#vicina al cuore
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petalidiagapanto · 5 months ago
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«Lei è vicino al mio cuore
come fiore di campo alla terra:
mi è dolce come è dolce il sonno
per le stanche membra.
Il mio amore per lei è la mia vita
che scorre nella sua pienezza,
come un fiume gonfio in autunno,
fluente con sereno abbandono.
I miei canti si confondono al mio amore,
come il mormorio d'un ruscello,
che canta con tutte le sue onde
e tutte le sue correnti.
Se possedessi il cielo con tutte le sue stelle,
e il mondo con le sue infinite ricchezze,
chiederei ancora di più;
ma sarei pago dal più infimo cantuccio
di questa terra, se lei fosse mia»
(Rabindranath Tagore)
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lanymphedaphne · 7 months ago
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* post per i pochissimi affezionati che si domandano di me e si chiedono dove sia finita
se volessi fare un recap dall'inizio del nuovo anno ad adesso scriverei che il tempo è scorso fra le mie mani senza che io effettivamente ne avessi piena coscienza a. e t. sono cresciuti moltissimo e hanno iniziato ad andare a scuola b. é una creaturina di appena un anno composta posata e seria ma quando sorride ti manda letteralmente il cuore in un mare di giuggiole aver avuto la fortuna di poter intraprendere una nuova avventura lavorativa é stato provvidenziale e salvifico mia nonna letteralmente come una leonessa combatte quella condizione terribile di malattia con un carattere ed una forza d'animo incredibile inviarle libri riviste e foto e chiamarla con assiduità non attutisce molto il rammarico di non poterle stare più vicina "da vicino" la mia presenza online si è ridotta drasticamente ad esclusione di un piccolissimo spazio di foto su patreon che curo con una leggerezza che raramente mi caratterizza e che mi tengo ben cara in compenso sono riuscita a leggere tre saggi e ad approfondire bene i temi legati al mondo della nutrizione il tempo libero è pochissimo ad eccezione dei momenti in cui l'umore è terribile e soffocato dall'ansia mi accorgo di vivere momenti assolutamente perfetti come la colazione al parco di questa mattina con b. vista fiume dove l'acqua brillava e le canoe sembravano avanzare come in una danza delicatissima con gli alberi che rendevano l'ombra freschissima o il gelato giuditta di ieri sera prima di entrare a lavorare o in generale le sere d'estate trascorse a passeggiare non ho previsto vacanze e di cose che non funzionano ne restano ancora troppe ma non posso che essere gratissima per poter avere l'occasione di migliorare ed essere ed avere ciò che desidero e per essere riuscita ad uscirne illesa da tutta una serie di vicende oggettivamente pesanti ed impattanti questa sera ho la visita dalla dottoressa e spero per quel momento di aver conservato il medesimo approccio vi leggo ogni volta che ho modo e sarei felicissima di ricevere cose scritte da voi in cui mi raccontate quello che vi va
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i-am-a-polpetta · 1 month ago
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se il mio orologio fosse un pochettino Più smart vorrei avesse modo di calcolare oltre alle calorie, ai passi, ai battiti, anche il mio livello di tristezza. credo che in questi giorni rasenterebbe l'apice della depressione, portandomi a piangere al telefono mentre lavoro, al supermercato in fila per pagare, in cucina mentre sto preparando un dolce, non so forse cacao amaro e lacrime è la nuova combinazione gourmet che mancava nella pasticceria italiana. alle 19.37 ho guardato l'orario mentre seduta continuavo a piangere e mi sono detta che avrei voluto tracannare tutti i farmaci che ho nella valigetta per non voler arrivare nemmeno a domani. mi ritrovo su quel pavimento, lo stesso di qualche anno fa a riflettere a tutte le cose che sono successe in questi giorni. sono devastata in ogni modo e maniera possibile. devastata come quella serie tv, non mi devastano però le domande ma le affermazioni, gli avvenimenti, le pastiglie di una terapia nuova che non riesco a reggere. dormo 4 o 5 ore per notte e mi hanno detto che sono troppe poche. ma voi vi siete mai sentiti come una discarica in mezzo al mare? perché così mi sento: in bilico costante tra l'essere e il percepire, non distinguere le gioia e la felicità da allucinazioni e paranoia. mi si chiudono gli occhi mentre il cuore rallenta, ho ricorso a vecchi metodi per non soffrire troppo. ma ce l'avete presente quel film che dice che il dolore esige di essere vissuto? io sono fatta di dolore, frammenti di ciò che rimane di un'esistenza finta, superficiale, orientata a scannarmi, prosciugarmi la testa di buoni pensieri per morire lentamente sotto i colpi di una frusta che doveva punirmi per non aver vissuto quel dolore intensamente come avrei dovuto. incatenata da me stessa e costretta ad ascoltare voci che non esistono, vedere cose che non ci sono, silenzi che parlano e vite parallele che vanno peggio di quella originale. mi si chiudono gli occhi, non per sempre, però spero abbastanza da passare l'inverno e immaginare che la mia discarica fatta di immondizia, lavatrici spaccate nemmeno Più buone per lavaggi del cervello, stracci di cuore e pezzi rotti di emozioni si riempia di fiori. ti ho amato con tutta me stessa come mai nella mia vita, spero tu abbia la pazienza di aspettare e starmi vicina mentre questo ammasso di detriti, brandelli di vita spezzata, polmoni triturati dall'asma troppo tagliente degli attacchi di panico e questo cuore guasto possano un giorno ricominciare a muoversi in sintonia per farmi tornare a respirare.
ti prego resta e abbi pazienza.
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contanosoloidettagli · 2 months ago
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Ciao E,
Sono su un treno, ma non è un treno qualsiasi.
È proprio quel regionale veloce che prendevamo insieme per andare a Venezia, che poi, se ti ricordi, quando eravamo lì tu mi facevi camminare kilometri su e giù tra i ponticelli, i ciottoli e le gondole. Mi lamentavo, tu ridevi perché eri allenata e lo facevi spesso. Poi andavamo al Disney Store, da Lush, in piazza San Marco, mi facevi vedere i posticini che ti piacevano, il luogo dove volevi fare tirocinio e ci mangiavamo un tramezzino, o delle buone patatine, o un panino all'Old. Erano belle giornate. Erano bei tempi, davvero.
E poi riprendevamo questo regionale e tornavamo a casa tua, passavamo tempo prezioso insieme, tra confidenze, risate, Otto, la tua famiglia e i tuoi amici che mi avevano accettato come fossi stata lì da sempre. Erano bei tempi.
E poi dopo qualche giorno ripartivo per tornare a casa, che purtroppo non era vicina alla tua, ma in un'altra regione. Piangevo almeno i primi dieci minuti dopo averti salutata, perché sentivo che una persona così non la potevo trovare da nessun'altra parte e mi dispiaceva dovermi allontanare, anche se nel cuore mi eri sempre accanto. Erano bei tempi.
Poi la vita è andata avanti, sono successe tante cose, abbiamo detto tante parole e alla fine non ci siamo più viste e le nostre vite sono cambiate tanto ed era come se in comune non avessimo più niente. Ha fatto male, davvero. Ma ti penso ancora e mi manchi.
E sono sicura che mi mancherai per sempre.
E ora che sono su questo regionale, piango e piangerò per più di dieci minuti perché questi ricordi sono belli, ma mi fanno male, perché sono rimasti solo ricordi.
Però ti ringrazio per avermi fatto vivere quei bei tempi, li tengo dentro.
Ti vorrò sempre bene.
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raccontidialiantis · 2 months ago
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Io mi ricordo, quando t’ho vista la prima volta
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Eri giovanissima, infagottata dentro una tuta da benzinaia, con dei guanti di pelle a dita scoperte e un cappellaccio di lana calato sulla fronte. Soffrivi il freddo, ma il tuo sorriso riscaldava tutto, nel raggio di due metri. Ero arrivato in paese da poco, per il mio nuovo lavoro nella vicina città e stavo ricreando la mia piccola rete di conoscenze e posti utili. Quella routine che man mano poi chiamiamo “casa” lontani da casa.
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Ho preso a servirmi da te. Eri la tuttofare di quella piccola pompa di benzina, che gestivi assieme a tuo padre. Un uomo saggio e sereno, con cui parlavamo di calcio e imprecavamo contro il governo. Mettevo solo dieci euro di benzina, per passare di nuovo da te al più presto. L’avevi capito e mi sorridevi, complice. Noi uomini siamo furbi stupidi. Eri lusingata, da questo fatto.
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E regolarmente ridendo mi chiedevi: “ma perché non metti trenta euro?"  E io: “perché così la macchina è più leggera e consuma di meno: ma tu che lavori con le macchine, non guardi la formula uno?” così mi guadagnavo il ”ma vattene, va'!” quotidiano, detto con un sorriso che avrebbe fermato un esercito. Poi papà è morto e tu sei rimasta sola: facevi di tutto, con competenza, pazienza e stringendo i denti.
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Olio, acqua, pressione, rabbocchi. Ma un sorriso l’avevi per tutti. E tutti t’adoravano. Il fruttivendolo lì vicino, vecchio amico di papà, uno che t’ha vista crescere, ogni mattina ti portava il caffè. Rigorosamente fatto nel suo retrobottega con la napoletana.
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La panettiera, tua amica, solo di qualche anno più grande di te, alle dieci ti portava un bel trancio di pizza e t’aggiornava sui pettegolezzi. Servizio completo: due euro. Prezzo quasi simbolico. Tutto in pace, fino a quando le nuove norme, il piano regolatore e la sopraggiunta illegalità delle piccole pompe in città non t’hanno costretta a chiudere l’esercizio. Un lunedì sono venuto a far benzina e... semplicemente non c’eri più!
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Ero sinceramente disperato e mi sarei preso a schiaffi, per non aver avuto mai il coraggio di chiederti di uscire con me. Mi mancavano da morire lo scambio di battute quotidiano, la barzelletta che ti raccontavo, che tu ascoltavi con gli occhi attentissimi e la tua esplosione di gioia finale genuina, la risata fragorosa e il solito congedo finale: “quanto sei scemo!” che per me equivaleva a una carezza sul cuore. 
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Quando ormai m’ero rassegnato, pur non smettendo di pensare a te ogni giorno, t’ho ritrovata per caso dal dentista: su una rivista di moda! Bella come il sole, agghindata solo con intimo e accessori. Eri tu! Eri proprio tu! Non ci potevo credere! Sono rimasto imbambolato a guardarti, a bocca aperta. Una vera dea. Senza troppe speranze, ho scritto un’e-mail alla redazione del giornale, vantando una parentela inesistente e chiedendo che in qualche modo te la girassero. Se non a te, almeno all’agenzia o al fotografo degli scatti, al produttore dell’intimo.
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Era un vero e proprio biglietto della lotteria. Un messaggio in bottiglia. Poi dice che i miracoli non succedono: dopo una settimana circa m’hai scritto! Mi hai detto che eri contentissima di avermi ritrovato, che un po’ avevi addirittura nostalgia del vecchio lavoro, soprattutto per i contatti umani e che tenevi particolarmente a me. Perché anche se, da bravo tricheco imbranato, non t’avevo mai confessato il mio sincero interesse per te, tu l’avevi capito da subito e non aspettavi altro che ti invitassi. Mi sarei preso a schiaffi appena letta l’e-mail!
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Non ho perso tempo: t’ho chiesto il numero di telefono, ci siamo sentiti e con piacere ho constatato che il tuo dialetto è bello vivo. Anzi: forse proprio per non rompere con le tue radici, con me usi più il dialetto che l’italiano! Mi hai parlato a lungo delle difficoltà economiche dopo la perdita dell’unica fonte di introito, della solitudine in casa, delle preghiere a Dio perché ti facesse trovare un lavoro, delle foto che già avevi inviato, nei mesi che precedevano la chiusura della pompa, a varie agenzie, su suggerimento e presentazione di una tua ex compagna di scuola, ora fotografa professionista.
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Della fiducia incrollabile che da sempre hai in te stessa, del fatto che eri sicurissima che qualcuno t’avrebbe offerto un’occasione. Poi mi hai parlato della gioia nell’aver trovato questo lavoro, dove tutti ti vogliono bene, anche se parlare di denaro... è volgare e vivete in quattro in un miniappartamento che sembra un campo di battaglia! E per quanto mi riguarda... adesso eccomi qua: sono su un volo Palermo-Milano, con l’unico obiettivo di aspettarti puntuale stasera alle sette, sotto l’agenzia dove lavori, per portarti a cena e gustarmi le stupende fossette sulle guance, acchiappabaci che ti si formano quando ridi.
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Per farti morire di risate allora ho preparato una ventina di barzellette e aneddoti locali vari. T’aggiornerò sui pettegolezzi del quartiere, farò per te le imitazioni dei soggetti che ben conosci in paese. E poi, se Dio m’aiuterà, voglio vedere e adorare finalmente il resto del tuo corpo stupendo. Il viso e il tuo carattere meraviglioso, solare, positivo e bello li conosco già molto bene: sono la cosa che amo di più, di te. M’hai catturato. Scema che non sei altro!
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RDA
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canesenzafissadimora · 3 months ago
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Vi è mai accaduto di ritrovare qualcuno dopo tanto tempo e tanta vita in mezzo? A me sì. A fine luglio, nei direct di Instagram, mi è apparsa una notifica. Era mezzanotte, poco oltre. Il messaggio cominciava così: "Ci siamo scritti, per la prima volta, molti anni fa...". Aveva ragione. In principio, ci eravamo scritti nel 2008 - o giù di lì - e ci eravamo piaciuti subito, ma abitare in due città diverse complicava le cose e, in fondo, nessuno tra noi si sentiva veramente pronto. A dispetto delle difficoltà oggettive, nacque comunque un legame sincero, lieve, pulito. La sensazione di avere incontrato un'anima uguale alla propria e, insieme, il rammarico di non poterla sentire completamente vicina. Poi la vita, che fa la vita, tracciò il suo corso e lentamente, senza strappi, senza battaglie, ci perdemmo di vista. Così credevo, almeno. In realtà, lui non ha mai smesso di guardarmi, sia pure da lontano. Lui mi guardava e io non lo sapevo. Non me ne accorgevo. Di quante cose non mi sono accorta? Quante cose non ho visto? "Eravamo ragazzini" continuava il messaggio. Sì, lo eravamo. "Sei diventata una donna da ammirare". Lui un uomo bellissimo, con lo stesso cuore buono e la stessa delicatezza che così bene ricordavo. "Mi piacerebbe sapere come stai, quali strade hai percorso, e riprendere da dove avevamo interrotto...". Quella notte ho dovuto leggere e rileggere le sue parole molte volte prima di rispondere. È stato come una saetta, un lampo che entra d'un tratto, sfonda il vetro, illumina tutto a giorno e ti costringe a spalancare gli occhi. Il pomeriggio seguente l'ho sentito al telefono e la vita si è fatta improvvisamente piccola, si è compressa tutta in quella telefonata, in quella voce. Gli ho raccontato dell'auto, sapeva quanto la temessi. Ho detto una cosa che mi sembrava divertente, l'ho fatto per stemperare l'imbarazzo, lui ha riso tantissimo e io ho sentito una specie di disgelo calarmi nella pancia dopo secoli.
Da allora abbiamo cominciato a scriverci, con calma, con lentezza, con dolcezza. Io ho alzato molti muri, le mie ferite antiche continuano a spurgare, e l'ho costretto a sbatterci contro, a pagare conti che non sono i suoi conti. Eppure resta lì. "Ne parliamo a voce, se ne hai voglia" mi ha scritto tutte le volte in cui si è scontrato con uno dei miei scudi. "Se ne hai voglia" aggiunge sempre. Se te la senti, intende dire. Se mi permetti di entrare, senza forzature, senza pressioni, decidi tu la misura.
Lui non lo sa, ma ogni volta che esordisce a questo modo io vorrei tirarlo fuori dal telefono e baciarlo. Non lo sa perché non glielo dico, non gliel'ho mai detto, però stasera glielo scrivo, e lo faccio qui, dove in questi anni ho scritto pure il resto, dove ho tenuto traccia, dove mi sono spogliata a carne viva, libera dall'infamia, libera dalla vergogna. Mi pare equo, mi suona giusto.
Non ho idea di cosa sia e non voglio immaginare cosa diventerà. Per adesso mi piace pensare che, lì fuori, esiste qualcuno a cui so sempre dire: "Sì, ho voglia di parlarne".
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Antonia Storace - "Frumento e papaveri"
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fioredialabastro · 4 months ago
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Qual è la vostra casa dei sogni?
Se dovete immaginarvi la casa perfetta, che riesca a soddisfare qualche desiderio profondo che avete nel cuore, che immagine vi compare nella mente?
Grazie @hope-now-and-live per avermi coinvolto in questo gioco che tocca un argomento a me così caro! 🥰
Fin da bambina, infatti, amo osservare le case, respirare le atmosfere che mi trasmettono, prendere spunto dalle soluzioni architettoniche, delineando nella mia mente le abitazioni che meglio rappresentano la mia personalità. Pur non essendo un architetto, la casa in quanto edificio è sempre stata importante per me, giacché personifica una sorta di nido, di rifugio, di luogo sacro e intimo in cui tornare sempre. 🏡
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Come potete osservare, vive in me una perenne dicotomia, un eterno conflitto tra un cottage britannico o una villa rustica immersa nella campagna toscana, e una casa vista mare, ancora meglio se in costiera amalfitana...
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Se fossi costretta a scegliere, credo vincerebbe la seconda opzione. Il mare rappresenta le mie origini. Non importa se attualmente viva lontano da esso; chi è nato a due passi dal mare, se lo porta dentro, per sempre, ovunque vada. Non so ancora dove metterò radici, però spero, un giorno, di potermi affacciare dalla finestra e lasciarmi travolgere da quel profumo unico, dal fragore delle onde, dai colori penetranti, dal suo potere curativo che placa ogni tormento. 🌊
L'ideale comunque sarebbe abitare una casa di campagna vicina al mare, così avrei il pacchetto completo. Tanto con i sogni tutto è possibile, no? 😜
P.S. Se volete curiosare ulteriormente, sul mio profilo Pinterest potete dare un'occhiata alle bacheche dedicate a questo tema, in costante aggiornamento:
houses, interior design e dream at sea ✨
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susieporta · 9 months ago
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La verità è che nessuno si regge più in piedi da solo, sulle proprie gambe. Nessuno regge più il dolore, la perdita, la frustrazione, l’attesa.
Insomma, le cose della vita.
Abbiamo bisogno di normalizzare i processi della vita: nascere, crescere, ammalarsi, ferirsi, invecchiare, morire.
Un tempo si moriva sazi di vita, appagati, senza rimpianto alcuno, in modo del tutto naturale.
Oggi si muore insoddisfatti, delusi e stanchi.
Il lutto non rientra più nelle categorie del vivente.
Abbiamo inventato questa parola: “elaborazione”, dimenticando che i lutti non si elaborano, ma si accolgono, come parti integranti dell’esistenza, tutt’al più si contemplano come espressioni mutevoli del flusso continuo della vita.
“Sii paziente verso tutto ciò
che è irrisolto nel tuo cuore
e cerca di amare le domande,
che sono simili a
stanze chiuse a chiave
e a libri scritti
in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte
che possono esserti date
poiché non saresti capace
di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa.
Vivere le domande ora.”
Aveva ragione Rilke.
Abbiamo disimparato il valore del piangere insieme, di condividere il pasto, dono gentile e premuroso gesto della vicina di casa, la sera, quando si raccontava ai bambini dove sta il nonno adesso, e si passava la carezza della mano piccola sul suo viso freddo e immobile, disteso sul letto.
I sogni facevano il resto, perché si aveva tempo per dormire e per sognare. E al mattino, appena svegli, per raccontare.
Così chi non c’era più continuava ad esserci, a contare, a suggerire, a consolare.
I morti stavano insieme ai vivi.
Complicato allora non è il lutto, ma il modo di viverlo, di trattarlo, come se fosse una malattia in cerca di una cura. Ma la vita non è un problema da risolvere.
Ancora Rilke. Piuttosto un mistero da sperimentare. Una quota di ignoto inevitabile che spinge lo sguardo oltre la siepe.
Chi ha ancora desiderio di quell’infinito che solo l’esperienza del limite può disvelare?
Oggi tutti reclamano il diritto alla cura della psiche, forse perché i medici del corpo non riescono a guarire certe ferite dell’anima.
Ma così si sta perdendo il valore della psicoterapia. Così si confonde la patologia con la fisiologia dell’esistente, che contempla nel suo lessico le voci: malattia, solitudine, sofferenza, perdita, vecchiaia, morte.
Qual è l’immagine del nostro tempo, che rappresenta il senso estetico dominante? Una enorme superficie levigata, perfetta, specchiante.
In questo modo, privata delle increspature, delle imperfezioni, del negativo, della mancanza, l’anima ha smarrito il suo luogo naturale, la sua origine, il respiro profondo della caducità, della provvisorietà, della fragilità del bene e del male.
Perché alla fine, tutto ciò che comincia è destinato a finire e l’unica verità che rimane è questo grumo di gioia che adesso vibra ancora nel cuore, qui e ora, in questo preciso istante, nonostante la paura, il disincanto, la sfiducia.
Non c’è salute dunque che non sia connessa alla possibilità di salvezza.
Alle nostre terapie manca quel giusto slancio evolutivo, che spinga lo sguardo oltre le diagnosi, i funzionamenti, i fantasmi che abitano nelle stanze buie della mente.
Un terapeuta non può confondere la luna con il dito che la indica.
Può solo indicare la direzione e sostenere il desiderio di raggiungerla.
Per questo ogni sera mi piace chiudere gli occhi del giorno con una poesia, ogni sera una poesia diversa, per onorare la notte con il canto dei poeti.
Perché la notte sa come mantenere e custodire tutti i segreti.
Perché le poesie assomigliano alle preghiere.
Dicono sempre cose vere.
Stanotte per esempio ho scelto questa:
“Si è levata una luna trasparente
come un avviso senza minaccia
una macchia di nascita in cielo
altra possibilità di dimora. E poi.
Siamo invecchiati.
Il volume di vecchiaia
è pesato sul tavolino delle spalle,
sugli spiccioli di salute.
Cos’è mai la stanchezza?
Le cellule gridano
chiamano l’origine
vogliono accucciarsi
nel luogo prima del nome
nello spazio che sta tra cosa e cosa
e non invade gli oggetti
li accarezza e li accalora.
Non smettere di guardare il cielo
ti assegna la precisa misura
fidati della vecchiaia
è un burattino redentore.
Dopo tanta aritmetica
la serenità dello zero.”
Chandra Candiani
Testo di Giuseppe Ruggiero
foto dal seminario " In Quiete". Introduzione alle costellazioni Familiari con Anna Polin
Gloria Volpato
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schizografia · 22 days ago
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Ieri mattina ho cominciato a stare male. Questa angoscia che tornava a galla. Questo senso di terrore, non di paura, di disperazione: mi sento disperata. Le mattine passate nel terrore. Si può patire così tanto? Soffrire così: le sembra umano? Ci sono depressioni che durano eternamente, e la mia è una di queste. Sono talmente invischiata in questo dolore che mi sembra impossibile che possa togliermi questo peso dallo stomaco. È più che una sofferenza fisica. Ci si sente diversi dagli altri individui. Me li guardo come persone di un altro pianeta. Questo sentirmi lontana da tutti. Ci si sente come costretti a camminare su due gambe rotte. Mi sento tutta a pezzi. Si prova una sofferenza tremenda. Come ricercare qualcosa che non si raggiunge mai. Mi chiedo spesso come un organismo possa superare tutto questo. Possibile che non ci si consumi con tutto questo? Nonostante tutto questo stillicidio l’organismo resiste. Mi sembra un mistero. Ci sono dei momenti in cui mi sento liberata da questo peso. Ci si trova a terra da un momento all’altro. Mi sento veramente morta. Mi sento con dentro niente. Mi ritrovo senza nessun desiderio. Sono in un baratro.
[…]
“Morivo ieri mattina: da ieri sera mi sento meglio. Il tempo: quasi un fermarsi: un tempo che si fa eterno. La mia sofferenza è l’unica cosa che sento. Mi sento in un clima di tragedia. Mi sento quasi andare alla deriva. Mi sento svuotata di tutto. Non ho voglia di vivere perché vivere significa morire. La realtà è tremenda. Mi sento ossessionata da questa sofferenza. Sono in carcere: sto per rientrarvi ora che esco di qui. Mi sento in bilico. Istintivamente, mancandomi quest’angoscia, mi sento più sola. Mi manca, ma non dovrei sentirne la mancanza. Il cuore stretto da una morsa di acciaio. Il dovere sopportare tutte le avversità che ho: questa è sofferenza. Estranea: è così che mi sento. Non ho più l’angoscia di allora. Avevo l’impressione che il grande dolore, l’angoscia, mi schiacciasse.
[…]
“Giornate pessime. Mi sento terribilmente sola. Non ho niente a cui aggrapparmi. Non c’è più niente che mi dia senso. Non riuscivo a piangere. Mi sentivo disperata: almeno piangessi. Quello che mi mette in crisi sono le decisioni. Se potessi sperare nel suicidio, se potessi contare su di una morte così vicina, se potessi scegliere la mia morte, sopporterei meglio questa sofferenza tremenda perché ne conoscerei la fine. Non ho la speranza della morte. Non ho questa speranza. Non ho più alcuna speranza. Mi sento il cuore in gola: come se avessi fatto una corsa. Vivere così mi sembra praticamente impossibile. Sono disperata. Mi sembra di essere ancora prigioniera dell’angoscia e della disperazione. Vivo come un automa.
[…]
Non riesco a liberarmi da questa angoscia. Avverto una sofferenza, e questo è fuori discussione. Di cosa è fatta questa sofferenza? Il dolore fisico, al confronto, non è niente. Tutti i contatti umani sono tragici. Mi sento come prigioniera nelle sabbie mobili, e i tentativi per uscirne, sempre più disperati, raggiungono solo lo scopo di farmi precipitare giù in fondo. Non ce la faccio più a vivere così. Cosa faccio visto che, anche con l’aiuto dei farmaci, non riesco ad uscirne? Mi detesto. È una cosa disumana: non ne posso più. Questa sofferenza mi annulla. Non è facile morire.
Maria Teresa da Eugenio Borgna, L'indicibile tenerezza: In cammino con Simone Weil
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gregor-samsung · 6 days ago
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" La piscina era vicina alla loro casa, la quale, a sua volta, era vicina al campo coi forni. La donna aveva detto di non avere notato mai niente di insolito. Aveva negato di conoscere l'esistenza dei forni. All'epoca dell'intervista, quaranta o cinquant'anni dopo, lei stava morendo di enfisema. Tossiva molto, ed era molto magra, quasi emaciata, ma andava ancora orgogliosa del suo aspetto. «Guarda lì» diceva mia madre, in parte risentita, in parte ammirata, «si crede ancora bella». Era truccata con gran cura, aveva molto mascara sulle ciglia, e molto rossetto sugli zigomi, dove la pelle era tesa come un guanto di gomma. Portava una collana di perle. «Non era un mostro» diceva di lui. «La gente non fa che ripetere che era un mostro, ma non è vero». Che cosa pensava? Non molto, ritengo; non allora, a quei tempi. Pensava a come non pensare. Erano tempi particolari.
Andava orgogliosa della propria bellezza. Non credeva che lui fosse un mostro. Non era un mostro, per lei. Probabilmente aveva qualche tratto gradevole, fischiava, stonato, sotto la doccia, aveva una passione per i tartufi, chiamava il suo cane Liebchen e per farlo star ritto sulle zampe gli dava dei pezzettini di filetto crudo. Com'è facile attribuire un'umanità a un essere qualsiasi. Che tentazione a portata di mano. È un bambinone, diceva lei tra sé. Il cuore le si scioglieva, mentre gli scostava i capelli dalla fronte, lo baciava sull'orecchio, e non per ottenere qualcosa da lui, era l'istinto di alleviare le preoccupazioni, di rendere più piacevole la vita. Su, su, gli diceva, mentre lui si svegliava da un incubo, so che hai tante difficoltà da superare. E a tutto ciò lei credeva, perché altrimenti come avrebbe potuto continuare a vivere? Era molto convenzionale, sotto quella bellezza. Credeva alla decenza, era gentile con la donna di servizio ebrea, o abbastanza gentile, o più gentile di quanto occorresse. Qualche giorno dopo l'intervista, si era uccisa. L'avevano detto, lì, alla televisione. "
Margaret Atwood, Il racconto dell'ancella, traduzione di Camillo Pennati, Ponte alle Grazie, 2019², pp. 192-193.
[Edizione originale: The Handmaid's Tale, McClelland and Stewart, 1985]
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saraloveslove · 4 months ago
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Ciao Liam,
Ti scrivo questa lettera qui, dove non la leggerai mai, perché ho bisogno di buttare fuori quello che sento e penso che questo sia il posto migliore per farlo.
E te la scrivo in italiano perché so che dove sei adesso non ha davvero importanza.
Ti ho conosciuto tardi nella vita, avevo già 30 anni ed ero incinta del secondo figlio quando ho scoperto te e i tuoi fratelli. Non avete fatto parte della mia infanzia o della mia adolescenza, ma questo non rende la perdita meno dolorosa, anzi. Sono una vostra coetanea (una manciata di anni in più, ma l'età non si chiede mai a una signora) e proprio per questo, forse, mi sento così incredibilmente vicina a voi in un modo che non mi sarei mai onestamente aspettata.
Liam, anima fragile, ho assistito con gioia al tuo periodo in riabilitazione e mi ricordo i sorrisi genuini e pieni di vita che ci regalavi in quel periodo. Stavi bene e si vedeva.
Ma il mondo in cui vivevi ha deciso che tu non ne valevi la pena, perché alla fine questo è. La stessa industria che non ha pietà per nessuno e ha triturato gente del calibro di Michael Jackson e Withney Houston ti ha gettato sul fondo del mare con un'ancora al collo. Ho assistito, impotente e distrutta dietro a uno schermo dall'altra parte del mondo, alla spirale di distruzione che ha ti condotto esattamente là dove avevo previsto che ti avrebbe condotto.
Ti hanno isolato dalla tua famiglia e dai tuoi affetti, portandoti in un paese sconosciuto dalla lingua sconosciuta e senza riferimenti culturali né affettivi, circondandoti di persone che erano lì solo per un contratto e non perché veramente interessati al tuo cuore dolce e buono. Ti hanno tenuto lontano dai tuoi fratelli acquisiti, gli unici che potevano davvero capirti. Ti hanno boicottato la musica, impedendoti di fare una delle poche cose che ti teneva in vita. Avevi un figlio, e da madre so che il suo volto deve averti dato una ragione per svegliarti più di una volta, ma ti hanno tolto pure quello, chissà con quale lavaggio del cervello. Ti hanno fatto credere di non valere niente, di non essere abbastanza, che nessuno ti amasse più. Ti hanno fatto credere di essere un peso e che il mondo, compresi i tuoi genitori che ti hanno messo al mondo, i tuoi fratelli - di sangue e non - che ti hanno amato infinitamente e il tuo bambino, sarebbe stato meglio senza di te. E lo hanno fatto alimentando le tue debolezze, fornendoti la droga e l'alcool con cui potevano controllarti.
So che sicuramente hai sbagliato nella vita, commettendo errori più o meno gravi anche con le persone a cui volevi più bene, ma eri malato, Liam. Non eri rotto, eri malato e meritavi di essere curato. Meritavi una sincera e seria possibilità di uscirne e fare ammenda dei tuoi sbagli, qualunque siano stati, tornando a fare parte della vita delle persone che ti hanno sempre amato. Meritavi la possibilità di riabbracciare la tua famiglia e i tuoi ragazzi e di dare altri baci al tuo bambino.
Ti hanno fornito corda e sgabello e poi hanno aizzato il popolo dei social a dirti di ucciderti.
Non ho mai vissuto quello che hai vissuto tu, né conosco di persona qualcuno che abbia sofferto della tua stessa malattia. Non ti biasimo per aver cercato la via più facile, la colpa non è tua. Ci hai provato a dirci come stavi e a chiederci aiuto, hai gridato forte con tutto il cuore, e vorrei che fosse bastato.
Dovunque tu sia, spero che troverai la pace e la serenità che quaggiù ti era stata rubata. Non perdonarli, Liam, perché non lo meritano.
Però, se puoi, veglia su chi è rimasto quaggiù e ti piangerà per sempre.
Vorrei aver potuto fare di più per te e, anche se so che non ero nella posizione per farlo, è un rimpianto che mi accompagnerà a lungo.
Riposa in pace ����
- Sara -
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angelap3 · 9 months ago
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Questa storia fa riflettere ... vi consiglio di leggerla ☺️
Le lenzuola sporche
Una coppia di sposi novelli andò ad abitare in una bella zona molto tranquilla della città. Una mattina, mentre bevevano il caffè insieme, il giovane marito si accorse, guardando attraverso la finestra aperta, che una vicina stendeva il bucato sullo stendibiancheria dal terrazzo e disse: "Ma guarda com'è sporca la biancheria di quella vicina! Non è capace di lavare? O forse, ha la lavatrice vecchia che non funziona bene? Oppure dovrebbe cambiare detersivo!... Ma qualcuno dovrebbe dirle di lavare meglio! O dovrebbe insegnarli come si lavano i panni!". La giovane moglie guardò e rimase zitta.
La stessa scena e lo stesso commento si ripeterono varie volte, mentre la vicina stendeva il suo bucato al sole e al vento perché si asciugasse.
Dopo qualche tempo, una mattina l'uomo si meravigliò nel vedere che la vicina stendeva la sua biancheria pulitissima e disse alla giovane moglie: "Guarda, la nostra vicina ha imparato a fare il bucato! Chi le avrà detto come si fa?".
La giovane moglie gli rispose: "Caro, nessuno le ha detto e le ha fatto vedere, semplicemente questa mattina, io mi sono alzata presto come sempre per prepararti la colazione e ho preso i tuoi occhiali e ho pulito le lenti!".
...Ed è proprio così anche nella vita... Tutto dipende dalla pulizia delle "lenti dei tuoi occhiali" attraverso cui si osservano i fatti. Prima di criticare, sarebbe meglio guardare bene se il nostro cuore e la nostra coscienza sono "pulite" per vedere meglio. Allora vedremo più nitidamente la pulizia del cuore del vicino...
😊Web
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greenbor · 10 months ago
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Liberamente improvvisato e adattato dalla poesia di https://www.tumblr.com/luigimancini molto vicina alla mia autobiografia del cuore (le mie parole nascono dalle mie emozioni e il testo è scandito al momento e molto spesso non ricopiato)
Cerco di restare in equilibrio
sul filo immaginario che mi tiene in salvo dalle fiamme,
ma il fuoco, sotto di me, conosce il tuo nome, Anna,
possiede il tuo bacio, Anna,
e cadere non è mai stato così amabilmente straziante, Anna,
e bruciare non è mai stato così dolorosamente meraviglioso, Anna,
e nessuna vita mi hai mai visto vivere così forte come quando muoio di te, Anna.
di @luigimancini
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avereunsogno-62 · 3 months ago
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"Per quanto riguarda l’educazione dei figli, penso che si debbano insegnar loro non le piccole virtù, ma le grandi. Non il risparmio, ma la generosità e l’indifferenza al denaro; non la prudenza, ma il coraggio e lo sprezzo del pericolo; non l’astuzia, ma la schiettezza e l’amore alla verità; non la diplomazia, ma l’amore al prossimo e l’abnegazione; non il desiderio del successo, ma il desiderio di essere e sapere. (...)
è falso che essi abbiano il dovere, di fronte a noi, d’esser bravi a scuola e di dare allo studio il meglio del loro ingegno. Il loro dovere di fronte a noi è puramente quello, visto che li abbiamo avviati agli studi, di andare avanti. (...)
noi dobbiamo essere, per loro, un semplice punto di partenza, offrirgli il trampolino da cui spiccheranno il salto. E dobbiamo essere là per soccorso, se un soccorso sia necessario; essi debbono sapere che non ci appartengono, ma noi sì apparteniamo a loro, sempre disponibili, presenti nella stanza vicina, pronti a rispondere come sappiamo ad ogni interrogazione possibile, ad ogni richiesta.
...quello che deve starci a cuore, nell’educazione, è che nei nostri figli non venga mai meno l’amore alla vita."
Natalia Ginzburg, Le piccole virtù, 1962
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raccontidialiantis · 2 months ago
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Ti faccio morire di pizzichi
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Ti faccio morire di passione. Ancora non mi decido se dartela o no. Sei pieno di testosterone: sino alle orecchie. E sei costretto a fare il gentile, il corteggiatore garbato! Tu, poi… figuriamoci! Invece so benissimo che vorresti solo saltarmi addosso.
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Lo sento chiaramente, che vorresti solo strapparmi i vestiti e costringermi a dirti di si, ad arrendermi e allargare le gambe per darti l'unica cosa che ormai hai in mente, quando mi osservi e mi fai la Tac! Quanto mi piace ‘sta cosa: dopo anni, improvvisamente non mi vedi più solo come una collega! Percepisco con sicurezza che non ragioni più, quando ti sono vicina.
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Balbetti, ti sbottoni e allarghi il collo della camicia con due dita… sudi freddo. E mi fai assolutamente eccitare, anche se resto esteriormente impassibile, quasi gelida. Professionale come al solito. Mi metterei a novanta gradi e completamente nuda subito, per te. E aprirei con le mie mani le natiche per farmi fare quello che desideriamo entrambi con passione irrefrenabile.
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Voglio sentirti stantuffare in me, con le tue mani forti che s'impossessano prepotenti e sfacciate delle mie mammelle e le stringono, le torturano. E devo assolutamente assaggiare il tuo nettare. È la cosa che più bramo, da un po’ di tempo in qua. Devo essere impazzita: desidero avere la bocca piena di te e mugolare, intanto che ti sento padrone e vincitore su di me, maschio dominatore e sicuro sul mio corpo tutto.
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Ah: ti sei deciso! Domani sera a cena insieme, dici? Vai dritto al cuore della questione, eh? Devo trovare una scusa buona con mio marito ma… va bene. Stanotte dormirai? Chissà… Io da parte mia si, perché mi sento bella come una dea. Non esiste cosmetico migliore per una donna del sapere di essere desiderata da un uomo che anche lei vuole avere dentro. Per sentirlo finalmente godere della conquista più antica e sempre nuova.
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RDA
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donaruz · 11 months ago
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Federico Garcia Lorca
Pioggia
La pioggia ha un vago segreto di tenerezza
una sonnolenza rassegnata e amabile,
una musica umile si sveglia con lei
e fa vibrare l'anima addormentata del paesaggio.
 
È un bacio azzurro che riceve la Terra,
il mito primitivo che si rinnova.
Il freddo contatto di cielo e terra vecchi
con una pace da lunghe sere.
 
È l'aurora del frutto. Quella che ci porta i fiori
e ci unge con lo spirito santo dei mari.
Quella che sparge la vita sui seminati
e nell'anima tristezza di ciò che non sappiamo.
 
La nostalgia terribile di una vita perduta,
il fatale sentimento di esser nati tardi,
o l'illusione inquieta di un domani impossibile
con l'inquietudine vicina del color della carne.
 
L'amore si sveglia nel grigio del suo ritmo,
il nostro cielo interiore ha un trionfo di sangue,
ma il nostro ottimismo si muta in tristezza
nel contemplare le gocce morte sui vetri.
 
E son le gocce: occhi d'infinito che guardano
il bianco infinito che le generò.
 
Ogni goccia di pioggia trema sul vetro sporco
e vi lascia divine ferite di diamante.
Sono poeti dell'acqua che hanno visto e meditano
ciò che la folla dei fiumi ignora.
 
O pioggia silenziosa; senza burrasca, senza vento,
pioggia tranquilla e serena di campani e di dolce luce,
pioggia buona e pacifica, vera pioggia,
quando amorosa e triste cadi sopra le cose!
 
O pioggia francescana che porti in ogni goccia
anime di fonti chiare e di umili sorgenti!
Quando scendi sui campi lentamente
le rose del mio petto apri con i tuoi suoni.
 
Il canto primitivo che dici al silenzio
e la storia sonora che racconti ai rami
il mio cuore deserto li commenta
in un nero e profondo pentagramma senza chiave.
 
La mia anima ha la tristezza della pioggia serena,
tristezza rassegnata di cosa irrealizzabile,
ho all'orizzonte una stella accesa
e il cuore mi impedisce di contemplarla.
 
O pioggia silenziosa che gli alberi amano
e sei al piano dolcezza emozionante:
da' all'anima le stesse nebbie e risonanze
che lasci nell'anima addormentata del paesaggio!
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