#viaggi di istruzione
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Gite scolastiche, viaggi di istruzione e scambi culturali nell’Italia del Grand Tour
Colgo l’occasione datami una notizia del giorno: gita scolastica a Berlino troppo cara, studenti rinunciano; la preside: “tutta colpa del caro biglietto aereo.” Due classi di un liceo di Genova hanno deciso di non partecipare al viaggio a Berlino in quanto la quota di €700 viene ritenuta proibitiva per alcuni studenti. A La Repubblica, la preside descrive il processo di selezione delle mete…
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#Gite scolastiche#Italia del Grand Tour#proposte#Riflessioni#scambi culturali#viaggi di istruzione#Wolfgang Goethe
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Breve cronistoria dei viaggi nel tempo
[Ho scritto questo raccontino agostano vagamente sci-fi per la (bella) newsletter dello scartafaccio, facendo un giretto fuori dalla mia comfort zone. Lo incollo pure qui.]
A differenza dei princìpi che li regolano, per scalfire superficialmente i quali è stato - letteralmente - necessario un Einstein, la meccanica empirica dei viaggi nel tempo è incredibilmente rozza; realizzare strumenti per sfruttarla è di relativa semplicità ed è un traguardo raggiunto cinque volte nella storia dell’umanità (se dopo la stesura di questo testo se ne aggiungessero altre il lettore tenga conto che questo numero potrebbe sia aumentare che diminuire).
Il primo essere umano a costruire una rudimentale macchina del tempo fu l’assiro Adad-Nirari, nell’810 a.C. a Tarso. Tuttavia, non ne capì il vero funzionamento e ritenne di aver creato un sistema magico per fare sparire le cose. Non avendo gli Assiri all’epoca grossi problemi di smaltimento rifiuti, fu per lo più ignorato o preso per pazzo. Nel tentativo di convincere i suoi concittadini dell’importanza della sua scoperta fece sparire un ingente quantitativo di oggetti e animali, fra cui spiccano:
- una coppetta in terracotta che si materializzò nel 1912 sotto la coltre di permafrost svedese, creando una serie di grattacapi all’archeologo Erik Sjöqvist e costandogli quasi la carriera - una pecora che fu spedita nel giurassico superiore, prontamente divorata da un allosauro che passò il resto della sua infruttuosa esistenza a cercare altre prede così gustose. La sparizione della pecora fu mal digerita (tranne che dall’allosauro): il proprietario pretese un risarcimento da Adad-Nirari che distrusse poi la sua creazione per stizza.
Per la seconda macchina del tempo toccò attendere il 1652 quando il gesuita Giuseppe Adami, di stanza al Collegio di Messina, riuscì a costrurine una nei sotterranei dell’edificio. Fu il primo a capire l’importanza del legame fra coordinate spaziali e temporali ma per un misto di impazienza e di ostinata devozione al sistema tolemaico il suo primo esperimento finì in tragedia: tentò di mandare Agostino, il gatto del collegio, di una frazione di secondo nel futuro e se lo ritrovò materializzato nel basso ventre. I suoi confratelli attratti dalle urla lo trovarono riverso con il muso di Agostino che gli spuntava dalla schiena. Per non correre rischi lo arsero al rogo ancora agonizzante.
Quasi contemporaneamente, nel 1653, una nobile di Guangzhou di raro intelletto, Mei Zhaozhong, arrivò a scoperte analoghe. Passò dodici anni mandando di pochi istanti nel futuro sassetti del suo giardino e misurandone le apparizioni fino ad arrivare a capire con buona approssimazione la corretta correlazione fra coordinate temporali e spaziali. I suoi studi furono bruscamente interrotti da una malattia debilitante. Allo stremo delle forze decise di visitare il futuro nel poco tempo rimastole e si materializzò nel mercato del pesce di Huanan nel dicembre 2019, dove riuscì appena a guardarsi intorno prima di spirare circondata da una folla di curiosi che iniziarono ad avere sintomi febbrili qualche giorno dopo.
La quarta macchina del tempo fu costruita nel 1997 da Roberto Saluzzi, un dottorando del dipartimento di fisica e astronomia dell’università di Padova. Scoprì mentre ne stava ultimando la messa a punto che non gli sarebbe stata rinnovata la borsa di studio per l’anno successivo e considerazioni di carattere personale sopravanzarono quelle di ricerca accademica: usò la sua creazione per andare nel 1969 e gambizzare quello che sarebbe poi diventato il coordinatore dei corsi di dottorato di ricerca (evento che fu erroneamente attribuito a moventi politici); utilizzò poi la sua istruzione avvantaggiata per fare a sua volta carriera accademica. Evitò accuratamente ogni rischio di incontrare sé stesso nel timore di creare un paradosso temporale fino ad un preciso giorno del 1997, arrivato il quale tornò al suo vecchio appartamento immaginandoselo deserto con la macchina del tempo appena utilizzata. Lo trovò invece occupato da tre albanesi e si interrogò se questo andasse a conferma dell’esistenza del multiverso o del fatto che si fosse in qualche modo rintanato in un mondo di sua invenzione (dubbio per la verità che attanaglia chiunque prima o poi) e abbandonò ogni studio nel campo per darsi ai tornei di burraco.
La quinta e ultima vicenda vide come protagonista Aidana Komi, un’anziana professoressa dell’università di Tirana che dopo aver realizzato il suo dispositivo nel 2023 venne assalita da sensati timori di alterazione del continuum. Decise quindi di alimentare un’intelligenza artificiale dandole in pasto un quantitativo ingente di libri di storia e quotidiani interrogandola su quale sarebbe stato il viaggio temporale più utile per il benessere dell’umanità e imponendosi di seguire alla lettera la risposta, qualunque sarebbe stata. Il verdetto fu di recarsi a Padova nel 1996 e convincere il dottorando Roberto Saluzzi a cambiare appartamento. Aidana con qualche perplessità portò a termine il compito, approfittandone per collocare nell’appartamento rimasto sfitto un paio di cugini desiderosi di trasferirsi in Italia.
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✅ Qualificazione con riserva: l’ok di ANAC per le scuole
👉 Nota dell’Autorità Anticorruzione al MIM: la decisione per non compromettere il regolare svolgimento dei viaggi di istruzione
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Dove andare a ballare a Barcellona: locali top
Dove andare a ballare a Barcellona: guida alle migliori discoteche Leggi l'articolo completo su campadaily.blog
Barcellona è senza dubbio una meta top in Spagna. È ideale per chi ama esplorare, visitare musei, ma anche per chi desidera relax e sole. La città è giovane e accoglie viaggi di istruzione e visite estive1. Oltre alle bellissime spiagge e cultura, offre una vivace vita notturna. Infatti, di sera i locali si animano e la musica non si ferma fino a notte fonda. Idealmente beli alla rassegna disco o…
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#Ballo a Barcellona#Club esclusivi Barcellona#Discoteche a Barcellona#Dov&039;è il miglior posto per ballare a Barcellona#Locali notturni Barcellona#Nightlife a Barcellona#Vita notturna Spagna
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Direttiva Mim per partecipazione ampia ai viaggi di istruzione
ll ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha firmato una nuova Direttiva per promuovere la partecipazione più ampia degli studenti e delle studentesse ai viaggi di istruzione e alle visite didattiche. Il provvedimento conferma l’impegno costante del ministero per garantire la piena fruizione del diritto allo studio e il sostegno alle famiglie, assicurando che ogni…
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Fate arrivare sabato porcodio. Odio i viaggi di istruzione.
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Marcia indietro di ANAC sulle gite scolastiche: sospiro di sollievo per i parchi divertimento
L’Associazione Parchi Permanenti ringrazia ANAC per la sospensione della nuova normativa che, da dicembre a oggi, aveva già generato perdite del 40% nel segmento dei viaggi di istruzione e dei centri estivi. Roma, 1 marzo 2024 �� L’Associazione Parchi Permanenti Italiani, aderente a Federturismo – Confindustria, esprime soddisfazione e ringrazia ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione – per la…
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Zombie
Il paradosso del nostro tempo nella storia è che: abbiamo edifici sempre più alti, ma moralità più basse, autostrade sempre più larghe, ma orizzonti più ristretti.
Spendiamo di più, ma abbiamo meno, comperiamo di più, ma godiamo meno. Abbiamo case più grandi e famiglie più piccole, più comodità, ma meno tempo.
Abbiamo più istruzione, ma meno buon senso, più conoscenza, ma meno giudizio, più esperti, ed ancora più problemi, più medicine, ma meno benessere. Beviamo troppo, fumiamo troppo, spendiamo senza ritegno, ridiamo troppo poco, guidiamo troppo veloci, ci arrabbiamo troppo, facciamo le ore piccole, ci alziamo stanchi, vediamo troppa TV, e preghiamo di rado.
Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà, ma ridotto i nostri valori. Parliamo troppo, amiamo troppo poco ed odiamo troppo spesso. Abbiamo imparato come guadagnarci da vivere, ma non come vivere. Abbiamo aggiunto anni alla vita, ma non vita agli anni.
Siamo andati e tornati dalla Luna, ma non riusciamo ad attraversare la strada per incontrare un nuovo vicino di casa. Abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non lo spazio interno.
Abbiamo creato cose più grandi, ma non migliori. Abbiamo pulito l'aria, ma inquinato l'anima. Abbiamo dominato l'atomo, ma non i pregiudizi.
Scriviamo di più, ma impariamo meno. Pianifichiamo di più, ma realizziamo meno. Abbiamo imparato a sbrigarci, ma non ad aspettare.
Costruiamo computers più grandi per contenere più informazioni, per produrre più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno.
Questi sono i tempi del fast food e della digestione lenta, grandi uomini e piccoli caratteri, ricchi profitti e povere relazioni.
Questi sono i tempi di due redditi e più divorzi, case più belle ma famiglie distrutte.
Questi sono i tempi dei viaggi veloci, dei pannolini usa e getta, della moralità a perdere, delle relazioni di una notte, dei corpi sovrappeso e delle pillole che possono farti fare di tutto, dal rallegrarti al calmarti, all'ucciderti.
E' un tempo in cui ci sono tante cose in vetrina e niente in magazzino.
Ricorda sempre: la vita non si misura da quanti respiri facciamo, ma dai momenti che ci tolgono il respiro.
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"Terminologie di alto profilo" di Riccardo Rescio
"Quando l'overturismo non c'era"
di Riccardo
Tutti eravamo contenti di concentrarci nello tesso luogo e nello stesso tempo, senza lamentarci, felici e soddisfatti del nostro e l'altrui stare.
Poi come d'incanto tutto cambia e si trasforma ciò era piacevole diventa disdicevole, la tolleranza diviene insofferenza.
Al tempo del volemose bere tutti insieme appassionatamente, non erano ancora in uso comune quelle terminologie di alto profilo che oggi elevano il livello medio basso di chi le pronuncia, con elitaria ostentazione.
Orde di lanzichenecchi, ostrogoti, unni, visigoti, barbari, invasori, masse di ignoranti, bande di incivili, sono solo alcuni vergognosi appellativi con cui vengono apostrofate le persone che singolarmente o in gruppo scelgono il nostro Paese per un giorno, per un tempo più lungo e in molti casi anche per la vita.
A pronunciare tali sproloqui sono una pseudo 'intellighenzia' nostrana, composta trasversalmente da persone con una media e alta, quanto bassa e a volte inesistente istruzione, che arrogandosi il diritto derivato da una presunta auto assegnata capacità superiore di intendere, vuole attraverso un impegno costante, gratuito, tendenzioso e pericoloso, criticare in generale tutto e di più, ma con un particolare accanimento nei confronti del turismo nostrano.
Una perversa perseveranza consapevolmente finalizzata a fomentare un malcontento sociale assolutamente castrante per il benessere generale.
Tutti noi quando organizziamo i nostri viaggi da soli, in compagnia dei nostri cari o con un gruppo di amici, siamo il più delle volte turisti di massa, ma non certo nella vergognosa accezione nostrana, ma come eterogenea moltitudine di persone che insistono in un determinato posto, considerati e rispettati come persone nella loro singolarità e non come barbari invasori, ma come graditi ospiti paganti.
Tanto per non dimenticare "Firenze sotto vetro"
https://youtu.be/bzUxWl1JTxI
Solo pochi mesi fa.....
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=5888214647896960&id=100001254482577
La redazione di 'I&f RotoWeb Illustrato' consiglia di leggere l’articolo del “Il Sole 24ore” La surreale battaglia dell’Italia contro il turismo di massa scritto da Econopoly il 12 Maggio 2021 https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2021/05/12/turismo-di-massa-battaglia/
Firenze 6 agosto 2023
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Orfeo e Pitagora due filosofi maghi greci
Si ritiene in genere che i maghi più famosi vissuti a cavallo tra l’età omerica e l’ellenismo siano stati Pitagora ed Empedocle a questi si dovrà aggiungere Orfeo sebbene quest’ultimo sia essenzialmente un personaggio mitologico. Ora dire questo significa affermare che i primi filosofi furono non solo grandi pensatori ma veri maghi o sciamani. Lo sciamano è una persona che appare dotato di poteri particolari come attestano i racconti di popoli molto lontani dal punto di vista geografico e culturale. Se noi ripercorressimo a ritroso il cammino della società giungeremmo al punto in cui non sapremmo di giungere la speculazione filosofica dai rituali magici dal mito e dalla religione. In verità religione mito magia si trovano riuniti negli Inni Orfici nati probabilmente in Asia minore testimonianza di una tradizione risalente al mitico Orfeo fondata sul culto del canto e dei suoi poteri pacificatori. Infatti col suo canto Orfeo metteva pace tre gli esseri umani edificava città insegnava cerimonie iniziatiche che promettevano all’iniziato una esistenza oltre la morte un rapporto diretto con le divinità. Quello dell’orfismo era uno sciamanesimo della parola. A tale riguardo Erik Dodds il primo a studiare la presenza dello sciamanesimo nella cultura greca ha definito Orfeo un vero e proprio sciamano. Oltre a ciò Dodds ha definito Orfeo:” magus, guida religiosa fonte di oracoli e profeta”. Orfeo è senza dubbio una figura molto affascinante e interessante del mondo dell’antica Grecia. Per quanto riguarda Pitagora dobbiamo dire che non tutti gli storici accettano di considerarlo alla stregua di un vero e proprio mago. Tuttavia Burger e altri hanno sostenuto che il grande filosofo matematico aveva il dono della profezia e la capacità di trovarsi in luoghi diversi in uno stesso momento. Secondo tali autori Pitagora era un efficacissimo sciamano in grado di guarire e guarirsi. Di lui la tradizione racconta che avesse origine divina istruito sin da piccolo nelle cose sacre dettava stupefatta ammirazione in tutti quelli che lo osservavano. Studiò con Anassimandro e Talete e quest’ultimo colpito dalla straordinaria personalità di Pitagora lo mandò in Egitto a incontrarsi coi sacerdoti di Menfi e di Ospoli. A Sidone venne iniziato ai misteri praticati in molte parti della Siria cosicché venne a conoscenza di quanto custodite nei riti arcani degli dei o nelle cerimonie misteriche era degno di essere appreso. Ma fu soprattutto in Egitto dove rimase 22 anni facendosi sempre più esperto di tutti i misteri divini che ebbe modo di approfondire la conoscenza delle pratiche magiche e sapienziali. Preso prigioniero e portato a Babilonia incontrò i Magi perfezionando così ulteriormente la propria istruzione. Tornato a Samo a 52 anni venne ricoperto di ogni onore ma troppo richiesto da tutti preferì andarsene in terra straniera allo scopo di ritrovare la pace necessaria alla meditazione e una pratica di vita consona al suo spirito. Giunse così a Crotone dove conquistò l’ammirazione di una moltitudine di persone disposte a seguirlo. A Crotone Pitagora fondò una vera e propria comunità sapienziale modellata sulle sue dottrine magico esoteriche e filosofiche. Gli adepti di tale gruppo magico esoterico filosofico dovevano conservare gelosamente i segreti dottrinali più importanti. Dobbiamo mettere in evidenza che per i suoi viaggi le sue molteplici conoscenze nonché la varietà della sua istruzione Pitagora costituiva una sorta di “summa “priva di limiti geografici o culturali della sapienza magico-religiosa sapienziale del suo tempo. Tuttavia un sapiente, un mago, uno sciamano come lui fu il primo a definirsi filosofo. La tradizione narra che Pitagora era un filosofo nonché la sua parola influiva anche sugli animali. Per fare un esempio si narra che Pitagora seppe ammansire un’ orsa la cui presenza aveva gettato scompiglio nella popolazione. Spesso poi Pitagora parlava ai discepoli degli auspici tratti dagli uccelli nonché dei presagi e dei segni che venivano dal cielo sostenendo che gli dei inviavano agli uomini che sono loro veramente cari dei messaggi e delle voci profetiche. Dotato di eccezionali organi sensoriali affermava di udire la musica delle sfere celesti e la utilizzava come elemento principe di un’autentica educazione dello spirito. Egli nello scrivere e nel parlare utilizzava un linguaggio simbolico che ai non adepti poteva sembrare inconsistente ma che se interpretato correttamente oltrepassando il velo costituito dal simbolo appariva analogo a quello di certe profezie e di certi responsi degli oracoli. La tradizione attribuisce a Pitagora la capacità di compiere cose straordinarie. Per fare un esempio si narra che egli fu nello stesso giorno a Metaponto e a Tauromenio parlando con diversi allievi ed ebbe la capacità di prevedere terremoti placare tempeste di vento e grandinate e placare acque marine. Ma al là di queste tradizioni bisogna mettere in evidenza che Pitagora si fece promotore di precetti che miravano all’accordo con la dimensione divina. Giambico afferma che il principio ordinatore dell’intero modo di vita dei pitagorici era quello di porsi al seguito della divinità. Secondo Giambico la caratteristica fondamentale del pensiero dell’agire di Pitagora era accordare le proprie pratiche sempre necessariamente “finite” a quella dimensione divina che solo poteva rendere tali pratiche sensate. Secondo Giambico Pitagora sapeva bene che nessuna azione poteva rivelarsi davvero efficace se non sapeva iscriversi in quell’ordine cosmico il cui principio la cui ragion d’essere non può che essere e non può che dirsi di natura divina. Inoltre Pitagora invitava tra i mali più pericolosi che esistano nelle abitazioni e nelle città la superbia la tracotanza la volontà di superare il limite. Per dirla in altro modo il mago filosofo greco condannava senza mezzi termini la “hybris “umana. Tra l’altro Pitagora sapeva molto bene che era molto difficile capire cosa era gradito agli dei. Per tale ragione diventava ai suoi occhi necessario ascoltare chi era in grado di percepire la voce divina ovvero chi avesse ottenuto di conoscere la volontà degli dei per volontà divina. Solo per mezzo dell’ispirazione divina che permetteva ad alcuni uomini di essere profeti degli dei era possibile per gli esseri umani interpretare e conoscere il pensiero degli dei. Ai suoi seguaci Pitagora imponeva determinati divieti comportamentali, ma tali divieti derivavano dal fatto che il filosofo greco era a conoscenza dei misteri divini. Seguace dell’orfismo profondo conoscitore dei misteri eleusini ma anche della sapienza dei Caldei e dei Magi Pitagora istituì per i suoi seguaci una serie di atti rituali che dovevano accompagnare gran parte delle loro azioni quotidiane. Inoltre il filosofo greco attribuì molta importanza alla musica nei vari settori della vita quotidiana servendosi della musica anche per curare alcune malattie. Tuttavia dobbiamo dire che non esiste solamente il Pitagora sapiente e mago ma esiste il Pitagora filosofo che in ogni caso occupa un posto molto importante nella storia del pensiero filosofico occidentale. Non dobbiamo tra l’altro dimenticare che egli si considerava il primo filosofo della storia e che pertanto costituisce un perfetto esempio dell’esistenza del binomio filosofie e magia. Nella persona di Pitagora magia e filosofia erano due aspetti di una stessa ansia di conoscenza e volontà di ricerca. Pertanto accanto alla sapienza magica pitagorica esiste una filosofia pitagorica. Il punto cardine di tale filosofia era costituito da una originalissima cosmologia che sarebbe forse più appropriato definire “numerologia”. Infatti per Pitagora tutto derivava dai numeri o per meglio dire dal quell’Uno. In sintesi per il filosofo greco dall’Uno derivavano i numeri e di conseguenza i punti, le linee e le figure. Da queste ultime derivavano le figure solide e quindi i corpi sensibili. Per dirla in maniera estremamente sintetica dall’immateriale derivava il materiale. Secondo il filosofo greco da un tale cuore matematico derivava la stessa “anima mundi” e dunque la vita di tutto ciò che esiste nell’universo e la sua sostanziale eternità. Infatti per Pitagora la vita non può morire ma può morire solamente quello che nella vita si manifesta. Per Pitagora l’anima infatti è immortale e può reincarnarsi in corpi sempre diversi. Per Pitagora tutto vive per l’azione di opposti che si mescolano secondo proporzioni dettate dalle leggi sacre del numero. Questi in maniera sintetica sono i capisaldi del pensiero filosofico di Pitagora. Concludiamo tale articolo mettendo in evidenza che l’influsso di Pitagora e del pitagorismo è stato notevolissimo nel mondo antico ed inoltre ha conservato al lungo una notevole influenza sul pensiero filosofico di tutti i tempi. Prof. Giovanni Pellegrino Read the full article
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Gite scolastiche sempre più care, prezzi eccessivi per le famiglie: Avs vuole aiutare gli studenti
DIRETTA TV 27 Marzo 2023 Le gite scolastiche sono sempre più care e molte famiglie non riescono a permettersele, con i ragazzi che rischiano di dover rinunciare ai viaggi di istruzione all’estero. La deputata Piccolotti propone di aiutare chi non riesce a coprire tutta la spesa. 2 CONDIVISIONI Prezzi raddoppiati in pochi anni, viaggi di istruzione sempre più cari e professori poco convinti di…
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Gite scolastiche, quanto sono aumentate!
La #gita scolastica è un desiderio di ogni #studente, grande e piccolo, ma adesso sta diventando troppo costosa. Cosa si può fare per abbattere i costi e non rinunciare alla gita, in fondo diritto di ogni studente?
È tempo di gite scolastiche. Dopo due anni di pandemia e restrizioni, le scuole hanno ripreso a organizzare i viaggi di istruzione per gli alunni di ogni ordine e grado. Si tratta di un’occasione importante per arricchire il percorso formativo, conoscere nuove realtà e culture, socializzare con i compagni e i docenti. Come genitori, sappiamo che mandare i nostri figli in gita scolastica è…
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DEL SIGNORE SUPREMO CHE SI INCARNÒ IN UN ASINO STUPRATORE CHE VOLEVA ESSERE DIO PER METTERE ALLA PROVA I SUOI COMMENSALI INFERIORI DA CHI SEI STATA ABUSATA SESSUALMENTE DA NESSUNO ANDATA NEL FUTURO DOPO CHE LO HAI VISTO DOPO CHE TI HA VISTO MANDATO E TORNATO DAL COMA SUBENTRANTE NEL PASSATO CON IL COMUNISMO OCCULTATORE REALE DINAMICA REALE CAUSA SUL PREZZO DELL'ARTE RIVENDITRICE DIVIETO DI ISTRUZIONE GIUDIZIO AUTISTICO APPLICATO NON ADERENTI REALE COMPOSIZIONE DELL'INTELLIGENZA OPERATIVA AUTISTICAMENTE AD TUA INSAPUTA PRESENTE COME SE NON CI FOSSE RESA OMBRA MANGIATA RUBATA E RIVENDUTA ADOPERATA AD TRIPLICE OSTRUZIONE DEL DEMONE NESSUNO TRIPLICEMENTE OSTRUITO QUANTO ROMPI I COGLIONI CUI TI DEOSTRUISCE SOLDO NUOVO DELLA PROSTITUTA ANDATA NEL FUTURO QUANTO DEBBA ESSERTI AMICA COMUNISMO VERSUS MIRACOLI TENUTI SUL CULO FALSO IDEALISMO TRASCEDENTALE EX INCOLUMITÀ DA PECCATO PORTALE ASSUNTO SOGGETTIVAMENTE NON RIROVESCIATO AD ERRATA CONVERGENZA COMUNISTA SPAZIALE E DELLA MADONNA CHE SI INCARNÒ IN UN SUICIDA MILIARDARIO CHE NON VOLEVA ESSERE MODIFICATO ESSENDO LA MADONNA METTENDO ALLA PROVA SÉ STESSA E LA SUA SOSTANZA CHE COMPONE IL MATERIALE DEI NULLA ANIMA AL NATURALE ANIMA CON TALE TABLET TECNOLOGICO PER QUESTO DIMOSTRARE DIAMETRALE OPPOSTA NATURA E SIGNIFICATO RIMASTE COMUNISTE STRONZI E COMUNISTA AUTOMATICAMENTE AL POTERE FALSA CAUSA FALSA DINAMICA IPERCOMUNISMO SUBSTANTIALE MICRO SOGNI ESTINTI AUTOMATICI ANNICHILITI FALSAMENTE VIVENTI FALSAMENTE MACRO REGNO SERIE INFINITA AUTISTICA DI MICRO SOGNI ESTINTI AUTOMATICI PRESSO LA CONSEGUENTE PRIGIONIA DI DIO DEL CONSEGUENTE COMUNISMO PRESSO L INDEFETTIBILE CONCETTO DI INTUIZIONE PURA CHIARIFICA SOLARE ESSO QUALE NEMICO SPAZIALE MANGIATORE RIVENDITORE HAI RUBATO IL TUO LADRO ASSASSINO CREDITORE RIVENDITORE PROFITTI DI GENTE ANDATA IN COMA VAI A PROSTITUTE HAI RUBATO TUTTO DAI LIBRI CUI SI SOVRAPPONGONO SOPRA TANTO NON PUOI PARLARE HAI UCCISO TRE CANI DI EUTANASIA NULLA FALSA PORTA FALSO ESTERNO DI NATURA NULLA INCASTRAMENTO CEREBRALE TALE CHE ASSUMANO POTERE INCUBATORE DIVENENTE MARCIO SOGNO SONNO CONSEGUENTE COMUNISMO MORTE SOGNO POST MORTEM DI INNOCENTE ADOPERATO A CAVALLO DI TROIA MIRACOLI DUPLICATORI RIOGGETTIVATORI AUTO ELUSIONE DI DIO COMUNISTICAMENTE DEPOSTO VERSIONE DIMENSIONE SOGNO VISIONE DI TOPO TECNICA DEI COMUNISTI AD INCUBAZIONE DIVENENTE MARCIO SOGNO SONNO CROCE ROVESCIATA RELEGAZIONE A COMUNISMO AUTO NEMICO LA STORIA DELLA LUNA DEL NEMICO ABUSO DELLA TECNICA DEI VIAGGI ANCESTRALI ANDATA E RITORNO NELLA PROPRIA VITA GIORNO SOVRAPPOSTO CATEGORIE DEI VALORI COMUNISTE SOVRAPPOSTE LA SACRALITÀ DELLA TRASCEDENTALITA SOLARE DELL'INTELLIGENZA SOLARMENTE DIMOSTRABILE NON DETTA PRESENTE COME SE NON CI FOSSE MANGIATA STACCATA E RUBATA RIVENDUTA SPAZIALMENTE CUI NON TE LA DICONO LA GUERRA DELLA GIOSTRA DEI SOGNI RAPPORTO OSTRUZIONE DEOSTRUZIONE SOGNI GELOSI TRA DI ESSI MIRACOLI DEMONI ESSERI CELESTI POSATI SU STRONZI AUTOMATICAMENTE AL POTERE FALSA CAUSA FALSA DINAMICA MEMENTO LA MENTE CHE ENTRA DEOSTRUISCE E CONOSCE CULO LAVORATIVO A RIDETERMINARE UBRIACHI MORTI CUI POLDO SI SOVRAPPONGONO SOPRA FALSO IDEALISMO TRASCEDENTALE MIRACOLI GETTATI ESTERNAMENTE COMUNISMO OPPOSTO ETERNITÀ IMMORTALITÀ SUL PREZZO DEL SACRIFICIO DEL FURTO DI DIO COMUNISTICAMENTE DEPOSTO SOLARMENTE DIMOSTRABILE NON DETTA ECC ECC
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Viaggi istruzione, 50 milioni per il nuovo anno scolastico
Il ministero dell’Istruzione assegnerà, tramite apposita direttiva, 50 milioni di euro per consentire alle scuole, nell’ambito della loro autonomia, il coinvolgimento del più ampio numero possibile di studenti in viaggi d’istruzione e visite didattiche nel prossimo anno scolastico 2023/2024. È la prima volta che delle risorse vengono stanziate per questa finalità e saranno destinate con una…
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Illich Ivan, Descolarizzare la Società
Descolarizzare la società esamina le funzioni e l'impatto dei sistemi educativi. La scuola dell'obbligo svaluta l'autodidatta, si basa sull'erroneo presupposto che l'apprendimento sia frutto dell'insegnamento formale, ed è strutturata in funzione di una economia consumistica. Illich afferma che un buon sistema di educazione dovrebbe mettere a disposizione di tutti le risorse educative e favorire lo scambio di saperi.
Recensione
Descolarizzare la Società è un bellissimo esempio di libero pensiero. E’ un libro figlio del sessantotto. In Descolarizzare la Società Illich intende dimostrare che l'istituzionalizzazione dei valori conduce invariabilmente alla degradazione sociale. Egli ritiene che ci sia bisogno di tecnologie che permettano di creare situazioni di interazione personale creativa e autonoma, e che l'istruzione pubblica trarrebbe giovamento da una simile de-istituzionalizzazione che investirebbe la società intera.
Nel 1970 la tecnologia auspicata da Illich non esisteva, ma oggi c'è. Si tratta della rete internet, che è in grado di promuovere la collaborazione spontanea, l'intelligenza connettiva e lo scambio di informazioni come mai era accaduto nella storia. Pertanto il testo di Illich cessa di essere un semplice attacco critico: non è un utopia, i problemi e le contraddizioni di cui ci avverte sono risolvibili grazie ai nuovi strumenti.
Gli attacchi di Illich sono sia di natura idealistica, sia di natura pratica. Anzitutto critica la discriminazione operata dallo stato nel decidere quali sono i saperi legittimi e quali no. La scuola non trasmette tutte le culture, seleziona, taglia fuori linguaggi, arti, tradizioni. Lo stato decide cosa è importante sapere e cosa no. Dal punto di vista pratico Illich critica le istituzioni assistenziali, che sono poco efficaci e tendono a creare o perpetuare il bisogno di aiuto. Porta l'esempio del progetto “Title One”
promosso negli Stati Uniti tra il 1965 e il 1968: sono stai spesi oltre tre miliardi di dollari per aiutare sei milioni di bambini svantaggiati, senza che si siano riscontrati risultati apprezzabili. Secondo Illich alle situazioni di svantaggio nell'apprendimento non si può rimediare affidandosi all'istruzione impartita nell'ambito della scuola. Il denaro speso per il progetto “Title One” è stato distribuito tra le scuole con il maggior numero di bambini svantaggiati, senza che le famiglie povere abbiano effettivamente usufruito dei soldi per rimediare alle condizioni che ostacolavano i loro figli. Ai bambini poveri mancano in gran parte le occasioni didattiche che sono normalmente a disposizione del bambino della media borghesia. Conversazioni con genitori colti, libri, viaggi e via dicendo.
Nelle nostre società il bisogno di istruzione si è trasformato in obbligo scolastico. La scuola è diventata una sorta di religione del proletariato moderno e fa promesse di salvezza dalla povertà, dal degrado e dalla disoccupazione. La successione di diplomi ricorda i rituali iniziatici e le ordinazioni sacerdotali di tempi lontani. Estensione logica di questo sistema è la richiesta di titoli di studio per ottenere un impiego. Calando le accuse di Illich nel contesto italiano contemporaneo: esempio della logica viziosa della scolarizzazione è la richiesta di laurea triennale per lavori che fino ad oggi erano svolti da diplomati. C'è davvero bisogno di una laurea? Si noti che il titolo di studio non è un certificato di competenza, tanto che in Italia esistono gli esami di stato per accedere agli albi professionali. Tuttavia non è possibile accedere agli esami di stato senza un determinato titolo. Perché una persona non può, ad esempio, tentare l'esame per diventare biologo se ne ha le capacità ma non il titolo? Se il titolo rilasciato certificasse la competenza avrebbe perfettamente senso che l'istituzione certificante decidesse che cosa si deve studiare. Tuttavia perché gli studenti devono studiare determinati contenuti se poi non si vedono neppure riconoscere i CFU da un'altra università?
Secondo Illich bisogna emanare leggi che vietino la discriminazione basata sui titoli di studio. Tant'è che numerose abilità e conoscenze utili non vengono imparate a scuola.
Le lingue straniere in genere vengono apprese grazie a viaggi o altri contatti con madrelingua; l'uso del computer raramente si studia con dovizia a scuola. La maggior parte delle persone impara l'uso del computer a casa, oppure attraverso gli esami per l'ECDL, ottimo esempio di formazione continua certificata.
Secondo l'esperienza di Illich l'interesse per la lettura non ha nulla a che vedere con la scuola. L'alfabetizzazione degli adulti è raggiungibile in poche settimane grazie ad incontri serali. Certo la scuola ha fatto molto per promuovere l'alfabetizzazione, si pensi al duro lavoro per rendere effettiva la frequenza alla scuola elementare in Italia, specie nelle zone rurali. Tuttavia, adesso che quell'obbiettivo è stato raggiunto, l'istruzione obbligatoria è diventata un'istituzione dannosa per la società. La più radicale alternativa alla scuola sarebbe una rete di scambio dei saperi. Questa rete è l'unico rimedio ai problemi dell'educazione.
Illich si domanda che cosa intendiamo per “scuola”. Nota come i sistemi scolastici moderni abbiano delle funzioni latenti: la custodia, la selezione, l'addottrinamento.
Tuttavia inizia la propria analisi con una “fenomenologia della scuola pubblica”.
La scuola raggruppa le persone in base alla loro età. È un raggruppamento che parte da premesse indiscusse: il posto dei bambini è la scuola, i bambini imparano a scuola, ai bambini si può insegnare soltanto a scuola, i bambini devono fare quanto si dice loro. Illich sottolinea che il concetto di fanciullezza è in realtà recente e circoscritto alla tradizione occidentale, si tratta di un concetto rinascimentale. Questa nozione di bambino non rispetta la dignità e la maturità del giovanissimo. Fino al secolo scorso i “bambini” della borghesia si formavano in casa, con l'aiuto di precettori e di scuole private. Solo con l'avvento della società industriale divenne possibile e fu messa alla portata delle masse la produzione in serie della “fanciullezza”. Il sistema scolastico è un fenomeno moderno come la fanciullezza da esso prodotta. In precedenza, e nella maggior parte dei paesi del mondo, una volta diventati “utili” i giovani iniziavano a fare i lavori degli adulti, e quando erano troppo piccoli svolgevano altre mansioni proporzionate alle loro forze. Illich rispetta i diritti dei bambini, ma in quanto esseri umani. Quindi critica il ruolo in cui i giovanissimi sono costretti nella nostra società. La scuola come istituzione attua una discriminazione contro i più giovani. Per definizione, i bambini sono allievi. La scuola è un'istituzione basata sull'assioma che l'apprendimento è il prodotto dell'insegnamento. Questo non è per niente vero: quasi tutto ciò che sappiamo lo abbiamo imparato fuori della scuola. Gli allievi apprendono la maggior parte delle loro nozioni senza, e spesso malgrado, gli insegnanti. È fuori della scuola che ognuno impara a vivere, si impara a parlare, a pensare, ad amare, a sentire, a giocare, a far politica e a lavorare, senza l'intervento di un insegnante. Gli allievi hanno sempre attribuito al merito dei propri insegnanti ben poco di quel che hanno imparato. I buoni voti o i giudizi negativi si creano a casa, durante le ore di studio e grazie alle condizioni socio-culturali-economiche della famiglia cui si appartiene. Raramente gli insegnanti che hanno provato a migliorare l'andamento scolastico di bambini poveri hanno avuto successo. Tuttavia questi ultimi imparano benissimo il messaggio trasmesso dalla scuola: chi non è scolarizzato, chi non ha un diploma, appartiene ad una categoria inferiore, se vuole riscattare almeno i propri figli deve mandarli a scuola.
Illich inoltre critica il ruolo dell'insegnante, che è custode, predicatore e terapeuta.
Deve poter disporre di autorità assoluta; catechizza l'allievo su ciò che è giusto o inammissibile, non soltanto a scuola ma nella società in genere; si ritiene autorizzato a frugare nella vita privata dell'allievo per aiutarlo a crescere come persona; lo persuade ad accettare passivamente la sua visione della verità e le sue idee su ciò che è bene. Dai rapporti insegnante-allievo sono escluse tutte le salvaguardie della libertà individuale. La scuola è un regime totalitario all'interno di una società democratica. La frequenza scolastica sottrae i bambini al mondo quotidiano della cultura occidentale per immergerli un ambiente più primitivo, una parodia della realtà.
Per quanto concerne l'università, Illich ne mette in luce l'aspetto di selezione e inculturazione: il laureato di un paese del terzo mondo si sente in genere più a suo agio con i colleghi europei o nordamericani che fra i compatrioti non scolarizzati; l'università seleziona a ogni livello coloro che abbiano dato prova di non rappresentare un rischio eccessivo per l'ordine costituito; i laureati si trovano bene soltanto in un mondo che metta in evidenza il loro status, definendo in tal modo il livello al quale la società può aspirare. L'università finisce dunque per imporre modelli di consumo sul lavoro e a casa. Essa ha rinunciato al compito di fornire una cornice per incontri autonomi, focalizzati ma nello stesso tempo ribollenti e non pianificati, preferendo invece gestire il processo mediante il quale si producono la ricerca e l'istruzione. In linea di massima lo studente vede nei propri studi l'investimento finanziariamente più redditizio, come testimoniano le critica mosse tanto spesso a chi sceglie facoltà che danno pochi sbocchi lavorativi. Gli stati considerano l'istruzione a livello universitario un fattore chiave del loro sviluppo. Una situazione opposta a quella esistente durante il medioevo, quando i chierici e gli studenti erano figure al margine della società.
L'intero sistema scolastico svolge oggi la funzione che nella storia fu sempre prerogativa delle chiese più potenti. È il depositario del mito fondante della società e la sede del rituale che maschera le discordanze tra mito e realtà. Illich sottolinea come non ci sia società nella storia che sia potuta sopravvivere senza un mito o un rituale, ma la nostra è la prima che abbia avuto bisogno di un'iniziazione al mito così lunga, noiosa, costosa e distruttiva. Le scuole pubbliche obbligatorie riproducono in maniera conservativa la cultura della società, non favoriscono né l'apprendimento individuale né l'eguaglianza sociale. È l'esistenza delle scuole a produrre la richiesta di scolarizzazione screditando l'autodidatta. In realtà l'apprendimento è l'attività umana che ha meno bisogno di manipolazioni esterne. In massima parte, non è il risultato dell'istruzione, ma di una libera partecipazione a un ambiente significante.
Il sistema scolastico come noi lo conosciamo è in funzione del capitalismo: in un mondo scolarizzato la strada della felicità è lastricata di indici di consumo. La scuola vende un corso di studi, i tecnici dell'istruzione prevedono le future richieste del mondo del lavoro, e l'insegnante-distributore porge il prodotto finito all'allievo-consumatore. Da qui la tendenza a ritenere che perfino l'università debba preparare al mondo del lavoro, con conseguente svalutazione degli studi umanistici e l'incentivazione di quelli tecnici. Implicita l'idea che sia il giudizio di qualcun altro a stabilire ciò che una persona deve imparare e quando. Dunque la scuola come nuova religione universale, dove il mito del consumo illimitato sostituisce la fede nella vita eterna. Ma anche la scuola come mercato del lavoro. Essa ha il compito di preparare le persone-strumento funzionali all'economia. Non ci si può liberare dal consumismo senza essersi prima liberati degli strumenti che ne inculcano la mentalità, tra i quali spicca la scuola dell'obbligo. Nelle parole dello stesso Illich (p. 29): “Fin quando non ci renderemo conto del rituale con il quale la scuola plasma il consumatore progressivo – risorsa numero uno dell'economia - non potremo né spezzare l’incantesimo di questa economia né foggiarne una nuova.”
Illich è dunque del tutto contrario ad un modello consumistico di progresso, che vede come una semplice stazione intermedia nel cammino verso il depauperamento e l'inquinamento dell'ambiente. Seguendo quest'ottica egli pone le istituzioni pubbliche su di una scala ai cui estremi stanno da un lato l'utilità sociale, dall'altro l'imposizione a favore di pochi. Le istituzioni del primo tipo sono quelle che sorgono spontanee, le imprese private che si fanno concorrenza con mezzi quali la pubblicità sono a metà strada, istituzioni come la leva militare e la scuola sono decisamente spostate verso il secondo polo. Queste ultime obbligano, manipolano e boicottano i modi alternativi per raggiungere risultati analoghi. Sono pseudo-servizi pubblici in quanto fanno gli interessi solo di una piccola parte della popolazione, inducendo la restante parte a dei bisogni fittizi. La scuola è insidiosa perché seleziona usando l'autorità dei diplomi, essa permette solo ad una piccola parte della popolazione di raggiungere il prestigio sociale. Anche se le scuole danno a prima vista l'impressione di essere egualmente aperte a tutti, i poveri hanno possibilità assai più scarse dei ricchi di istruirsi, e rimangono così fuori dalla casta dei benestanti. Il quadro è completato dal fatto che il prestigio si misura con il livello di consumo: chi riesce ad avere un'elevata istruzione potrà aspirare a comprare cose di lusso per distinguersi. Le scuole sono ritenute essenziali per l'acquisizione della competenza richiesta da una società che fa uso della tecnologia moderna, ma sono basate sul presupposto falso che l'apprendimento sia il risultato di un insegnamento programmatico. Esse pervertono l'inclinazione naturale a crescere e a imparare, trasformandola in richiesta di istruzione.
Secondo Illich la crisi della scuola in atto negli anni sessanta si sarebbe potuta risolvere solo grazie ad un intervento radicale. Ipotizzava di descolarizzare, di creare una rete o trama educativa che consentisse di porre i mezzi di apprendimento sotto il controllo diretto di ogni discente. Criticava la ricerca pedagogica per la quale ciò che conta è il presupposto che l'istruzione sia il prodotto di un processo istituzionale gestito da un educatore. Illich individuava la vera frontiera pedagogica in quello che oggi chiamiamo educazione non formale e informale.
Le sue riflessioni sono attualissime visto l'odierna situazione italiana, in particolare il suggerimento che la pedagogia interessata alla formazione extrascolastica farebbe meglio a sbarazzarsi della didattica frontale.
Illich descrive un modello di educazione descolarizzata, ma si tratta di un modello basato su tecnologie superate. Oggi il web costituisce il mezzo ottimale per descolarizzare. Quindi è importante capire le basi concettuali della proposta di Illich per poi trasferirle ai nuovi strumenti. Le idee fondamentali sono le seguenti: i discenti non dovrebbero essere costretti ad assoggettarsi ad un programma obbligatorio, o discriminati in base al possesso di un certificato o di un diploma; il pubblico non dovrebbe essere costretto a sostenere un enorme apparato professionale di educatori e di edifici che limita le possibilità d'apprendimento dei cittadini; si dovrebbe invece utilizzare la tecnologia moderna per rendere veramente universali, e quindi totalmente educative, le libertà di parola, di riunione e di stampa; le risorse educative dovrebbero essere messe a disposizione di tutti per un apprendimento autonomo.
Chi vuole imparare ha bisogno che qualcun altro gli fornisca sia le informazioni sia una loro valutazione critica. Dunque Non bisognerebbe chiedersi che cosa dovrebbe imparare una persona, ma con quali oggetti e quali persone possono voler mettersi in contatto i discenti per poter imparare. Quest'ottica porta a rivedere la nozione di “insegnante”. Per apprendere la maggior parte delle tecniche, una persona che ne dà una dimostrazione è la sola risorsa umana che occorra o che sia possibile trovare. Uno studente fermamente intenzionato a imparare ha spesso solo bisogno di qualcuno che possa mostrare a richiesta come si fa ciò che egli vuole apprendere. Ritenere che le persone competenti debbano possedere un diploma di pedagoghi prima di poter dare dimostrazione delle proprie capacità è frutto della pretesa che la gente impari ciò che non desidera sapere, o che tutti imparino certe cose in un determinato momento della loro vita e in circostanze prefissate. In pratica le scuole formano poco personale qualificato. Se si incoraggiassero le persone esperte in un mestiere, Illich fa l'esempio delle infermiere, a formarne delle altre e se si assumesse in base alla dimostrata capacità di possedere le competenze anziché i diplomi, non ci sarebbe deficienza di personale preparato. Nel peggiore dei casi le scuole radunano dei compagni di corso in una stessa aula e li assoggettano a un insegnamento identico per tutti. Nel migliore permettono a ogni studente di scegliersi un piano di studi entro un campionario limitato. Un vantaggio del modello a rete, tipo internet, è di permettere l'assortimento di gruppi omogenei di persone con gli stessi interessi e bisogni. Illich stava anticipando il concetto del blog didattico. E si spingeva a ripensare il ruolo dell'insegnante, che avrebbe dovuto essere dotato di tre tipi di competenze didattiche: quella di creare e far funzionare reti educative; quella di guidare gli studenti all'uso delle reti; e quella di agire come “primus inter pares” nell'affrontare l'esplorazione intellettuale. Una volta costituitesi le reti descritte, sarebbe stata responsabilità di ogni studente scegliere il proprio itinerario didattico. Tutta la riflessione si può applicare perfettamente alla blogosfera.
Illich vedeva lo smantellamento del sistema scolastico come inevitabile e imminente, temendo da un lato di assistere ad un allargamento del mandato del pedagogo e a un conseguente accrescimento del suo controllo sulla società anche fuori della scuola.
Dall'altro auspicando il diritto di accedere in modo egualitario agli strumenti che permettono sia di apprendere sia di rendere partecipi gli altri di ciò che si conosce.
Illich guardò al consumismo, e di conseguenza al sistema educativo che lo serve, come ad un atto di “Hubris”, come l'estrema conseguenza della tecnica prometeica. In questo senso si augurava la rinascita di un'umanità epimeteica.
L’autore
Ivan Illich (Vienna, 1926-Brema, 2002) libero pensatore, è stato sociologo, filosofo, storico, pedagogista, teologo. Capace di uscire da qualunque schema preconcetto si dedicò ad un'analisi critica delle istituzioni della società contemporanea: educazione e scuola, medicina, lavoro, uso dell'energia e sviluppo economico. Dal 1942 al 1946 studiò teologia e filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma. Prestò servizio come sacerdote a New York City dal 1951, fu vice-rettore dell'Università Cattolica di Porto Rico dal 1956. Nel 1961 fondò a Cuernavaca in Messico il Centro Intercultural de Documentaciòn (Cidoc), centro di ricerca che offriva una preparazione linguistica e culturale ai missionari nordamericani. Alla fine degli anni sessanta tagliò i contatti con il Vaticano e rinunciò a tutti i titoli e le prerogative ecclesiastiche. A partire dagli anni ottanta viaggiò molto, dividendo il suo tempo tra Stati Uniti, Messico e Germania. Fu Visiting Professor di filosofia, scienze, tecnologia e società alla Penn State University, insegnò inoltre all'Università di Brema.
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“Da bambino divoravo gli atlanti”. Fosco Maraini, dalle segrete del Tibet al mignolo mozzato
Siamo un paese di avventurieri – che trovano scrittura nell’avventatezza. Mi è capitato un libro di spudorata bellezza, Afghanistan, ultimo silenzio. Lo firma Riccardo Varvelli per De Donato nel 1966: stile schietto ma con il gusto per il dettaglio, fotografie magnetiche, il viaggio come eccidio del sé, intrusione in una saggezza pietrificata. “È l’enigma dell’alpinismo. Si soffre, si rischia la vita per un risultato di cui, appena acquisito, ci si sente incapaci di gioire”; “Se sapere di vivere è più importante che vivere bisogna ogni tanto fermarsi. Stare con il cuore seduto di fronte a un paese silenzioso per misurare se stessi in rapporto a una realtà sconosciuta. Raccogliere il nan e la luce, la fatica e la neve, il deserto e la folla, ma senza mai perdere il filo. Perché esistere vuol dire tornare”. Perché non si stampano più questi libri, che consentono alla mente – quindi, al corpo – di andare in terre incognite? La letteratura italiana nasce raccontando i viaggi di questo – Marco Polo – e altri – Dante – mondi: perché ci siamo ridotti a narrare la periferia del nostro io?
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Un giorno dovrò filare la storia di Giovanni Battista Cerruti, “l’uomo che era diventato re dei terribili Sakai”, morto nel 1914 “in un piccolo ospedale di Penang, in Malesia, per una banale appendicite… il capitano che nell’illusione di compiere l’impresa risolutiva della propria esistenza aveva solcato mari, esplorato foreste, raccolto esemplari sconosciuti di fauna e flora per i musei, fondato imprese commerciali fallimentari, scoperto miniere”, questa specie di incrocio tra il Kurtz di Conrad e il Fitzcarraldo di Herzog, di cui l’editore Ecig, tre decenni fa, ripropose il leggendario romanzo-reportage, Tra i cacciatori di teste. Ecco: tre quarti di narrativa attuale andrebbe decapitata, in virtù di questi scoordinati, scriteriati, sgrammaticati, straordinari narratori di viaggio.
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Torno in me. Nella stessa collana De Donato in cui è pubblico Varvelli, “All’insegna dell’orizzonte”, ci sono i libri di Ettore Biocca – Yonoama, sugli indios dell’Amazzonia – di Gianni Roghi – I selvaggi – di Folco Quilici – I mille fuochi, Sesto continente. Li ristamperei tutti, sono più utili di un documentario – gli occhi si accontentano di guardare ciò che trasmette la superficie dello schermo, le parole portano nella quarta dimensione dell’immaginare. De Donato – già Leonardo da Vinci – pubblicava i grandi libri di Fosco Maraini. Nel libro che possiedo ne promuovono quattro: G 4. Baltoro Karaorum, Ore giapponesi, Paropàmiso, Segreto Tibet. Nel ‘Meridiano’ Mondadori, Pellegrino in Asia (2007; a cura di Franco Marcoaldi), si riproducono i libri maggiori – Segreto Tibet, Ore giapponesi – e una manciata di “Scritti scelti”; La Nave di Teseo ha ripubblicato, lo scorso anno, Case, amori, universi e Gnosi delle fànfole. Qualche anno fa l’istrione Claudio Cardelli, presidente dell’Associazione Italia-Tibet, passionaccia per i Beatles, amico di Maraini, mi ha concesso l’edizione Dren-Giong, “il primo libro di Fosco Maraini” (il primissimo è la Guida dell’Abetone per lo sciatore del 1934), nell’edizione Corbaccio del 2012, con “i ricordi dei suoi amici”.
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Fosco Maraini unisce diversi talenti: la rapacità linguistica – pari a un Gianni Brera per estro –, l’istinto narrativo, la sapienza da “etnologo poeta”. Si diceva Clituvit, “Cittadino-Luna-Visita-Istruzione-Terra”, era qualcosa tra Indiana Jones e Jack London – in realtà, deve l’amore per l’Asia a due libri particolari: Three Years in Tibet del monaco giapponese Ekai Kawagchi e With Bayonets to Lhasa dell’ufficiale inglese Sir Francis Younghusband. Era un estraneo che incontrava dei diversi, studiandoli con il rigore dello scienziato e la curiosità dello scrittore: questo lo rende, ai miei occhi, più accattivante, più spigliato di Bruce Chatwin, impegnato nella bizantina narrazione del proprio io.
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Un paio di eventi su tutti. Il viaggio come esito del fantasticare. Il viaggio, prima di tutto, lo si custodisce, lo si prepara, lo si ama nella testa, nell’ardore metafisico dell’impossibile. “Ero un adoratore, un divoratore e naturalmente un distruttore di atlanti… Isole, penisole, continenti, laghi, bracci di mare suggerivano coi loro profili personaggi, cose, favole”, ricorda Maraini. Il mondo va divorato immaginando il seguente, incendiando mappe. Il tormento enigmatico di una carta geografica è proprio quello: alla foce di un nome si elevano fiabe, sotto una macchia marrone s’ipotizzano civiltà, lotte, eresie, si vede perfino quel piccolo volto che sporge da un castello sui giunchi.
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Secondo episodio. Fosco Maraini è in Giappone. È nata da poco l’ultima figlia, Antonella. È da poco uscito il primo studio sugli Ainu. La Seconda guerra impedisce allo studioso il ritorno in Italia; dopo l’Otto settembre, l’arresto. “Rifiutandosi di aderire alla Repubblica di Salò, Fosco e Topazia, dopo un breve periodo di arresti domiciliari a Kyoto, vengono trasferiti insieme alle figlie nel campo di internamento Tempaku a Nagoya” (Marcoaldi). “Tolte alcune piccolezze, l’inizio parve buono”, attacca Fosco. Le cose procedettero in modo meno buono. Il 18 luglio del 1944, vista la scarsità di cibo, i prigionieri iniziano uno sciopero della fame. Il capo dei poliziotti accusa di tradimento i prigionieri. Fosco – così nel racconto della moglie, Topazia Alliata – “afferra l’accetta (della cucina), si taglia il dito mignolo della mano sinistra, lo raccatta e lo getta al terrorizzato Kasuja gridando… gli italiani non sono dei bugiardi. Tutti fuori di sé: terribile impressione”. Iosif Brodskij direbbe, “La più sicura difesa contro il Male è un individualismo estremo, l’originalità di pensiero, la bizzarria, perfino – se volete – l’eccentricità”. Cioè: sorprendere con una scelta superiore; capire il nemico, essere spietati con ciò che si ha – la presa psichica.
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L’effetto che ti fa leggere Maraini: partire! Segui il primo sfarfallio azzurro all’orizzonte, piglialo per l’Himalaya, parti! Ogni tigre, sembra dire l’infaticabile Fosco, in fondo, giace nella gabbia delle tue costole. Segreto Tibet è il suo libro più sgargiante, forse è uno dei romanzi più belli del Novecento italiano. Qui un cammeo che ritrae Giuseppe Tucci: “Non so perché, Tucci d’un tratto s’è immusonito. Ha l’aria di cercare qualcosa che non trova. Osserva, annota, torna sui suoi passi, ma non parla più… Ormai so che in simili frangenti occorre tacere, possibilmente cancellarsi per un poco dal paesaggio. Ho per compagno un uomo dalla mente eccelsa, ma dal carattere d’infinita complessità, tutto trabocchetti e botole nascoste. Del resto lo ripete sovente lui stesso: ‘Odio gli uomini, amo invece gli animali! Mi piacciono i puniti dal karma, non i premiati! Magari i Budda fanno eccezione… Ma noi li vediamo solo in arte’. Tucci ha in sé qualcosa di notturno, di felino, di tantrico della mano sinistra. Ed è gelosissimo della propria cittadella interiore!”.
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Uno dei libri remoti di Maraini: Gli ultimi pagani (l’ho in edizione Bur 2001). Raccoglie alcuni studi straordinari di Fosco: quello sugli Ainu, gli indigeni giapponesi, di cui racconta lo iyomande, l’uccisione rituale dell’orso; quello sui Cafiri, “gli infedeli, cioè non-cristiani e non-ebrei, in pratica i pagani, i primitivi rimasti ancora fuori dal campo dell’azione missionaria islamica”, tra i picchi di Pakistan e Afghanistan. Maraini sonda le stirpi estirpate, gli ultimi sussulti di culture travolte dal sopruso, dalle avversità della storia, dalla sfortuna; censisce le patrie perdute, gli dèi al tramonto, col cranio mozzo, l’eroismo degli inflessibili – altro che infedeli.
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A una delle sue spedizioni himalayane, sul Saraghrar, cima dell’Hindu Kush, fino ad allora inviolata, è il 1959, Maraini dedica Paropàmiso (1963). La spedizione, coordinata dalla sezione CAI di Roma, conta anche Franco Alletto e Giancarlo Castelli Gattinara. Quest’ultimo, nel 2007, con Marietti, pubblica la sua versione dell’impresa, Viaggio in Himalaya, che nel sottotitolo (“Un agnostico, un comunista, un cattolico discutono durante un’ascensione nelle montagne dell’Hindu Kush”) tradisce lo stile: è una specie di libro ‘platonico’, dove l’ascesa coincide con la disciplina del capire. Maraini, in questo concerto di voci, è l’agnostico; e dice, tra l’altro. “È l’uomo l’eterno soggetto, il centro da cui tutto parte e il nucleo in cui tutto si risolve. L’altro termine è il Mistero, la comoedia della vita e della morte. Le religioni sono la somma dei messaggi che l’uomo legge in questo Mistero… Le religioni servono all’uomo, non viceversa. Il cristianesimo ha percorso il suo arco naturale di secoli, forse è tempo di riporlo, con tutto il rispetto per le grandi cose del passato, in un museo. Quante religioni non ha creato e lasciato lungo la sua strada, l’uomo!”. In montagna per sfracellare le idee di Dio.
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Se nel 1937 Maraini ha il fegato e il sale di proporsi a Tucci, in preparazione per l’ennesimo viaggio verso il Tibet, “come fotografo”; se alla fine della sua vita – nel 2004 – confessa, “ho optato per la Rivelazione Perenne, cioè il regime religioso in cui Dio parla, per chi vuole ascoltarlo, non attraverso messaggi singolari concessi in punti particolari dello spazio e in momenti particolari del tempo (Rivelazione Puntuale), bensì sempre e ovunque, nella natura e nella vita umana intorno a noi”, sarà anche perché nella villa di famiglia a Poggio Imperiale passeggiavano Bernard Berenson e D.H. Lawrence, H.G. Wells e Aldous Huxley (quello della Filosofia Perenne), Ardengo Soffici e Norman Douglas. Certo, Fosco era piccino e scatenato, me certe cose restano, tra le ciglia e sotto le unghie. Tutto, d’altronde, è letteratura, parola che fonda sedie e tavoli. (d.b.)
*In copertina: una fotografia “giapponese” di Fosco Maraini
L'articolo “Da bambino divoravo gli atlanti”. Fosco Maraini, dalle segrete del Tibet al mignolo mozzato proviene da Pangea.
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