#vita da strega
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promisemeabrandnewday · 4 months ago
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Ho troppa voglia di rivedermi Sabrina vita da strega, in inglese era Sabrina the teenage witch.
Quello che hanno fatto su Netflix mi mette anche curiosità ma nessuno batterà mai la prima Sabrina Spellman e Salem che è pure un mood di vita quel gatto. So che il Salem della serie di Netflix non parla e questo non va bene
Vorrei troppo rivedere quella sitcom come si chiamavano prima
Sabrina vita da strega, Xena-principessa guerrirera, Hercules e Young Hercules
Vorrei troppo farmi delle belle maratone con queste serie che secondo me devono essere conosciute di più anche dalle persone che non l’hanno mai visto.
Penso siano sottovalutate, sempre secondo la mia opinione. Una volta su Prime c’era Xena ora l’hanno tolto mannaggia a Prime
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Ne vale la pena mettere quest’immagine di Salem di Sabrina vita da strega, 90s.
Come non può convincere a vedere quella sitcom/serie. C’era pure lo spin off ahah
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neversoulless · 5 days ago
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Com'è il detto:
l'Epifania tutte le feste porta via.
Voglio fare un augurio di cuore a tutte voi piccole e grandi befanine.
Cercate di essere sempre un po' befane e tanto ,ma tanto streghe.
Portate solo cose belle nella vostra vita: ricordate che la felicità, come la vita, è un insieme di attimi che bisogna vivere intensamente senza pensare troppo, senza farsi troppi problemi, perché gli attimi passano e con loro passa la possibilità di realizzare ciò
che avete nel cuore.
Sappiate che la vita, come la felicità, la si vive
nonostante i problemi, sfidando tutti, combattendo contro il mondo, anche contro
le ragioni che ostacolano ciò che desiderate. Io strega anziana vi auguro: sogni da realizzare e tanto tanto tanto amore.
A tutte voi mie care befanine, buon ,
Epifania 💖🌹☕️🎄✨️🧙‍♀️😘
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parsifalstyle · 7 days ago
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LA STORIA DEL GATTO DELLA BEFANA
Un tempo i gatti erano tutti tigrati, solo uno era di colore nero: era quello della Befana e la accompagnava nei suoi lunghi viaggi; a cavallo della scopa vedeva luoghi meravigliosi, ma sempre dall’alto. Il micio ogni tanto si chiedeva come era la vita degli umani: quando il periodo dell’Epifania si concludeva, lui infatti viveva una specie di letargo e dormiva con la strega tutto l’anno in attesa del 6 gennaio. Una notte il gatto, nel suo viaggio attorno al mondo assieme alla vecchina, si sporse per tentare di vedere più da vicino il mondo, il sacco era aperto e un regalo volo via. Dopo un pò la strega se ne accorse: “Mai era successo un errore così in millenni di viaggi!” Il gatto taceva, ma la vecchia era magica e disse: “Vecchio micione sei stato tu, non mi arrabbio…la vita è stata noiosa e solitaria con me. Ma a questo bambino bisogna pur dare qualcosa: andrai tu!” Così il gatto fu catapultato in un camino e quando arrivò nel grande salone cominciò a tossire per la gran cenere e la famiglia lo guardò stupita, ma il bambino urlava di gioia: “Che bello un amico tutto per me!” Ed i genitori non ebbero coraggio di separarli e da quel giorno i gatti non furono più solo tigrati, perché, a ricordo di quel dono, ci furono gatti neri. E per questo i gatti neri portano fortuna, perché sono un regalo della magica notte in cui i sogni si avverano.
Via Facebook
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angelap3 · 7 months ago
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Una bellissima storia d'amore..
Loro due.
È il 1961. Si incontrano a Napoli.
Sono Raffaele La Capria e Ilaria Occhini.
Lei già attrice famosa. Lui vincerà di li a poco il Premio Strega. Quel giorno vanno a Positano e da lì sessant'anni di vita assieme
#RaffaeleLaCapria, moriva un anno fa, a 99 anni.
“Il premio più bello della mia vita fu aver incontrato Ilaria”. E lei nel suo libro "La bellezza quotidiana": “Sulla spider girammo per le vie di Roma, andammo a fare i bagni a Ostia e Fregene. Quando ci riconosceva, la gente ci salutava. Raffaele disse: ‘Speriamo che gli dei della Nemesi che ci guardano dall’alto dei cieli mediterranei non si accorgano della nostra felicità, perché senza dubbio ci punirebbero’”.
Oggi li ricordiamo entrambi.
Con questo ricordo di incontro felice. Di felicità così felice da far paura persino agli dei.
Poi magari sparisce. Ma c’è stata.
E chi l’ha vissuta, lo sa, questo è quel che conta.❤️
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hysterical-and-uselesss · 20 days ago
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Un professore s2 moodboard, parte 3 (2, 1):
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1 F. S. Fitzgerald, Tenera è la notte // 2, 10, 11 Francesco Costa, Frontiera // 3 Sabrina, vita da strega // 4, 6 Barbara Kingsolver, Demon Copperhead // 5, 13 Dino Buzzati, Un amore // 8 J. D. Salinger, Franny e Zooey
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a--piedi--nudi · 13 days ago
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Verso le nove il sole del mattino entra dalla finestra e si posa sul divano, faccio il caffè e lo bevo seduta lì, nell'angolino scaldato dalla luce. Ho una tazza nuova, bella, color sabbia e verde chiaro. Attraverso la tenda vedo l'ombra del pettirosso che vola e saltella beccando il pane. Piccolo, dolce, panciuto pettirosso, quando lo vedo mi si apre il cuore; piccolo lui, grande l'ombra, questo pensiero potrà servire in futuro. Il sole resterà fino alle 11:00 poi la vecchia casa disabitata lo nasconderà; tornerà più tardi per il caffè del pomeriggio. Pochi metri quadri di sala-cucina sembrano una reggia. Ogni mattina ringrazio per questa gioia. In poco spazio la colazione, il caffè, una lettura sul divano e la coperta, la ginnastica sul tappeto, la preparazione del pranzo, mangiare con la tavola apparecchiata oppure, ogni tanto, all'orientale inginocchiata davanti al tavolino basso. Non amo molto lavare i piatti, vorrei poter chiudere gli occhi, muovere il naso come in "Vita da strega" e trovarli già puliti ma non funziona così. Lavare i piatti per chi è pigro può essere un esercizio spirituale. Quando è tutto pulito e accatastato per l'asciugatura il sole fa capolino sull'altro lato della vecchia casa e delicato entra ad appoggiarsi sul mobile della sala. Posso fare il secondo caffè, leggero, però, perché ormai apprezzo più il rito del sapore e mi è sufficiente poca polvere. Basta che sia caldo e profumato. In questa meridiana domestica mi piazzo sul pouf, appoggio la schiena al mobile, anche la testa e chiudo gli occhi. Un sorso di caffè e poi di nuovo gli occhi chiusi: la luce attraversa le palpebre rendendo giallo-arancione il buio dietro gli occhi. Potrei essere in Grecia, su una spiaggia assieme a Leonard Choen oppure al fiume, chissà dove. Questa cosa dei pochi metri quadri mi affascina molto ma temo non sarebbe la stesa cosa senza la luce diretta del sole. Potremmo farne un'analisi interiore. Potremmo. Se ho l'ispirazione giusta il pomeriggio posso giocare un po' con la terra e fare oggettini, così cucina e sala diventano un mezzo laboratorio, mezzo tavolo della cucina per fare la lastra e poi il tavolo basso davanti al divano per sistemare i dettagli. Dal computer esce la voce di Marguerite Yourcenar che racconta della sua vita e di Adriano, Micia sonnecchia sul divano, sembra aderire con piacere a questa vita di cose semplici. Siamo fortunate. Fuori fa freddo. C'è chi non ha pochi metri quadri, il dolore gronda ovunque, terribilmente bussa alle porte, si appoggia con mani pesanti e stanche agli stipiti delle finestre. Abbiamo fatto sempre la guerra, sempre. E dentro me? Quanta guerra c'è? Tanta mioddio, tanta. Tanta da fare paura. Ora cerco di capire come posso fare a darmi pace. Ora.
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joy-238 · 2 months ago
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Halloween è quella magica festa in cui alcune bimbe si vestono da strega e rimangono con questa deviata inclinazione per tutta la vita.
(Twitter)
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jadarnr · 7 days ago
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TRINITY BLOOD
RAGE AGAINS THE MOONS
(Storia: Sunao Yoshida // Illustrazioni: Thores Shibamoto)
Vol.1 - From the Empire
WITCH HUNT - CAPITOLO 5
Traduzione italiana di jadarnr dai volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il suo prezioso contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
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“Tres, ma cosa significa!?” Chiese Abel, incapace di credere a ciò che stava accadendo davanti ai suoi occhi.
“Ho controllato la ragazza.” La voce del prete, nell’aria impregnata di polvere da sparo, sembrava quella di un morto. La pistola, puntata al petto di Abel— o meglio alla testa di Eris accovacciata dietro di lui, non si mosse di un millimetro.
“Il primo caso è stato due anni fa. Il suo padre biologico ha sparato a sua madre e poi si è tolto la vita. Dopodiché lei è stata data in affidamento. Nel secondo caso si trattava di suo padre adottivo. Si è sparato in testa con un fucile mentre era a caccia. Il terzo caso è accaduto al suo orfanotrofio. Un anno fa, otto bambini ospiti dell’orfanotrofio si sono fatti a pezzi a vicenda con dei coltelli da cucina, ma le motivazioni non sono mai state chiarite.” Continuò Tres meccanicamente.
La ragazzina era impallidita mentre il prete descriveva senza pietà il suo passato. Si rannicchiò ancora di più dietro Abel, incapace di trattenere i singhiozzi.
“E poi c��é stato il caso della settimana scorsa al rifugio dei vampiri. Ora finalmente sappiamo perché si sono uccisi fra di loro. Non si è trattata si una faida territoriale. La ragazza ha manipolato le loro menti e li ha messi l’uno contro l’altro. Quando ho contattato il Dipartimento dell’Inquisizione ho scoperto che era già ricercata come strega.” Concluse il prete.
“Quando mi hai toccato, hai usato la telepatia, vero? Ecco come mi hai fatto cadere in trance.” Sussurrò Abel ad Eris.
Prima dell’Armageddon, gli scienziati erano stati in grado di decifrare il DNA umano, ed avevano sviluppato delle tecniche per alterarne il codice genetico. Le “streghe” erano le discendenti di questi esperimenti genetici. Avevano sviluppato incredibili poteri mentali: telepatia, ESP, telecinesi e perfino pirocinesi. Si pensava anche che potessero leggere il pensiero o muovere oggetti senza toccarli.
Dopo l’Armageddon, umani e vampiri erano entrati in guerra. Ma entrambe le parti detestavano le streghe e gli avevano dato la caccia senza pietà. Il risultato era stato un genocidio globale e le streghe si erano praticamente estinte. In rari casi, i poteri erano rimasti dormienti durante il periodo dell’Inquisizione; questi tratti saltavano qualche generazione e poi riapparivano casualmente nei discendenti… come Eris.
“Cerca di ragionare, Tres! È vero— ha dei poteri speciali. Ma come possiamo essere sicuri che sia stata lei la responsabile della morte di tutte quelle persone senza approfondire le indagini…” Iniziò Abel, ma fu subito interrotto dalla voce fredda di Tres.
“Le sue intenzioni non contano. La sua stessa esistenza é un pericolo. È molto probabile che i vampiri del rifugio abbiano cercato di impossessarsi dei suoi poteri. Devi esserti accorto anche tu della sua forza.”
Abel abbassò lo sguardo. Tres aveva ragione, e lo sapeva... Cosa accadrebbe se i suoi poteri potessero influenzare un’intera città come quella del Vaticano, o una base militare? Proteggere un’unica vita vale tanto rischio?
“La ragazza non è umana. È una bomba in forma umana. È una minaccia. Va neutralizzata. Adesso allontanati, Padre Nightroad.” Ordinò Tres.
“No.” Replicò Abel, con gli occhi ancora rivolti verso il basso. Estrasse la pistola dalla fondina sul suo fianco e si alzò in piedi davanti a Tres con aria di sfida. “Ho promesso di aiutarla, ed io mantengo le mie promesse.”
“Hai intenzione di combattermi, Crusnik?” Domandò Tres.
Abel non disse nulla. L’unico rumore era quello dei cavi della corrente recisi che sfrigolavano.
Dopo un lungo momento di silenzio, Gunslinger annuì. “Bene. Se dici così, non mi lasci scelta.”
“Quindi hai capito….” Disse Abel con un sospiro di sollievo.
Ma Tres continuò nel suo tono monocorde: “Affermativo. Mi rendo conto che non ci sono altri metodi che possa adottare. Rimuovere l’agente AX Abel Nightroad dalla lista degli amici.”
“Ma cos…” Abel strabuzzò gli occhi udendo quelle parole.
Se Tres fosse stato umano, si sarebbe detto che il suo sguardo avesse mostrato un istinto omicida. In una frazione di secondo, la sua CPU spinale aveva modificato il suo programma in modalità ‘genocidio’ e le sue pupille si erano dilatate ed avevano assunto un tono bluastro.
“Violazione delle leggi papali, Articolo Canonico numero 188. Abel Nightroad, devi essere eliminato.” Dichiarò.
“Tieniti stretta!” Gridò Abel prendendo Eris in braccio.
Abel fece un salto di lato, ma il corpo di Tres era già scomparso nel buio.
“Ahi!” Gemette Abel quando sentì il colpo sulla sua mano.
Un lampo di luce nell’oscurità li accecò momentaneamente entrambi. Il suo revolver gli era stato strappato dalla mano.
Un istante dopo fu colpito da un altro sparo, questa volta vicino la sua fronte.
“È inutile, Nightroad. Non puoi sfuggirmi, non con le tue abilità.” Lo informò Tres camminando con passo deciso. Rintracciando precisamente il passo zoppicante di Abel nel buio, Tres sparò di nuovo, e la colonna che lo separava dal suo obiettivo venne completamente polverizzata.
Istintivamente, Abel cercò di raggiungere la pistola che gli era caduta a terra.
“Sei 0.43 secondi in ritardo.” Disse Tres.
Un altro sparo.
“Padre!” Urlò disperata Eris, che fino ad allora era rimasta in silenzio, lanciando qualcosa verso il prete.
Abel perse sensibilità alla spalla sinistra e cadde a terra. Accanto a lui sentì rotolare il suo revolver, insieme a qualcos’altro. Con la vista annebbiata dal dolore cercò di raggiungerlo con le dita, senza successo.
Ma questo é… — quando sentì la gomma di uno dei cavi elettrici fra le sue mani, capì subito di cosa si trattava.
Passi metodici si avvicinarono, e si fermarono due metri da lui. “Rimani a terra, Padre Nightroad.”
“Cosa ne pensi di questo?” Zuppo di sudore, Abel pronunciò quelle parole con tono di sfida.
La forza di Tres era certamente soverchiante, e poteva sembrare che non avesse alcun punto debole da sfruttare o modo in cui sfuggirgli. Tuttavia…
“Fermati! È me che vuoi uccidere, giusto? Allora…” Eris si parò davanti ad Abel.
Gli occhi di vetro in cui si rifletteva la ragazzina che cercava di proteggere il prete facendogli da scudo sembrarono vacillare per un istante. Ma poi il dito si mosse inesorabilmente sul grilletto e…
In un batter d’occhio il corpo di Tres fu scaraventato all’indietro da un’ondata di scintille azzurre.
“…!”
La macchina assassina, nota come Killing Doll, si sbilanciò all’indietro e cadde in ginocchio, proprio come una bambola rotta. Una rete di scintille blu ricoprì il suo corpo come una ragnatela, a partire dal suo braccio destro.
“Eris, scappa!” Urlò Abel, gettando il cavo dell’alta tensione he aveva in mano, ancora sprigionante scintille.
“Che stai facendo Eris? Ti ho detto di scappare!” Gridò nuovamente, vedendo che non si era mossa.
“Scappa anche tu Padre!” Eris ancora esitava.
Insieme risalirono di corsa le scale e tornarono nella lobby. In quel momento, si udì la campanella che indicava la partenza del treno. Dalla locomotiva uscì uno sbuffo di vapore, mentre si preparava a lasciare il binario, stranamente deserto.
“Padre Nightroad, ma che succede?” Chiese Sorella Louise preoccupata, vedendoli arrivare in quello stato.
“Sorella, per piacere prendi la ragazza.” Implorò Abel.
“Ma Padre!” Protestò Eris.
Abel la spinse fra le braccia della suora, e si voltò indietro. Poteva già sentire il passo pesante e ritmico di Tres avvicinarsi.
Eris sussultò. “Non é ancora morto!”
“Eris, ti prego.” Implorò Abel, continuando a spingere la ragazzina verso la suora. “Per piacere… scappa. Mi occuperò io di lui.”
“Ma…!” Cercò nuovamente di protestare Eris, visibilmente preoccupata.
Tentò di prendere la mano del prete, che le sorrideva dolcemente da dietro gli occhiali rotondi, ma a metà strada esitò e ritrasse le dita, come se avesse toccato dell’acqua bollente.
“Perché… perché lo stai facendo?” Mormorò la ragazzina.
“Perché cosa?” Domandò il prete, sembrando non capire il senso di quella domanda.
“Perché sei così gentile con un mostro come me?” Eris lo guardava con sguardo triste.
“Non dovresti parlare di te stessa in questo modo. Non sei un mostro.” Abel le strizzò l’occhio.
“Forza, Eris.” La incalzò Sorella Louise, nervosa. Non sapeva cosa stava accadendo, ma capiva che era qualcosa di grave. Con un sorriso teso sul viso, strinse la manica della ragazzina e disse: “Non ho idea di cosa sia successo, ma ascoltiamo quello che dice Padre Abel.”
“M—ma…” Balbettò la ragazzina.
“Ti prego, vai…” Sussurrò il prete.
Abel le spinse gentilmente la spalla e Eris mise un piede sulla scaletta della carrozza passeggeri. Lasciandosi tirare per un braccio da Sorella Louise, scomparve dentro la porta. Ma poi improvvisamente riapparve, gettandosi verso di lui.
“Addio, Padre.”
Con un movimento veloce come quello di un animale selvatico, gli diede un bacio. Nel momento n cui le sue labbra sfiorarono quelle del sacerdote, il treno cominciò a muoversi.
Abel osservò con un sorriso un po’ amaro la ragazzina che si allontanava ancora aggrappata alla scaletta, poi si voltò, ritrovandosi faccia a faccia con Gunslinger, che gli puntava la pistola contro.
“È troppo tardi… se n’è andata.”
“Immagino sia così.” Concordò Tres impassibile, abbassando l’enorme arma. I passeggeri sulla banchina si accorsero della situazione e corsero a chiamare la polizia. Pochi secondi dopo erano circondati da agenti e funzionari della stazione.
“Ma é troppo presto per sentirsi sollevato, Padre Nightroad. Non mi sono ancora arreso.”
Tres si voltò verso gli agenti ed ordinò con voce secca: “Contattate la prossima stazione e fate in modo che fermino quel treno.”
“La prossima stazione?” Chiese uno dei funzionari, con un’espressione confusa. “Ma quel treno era fuori servizio.” Continuò l’uomo, senza capire il motivo di quella conversazione.
“Come!?” Esclamò Abel spalancando la bocca. Tres invece rimaneva in silenzio.
“Cosa intendete dire con ‘fuori servizio’?” Chiese Abel con crescente apprensione.
“Che quel treno sta andando in deposito…” iniziò a spiegare il funzionario, ma fu interrotto da una voce sconosciuta.
“Scusatemi, per caso voi siete del Dipartimento degli Affari dello Stato del Vaticano?”
Quelle parole rivolte sommessamente ai due sacerdoti li fece rimanere senza parole. Una donna anziana, grassottella e vestita da suora si era affacciata fra il capannello di persone.
“Scusate il ritardo. Sono Sorella Louise, del Convento di Santa Rachele. Sono qui per prendere la ragazza. Eris, giusto? Dove si trova?” Chiese pensierosa.
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susieporta · 4 months ago
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Fante di Coppe
"La Verità del Cuore".
Idealizzare è un processo della Mente.
E' un meccanismo di difesa.
Da bambini è un processo vitale per la sopravvivenza affettiva ed emotiva qualora la figura adulta di riferimento risulti deficitaria o assente nelle cure parentali.
Il bambino idealizza per non morire di dolore.
Da adulti impariamo ad affrontare l'Altro con lo stesso schema distorsivo.
Creiamo un'immagine fantasiosa del legame. Qualcosa che non esiste. Ricamiamo sull'Altro un immagine finta e distante dalla realtà.
Siamo i maghi del convincimento: tratteniamo dentro di noi l'immagine dell'Altro fino alle estreme evidenze, anche quando le maschere cadono e producono un tonfo al Cuore inimmaginabile.
Principi e principesse con cui intratteniamo anni della nostra vita, perdendoci nel gioco dell'illusione, giustificando ogni comportamento lesivo in nome di un Sentimento che non esiste, inventato, qualificato dalla svalutazione e dalla finzione.
Il piedistallo ad un certo punto crolla.
E le macerie ci sommergono.
"Io credevo che mi amasse".
Il crollo dell'immagine dei Genitori è qualcosa di immensamente doloroso. Molto più doloroso e impattante della destrutturazione di un rapporto di coppia.
Non essersi sentiti amati e accolti nell'Amore e nell'Accettazione fa male.
Ma la Verità è che molti individui, a loro volta traumatizzati o violentati nelle cure parentali, non provano nulla dentro di loro. Hanno il Cuore completamente asserragliato e congelato.
Non amano.
Non ne sono capaci.
E il bambino lo sente. Ma deve sopravvivere. Non può morire. E si inventa ogni stratagemma di compensazione interiore. Si inventa le storie. Si offre alla fantasia e alla creatività per costruire madri e padri che in realtà in fondo in fondo gli vogliono bene. Ma non riescono ad esprimerlo.
E da grandi si raccontano le medesime bugie.
E i castelli di onnipotenza genitoriale, diventano castelli di rabbia e frustrazione.
La principessa diventa una strega e il principe un ranocchio.
Idealizzare l'Altro nasconde una ferita profondissima.
Metterlo sul piedistallo e adorarlo, onorarlo, divinizzarlo è una "forma di oggettivazione".
E guai uscire da quello spazio di idealizzazione. Guai se l'Altro si sottrae al copione e "si presenta per quello che è".
L'Altro è costretto a stare forzatamente dentro a quell'idealizzazione. Altrimenti deve prepararsi ad essere accusato di "alto tradimento".
Ma l'Altro non sarà mai all'altezza dell'idealizzazione. E' un essere umano in carne e ossa. E' reale. E' emozione vera. E se ha compiuto un percorso di Verità interiore, non può fermarsi ad adempiere al bisogno dell'Altro di aspettativa irrealistica di rapporto.
La Relazione è Cuore.
E il Cuore non idealizza. Sente.
Sente se c'è purezza, se c'è gentilezza, se c'è Verità nei gesti, nelle parole, negli sguardi, nella stretta di mano.
L'Altro non è uno "strumento di compensazione". E se è radicato nella sua Autenticità, non potrà mai esserlo. Sarebbe pura finzione.
E prima o poi giungerà il fatidico momento in cui l'Altro, conscio della "condizione di strumento", deluderà l'aspettativa e se ne andrà. Ed allora verrà sminuito, svalutato e scartato.
Essere veri, radicati, presenti, onesti con noi stessi e l'Altro è il primo presupposto per intrattenere una relazione sana.
Lasciamo cadere le idealizzazioni e sentiamo a Cuore aperto la Verità.
Spalanchiamo gli occhi e le orecchie e guardiamo i "fatti".
Non ci sono giustificazioni o castelli da costruire. Ci sono "fatti".
Non ci sono promesse che tengano.
C'è la Verità.
Impariamo a seguirla.
Piedi ben radicati a terra e Cuore aperto alla Vita. Così si prosegue. Così si può generare Amore e riceverne in abbondanza.
L'Autunno spoglia gli alberi dalle foglie ingiallite. E anche le illusioni.
Per lasciare spazio alla nudità, alla rigidità dell'Inverno. Che all'interno custodisce una Forza generatrice tutta nuova.
Un Amore nuovo.
Una Vita nuova.
Un nuovo Cammino.
Mirtilla Esmeralda
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mucillo · 1 year ago
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Un bellissimo Monologo di Barbara Giorgi dedicato a Franca Rame.
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Non importa chi sono. Non importa come mi chiamo. Potete chiamarmi Strega.
Perché tanto la mia natura è quella. Da sempre, dal primo vagito, dal primo respiro di vita, dal primo calcio che ho tirato al mondo.
Sono una di quelle donne che hanno il fuoco nell’anima, sono una di quelle donne che hanno la vista e l’udito di un gatto, sono una di quelle donne che parlano con gli alberi e le formiche, sono una di quelle donne che hanno il cervello di Ipazia, di Artemisia, di Madame Curie.
E sono bella! Ho la bellezza della luce, ho la bellezza dell’armonia, ho la bellezza del mare in tempesta, ho la bellezza di una tigre, ho la bellezza dei girasoli, della lavanda e pure dell’erba gramigna!
Per cui sono Strega.
Sono Strega perché sono diversa, sono unica, sono un’altra, sono me stessa, sono fuori dalle righe, sono fuori dagli schemi, sono a-normale… sono io!
Sono Strega perché sono fiera del mio essere animale-donna-zingara-artista e … folle ingegnere della mia vita.
Sono Strega perché so usare la testa, perché dico sempre ciò che penso, perché non ho paura della parola pericolosa e pruriginosa, della parola potente e possente.
Sono Strega perché spesso dò fastidio alle Sante Inquisizioni di questo strano millennio, di questo Medioevo di tribunali mediatici e apatici.
Sono Strega perché i roghi esistono ancora e io – prima o poi – potrei finirci dentro.
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elenascrive · 1 year ago
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In questa Notte delle Streghe confesso apertamente di essere una di Loro. Non sono Strega da quando sono venuta al Mondo ma da molto più tempo. Dai tempi dei tempi quando erano considerate vere e proprie minacce e per questo venivano messe al rogo. Anch’io sono stata messa al rogo e uso questa Vita per trovare il Mio sacrosanto diritto di riscatto.
Sono una Strega che sta ancora imparando i trucchi del mestiere per resistere alle intemperie di quest’Esistenza di certo non facile, data la complessità che la rappresenta, affinando le proprie armi come la sensitività per tenere testa al Mistero che l’avvolge.
Sentire tutto e prima di tutti è una condanna, insieme alla sensibilità che mai abbandona. Eppure alle volte è capace di donare gioie inaspettate capaci di farmi rinascere. Sono poteri forti per i quali bisogna fare molta attenzione, perché se lasciati andare possono recare danni imponenti a Me Stessa e non solo. A causa di questa condizione, non è facile farmi accettare dagli altri. Nonostante la modernità dell’epoca moderna nella quale si vive, le poche Streghe rimaste come Me fanno tantissima fatica a farsi comprendere.
Mi chiamano strana ed Io ne vado fiera! Ad alcuni poi dò veramente un sacco di fastidio, forse a causa dell’invidia che involontariamente innesco per questo Mio modo d’essere unico e quindi diverso, fatto sta che alle volte purtroppo finisco per sentirmi piuttosto perseguitata. Sto pagando a caro prezzo colpe che non ho giacché addossate da altri. Mi è stato fatto moltissimo male per il quale sto pagando ancora il conto insomma. Ho fatto un mucchio di errori certo, non li rinnego e di questi me ne assumo le responsabilità.
Fortuna che non sono sola, posso contare infatti sulla forza straordinaria di Madre Natura e dell’Amata Luna, da sempre la Mia alleata più importante insieme alla Notte. E poi con Me vi è anche Il Prezioso Fedele Corvo, che è come un Fratello, condividendo qualsiasi sacrilegio.
Tutto quello che chiedo è un buon antidoto di tranquillità unita a qualche buona dose di conquista che credo di meritarmi, per lo scotto che sto continuando tutt’ora a pagare solo e soltanto per essere la Strega che sono.
@elenascrive
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anchesetuttinoino · 8 months ago
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Piddini che premiano piddini che fanno film piddini su temi che piacciono ai piddini.
Questa in sintesi l'egemonia culturale che soffoca l'Italia da decenni. Come sapete, il sottoscritto si sgola da sempre su quanto sia essenziale creare nuovi palchi, nuovi eventi, nuovi Festival in cui far esprimere i tanti artisti non allineati.
Sul David di Donatello, sul Leone di Venezia o sul premio Strega non si può che ridere: se la cantano e se la suonano da soli. Nello specifico, a essere premiati sono due film sulle due passioni dei globalioti, ovvero il nazifemminismo e l'immigrazionismo.
Resta la necessità di dare vita a una produzione culturale nuova, libera, coraggiosa. Qualcuno ci sta provando. Ma serve qualcosa di più grande, continuo e coinvolgente.
Sono convinto che avrebbe tutte le possibilità per emergere. A quel punto certe statuette finirebbero dove meritano: nella spazzatura.
Matteo Brandi
Pro Italia - Segreteria Nazionale
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fee-ling · 2 months ago
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Cosa voleva dire essere adolescenti negli anni ottanta e novanta?
Non esistevano i cellulari e i social non sapevamo nemmeno cosa fossero. L'unica cosa veramente "social(e)" era stare assieme agli altri. Per davvero, nella vita reale.
Si stava a giocare a pallone in strada con gli amici fino a quando tua madre non ti urlava che era pronto. E il sabato e la domenica ogni con la propria compagnia sui muretti o al pub.
Le strade erano piene di gente. I bar erano pieni di gente. Alla domenica, nel giorno di riposo per tutti, l'appuntamento al bar dello sport era un rito fisso. Erano tutti ammassati perché i bar una volta erano dei microcosmi pieni di vita e di umanità.E tutti, giovani e non, si intrattenevano in quei locali pieni di fumo (già, perché allora si poteva fumare anche dentro ai bar), aspettando il proprio turno per poter scommettere sulle partite.E non si giocava la "bolletta", quella è nata dopo. Ma si giocava la schedina. Ricordo ancora la scritta “Totocalcio” in verde, sulla sinistra l’elenco delle partite che si sarebbero disputate ed in rosa gli “1 x 2”. C’era la possibilità di vincite milionarie con “facendo il 13” o di vincite più discrete con il 12. Si discuteva, si parlava e ci si confrontava per cercare il pronostico giusto per "azzeccare" il risultato. Alla mattina c'erano i cartoni animati, quelli belli, pixel sfocati dello schermo della tv a tubo catodico. Su Italia 1 davano "Hello! Spank", "Doraemon", "Georgie", "Sui monti con Annette", "L'incantevole Creamy", "Il mio nome è Jem". Altrimenti, se andavi sulle reti private potevi trovare "Ken il Guerriero", "Mazinga", "Sampei", "Ransie la strega", "Bia la sfida della magia", "Chuck, castoro" e tanti altri.
I film erano dei veri e propri capolavori: da Indiana Jones a Terminator, da Guerre stellari a Rocky, da Lo squalo ai film horror che tutti i mercoledì davano in doppio appuntamento a "Notte Horror" su Italia 1. E siccome il primo film cominciava alle 22:30, quello di mezzanotte e mezza toccava videoregistrarlo perché poi il giorno dopo c'era la scuola. Le VHS: oggetti oramai quasi introvabili e diventati vintage: funzionavano con nastri magnetici che giravano dentro e ci si poteva registrare sopra anche sei, sette, otto volte. L'unico modo per non sovraregistrarle era rimuovere la linguetta in plastica. Ma se poi cambiavi idea ci potevi applicare lo schotch ed ecco che si ripristinava.Ascoltavamo Vasco, gli 883 e Claudio Baglioni. Ma poi anche Michael Jackson, Prince ed i Queen. Ma c'erano anche i Guns'n'Roses ed i Duran Duran. Capitava di vedere in giro gente con lo stereo a palla e le All Stars ai piedi. Magari anche su uno skateboard.Tutto era diverso: anche l'aria che si respirava. Sia per strada che nei luoghi pubblici. Degli odori che oggi non ci sono più.
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ma-come-mai · 6 days ago
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LA STORIA DEL GATTO DELLA BEFANA
Un tempo i gatti erano tutti tigrati, solo uno era di colore nero: era quello della Befana e la accompagnava nei suoi lunghi viaggi; a cavallo della scopa vedeva luoghi meravigliosi, ma sempre dall’alto. Il micio ogni tanto si chiedeva come era la vita degli umani: quando il periodo dell’Epifania si concludeva, lui infatti viveva una specie di letargo e dormiva con la strega tutto l’anno in attesa del 6 gennaio. Una notte il gatto, nel suo viaggio attorno al mondo assieme alla vecchina, si sporse per tentare di vedere più da vicino il mondo, il sacco era aperto e un regalo volo via. Dopo un pò la strega se ne accorse: “Mai era successo un errore così in millenni di viaggi!” Il gatto taceva, ma la vecchia era magica e disse: “Vecchio micione sei stato tu, non mi arrabbio…la vita è stata noiosa e solitaria con me. Ma a questo bambino bisogna pur dare qualcosa: andrai tu!” Così il gatto fu catapultato in un camino e quando arrivò nel grande salone cominciò a tossire per la gran cenere e la famiglia lo guardò stupita, ma il bambino urlava di gioia: “Che bello un amico tutto per me!” Ed i genitori non ebbero coraggio di separarli e da quel giorno i gatti non furono più solo tigrati, perché, a ricordo di quel dono, ci furono gatti neri. E per questo i gatti neri portano fortuna, perché sono un regalo della magica notte in cui i sogni si avverano.
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t-annhauser · 1 year ago
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Io e l'alcol
Io e l'alcol non siamo molto amici, però a volte, attirato dal bei colori gialli della bottiglia, mi viene voglia di assaggiare un po' di Strega, oppure di annusare l'Amaro del Capo; il whisky, invece, solo sulle ferite, come i cowboy quando devono estrarre una pallottola (si strappa un lembo di camicia dal braccio e se lo mette in bocca, per fare da bite dentale). La mia tecnica per lo Strega e per tutti i distillati che abbiano una gradazione alcolica superiore ai 12 gradi, è di appoggiare il labbro femmineo al bicchierino e di far evaporare l'alcol all'esterno, inalando poi l'aroma col naso, come se fosse un Vicks Vaporub. È dura la vita dei maschi Beta, scherzati fin da piccoli, virilità sempre messa in discussione, pochi peli in faccia, io nel far west avrei potuto fare giusto il chierichetto o il prete, e anche così mi sarei trovato in difficoltà nel passaggio della transustanziazione del vino (ma le chiese riformate bevono vino durante l'eucarestia? boh). (ma la fanno l'eucarestia? boh). (magari a Santa Fe, o a Lafayette). (questa cosa del flusso di coscienza alla Mr Bloom mi sta prendendo un po' la mano). Ho in progetto di assaggiare anche la vodka, ma sempre con la tecnica precedentemente detta "del Vicks Vaporub": mi spalmo la vodka sul petto e poi la inalo di notte.
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curiositasmundi · 22 days ago
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Pochi giorni fa l’autore di Le otto montagne è stato infine dimesso dopo due settimane dal reparto di psichiatria dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano. Tra le pagine del racconto giornalistico di Cognetti, un romanzo in essere, in vita, in continua dolorosa mutazione, c’è tutta la fatica e il pianto che il male di vivere appiccica addosso ai viventi. Cognetti spiega così le ragioni del ricovero: “In primavera e d’estate, senza un apparente perché, sono stato morso dalla depressione. Nelle scorse settimane invece, sceso dal mio rifugio sul Monte Rosa, ero in una fase bella e creativa. Un giorno mi sono accorto che il mio pensiero e il mio linguaggio acceleravano. Gli amici mi hanno fatto notare che facevo cose strane”. Lo scrittore ricorda che nelle fasi maniacali “si può perdere il senso del pudore o quello del denaro. Io ho inviato ad amici immagini di me nudo e ho regalato in giro un sacco di soldi. Si sono allarmati tutti: c’era il timore, per me infondato, che potessi compiere gesti estremi, o che diventassi pericoloso per gli altri”.
Il 4 dicembre il medico dispone un Tso e nel giro di poche ore i ritrova sotto casa un’auto della polizia e un’ambulanza: “Sono stato sedato: da inizio dicembre, causa farmaci, non ho fatto che dormire. Resto un anarchico, ma in ospedale ai medici devi obbedire. Ti svegliano alle sei di mattina e ti obbligano a bere subito due bicchieroni di tranquillanti. Sei vivo, ma è come se fossi morto”. Dice Cognetti che avrebbe cercato di guarire “risalendo piuttosto in montagna o partendo per un viaggio”. Lo sguardo e la speranza che cercano strade battute, i sentieri che hanno fatto stare bene, la montagna come rifugio e isolamento da un reale che soffoca. “Mi sono illuso di poterlo fare. L’innamoramento è durato quattro anni: per due ho fatto il cameriere e mi sono sentito parte di una comunità. Poi, dopo che ho cominciato a camminare e a scrivere l’umanità della montagna mi ha respinto”.
Intarsiato al “ritiro” personale e professionale sembra esserci anche un sentimento e una passione che pesano addosso: “Dopo dieci anni avevo lasciato una ragazza da vigliacco. Non ho avuto il coraggio di dirle la verità, le ho fatto credere che me ne andavo per ritirarmi in montagna. Mentire rende soli, ma soli non si vive”. Tra le possibili cause dell’abisso paradossalmente l’apice: “Per imparare quasi scrivere ho impiegato 40 anni. Dopo il successo con Le otto montagne, una storia urgente e necessaria, mi sono chiesto: E adesso cosa faccio? Non ho trovato una risposta convincente. Forse ho temuto che il mio massimo editoriale, con il Premio Strega, fosse stato toccato: la popolarità è spietata e ha un prezzo significativo”. Infine lo squarcio: “Trovo insopportabili le persone che raccontano un sacco di balle. Depressione e disagio psichico sono un fiume carsico in piena, negato e ignorato per accreditare l’idillio di una società felice. Siamo obbligati ad apparire sani, forti e colmi i gioia. Io però sono uno scrittore: per me è tempo di alzare il velo della colpa che nasconde il dolore. Voglio dire semplicemente la verità, a costo di essere sfrontato”.
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