#verso Parma
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ross-nekochan · 2 years ago
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Preludio di una pasquetta speciale.
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primepaginequotidiani · 2 months ago
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PRIMA PAGINA Il Gazzettino di Oggi martedì, 17 settembre 2024
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sistemabibliotecariomilano · 11 months ago
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I libri della renna
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Il regalo di Natale delle biblioteche di Milano consiste, naturalmente, nei nostri consigli di lettura, scelti per offrire al pubblico un’occasione per distrarsi in totale relax.
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È ambientata proprio in tempo di feste l’ultima fatica di Valerio Varesi, L’affittacamere, ma è un Natale un po’ cupo per il commissario Soneri, costretto a scavare anche nel proprio doloroso passato per venire a capo dell’omicidio di un’anziana affittacamere dalla vita piuttosto torbida: “La nostalgia è la sublimazione della paura che ci fa il tempo che passa”. Forse Varesi è riuscito a darci, una volta per tutte, la spiegazione della passione per i libri gialli: “La vita, dopotutto, non assomiglia tragicamente a un omicidio? Non si concludeva sempre con un morto? Non ci ammazzava il tempo logorandoci ogni giorno con un piccolo affronto fino al cedimento? E il tempo non ha bisogno di un alibi come non ce l’ha il boia: compie semplicemente il suo mestiere”. Scritto molto bene, sembra di passeggiare insieme al protagonista per le vie nebbiose di Parma, durante le festività natalizie.
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Antonio Manzini, nel titolo del suo ultimo libro della serie del vice questore Rocco Schiavone, Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Sud America?, fa il verso al noto film di Ettore Scola con Nino Manfredi e Alberto Sordi, ma l’amico, in questo caso, è misteriosamente scomparso in Sud America e non in Africa. Spassoso e divertente anche durante la trasferta, il coriaceo Rocco sembra ricordare la risposta che Aldo Fabrizi diede ai giornalisti che lo rimproveravano di parlare solo in romanesco: “Sono sicuro che se anche fossi nato altrove parlerei romanesco lo stesso”: è così anche per i nostri eroi, che si trovino a Roma, ad Aosta, a Buenos Aires o in Messico. Buon divertimento!
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Anche in La ricreazione è finita, recentissimo romanzo di Dario Ferrari, si respira aria di Natale, ma in questo caso il riferimento cinematografico non è a Scola bensì al Fellini dei Vitelloni, perché il protagonista gigioneggia in quel di Viareggio senza decidersi a dare una svolta, matrimoniale e professionale, alla sua tardo-fanciullesca esperienza personale. Egli riesce però, del tutto inaspettatamente, a vincere un dottorato di ricerca in università e viene incaricato di occuparsi degli scritti del compatriota Tito Sella, morto in carcere dove era stato rinchiuso per il reato di terrorismo. Diversi generi letterari e temi, il romanzo di formazione, il mondo accademico, le suggestioni cinematografiche, storiche e metaletterarie, si intrecciano in questo romanzo davvero accattivante.
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Feste decisamente spensierate per chi sceglierà Le imprudenze di Archie di Wodehouse, recentemente ripubblicato da Mursia. Inossidabile humour inglese di ottima lega, del suo stile l’autore diceva: “consiste nel costruire una specie di commedia musicale senza musica, ignorando del tutto la vita reale”. E proprio così, in assoluta leggerezza, vive Archie, il protagonista di questo romanzo che vi lascerà con il sorriso stampato durante tutta la lettura. “Mentre considerava la sua situazione alla fine del primo mese di vita matrimoniale, ad Archie pareva che andasse tutto per il meglio nel migliore di tutti i mondi possibili. … C’erano dei momenti in cui gli sembrava che New York fosse solo stata in attesa del suo arrivo prima di dare ufficialmente inizio ai bagordi”.
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Le festività natalizie sono l’occasione giusta anche per affrontare un bel romanzo storico, di quelli “cappa e spada”, soprattutto per chi ha amato I promessi sposi. Il conte Attilio di Claudio Paglieri è infatti il prequel del capolavoro manzoniano e ci offre un punto di vista diverso sulla personalità del famigerato cugino di Don Rodrigo, ma l’ambientazione è sempre la stessa: la nostra grande Milano e le meravigliose sponde del lago di Como.
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Ancora in tema con le feste vi proponiamo Un lungo capodanno in noir, in cui dieci autori contemporanei tra i più seguiti ci offrono la loro versione delle feste. Diversi sono anche gli scenari: Roma, Firenze e Milano “con i suoi quartieri e la sua gente; Milano che negli anni Venti ospitava Antonio Gramsci a San Vittore, uno che il Capodanno lo odiava proprio”. Poi un borgo del centro Italia, e infine Barcellona e la Svizzera: un ampio panorama per feste colorate di giallo!
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Chiudiamo questa breve rassegna con una garanzia assoluta, ovvero l’ultima raccolta di racconti gialli di Simenon pubblicata da Adelphi: I misteri del Grand-Saint-Georges, anch’essa, in qualche modo, in tema con il Natale perché ambientata nei paesaggi innevati della Lituania. Una tremenda vendetta è l'argomento della prima storia, un “racconto di Natale per grandi” è il sottotitolo della seconda, mentre l’ultima, Il piccolo sarto e il cappellaio, sarà poi sviluppata nel romanzo I fantasmi del cappellaio: basta un semplice pezzettino di carta per suscitare i più atroci sospetti e scatenare la tensione.
Di nuovo auguri di buone feste a tutti i nostri fedelissimi lettori!
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curiositasmundi · 5 months ago
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Le pulsioni fascistoidi di taluni «rappresentanti delle istituzioni» (sic) ripropongono a getto continuo momenti, protagonisti e strutture di un passato liberticida, trasfusi nell’aura dell’epopea, quali alfieri della dignità e del senso nazionale. 
Un borioso generale ha di recente condotto la campagna elettorale europea con riferimenti espliciti alla X Mas, mentre un volitivo parlamentare della Lega salviniana ha rilevato che – per quanto lo concerne – lo scandalo non sta nell’esaltazione della X, ma piuttosto nel canto di Bella ciao, inno dei partigiani massacratori.
Assai opportunamente Hannah Arendt ammoniva – a proposito di Adolf Eichmann – di non rappresentare né trasformare l’orrore in mito. È l’operazione compiuta dagli esaltatori di Mussolini e dei suoi camerati, ringalluzziti dai venti di destra che soffiano in Europa (e non solo), alimentati dalle guerre che insanguinano Ucraina e Palestina.
Vediamo dunque di riportare con i piedi per terra – sul piano storico – la X Mas e il suo comandante, in relazione al ruolo espletato durante la Repubblica sociale italiana (Rsi), oggi presentato come adempimento di una missione patriottica nel segno dell’onore, mentre si trattò di collaborazionismo con l’invasore tedesco e di crudele repressione antipartigiana.
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Nel giugno 1944 la Decima viene assoggettata al generale Gustav-Adolf von Zangen. Tessere di riconoscimento bilingui portano un’eloquente avvertenza: «Il titolare appartiene alla Divisione ‘Decima’, alleata alle FF.AA. Germaniche, ed è autorizzato a circolare armato. Tutte le autorità militari e civili italiane e tedesche sono pregate di dargli assistenza in caso di necessità». L'antiguerriglia viene condotta secondo le direttive del feldmaresciallo Kesselring e del generale Wolff, con particolare intensità nel Piemonte e contro il partigianato slavo.
Misura di carattere preventivo è il prelievo di ostaggi civili; manifesti murali, precisano che «ad essi non sarà fatto alcun male se nessun atto di sabotaggio, attentato alla vita, o delitti in genere saranno compiuti nella zona a carico di uomini o cose appartenenti alla Divisione X». In caso di attacchi, i prigionieri saranno considerati conniventi con i partigiani e trattati come tali.
Gli eventi di Valmozzola, piccola località appenninica tra Emilia e Liguria, rivelano le crude logiche della guerra civile. Verso le 8,30 del 12 marzo 1944 un gruppo di «ribelli» ferma il treno La Spezia-Parma, per liberare tre compagni catturati in combattimento e condotti al Tribunale militare di Parma, anticamera della fucilazione. Quando però il comandante Mario Devoti («Betti») chiede la consegna dei prigionieri, il sottotenente del Battaglione «Lupo» della X Mas Gastone Carlotti lo dilania con una bomba a mano. Nella furiosa sparatoria i partigiani neutralizzano la trentina di militari della scorta. Oltre a Carlotti, muoiono un marò e due sottufficiali della Gnr. Gli assalitori si ritirano con numerosi prigionieri: sei verranno fucilati, altri liberati (tra di essi, tre tedeschi) e altri ancora aderiranno alla Resistenza. Per vendicare i due camerati, i marò prelevano dalle carceri di Pontremoli sei italiani e due disertori georgiani – catturati tre giorni prima sul Monte Barca –, li trasportano alla stazione di Valmozzola e ne fucilano sette (graziano un giovanissimo, dopo le insistenze dei morituri sulla sua estraneità alla Resistenza).
L’estate 1944 vede gli uomini di Borghese accentuare la pressione antipartigiana.
Il 13 giugno la Compagnia operativa «O» al comando di Umberto Bertozzi spalleggia i tedeschi della 135a brigata da fortezza (Festungs Brigade) nello spietato rastrellamento di Forno (frazione di Massa), culminato in 68 uccisioni.
Il 29 luglio, a Ivrea, il ventiduenne Ferruccio Nazionale – accusato di aver voluto scagliare una bomba a mano contro un cappellano militare – viene impiccato nella piazza centrale al canto di Giovinezza. Il volto tumefatto rivela le sevizie inflittegli nelle ultime ore di vita.
A Sernaglia della Battaglia (Treviso), il contadino Giovanni Parussolo, partigiano della Brigata «Mazzini», viene torturato, finito a revolverate la notte del 9 dicembre 1944 e impiccato dai marò della «Sagittario» a un albero della piazza municipale. Parussolo era caduto nella trappola del giovanissimo maresciallo Eugenio De Santis,
fintosi aspirante disertore alla ricerca di contatti con i partigiani. Il cadavere rimane esposto per un giorno e una notte, con appeso al collo il cartello IL PIOMBO DELLA X AI TRADITORI. L’indomani, analoga sorte tocca a tre persone che, in contatto con Parussolo, avevano manifestato disponibilità ad aiutare i disertori.
Ancora in provincia di Treviso, nel Comune di Cordignano, il 14 febbraio 1945 vengono fucilati sei ostaggi per vendicare la cattura del sergente Guido Marini (mai più ritrovato). Pressato dal vescovo di Vittorio Veneto per evitare ritorsioni, il capitano Nino Buttazzoni, comandante del Battaglione «NP» (nuotatori e paracadutisti), pronuncia davanti al segretario del vescovo un’imprecazione rivelatrice del suo stato d’animo: «Li ucciderò tutti! Poi uccideranno anche me, così andremo tutti all’inferno!» (arrestato dopo un biennio di latitanza, nel luglio 1949 Buttazzoni verrà condannato dalla Corte d’assise di Treviso a 21 anni; prosciolto il 20 settembre 1950 dalla Corte d’assise di Ascoli Piceno, scriverà memoriali autobiografici: al suo decesso, nel 2009, verrà celebrato dai neofascisti come eroe).
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espadamiura · 1 year ago
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Verso le Langhe, in giro a Parma.
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artemideofficial · 6 months ago
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Il piccolo Tommy
Il 2 marzo 2006 due banditi incappucciati fecero irruzione in casa Onofri, a Parma, e rapirono il piccolo Tommy, 17 mesi. Il sequestro terrà tutta Italia con il fiato sospeso per circa 30 giorni. e i sospetti cadranno anche sulla famiglia. Il 2 aprile l’edizione straordinaria del Tg darà la notizia del ritrovamento del corpo del piccolo.
A Casalbaroncolo, dieci minuti da Parma, nella nebbia di una gelida sera di marzo del 2006, la famiglia Onofri è seduta a tavola per cena. Paolo, sua moglie Paola, Sebastiano, 7 anni e il piccolo Tommaso, 17 mesi, sono riuniti nel tinello del casolare. Mentre mamma Paola dà da mangiare a Sebastiano e il piccolo Tommy scalcia nel seggiolone perché non vuole più la pappa, improvvisamente va via la luce. Paolo si alza meccanicamente, abituato a riattivare l'elettricità ogni volta che si verifica il guasto. Dopo aver acceso le candele sul tavolo, esce dalla stanza diretto verso l'interruttore, ma torna indietro con un balzo, respinto da qualcuno. Due uomini con il volto coperto fanno irruzione nel tinello. Uno dei due punta una pistola sulla nuca di Tommy, che scoppia in lacrime, mentre l'altro intima agli Onofri di dargli dei soldi. I coniugi mettono insieme 150 euro che consegnano ai due malviventi, poi vengono fatti sdraiare sul pavimento e legati con il nastro adesivo. Sentono i ladri fuggire, l'incubo è finito. Il pianto di Tommy però non si sente più: distesa a terra Paola intravede i piccoli piedini che si allontanano. La rapina era un bluff: quello è un rapimento.
Nel giro di qualche ora i carabinieri stanno pattugliando la zona e l'indomani, tutta Casalbarolo, tutta Parma, tutta l'Italia, parlano del rapimento del piccolo. I genitori rivolgono diversi appelli pubblici dando a chiunque tenesse Tommy in ostaggio precise indicazioni su come debba essere accudito. È epilettico e assume quotidianamente un farmaco con una siringa senza ago. Il piccolo chiama l'iniezione ‘il mommo', ed è importante, si raccomandano – rivolgersi a lui con quel linguaggio, per non spaventarlo. Eppure mentre si rivolgono ai sequestratori del figlio, Paolo e Paola Onofri hanno negli occhi la terribile consapevolezza che quel bimbo cagionevole nelle mani di estranei non sopravviverà.
Gli inquirenti intanto cominciano a farsi alcune domande. Se quello è un rapimento a scopo di estorsione, lasciando da parte l'anomalia della mancanza di qualsiasi trattativa per la liberazione del bimbo, a quali soldi mirano i sequestratori? Gli Onofri non sono una famiglia ricca, posseggono solo il casale in cui vivono e che hanno acquistato con i soldi di un'eredità e in parte con il mutuo. Paolo dirige un ufficio delle Poste Italiane e anche Paola lavora alle Poste. Una delle prime piste investigative seguite, a quel punto, è quella della ritorsione. Gli inquirenti vagliano la posizione del secondo marito di Francesca Traina, la prima moglie di Paolo Onofri. Una strada che però non porta a niente, mentre altri aspetti del privato degli Onofri verranno presto approfonditi. Esiste un immobile che Paolo usa come pied-à-terre a solo un chilometro da dove lavora, in Via Jacchia, quartiere Montanara.
Lo aveva acquistato nel 2002, senza dirlo a nessuno, neanche alla moglie Paola. Dentro i carabinieri ci trovarono poltrone, una lampada, un diploma e un personal computer con 391 fotografie, 92 file e decine di filmati. Si tratta di materiale pedopornografico. Paolo Onofri si difende dicendo che stava raccogliendo del materiale per una denuncia. Gli inquirenti gli offrono di accettare una reprimenda in cambio della piena collaborazione sul caso del rapimento di Tommy. Rifiuta e parte l'indagine che si concluderà con un patteggiamento. Da quel punto in poi la figura di Paolo Onofri diventa oscura, ambigua, anche a causa di una telefonata scambiata con il capocantiere che aveva eseguito i lavori di ristrutturazione del casolare di famiglia. Dopo il sequestro Pasquale Barbera chiede a Onofri: "Hai fatto i nomi?". "Sì, ho fatto i nomi, ma non quei nomi" risponde Paolo. "Hai fatto bene se no mi avresti creato problemi".
L'attenzione allora si sposta sugli operai che hanno eseguito i lavori in casa Onofri. Fondamentale si rivela il ritrovamento di un'impronta su un frammento di nastro adesivo lasciato la sera del rapimento di Tommaso. Mario Alessi, manovale, viene indagato per falsa testimonianza e concorso in sequestro. Quell'uomo dal sorriso cinico ha un passato che fa venire i brividi: è stato condannato agli arresti domiciliari per aver violentato una ragazza davanti al fidanzato carabiniere, che aveva costretto ad assistere. Alessi confessa di aver rapito Tommy, ma non vuole dire dov'è e tira in ballo un complice, Salvatore Raimondi, pregiudicato. Sono sue le impronte sullo scotch. Dopo aver negato di aver toccato quel bambino, infine, Alessi ammette: "Non cercatelo più, è morto. È stato ucciso un’ora dopo essere uscito di casa".
La verità si abbatte come una cascata ghiacciata sulle spalle di chi per quasi 30 giorni aveva cercato ovunque quel bambino. La notizia viene data dal telegiornale in un'edizione straordinaria, prima  che la famiglia sia stata avvertita. Paola lo scopre così, anche se in cuor suo, sapeva, da quando lo aveva visto portare via dal casolare, che non lo avrebbe più rivisto. Il piano messo a punto da Alessi con la complicità della compagna Antonella Conserva e di Raimondi, era quello di rapire il bimbo e chiedere ai familiari un riscatto di 5 milioni di lire. Dopo aver preso Tommy, però, qualcosa è andato storto e Alessi, rimasto solo col piccolo, lo ha ucciso. Tommy è stato strangolato fino a fratturargli la mandibola, peso a calci e a pugni, ha sofferto tantissimo. Impossibile stabilire il movente. Tutti e tre gli artefici del piano vengono condannati dal tribunale di Bologna. Ergastolo per gli esecutori materiali, 24 anni per la Conserva. La storia finisce lì, in quella discarica di materiali edili che è la tomba di Tommy a Sant’Ilario D'Enza, dove i suoi assassini lo hanno scaricato. Le indicazioni di Alessi hanno portato sul posto sono medici, poliziotti, magistrati. Per cercare il corpicino sotto rovi e sterpaglie gli agenti usano un forcone. Lo conficcano nel terreno piano piano, con prudenza, con delicatezza, quasi nel timore di fare male al piccolo. Ogni movimento è carico di dolore, di emozione, di tenerezza. Alla fine, sotto 30 centimetri di terra spunta il pigiamino di Tommy. È intatto, la terra lo ha protetto dalle intemperie, gli animali selvatici non lo hanno sfiorato. Dilaniata resta solo la famiglia di Tommy, le loro vite sventrate dalle indagini, i segreti scoperchiati, la fiducia reciproca spezzata. Paolo Onofri morirà di infarto qualche anno dopo.
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un-intruso-nel-mondo · 10 months ago
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Pomeriggio è successa l'apoteosi. Stavo guardando la partita del Parma con papà, eravamo in parità e all 99' c'è un calcio d'angolo per noi (ultima azione di gioco). Papà mi fa: io mi alzo così mi preparo per esultare. L'angolo viene battuo in mezzo, il difensore respinge la palla di testa e arriva ad un nostro giocare posizionato sul limite dell'area di rigore, la colpisce al volo e fa gol. APOTEOSI Io che inizio ad urlare e rivolgendomi verso mio padre cerco di saltargli addosso. Inizio a baciarlo in fronte, sulle orecchie, guance, ovunque (non in bocca hahah ci mancherebbe). Ero felicissimooooo!!!
Un paio d'ore dopo si alza mamma e mi fa: sei una cosa vergognosa! mi ha chiamato la vicina del piano terra e mi ha chiesto se fosse successo qualcosa perchè ha sentito delle urla e anche dal palazzo di fronte.
Io, oltre a restare stupefatto, le ho detto semplicemente che non può capire, certe emozioni lei non le capisce in quanto schifa il calcio, ma a me non importa perchè era da tanto che non passavo un emozione così bella con mio padre. Lo rifarei altre mille volte.
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spettriedemoni · 2 years ago
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Tre cani (che poi erano quattro)
Non si parla di enciclopedie
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Ho rivisto un mio caro amico poco tempo fa. Non ci vedevamo da un po', ci eravamo sentiti nel lockdown poi gli impegni e il caso ci hanno allontanato. Fortunatamente la nostra amicizia fa sì che appena ci ritroviamo è come se ci fossimo lasciati il giorno prima.
Anni fa, appena sposato, avevano trovato lui e la moglie una cucciolata di cani abbandonati poco dopo ma nascita. Erano stati chiusi in una busta e buttati come dei rifiuti. Non so quanta crudeltà sia necessaria per un gesto simile eppure qualcuno lo fece. Caso volle che una delle due femmine di questa cucciolata sia riuscita ad aprire la busta e a scappare. Il mio amico si trovò a passare proprio allora e i fari della sua auto illuminarino quello che inizialmente sembrò un grosso topo. Scese dalla macchina assieme alla moglie e si accorsero che invece era un cucciolo che attirò la loro attenzione verso i fratelli. Erano quattro in tutto, due femmine e due maschi. Cercarono consigli su come prendersi cura di questi cuccioli e chiamarono un amico veterinario il quale disse loro di non affezionarsi troppo a questi quattro cani perché senza la mamma sarebbero vissuti poco visto che non hanno capacità di termoregolazione e hanno bisogno del latte materno come nutrimento, un latte molto più grasso di mucca per esempio che prendiamo noi.
Non sono più andati a chiedere consiglio a questo amico veterinario e si arrangiarono come meglio poterono per far sopravvivere i cuccioli. Acqua bollente in bottiglie di plastica cambiata ogni due ore o poco più, coperte, latte di cagna acquistato in un negozio di animali a cifre esorbitanti (quasi 20 euro a litro mi pare di ricordare) e i cani sono sopravvissuti quasi tutti: uno non ci riuscì un maschio. Rimasero Mucchetta pezzata bianco e nero come una mucca, Daisy la seconda femmina color beige e Birillo colorato come Daisy, molto esuberante e affettuoso ma con la vescica debole. Si emozionava tutte le volte che vedeva qualcuno cui era affezionato.
Mucchetta era la capobranco, colei che quella notte aveva salvato i fratelli. Crebbero bene tutti e tre, amati e qualche tempo dopo si aggiunse Pallino un cane disabile che i miei amici andarono a prendere fino a Parma per portarlo nella loro famiglia. Pallino si riprese al punto da non dover più camminare con le rotelline. Purtroppo Pallino fu anche il primo che se ne andò.
Più recentemente se ne sono andati anche gli altri tre. Prima Daisy, poi Birillo. Mucchetta è stata l'ultima anche se ormai era malconcia pure lei ha aspettato fino a che non se ne sono andati i suoi fratelli. Come ha sempre fatto in vita è stata la capobranco che si è presa cura dei fratelli, li ha salvati e li ha accompagnati fino alla fine della loro vita prima di andarsene pure lei.
Non so se davvero esiste qualcosa dopo la morte, non so se esiste un paradiso o un inferno a seconda di come ti sei comportato in vita, ma se esiste mi auguro esista un paradiso per i cani e per gli animali in genere.
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lesenfantsducinema · 1 year ago
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“Ricordarmi di Attilio – anzitutto le Church’s, la flanella e il tweed d’inverno. Ricordarmi di Attilio visto la prima volta ai Lagoni, agosto 1958, sopra Casarola – Bernardo pescava insieme a Maurizio A. al lago più in alto. Attilio, il panama in testa, il golf blu sulla camicia bianca. Ricordarmi di Attilio che parla di Roberto Longhi, e con Pier Paolo va disegnando Scrittori della realtà, una sera in una trattoria di Monteverde (l’Antico Scarpone?); e Bernardo che vuole parlare di cinema. Ricordarmi di Attilio che dice a memoria qualche verso di Robert Frost una mattina a Parma, in piazza Garibaldi, mentre Mario Lavagetto ha una crisi allergica – ed è autunno. Ricordarmi di Attilio al Regio di Parma durante un intervallo della Luisa Miller, e ride di felicità, prendendo per mano Ninetta: – “Verdi non smentisce mai la verità dell’amore”. Ricordarmi di A. a Ongina la sera di un ottobre nebbioso – mangiamo anguille del Po fritte, e sulla sua testa, alla parete, è appeso, come uno stemma araldico, un grande ritratto del sempre meraviglioso don Peppino Verdi. Ricordarmi degli occhi socchiusi di Attilio, mentre ascolta Roberto Tassi parlare di Morlotti. Siamo su un prato a Trefiumi e andiamo a caccia di granchi. Attilio porta il panama in testa ma una sciarpa di lana annodata al collo – e fa caldo. Ricordarmi di Attilio che lascia raccontare storie a Ubaldo Bertoli, siamo a Roma, mangiamo all’Antica Pesa, storie di Goliardo Padova e chiede che vengano raccontate di nuovo, e ride con felice leggerezza. Ricordarmi di A. che si arrabbia divertito alle esose richieste d’aiuto di Ponzini (diceva Ponzini: “Mi si deve moltissimo: non sono un grande poeta?”), ecc. Insomma, ricordarmi di Attilio. Ricordarmi anche della impossibilità di ricordare la concretezza di Attilio ecc. “Più acuta presenza” oltre la cenere della vita – come l’incrinatura della sua voce nel pronunciare la “r”.” — Enzo Siciliano ricorda Attilio Bertolucci su Nuovi Argomenti
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toscanoirriverente · 2 years ago
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E' ormai un anno che stiamo assistendo all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Noi libertari* non abbiamo simpatia per nessuno stato e nessun confine. La nostra solidarietà non va ad alcun regime, partito, stato, ma solo alle popolazioni che subiscono la guerra. Ma ciò non ci impedisce di riconoscere, anche in questo caso, che vi è differenza sostanziale tra chi aggredisce e chi è aggredito: la popolazione bombardata, massacrata, devastata, è quella ucraina: noi siamo totalmente dalla loro parte. L'equidistanza forzata "né con Zelensky né con Putin", che per noi è scontata ideologicamente (potremmo mai essere pro un qualsiasi schieramento di potere?), è però purtroppo spesso diventata un giustificazionismo di fatto, un artificio retorico dietro cui si nasconde una mentalità nostalgica che vede il fu Impero Sovietico come baluardo contro il perfido Occidente capitalista. Ma chi si pone in questo modo proviene proprio da questo "Occidente", e spesso da una posizione di comodo si permette di giudicare e disquisire sulla "reale" resistenza del popolo ucraino. Questo, lo diciamo, è un modo errato, e italocentrico, di porre la questione. Qualcun* lo chiama "west-plaining", ovvero sentenziare a partire da un posizionamento di privilegio, quello di vivere in un Paese occidentale. Altrettanto fuorviante è l'analisi che giustifica questa guerra imperialista con la presenza della NATO. Ora, noi siamo da sempre visceralmente ostili a qualsivoglia alleanza militare, come la NATO (e come lo siamo pure per il Patto di Varsavia!), ma chi giustifica l'intervento russo con la presenza della NATO nei Paesi dell'Est opera di fatto un negazionismo ideologico e culturale pericoloso, oltre che astorico. La NATO è un'organizzazione militarista (che andrebbe smantellata), che fino all'intervento di Putin era avvertita da gran parte dell'establishment come desueta, e c'era chi metteva in seria discussione il suo futuro: ciò che ha ridato importanza a questa stortura militarista è stato appunto l'intervento imperialista russo, che segue le stesse logiche di potere. Putin ha invaso l'Ucraina esclusivamente per riproporre un modello imperialista, colonialista, autoritario; il fatto che non sia il solo, su scala mondiale, a farlo, non sposta la gravità dell'azione militare da lui voluta. Certamente anche altri soggetti (NATO, USA, UE; ecc) approfittano della situazione, ma questa non può essere una giustificazione verso l'invasione russa. Il problema è che in Italia (e non è così nel resto d'Europa!) permangono residui di stalinismo (che è autoritarismo criminale tale e quale il fascismo) in buona parte della sinistra italiana, che ripropone talvolta analisi stereotipate anni '50 cieche rispetto al portato politico e culturale della critica libertaria e liberante post'68. Un ulteriore problema è dato dal retroterra lasciato dalla pandemia, e dalla polarizzazione del dibattito sui vaccini che ha generato posizioni surreali e divisive, da cui hanno preso piede alcune visioni che guardano con simpatia allo Zar Putin, inteso come "campione" che si oppone al "pensiero unico" occidentale. La stesso critica va mossa verso tutti i tentativi di strumentalizzazione, sia di chi usa la presenza di nazisti in Ucraina (come se da noi non esistessero), sia di chi si fissa sull'autoritarismo di Zelensky (vittorioso alle elezioni perchè considerato populista e uomo "di mediazione"), scordando che anche il più progressista degli Stati, purtroppo, in una situazione di guerra interviene con legislazioni speciali, che peraltro vanno denunciate, in ogni momento. Chi invece vede solo il Battaglione Azov e non i gruppi nazisti presenti dalla parte russa, e li sostituisce commosso immaginando fanfare trionfanti e bandiere sovietiche sui carrarmati di Putin, è abbagliato dalla nostalgia. (...)
USI Parma Gruppo Anarchico Cieri -Parma Collettivo Libertario Parma USI Modena Circolo Anarchico Berneri - Bologna
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jacopocioni · 2 years ago
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Famiglia Aldobrandini
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Aldobrandini antica nobile famiglia fiorentina, trapiantata a Roma nel XVI secolo. In seguito, si chiamarono del Papa, quando Ippolito Aldobrandini da Fano, del ramo proveniente dalle Marche (dove suo padre Silvestro si trovava esiliato con sua moglie, per i suoi sentimenti antimedicei), venne eletto Pontefice nel 1592, con il nome di Clemente VIII. Nel medio Evo, questa famiglia si divise in tre rami: i Bellincioni furono molte volte eletti alle Magistrature della Repubblica Fiorentina. A Firenze ebbe notorietà con Aldobrandino (1388 - 1453, Magistrato dei Priori (1417), fu dei sedici Gonfalonieri di Compagnia dal 1422 al 1453 (Gonfaloniere di Compagnia porta bandiera della Milizia Urbana), dei Dodici Buonomini nel: 1429 – 1436 – 1436 – 1446, commissario a Montepulciano nel 1428, Gonfaloniere di Giustizia della Repubblica Fiorentina nel 1434. Ramo Aldobrandini di Lippo (forse derivati dai Bellincioni); gli Aldobrandini di Madonna dal quale discese Ippolito poi Papa Clemente VIII.  La famiglia attiva in Firenze si arricchì con il commercio. Il mercante Benci Aldobrandini sposò Giovanna “Bugiazza” nata Altoviti, chiamata così per la sua bontà e la dedizione a fare carità (in queste opere pie si unì anche il marito), si guadagnò l’appellativo di “Madonna”. La coppia da sposati, visse nelle case della famiglia in campo Corbolini (l’attuale piazza Madonna degli Aldobrandini), chiamata familiarmente dai fiorentini “Piazza Madonna”.  I due coniugi unirono le loro abitazioni e proprietà. Successivamente ampliate dai loro discendenti fino ad erigere nel XVIII secolo il Palazzo Aldobradini del Papa, ancora oggi esistente. Partigiano dei Medici, fu fra coloro che richiamarono dall’esilio Cosimo, mandatovi da Rinaldo degli Albizzi. Giovanni figlio di Aldobrandino (1422- 1481) tenne la carica di Gonfaloniere della Repubblica nel 1476, distaccatosi dall’appoggiare i Medici, fu costretto a ritirarsi dalla vita politica cittadina. Nel 1480 venne inviato come capitano alla città di Sarzana dove vi trovò la morte. Salvestro (1499 – 1558), studiò legge a Pisa, avversario dei Medici, fu fra coloro che cacciarono Ippolito e Alessandro nel 1527, dando vita all’ultima Repubblica. In quel periodo ricopri la carica di primo Cancelliere alle Riformagioni. Con la caduta della Repubblica e il ritorno dei Medici, nella persona di Alessandro primo Duca, venne arrestato e esiliato a Faenza, da lì nel 1533 venne trasferito a Bibbona, da dove riuscì a fuggire trasferendosi in un primo tempo a Rome in seguito a Napoli.
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Papa Clemente VIII Ippolito Aldobrandini A Napoli nel 1536, si trovava Carlo V, ospite del Viceré Don Pedro di Toledo. Si unì ad altri fuorusciti fiorentini nell’ambasceria presso l’Imperatore, per perorare le sorti della loro patria. Ma l’intento dei fiorentini non ottenne il risultato sperato, e furono costretti ancora all’esilio. Salvestro passò a Fano, Bologna, e Ferrara. In seguito, Alessandro Farnese Paolo III lo chiamò a Roma, dove in seguito fu nominato avvocato concistoriale. Ippolito suo figlio venne creato cardinale. Con l’aiuto del Farnese poté dedicarsi agli studi universitari presso le città di Padova, Perugia e Bologna. Pio V dimostrò benevolenza verso la famiglia Aldobrandini, li prese sotto la sua ala protettrice. Ippolito ebbe i titoli di: Prefetto di Castel S. Angelo, avvocato concistoriale, uditore del Camerlengo, nel 1569 uditore di Rota al posto del fratello Giovanni nominato vescovo di Imola e poi Cardinale. La nipote del cardinale Ippolito, Olimpia nata a Roma nel 1567 unica erede dei beni dei genitori Pietro Aldobrandini e Flaminia Ferracci, inquanto suo fratello Pietro venne creato cardinale dallo zio Papa Clemente VIII. Nel 1587 sposò Giovanni Francesco Aldobrandini principe di Meldola e Sarsina. Da questo matrimonio nacquero otto figli: Silvestro diventato cardinale, Margherita sposò Ranuccio Farnese IV duca di Parma e Piacenza, Elena sposò Antonio Carafa della Stadera, Giorgio principe di Meldola e Sarsina (titoli ereditati dal padre), Caterina Lesa sposò Marino Caracciolo, Ippolito cardinale, Pietro duca di Carpineto, Maria sposò Giovanni Paolo Sforza. Poi nel 1467 Olimpia sposò Camillo Pamphili. Con l’estinzione dei Pamphili beni di Margherita, passarono definitivamente ai Borghese. Con l’elezione di Ippolito a Papa, gli Aldobrandini si trasferirono definitivamente a Roma, con il dichiarato nepotismo del Pontefice, ne beneficiarono con vari titoli ecclesiastici. Per riconoscenza aggiunsero al cognome l’appellativo del Papa.
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Alberto Chiarugi Read the full article
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elegialane · 2 years ago
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Giornata fresca al risveglio, un velo di nebbia appena percepibile nelle campagne, e passeggiando ho visto quelle ville del parmense con l'altana a torretta, più lontano cavalcavia dell'autostrada. Macchina rotta e frizione da cambiare, di ritorno dalla Maremma qui bloccato scrivo, nel pomeriggio c'è una corriera che parte per Parma. (Tratto da: Verso la Foce).
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sbircialanotiziamagazine · 17 days ago
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m2024a · 3 months ago
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Sharon Verzeni, un giallo senza fine. Ruocco interrogato, si cerca la verità dai video: «Nel cellulare poco o nulla» Anche i filmati delle telecamere della zona di via Castegnate a Terno d'Isola delle due serate precedenti all'omicidio di Sharon Verzeni sono stati visionati dai carabinieri che stanno cercando di far luce sul delitto della barista di 33 anni uccisa a coltellate poco prima dell'una della notte tra lunedì 29 e martedì 30 luglio scorsi da un assassino ancora senza un nome e un volto. In questo modo gli inquirenti vogliono capire se effettivamente la donna facesse sempre quello stesso tragitto e se la passeggiata serale, anzi notturna, fosse davvero un'abitudine come evidenziato dal compagno Sergio Ruocco e dagli altri parenti, per capire se l'assassino fosse in qualche modo a conoscenza delle sue abitudini. Ruocco interrogato per cinque ore Ruocco martedì è stato risentito in caserma, dov'è rimasto per oltre cinque ore. Continua a non essere indagato perché il suo alibi, l'esser rimasto a casa, a letto, è stato confermato. «Purtroppo non credo di essere stato di grande aiuto. Mi hanno chiesto le solite cose, come andava tra noi, come era la vita di Sharon, anche dei suoi rapporti al lavoro» ha detto dopo l'interrogatorio Ruocco, che stavolta non è andato a casa dei futuri suoceri ma dai propri genitori. Dai filmati visionati, perlomeno nelle due sere precedenti all'omicidio, non si vedono però né Sharon né il compagno che, a suo dire, spesso la accompagnava in queste camminate consigliate alla donna dal dietologo. La domanda che si stanno ponendo investigatori ed inquirenti è quindi come abbia fatto l'assassino a posizionarsi, proprio in un punto non coperto direttamente dalle telecamere della zona, e a colpire Sharon senza avere la certezza che passasse proprio quella notte. E perché. Sharon non è riuscita a difendersi Se da un lato la profondità dei fendenti e la loro violenza (tre coltellate su quattro sono risultate mortali) lascia ipotizzare un accanimento verso la trentatreenne, dall'altro la vita senza ombre di Sharon non ha fatto per ora emergere contatti con qualcuno che potesse avercela con lei a tal punto da attenderla di notte in una strada di Terno d'Isola e ucciderla. La trentatreenne indossava gli auricolari e non ha neppure fatto in tempo a difendersi: non si è trattato di una rapina, non di un litigio sfociato nell'accoltellamento. L'ultima telefonata al 112 Quando è stata colpita, Sharon è riuscita a telefonare al 112 e a chiedere aiuto, spiegando di essere stata accoltellata, senza fornire indicazioni ulteriori all'operatore che ha risposto. Il suo quadro clinico è poi rapidamente degenerato e dopo qualche ora Sharon è morta. Mentre i carabinieri del Ros stanno vagliando le immagini delle telecamere e i loro colleghi del Ris di Parma gli abiti della vittima, alcuni campioni prelevati durante l'autopsia e alcuni coltelli (alla ricerca dell'arma del delitto), i carabinieri di Bergamo stanno cercando di capire, anche sentendo i medici di base della zona, quali siano i soggetti con problemi psichiatrici che vivono nel territorio, senza escludere poi l'elenco dei pregiudicati. Nessun risultato dall'analisi del cellulare Un lavoro comunque lungo e che, per il momento, non ha portato ad alcuna svolta. Così come l'analisi della 'copia forense' del cellulare di Sharon: poche chiamate, poche chat. E anche il compagno Sergio ha confermato che la coppia non aveva grandi amicizie o frequentazioni: Sharon lavorava dalle 8 alle 15 al bar 'Vanilla' di Brembate e poi trascorreva i pomeriggi a casa a leggere libri (numerosi) presi in prestito alla biblioteca e raramente si vedeva con le colleghe fuori dall'orario di lavoro. Di recente si era avvicinata a Scientology e agli incontri, nella sede di Gorle, a volte andava anche con il compagno. Spesso andava a Bottanuco a trovare i genitori, dove oggi, trascorsa la notte dopo l'interrogatorio a Seriate da suo padre, è tornato anche Sergio Ruocco: la casa della coppia di via Merelli è infatti ancora sotto sequestro.
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italianiinguerra · 4 months ago
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11 luglio 1944, la rivolta di piazza delle Erbe a Carrara
Il 7 luglio 1944 il comandante della piazza di Carrara, tenente Többens, fa affiggere un bando di sfollamento in cui si ordina che entro le 20 del giorno 9 la città venga evacuata e la popolazione sia raccolta presso il Parco delle Rimembranze e poi avviata verso Sala Baganza, in provincia di Parma. L’iniziativa fa parte della strategia del Comando germanico, che prevede di fare terra bruciata…
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implantologia · 4 months ago
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