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myhouseidea · 10 months
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Villa Penna by @pinkines
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Appunti dalla lettura di "Sette anni di sodalizio"
Molto commovente l'attenzione del Ranieri alla comodità fisica del suo amico nei tragitti in carrozza da Firenze a Roma e viceversa, il suo tenerlo al seno come un figlio e non come un compagno.
Interessante il freddo incontro con il conte Monaldo, vestito come un uomo del secolo passato e con un grosso libro di preghiere sottobraccio, frettoloso di recarsi in una chiesetta vicino casa per le lodi mattutine e contrariato dalla grande stima del Ranieri nei confronti del figlio.
Determinante l'altissima sensibilità umana, sostenuta da un illuminato misticismo, della sorella di Ranieri, Paolina, nella fondazione di quel sodalizio a tre ch'ebbe luogo nella città di Napoli e a Villa Ferrigni alle falde del Vesuvio. Compiaciutissima che Paolina sapesse a memoria tutti i Canti di Leopardi e che quindi in qualche modo lo amasse. Colpitissima dalla figura di Paolina che, pur essendo una donna colta (suo fratello la definisce compagna di studi), sostiene che l'ago, la calza, la scopa, sono la missione della donna, e non le lettere. Ella si dice immediatamente entusiasta di poter assistere Leopardi, sia per amore del fratello, sia in virtù di come lei intenda la vita, ovvero come sacrificio e servizio.
Non penso affatto che una simile donna sia stata immeritevole di sposare Leopardi, essendo una specie di Santa, come Santo era lui! Ecco, se questo libro costituisce l'altare di qualcuno, lo è della sorella di Ranieri, Paolina. Nel cantare le sue lodi, il fratello non ha il minimo freno; la dipinge con un affetto e una venerazione tali che si penserebbe egli non avesse neppure per Leopardi.
Sono giunta al punto del resoconto in cui la padrona del primo degli appartamenti napoletani occupati da Ranieri e Leopardi, insospettita dall'inusuale legame tra i due, praticamente li caccia di casa. In una delle notti trascorse in questo appartamento, Leopardi vede la padrona di casa introdursi nella sua stanza e armeggiare attorno alla cassettina dove lui conserva pettine, spazzola e forbici. Qui il Ranieri precisa che il suo amico non aveva mai posseduto un rasoio, data la sua totale mancanza di barba.
C'è il grazioso quadretto del Leopardi che va a teatro e si fa schermo con una mano agli occhi feriti dalle luci.
Leopardi che sembra rasserenato dalle cure della sua infermiera e dall'ordine in cui tiene la casa.
Poi, una descrizione disgustosa e degradante delle sue funzioni corporali e dei capricci cui sottoponeva, apparentemente con cieco egocentrismo, il suo ospite e la sua infermiera. Seguito a leggere per puro piacere masochistico e curiosità malsana, e comunque nella speranza di trovare ancora un quadro grazioso, una descrizione da cui traspaia benevolenza nei suoi confronti.
C'è la caduta di Leopardi in pensieri tetri, da cui i suoi amici cercano di risollevarlo. Il sospetto che il suo pessimismo sia frutto di una patologia psichica (la depressione, di cui nell'Ottocento non si conosceva il nome) non ha attraversato solo la nostra mente, ma anche quella dei suoi più intimi amici e conviventi.
C'è la sua persecuzione per motivi religiosi: editori che non vogliono stampare i suoi canti, censori che vorrebbero modificarne parti di stesura, la difficoltà di diffusione delle poche copie stampate da privati, a causa dell'ostracismo degli ambienti cattolici. Persino il padre di Ranieri ha da ridire sul fatto che la figlia eserciti la propria carità nei confronti di un uomo dalle idee antireligiose.
Una curiosità che mi delizia: Leopardi disse che si trovava più a suo agio con il greco antico che con l'Italiano, che le prime parole che gli venivano alla lingua e alla penna erano in greco antico e poi doveva come tradurle simultaneamente in Italiano. La facilità con cui apprese il greco da piccolo, la familiarità che ebbe quasi da subito con esso come se fosse una lingua ritrovata e ricordata, mi suggeriscono una forma di conoscenza pregressa alla sua ultima incarnazione. Ovviamente questa sua disposizione può avere altre motivazioni: il prestigio indiscusso di cui godevano gli Autori greci nella cultura occidentale, la facilità nell'imparare le lingue tipica degli Asperger. Ma una motivazione non esclude l'altra, anzi potrebbero essersi combinate insieme.
Ranieri si premura di mettere in risalto quanti sacrifici fecero lui e la sorella per quell'adorato malato, e come le loro preghiere si scontrassero con la sua testardaggine. Leopardi non aveva molta fiducia nei medici, pretendeva di curarsi da solo, e quando invece si decideva a seguire le loro prescrizioni, lo faceva con eccesso, senza buon senso. Perché se pure nelle poesie egli invocasse la morte, nella vita quotidiana era assai apprensivo per la propria salute. Ma le sue preoccupazioni cessavano quando si trattava di dolci e gelati, che i medici gli avevano vietato. Ne era furiosamente ghiotto, inutili erano i tentativi di Paolina di non farlo uscire per andare al bar e ingozzarsi di gelati. Più volte ne abuso` tanto da star male al bar, dove il Ranieri lo andava a riprendere, trovandolo affiancato da persone che lo deridevano, e con le quali il Ranieri fu una volta tentato di venire alle mani.
Leopardi era molto sensibile sia alle lodi, che voleva sincere e calorose, che alle critiche. Chi conosceva questa sua debolezza, talvolta si prendeva gioco di lui. Il Ranieri doveva provocare, nelle conversazioni, lodi per il suo amico, per evitare che lui cadesse nel mutismo con quella persona che gliele negasse.
Una persona totalmente invisa a Leopardi era Niccolò Tommaseo, per aspre critiche alla sua opera combinate a dileggiamenti del suo aspetto fisico (ma Ranieri non fa cenno di tali pesanti provocazioni, facendo apparire Leopardi come preda di uno dei suoi capricci). Poiché Leopardi non vedeva quasi più, era costretto a dettare i suoi scritti. Una volta ne detto` uno, particolarmente pungente, indirizzato al Tommaseo. Quando Ranieri giunse alla trascrizione di quel cognome usato in un significato triviale, pregò il Leopardi di non continuare e gli chiese il permesso di stracciare, per amore della sua gloria, quanto già scritto. Questo episodio mi sembra umiliante della figura di Leopardi e credo che la sua narrazione avrebbe potuto esserci risparmiata. È vero che testimonia dell'amore del Ranieri per il suo amico, ma se mettiamo sul piatto della bilancia l'amore dimostrato e l'umiliazione a cui lo ha sottoposto narrando l'episodio, credo che l'umiliazione pesi di più.
Ranieri sottolinea il merito proprio e della sorella di avere mantenuto in vita e curato il malato fino a permettergli di scrivere quei tredici Canti che lui definisce i più belli, oltre ad un poemetto e ai Pensieri.
Sfuggendo all'amorevole protezione di Ranieri, volendo fare di testa sua, egli si fido` di un gruppo di pseudoletterati che gli avevano promesso la pubblicazione delle Operette Morali e dei Canti aggirando la censura. In realtà queste persone non avevano la minima intenzione di favorirlo. Resosi conto di ciò, Leopardi, un pomeriggio, prese un piccolo bastone e disse, a Ranieri e Paolina, che sarebbe uscito per bastonare qualcuno. I due fratelli lo guardarono con compatimento, si scambiarono un'occhiata, Ranieri prese sottobraccio Leopardi e, per distrarlo dal suo proposito, lo portò a spasso, finché del bastone non parlò più.
Non ci è risparmiata un'accurata descrizione della grave infestazione da pidocchi che occorse al malato, e dei sacrifici, sempre osteggiati dal capriccioso malato, sostenuti dai due fratelli per porvi rimedio.
Dopo un simile abisso di degradazione, ecco un quadretto da ricordare: Leopardi che ama passeggiare per i sentieri sulle falde del Vesuvio, e che prende l'abitudine di fermarsi ad ascoltare il canto di una ragazza di nome Silvia, che lavora al telaio, e ch'è fidanzata con il figlio di un fattore. Una deliziosa serie di coincidenze che pare quasi fabbricata ad arte.
Aveva paura di morire, e quindi della sopravvenuta epidemia di colera, perciò non volle tornare a Napoli finché non si fu almeno momentaneamente placata. Più egli si aggravava, con segni manifesti, più negava di essere davvero malato: diceva, addirittura, che quel che lo affliggeva fin dalla prima giovinezza era un malanno di nervi, e che sarebbe vissuto altri quarant'anni.
Qui Ranieri ci ragguaglia sulle preferenze gastronomiche del morituro, tra cui pani e biscotti speciali fatti arrivare da Napoli.
Tornato a Napoli e infastidito dai medici, se ne prende gioco dicendo che soffre soltanto di un'asma nervosa. Un giorno uno di questi medici gli fa una bella strigliata, come si farebbe ad un bambino, e lui sembra rabbonirsi ed accettare momentaneamente il consiglio di tornare alla villa sul Vesuvio.
Ma rimanda di giorno in giorno la partenza: sa che lì non potrà avere tutte le ghiottonerie di Napoli e, incredibile a dirsi, detesta la campagna, a favore della grande città.
Il 13 giugno Paolina va a far visita al padre, che le regala due cartocci di confetti. Ella li porta al malato, che li divora in poche ore (nonostante il divieto dei medici di mangiare dolci).
Seguono poi le tristissime vicende della morte e della sepoltura. E chi dice che Leopardi sia morto di colera, d'indigestione, che avrebbe potuto superare le proprie malattie e cantare l'inno alla gioia, o fare di meglio di ciò che ha fatto nella propria vita, è sicuramente mosso da volontaria ignoranza o malafede. Ricordo qui Savinio, che inventò fosse morto per indigestione di gelati e conseguente mal di pancia, per andare contro l'ampollosita` delle celebrazioni fasciste, ma di fatto ridicolizzando la figura di Leopardi (non me ne vogliano gli antifascisti, anch'io lo sono); il cattolicissimo Papini che indirettamente gli diede del piagnone, paragonando lo straordinario e complesso sistema di malattie del Leopardi agli avversi casi di Dante il quale, al di là di questi, riuscì a vedere Dio.
Chiunque non conosca la scoliosi, e come faccia sentire soffocati da sé stessi, non può esprimere alcun giudizio. Questo fu la morte di Leopardi: schiacciamento degli organi interni (polmoni, cuore) dovuta all'aggravamento della scoliosi per la probabile combinazione di due malattie, l'una che disfaceva e l'altra che piegava le vertebre. Se qualcuno vuole ancora riderne, faccia pure.
(Dopo aver letto "La ginestra")
Gli occhi di Leopardi non erano ciechi, ma stanchi. Scriveva tre, quattro, massimo sei righi al giorno, e non tutti i giorni. Credo fosse stanco di vedere questo mondo così piccolo, e la piccolezza degli uomini che si ergevano a grandi. Era ferito dalla luce falsa e abbagliante dello spiritualismo e dell'ottimismo, dall'aggressività con cui si usava, quasi come un'arma, il concetto di Dio. Stanco di credenze fantasiose alle quali si dava fiato con furbizia o con follia, e che la mente di un uomo ideologicamente onesto e lucido, non poteva piegarsi a contemplare. Nel riposo dalla luce falsa e feroce dei suoi contemporanei e del giorno, nella quiete, piena di sussurri e di movimenti appena percettibili, della notte, i suoi occhi vedevano lontano, fino a "nodi di stelle che a noi paiono nebbia", ovvero le galassie. Vedevano ogni fiammella del cielo, ogni stella, a confronto della quale tutto il mare e l'intera terra non sono che un punto.
Eppure, dell'ottimismo spiritualista che Leopardi considerava il male morale assoluto, è permeato il libretto del suo amico Ranieri. Egli dice, a un certo punto, che la dedizione sua e della sorella all'adorato malato, la poesia che furono quegli anni di cura del suo corpo asfittico e macchiato, sono la risposta alla concezione di dolore universale elaborata da Byron, Schopenhauer e Leopardi stesso. Ciò mi ha colpito perché non è del tutto sbagliato. È forse sbagliata la presunzione di volersi contrapporre, con il proprio umile, ma considerato grandioso, operato, come risposta, ovvero come smentita, al pensiero di altri. Ma non è sbagliato considerare l'amore come risposta unificatrice delle diversità, in quanto esigenza e tensione di base di tutti i gruppi e gli individui oltre le differenze ideologiche e di sensibilità individuale e culturale. E una cosa è certa, perché sperimentabile da tutti: l'amore lenisce e rende più tollerabile il dolore, sebbene non possa annullarlo.
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lamilanomagazine · 9 months
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Regali di Natale: quali sono le migliore offerta in base alla comparazione dei prezzi
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Regali di Natale: quali sono le migliore offerta in base alla comparazione dei prezzi. Scegliere il regalo più adatto per il Natale non è ormai solo una questione di gusto, ma prevede anche la capacità di comprendere - per il medesimo prodotto – quale sia il prezzo inferiore. Basti pensare che gli elettrodomestici hanno subito incrementi fino al 45% sui forni e il 28% sui piani cottura, mentre i droni si attestano sul +38%, seguiti dai player multimediali (+22%). Gli smartphone stazionano su +10%, con un prezzo medio passato da 294 euro a 323 euro. Secondo un recente sondaggio eseguito da Idealo, la preferenza nelle scelte degli utenti è verso i giocattoli per bambini, con aumenti di interesse del 200% per i Playmobil, seguiti da bambole, console di gioco e LEGO. Il sondaggio è stato somministrato a 2007 persone in Italia tra il 5 e il 15 ottobre 2023: le persone hanno dichiarato di effettuare acquisti online almeno una volta negli ultimi sei mesi. Le offerte migliori per Natale in Italia Tra gli oggetti che beneficiano di maggiori offerte – sempre secondo la comparazione del portale Idealo – ci sono le cuffie Apple AirPods Pro 2, gli smartphone iPhone 15 Pro e Google Pixel 8, le scarpe New Balance, le Sneakers vintage, le New Balance , la giacca da moto, la Amazon Fire TV Stick, il forno da incasso, la city bike elettrica, la friggitrice ad aria, l’aspirapolvere senza fili e il giradischi automatico a cinghia. Tra i regali più popolari acquistati in Italia per il Natale 2023, svetta il Burt's Bees Set regalo di Natale: il cofanetto contiene un burro labbra al melograno e una crema per le cuticole al limone. La penna 3D con 20 colori KreativKids è perfetta per i bambini; il cappello bluetooth è un regalo economico e utile; la lampada da scrivania robot è a forma di androide, ed è perfetta per decorare la casa. Gli oggetti più acquistati in Francia Andando nella vicina Francia, la Hindbag Banana Bag è l'accessorio più trendy del momento: si tratta di un marsupio in cotone confezionato come una borsa, da portare a tracolla. Si sono poi i guanti in pelle, che oltre a proteggere le mani dai morsi freddi aggiungono un tocco di eleganza. C’è il cappello in misto mohair in lana con il risvolto, gli stivaletti, la sciarpa reversibile in cashmere. Negli USA, gli oggetti più acquistati sono la bambola Barbie Dreamhouse: l’oggetto ha avuto un’impennata soprattutto dopo l'uscita del film Barbie con Margot Robbie. La Dreamhouse è una villa decorata con altalena, piscina, televisione e tavolo e oggetti da colazione. Segue la pistola Nerf Pro Gelfire Mythic Blaster: spara proiettili polimerici che esplodono al contatto. Ci sono poi gli Apple AirPods Max: le cuffie wireless permettono la cancellazione attiva del rumore, e sono dotate di tecnologia audio spaziale simile al suono surround.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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silviascorcella · 10 months
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Teresa Teja Sartoria: dentro c’è un mondo di storie e di stile
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Lasciate che vi racconti una storia bellissima… No, il soggetto dell’appello non sono io, la sottoscritta che presta qui la penna, bensì la donna che è racchiusa nel nome col quale il marchio è stato battezzato. E con lei, come fosse un racconto corale, lasciate che a raccontarvi la storia sia il fondatore di questo che a chiamarlo ‘brand’ sarebbe assai riduttivo, perché bisogna davvero sconfinare oltre i limiti delle etichette per guadagnare tutto lo spazio d’intelletto e di gusto, di abilità ad operare secondo l’eccellenza manuale, e di passione profonda per lo stile squisitamente cucito indosso alla personalità, che dà forma e sostanza a questa realtà sartoriale.
Lasciate dunque che vi raccontino una storia, che a suo modo è anche una storia d’amore: sospesa al di là delle epoche storiche, delle generazioni culturali e dei capricci volubili e rapidi delle tendenze. 
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Questa, dunque è la storia di Teresa Teja Contessa Leopardi che, con la sua vita intensa, intrisa d’intelligenza cosmopolita e di gusto liberamente sofisticato, ha agguantato la curiosità altrettanto brillante e liberamente appassionata alla moda di Sirio Burini: colui che in lei ha trovato non solo un modello elegante d’ispirazione, ma anche la materia prima narrativa da tradurre in abiti e accessori davvero unici che compongono le collezioni di Teresa Teja Sartoria.
E se già vi steste chiedendo a quale stagione appartenga la collezione ritratta nelle immagini a corollario di questo racconto, il consiglio è di silenziare quell’abitudine a ricercare la norma della scansione stagionale, che in questa realtà non sussiste: perché ogni capo è un piccolo capolavoro di sartoria in grado di attraversare intatto il tempo, e di dialogare con scioltezza con i trend estetici del contemporaneo. 
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Or dunque, che mondo è quello di Teresa Teja Sartoria? Lo racconta la voce di Sirio Burini: “Teresa Teja Sartoria nasce nel 2014 quando per caso conosco l’esistenza di Teresa Teja: che è vissuta nella seconda metà dell’Ottocento a Recanati. Lei è piemontese, istitutrice di una famiglia nobile e facoltosissima che va a Recanati per passare le vacanze: qui Teresa conosce Carlo Leopardi, fratello del grande Giacomo, s’innamorano, si sposano e lei diventa naturalmente Teresa Teja Contessa Leopardi. Carlo, come regalo di nozze le fa costruire una villa: questa villa oggi ancora esiste, è stata maltrattata dal tempo e dai proprietari che si sono succeduti, ma il fascino è rimasto.
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E io ho avuto la fortuna nel 2014 di abitarla, dove mi sono innamorato: ho letto scritti che parlavano di lei e cose che lei stessa scrisse in quanto donna cosmopolita, venuta dal Piemonte e vissuta in casa Savoia, dove la madre era dama di compagnia della Regina. Intanto, Paolina, la sorella Leopardi, “s’innamora” anche lei di Teresa e la rende tenutaria di tutto quello che era rimasto in casa Leopardi degli scritti inediti e dei manoscritti di Giacomo. La famiglia vive ciò come un affronto, perciò nascono delle combutte familiari, di cui Teresa si è sempre disinteressata: preferisce portare avanti la sua storia, dato che non si è mai sentita una ladra, ma semplicemente una che era diventata proprietaria di tutto quello che parlava di Giacomo Leopardi.
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Teresa Teja è un personaggio interessantissimo per me perché assieme alla sua storia e all’intelligenza, aveva un grande gusto. Vestiva come la moda dell’epoca, sempre di nero, portava abiti austeri ma molto preziosi, fatti di broccati e pizzi, indossava perle e cristalli neri: mi ha così affascinato che ho deciso di prendere la sua storia e il suo modo di essere e di farla diventare un punto di riferimento per quel che poi è diventata la mia linea. Oggi i miei capi Teresa Teja raccontano e vogliono essere sempre legati a questo mondo: un Ottocento rivisto, un’aura retró che ispira abiti dal gusto anche anni ’20, a volte di gusto anni ’50, però sempre con delle caratteristiche peculiari, ovvero sobrietà di fondo, tessuti importanti, elementi decorativi che esistono, ci sono, ma non sono sfacciati, non si mettono in evidenza in maniera esaltante.”
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Et voilà, eccolo il mondo sartoriale di Teresa Teja Sartoria: un condensato di dettagli intrecciati al pregio culturale e artigiano della storia, dove i tessuti non provengono dai negozi canonici, bensì dalla ricerca esplorativa in archivi e botteghe d’antiquari che possono svelare come un tendaggio antico possa poi divenire un meraviglioso capospalla moderno; dove i bottoni sono scovati in mercerie dismesse e si rivelano veri tesori testimoni di manifatture di epoche passate. 
Guardate i capi ritratti nelle fotografie splendide (ad opera di Paolo Monina), una serie di abiti in tulle ricamati con saggezza, a volte a punto pieno a volte ad intaglio, a volte operati a mano a volte a macchina, tutti legati dal fil rouge degli anni ’20 e ’30: un momento storico che ispira sì la bellezza fluida, sciolta e intensa delle forme e dei decori, ma che infonde anche la morbidezza intrigante e potente di quando la donna si è liberata da costrizioni stilistiche e sociali. 
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Un racconto dei passi rigorosi di conquista della femminilità di cui ogni abito è un frammento: definito nella qualità eccellente della sartoria rigorosamente italiana, marchigiana ad esser precisi, eloquente nella dichiarazione d’intenti d’arte stilistica sempre rinnovata e riconfermata. Quella, cioè, di voler sempre cogliere e valorizzare la sensibilità d’apparenza e d’animo femminile nella sua costante evoluzione, e di restituirla ad un pubblico di donne senza età: bensì che ha il dono della volontà di possedere ed indossare capi che son come opere d’arte su misura della propria, unica, identità.
Silvia Scorcella
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mirtola87 · 11 months
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Ghiande
Cammino, a passo spedito, come sempre, anche quelle rare volte che non vado di fretta. Indosso una giacca corta. Il vento novembrino è una fredda sferza sulla pelle ancora assonnata. Sento le mie dita. Quando fa freddo, diventano gelate. Poi iniziano a formicolare, il sangue rinuncia a raggiungere i polpastrelli, e progressivamente abbandona anche falangette, falangine e falangi. Così, una per una, le mie dita diventano gialle. L'inverno mi regala mani da Simpson.
"Guanti", direte voi. Mai potuti soffrire. Come si fa a toccare le cose coi guanti? Di fatto, non si toccano. I guanti servono proprio a maneggiare cose che non si vogliono toccare. È come avere mani vigliacche.
Solo due cose toccherei con i guanti: cacca e cessi. Per il resto, soffro in silenzio, tutt'al più coi guanti a mezze dita e le metà di dita scoperte inesorabilmente gialle, e ficco le mani in tasca. È quello che faccio anche oggi: ficco le mani nelle tasche della mini di jeans.  E la mia mano sinistra sente qualcosa. È qualcosa di piccolo, duro, ovale, liscio per metà e ruvido per l'altra. Non lo tiro ancora fuori dalla tasca per identificarlo; lo rigiro tra le dita perché al tatto è bellissimo e misterioso, e chi mette i guanti non sa cosa si perde quando trova qualcosa in tasca. Sembra composto di due parti, come una penna col cappuccio, ma ovale. Solo che la penna è a punta, mentre sotto il cappuccio l'oggetto resta curvo e liscio. Sorrido perché non ho la più pallida idea di cosa sia. Finalmente mi decido a estrarlo e lo guardo. È una ghianda. La osservo - bruna, lucida levigata, col suo cappuccetto beige opaco - e mi coglie una tenerezza infinita. Quanta perfezione può esserci in una sola, piccola ghianda?
Quando ero bambina, tutte le mattine la mia babysitter mi portava alla villa Floridiana di Napoli. I lati dei viali erano sempre pieni, zeppi di ghiande e io potevo stare a raccoglierle per ore, senza stancarmi. Le mettevo in un pacchetto di fazzoletti vuoto e poi le portavo a casa per darle da mangiare alle bambole (che notoriamente ne sono ghiotte) con contorno di bucce di Galbanino. Ma ora che ho ventott'anni, come diamine ci è finita una ghianda nella mia tasca? Non me lo ricordo. Ma la rigiro tra le mani e so, ricordo che il momento in cui l'ho messa in tasca era un momento felice. Volevo conservare quel momento, e ho conservato la ghianda. (Mi viene da pensare ai ditali e ai baci di Peter Pan.) Ora il momento è andato, ma la ghianda è ancora qui, a ricordarmi quanto è stato bello. E mi viene voglia di proteggerla, di metterla al sicuro, di portarla sempre con me.  La rimetto in tasca e sorrido pensando a me, bambina di tre anni, e alle mattine trascorse a raccogliere i bei ricordi del futuro sui viali della Floridiana. Tenetevi pure i guanti, lasciatemi le ghiande. (Bologna, 2015)
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personal-reporter · 2 years
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Lucca Collezionando 2023
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Lucca Collezionando, il festival del fumetto vintage-pop, si terrà sabato 25 e domenica 26 marzo al Polo Fieristico di Lucca, cui seguirà VerdeMura, la mostra mercato del giardinaggio e del vivere all’aria aperta, nel weekend di venerdì 31 marzo, sabato 1 e domenica 2 aprile sulle Mura di Lucca. In questo modo torna la Lucca Crea Week, la formula che vede questi due eventi dar vita a una settimana speciale, con week-end consecutivi ricchi di appuntamenti e iniziative. Lucca Collezionando è il Festival vintage-pop primaverile ideato da Lucca Comics & Games dedicato al fumetto ed allo slow entertainment ed è il luogo ideale per completare la collezione, trovare le ultime uscite editoriali e incontrare gli artisti preferiti. Tutto questo nel contesto di un week-end a misura di appassionati in cui immergersi in mezzo alle tavole originali e alle statue da collezione, fra gli stand di editori, collezionisti, negozi specializzati e associazioni. Sergio Algozzino è l’artista che ha realizzato il poster di Lucca Collezionando 2023, che contiene ben 80 citazioni provenienti da film cult, serie animate, videogames e fumetti e  sfida la community intera a trovare almeno 60 di questi riferimenti, con in palio ingressi gratuiti per Lucca Comics & Games 2023 per coloro che visiteranno Lucca Collezionando 2023. Tra gli ospiti di Lucca Collezionando 2023 saranno Alfonso Font e Claudio Villa, tra i disegnatori di Tex, personaggio a cui sarà inoltre dedicata una mostra per i suoi 75 anni ed Elena Mirulla, disegnatrice di riferimento di Cronaca di Topolinia, presenterà la nuova opera Weird Vampy. Un’area sarà dedicata agli incontri con i lettori e ai firmacopie con diversi autori, disegnatori e illustratori di fama nazionale ed internazionale, oltre a una artist alley con autori che disegneranno dal vivo. Oltre alla mostra per i 75 anni di Tex, è prevista una dedicata al mondo dei Masters of the Universe, con centinaia di pezzi originali dei giocattoli, tra action figure, playset e veicoli, con tra gli ospiti Emiliano Santalucia, illustratore e designer protagonista della creazione dei mondi in cui agiscono i Masters, e Giuliano Piccininno, uno dei principali disegnatori italiani delle creature di Eternia. Un allestimento celebrerà i 40 anni di Ken il Guerriero, personaggio di manga e serie animate, reato nel 1983 dai pennelli di Tetsuo Hara e dalla penna di Buronson e un’installazione festeggerà invece i 25 anni del videogioco Half-Life, mentre nella sala giochi realizzata nell’area lounge saranno delle postazioni per tornare a cimentarsi con quella avventura. Prosegue poi il percorso dedicato alla satira, avviato nel 2022 con la mostra dedicata ad Andy Capp: che vedrà al centro l’arte di Massimo Cavezzali, con una mostra dal titolo Datemi una leva che mi levo dai coglioni. In collaborazione con il Museo del Figurino Storico di Calenzano, sarà allestita un’esposizione dei progenitori degli action figure e delle miniature contemporanee, pezzi originali dal secondo secolo d.C. a oggi e si arricchisce la partnership tra Lucca Crea e il gruppo imprenditoriale lucchese Giannecchini con un’esposizione dei calendari d’arte degli ultimi tre anni, realizzati da artisti emergenti con il coinvolgimento dei vincitori del Project Contest di Lucca Comics & Games degli ultimi anni, concorso realizzato in collaborazione con Edizioni BD. Per celebrare i quarant’anni dell’Incantevole Creamy, grazie ad Anime Import i collezionisti troveranno il 3D di PinoPino, l’alieno della Stella Piumata che dà i poteri magici alla bimba Yu, dedicato agli amanti dell’anime, realizzato appositamente per festeggiare il compleanno di Creamy. Read the full article
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danielebarillari · 3 years
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Villa Malaparte, Adalberto Libera 1930, Capri, Italy
Watercolors and ballpoint pen on paper 14,8×14,8cm
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sciclivideonotizie · 6 years
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Il Museo del Costume pronto a fare le valige, destinazione fuori Scicli SCICLI – Si fa sempre più concreta l’ipotesi di trasferimento del Museo del Costume fuori dai confini locali. 258 more words
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lexotanconghiaccio · 3 years
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Sono una nostalgica. Le passeggiate mattutine, in giornate assolate come questa, mi riportano indietro a tanti anni fa, alla domenica mattina in giro, tra la villa e il corso, a chiacchierare con le amiche, a comprare caramelle e riviste; mi riportano agli “avvistamenti” e alle rincorse, e “oddìo, mi ha guardata”, “oddìo, mi ha salutata”, quando ci accontentavamo di uno sguardo, che bastava a renderci felici per giorni, e l’amore era ancora un pianeta del tutto inesplorato, da sognare nei pomeriggi trascorsi sul letto, con la musicassetta preferita in sottofondo, il diario al quale affidare tutti i segreti, e un libro da leggere. Non c’erano cellulari a connetterci col mondo, ma eravamo di certo più connessi con noi stessi, nonostante l’età, l’incoscienza e la poca consapevolezza.
Ma erano tempi migliori. Per me, almeno, lo erano. E sarà l’età che avanza, sarà che la vita ultimamente è stata troppo dura, ma mi ritrovo sempre più spesso a rimpiangere ogni cosa dei miei 13-14 anni: le corse in bicicletta, le prove col coro, gli amici di penna. Il silenzio, soprattutto quello. Il tempo per me stessa, senza corse, senza le altrui chiacchiere e lagne inutili vomitatemi addosso attraverso i social in qualsiasi momento; il tempo insieme agli altri di maggiore qualità e contenuti. Allora la vita era lenta, per ogni cosa bisognava attendere, sognarla, guadagnarsela e poi, finalmente, gustarla. I piaceri erano più veri e duraturi. Le amicizie più sincere o, perlomeno, non completamente tossiche. Tutto, a pensarci adesso, aveva maggior valore.
La vita va avanti, lo so, le cose cambiano, bisogna adattarsi. Quasi più nulla funziona come allora. Eppure, io che ho sempre amato la tecnologia, io che ho scelto di lavorare al computer, che ho fatto un uso entusiasta dapprima delle email, poi delle chat e infine dei social, sento che nel processo ci siamo persi qualcosa. Siamo stati inghiottiti, perennemente connessi, reperibili, camminiamo per le strade con la testa in un display, senza guardarci più intorno, mai soli, mai annoiati. Eppure mai davvero in compagnia.
Vorrei poter fare un passo indietro. Lo desidero da molto. Ho nostalgia di certi valori andati, del tempo all’aria aperta, di un ritmo più lento e naturale; di quando non era ancora tutto così illusoriamente a portata di mano e accessibile, oppure finto e costruito; ho nostalgia di quando era tutto più semplice, avevo sogni, speranze e ideali a muovermi con entusiasmo nelle giornate, e la vita era ancora piena di prospettive e di promesse.
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maybethelast · 5 years
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Simon Pegg e Lily Collins nel primo trailer di Inheritance
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Avrebbe dovuto debuttare al Tribeca Film Festival prima che venisse cancellato ma  Inheritance arriverà direttamente in digitale a maggio e adesso possiamo vedere il primo trailer del film.
Diretto da Vaughn Stein (Terminal), Inheritance segue la storia di Lauren, una figlia alle prese con la misteriosa eredità del padre, una penna usb e un mazzo di chiavi che la porteranno a scoprire una stanza misteriosa sotto la villa di famiglia. Thriller di routine o ci sarà qualche bel colpo di scena?
Lily Collins interpreta la protagonista mentre Simon Pegg sarà l’uomo misterioso imprigionato, l’uscita in VOD è fissata per il 15 maggio.
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lamilanomagazine · 9 months
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Macerata: ex case cantoniere in vendita, asta pubblica per due immobili.
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Macerata: ex case cantoniere in vendita, asta pubblica per due immobili. Nuovo bando per la vendita, mediante asta pubblica, di due ex case cantoniere e di un’area edificabile di proprietà della Provincia. La prima casa cantoniera si trova a Penna San Giovanni in località Portone, lungo la strada 113 "Sant'Angelo in Pontano - Monte San Martino" al km 1 + 000 e il prezzo a base d’asta è di 52.200 euro. Si tratta di un edificio realizzato all’incirca negli anni Sessanta e ristrutturato dopo il 1997, costituito da tre piani, terra, primo e secondo, quest’ultimo conformato come sottotetto agibile e una corte annessa, con accesso dalla strada provinciale 113. La casa ha una struttura portante in muratura, solaio di copertura in legno a due falde con manto di coppi e travi non trattate. I solai sono in legno verniciato, come anche le porte interne. I pavimenti sono in graniglia, anche in soffitta e sulle scale, ad eccezione dei gradini dell’ultimo piano che sono in mattoni. Il bagno, realizzato in un secondo tempo e con accesso esterno rispetto a quello principale, ha struttura in cemento armato. E’ presente anche un garage. Il secondo immobile si trova a San Severino, località Ponte dei Canti, lungo la strada 502 "di Cingoli" al km 36 + 660. Il prezzo fissato a base d’asta è di 71.460 euro. Si tratta di un edificio realizzato prima del 1942, composto da due piani, terra e primo, un sottotetto non abitabile a causa dell’altezza limitata, un vano garage e una corte annessa, con accesso dalla strada 502. Ha una struttura portante in pietra e solai in legno, travi, travicelli e pianelle in laterizio, con manto di copertura in tegole e gronde e pluviali in lamiera. I pavimenti interni sono in ceramica al piano terra e in mattoni al piano primo. Il terreno, infine, si trova in località Villa Mattei, a Montecassiano e il prezzo a base d’asta è di 64.350 euro. Per partecipare al bando è richiesto un deposito cauzionale del 10% del valore a prezzo d’asta dell’immobile. Le offerte vanno presentate entro le ore 13 di martedì 9 gennaio 2024. Tutte le informazioni relative al bando, alle condizioni degli immobili, al loro prezzo d’asta, ai requisiti generali di partecipazione e relativi allegati sono disponibili sul sito della Provincia.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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adeuspassado · 5 years
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Nota sobre a literatura brasileira no século XX
A literatura brasileira no século passado pode ser dividida em quatro etapas: a primeira vai de 1900 a 1920, a segunda abrange as décadas de 20, 30 e 40, a terceira as décadas de 50, 60 e 70, e a última etapa os anos 80 e 90. Grosso modo, podemos falar de uma literatura pré-moderna ou pós-romântica na primeira etapa, uma literatura moderna na segunda e na terceira etapa, e uma literatura pós-moderna na última.
Os Sertões, de Euclides da Cunha, é talvez o grande feito literário do período 1900-1920. A prosa de feição polêmica, irônica ou de crítica social, porém temperada de patriotismo, aparece em Ruy Barbosa, Monteiro Lobato e Lima Barreto. Outros nomes relevantes da prosa foram Graça Aranha, João do Rio e Raul Pompeia. Na poesia lírica temos Alphonsus de Guimaraens, Vicente de Carvalho, Catulo da Paixão Cearense, Raul de Leoni, Augusto dos Anjos, Gilka Machado, Manuel Bandeira. A crítica literária atinge a sua maturidade com José Veríssimo, Afrânio Peixoto e a Pequena história da literatura brasileira, de Ronald de Carvalho (1919), resume toda a evolução crítica anterior. No campo filosófico ou humanístico, entre os clássicos de Joaquim Nabuco (Minha Formação, 1900) e Ruy Barbosa (Oração aos Moços, 1920), o destaque vai para Raimundo de Farias Brito, Jackson de Figueiredo e Alberto Torres.
A primeira onda do modernismo tem um marco histórico na Semana de Arte Moderna (São Paulo, 1922). Ao redor dessa aglutinam-se alguns nomes da geração anterior, como Manuel Bandeira e Ronald de Carvalho, e outros que encarnam com mais radicalismo a "idéia modernista", como Mário de Andrade, Oswald de Andrade e Raul Bopp. Temos ainda um grupo mais conservador, que continuará a tradição do nacionalismo romântico: Guilherme de Almeida, Menotti del Picchia, Cassiano Ricardo, Plinio Salgado (que do Verdeamarelismo passou para o Integralismo). Muito importante nessa etapa é a literatura de feição católica: Jackson de Figueiredo, Alceu Amoroso Lima, Tasso da Silveira, padre Leonel Franca, Leonardo Van Acker, Octávio de Faria, Gustavo Corção, Jorge de Lima e Murilo Mendes. A poesia terá ainda um Carlos Drummond de Andrade, Vinícius de Moraes, Augusto Frederico Schmidt, Cecília Meireles, Henriqueta Lisboa, João Cabral de Melo Neto, Mário Quintana e Lêdo Ivo. No ensaio figuram Sérgio Milliet, Paulo Prado, Graça Aranha, Prudente de Morais Neto, Afonso Arinos, Oliveira Viana. Temos ainda o ciclo do romance regionalista nordestino, com José Lins do Rego, Jorge Amado, Graciliano Ramos, Raquel de Queirós, José Américo de Almeida, Amando Fontes. A prosa de ficção se desenvolve também com Alcântara Machado, Érico Veríssimo, Dyonélio Machado (Os Ratos, 1935), Lúcio Cardoso, José Geraldo Vieira, Clarice Lispector (Perto do coração selvagem, 1944), além do teatro de Nelson Rodrigues. Nas humanidades, cabe destacar Sérgio Buarque de Holanda, Gilberto Freyre, Caio Prado Júnior, Câmara Cascudo, Josué de Castro, Fernando de Azevedo e Anísio Teixeira. A filosofia conta com Vicente Ferreira da Silva, João Cruz Costa, Pontes de Miranda, Miguel Reale (fundador do Instituto Brasileiro de Filosofia, 1949), Amoroso Costa, Renato Almeida (Fausto - Ensaio sobre o problema do ser, 1922).
A segunda onda do modernismo vai ter início na década de 50. É quando aparece a Poesia Concreta, dos Irmãos Campos e Décio Pignatari, ou a Filosofia Concreta de Mário Ferreira dos Santos. O Neoconcretismo, movimento sobretudo plástico, contará em sua origem com um poeta influente - Ferreira Gullar. Indo numa direção contrária dos concretos, mais ligado ao surrealismo ou ao movimento beat, aparece Roberto Piva, Sergio Lima, Jorge Mautner, Cláudio Willer, Waly Salomão e outros. Cabe ainda destacar, no lirismo, Paulo Mendes Campos, Hilda Hilst, Mário Faustino, Carlos Nejar, Álvaro Alves de Faria, Carlos Felipe Moisés, Eunice Arruda, Adélia Prado, Chacal e a coletânea 26 Poetas hoje, de Heloísa Buarque de Hollanda. Guimarães Rosa e Ariano Suassuna vão renovar a temática do "sertão". Transitando entre a poesia, o romance, a crítica e o ensaio, temos Mário Chamie, José Paulo Paes, Paulo Leminski, Glauber Rocha, Antônio Olinto, Affonso Romano de Sant'Anna. Augusto Boal cria o Teatro do oprimido, além de sua prosa teórica ou ensaística. Manoel de Barros, que estreara em 1937, começa a publicar com maior frequência e se torna um referencial da poesia até o fim do século. Pedro Nava renova o gênero autobiográfico, se tornando talvez o maior memorialista do século. No romance ou conto se destacam Antônio Callado, Campos de Carvalho, José Agrippino de Paula, José Candido (O coronel e o lobisomem, 1964), Carlos Heitor Cony, Ignácio de Loyola Brandão, João Ubaldo Ribeiro, Fernando Sabino, Raduan Nassar (Lavoura Arcaica, 1975), Dalton Trevisan, Osman Lins, Murilo Rubião, Moacyr Scliar. A prosa de João Antônio, Plínio Marcos e Rubem Fonseca vai renovar a temática do submundo, da marginalidade e violência social. Na filosofia e ciências humanas, temos Vicente Ferreira da Silva, Vilém Flusser, Leandro Konder, Darcy Ribeiro, Florestan Fernandes, Celso Furtado, Paulo Freire, José Osvaldo de Meira Penna, Roberto Campos, José Guilherme Merquior, Antonio Paim, Paulo Mercadante, Hélio Jaguaribe, João de Scantimburgo, Raimundo Faoro. O conservadorismo católico é representado por Plinio Corrêa de Oliveira, Gustavo Corção e Nelson Rodrigues. Na crítica destacam-se Otto Maria Carpeaux, Anatol Rosenfeld, Antonio Candido, Mário Pedrosa, Roberto Schwarz, Wilson Martins, Décio de Almeida Prado, Paulo Emílio Sales Gomes. Na crônica, Millôr Fernandes e Otto Lara Resende.
A última etapa, o fim do século, é um momento de declínio, mas temos obras ou autores importantes. Os melhores são autores que estrearam em décadas passadas, mas que publicam obras seminais no fim do século, como Bruno Tolentino (As horas de Katharina, 1994), Dora Ferreira da Silva (Poesia Reunida, 1999), Ângelo Monteiro, Alberto da Cunha Melo, Ivan Junqueira, Raimundo Carrero, J. J. Veiga, Caio Fernando Abreu (Os Dragões não conhecem o Paraíso, 1988). Mas há também novos nomes: Ana Cristina César, João Gilberto Noll, Milton Hatoum, Diogo Mainardi, José Roberto Torero. E aqueles autores de "sucesso", mas de valor duvidoso, ou que se lançaram em novos gêneros literários: Chico Buarque, Paulo Coelho, Márcio Souza, Luis Fernando Verissimo, João Silvério Trevisan, Drauzio Varella (Estação Carandiru, 1999). Na crônica ou crítica, o destaque é Paulo Francis, Nelson Brissac Peixoto (Cenários em Ruínas, 1987), Sábato Magaldi, Nelson Aguilar. Alberto Lins Caldas e o Madeirismo representa uma tentativa de reatar com o modernismo e as vanguardas do início do século. Já Olavo de Carvalho se destaca como polemista conservador (O Imbecil Coletivo, 1996). Na filosofia ou humanidades, temos Henrique Cláudio de Lima Vaz, Paulo Eduardo Arantes, Bento Prado Júnior, Sergio Paulo Rouanet, Gilberto de Mello Kujawski, Marcelo Gleiser (A Dança do Universo, 1997), Rubem Alves, Ciro Flamarion Cardoso, Gilberto Velho, Roberto DaMatta, livros sobre ou dos irmãos Villas-Bôas, o trabalho de mitologia grega de Junito de Souza Brandão etc.
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liberecitazioni · 5 years
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Mi piacciono da morire le storie intrise di sentimenti - non necessariamente positivi - e in cui turbinano odio e amore; la mia penna scivola facilmente sulla carta quando mi dedico a storie di questo tipo. Ritengo comunque che la villa dell'acqua sia una storia fresca, adatta alla rivista Ribon, che nella sua concezione originaria si proponeva di pubblicare storie dalle tinte piú ‘forti’ di quelle in corso adesso. Comunque sarei felice se questo manga vi infondesse altri sentimenti oltre alla paura.
commento della maestra Miho Obana a La villa dell'acqua, Kodomo no omocha (Il giocattolo dei bambini)
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koufax73 · 5 years
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Rocketta Summer Live 2019: ecco la quarta edizione (itinerante)
Rocketta Summer Live 2019: ecco la quarta edizione (itinerante)
Il Rocketta Summer Live, nato nel suggestivo scenario del Monastero dei Benedettini di Catania, dove mercoledì 31 luglio e giovedì 1 agosto si presenterà al pubblico con la sua quarta edizione, in collaborazione con l’Università degli Studi di Catania, diventa itinerante.
Dopo il crescente successo, si appresta a riproporre il proprio format anche ad Agrigento, sabato 3 agosto, presso l’Ocean…
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italreport · 8 years
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Valorizzazione e gestione Villa Penna a Scicli. Interrogazione del consigliere Vincenzo Giannone
Valorizzazione e gestione Villa Penna a Scicli. Interrogazione del consigliere Vincenzo Giannone was originally published on ITALREPORT
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