bertolucci, Mauro Bolognini, Giuliano Montaldo, Roland Joffé, Roman Polanski e Henri Verneuil. La sua acclamata colonna sonora per The Mission (1986) è stata certificata disco d'oro negli Stati Uniti. L'album Yo-Yo Ma Plays Ennio Morricone è rimasto 105 settimane nella classifica Billboard Top Classical Albums. Le composizioni più note di Morricone includono 'The Ecstasy of Gold', 'Se Telefonando', 'Man with a Harmonica', 'Here's to You', il singolo numero 2 nel Regno Unito 'Chi Mai', 'Gabriel's Oboe' e 'E Più Ti penso'. Nel 1971, ha ricevuto una 'Targa d'Oro' per vendite mondiali di 22 milioni, e nel 2016 Morricone aveva venduto oltre 70 milioni di dischi in tutto il mondo. Nel 2007 ha ricevuto l'Academy Honorary Award 'per i suoi magnifici e sfaccettati contributi all'arte della musica da film'. È stato nominato per altri sei Oscar. Nel 2016, Morricone ha ricevuto il suo primo Oscar competitivo per la colonna sonora del film di Quentin Tarantino The Hateful Eight, diventando all'epoca la persona più anziana a vincere un Oscar competitivo. I suoi altri successi includono tre Grammy Awards, tre Golden Globe, sei BAFTA, dieci David di Donatello, undici Nastri d'Argento, due European Film Awards, il Golden Lion Honorary Award e il Polar Music Prize nel 2010. Morricone ha influenzato molti artisti da colonne sonore per altri stili e generi, tra cui Hans Zimmer, Danger Mouse, Dire Straits, Muse, Metallica e Radiohead. Gli spartiti di Morricone sono completamente disponibili nella nostra Libreria.
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Elenco di composizioni di Ennio Morricone 1950sYearTitleDirector1955AbandonedFrancesco Maselli1959La Duchessa di Santa LuciaRoberto Bianchi MonteroDeath of a FriendFranco Rossi1960sYearTitleDirector1960Run with the DevilMario CameriniLipstickDamiano DamianiL'AvventuraMichelangelo AntonioniLe Pillole Di ErcoleLuciano Salce1961The FascistThe Last JudgmentVittorio De Sica1962L'italiano ha 50 anniFrancomaria TrapaniGli Italiani e le vacanzeFilippo Walter RattiI motorizzatiCamillo MastrocinqueCrazy DesireLuciano SalceIl SorpassoDino RisiI due della legioneLucio FulciEighteen in the SunCamillo MastrocinqueA Girl...and a MillionLuciano Salce1963Violenza segretaGiorgio MoserIl SuccessoDino RisiLe monachineLuciano SalceEl GrecoGunfight at Red SandsRicardo Blasco Mario CaianoI basilischiLina Wertmüller1964Una Nuova fonte di energiaDaniele G. LuisiMalamondoPaolo CavaraI maniaciLucio FulciI marziani hanno 12 maniFranco Castellano Giuseppe MocciaIn ginocchio da teEttore FizzarottiBullets Don't ArgueMario CaianoA Fistful of DollarsSergio LeoneI due evasi da Sing SingLucio FulciBefore the RevolutionBernardo Bertolucci...e la donna creò l'uomo Camillo Mastrocinque1965A Pistol for RingoDuccio TessariNightmare CastleMario CaianoAgent 077: Mission Bloody MarySergio GriecoHighest PressureEnzo TrapaniSlalomLuciano SalceMenage all'italianaFranco IndovinaFists in the PocketMarco BellocchioThrillingCarlo Lizzani Gianni Luigi Polidori Ettore ScolaNon son degno di teEttore FizzarottiSe non avessi più teIdoli controluceEnzo BattagliaFor a Few Dollars MoreSergio LeoneThe Return of RingoDuccio Tessari1966The Bible: In the BeginningJohn HustonSeven Guns for the MacGregorsFranco GiraldiWake Up and DieCarlo LizzaniAgent 505: Death Trap in BeirutManfred R. KöhlerThe Hawks and the SparrowsPier Paolo PasoliniThe Battle of AlgiersGillo PontecorvoThe Hills Run RedCarlo LizzaniUn uomo a metàVittorio De SetaHow I Learned to Love WomenLuciano SalceFor a Few Extra DollarsGiorgio FerroniFlorence: Days of DestructionFranco ZeffirelliNavajo JoeSergio CorbucciThe Big GundownSergio SollimaThe Good, the Bad and the UglySergio Leone1967Il giardino delle delizieSilvano AgostiDalle Ardenne all'inferno / Dirty HeroesAlberto de MartinoThe RoverTerence YoungThe WitchesLuchino Visconti Mauro Bolognini Pier Paolo Pasolini Franco Rossi Vittorio De SicaThe HellbendersSergio CorbucciChina is NearMarco BellocchioO.K. ConneryAlberto De MartinoMatchlessAlberto LattuadaGrand SlamGiuliano MontaldoThe Girl and the GeneralPasquale Festa CampanileArabellaMauro BologniniFace to FaceSergio SollimaHer HaremMarco Ferreri1968Danger: DiabolikMario BavaTepepaGiulio PetroniThe MercenarySergio CorbucciEat-itFrancesco CasarettiCome Play with MeSalvatore SamperiA Sky Full of Stars for a RoofGiulio PetroniEcce HomoBruno GaburroRun, Man, RunSergio SollimaEscalationRoberto FaenzaDeath Rides a HorseGiulio PetroniGuns for San SebastianHenri VerneuilComandamenti per un gangsterAlfio CatabianoTheoremPier Paolo PasoliniPartnerBernardo BertolucciRoma come ChicagoAlberto De MartinoMachine Gun McCainGiuliano MontaldoOnce Read the full article
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peachtree-dish · 3 years
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A Te Che Sei Il Mio Grande Amore Ch. 4 Di Volta in Volta
Luglio 20, 1969
“Commander Neil Armstrong is making his way out of the spacecraft and is taking his first steps down the ladder to the moon’s surface. In mere moments he will be the first man to step foot on the moon…” The voice was narrated through the tv screen as the events of the first human moon landing played out in front of nearly the entire village. Those who did not have access to radio or television were crammed into their neighbor’s houses to either listen or watch on the small television screens. The usual Sunday atmosphere had been disrupted by the whole world waiting with bated breath as history played out in their living rooms. Luca sat between Giulia and Alberto in front of Massimo’s secondhand TV, fighting the urge to press himself against the class so as not to miss a single detail. He hadn’t slept a wink the night before because he had stayed up listening as the Apollo 11 crew had taken their last orbit around the moon before landing their naveta spaziale on the surface. Behind him, his family was sitting at the dinner table tightly pressed between Massimo and the several cats that had found some form of purchase on his broad shoulders. Luca had not thought it possible, but Massimo’s eyebrows seemed to be furrowed even deeper than usual; they were the only indication that he seemed just as anxious as everyone else.
Luca’s eyes widened as the man on the screen as the astronaut hopped onto the last ring of the ladder, his hands gripping tightly to it as if he were afraid to float away into the expanse of space. Beside him, Alberto squinted closely at the emerging astronaut and rubbed his chin.
“Their suits kinda look like that old diving suit, no?” he muttered in Luca’s ear. Guilia loudly shushed him from Luca’s other side, promptly cutting off any further commentary. Instead of vocalizing his agreement he instead gave an energetic nod to Alberto before the older boy could swat Giulia’s arm in revenge.
“I can see my footprints as I step away from the spacecraft…the surface appears to be covered in… fine, sandy particles…” For one moment, Luca pictured himself bounding across the surface of the moon, the old diving helmet pressed tightly to his shoulders, and space sand floating behind him. He could almost feel himself levitating away from the worn, wool rug of Massimo’s small kitchen, thousands of stars floating above him.
Giulia gasped, startling Luca back to reality, “He’s letting go of the spacecraft!” Sure enough, Armstrong’s grainy figure on the screen was slowly letting go of the ladder and stepping into the unknown of space. In a moment of trepidation, Luca reached wrapped his hand around Guilia’s as they waited for the next few moments to pass. He could hear Alberto inhale sharply beside him, assuming he was just as anxious as the rest of them.
“That’s one small step for man, one giant leap for mankind,” in one moment the entire world released its breath with a cheer.
Massimo slammed his fist down on the table with a shout of “Vittoria” ringing through the house. His outburst startled the cats into a hissing mess and Nonna Paguro slapped his arm with her cane, claiming a premature heart attack. Around them adults and children were shouting and cheering, many even taking to the streets, their cacophony mixing with the howling of dogs. Giulia hurriedly leaned over to wrap her arms around Alberto and Luca’s shoulders, relieved giggles echoing in their ears as she rushed over to embrace Massimo in earnest. Luca grinned, sparing one last glance at the screen as the rest of the astronauts filed out of the ship, before turning excitedly to Alberto. Without a moment’s hesitation, Luca embraced him, only realizing mere seconds after that his hand was still entangled with someone else’s. At his friend’s stiff posture and flushed face, Luca’s excitement died only to be replaced with confusion. He rocked back onto his heels, one hand draped awkwardly around Alberto’s neck and Alberto’s left hand resting on his hip.
“Alberto?” he breathed, forcing the older boy to peer at him as he pulled away. Alberto blinked rapidly, his hand clenching and unclenching around Luca’s and his green eyes looking desperately around the room. He licked his lips and did not fail to notice Alberto’s eyes following the movement. He opened his mouth to say something before a loud crash broke the atmosphere between them. Machiavelli’s son, Bocelli, had become spooked in the excitement and had managed to knock over Massimo’s favorite tea kettle along with a few teacups. While the kettle had merely been bumped from the impact, three cups had met a disastrous end on the floorboards.
Amidst shouts and curses from the adults, Alberto had firmly and quickly untangled himself from Luca, rushing to the pantry to remove a broom and pan for the mess. Lorenzo was trying his best to scoop the remaining cats into his arms so they wouldn’t get hurt and Daniela was simply yelling at them all to move. Massimo was cradling the kettle with his arm, gently checking for any damage while Giulia remained unseen in the mess, her eyes flitting between Luca and Alberto who still hadn’t said anything. On the carpet, Luca watched as if frozen, unsure of why he felt like crying.
The days following the moon landing and the Apollo 11 crew’s return to earth found Giulia and Alberto working overtime to fill the town’s orders. At least, that was what Luca was telling himself. Since their awkward moment on the rug, Alberto hadn’t spent as much time around Luca, instead of spending hours out fishing and hauling the day’s catch through the streets. His conversations with them would always be clipped, though not unfriendly and he always found a reason not to spend time with them. Giulia, feeling as if she were walking on eggshells, tried to ask Alberto what was going on while they delivered, but he simply brushed off her inquiries with a forced grin. In her opinion, his lies reeked more than days old trash left in the heat. Her frustration grew to an extreme one evening when Alberto bid them both a halfhearted goodnight from the dinner table, claiming he would be staying up later than usual to fill in the finance charts. Ignoring Giulia’s glare and Luca’s hurt expression, he pulled out the counting charts Massimo had been filling out the previous afternoon and began adding the day’s earnings.
“I think he really does hate me,” Luca admitted to Giulia once they passed the archway leading to the docks.
“Don’t be ridicolo, I think he’s just... acting weird?” She floundered, unable to come up with an acceptable response.
“Oh, really, Giulia?!” Luca burst, his frustration surging, “He's not the one who acted weird, I was! I messed up, and now he can’t stand to be around me. I disgust him!” He kicked at a pebble, his expression strained. Luca tried to inhale deeply to calm himself, but the lump in his throat wouldn’t allow it. He turned back to a solemn Giulia, his voice choked. “I don’t know what’s wrong with me,” To his mounting horror, large drops of water began to spill down his cheeks and before Giulia could even reach out to offer comfort, the teen was tearing down the cobblestones leading to the water's edge. Giulia’s calls were lost in the water as it enveloped him, his salty tears mixing with the sea. He swam for a long time, wanting to avoid his own home for as long as possible. He couldn’t stop thinking about Alberto’s hands on his hip or how it felt to look down into his eyes. Had they not been interrupted, what would have happened? And then he remembered how Alberto had looked frantic, almost afraid of what Luca was going to do. With a half-formed snarl, Luca dove towards the ocean floor. Reaching a shallow cave, he sat down and curled in on himself while his stomach heaved, and his tail thrashed.
“Stupido, stupido, stupido, stupido…” he sobbed over and over, unable to silence Bruno in his mind.
Giulia marched into the house fuming, her eyes landing on Alberto who stared at the wall in front of him, his expression blank. Wordlessly, she picked up the discarded papers on the table and smacked them across the back of his stupid, curly head.
“OW! What the-” Alberto spun around to glare at her.
“Non posso crederti,” she seethed, her hands shaking.
“I don’t have time for your hormonal dramatics, Gi,” Alberto deadpanned, moving to stand and escape from the redhead’s wrath.
“Don’t you dare,” she pushed him back into the chair, her brute strength surprising him. Small as she may be, Giulia was still Massimo’s daughter.
“How can you both keep hurting each other like this? You’re friends, no? Start acting like it!” She flailed her hands hysterically in such a way that Alberto almost wanted to laugh.
“We are friends, tutto bene,” He argued, inwardly wincing at the lie.
“Then why does Luca always look on the verge of tears after being around you? What happened, fratello? You haven’t been the same since the moon landing.” Giulia stared him down with both fists resting on her hips. She rarely referred to him as her brother, and when she did it was because she was trying to show how much she actually cared. That was the one thing Giulia and Alberto always agreed on, they hated to show feelings. Alberto could feel the anxiety he felt on that day building again inside him. He hadn’t meant to make it worse; he was going to make a joke about Luca being scared, but then he had grabbed Alberto’s hand. They touched each other easily all the time, frequent in their affection and friendly nature, but Luca had never held Alberto’s hand like that. Alberto hadn’t wanted to let go. It was just a harsh reminder that eventually he would have to let go of Luca forever. He swallowed thickly and peered at Giulia.
“I’m not going to get in the way of Luca following his dreams,” He said slowly, trying to get his friend to understand. “Luca is meant for grander things than whatever I had planned, I’m just helping him realize that.” Giulia stared at him for a moment before pinching the bridge of her nose and screwing her eyes shut.
“Oh, Dio, I’m surrounded by idiots.”
“Giulia, listen,” He began only to be interrupted by Giulia holding up her hand.
“Silenzio, Bruno. I know you don’t believe that. Luca wouldn’t have any of his dreams without you, and if he were to lose you, those dreams would fade.” Alberto shrank into his seat, not wanting to look her in the eye. With a defeated sigh, the young girl sat beside him.
“You’ve never told us about how you ended up alone, and I’m not going to ask you to tell me,” she interrupted him before he could speak. He swallowed his objection and let her continue, “but I wish you could understand that we’re not like your old family.  Berto,” she reached out and held one of his hands in both of hers, “we will never abandon you, and neither will Luca. But I am afraid that if you continue to act this way, he’ll think you abandoned him.”
Alberto’s head snapped up and he gazed fiercely at Giulia, reminding her of the first time he revealed his sea monster form to her.
“I would never abandon him.”
She stared back coolly and pointed at the bracelet on his wrist, “Then prove him wrong.” With that she stood and marched upstairs, her steps sounding with finality. Alberto watched her empty seat for a few moments, his ears roaring with the pounding of his heart. Before he could reconsider his actions, the chair scraped harshly along the floorboards, and he was rushing towards the warm ocean.
“Luca!” He called desperately into the waves, not caring if any of the other sea folk were sleeping. His shouts startled a school of pandoras swimming by, and they rushed past him as fast as possible. Alberto sped towards Luca’s home, his heart thundering as he reached Luca’s window. Peering in he found Nonna Paguro sleeping on her side of the room, her snores rattling through the water. To his growing anxiety, he found Luca’s bed empty and so turned towards the island where he had often hidden. Crashing clumsily upon the rocky shore, Alberto called out to the tower, its windows and roof dark and unresponsive.
If he looked too closely at the darkened mouth of the tower, he’d see a small child, crying anxiously for his papa to come home. Pushing the dark memories away, Alberto took deep breaths in an attempt to remain calm. Feeling the anxiety in his chest close to bursting, he dove back into the darkened waters and shouted again.
“Luca! I’m sorry, please talk to me!” He swam frantically, his gaze twisting in every direction, hoping to catch a glance of blue. He swam farther out to the ocean, the fields of seaweed sloping into rocky, sand-filled terrain.
“I’m s-sorry,” He gasped, bubbles escaping his mouth and floating towards the moonlit surface. He felt his hope slipping away with them when he heard a hiccupped cry.
“Alberto?” Luca’s voice was raw from his emotional outburst, but it was still the most beautiful sound Alberto had ever heard. Twisting around with enough force to nearly snap his neck, Alberto found Luca peering out from underneath an overhanging rock bank. He felt his own sob of relief escape his throat before he swam down to his friend. The older boy floated in front of Luca, unsure of how he would react.
“Is everyone okay, you sound upset,” Luca’s eyes were red-rimmed, and they pinned Alberto to the spot with their concern. Alberto wanted to slap himself; Luca was obviously hurting yet here he was making sure Alberto and everyone else was alright. How selfish can you be, Alberto?
“No, everyone’s fine, but I’ve been an idiota, Luca. We only have days left before you go back to Genoa, and I’ve spent the past two weeks ignoring you because…” He stopped as he felt his fear resurfacing. “I don’t want to lose you.”
“But that doesn’t make se-”
“I know, that’s why I said I’m an idiota,” he chuckled drily at Luca’s confusion. “You got me off the island, but there are days I feel like I’m drowning.” He explained patiently, “There are so many new things here and I feel like I’m always behind while you’re always ahead.” He swallowed, watching as Luca still looked confused. “I feel like one day you’re going to realize that I’m slowing you down and I don’t want to get in the way of you becoming who you’re meant to be, even if that means I get left behind.”
Luca’s eyes widened and his mouth fell open in shock, “Alberto, there is no dream worth having if you’re not in it.” Alberto stood stunned before him, his mouth had gone shockingly dry considering the saltwater in it.
“Caro,” he whispered, pulling Luca into his arms, too overwhelmed to finish speaking.
“I thought I offended you,” Luca admitted softly, his voice humming against Alberto’s collarbone, “I thought I had made you uncomfortable, when in reality I thought I grabbed Giulia’s hand, I promise.” Alberto felt his stomach drop out from him. He badly wanted to contradict Luca, tell him he had wanted more than anything to grab his hand whenever he could. But he wouldn’t, his fear wouldn’t let him.
“It’s okay, you didn’t offend me. If anything, I can’t blame you. No one can resist my good looks and charm,” He joked, laughing a bit too loudly to be considered natural. Luca snorted and pushed away from him, rolling his eyes.
“You wish, Berto,”
I really do, Alberto thought helplessly.
“Thank you for coming after me, again.” Luca laughed exasperatedly, hiding his face in his hands with a groan. “Giulia probably thinks I’m the most dramatic idiot in all of Italy.”
Alberto shrugged and glanced to the side, “Eh, you’d be surprised, she has her own moments. Must be an Italian thing.” Luca glared at him halfheartedly through his claws.
“Do you wanna head back to your house, or…” Alberto motioned his head back towards Porto Rosso. Luca smiled and motioned back to him.
“Wherever you want, I’ll follow you.”
“Well, it’s about time. I’ve only been waiting for over a year,” Alberto teased, swimming back towards the shining lights of the port town, his best friend’s laughter ringing behind him.
31 Agosto 1969
The last weeks of summer came and went with the laughter of children and a full season of fishing; having decided that winning the Porto Rosso Cup last year had been enough of an adventure, Giulia, Luca, and Alberto had instead spent time behind the scenes helping with the race alongside Signora Marsigliese. The woman had been extra grateful for the help and had run the three of them nearly ragged with preparations. With no Ercole in sight, the race had been far more enjoyable for all the town’s children, and even more so for their families.
Alberto volunteered to keep watch in the bay as the kids swam, already used to having lifeguard duties. He made sure to help anyone who got stuck or might have struggled especially hard. It made Luca’s heart especially warm to watch Alberto interact with the smaller children, encouraging them and even allowing the smallest bambina to latch onto his tail when she got too tired to swim back to shore. This year, Daniela and Lorenzo actually helped by offering water to kids as they struggled up the hill, this time without threatening to dump it on their heads.
In the end, the race was one by a brother and sister from the Ricci family who both were so exhausted they could barely keep the trophy held up between them. The end of the season also meant that Alberto would be working in his many diverse side jobs once it got too cold.
“Do you actually like working in la panetteria? Luca asked him from where he sat on the floor packing his things away.
“It’s not bad,” Alberto shrugged nonchalantly, “it was kinda stressful at first, but Signora Aurora is really nice, and I don’t make nearly as many mistakes as Ciccio.”
“I don’t think anyone could make as many mistakes as him, Ciccio’s a league unto his own,” Luca muttered absently, comparing two different books in his hands. In Alberto’s opinion, they looked the exact same.
“After the weather gets colder, I start baking in the mornings at the Pasticcini, and then Signore Ciano has me help him and Guido in their garage. I offered to help Padre D’uva at the church, but” he shrugged again with a half-smile, “babies don’t really like getting baptized by sea monsters.” Luca snorted and rolled his eyes at the image of a scaled Alberto trying to dunk a screaming child.
“I guess your smile and good charms don’t work on everybody, amico.”
Alberto flipped upside down on the bed and bit his lip suggestively and waggled his eyebrows, “Just you then?” Luca paused a moment to look at him and his gaze was almost enough to make Alberto stop. The young monster tilted his head to the side, considering Alberto’s features.
“Eh, could use some work,” He answered finally turned his head back to his bag, trying to stifle his laughter as Alberto made a face.
The sound of knuckles rapping on the doorframe causes them both to look up. Giulia leaned against the chipped white paint and smiled warmly, “Mind if I come in, ragazzi?” Alberto happily scooted to the side, ultimately remaining in his upside-down state.
“You’re not done packing?” Giulia asked incredulously. Luca only pouted from the floor.
“I can’t decide which books to take,” He ran a hand through his already stressed curls, the motion capturing Alberto’s attention even from his angle.
“You’re such a nerd, you know that right,” She ruffled his hair affectionately.
“As a nerd, it is, in fact, my job to know that, Giulietta.” The brunette stuck his tongue out defiantly before tossing the books back onto their pile. With a groan he stood and stretched his back, the muscles popping into place. Throwing himself on the bed he looked up at the ceiling and said, “I can’t believe summer’s already over, I feel like we just got back!” He flopped back down, his arm thumping Alberto’s stomach.
“Hey, attento!” Alberto swore. He swung himself back up and flopped backward, tugging Giulia along with him. Luca patted his stomach by way of apology before sighing dramatically.
“Why doesn’t school go by this fast?”
“Because then more people would enjoy it,” Giulia sighed from the other side of Alberto, who remained oddly quiet. He turned his head from one side to the other, watching how the late afternoon sun turned Giulia’s hair a violent copper and how it made Luca’s eyes seem molten. Suddenly reaching out, he tugged both close to him and said, “Vi amo, ragazzi.” Luca and Giulia shared a look of befuddlement.
“…Okay?” They replied in unison
“Learn as much as you can and then tell me everything in your letters, okay? Just like before. Except for this time, I’m going to learn new things, too. That way, we can all share what we learned next summer.” He grinned proudly at the thought.
Giulia sat up and cocked an eyebrow at him. “Are you feeling okay, pazzo? Do you need a doctor or something?”
“No, I’m serious. Giulia, you remember what you asked us at the beginning of summer?” She cocked her head to the side before nodding.
“I asked what you wanted to be when we got older.”
“Esattamente! And I have no idea, but I want to find out.” He looked at both Luca and Giulia as they processed his words. Luca was the first to move, wrapping his arms tighter around Alberto’s middle and grinning into his shoulder.
“I think that’s a great idea, caro. I’m proud of you.” Giulia nodded in agreement as she settled back down.
“Even if you don’t figure it out this year, or the next, just goditi il viaggio, like my mama always says. Life is about discovery, if you can’t enjoy it, learn from it.” Alberto hummed contently in response.
“Your mom sounds smart,” he mused.
“She is,” Luca and Giulia answered together, causing the trio to burst into a fit of giggles.
Later that evening, when Massimo climbed upstairs to check on the children, he found Giulia, Alberto, and Luca curled around one another on Giulia’s bed. Alberto had both arms wrapped protectively around both his daughter and Luca while they snored away peacefully. Machiavelli waltzed between his legs before alighting himself upon the bed and curling up next to Alberto’s head. He softly chided the cat to remain quiet and leave the children to their dreams. Without waking them, he softly tucked them in with the blanket from Alberto’s bed before walking out of the room. As he closed the door, he chanced one last glance at his little family and allowed himself a small smile. He could not wait for summer to return.
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paoloxl · 4 years
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Milano 12 dicembre 1969 - Piazza Fontana, Strage di Stato - Osservatorio Repressione
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A Milano il 12 dicembre 1969 una bomba esplode nella Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana, provocando 17 morti e 88 feriti. La Strage è fascista e di Stato e, nel pieno dei movimenti di massa di studenti e operai del biennio 68-69 che mettevano seriamente in discussione – in tutto il Paese – lo stato di cose presenti, inaugura la “Strategia della tensione”. Nello stesso orario a Roma scoppiarono altre bombe. Infine, nella banca Commerciale di Milano venne trovata una borsa contenente una bomba che venne fatta esplodere in tutta fretta, eliminando una prova preziosa per le indagini.
Immediatamente – a dimostrazione di un disegno preordinato – le indagini, pur senza alcun indizio, seguirono la pista anarchica che allo stesso tempo venne subito gettata in pasto alla stampa e all’opinione pubblica. Il commissario Luigi Calabresi, alle 19,30 (3 ore dopo la strage) fermò alcuni anarchici davanti al circolo di via Scaldasole. Nella notte vennero illegalmente fermate circa 84 persone, tra cui Giuseppe Pinelli. La sera del 15, dopo 3 giorni di continui interrogatori, il militante anarchico Giuseppe Pinelli morì volando dal 4° piano della Questura (i verbali della Polizia parleranno di “malore attivo”).
Le inchieste dal basso dei movimenti studenteschi e operai di quel periodo, e solo successivamente il processo giudiziario (che comunque non porterà mai alla condanna dei reali responsabili), stabilirono quello che era chiaro a tutti da subito: dietro la strage c’era la mano dei militanti neofascisti di Ordine Nuovo.
Abbiamo parlato della Strage fascista e di Stato di piazza Fontana con Elia Rosati, docente a contratto di Storia Contemporanea all’Università Statale di Milano e autore, insieme ad Aldo Giannuli, del libro “Storia di Ordine Nuovo” (ed. Mimesis). Ascolta o scarica.
https://www.radiondadurto.org/wp-content/uploads/2018/12/elia-rosati-piazza-fontana.mp3
A Milano movimenti e realtà in piazza per ricordare la strage fascista e di stato di 49 anni fa, quella di Piazza Fontana e della bomba scoppiata alla Banca Nazionale dell’agricoltura il 12 dicembre 1969. Ci parla dell’iniziativa Walter Boscarello di Memoria Antifascista  Ascolta o scarica
https://www.radiondadurto.org/wp-content/uploads/2018/12/Walter-Boscarello-piazza-fontana.mp3
da Radio Onda d’Urto
la cronologia
12 dicembre 1969 Alle 16 e 37 esplode una bomba nella Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana, a Milano: alla fine si conteranno17 morti e 88 feriti;
15 dicembre 1969 Fermato subito dopo la strage, l’anarchico Giuseppe Pinelli precipita dal quarto piano della questura di Milano, della quale il commissario Calabresi è vice capo dell’Ufficio politico;
16 dicembre 1969 Vengono arrestati gli anarchici Pietro Valpreda e Mario Merlino (che poi si scoprirà essere un neofascista infiltrato);
23 febbraio 1972 A Roma si apre il processo sulla Strage. Successivamente verrà trasferito a Milano e poi, per motivi di ordine pubblico, a Catanzaro;
3 marzo 1972 Vengono arrestati i neofascisti Franco Freda, Giovanni Ventura e Pino Rauti. Le indagini evidenziano legami tra l’estrema destra eversiva e i servizi segreti italiani;
7 maggio 1972 Elezioni anticipate. Il neofascista Rauti viene eletto in parlamento con l’Msi. Il manifesto candida Valpreda, che non viene eletto;
17 maggio 1972 Il commissario Luigi Calabresi viene ucciso a Milano;
29 dicembre 1972 Valpreda viene scarcerato; 27 ottobre 1975 Il giudice D’Ambrosio chiude le indagini sulla morte di Pinelli. Tutti prosciolti gli agenti della polizia. La caduta dalla finestra della questura sarebbe avvenuta per un «malore attivo»;
18 gennaio 1977 Si apre a Catanzaro il processo per la Strage. Andreotti depone sul coinvolgimento dei servizi segreti e, davanti ai giudici, dice per trentatré volte «non ricordo»;
4 ottobre 1978 La polizia accerta la scomparsa di Freda; 16 gennaio 1979 Ventura fugge all’estero;
23 febbraio 1979 Sentenza di Catanzaro: ergastolo per Freda, Ventura e per l’altro neofascista Giannettini; 4 anni e 6 mesi per Valpreda e Merlino, condannati per associazione a delinquere. Pene minori per alcuni membri dei servizi segreti;
12 agosto 1979 A Buenos Aires viene arrestato Ventura; 23 agosto 1979 Freda viene arrestato in Costa Rica; 22 maggio 1980 A Catanzaro comincia il processo d’Appello;
20 marzo 1981 Sentenza del processo d’appello: tutti assolti per la strage di Piazza Fontana. Freda e Ventura condannati a 15 anni per le bombe di Padova e Milano del 1969. Confermate le condanne per Valpreda e Merlino;
19 giugno 1982 La Cassazione annulla la sentenza d’Appello di Catanzaro; 23 dicembre 1982 Nell’ambito di una nuova indagine sulla strage, la procura di Catanzaro ordina l’arresto del neofascista Stefano Delle Chiaie; 13 dicembre 1984 a Bari comincia il nuovo processo d’Appello;
1 agosto 1985 Tutti assolti nel processo di Bari. Condanne per reati minori per esponenti dei servizi segreti; 27 marzo 1987 A Caracas viene arrestato Delle Chiaie; 26 ottobre 1987 A Catanzaro comincia un nuovo processo. Imputati i neofascisti Massimiliano Fachini e Delle Chiaie; 20 febbraio 1989 Tutti assolti a Catanzaro. La procura aveva chiesto l’ergastolo per gli imputati; il 5 luglio 1991 La Cassazione conferma la sentenza di Catanzaro;
Primavera/estate 1995 Il giudice Guido Salvini indaga sul mondo della destra neofascistia A luglio Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi vengono indagati per la strage; 14 giugno 1997 Ordine di carcerazione per Zorzi e Maggi;
8 giugno 1999 Viene disposto il processo per Zorzi, Maggi e altri neofascisti; 30 giugno 2001 Zorzi e Maggi vengono condannati all’ergastolo;
6 luglio 2002 A 69 anni muore Pietro Valpreda;
12 marzo 2004 La Corte d’Appello di Milano assolve Zorzi, Maggi e gli altri neofascisti; 3 maggio 2005 La Cassazione conferma la sentenza. I familiari delle vittime della strage dovranno pagare le spese processuali.
(Mario Di Vito da il manifesto)
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poetyca · 5 years
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The Best of the Doors
youtube
I Doors sono stati un gruppo musicale statunitense, fondato nel 1965 da Jim Morrison (cantante), Ray Manzarek (tastierista), Robby Krieger (chitarrista) e John Densmore (batterista), e scioltosi definitivamente dopo otto anni di carriera effettiva nel 1973[2], due anni dopo la morte di Jim Morrison (avvenuta il 3 luglio del 1971). Sono considerati uno dei gruppi più influenti e controversi nella storia della musica, alla quale hanno unito con successo elementi blues, psichedelia[2] e jazz[3][4]. Molti dei loro brani, come Light My Fire, The End, Hello, I Love You e Riders on the Storm, sono considerati dei classici e sono stati reinterpretati da numerosi artisti delle generazioni successive.
I Doors hanno venduto più di 100 milioni di dischi in tutto il mondo.[5][6] Tre album in studio della band, The Doors (1967), L.A. Woman (1971) e Strange Days (1967), sono presenti nella lista dei 500 migliori album, rispettivamente alle posizioni 42, 362 e 407. Nel 1993 i Doors furono inseriti nella Rock and Roll Hall of Fame.
http://it.wikipedia.org/wiki/The_Doors
  The Doors were an American rock band formed in 1965 in Los Angeles, with vocalist Jim Morrison, keyboardist Ray Manzarek, drummer John Densmore and guitaristRobby Krieger. The band took its name from the title of Aldous Huxley‘s book The Doors of Perception,[2] which itself was a reference to a William Blake quote: “If the doors of perception were cleansed every thing would appear to man as it is, infinite.”[3] They were among the most controversial, influential and unique rock acts of the 1960s and beyond, mostly because of Morrison’s wild, poetic[4] lyrics and charismatic but unpredictable stage persona. After Morrison’s death on 3 July 1971, aged 27, the remaining members continued as a trio until disbanding in 1973.[5]
Signing with Elektra Records in 1966, the Doors released eight albums between 1967 and 1971. All but one hit the Top 10 of the Billboard 200 and went platinum or better. The 1967 release of The Doors was the first in a series of top ten albums in the United States, followed by Strange Days (1967), Waiting for the Sun (1968), The Soft Parade (1969), Morrison Hotel (1970), Absolutely Live (1970) and L.A. Woman (1971), with 21 Gold, 14 Platinum and 5 Multi-Platinum album awards in the United States alone.[6] The band’s biggest hits are “Light My Fire” (US, number 1), “People Are Strange” (US, number 12), “Love Me Two Times” (US, number 25), “Hello, I Love You” (US, number 1), “The Unknown Soldier“, (US, number 39), “Touch Me” (US, number 3), “Love Her Madly” (US, number 11), and “Riders On The Storm” (US, number 14). After Morrison’s death in 1971, the surviving trio released two albums Other Voices and Full Circle with Manzarek and Krieger sharing lead vocals. The three members also collaborated on the spoken-word recording of Morrison’s An American Prayer in 1978 and on the “Orange County Suite” for a 1997 boxed set. Manzarek, Krieger and Densmore reunited in 2000 for an episode of VH1’s “Storytellers” and subsequently recorded Stoned Immaculate: The Music of the Doors with a variety of vocalists.
Although the Doors’ active career ended in 1973, their popularity has persisted. According to the RIAA, they have sold 36.6 million certified units in the US[7] and over 100 million records worldwide,[8] making them one of the best-selling bands of all time.[9] The Doors has been listed as one of the greatest artists of all time by many magazines, including Rolling Stone, which ranked them 41st on its list of The 100 Greatest Artists of All Time.[10] The Doors were the first American band to accumulate eight consecutive gold and platinum LPs.[11]
In 2002 Manzarek and Krieger started playing together again, branding themselves as the Doors of the 21st Century, with Ian Astbury of the The Cult on vocals. Densmore opted to sit out and, along with the Morrison estate, sued the duo over proper use of the band name and won. After a short time as Riders On the Storm, they settled on the name Manzarek-Krieger and continued to tour until Manzarek’s death in 2013, at the age of 74.
Three of the band’s studio albums, The Doors (1967), L.A. Woman (1971), and Strange Days (1967), were featured in the Rolling Stone list of The 500 Greatest Albums of All Time, at positions 42, 362 and 407 respectively.
The band, their work, and Morrison’s celebrity are considered important to the counterculture of the 1960s.[12][13][14][15][16]
The Doors were inducted into the Rock and Roll Hall of Fame in 1993.
http://en.wikipedia.org/wiki/The_Doors
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pangeanews · 5 years
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Addio ad Annalisa Cima, la musa di Montale che stava antipatica a troppi. Il “Diario postumo” fu uno tsunami. Lei si diceva così: “Vivo la contraddizione d’essere angelo ed Erinni”
Nata nel 1941, a Milano, il 20 di gennaio, Annalisa Cima fu per alcuni musa inesorabile per altri donna detestabile. Ne era consapevole anche lei, per altro. In una fosforica Autopresentazione poetica si declinò così: “Vivo la contraddizione d’essere angelo ed Erinni…/ Amo Driadi e Silvani, non i poeti nani/ e le loro orme che chiamano versi./ Odio chierici e conversi, predatori e untuosi lodatori”. Visse da artista, con la spavalda eleganza, appunto, delle muse del primo Novecento, con l’attitudine austera e sagace delle muse di sempre. Sapeva ammaliare, dicono. Akira Kurosawa “presentò una sua mostra di disegni a Tokyo”, frequentò Manzù e Marini, Max Ernst e Picasso, “nel 1967 conosce Murilo Mendes, poeta e critico brasiliano, il musicista Gian Francesco Malipiero, Marianne Moore, Jorge Guillén, Aldo Palazzeschi, Giuseppe Ungaretti, Ezra Pound”. Il sodalizio con Vanni Scheiwiller si concretizza nella elaborazione di diversi “volumetti della collana ‘Occhio magico’”. Fu lui, Vanni – che vado citando – a redigere la biografia sommaria della Cima e a ricordarne l’incontro fatale (ordito dall’editore, per altro): “Nel 1968 incontrò Eugenio Montale ed ebbe inizio una grande amicizia basata su una profonda stima reciproca”. Di quella amicizia lunare – lei 27 anni, lui 72 – è esito Diario postumo, raccolta di poesie sparse (dal 1969 in poi), una specie di controcanto poetico, di canto obliquo come bluff ai critici, affidate – con la promessa d’essere opera postuma, dunque posteriore al poeta, cioè altro più che canto ultimo – alla Cima. Mondadori stampa il tutto nel 1996 e si scatena lo tsunami: davvero è Montale? Ma quanto Montale c’è lì dentro: un grammo, un brufolo, una sberla? I critici si sono messi, nonostante i dati in dote, a misurare Montale, filone aureo della poesia italica, in carati. Per alcuni, il Diario postumo è puro ottone, è fasullo, lo dice anche Wikipedia, l’enciclopedia dei tiepidi (“Diario postumo è, secondo alcuni, l’ottava e ultima raccolta di poesie di Eugenio Montale”; corsivo mio). In ogni caso, Annalisa Cima, “ultima musa di Montale” (così la nota Ansa) è morta, a Lugano, a 78 anni. Anche gli scarsi indizi che ho allineato fornirebbero il destro per una specie di romanzo. Invece, il ‘coccodrillo’ del ‘Corrierone’, per dire, firmato da Paolo Di Stefano, torna sul tema, negando, sostanzialmente, l’autenticità del Diario (si capisce fin dal sottotitolo: “avevano fatto discutere le liriche che la donna sosteneva fossero state composte per lei”), accennando che “nel 2014, il dibattito fu riacceso da nuove ricerche filologiche (di Federico Condello, Alberto Casadei, Paola Italia e altri) che confermavano la tesi di Isella: si tratta di un «falso in toto o in gran parte, frutto di collage o di registrazioni audio». Annalisa Cima ha assistito pressoché in silenzio al ritorno di fiamma dell’affaire attributivo”. A me resta da ricordare la lunga dichiarazione di Maria Corti (su “la Repubblica”, 4 settembre 1997, titolo: Montale dopo il parapiglia), consapevole del lavoro ultimo di Montale (“Mi rivelò allora che stava scrivendo una raccolta di poesie che non avrebbe mai consegnato al Fondo, sia perché sarebbe uscita postuma e per di più in ondate successive a distanza di anni, sia perché esecutrice testamentaria sarebbe stata la giovane amica Annalisa Cima, a cui la raccolta era dedicata”), pure per testimonianza diretta (“alla mia presenza Montale consegnò alla Cima un notevole gruppo di fogli manoscritti”). In questa vicenda, Cesare Cavalleri – che conosceva bene sia la Cima che Montale – fu tra chi lottò per avvalorare l’autenticità del Diario postumo. Senza fanfare da fanatico, per carità, riconoscendo che “il meglio di Montale è prima, altrove, anche se per la conoscenza di un poeta grandissimo come lui è necessario leggere tutto” (“Studi Cattolici”, n. 424, giugno 1996), studiando la vicenda fin dagli esordi, optando, all’epoca, per questa ipotesi: “L’autorevole dubbio di Isella è che la Cima avrebbe colto a volo certe frasi, certe battute, di Montale, provvedendo poi lei a dar loro forma ‘poetica’. Può darsi. Ma non può darsi per tutte le poesie ‘postume’” (su “Avvenire”, 26 luglio 1997). In questo caso, ribatto la sua prefazione al libro di Annalisa Cima, Le occasioni del “Diario postumo”. Tredici anni di amicizia con Eugenio Montale (Ares, 2012), libro che per altro, piuttosto, testimonia il brio narrativo della fatidica musa. Alcuni ricordi, risolti in forma di sketch, sono cammei mirabili, da romanzo, come questo: “Qualche mese dopo, quando cominciammo a frequentarci, Montale volle sapere tutto del mio incontro con Marianne Moore a New York. Nella sua casa al Village, viveva attorniata da animali in miniatura, soprammobili quasi animati che facevano parte del suo mondo poetico. La prima volta che andai a trovarla, al 35 West 9th St., trovai la porta dell’appartamento socchiusa: lo era per lasciar passare i cavi della televisione. Ogni giorno, infatti, Marianne Moore leggeva, in diretta, poesie e racconti per ragazzi. La poetessa, occhi azzurri, testa circondata da un’aureola bianca, un po’ trasognata e un po’ realista (come quando diede uno schiaffo sulla mano del fotografo Ugo Mulas che aveva osato spostare uno dei suoi animaletti di vetro), non provava alcun timore a vivere con la porta aperta, in una zona della città allora abbastanza a rischio. Diceva: «Ho i miei angeli neri per custodirmi», e infatti, di lì a poco, chiamò due ragazze che l’accudivano, in veste di governante l’una, e di segretaria l’altra. Due sudamericane scure come l’ebano e alte come palme”. Anche questo, a onor dei fatti, bisognava dire, della Cima, del suo talento per il cammeo letterario. Ma, si sa, le muse, figure ineffabili, stanno sulle scatole a troppi, lieti di metterle sotto i tacchi anche post mortem. (d.b.)
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«Ho vissuto e vivo in un mondo elitario, nel quale non sono riusciti ad avvilirmi né calunnie né falsità, abituata sempre a considerare solo le persone speciali alle quali ho dato e do affetto e amicizia. Tutti gli altri, il sottobosco e tutti quei discorsi tendenziosi, non mi toccano, ma non perché sia stoica, solo perché non m’interessano. Ho una buona considerazione di me stessa e quindi tutto ciò che infanga e corrompe lo lascio lontano dal mio vivere». Così Annalisa Cima parlava di sé a Montale, nel 1979, su richiesta del poeta. Bisogna partire da questa nativa sprezzatura per capire come mai il legame di amicizia fra un sommo poeta di 72 anni e una poetessa, pittrice e musicista di 27, sia durato per tredici anni, e con un Nobel di mezzo. Montale aveva visto in Annalisa l’alter ego che avrebbe voluto essere, scoprendo in sé un sentimento di paternità e, addirittura, di maternità poetica, impensabile anche per i più fedeli ammiratori del poeta che «spesso», tra il 1920 e il 1927, aveva incontrato «il male di vivere». Annalisa Cima che, dopo averla letta, aveva pregato Montale di non pubblicare sul Corriere, nel 1969, la lusinghiera prefazione al suo primo libro di versi («Lo pregai di lasciarmi camminare sulle mie gambe») era, per il poeta, la persona giusta per accogliere quel nuovo sentimento di paternità/maternità, e alla quale affidare, anche in sede testamentaria, la propria fama attraverso la cura dell’Opera omnia.
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Quanto al Montale «privato», bastano poche citazioni. Montale, 1968: «Non appartengo ai paradisi artificiali di Palazzeschi, né agli inferni lussuriosi di Ungaretti; sono un uomo che ha vissuto al cinque per cento. Appartengo al limbo dei poeti asessuati e guardo al resto del mondo con paura». Questa autodefinizione fa giustizia definitiva delle illazioni (becere) non solo sul legame Montale/Cima, ma anche sui rapporti del poeta con le altre sue ispiratrici, Volpe compresa. Di Annalisa Cima è questa definizione, esistenziale e letteraria, monito per i critici futuri: «Uomo del non-possesso, della fantasia resa realtà, è corso sino alla fine verso immagini che materializzava o, meglio, verso persone che smaterializzava». Dalle pagine di Annalisa Cima emerge un Montale affettuoso e scherzoso, sensibile all’amicizia al punto da condividere quell’ipotesi stravagante di «comune» di artisti che avrebbero lavorato e vissuto insieme. E scopriamo, sotto la maschera burbera del poeta che ci è stata tramandata, un uomo che si diverte a organizzare burle agli amici, Gianfranco Contini compreso, senza rinunciare a permali perfino verso Vanni Scheiwiller, fedelissimo amico e complice, che lo andava a trovare quasi quotidianamente. Certamente la «burla» più riuscita è però quella verso i critici e i lettori futuri, che sta appunto all’origine del Diario postumo. Annalisa Cima ne accenna in breve, ma non si può dimenticare che il Diario postumo è stato oggetto della polemica più aspra e pretestuosa dell’ultimo scorcio del Novecento.
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Che l’autenticità del Diario sia stata messa in dubbio da Dante Isella (1922-2007) è ormai solo il ricordo del più clamoroso abbaglio da cui un critico montaliano sia stato accecato, e spiace che, nella successiva campagna mediatica, si sia distinto anche Giovanni Raboni (1932-2004), amico e poeta da me stimato a diversissimo titolo. Sull’autenticità del Diario postumo non può nutrire dubbi chi abbia un minimo di raziocinio. Ci sono le testimonianze di Maria Corti, di Giuseppe Savoca (che ha perfino pubblicato Le concordanze del Diario postumo), di Rosanna Bettarini, Guido Bezzola, Piero Bigongiari, Marco Forti, Emerico Giachery, Oreste Macrì, Alessandro Parronchi, Silvio Ramat, Andrea Zanzotto, per non parlare della mostra degli autografi allestita a Lugano dal 24 al 26 ottobre 1997. Questo nuovo libro, da cui ricevono luce molte poesie del Diario postumo, non si iscrive come ulteriore e ormai innecessario tassello in quell’antica polemica, bensì va letto come utile commento e, ancor più, come «Occasione» (la parola è inevitabile) per rileggere a mente riposata le poesie dell’ultimo Montale. Certo, ci sono interessanti spunti biografici e metatestuali: per esempio, la completa identità della misteriosa Adelheit, citata da Montale nel Diario del ’71 e del ’72, e nel Quaderno di quattro anni, e che le scarne note di Annalisa Cima al Diario postumo (1996) lasciavano nel mistero. Ci sono i tic e le consuetudini del Montale quotidiano, e la straordinaria complicità dell’amicizia con Annalisa: ma, quel che più conta, è la possibilità di verificare lo stacco letterario che metabolizza «l’occasione» in poesia. L’autocommento affidato da Montale ad Annalisa Cima è un caposaldo inamovibile per i critici presenti e futuri: «I primi tre libri [Ossi di seppia, Le occasioni, La bufera] sono scritti in frac, gli altri in pigiama, o diciamo in abito da passeggio. Forse mi sono reso conto che non potevo continuare a inneggiare a Clizia, alla Volpe, a Iride, che del resto non esistono più nella mia vita. Quando scrivevo i primi libri non sapevo che avrei raggiunto gli ottant’anni. Passati gli anni, guardandovi dentro ho scoperto che si poteva fare altro, l’opposto anche». Da qui il tono colloquiale, aforistico, ironico e «occasionale» da Satura in poi. Ma c’è di più. Montale prosegue: «Poi c’è un fatto di orecchio, di orecchio musicale (i critici non ne tengono abbastanza conto): ho voluto suonare il pianoforte in un’altra maniera, più discreta, più silenziosa». L’orecchio assoluto di Montale gli consente una spontaneità metrica tanto più stupefacente quanto più sommessa. Prendiamo, per esempio, la seconda strofa di Mattinata:
Ad ogni apparizione fai rifiorire vegetazioni nuove. Non hai un cliché: emergi singolare. È il segno che travalica gli umani. A noi, in questo anfiteatro di brutture, non resta che ricordo e dulia qual duplice ristoro.
Verso per verso abbiamo: un settenario / un quinario e un settenario / un quinario / un altro quinario (emergi singolare) / seguito in enjambement da un intero endecasillabo (È il segno / che travalica gli umani) / ancora due quinari / e tre settenari in chiusura. L’apparente «semplicità» del dettato è in realtà un’abilissima e spontanea elaborazione dell’endecasillabo, il metronomo della poesia italiana, nelle sue due componenti (quinari e settenari). È questa l’«altra maniera» di suonare il pianoforte dell’ultimo Montale.
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A proposito di pianoforti, è inevitabile il confronto tra Tentava la vostra mano la tastiera degli Ossi (Opera in versi, p. 42) e Il ritratto, con la differenza che là la giovane Paola Nicoli era colta in un attimo di smarrimento, mentre qui Annalisa Cima è «pronta a spiccare il volo». Ma, per tornare al metabolismo fantastico di Montale («immagini che materializzava, persone che smaterializzava»), esemplare è Il caffetano bianco, in cui la figura della giovane poetessa sulla spiaggia di Forte dei Marmi è meno delineata dalla testimonianza visiva del poeta, che non dalla descrizione che gliene fece Carmelo Bene. Analogamente, la volpe azzurra indossata da Annalisa Cima diventa, per misteriose ragioni di metrica, «muflone blu cobalto» (settenario) nella dedica 20 gennaio o 30 anni.
Un cenno, sia pure in sede impropria come questa, è tuttavia doveroso per la poesia di Annalisa Cima, la cui opera finora pubblicata è racchiusa in Di canto in canto (Longo, Ravenna 2007), con prefazione di Paolo Cherchi. Per la qualità, è sufficiente leggere la poesia tradotta in castigliano da Jorge Guillén (p. 67); ma quel che preme sottolineare è la diversità di tono e contenuti rispetto alla poesia anche dell’ultimo Montale: astratta e «filosofica» la poesia di Cima, gnomica e di cronaca quella di Montale. Del resto, è Annalisa Cima a dichiarare allo stesso Montale che i suoi poeti preferiti sono Ungaretti e Zanzotto.
Resta da sottolineare la centralità della poesia Il clou nel Diario postumo. Annalisa Cima ne riconduce il significato alla «conversione» di Montale da Spinoza a Leibniz, ma Oreste Macrì è andato oltre, in due lettere che ho pubblicato nella Revue des Études italiens (n. 3-4, 1998). In data 5 agosto 1997, Macrì mi aveva scritto: «L’approssimarsi di Montale al cattolicesimo fu lungo e graduale; per molti anni di “non praticante”. La Mosca era cattolica ebrea, affine alla Brandeis, motivo per il quale Montale rinunziò all’invito di recarsi in America. La poesia Il clou del Diario postumo termina: “E fu così che il tuo parlare / timoroso e ardente, mi rese / in breve da ateo credente”. La resistenza “gnostica” fu lunga e duratura; la conversione si operò a mio parere nella seconda dimora in via Bigli a Milano. Rammento che ivi andò a trovarlo il Fabiani, che ne scrisse su Oggi, se non ricordo male. Salito al piano dell’appartamento del poeta trovò la porta socchiusa e scorse Montale inginocchiato davanti alla televisione che ascoltava la Messa». E ancora, il 29 agosto 1997: «Mi confermo nell’idea che l’ultima sua donna, Annalisa Cima, celebrata nel Diario postumo, costituisce per lui la liberatrice e salvatrice. Nella poesia Il clou: “Ratio ultima rerum… id est deus. E fu così che il tuo parlare / timoroso e ardente, mi rese / in breve da ateo credente”. E nella poesia di p. 67 la chiama “voce di salvazione”, vocabolo specificamente spirituale cristiano». Lasciamo impregiudicata, nel segreto delle coscienze, l’ipotesi macriana (che tuttavia condivido), e concludiamo con Montale che, nella poesia di risposta al rimprovero di Annalisa per aver accettato il Nobel, scrisse: «Il tempo degli eventi / è diverso dal nostro».
Cesare Cavalleri
*In copertina: Eugenio Montale e Annalisa Cima. Si conobbero nel 1968
L'articolo Addio ad Annalisa Cima, la musa di Montale che stava antipatica a troppi. Il “Diario postumo” fu uno tsunami. Lei si diceva così: “Vivo la contraddizione d’essere angelo ed Erinni” proviene da Pangea.
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diceriadelluntore · 3 years
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Storia Di Musica #195 - Secret Oyster, Sea Son, 1974
Il viaggio di Ottobre tra il progressive europeo arriva in Danimarca, ultima tappa di questo piccolo ma significativo tour alla ricerca del prog “degli altri”. La piccola penisola, insieme con le altre grandi repubbliche scandinave, è stata un fervente laboratorio di idee e gruppi del genere sin dalla prima ora e, a dispetto di altri paesi, ha sempre mantenuto viva la fiamma del prog negli anni più difficili del punk fino ai giorni nostri (a quelle latitudini si scrive con due “g”, progg e ancora oggi è fenomenale serbatoio di band che rielaborano quei canoni, fan club, collezionisti). Tra i meravigliosi gruppi prog di quelle terre, ho scelto la band della storia musicale odierna per un semplice motivo personale: il disco di oggi è il regalo di un funzionario dell’ambasciata danese in Italia, che ho conosciuto per motivi di lavoro, appassionato di rock come me, con cui feci uno scambio: un disco dei Perigeo (La Valle Dei Templi,1975) per uno, a suo giudizio, della più sorprendente band del prog danese: i Secret Oyster e il loro Sea Son, pubblicato nel 1974. I Secret Oyster erano un super gruppo, nato dall’unione di musicisti provenienti da band diverse: Karsten Vogel (sassofono), Mads Vinding (basso) e Bo Thrige Andersen (batteria e percussioni) provenivano dai Burnin’ Red Ivanhoe, Claus Bøhling (chitarra) dagli Hurdy Gurdy, Kenneth Knudsen (tastiere e Moog) dai Coronarias Dias, si formano nel 1973. Soprattutto quelli che venivano dai Burnin’ Red Ivahoe erano all’epoca musicisti piuttosto famosi in Danimarca e nell’ambiente prog, avendo quella band ottenuto interessanti riscontri di critica e pubblico con alcuni dischi davvero notevoli (su tutti il bellissimo M144, 1969): nel 1972, tra l’altro dopo una trionfale tournee europea, la band si scioglie, principalmente perché il leader Vogel è affascinato dai primi gruppi jazz rock e vorrebbe intraprendere quella strada musicale, in contrasto con gli altri musicisti. Lo fa con i Secret Oyster, che si ispirano come sound e composizioni ai Mahavishnu Orchestra, ai Nucleus, come faro il leggendario Bitches Brew di Miles Davis. Con questa formazione pubblicano il primo disco, Furtive Pearl (1973) che viene appena notato da critica e pubblico. Cambio di formazione con Jess Stæhr (basso) al posto di Vinding e Ole Streenberg alla batteria al posto di Thrige: registrano ai Rosenberg Studios di Copenhagen, Sea Son nasce in soli tre giorni di sessioni, tra il 4 e il 7 luglio del 74'. L'album esce nell'autunno dello stesso anno per la CBS. Totalmente strumentale, Sea Son è ai vertici di quel prog rock sofisticato, venato di jazz, che in quegli anni si posizionava al lato rispetto alla potenza quasi sinfonica di altri gruppi del movimento. Vogel voleva creare una musica che proprio come il jazz da lui tanto amato partiva per memorabili e indimenticabili viaggi sonori, lavorando su ogni assolo, avendo tra l’altro la sintonia giusta tra i musicisti di improvvisare su un accordo, su un assolo e così via. I brani mostrano tutto ciò al più alto livello: si parte alla grande con il groove funk di Oyster Jungle; la raffinatezza di Pajamamafia, dal bellissimo intro leggermente psichedelico con un uso intelligente del piano elettrico e del sintetizzatore Moog insieme a una forte dose di linee melodiche di sax; l'impressionante lavoro di chitarra di Bohling in Black Mist, con fenomenale linea di basso – in questo senso il lavoro di Staehr in tutto il disco è eccezionale. Il suono è ricco, pieno di interazioni tra sax e tastiere, evidenti vibrazioni funk, ma anche momenti più solenni come i drammatici archi dell’intro di Painforest (brano meraviglioso tra l’altro), o la tessitura raffinata di Paella. Ma il vero pezzo clou è Mind Movie: brano epico, dai continui cambi di ritmo e di tensione musicale, che si sviluppa in meravigliosi duelli strumentali, con grande risalto per gli assoli alla chitarra di Bøhling che meraviglia per ben 9 minuti. Nella versione rimasterizzata oggi in commercio sono presenti tre brani in più: Sea Son e Alfresco (scritto proprio così, tutto attaccato) parte I e II, con fantastico lavoro al sassofono di Vogel. Ogni ascolto regala delle soddisfazioni, ed è evidente la ricerca di qualità sonora e di esecuzione che fanno del suono dei Secret Oyster un esempio piuttosto unico anche tra i gruppi dell’epoca. Purtroppo come il primo, anche il secondo ebbe discreto successo solo in patria. Ma Vogel e compagni non mollano: pubblicano nel 1975 delle musiche per un balletto, Vidunderlige Kælling (che in danese significa Maledetta Puttana) centrato sul tema della violenza sulle donne, che viene pubblicato con il titolo di Astarte (dal nome della dea madre venerata nell'area semitica nord-occidentale), poi Straight To The Krankenhaus nel 1976 prima di sciogliersi, e riformarsi come Burnin’ Red Ivanhoe (ah questi danesi…). Nel 2019, ad oltre 40 anni dal loro scioglimento, viene pubblicato nel materiale registrato nel 1978, con il titolo Striptease. Vale la pena cercarne i lavori e ascoltarli, per sentire il fascino elegante e per niente freddo della loro musica.
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vfts-352 · 5 years
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Corsa allo spazio: alla conquista della Luna
4 ottobre 1959 - 22 ottobre 1959: il Lunik 3 (Luna 3) dell’ Unione Sovietica riuscì a raggiungere e a fotografare, per la prima volta nella storia, la faccia della Luna quasi del tutto invisibile dalla Terra, trasmettendo 36 immagini che consentirono la creazione dei primi atlanti.
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1961 e 1965: Viene attuato il Programma Ranger che consisteva in una serie di missioni spaziali senza equipaggio umano effettuate dagli Stati Uniti con l'obiettivo di ottenere immagini di alta qualità della superficie lunare e progettate per impattare sulla Luna una volta terminato il loro compito. Dopo gli insuccessi dei primi 5, i Ranger 6, 7, 8 e 9 orbitano attorno alla Luna e trasmettono circa 18000 immagini.
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31 gennaio 1966 - 3 febbraio 1966: Il Lunik 9 (U.R.S.S.) fu la prima sonda terrestre ad effettuare un atterraggio morbido senza equipaggio su un altro corpo celeste, inviando immagini ravvicinate del panorama circostante. Fornì anche la prima evidenza che il suolo lunare poteva sopportare il peso di una capsula spaziale, smentendo i timori che la stessa sarebbe potuta affondare nello strato superficiale polverulento.
1966 e 1967: Lunik 13 (U.R.S.S.) sonda con bracci meccanici il «suolo» lunare.
1966-1967: Lanci delle 5 sonde del programma Lunar Orbiter (U.S.A.) con il compito di eseguire delle foto dell'intera superficie lunare. Tutte e cinque le missioni riuscirono e in totale fu mappata il 99% della Luna. Le foto raccolte dalle prime tre sonde servivano per scegliere i siti di atterraggio delle successive missioni spaziali Surveyor e Apollo. Le ultime due sonde completarono la mappatura del nostro satellite per scopi scientifici.  
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1966-1968: Programma Surveyor con il lancio nello spazio di 7 lander lunari con lo scopo di dimostrare la reale fattibilità di un atterraggio morbido e la raccolta di immagini del sito di atterraggio per preparare le future missioni Apollo.
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1968-1969: Apollo 8 e 10 (U.S.A.) compiono orbite attorno alla Luna, con equipaggio, e tornano sulla Terra. 
20 luglio 1969: Apollo 11 esegue l’allunaggio nel Mare della Tranquillità. Gli astronauti N. Armstrong ed E.E. Aldrin scendono sulla Luna, mentre M. Collins li attende in orbita. 
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Novembre 1969: Apollo 12 si posa nell’Oceano delle Tempeste. Seconda passeggiata lunare compiuta da C. Conrad, A.L. Bean e R.F. Gordon.
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Settembre 1970: Lunik 16 (U.R.S.S.) raccoglie meccanicamente rocce lunari. 
Novembre 1970: Lunik 17 (U.R.S.S.) depone sulla Luna un mezzo mobile automatico, il «Lunakhod», che trasmette dati e più di 20000 immagini.
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Aprile 1970: Apollo 13 (U.S.A.) fallita dopo un’esplosione nel modulo di servizio. I tre astronauti furono costretti a trasferirsi nel Modulo Lunare "Aquarius", utilizzandolo come navicella per il ritorno anziché come mezzo per atterrare sulla Luna e rientrare sulla terra sfruttando una traiettoria di rientro libero.
Febbraio 1971: Apollo 14 (U.S.A.) posa sulla Luna, per due giorni, due astronauti che visitano il cratere Fra’ Mauro ed eseguono esperimenti scientifici.
Luglio-Agosto 1971: Apollo 15 depone sulla Luna la prima automobile pilotata da un uomo, il «Lunar Roving Vehicle». J.B. Irwin e D.R. Scott esplorano un’area di circa 30 km2 nella zona degli «Appennini», raccogliendo campioni ed eseguendo riprese fotografiche; dopo circa 67 ore di permanenza sulla Luna, essi raggiungono Worden che li attende sul modulo di comando.
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Aprile 1972: Apollo 16 esplora una parte della regione di Cartesio, dove si prelevano altri campioni. Come in altre missioni, si eseguono misure sul magnetismo e sull’attività sismica della Luna e si fanno esperimenti biomedici sugli effetti dell’ambiente lunare e spaziale sull’uomo.
Dicembre 1972: Apollo 17 compie l’ultima missione umana sulla Luna, sbarcando nella zona Taurus-Littrow con il comandante E.A. Cernan e il geologo H. Schmitt. Questi percorrono la distanza maggiore (35 km) sulla superficie lunare e vi rimangono più a lungo di tutti i loro predecessori, eseguendo numerosi esperimenti, fra cui la misura del debole flusso di calore proveniente dall’interno della Luna; quindi riportano sulla Terra altri 110 kg di materiale roccioso.
@vfts-352
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levysoft · 5 years
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L’intensità dei cicloni tropicali viene calcolata in base alla scala Saffir-Simpson, sistema ideato nel 1969 dai due scienziati Herbert Saffir e Robert Simpson. La scala è composta da 5 categorie in rapporto alla velocità del vento, fornendo così una misura empirica dei danni che possono essere provocati dal ciclone. Vengono considerati cicloni tropicali fenomeni in cui la velocità del vento supera 120 km/h. Al di sotto di tale valore i fenomeni vengono considerati tempeste o depressioni tropicali. Ecco come sono ripartite le diverse categorie:
Categoria 1: venti tra 118 e 153 km/h
Categoria 2: venti tra 154 e 177 km/h
Categoria 3: venti tra 178 e 209 km/h
Categoria 4: venti tra 210 e 240 km/h
Categoria 5: venti oltre i 250 km/h
100 anni di uragani e tempeste nel Nord Atlantico
Noi di Info Data abbiamo raccolto i dati provenienti dal NOAA, analizzando informazioni su tutti gli uragani e le tempeste tropicali che hanno colpito gli Stati Uniti dal 1900 al 2015. In totale le registrazioni sono state 1443, mentre il 2015 ha fatto segnare 12 tra uragani e tempeste. Nella grafica abbiamo cercato di raccontare in maniera visuale 100 anni di uragani e tempeste nel Nord Atlantico.
I venti di Dorian sono a 155 miglia all’ora, circa 249,4 chilometri all’ora. Un uragano, come abbiamo visto, è considerato di categoria 5 quando i venti sono di 157 miglia all’ora in modo consistente. Dorian si muove lentamente a circa 1,6 chilometri all’ora. L’uragano Dorian dovrebbe aggiungersi alla breve lista di uragani di categoria 5 registrati negli ultimi 100 anni. Sono solo 30 infatti che hanno raggiunto venti superiori ai 250 km/h, otto dei quali negli anni Duemila. Gli uragani appartenenti a questa categoria rappresentano circa il 2% del totale delle registrazioni.
Allen, che attraversò l’Atlantico tra il 31 luglio e l’11 agosto del 1980, rimane l’uragano più forte mai registrato. Altri tre uragani degli anni Duemila si trovano nella top 10 di sempre. Si tratta di Wilma (2005, 184.1 mph, Rita (2005, 178.4 mph) e Felix (2007, 172.6 mph). Katrina, uno dei più celebri e dannosi uragani di sempre, il più grave uragano della storia degli Stati Uniti in termini di danni economici e uno dei più gravi per numero di morti, soffiò nel 2005 a 172.6 mph (circa 280 km/h), guadagnandosi la categoria 5 e provocando danni per 108 miliardi di dollari americani. Katrina si formò il 23 agosto, causando devastazioni lungo gli stati confinanti con il Golfo del Messico e degli Stati Uniti. Fu l’undicesima tempesta tropicale, terzo uragano maggiore e secondo uragano di categoria 5 della stagione degli uragani del 2005, un’annata segnata da 31 uragani (la cifra annuale massima mai registrata), dei quali e ben quattro di categoria 5.
Per quanto riguarda le stagionalità, il periodo che va da agosto a ottobre è stato nel corso degli anni il più colpito da calamità. Settembre è caratterizzato dal maggior numero di registrazioni, 586 dal 1900.
Hettie (1961), è l’uragano che mantenne la più alta velocità media durante il suo tragitto completo, 117.5 mph di media, superando Isabel (2003, 116.4 mph) e lo stesso Allen (1980, 113.4 mph).
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moviemaniac2020 · 2 years
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Il 16 luglio di cinque anni fa ci lasciava il grande George A. Romero, regista e sceneggiatore nordamericano specializzato generalmente in cinema “Horror”. Questo genere è sempre stato svalutato e confinato in gusti di nicchia, ma il cineasta in questione è riuscito a rivoluzionarlo con l’inserimento - fra le righe dei suoi film - di un’aspra critica sociale alla cultura occidentale. Ancora oggi da molti critici ed esperti di cinema, Ro- mero è considerato il padre dell’horror moderno e contemporaneo. Nato a New York nel 1940 si trasferisce in seguito a Pittsburgh, cittadina della Pennsylvania che diviene set di molte sue pellicole. Dopo aver girato alcuni cortometraggi indipendenti e degli spot TV, nel 1969 non ancora trentenne riesce ad autofinanziare il suo film d’esordio ovvero quello che è diventato uno dei più celebri cult-movie di tutti i tempi: “La notte dei morti viventi”. Attraverso questo film Romero riesce a ricodificare l'intero genere horror (fino ad allora improntato su classici come i vari “Dracula”, “Frankenstain” e alcuni monster-movie degli anni ’50-’60) grazie all’introduzione di due concetti fondamentali: a) i “mostri” sono una massa implacabile ed eterogenea, e rappresentano la maggioranza delle parti in gioco, mentre i “buoni” (che poi tanto buoni non sono…) rappresentano l’esigua minoranza; b) gli zombi resuscitano e camminano riportati in vita non da sedicenti riti magici o esoterici ma secondo spiegazioni razionali e scientifiche, anche se restano “sospese” e non del tutto chiarite. L’idea “corale” e “rivoluzionaria” deli zombi romeriani (che sarà ripresa e imitata da tantissimi altri autori) si contrappone alla natura umana dei protagonisti, che spesso risulta violenta, negativa, profondamente egoista e più incline al male. Queste tematiche vengono riprese anche ne “La città verrà distrutta all’alba” (1973), in una storia dove le perso- ne infettate da una misteriosa arma biologica si trasformano in pazzi omicidi e distruttori (“The crazies” è il titolo originale del film), mentre i sopravvissuti cercano di scampare a questa apocalisse scontrandosi fra loro e contro le forze dell’ordine, più disposte a sopprimere l’emergenza che a curarla. Dopo il film “Wampyr” (1977) - che metaforizza la dipendenza di sangue da parte di Martin, moderno e metropolitano vampiro, con la piaga dell’eroina e della droga in generale - Romero dirige quello che secondo molti è il suo capo- lavoro, cioè “Zombi” (1979), secondo episodio della trilogia dei morti-viventi (il titolo originale è: “Dawn of the dead”). Un gruppo eterogeno di 4 superstiti si barrica in un centro commerciale, mentre il mondo esterno è assediato da zombi cannibali. I morti viventi qui sono usati per una vera e propria critica alla collettività consumi- sta, mostrati come un'orda senza emozioni mossa esclusivamente da una forza atavica e ancestrale. “In una società consumistica noi, come loro (i morti viventi), finiamo per comportarci in modo simile, come fossimo eterodiretti all’acquisto di cose e merci, senza controllo” aveva dichiarato il regista su questo film che, nel terzo episodio della trilogia, “Il giorno degli zombi” (1985), pone l’accento anche sull’antimilitarismo e sulla forte critica alla guerra e all’apparato burocratico- militare. Nonostante l'idea di “massa” implacabile e senza pensieri sia proprio caratteristica degli zombie “romeriani”, è nell'aspetto sociale che i film di Romero trovano la forza principale di descrivere gli esseri umani molto peggio rispetto agli stessi   “mostri”   che essi combattono. Da sempre controcorrente, Romero - nonostante i successi dei primi film - ha in seguito fatto fatica a incassare la fiducia degli studios hollywoodiani per produrre film di zombie che non scadessero nello splatter gratuito ma che fossero, invece, fortemente ancorati a una dimensione legata alla critica sociale. L’opposta attitudine, purtroppo, tipica dei film horror tradizionali nel ricercare a tutti i costi la spettacolarità (a volte fine a sé stessa), lo “splatter”, il “gore”, ecc. ha lentamente tagliato fuori il cineasta statunitense dal “mainstream” del mercato, portandolo spesso ad autoprodurre i suoi lavori, come gli ultimi “Diary of the dead” e “Survival of the dead”, datati rispettivamente 2007 e 2009, che per i forti limiti sum- menzionati sono risultati poco più che film di serie B. . Negli anni ’80 e ‘90 l’autore ha però sfornato altre pellicole degne di nota, come il cartoonesco “Creepshow” (1982) e il metafisico “La metà oscura” (1993), entrambi partoriti dalla geniale penna di Stephen King; la collaborazione con il nostrano Dario Argento ha generato nel 1990 “Due occhi diabolici”, dove l’artista nordamericano ha portato sul grande schermo il racconto di Edgar Allan Poe “Fatti nella vita del signor Valdemar”; e poi c’è l’ultimo grande kolossal, ovvero “La terra dei morti viventi”, diretto nel 2005 e interpretato, fra gli altri, anche da Dennis Hopper e da Asia Argento. L’orrore, inteso come quel senso di repulsione e forte sgomento che si ha guardando oggi come oggi un qualsiasi film horror, nel cinema romeriano è sempre stato un aspetto secondario, che emerge solo dalle profondità di un'intensa e dissacrante critica rivolta alla società moderna. Non è tanto la violenza visiva per sconvolgere lo spettatore la tematica prediletta di Romero, bensì l'utilizzo di uccisioni e di omicidi quali portatori di significati sociologici precisi. Su tutto il resto si erigono tematiche profonde come la critica al razzismo, al consumismo, al militarismo, alla guerra, al classismo, ecc.: per Romero è sempre stato più importante far riflettere piuttosto che spaventare.
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lasko2017 · 2 years
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Oggi è l’anniversario dello sbarco sulla Luna. Il 20 luglio del 1969 alle 4:57 (ora italiana), Neil Armstrong e Buzz Aldrin muovono i primi passi sul suolo lunare. I due astronauti hanno trascorso circa due ore e mezza al di fuori della navicella e hanno raccolto 21,5 kg di materiale lunare che portarono sulla terra. La passeggiata del 1969 è uno degli eventi più significativi della storia del Novecento..... #20luglio1969 #sbarcosullaluna #nasa #armstrong #storiaamericana #lasko71 @lasko71 https://www.instagram.com/p/CgO8oOBIk7QQswK7fVAmPJDK3RiAzMqVU_m7C40/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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klap-hub-blog · 6 years
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Today in Music: 4 Luglio
-  1948: nasce oggi Jeremy Spencer, chitarrista dei Fleetwood Mac con i quali raggiunse nel 1969 la vetta della classifica dei migliori singoli del Regno Unito con la loro “Albatross”. Lasciò la band nel 1971 durante il loro tour negli Stati Uniti dicendo che andava a comprare un giornale. Fu ritrovato due giorni più tardi alla sede centrale della setta dei “Bambini di Dio” totalmente rasato a zero.  
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-  1976: i Clash fecero il loro debutto live e si esibirono come band di supporto agli allora più conosciuti Sex Pistols durante la loro esibizione al Black Swan di Sheffield in Inghilterra. 
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-  1999: Victoria 'Posh Spice' Adams sposa il calciatore David Beckham al Castello Luttrellstown in Irlanda. La coppia di sposi firmò un contratto da un milione di sterline con la rivista OK per i diritti esclusi sulle immagini del matrimonio.    
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