#venir voglia di essere come loro
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#comunque ringrazio rai3 per il fuoritg sui dca proprio all'ora di pranzo#cioè non credo di essere solo io a triggerarmi su ste cose soprattutto perché parlano in dettaglio di tutto quello che fanno#e sentire la ragazza che dice tutte le categorie che ha eliminato proprio mentre sto per mangiarmi una fetta di pane non è il massimo#sì ho cambiato canale ok però comunque le cose le ho sentite#non so quale sia la soluzione perché comunque bisogna parlarne però nessuno si ferma mai un attimo a cercare di capire come questo tipo di#servizi possano venir accolti da persone che ne soffrono#va bene l'informazione ma se non capite che tutto si basa sulla competizione in quei disturbi e far vedere gente al proprio peggio fa solo#venir voglia di essere come loro#non si risolverà mai il problema#stesso principio dei film o le serie sui dca in cui tra c'è sempre una protagonista femmina adolescente magrissima#che arriva sempre ad un passo dalla morte#no raga non è così. prima di tutto l'anoressia non è l'unico dca#secondo anoressica non è solo la ragazza che pesa 10kg#puoi essere anoressica e sovrappeso#puoi essere anoressico#puoi esserlo a 50 anni#e non devi arrivare al limite per curarti#e sono proprio stanca di sta narrazione#che in questi giorni sta venendo fuori perché hanno tagliato i fondi e ripeto è giusto che se ne parli#ma se ci volete aiutare chiedeteci come farlo#non fatelo a caso#porca miseria#tw ed
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Domani i dettagli, ma oggi le buone notizie esistono
Berlino vuole qualcosa da me? Vuole darmi qualcosa? Che cosa? Perché?
Oggi ho ricevuto l’anticipazione di una proposta. Un contratto piccolissimo, per una parentesi piccolissima di una vita piccolissima che inizia da un punto, e chissà dove va. A quanto pare quel biglietto di ritorno è stato un azzardo di malavoglia, ma non ho intenzione di lamentarmene - nemmeno con la mia vittima preferita: me. Domani i dettagli, ma oggi c’è la mia reazione vera, gli angoli della bocca che si flettono da soli. Giuro, sono loro. Io non ho fatto nulla.
Oppure anche questa volta è tutto l’opposto, perché ho (quasi?) sempre fatto tutto da sola, mi sono di certo guadagnata simpatie e occasioni che hanno scritto il percorso, ma per nessuna ragione altra, nessuna spinta esterna. Sono pure costituzionalmente sincera! Non lo so perché la mia mentore tedesca mi voglia qui, davvero provo ad immaginarmi macchinazioni varie e non ne trovo di particolarmente determinanti. Non può d’altro canto nemmeno essere perché sono brava nel mio lavoro, perché lei che ne sa. Forse farà anche figo avere una tizia esterna, ma ne hanno varie. Forse farà punteggio in qualcosa, ma poteva essere chiunque. Ho letteralmente chiesto io di venire qui. Lei mi ha detto di sì. Ho deciso io di essere sincera su tutto, e lei mi ha abbracciata in più occasioni, sia fisicamente che non. Ho chiesto di poter lavorare ad un nuovo progetto, e lei mi ha detto di accomodarmi, ma questa cosa che sto facendo (per ora a stento iniziata) porterà il mio nome: nemmeno qui ravviso inganni. E adesso vuole pagarmi per qualcosa che ho già detto che farei comunque, per tenermi qui, proteggendomi - consapevolmente - da quello che troverei a casa. Non lo so questo cosa significa, ma so che quando oggi lo ha detto mi sono sentita felice. Come si fa ad astenersi dal giudizio, in un momento così?
È iniziata così anche a Napoli, certo. Ma lì non ho mai avuto dubbi su quale fosse il mio compromesso ed il guadagno per chi corteggiava i miei sforzi. Qui siamo su un piano estremamente diverso. Lo confesso: io le credo. Ha la mia fiducia. Aspetto la fregatura col lutto nelle orecchie e questa sensazione di incredulità in volto, ma oggi questa è davvero una notizia felice. A quanto pare esistono ancora!
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non vedo la psichiatra da inizio giugno per mia scelta, la psicoterapia con lo psicologo l’ho interrotta mesi prima, ad aprile forse. ieri ho preso il telefono, ho digitato il numero, ho fatto un respiro profondo e ho chiamato la psichiatra per prendere appuntamento, mi ero detta che a settembre l’avrei fatto, sperando settembre non arrivasse mai. ma è arrivato e ho mantenuto la promessa che mi ero fatta mesi prima. non voglio tornare in quel posto, in quella stanza vuota dove devo parlare di me di fronte ad un’altra persona che neanche mi va poi così a genio. la cosa che mi spaventa di più è che tornare dalla psichiatra è solo il primo passo, ed è un passo davvero minuscolo in proporzione a tutti quelli che dovrò fare. il secondo passo sarà trovare uno psicologo, uno nuovo, perché con gli altri che ho provato non mi sono trovata benissimo, anche se, devo ammetterlo, ci mettevo del mio per far in modo che il percorso non andasse bene. so che devo trovarne uno, ma non mi sono data un limite di tempo per farlo, mi sono solo detta che prima o poi, che io lo voglia o no, dovrò affrontare anche questo.
dovrei fare, poi, altre mille cose. prima fra tutte, trovare un lavoro. lo sto cercando da un po’ ma non trovo niente che faccia per me o che abbia una paga decente e adeguata, non ne trovo uno che sia abbastanza vicino a casa mia da non rendere stressante anche il viaggio. devo anche considerare il fatto che le mie opzioni, al momento, sono estremamente limitate poiché esistono centinaia di lavori abbastanza comuni che si possono fare senza una laurea, ma io, per come sono fatta e per come sto mentalmente, non riuscirei a fare. mi fa stare male la consapevolezza di non essere in grado di fare una marea di cose che alle persone intorno a me risultano più semplici, mi fa stare male essere un limite per me stessa e mi fa stare male non riuscire a gestire niente di tutto ciò che è “normale”.
sto tentando di nascondermi dagli altri, di non far notare a nessuno quanto io stia ancora male, ma diventa ogni giorno più difficile far finta di niente. d’altra parte, però, è difficile anche mostrare il proprio dolore sapendo che gli altri non possono fare nulla di concreto per aiutarti, perché la tua risalita deve partire da te, altrimenti non sarà mai permanente.
le giornate sono tutte uguali, l’unica cosa che mi rende un minimo viva e meno vuota è trascorrerle con il mio cane. il tempo si è perso, scorre, so che continuerà a farlo indipendentemente da me, ma il mio orologio interno si è fermato a una tale ora di un tale giorno di tantissimi anni fa, e da allora ogni giornata è uguale alla precedente e alla successiva, ogni giornata è la stessa, ed è come se la mia vita fosse costituita da un’unica lunghissima giornata, infinita. sono mentalmente esausta, non reggo il peso di esistere.
sono sola in tutto questo. ogni tanto avrei bisogno di un abbraccio, di una carezza, di essere ascoltata e di essere amata propriamente. ma nel momento del bisogno non c’è mai stato nessuno di tutti quelli che dicevano ci sarebbero stati, nessuno ha mai mantenuto quella promessa. ora, quando mi trovo nel momento del bisogno, non spreco più le energie per chiamare qualcuno, perché ho imparato che è inutile, che la loro assenza non farà altro che alimentare il mio malessere, e così rimango sola e non ricevo quell’abbraccio di cui tanto ho bisogno. e mi pesa, mi pesa il cuore nel petto ogni volta che succede. tutta questa pesantezza mi stanca e mi fa venir voglia di scappare, ma dove? come?
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Il mio vicino era un ex tossicodipendente. E si è suicidato.
Ieri, mentre cercavo le chiavi davanti a casa, al ritorno dalla palestra, mi viene incontro una signora accompagnata da un bambino, che ho inquadrato subito, rintracciando in lui alcuni connotati che ben conosco: quelli di un figlio che adora la madre.
L’ingresso del mio e dei palazzi accanto si raggiunge attraverso un vialetto molto stretto, quindi la donna ha dovuto seguirmi ed è sembrata subito sospetta.
“Mi perdoni se la disturbo” mi fa con l’accento torinese e la R moscia, “sa per caso se quell’appartamento - indica le finestre di Davide - sia vuoto?”
Resto interdetto e subito aggiunge “non si spaventi, siamo parenti di chi ci abitava. Sono la moglie del fratello e l’appartamento appartiene a lui”, indicando il figlio e tirando fuori dal portafogli il documento del bambino, a conferma della corrispondenza del cognome.
Cercando di essere gentile e allo stesso tempo di non dare troppe indicazioni, le dico che sono sempre fuori e quindi non posso averne la certezza.
Prosegue: “non abbiamo notizie di ciò che accade nell’appartamento. Io e mio figlio - come se lui avesse potuto scegliere - abbiamo fatto 500 km per venire a controllare.” Controllare.
Continuo ad ascoltare e intanto mi avvicino al portone. Lei mi viene dietro. Ci tiene a far vedere che si muove con disinvoltura perché è già stata qua. Resto impassibile.
Tira fuori dalla borsa una risma di bigliettini stampati in casa. Sopra c’è il nome Paola e un numero di telefono: “cerco alloggio in questa zona”. Si affretta a spiegarmi: “Paola non è ovviamente il mio vero nome, ma voglio verificare se la casa, che il mio ex compagno (ora è diventato ex compagno) vuole vendere e io invece voglio mettere a frutto per lui - indica di nuovo il figlio - viene affittata in nero a mia insaputa. Sa, prima di procedere per vie legali...”
Fingo ingenuità e domando come mai, se le cose stanno come dice e “la legge è dalla loro parte” non siano nella facoltà di fare nulla. “Lui (il padre) non sa che siamo qui” mi fa il bambino, prendendo alla sprovvista la madre, che aggiunge subito: “non vogliono fare niente con questa casa, perché era della madre ed è la casa d’infanzia e preferiscono vendere e non pensarci. Se conosceva Davide, ha capito di che tipo di gente parliamo”. Eccola finalmente manifestarsi, con il sorrisino di chi allude senza pudore e si aspetta di trovare complicità, per definizione.
“Aspetta e spera di trovarla, stronza”, penso, ma traduco in un più urbano: “Davide era una persona molto carina, in effetti.”
Capisce che non ha molto spazio di manovra, ma procede dritta: “mi raccomando, non dica che siamo passati al mio ex compagno, se lo incontra.”
Non rispondo e mi congedo cortesemente, chiudendo il portone dietro di me.
Qualche minuto dopo, aprendo la finestra del bagno prima di fare la doccia, mi accorgo che si è spostata al cancello dell’appartamento al piano terra e sta raccontando di nuovo la storia. Inoltre noto che da ognuna delle cassette della posta pende uno dei biglietti di Paola (evidentemente la voglia scalpitava, strillava, tuonava nel petto di Paola oh Paola).
Durante tutto il tempo della doccia ripenso a Davide, alla sua gentilezza, al giorno in cui è venuto a presentarsi, lento lento, mentre ancora facevo i lavori; al grido che ha lanciato quando ha scoperto della morte dell’amico Roberto, alle schitarrate a cantare Jolene e a tutta la bella musica che ho imparato attraverso una parete sottile sottile. Penso al dolore che leggevo nei suoi occhi e che so bene riconoscere. Poi penso a Paola, che avrà le sue ragioni, ma che, purtroppo per lei, ha incontrato la persona sbagliata.
Finisco di preparami ed esco di casa. La donna se n’è andata e sono io a non resistere stavolta: mi avvicino alle cassette e rimuovo uno per uno tutti i biglietti, frutto di una macchinazione goffa e miope.
Mi dispiace per il bimbo, di cui ho potuto leggere il nome di battesimo e forse pure qualcosa in più. Mi dispiace per Davide e per il dolore che non incontra comprensione. Mi spiace per le persone, che diventano “gente” sulla bocca di chi non conosce la fortuna che ha. Non mi spiace per Paola, la donna senza vero nome.
Mi sento in colpa per un po’, ma solo per un po’. Poi getto via tutti i biglietti. Tanti saluti, Paola.
#ninoelesirene#pensieri#frasi#persone#riflessioni#sentimenti#letteraturabreve#emozioni#amore#aforismi#dolore#empatia#davide
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Domenica. Lavoro. Pausa di 2 ore, che devo passarmi obbligatoriamente qua non essendo vicino a casa. Mangiato una piadina, buona ma il mio stomaco non è sazio. Il centro si sta riempiendo, carico il cellulare, osservo le gocce cadere da questa gigante vetrata, fuori diluvia e c'è il vento. L'atmosfera cupa e grigia mi fa venire voglia di chiudere gli occhi. Prendo il libro, leggo con gli auricolari alle orecchie. Vicino a me si siedono due ragazzi, chiedono se questi sgabelli son liberi. Rispondo di si e faccio spazio, due tranci di pizza a testa. Ogni morso, un bacio. Dio, penso. Continuo a leggere e finisco il capitolo, loro la pizza. Fingo di non essere a 10 cm di distanza da loro mentre amoreggiano intensamente come due cocorite sedute su un trespolo.
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Prima esperienza lesbo
Visto il poco successo dell'esperienza omosessuale,abbiamo deciso di non scrivere il continuo che consisteva in un piccolo amplesso ma di scrivere della prima esperienza lesbo di lei.
Se siete lettori ''veterani'' del blog sapete che mi sono approcciato al mondo lesbo prima ancora di scoprire cosa fosse un orgasmo, si perchè mia sorella mi ha placato le mie prime voglie.
Eravamo rimasti al patto di doverci calmare almeno una volta a settimana le nostre voglie assieme, e raccontarci magari di esperienze vissute.
Ci raccontammo tutto, davvero tutto nei minimi dettagli e per raccontare tutto dovrei scrivere un libro, ma racconto la scena che mi fece impazzire più di tutto e ancora oggi a ricordarla mi fa bagnare come un adolescente, un lago.
Era periodo di influenza ed entrambe restammo a casa ammalate per 3 giorni, i primi 2 li trascorremmo a letto mezze morte, guardando delle serie sul pc per ammazzare il tempo ma eravamo talmente ammattite che non pensavamo al sesso, cosa che al terzo giorno lei mi sveglio, mi chiese come stessi e gli dissi che stavo meglio, allora mi sorrise e mi disse di seguirla.
Andò in camera dei miei (ovviamente vuota dato che loro erano a lavoro e noi due eravamo a casetta sole sole) apri un cassetto e tolse due o tre vestiti ed estrasse un piccolo cimelio, una scatoletta di latta grandicella si girò e rise ma io da povera innocente e credo ancora un po' influenzata non capii. Lo apri' stile affari tuoi, scavicchi ma non apra e dopo 1 minuto interminabile lo apri' del tutto e SORPRESAAAAAAAA quattro bei dildi di varie dimensioni, tre plug uno piccolissimo uno medio e uno cicciosissimo, e una cinghia che lei chiamò strapon e disse che papà molto probabilmente lo prendeva dietro da mamma.
Io esterrefatta e un po' stralunata rimasi male ''Ma come? papà è gay?''
Lei '' Nooooooooh, gli uomini alla prostata e piace tanto anche a loro prenderlo nel culetto''.
Io affermai ''Ma cosa, che schifo nel culetto, sai che dolore?''
Lei a sua volta ''Macchè,poi vediamo qualche pornino e vedi che piace ad entrambi''.
Lascio la scatoletta di latta sul letto dei miei e ci dirigemmo in camera nostra, e al pc cercò 2 porno ovviamente uno anal femminile e uno strapon.
La mia patata era bella eccitata e bagnata, più per la situazione che per la voglia di culo o di essere inchiappettata dato che il mio sederino era fatto solo per ''cacciare'' e non per ''entrare'' cose.
Glielo dissi ''Sorellina il mio culetto non è cosi' grosso e largo come quello della donnina e del uomo''
Lei rispose con un freddo ''Poi si allarga''
Io sempre più confusa le sorrisi, ma in cuor mio sapevo che il mio culo,non era cosi' e non mi stimolava minimamente nulla.
Ovviamente come detto ero ed eravamo verginelle entrambe e quindi ci divertivamo quasi ogni giorno con i nostri clito, sia reciprocamente che in solitaria. Le voglie c'erano e anche un sacco, sognavamo piselli che ci si infilavano dappertutto ma mai nel sederino, almeno io. Lei a quanto disse, lo desiderava anche dietro. CHE PORCA MIA SORELLA, CHE VACCA pensai.
Ma lo dissi ad alta voce e lei invece di arrabbiarsi, sorrise e annui , e disse certo come tutti,maschi femmine tutti hanno il culo e tutti ne traggono piacere, e anche tu vedrai, vieni in bagno zoccoletta.
(Non ci eravamo mai chiamate cosi' saranno i residui di influenza ma eravamo diventate un po' scurrili nel linguaggio e non lo eravamo mai state, ma in quella situazione a me piaceva e anche a lei).
Mi diressi in bagno mi spogliai ed entrai in doccia, lei mi segui' andò prima a fare pipi' e poi mi segui' entrò in doccia, non era la prima volta che ci lavavamo assieme quindi era ''normale'' solo che questa volta lei dopo essersi insaponata per bene le mani mi insaponò prima le tette e senza farmi fiatare scesce giù, torturò per 2 minuti buoni il mio clito. E quando stavo per venire mi sorprese e scivolò nel mio ano con un dito e subito me lo ficco dentro. O per la paura o per la sorpresa venni', e mi abbracciai a lei per la poca forza nelle gambe.
Dopo essermi ripresa, alzai lo sguardo e mi ''rialzai'' con il viso. Lei mi sorrise e disse ''Hai capito la porcellina, non entra niente nel mio culetto e invece sono entrate 2 dita.''
''Scemaaaaaaa, non entra niente ed era un dito'' le urlai a 2 cm dal viso.
Lei si morse il labbro e disse ''Guarda che sono due ce le ho ancora dentro di te, vedi?'' E fece su e giù nel mio sfintere ''Diooo non era ancora uscita e io al suo su e giù godevo'' Cazzo che mi piaceva altro che, altro che utilizzare quel buco per lo scopo principale. Serve, e dico SERVE anche a godere.
Senza pensare le dissi '' In genere quando godo mi da fastidio toccarmi nuovamente il clito,ma adesso sto impazzendo dal piacere vuoi che ti entri anche io nel tuo culetto? voglio sentire cosa si prova ad inculare''
Usciamo dalla doccia, mettiti lo strapon e inculami come se avessi il cazzo, ma non devi pensare che io sia io, ma che sia papà mettiamo una foto al pc e mi inculi ok?
Come potevo dire di no?????????
Al pc però non c'era un porno ma...
Continua.
Se vi è piaciuto fatecelo sapere in chat, ovviamente questo racconto non è come gli altri è più esplicito è molto più ''volgare'' non so se può piacere o meno. Aggiornateci vi aspettiamo in chat per discutere e magari raccontateci anche voi la vostra prima esperienza omo o lesbo.
Buona giornata e grazie per la lettura se siete arrivati qui'
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[✎ ITA] Weverse Magazine : Intervista al Team Jimin: Pdogg e GHSTLOOP, i produttori di MUSE | 07.08.24⠸
🌟 Weverse Magazine 🗞
"In un certo senso è come se l'amore diventasse la sua musa", ci hanno detto Pdogg e GHSTLOOP, i Produttori di 'MUSE', il Nuovo Album di Jimin
__ Intervista al Team Jimin: Pdogg e GHSTLOOP, i produttori di MUSEl __
__ di BAE JIAHN | 07. 08. 2024
Twitter | Orig. KOR
Jimin è tornato—e con tutto il sostegno del Team Jimin - ora anche noto come Smeraldo Garden Marching Band. Dopo aver capito quale direzione imboccare grazie a FACE, Jimin è ora pronto ad aprire un nuovo capitolo con MUSE. L'artista, che nell'album precedente implorava un potere superiore di essere “reso libero (Set me free)”, avrà davvero trovato la sua libertà? I produttori Pdogg e GHSTLOOP, i quali hanno lavorato ad entrambi gli album solisti di Jimin, ci hanno detto che “Jimin ha sempre tanta voglia di crescere e maturare” e hanno aggiunto che “è sicuramente più determinato di quanto non fosse nell'era di FACE.” Abbiamo fatto una chiacchierata con i produttori di MUSE, nonché membri della SGMB, riguardo la loro partecipazione all'ultimo album di Jimin.
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Congratulazioni per il vostro debutto (ride). Siete apparsi nel MV ufficiale di “Smeraldo Garden Marching Band (feat. Loco)” insieme a Jimin. GHSTLOOP: Onestamente, non mi aspettavo di esservi incluso (ride). Ma abbiamo deciso che se l'idea era quella di partecipare, avremmo seguito il concept e saremmo diventati una banda. È così che il Team Jimin è diventato la Smeraldo Garden Marching Band.
Pdogg: Abbiamo partecipato e l'abbiamo fatto per Jimin. Nel MV, suonavamo davvero i nostri rispettivi strumenti musicali e gli abbiamo suggerito tante idee riguardo l'estetica generale del video.
Pare le/gli ARMY siano curiosə di sapere se è un riferimento ai fiori smeraldo che compaiono nel BTS Universe. Pdogg: Non è esattamente ciò cui puntavamo. La nostra banda è più simile alla Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band ideata dai Beatles. Stavamo cercando parole ed idee chiave e, ad un tratto, abbiamo pensato agli smeraldo. Quindi siamo partiti dagli smeraldo, che sono fiori immaginari, e siamo arrivati alla nostra Smeraldo Garden Marching Band—è così che è nato il nostro concept: è una banda musicale che racconta “The Truth Untold (le verità non ancora svelate)” riguardo l'amore, che è esattamente ciò che simboleggiano anche i fiori. La canzone Truth Untold” - nata nell'era e come concept di LOVE YOURSELF – è un brano triste, ma la Smeraldo Garden Marching Band ne dà una reinterpretazione più allegra.
In FACE, Jimin svela cosa ha provato durante la lunga pausa dal palcoscenico, causata dalla pandemia, mentre in MUSE c'è maggiore attenzione a termini e concetti quali “spettacolo” e “festa.”
Pdogg: Durante la pandemia, molte persone hanno sperimentato un periodo di depressione e scoramento, e Jimin non è stato da meno. Ha dunque preso la sua passione ed entusiasmo per la musica e li ha incanalati nelle sue canzoni. Ricordo quanto fosse felice d'essere a Los Angeles per le registrazioni di “Set Me Free Pt. 2”, in quei giorni di sole e bel tempo (ride). Quindi, sì, credo lavorare a FACE gli abbia fatto bene e l'abbia aiutato a venire a patti con i suoi sentimenti. L'idea che sta dietro a MUSE era di esprimere le emozioni di quel periodo. Ecco perché tutte le canzoni sono allegre e piene di speranza, persino romantiche.
È per questo che avete scelto l'amore come filo conduttore di MUSE? Pdogg: In fin dei conti, la felicità ha origine dall'amore, ma non è stato semplice per Jimin capire come parlare d'amore (ride), quindi – per iniziare – abbiamo discusso insieme come approcciarci al tema dell'amore in un contesto finzionale. E, come ho già menzionato, abbiamo pensato di creare una banda musicale fittizia come i Beatles hanno fatto con la band Sgt. Pepper’s ed affrontare così l'argomento.
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Anche l'idea di collocare il singolo principale, “Who”, verso la fine dell'album fa parte del concept? GHSTLOOP: Abbiamo organizzato i brani di modo che seguissero la storia narrata nell'album. A parte per “Closer Than This”, abbiamo anche lavorato alle tracce nell'ordine in cui appaiono nell'album. Col senno di poi, trovo sia piuttosto pazzesco (ride).
Pdogg: “Rebirth (Intro)” collega MUSE a “Set Me Free Pt. 2”, in quanto mostra come questo sia un nuovo capitolo per Jimin. Il testo e l'atmosfera montano gradualmente in entusiasmo con tono spumeggiante—quasi l'artista stesse valutando se può davvero esprimere quanto è felice. Poi parte “Interlude: Showtime” e viene introdotto il vero concept dell'album. Successivamente, “Smeraldo Garden Marching Band (feat. Loco)” ci guida ancor più alla scoperta del tema di questo progetto. Se lo si interpreta come una dichiarazione d'amore, un brano che aiuta a rivelare una verità altrimenti tenuta nascosta, allora il destinatario è la persona amata, ma volevamo anche fosse una dedica alle/i fan, ecco perché vi si possono trovare versi e riferimenti come quello al “12 giugno”.
“Slow Dance” (feat. Sofia Carson) fa riferimento ad alcuni dei modi in cui si può esprimere il proprio interesse ed amore alla persona che si ha nel cuore, ecco perché il titolo è “Slow Dance (Ballare un lento/dolcemente)”: parla del desiderio di prendersi del tempo per conoscersi l'un l'altrə con calma. Poi raggiungiamo “Be Mine” che sviluppa ulteriormente questo concetto ed immagina la relazione nata da questa prima fase di conoscenza. L'idea originale era collocare il singolo principale dopo questo brano e renderlo una sorta di serenata, ma Jimin non riusciva a calarcisi appieno. Si è dunque chiesto se sarà mai veramente in grado di amare qualcuno, e quella domanda ha portato alla creazione di “Who”. L'album, dunque, parla della ricerca di questa donna immaginaria, ma di fatto “Who” è espressione reale di un senso di solitudine e melanconia, si fa portatrice di questi dubbi ed insicurezze riguardo un'ideale dolce metà, ecco perché l'abbiamo collocata a fine album.
E dunque quello è anche il motivo per cui, mentre FACE ci mostra Jimin venire a patti con se stesso, MUSE ci parla e mostra anche altri soggetti? GHSTLOOP: Esatto. Nel suo primo album Jimin è alla ricerca di sé stesso, mentre nel secondo è un'altra la persona che sta cercando ed aspettando.
Pdogg: In un certo senso, è come se l'amore diventasse la sua musa.
GHSTLOOP: Abbiamo scritto FACE e MUSE più o meno nello stesso periodo.
Pdogg: Ma mentre ci lavoravamo, FACE è risultato essere piuttosto cupo e l'atmosfera delle tracce di MUSE non vi si sposava per nulla, quindi abbiamo deciso di dividere i brani in due album. A ben pensarci, se Jimin non avesse pasticciato e sperimentato un po' con i sintetizzatori KARMA, non esisterebbe neppure “Rebirth” e quel suo famoso crescendo (ride).
Potete parlarcene un po' più approfonditamente? Pdogg: Immagino abbiate visto nel documentario 'Jimin's Production Diary' come l'intro del suo primo album è nata da poche note alla tastiera suonate per caso da Jimin, un giorno che è passato dal mio studio. Ironicamente, è successo lo stesso con l'intro del nuovo album. È dal 2014 che usiamo sempre lo stesso studio per registrazioni come il coro in “Set Me Free Pt. 2” ed il ritornello di “All Day (feat. Tablo)” di RM e, tra le varie attrezzature, lì abbiamo anche un Korg KARMA—ovvero il sintetizzatore anni 2000 per eccellenza. Jimin vi ha suonato un paio di note e ha ideato questa melodia sognante. Dopo averla sentita, GHSTLOOP vi ha aggiunto gli strumenti a fiato ed io le percussioni. Dopodiché, Jimin ha aggiunto altre note e, questa volta, l'atmosfera era completamente diversa, ma ci siamo detti “Non male—proviamo a farci qualcosa.” Ed è così che è nata la prima canzone. Eravamo lì a ballare abbracciati gli uni agli altri, dovevamo davvero sembrare ridicoli (ride).
Nel dietro le quinte del video musicale di “Smeraldo Garden Marching Band (feat. Loco)”, Jimin ha detto che la canzone è stata piuttosto rapida da scrivere. Quale traccia vi ha dato maggiori problemi, allora? Pdogg: Forse “Who”? Credo sia quella che ci ha richiesto più tempo. Abbiamo davvero provato tanti approcci diversi, prima che il brano funzionasse. Alla fine abbiamo deciso di andare a New York e lavorare sul pezzo con Jimin, ed è ciò che abbiamo fatto.
GHSTLOOP: Ne abbiamo parlato con Jon Bellion, che ha prodotto la canzone, e Jimin ci ha spiegato tutto ciò che voleva includere. Jon ha quest'enorme lavagna bianca nel suo studio e mentre Jimin parlava della direzione che voleva prendere con il singolo, Jon era partecipe, commentava cose tipo, “Oh, quindi è questo che vuole esprimere” e si è annotato tutto (ride).
Pdogg: Ciò che Jimin voleva per “Who” era piuttosto chiaro. Ha lavorato a stretto contatto con noi per tutto il tempo, condividendo le sue idee. L'album precedente era profondo e personale, invece quello nuovo è più astratto e non riguarda necessariamente il solo Jimin. Credo ben rappresenti ciò che significa innamorarsi per i Millenials e i membri della Gen Z. La canzone è in inglese perché tratta una tematica comune alle persone di tutto il mondo, quindi ci è sembrato più sensato scriverla direttamente in inglese.
Riguardo alla main track del suo primo album solista, “Like Crazy”, sappiamo che è ispirata al film omonimo. Per questo nuovo album, vi siete forse ispirati a film o altro? Pdogg: Una figura che ci è rimasta particolarmente impressa è Olivia Hussey, l'attrice che ha interpretato 'Romeo e Giulietta (1968)'. Non ci siamo limitati a guardare vecchie clip, ma abbiamo scorso anche ciò che sta facendo oggigiorno e pregavamo, “Per favore, dacci qualche ispirazione!” (ride)
GHSTLOOP: Ci siamo ispirati a lei specialmente per i testi delle canzoni d'amore “Slow Dance” e “Be Mine”. Guardavamo i suoi film e poi ci chiedevamo, “Cosa diremmo noi se dovessimo interpretare quella scena?” Sì, quello è stato il nostro approccio. A ben pensarci, i brani che sono stati poi inclusi nell'album sono tutti quelli cui abbiamo lavorato seguendo quel processo mentale. Nelle nostre menti, avevamo già pronti video musicali per ognuna delle canzoni. Tanto che persino Jimin si atteggiava da regista di MV, a volte (ride).
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Sicuramente Jimin sarà stato dispiaciuto di non potersi esibire dal vivo con le sue nuove canzoni, visto che l'album è stato rilasciato dopo il suo ingresso nell'esercito. L'aspetto performativo è particolarmente importante per lui, d'altronde.
Pdogg: Sì, è davvero un peccato. Ed è proprio per quel motivo che abbiamo preparato una videoclip con l'esibizione di “Slow Dance”: perché Jimin teneva davvero al potersi esibire. Non ha potuto mostrare coreografie, visto che lì era accompagnato dalla band, ma se mai dovesse presentare la traccia in tour, potrebbe aggiungervi alcuni passi di danza, un lento. Quando avevamo concluso i lavori sull'album e mancavano solo più un mese o due al suo arruolamento, si attrezzava di microfono e faceva pratica nel canto e nel ballo come se si stesse preparando per una performance alla TV. Dice che la prima cosa che intende fare, quando avrà dei giorni di riposo dal servizio, è esercitarsi nel canto. Mi sembra davvero determinato a mostrare a tuttə quanto è migliorato ed i piccoli e grandi progressi che ha fatto, quando verrà congedato. Mi ha davvero colpito. La sua routine quotidiana era talmente piena—si svegliava presto ogni giorno per seguire corsi di inglese e lezioni di canto—che, ad un certo punto, non ho resistito e gli ho chiesto “Jimin, perché lavori così tanto?” e la sua risposta è stata che vuole ampliare la gamma di mezzi e forme espressive a sua disposizione, così da semplificare il lavoro di noi produttori e poter mettere a frutto tale esperienza nella stesura delle sue canzoni.
Sofia Carson ha partecipato a “Slow Dance” ed è anche apparsa nella live clip. Com'è nata questa collaborazione? Pdogg: La voce di Jimin ha un che di androgino e richiama l'atmosfera del pop occidentale, quindi abbiamo pensato non ci sarebbe stata male una collaborazione con un'artista d'oltreoceano ed il team A&R ha suggerito Sofia Carson. L'abbiamo anche vista recitare e cantare in un film e guardandola ho pensato “Wow!” È una cantante semplicemente fantastica e le loro voci si sposano bene insieme. Inoltre, Sofia ha studiato danza, quindi quello è un altro punto in comune con Jimin, sarebbero una coppia perfetta dovessero mai esibirsi insieme (ride).
Trovo che MUSE metta perfettamente in risalto la voce sensuale di Jimin. Cosa positiva, dato che quella nota seducente è un prerequisito fondamentale per le canzoni d'amore, e l'album ne è carico. GHSTLOOP: Lo scopo principale di Jimin era capire quali sono i suoi punti di forza nel canto e sfruttarli al meglio. Era anche piuttosto determinato ad apportare cambiamenti al suo stile canoro.
Pdogg: Quando abbiamo lavorato a FACE, Jimin era convinto di poter fare di meglio. Credo non fosse del tutto sicuro di poter esprimere appieno la visione che aveva per quel progetto. Questa volta, però, ha sperimentato con tanti stili e tonalità canore diverse così da trovare la soluzione perfetta per lui e rendere al meglio secondo gli obiettivi ed idee che si era prefigurato. Mentre per l'album precedente abbiamo adattato le canzoni affinché potesse raggiungere senza difficoltà anche le note più alte, che sono la sua specialità, questa volta non ci siamo limitati a quello ma abbiamo anche discusso molto su come potesse esprimersi al meglio, mostrando un approccio e caratteristiche sempre nuove e diverse per ogni brano, come cantando con tonalità più basse e profonde, oltre che in falsetto.
E riguardo questi cambiamenti, la sua voce in “Be Mine” sembra molto più minimal rispetto al cantato nelle sue tracce soliste incluse negli album dei BTS. Nel documentario Jimin’s Production Diary, vediamo che continua a preoccuparsi di non suonare troppo smielato, durante le registrazioni. Sembra veramente riflettere ed avere molto a cuore il suo modo di cantare.
GHSTLOOP: Esatto. Come ha già menzionato Pdogg, Jimin voleva ampliare la gamma di generi e tecniche canore a sua disposizione, ecco perché ha deciso di sperimentare così tanti stili. Rispetto al periodo di FACE, ora è molto più sicuro e stabile – anche emotivamente – ed è quindi molto più facile espandere il suo raggio artistico. Se avete notato una qualche differenza tra “Be Mine” e le sue canzoni precedenti, significa che ce l'ha fatta, che Jimin è riuscito nel suo intento, e noi con lui.
Quali sono le differenze principali nel suo modo di cantare da solista rispetto a quando canta con i BTS? Pdogg: Ognuno dei membri dei BTS sfrutta al massimo i propri punti di forza e nel caso di Jimin si può dire questi siano gli acuti e le note alte. Ma per i suoi lavori solisti, Jimin ha mostrato una gamma canora più ampia. Visto che “Who” è in inglese, vi si è approcciato come se si trattasse di un brano pop americano, sfruttando tecniche vocali mai provate prima. Il nostro obiettivo era presentare il suo cantato in modo che suonasse leggermente diverso rispetto a ciò cui siamo abituati. Inoltre, è sempre interessante sentire i vari vocalist di un gruppo fare a turno in una canzone, specialmente quando si tratta dei BTS perché i membri hanno voci talmente uniche e distinte tra loro, quindi con Jimin abbiamo cercato di registrare anche le sue canzoni soliste sottolineando al meglio il contrasto tra le note alte, quelle basse ed il falsetto, così da rendere più interessante l'ascolto e mantenere alta l'attenzione del pubblico.
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Dopo il rilascio di FACE, Jimin ha dichiarato “Ora sono sicuro della direzione da prendere d'ora in avanti. Ci sono tante cose che voglio fare e provare.” Quale pensate sia la sua forza motrice, ciò che lo spinge sempre a migliorarsi? Pdogg: Si impegna sempre al massimo per migliorare se stesso. Anche quando non aveva più promozioni all'attivo, ha continuato ad esercitarsi nel canto fino al giorno del suo arruolamento, come se ne sentisse davvero la necessità. Dopo FACE, il suo forte senso di responsabilità lo ha guidato a fare ancor meglio per il nuovo album, ed è proprio quella determinazione che lo ha spinto ad esercitarsi ancor più duramente. Persino quando ha finito di registrare tutte le parti vocali per MUSE ed eravamo quasi pronti al rilascio, Jimin non ha smesso di far pratica canora, al punto che ci siamo chiesti, ‘Ehm, forse dovremmo registrare anche questo?’ (ride) Perché, sì, i suoi progressi erano costanti, davvero impressionante.
GHSTLOOP: Persino il remix acustico.. se esiste è proprio perché Jimin continuava ad esercitarsi così duramente che sarebbe stato un peccato non registrarne i risultati (ride).
In MUSE troviamo anche una canzone dedicata alle/i fan, “Closer Than This.” L'approccio a questo tipo di tracce è forse diverso, rispetto al resto? Pdogg: È ormai tanto tempo che GHSTLOOP ed io lavoriamo con i BTS e sappiamo bene quanta sia la loro gratitudine nei confronti delle/i fan, anche se non potremo mai coglierne la portata fino in fondo, non quanto i membri stessi. Per quanto riguarda le fan song, solitamente Jimin ha le idee estremamente chiare rispetto a ciò che vuole esprimere con questi brani. Si annota tutte le conversazioni ed esperienze condivise con le/i fan, come se si trattasse di scrivere una lettera. Quando gli ho chiesto, mi ha spiegato che son tutte cose ed esperienze vissute insieme alle/i fan ed i relativi riferimenti tematici. Quindi è da questi elementi che partiamo per delineare la direzione da seguire. Nel caso di “Closer Than This”, abbiamo deciso di tenere come focus i concerti dei BTS. Ecco perché troviamo versi come "Finché i nostri giorni non si tingeranno nuovamente di viola" ed il testo fa sempre riferimento ai momenti condivisi da Jimin con l'ARMY. Per la parte corale – cantata da bambini – ci siamo prefigurati il giorno in cui i BTS saranno di nuovo tutti e sette insieme e andranno a trovare le/gli ARMY in concerto.
Attraverso MUSE, Jimin ha potuto aprire il proprio cuore alle/gli ARMY e svelare la sua truth untold (verità/parole ancora non condivisa/e). E voi? C'è forse qualche verità non detta che vorreste ora condividere con Jimin? Pdogg: Vorrei semplicemente dirgli che apprezzo tutto il suo strenuo impegno. Solo quello. Per noi produttori non c'è nulla di meglio che un artista che lavora duramente. Ha continuato ad esercitarsi fino al giorno del suo arruolamento affinché l'album potesse diventare un dono prezioso per le/i fan. Gli sono davvero grato e sono estremamente fiero di lui (ride). Ora non mi resta che aspettare e sperare concluda il servizio militare senza problemi ed in buona salute.
GHSTLOOP: Vale lo stesso per me. Come ha detto Pdogg, quest'album è tutto merito del grandissimo impegno e duro lavoro di Jimin, è grazie a lui se anche io ho potuto tenere duro e continuare a lavorare con impegno. Credo sia stata proprio la sua determinazione a trasmettermi l'energia positiva necessaria per portare a termine questo progetto. Gli sono davvero grato. Jimin, torna sano e salvo e quando avrai finito, dobbiamo assolutamente lavorare insieme a qualcosa di nuovo! (Ride).
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS ⠸
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Sono una persona così brutta se non ho più voglia di occuparmi dei miei nonni? Se non ho voglia di starli a sentire, di gestire i loro problemi, di essere di supporto, di rinunciare costantemente a vivere per l’angoscia ed il pensiero delle loro vite? Che si sono creati e scelti da soli? E così la stessa poca voglia di pensare in futuro ai miei genitori perché ho paura che finiscano soli e depressi esattamente come i miei nonni. E allora via di finte cene, finti pranzi, finte parole solo per non farli stare soli con loro stessi e finta vita mia perché costretta emotivamente a tutto questo.
Perché si fanno i figli? Perché si crea una famiglia? Per non invecchiare soli penso io. Per sentirsi costantemente parte di qualcosa e basta. Per essere egoisti e chiedere chiedere e chiedere. Esigere qualcosa e solo perché sei stato messo al mondo tu devi. Ma nessuno chiede di venire al mondo. E nessuno onestamente vorrebbe.
#magari non ha senso ma lo scrivo lo stesso#stanca#pensieri#cinica#doveri#obblighi#richieste#famiglia#croce#obbligato#catene#che palle#visione della vita#boh#chiedere#emotions#morale#domande#thegretchenimages
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Il Circo della Notte
Scheda informativa
Titolo originale: Night Circus Autore: Erin Morgenstern Editore: Fazi Editore Prima edizione: luglio 2021 Pagine: 514 Prezzo: € 15,00
Trama
Il circolo si apre al crepuscolo e chiude all’aurora. Inaugurato nella Londra vittoriana di fine Ottocento, gira per tutto il mondo, con un seguito di sognatori conquistati per sempre dalle sue meraviglie. Ogni notte, nei tendoni a striscie bianche e nere vengono messi in scena spettacoli sofisticati e numeri incredibili, tanto da sembrare magici. In realtà, dietro le quinte del circo è in corso un duello di veri incantesimi, di cui solo pochi sono a conoscenza. Celia e Marco sono due giovani maghi addestrati fin dall’infanzia a combattere l’una contro l’altro dai loro rispettivi mentori, due misteriosi esperti dell’occulto, rivali fin dalla notte dei tempi. Mentre l’illusionista Celia incanta tutte le notti il pubblico nel suo tendone, il discreto Marco, ingaggiato come assistente del proprietario del circo, controbatte creando attrazione sempre più elaborate e potenti. Nessuno ha messo in conto, però, l’amore che quasi inevitabilmente sboccia tra i due; un sentimento così profondo e prodigioso che scatena pericolose scintille a ogni sguardo rubato e che travolge un’intera sala non appena le loro dita si sfiorano. Ma la sfida tra Celia e Marco non può durare in eterno e solo uno di loro ne dovrà essere il vincitore. Gli anni passano, il circo diventa sempre più celebre, ma il destino di tutti colori che hanno contribuito a rendere possibile questo meraviglioso luogo è in bilico, proprio come gli acrobati che volteggiano ogni notte nei tendoni.
Recensione
Il Circo della Notte è un romanzo dove c’è assenza di colore (nero) contrapposta alla luce (bianco), nel quale però si intromette con eleganza il carminio curioso e affascinato. Perché il Le Cirque des Rêves è un luogo che affascina e meraviglia, che ti fa venire voglia di tornare anche quando è definitivamente chiuso, e così è il libro che ne parla, facendoti scoprire l’impossibile, convincendoti che tutto è possibile, anche la cosa che si trova più assurda. La prosa è ricca ed evocativa, moderna e scorrevole, seppure parli di un mondo passato, che a volte si associa a pomposità e a pesantezza. È assolutamente consona, invece, al mondo che racconta, un mondo che spesso si associa tra gli anni a cavallo dell’Ottocento e del Novecento, itinerante non solo perché si sposta da una località all’altra ma, anche, perché arriva inaspettato e inaspettatamente se ne va, lasciandoti con la meraviglia ancora negli occhi, nella mente e nel cuore.
Il passaparola è più importante dell’inchiostro, o dei punti esclamativi su manifesti e locandine.
Ma il Le Cirque des Rêves non a bisogno né di manifesti né di passaparola, poiché già il suo arrivo è una garanzia:
[...] Eppure con l’approssimarsi del buio un folto gruppo è già in attesa, là fuori. E tu sei fra loro, naturalmente. La tua curiosità ha avuto la meglio, come d’abitudine. [...]
La narrazione si rivolge direttamente al lettore, rompendo la quarta parete per coinvolgerti nella sua meraviglia, che tu accogli con gli occhi di un bambino, cercando di capire, esplorare, sempre di più di questo mondo che sembra essere incantato, magico, uscito da un’altra dimensione. Anche quando la narrazione non si rivolge direttamente al lettore, ma a uno dei personaggi della storia, è lì per te, per incoraggiarti e per accoglierti nel suo mondo.
[...] Non sei un predestinato, un prescelto. [...] Sei nel posto giusto al momento giusto, e te ne importa abbastanza per fare ciò che è necessario. A volte basta questo.
Valutazione
★★★★★ 5/5
Della stessa autrice
Il Mare Senza Stelle, Fazi Editore, 2020
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Cosa riesce a farti innamorare di una persona?
Bella domanda anon.
Ritengo ogni persona sia un soggetto a sé stante ed in quanto tale essa sia unica e speciale, non potranno mai esistere due individui uguali in tutto e per tutto, nemmeno i gemelli lo sono, eppure a livello estetico spesso possono apparire tali ai molti, ma ad un occhi attento o a quello dei loro cari nemmeno in questo caso lo sono e ciò poiché vi sarà sempre quel particolare che contraddistinguerà uno piuttosto che l'altro: una pagliuzza in più o in meno nell'occhio, una voglia in un punto particolare del corpo e così via e così anche chi dovrebbe essere identificato non lo è mai realmente.
È proprio questa unicità che contraddistingue una persona la prima caratteristica che mi affascina e che mi può portare a voler conoscere una persona in maniera più approfondita e non superficialmente. Non vi sono infatti caratteristiche che possiede solo una persona nello specifico, ma al contempo una caratteristica che in 100 possiedono può venire sviluppata in altrettanti modi di essere ed esprimersi, proprio per questo risultare insipida in alcuni soggetti ed invece sapida al punto giusto in altro casi e perciò suscitare la mia curiosità.
Non ritengo di essere una persona difficile in ambito amoroso quindi per farmi innamorare non occorre ricoprirmi di doni, che ritengo anche divenire superflui se continui e non necessari, oppure di parole e lusinghe cuore di sentimento e di dimostrazioni volte più ad esibire sé stessi che l'amore che si può provare per l'altro.
La prima "regola" che tutti dovremmo ricordarci per far innamorare una persona di noi, e non di una maschera oppure di un personaggio che ci siamo creati per conformarci alla convenzione sociale, è quella di essere noi stessi: belli, brutti, emotivi, riservati, studiosi, sportivi, eccentrici, timidi e così via. Se una persona riesce ad essere sé stessa e mi mostra il suo vero io già questa qualità può farmi innamorare, ciò dal momento in cui noto i suoi particolari, i cosiddetti pregi e difetti che plasmano quella persona e non un'altra.
Trovo i difetti particolarmente interessanti. Tutti siamo capaci di bearci dei pregi di una persona per la quale proviamo interesse e altresì siamo tutti soddisfatti quando in noi vengono notati e poi riconosciuti dei pregi, infatti facciamo di tutti perché siano ben visibili o pronti all'occorrenza; tuttavia, tutti, nessuno escluso, possediamo dei difetti che vogliamo sia nascondere, per paura del giudizio altrui,( sebbene io ritenga che il giudizio che temiamo di più e ci porti a nasconderli sia proprio il nostro) sia far amare all'altro in quanto ciò equivarrebbe per noi al riconoscimento del fatto di essere giusti. Osservando i difetti di una persona io posso innamorarmi di lei, sì perché in primis ciò che può risultare un difetto o una caratteristica negativa per l'altro può invece essere un particolare interessante o una caratteristica positiva per me; ad esempio: se una persona ritiene essere un difetto la timidezza, per me invece può risultare un pregio se mi piace che la persona con la quale interagisco arrossisca a un complimento. Al tempo stesso, come detto, anche una persona che riesce ad accettare i miei difetti, valorizzandoli e rendendoli belli può farmi cambiare idea su me stessa, farmi innamorare iniziando da farmi amare da me.
Stabilità,presenza,rispetto,lealtà,fedeltà, complicità, sincerità e fiducia sono caratteristiche che se combinate, equilibrate tra loro nel giusto mix mi fanno innamorare di una persona la quale dimostra di essere in qualche modo solida e matura abbastanza per poter far battere il mio cuore ad un ritmo maggiore e farmi pensare di poter costruire qualcosa di solido e duraturo,non sono fatta per lo stare insieme un giorno e lasciarsi il successivo.
Mi fanno innamorare le dimostrazioni d'affetto, di interesse e la voglia di farmi sentire apprezzata, voluta e cercata. Mi piace se mi si chiede come sto e si ascolta con vero interesse la risposta, ed ancora di più se coglie che magari dietro alle parole sto bene in realtà c'è della tristezza; se ricevo il messaggio del buongiorno o della buonanotte perché la persona fa caso ai miei orari e decide di mandarmeli per farmi svegliare col sorriso o se ha deciso di ricordarmi che mi pensa anche se occupata; mi strappa un sorriso sentire la voce di una persona che mi chiama o mi manda un vocale senza un motivo preciso, ma solo per farmi sapere che mi pensa.
Mi fanno innamorare i "mi manchi", i "ho visto questa o quella cosa ed ho pensato a te", i "ti penso", i "appena torno voglio stare con te", i "sei importante" e così via; mi fanno innamorare i gesti spontanei, farti senza bisogno che vengano chiesto: gli abbracci, stringere una mano, offrire ascolto se mi si vede triste, una coperta o una giacca se sento freddo, compagnia per la solitudine, un fiore colto da un prato, una lettera ecc.
Il modo di parlare o quello di camminare di una persona mi intrigano e possono suscitare in me curiosità, possono farmi innamorare se particolari,se noto una cadenza o un avvento particolare, se si aprono o chiudono le vocali, se mentre cammina prima muove il piede destro o il sinistro se sta scritto oppure no e tutti altri dettagli che possono diventare speciali per me e farmi riconoscere una persona tra le altre come unica al mondo.
Mi fanno innamorare due occhi che cercano i miei, che non hanno paura di sostenere il mio sguardo, che come io scruto il loro colore, la loro luce, la loro storia abbiano voglia di fare altrettanto con i miei; due mani calde o fredde, più o meno grande oppure più o meno morbide che però sanno stringere al momento giusto e mai per forza; un profumo scelto apposta per essere quello con il quale potrei identificare il suo arrivo o riconoscerlo in mezzo ad altri.
Le sorprese sono gesti che mi regalano ricordi ed esperienze che posso continuare a riportare alla mente e rivivere sempre con gioia, non serve esse siano di grande portata, perché quelle che apprezzo di più sono quelle semplici, creative e fantasiose, quelle che vengono dal cuore e dalla voglia del momento di vedermi sorridere non dettate dal fatto di dovermi stupire ad ogni costo o da convenzioni sociali per le quali per sorprendere il gesto deve essere estremo o ina qualche modo eclatante.
La premura mi fa innamorare, la complicità mi fa innamorare, la simpatia mi fa innamorare se non estremizzata al ridicolo, la cura, ma soprattutto la bellezza interiore, la sua essenza, il suo colore, la sua luce.
Per questo motivo ci sono caratteristiche che mi fanno innamorare di una persona, ma ogni persona in quanto unica potrebbe averne che non conosco e che potrebbero farmi innamorare e farmi dire in seguito che è stato merito loro se ho sviluppato questo sentimento.
Grazie della domanda.
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mi dici che non sono come le altre e impari a baciarmi a occhi chiusi. c’è qualcosa in quella frase, nell’idea che per essere desiderata io debba essere diversa dalle altre donne, che mi fa venir voglia di sputare fuori la tua lingua. come se dovessi essere fiera di essere scelta da te, come se dovesse essere un sollievo pensare di essere meglio di loro.
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Secondo racconto erotico
Mi presento sono Chiara. Ho 18 anni e dopo la mia maturità andrò in gita con le mie due migliori amiche Sofia e Isa. Viaggio triste direte, ma io con le mie due amichette del cuore è tutto ciò che desidero.
Partiamo per Miami, non perchè abbiamo programmi particolari ma perchè abbiamo trovato un offertona per pochi euro e ci costava meno di altre mete,perchè insomma si sa ,non serve la destinazione ma con chi si va.
Ora voi penserete che noi tre abbiamo lesbicato o altro invece vi stroncherò,perchè non abbiamo fatto niente, anche se ammetto che da adolescenti tipo prima o seconda liceo ci sgrillettavamo insieme.
Partiamo,arriviamo e appena scendiamo conosciamo 4 ragazzi,belli muscolosi, carini, e italiani come noi. Facciamo subito amicizia, ma se la matematica non è un opinione era uno in più, quindi una delle tre non avrebbe ''concluso''. Andiamo a fare serata assieme. Ci ubriachiamo ,Isa ci lascia per prima e va nel nostro hotel ( dove c'eravamo state solo per riporre le valige) mentre io e Sofia ce la ''giochiamo'' per accaparrarci uno dei tre,visto che l'altra si sarebbe ritirata e tirata un triste e solitario ditalino. La sfortuna vuole che Sofia,mi sorride e mi dice ''hai perso'' io vado a casa loro.
Uffa penso fra me e me. Mi farò sto benedetto ditalino, da sola visto che non posso scoparmi due ragazzi (ah dimenticavo non potevo perchè avevo il cu*etto vergine). Comunque fatto sta che beviamo e beviamo tantissimo,ma tanto proprio che ad una certa con tutta la voglia che avevo e la rabbia per le amiche decido che si vive una volta sola. Allora appena ritorna Isa che ha già ''fatto'' le chiedo le chiavi e le dico che adesso non me ne basta uno ma tutti e due. Loro ubriachissimi a loro volta scelgono (ovviamente) di seguirmi.
Arrivati a casa ci mettiamo sul letto (matrimoniale) dove poco prima ci aveva ''dato'' Isa con il loro amico. Faccio uno spogliarello con loro due sul letto e loro mi guardano esterrefatti. Guardo i loro bozzetti sulle patte e mi congratulo con me stessa per quanto sia stata brava. Una volta nuda gli sorrido e gli dico che è il loro turno.
Si spogliano e sorpresa due cazzi,ma due cazzi opposti uno grosso e corto e uno lunghissimo ma poco spesso, sorrido e gli dico di segarsi mentre io mi coccolo un po' il mio clitoride.
Dopo 5 minuti mi chiedono di scopare,perchè sennò vengono e non vogliono venire con una sola se*a. Allora colpo di genio.
Dico: ''Sentite io sono vergine dietro''
Loro sorridono e si strattonano per chi deve ''sverginarmi'' e vedo le loro spade toccarsi, mi brillano gli occhi a vedere quelle spade.
Continuo dicendo: ''ragazzi non c'è problema il culo lo do ad entrambi, solo che per averlo dovete fare una cosa per me.''
Rispondono in coro: ''Qualsiasi cosa.''
''Allora dovete incularvi a vicenza,prima tu lui e poi lui te, cosi' da non essere l'unico culo sverginato perchè immagino che anche voi lo siate''
Impressionante come l'uomo sia cosi debole,subito si afflosciano i loro piselli e diventano paonazzi e negano di volerlo fare e quasi piangono. Allora non se ne fa niente mi dispiace, il ragazzo con il pisello più corto si inizia a fare una sega, e dice ''ok oggi mi prendo due culi vergini''
L'altro controbatte con sognalo.
Credevo,non si facesse più niente ma alla fine ingoia la saliva ok inculami ho troppa voglia di scoparmi lei.
Il piccolo cazzo sale sopra e senza sputo o lubrificante (che avevo io in mano) lo impala da una decina di colpi e smette e mi sorride. L'altro inculato si addrizza alla prima botta, ora si invertono i ruoli il pisello lungo inchiappetta l'altro penso. E cosi' succede il pisello lungo inchiappetta il pisello più corto, ma sorpresa.
Io rimango a bocca aperta il pisello corto viene, e dopo un paio di botte il pisello lungo appena esce viene e fa compagnia alla sb*rra del ragazzo passivo.
Io rimango colpita mi do due o tre colpi decisi al clitoride e vengo anche io.
Loro due sono imbarazzati e non parlano allora si rivestono e vanno via quasi piangendo e vergognandosi.
Io resto in casa,poco dopo mi chiamano le mie due amiche e ritornano a casa.
Tutte e due con la fi*a appagata e mi chiedono com'è farsene due. Io sorrido e dico ''Immaginate pure''.
Purtroppo alla fine mi sono accontentata di un ditalino.
Fine
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[✎ ITA 📻] Apple Music : SUGA | Agust D Radio Ep.4 - Preferiti | 09.05.23⠸
🍎 Apple Music 🎵
SUGA | Agust D Radio
Episodio 4 : "Preferiti"
🎶 Playlist
Ciao e benvenutə a ‘SUGA | Agust D Radio’ su Apple Music. Ciao, Apple Music, io sono SUGA. Siamo già al 4° episodio. L'argomento di oggi saranno i nostri "Preferiti"! Ciò che ci piace di più! Iniziamo ascoltando una delle mie canzoni preferite: "Talking to the Moon" di Bruno Mars
♪ Talking to the moon – Bruno Mars
State ascoltando ‘SUGA | Agust D Radio’ su Apple Music. [*lo ripete in coreano*] Ah... "Talking to the moon"... del nostro amico Bruno Mars. Ad ogni modo... Alle medie... È stata rilasciata quando ero alle superiori. Quando eravamo trainee, l'ascoltavamo un sacco, "Talking to the moon". Era la mia traccia preferita di quell'album. Ultimamente, ho visto che ci sono molti remix su TikTok... Anzi, in realtà non solo di recente, è già un po' che ce ne sono. Ci sono sempre tanti remix (di quella canzone) e molte versioni diverse. Mi sembra di aver notato questa cosa. Remix che fanno tipo "Talking to the m-m-m moon". Sono fatti bene, oggigiorno. Sono composti di modo che facciano venir voglia di ballare. Per favore, ascoltate tanto "Talking to the moon", è bella! Sapete che non vi consiglierei mai canzoni solo così così.
Ma se parliamo di preferiti, non posso non menzionare i miei hobby. Come sapete, mi piace fare esercizio fisico... dire "mi piace" non sarà un po' troppo? Mi piace guardare la gente che fa esercizio fisico. In particolare, mi piace il basketball, è una disciplina che mi diverte. Sono un uomo... un uomo appassionato di sport. Mi piace seguire lo sport. Guardo anche il baseball. Ma quando una squadra per cui tifo non sta andando molto bene, non la seguo poi molto. Guardo il basket ed il calcio. Seguo la UFC e la NFL. Seguo anche l'hockey su ghiaccio. Beh, diciamo che seguo un po' tutti gli sport, praticamente. A volte guardo anche il judo, i campionati di judo e quelli di pugilato. Però, non guardando molto la tv, seguo solo le partite/incontri principali ed il resto lo guardo su YouTube, se mi compare nella home.
Ad ogni modo, ho preparato una canzone che ascolto spesso quando mi alleno e lavoro. Lo sapevate? I veri sportivi ascoltano i gruppi femminili (*ride*). Dico sul serio! Ho chiesto in giro ai miei conoscenti che sono fissati col benessere, e che riescono a sollevare pesi da 120 e 130. Gli ho chiesto cosa ascoltano e loro mi hanno risposto LE SSERAFIM e le New Jeans. Sul serio, dico sul serio! Davvero! Mi han detto che ascoltano "Antifragile" de Le Sserafim. Allora ascoltiamo le Sserafim con "Antifragile" e poi torniamo qui!
♪ Antifragile – Le Sserafim
Bentornatə a ‘SUGA | Agust D Radio’ su Apple Music, insieme a me: SUGA dei BTS. Che? È un a hit? Questa è una canzone che ha avuto molto successo. HYBE, Source Music, Le Sserafim. Sto parlando della canzone delle nostre colleghe (più giovani), "Antifragile". È un brano entusiasmante. Non puoi che elettrizzarti fin dall'inizio, basta riprodurlo.. basta ascoltarlo un paio di volte ed è facile imparare la canzone perché ci sono diverse parti davvero coinvolgenti. È una traccia davvero ben fatta.
Ma se parliamo di preferiti, non posso non menzionare questo film. Ad esser sincero, non ascolto spesso musica né guardo molti film. Dato che non sono proprio un patito di cinema, solitamente mi limito a guardare le pellicole al n.1 del botteghino, di tanto in tanto. Non mi piace molto andare al cinema, quindi guardo poi quando i film vengono rilasciati in streaming, preferisco pagare per vederli on demand. Ma solitamente li guardo sulle piattaforme streaming. Qual è la vostra pellicola preferita in assoluto? Il mio film preferito è "Inception". "Inception", sì, me lo ricordo. Sono già... cosa? 13..? 14 anni che è uscito? Era quando facevo le superiori, ho quest'immagine di me in divisa (in mente), mentre lo guardavo. Aah... "Inception", lo riguardo 2 o 3 volte ogni anno, credo. Ad esser precisi, penso di averlo visto qualcosa come 50 volte. L'ho trovato anche su Netflix, quindi l'ho riguardato. Sapete, ad esempio quando state mangiando qualcosa di buono e avete solo l'imbarazzo della scelta tra le nuove uscite da guardare... Ecco, io invece attacco "Inception". Quando è uscito, è stato sensazionale. Mi è sempre piaciuta la regia di Christopher Nolan e ho visto tutti i suoi film, a partire da "Memento". Ma quando poi è uscito "Inception" ha avuto un successo enorme. L'argomento trattato era tipo... un sogno nel sogno, nel sogno, nel sogno, nel sogno... Avete già sperimentato tuttə qualcosa di simile, vero? Anche io, un sogno nel sogno... Ah, che paura! Quando ti svegli ma stai ancora sognando, allora cerchi di svegliarti davvero, ma è un altro sogno. A me è capitato quando ero piccolo, e ho avuto molta paura. Le trovate tecnologiche [*nel film, i totem] erano davvero fantastiche. La forza di gravità e poi il risveglio. La caduta nell'acqua e poi il risveglio. Aaah... anche visivamente era davvero bellissimo. Quando "Inception" è uscito nelle sale, in Corea si è fatto tanto parlare anche dell'auto [Hyundai] Genesis. Hyundai Motor Company, vi adoro! La Genesis è stata immessa sul mercato (più o meno in quel periodo) e, nella scena del treno, vediamo una Genesis color prugna. Sembra divertente guidarla. Ad ogni modo, uno dei motivi principali per la mia passione per questa pellicola è la musica, che è scritta da un compositore che mi piace molto, Hans Zimmer. Ecco a voi un suo brano: "Time". Ascoltiamolo!
♪ Time – Hans Zimmer
Sono SUGA dei BTS su ‘SUGA | Agust D Radio’. Per parlare ancora un po' di "Time" di Hans Zimmer... Ah, quando la sentite, la riconoscete subito, ed è perché usiamo la stessa sequenza sonora, con Cubic. Wow... davvero fighissima. Hans Zimmer... C'è questo film che si intitola "Score [: La musica nei film]", è una sorta di documentario e vi partecipano tanti direttori musicali diversi... Ve lo consiglio, specialmente per i/le musicistə. Potrei passare tutta la notte a parlare di "Inception". Ma se dovessi parlare del finale, mi direste "Ah, stai di nuovo spoilerando!", "Come hai potuto spoilerarcelo?!". Però, sì, il finale fa riflettere. Ma dobbiamo assolutamente approfondire ancora un po' riguardo la musica di Hans Zimmer, riguardo "Time". Quando l'ascolterete, capirete. Hans Zimmer si occupa di molti aspetti della sua musica. Per spiegarvi la cosa un po' meglio, i/le direttori/trici musicali lavorano sempre con diversə assistenti. Se andate a vedere gli spartiti, noterete che sono segnati un sacco di direttori/trici e autori/trici. Uno dei brani più noti di Hans Zimmer è proprio "Time", ma è anche famoso per le colonne sonore di videogiochi, immagino lo sappiate. La serie (di videogiochi) "Modern Warfare" [*Call of Duty].. Aaaaaaaaaaaaah! Io non sono tanto bravo, ma mi piace guardare le altre persone quando giocano. Mi basta guardare dei gameplay. "Modern Warfare"... davvero sconvolgente. Con i videogiochi sono parecchio sfortunato, quindi non mi ci dedico spesso, ma vi consiglio di darci un'occhiata. È davvero incredibile. Dunque, invece di consigliarvi solo un brano, vi consiglio l'artista. Per favore, andate ad ascoltare tutte le tracce di Hans Zimmer, dalla prima all'ultima.
Ma tornando ai miei film preferiti, un altro regista che mi piace molto è Quentin Tarantino. Tarantino mi ha molto influenzato per i miei video musicali, ma credo sia evidente. Partendo da "Le Iene", mi piace anche molto la colonna sonora di "Django [Unchained]" e "Bastardi Senza Gloria". Ma la mia OST preferita credo sia quella di "Django". La "D" in 'Django' praticamente non si pronuncia... Agust D... No, non mi sono ispirato a quello, quindi, perché in 'Agust D' la 'd' si pronuncia. Ma per parlare ancora un po' dei film di Tarantino, il mio preferito penso sia "Le Iene". "Le Iene" è una pellicola che è stata girata con un budget molto ridotto, cioè, sul serio! Se guardate il film, capirete cosa intendo. Però, davvero, quando lavoravo a "Daechwita", molta dell'ispirazione che è andata nel MV arrivava da Tarantino. Ne ho parlato un sacco anche con il regista Lum [*Lumpens]. La gente si chiede com'è che nel video appare quell'auto e inizia a sgommare girando in circolo e poi, tutto d'un tratto, c'è anche questo re... Ma sì, insomma abbiamo incluso molti dettagli simili perché piacevano ad entrambi e sono frutto dell'influenza che ho tratto da Tarantino. Guardate "Le Iene". Se lo guarderete, noterete che molti video musicali coreani si sono ispirati a quella pellicola. Davvero tantissimi. Vorrei continuare a parlare de "Le Iene", ma immagino moltə di voi non l'abbiano ancora visto. È pure vietato ai minori. Ma, più avanti, se avrete tempo, dategli una possibilità e guardate "Le Iene". È divertente! "Django", "Kill Bill". Aaah, anche "Kill Bill" è davvero ben fatto.
♪ Opening Titles – Hans Zimmer
Dato che stiamo parlando di film, mi piacciono molto i registi Bong Joon-ho e Park Chan-wook, che sono l'orgoglio della Corea. Credo tra me e le trilogie ci sia qualcosa di speciale... Non so se sia perché, fin da piccolo, ne ho sempre guardate, ma c'è decisamente qualcosa [delle trilogie che lo affascina]... La 'Trilogia della Vendetta' di Park Chan-wook... è un must, da guardare assolutamente. La musica di quei film, poi, è davvero pazzesca. Sì, mi piacciono davvero un sacco le colonne sonore dei film di Park Chan-wook. Se ho capito bene, lui stesso partecipa attivamente in ambito musicale per le sue pellicole. Mi pare di aver capito così. Potrei sbagliarmi. Se fosse un'informazione sbagliata, mi scuso, ma so che ha una vera passione sia per i film che per le colonne sonore e fa sul serio in entrambi... Anche il regista Bong Joon-ho, tutti e due. Personalmente, parlando dei lavori di Park Chan-wook, trovo le sue sceneggiature e la musica nei suoi film davvero ottimi, sono tutti davvero belli, ma il mio preferito è "Oldboy". Aaaaaah... è davvero pazzesco, ragazzə! Mi raccomando, guardatelo. Mi chiedo come andrebbe, se fosse uscito oggigiorno, sulle piattaforme on demand. È un film che mi piace davvero un sacco, mi raccomando, guardatelo. Aah, "Oldboy", anche la colonna sonora è pazzesca. Provate ad ascoltarla dall'inizio alla fine.
Ma, dato che stiamo parlando di film.. L'orgoglio di Daegu, il regista Bong Joon-ho. Si è trasferito a Seoul quando era in terza elementare. Io sono arrivato a Seoul quando ero al 2° anno di superiori. Quando si parla di Bong Joon-ho, viene sempre menzionato "Parasite", ma a me viene in mente "Memorie di un Assassino", è davvero sconvolgente, ragazzə... Dovete assolutamente guardarlo. Dà una rappresentazione davvero ottima del periodo storico in cui è ambientato, spero davvero lo guarderete. Anche la colonna sonora è molto bella. È davvero.. Waah... davvero fantastica.
Finora abbiamo menzionato diversi film, ma sono sicuro ci sarà qualcuno che starà dicendo "Non ti sembra di aver parlato solo di film e registi famosi e scontati?" E no, perché a me piacciono questo tipo di persone, famose anche se forse scontate. I gusti son gusti. Ci sono anche diversi attori che ammiro, ma per ora basta parlare di film e musica. In passato mi piacevano parecchio i film francesi. Mi affascinavano, ma non ne ho visti poi tanti. Quelli in stile bianco e nero... un po' come "Le Iene", con quell'atmosfera... C'è questo film, ad esempio, in cui compare uno specchio e poi c'è questo gesto delle mani, del tipo [*? potrebbe forse trattarsi de "La Haine", n.d.t.]. Mi piace un sacco. È molto diverso dai film moderni... cioè... ovviamente... ma.. è bello, davvero bello, molto bello.
♪ The Last Waltz – Shim Hyun Jeong
Ora che sono direttamente coinvolto nella sceneggiatura ed ogni dettaglio dei miei video musicali... è molto difficile sottrarmi all'influenza delle pellicole che ho visto. È quasi uno sforzo collaborativo tra musica e film... Vale lo stesso per i drama, e anche per i video musicali. Quando guardiamo un film e pensiamo "Come avranno fatto a girare quella scena?", non trovate sia davvero divertente? Sì, è un'attività davvero divertente, quel tipo di reazioni. (Quello che ho menzionato) È un film più datato ma molto bello, sarà giusto definirlo "datato"?... È uscito nel 1995, quindi immagino di sì. Quando si gira un film, ci si serve di molta tecnologia ed apparecchiature, come le (video)camere dolly, le steadicam ecc.. ma, tra i film di allora, è difficile trovare una pellicola in cui l'immagine si mantenesse ferma a lungo. Dovevano creare un abbozzo e pensare alla lunghezza delle riprese, in quegli anni... Wow, lo trovo davvero interessante. Magari avrebbero potuto filmare tenendo la telecamera sulle spalle, ma la ripresa sarebbe comunque stata mossa. Vedere come venivano fatte le riprese una volta è davvero divertente, magari dateci un'occhiata, se vi capita.
♪ My Heart Will Go On : Love Theme from "Titanic" – Céline Dion
Stiamo parlando di film e immagino qualcuno di voi starà dicendo "Ma guarda questo, non sa neppure di cosa sta parlando, è tutta finzione". Avete ragione. Non ne so molto, a dire il vero. Vi sto semplicemente menzionando cose di cui ho ricordo e che mi vengono in mente. Ma ora vorrei parlarvi dei miei musicisti preferiti. La prossima canzone che vorrei consigliarvi è di un artista che rispetto davvero molto, il famosissimo Ryuichi Sakamoto. È stato davvero un onore enorme poter collaborare ad una mia canzone con il maestro Sakamoto. Solo di recente, ho saputo che è venuto a mancare e ne sono affranto. Gli sono davvero grato e visto tutto il rispetto che nutrivo per lui, ho scelto tre dei suoi brani da consigliarvi. Sono sicuro moltə di voi li conosceranno bene: "Merry Christmas Mr. Lawrence", "Opus", "Railroad Man". Ascoltiamoli.
♪ Merry Christmas Mr. Lawrence – Ryuichi Sakamoto
♪ Opus – Ryuichi Sakamoto
♪ Railroad Man – Ryuichi Sakamoto
Il quarto episodio sta giungendo al termine. Condividere i miei preferiti con voi, in tutto il mondo, è stata un'esperienza... nuova? È stato nuovo e piacevole anche per voi? Probabilmente avrò scelto dei brani un po' ovvi. La prossima settimana sarà il nostro ultimo episodio. Mi sto già preparando tante nuove storie divertenti da condividere con voi, quindi spero vi e ci divertiremo fino all'ultimo. Se non avete ancora avuto modo di ascoltare gli episodi precedenti, potete andare nella pagina artista di Agust D, su Apple Music, ed ascoltarli. Vi saluto con quest'ultima canzone: "Snooze".
Non perdetevi l'ultimo episodio, la prossima settimana! CIAAAOOO!
♪ Snooze (feat. Ryuichi Sakamoto , Woosung) – Agust D
⠸ eng: © MINSUGAHQ | ita : © Seoul_ItalyBTS⠸ Twitter
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Selvatica - 30. Ce ne andiamo?
Ante si accostò all'orecchio di Corinna e le scostò i capelli dal collo. Lei ebbe un fremito che lo fece sorridere. Reagiva a lui in un modo sensuale, un abbandonarsi quasi completo che glielo faceva venire duro in meno di un secondo. Era per lui una fonte di desiderio costante.
«Ce ne andiamo?»
«Ma siamo appena arrivati» sussurrò lei, voltandosi a mostrargli le labbra piene ricoperte dal rossetto color rosa scuro, labbra che avrebbe tanto voluto sentire su un punto preciso del suo corpo.
Era vero, forse si erano seduti da soli cinque minuti e lui già si sentiva insofferente. E non era solo perché aveva voglia di stare da solo con Corinna, si stava sentendo a disagio sotto lo sguardo fisso di Federica. Era seduta proprio di fronte a lui e cercava di attirare la sua attenzione facendo la gatta morta con il ragazzo che aveva a fianco, un tipo con i capelli chiari e gli occhi azzurri che sembrava più a disagio di Ante.
Corinna si era messa a conversare con Isotta di cose che non gli interessavano e non sapeva che fare. Quelle due stavano diventando inspiegabilmente amiche, però era contento che Corinna si trovasse a suo agio quando era con loro.
«Sto pensando che voglio vederti con quel completino addosso.»
Corinna sorrise. «Non l'ho messo.»
«No?»
«No. Ne ho un altro, una sorpresa.»
Ante si avvicinò a Corinna, schiacciandola contro il bracciolo del divanetto, che scricchiolò. «Andiamocene, sono pronto a ricevere la mia sorpresa.»
Lei poggiò le labbra sulle sue. «Non essere impaziente.»
«Ante, ieri stavo guardando la partita e ho notato che hai giocato poco e male. Non è che Corinna ti sta distraendo troppo?» li interruppe Federica, facendoli voltare entrambi.
«Adesso ti intendi anche di calcio?» rispose Ante, scoccandole un'occhiataccia.
Federica non si lasciò intimidire. «Corinna, tu non lo hai trovato... affaticato?»
Corinna gli lanciò un'occhiata allusiva, riempiendogli la mente di loro due uniti e sudati. «Non direi.»
«Lascia che ti dica una cosa, lui non è un ragazzo come gli altri. Non può arrivare a giocare le partite stanco. Capisci cosa intendo?»
Ante sentì Corinna irrigidirsi e la vide diventare seria. «Fede, smettila di romperle le palle.»
Corinna gli poggiò la mano sul braccio, forse intuendo che si stava innervosendo. «Se Ante ha giocato male ieri non è certo per colpa mia. Non l'ho visto per tutta la settimana.»
«Ti prego, Federica, non ti ci mettere anche tu con questi discorsi stupidi. Sono professionisti, sanno cosa possono o non possono fare.» Isotta si voltò verso Corinna e le sorrise. «Tesoro, abituati a questa cosa. Ogni volta che giocheranno male, per i tifosi sarà sempre colpa nostra, che siamo mangiatrici di uomini e non gli diamo tregua.»
In quel momento Ante avrebbe voluto abbracciare Isotta. Aveva zittito Federica e fatto spuntare di nuovo il sorriso a Corinna. Tuttavia, sentiva il sangue ribollirgli nelle vene per come Federica si stava comportando. Continuava a fissarlo, a sfidarlo con lo sguardo. Ante serrò la mascella, si alzò e andò in bagno.
Guardò il suo riflesso nello specchio ripetendosi che doveva stare calmo, che tanto Corinna se la sapeva cavare da sola. In fondo era una gattina selvatica, come amava chiamarla lui. Ricordava molto bene quello che l'aveva colpito di lei, sapeva tirar fuori le unghie quando necessario.
La porta si aprì, lasciando passare Federica. Si appoggiò con la spalla alla parete di fronte a lui. Un top striminzito lasciava scoperto gran parte del seno abbondante e lei glielo stava offrendo alla vista.
«Così è questo quello che volevi, una come lei.»
Ante sbuffò, stanco. Riportò lo sguardo sul suo viso. Federica era bella e non gli era mai stata indifferente. Ma oltre l'attrazione fisica non c'era niente, non gli trasmetteva niente. «Fede, non tormentarla. Non ti ha fatto nulla.»
«Era solo per capire perché tra noi non ha funzionato.»
Ante si avviò verso l'uscita. «Sei venuta con un altro ragazzo stasera, dovresti pensare a lui.» Aprì la porta e fece alcuni passi fuori seguito da lei che lo afferrò per un braccio, costringendolo a voltarsi.
«Non significa niente per me.»
Lui le rivolse un sorriso amaro. «Certo. Esisti solo tu, gli altri sono solo delle marionette.»
«È questo che pensi di me?» Ante non rispose e Fede continuò. «Tra me e te è diverso.»
«Tra me e te non c'è niente.»
«Noi siamo stati a letto insieme.»
Già, e se ne stava pentendo ogni secondo di più. «E stasera andrai a letto con lui, così siamo pari.»
Federica spalancò gli occhi e incrociò le braccia al petto. «Stai dicendo che sono una facile?»
«Non mettermi in bocca parole che non ho mai detto. Non me ne frega niente se ti scopi ogni sera uno diverso, non è questo quello che mi interessa.»
«E allora cosa? Cosa ha lei che io non ho?»
«Siete due ragazze completamente diverse. Corinna è... spontanea, tu invece sei costruita dalla testa ai piedi.»
«Tu non mi conosci per niente.»
«Già, è così, non ti conosco. Anche tu non mi conosci, e neanche te ne frega di sapere come sono fatto. A te interessa solo poter essere la fidanzata di un calciatore, come Isotta.»
Un sorriso arcigno comparve sulle labbra rosse della ragazza. «Siamo tutte così, Ante, anche lei. Dalle un po' di tempo e vedrai che appena capirà di poter sfruttare la tua immagine lo farà. La differenza tra me e lei è che io non mi faccio problemi ad ammetterlo.»
«Ante, che succede?»
Corinna era proprio dietro di lui e non sapeva quanto avesse ascoltato. Ante le prese la mano e lei lo lasciò fare ma non la strinse. Aveva negli occhi una strana luce. Gelosia, forse. Anche se sembrava più arrabbiata.
«Niente, stavamo parlando.»
«Di te» aggiunse Federica prima di lanciare uno sguardo complice a lui e andare via.
Lui abbracciò Corinna. Ma lei lo respinse. Infilò le mani in tasca e la guardò. Dunque era arrabbiata.
«C'è qualcosa che devi dirmi?»
Scosse la testa. «Non pensare a Fede. Lei è strana, ha questa fissazione per...»
«Pensi che io sia scema? Pensi che non mi sia accorta di come ti ha guardato per tutto il tempo? E quel battibecco era una scenata di gelosia in piena regola. Che cosa c'è tra voi?»
«Niente, Corinna. Assolutamente niente.» Fece un passo verso di lei, ma lei ne fece uno indietro. «Andiamocene a casa.»
«Preferisco tornare a casa mia stasera.»
«Stai scherzando? Sei arrabbiata con me per questa stronzata?» Perché doveva prendersela con lui? Non aveva fatto niente.
«Hai idea di come mi sono sentita quando ti sei alzato e lei ti ha seguito subito dopo? Mi guardavano tutti. Tutti, Ante. E io ero la povera scema che se ne stava lì senza dire niente, senza sapere niente.»
Ante chiuse gli occhi e abbassò la testa, comprendendo quello che stava succedendo nella testa di Corinna. Sentì che doveva farle capire che per lui lei era importante, che era diversa. La attirò a sé contro le sue resistenze.
«Corinna, tu ancora non lo sai ma io non sono un tipo facile. Non ho un bel carattere e soprattutto difficilmente mi lascio coinvolgere da una ragazza. Puoi chiederlo a chiunque lì in mezzo, ti diranno tutti la stessa cosa, a cominciare da Isotta che mi ha presentato decine di sue amiche e sono state tutte un buco nell'acqua.»
«Tutte tranne una.»
«No. Federica è solo quella più sfacciata che ha continuato a provarci anche se non le ho mai dato nessun segnale di interesse.» Le prese la mano, stringendola. «Corinna, con te è diverso. Tu mi piaci veramente, mi piaci e voglio conoscere tutto di te. Tutto.»
La guardò negli occhi, consapevole del fatto che lei si stava ritraendo, che c'era ancora una piccola parte di lei che non si fidava completamente. Le accarezzò il volto, i capelli e la baciò. Corinna ricambiò il bacio, cingendogli la vita. Il suo sguardo si intenerì un poco.
«Oggi, quando hai detto che sono la tua ragazza, dicevi sul serio?»
Ante sorrise. «È troppo presto per darci una definizione?»
«No, non è quello.»
Si portò la mano di Corinna alle labbra. «Allora cosa? Non vuoi essere la mia ragazza?»
«Certo che voglio. Però un po' mi spaventa.»
Anche a lui spaventavano quei sentimenti nuovi, ma non avrebbe permesso a nessuno di mettersi tra loro e rovinare quello che stava nascendo. Non avrebbe permesso a nessuno di togliere il sorriso dal volto di Corinna.
«Adesso ce ne andiamo a casa? Voglio toglierti quel broncio dalla faccia e sostituirlo con un bel sorriso di soddisfazione.»
Corinna scosse la testa e la poggiò sul suo petto. «Non andiamo a casa, andiamo in un altro posto.»
«Dove vuoi andare?»
Lei sollevò la testa e gli sorrise. «Ti fidi di me?»
Ante annuì e coprì le sue labbra con le proprie. Era pronto ad andare ovunque con lei.
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Premesso che ognuno è libero di desiderare quello che vuole, e che non voglio in alcun modo dirti cosa devi desiderare tu, per esperienza personale credo che il problema sia proprio quello: cercare la “casetta e la bella famiglia”.
Dovresti prima di tutto cercare invece di essere felice. Poi nella eventuale ricerca di una persona con cui condividere questa felicità dovresti cercare qualcuno che ti completi, che ti renda migliore, che ti faccia vedere il mondo migliore di com’è, che sia un valore aggiunto alla tua vita, qualcuno che renda le tue giornate migliori, che renda la tua vita meritevole di essere vissuta e che non ti limiti, ma ti liberi dai tuoi stessi limiti, permettendoti di essere autenticamente te stesso. Poi la casa e la bella famiglia verranno, forse… altrimenti finirai per prenderti la prima “casetta e famiglia” disponibile, e trascorrerai il resto della vita infelice a guardare quelli che si lamentano del fatto che dedicarsi ad una sola persona è divenuto obsoleto e quindi a sentirti una merda perché invece vorresti adesso solo abbandonare tutto e tornare al punto 0 e darti un’altra possibilità, ma ormai è troppo tardi…
L’idea della “casetta”, della “famiglia” sono idee che riceviamo in eredità dalla società e dal contesto etico e familiare in cui siamo cresciuti. Premesso che la casetta potresti raggiungerla pure da solo, non ha senso desiderare “una famiglia” se non hai con chi crearla. Come si può desiderare una famiglia prima ancora di conoscere la persona che amerai e con cui creare questa famiglia? In realtà non stai desiderando la “famiglia”, ma l’idea della “famiglia” così come ti è stata inculcata dalla società.
Prima devi resettarti, annullare tutto quello che ti hanno “insegnato a desiderare”, e solo dopo, quando avrai toccato il fondo della tua anima e il baratro del vuoto, potrai iniziare a conoscere e conoscerti e riempirti con il desiderio di ciò che realmente vuoi. Prima dovresti svuotarti al punto di non desiderare alcunché, poi dovresti conoscere una persona che ti faccia ricredere di tutto e ti faccia sentire così bene e così completo, che ti faccia venire voglia di creare una “famiglia” e di comprare la “casetta” insieme. Ma per farlo devi appunto “(ri)conoscerti” (e non “passare da una conoscenza ad un’altra” superficialmente, ma proprio “conoscere” le persone e il mondo fuori di te, e attraverso loro imparare a conoscere anche te stesso).
Diversamente vivrai una vita a cercare quello che altri hanno scelto per te e una volta raggiunto, a vivere la loro vita ideale, “scordandoti” per sempre di quello che veramente desideravi tu… e sarà peggio di non raggiungerlo. Perché quando sei solo e vuoto, hai tutto lo spazio e il tempo del mondo per dedicarti a tutto quello che “potresti essere”, e soprattutto hai la “possibilità” di essere (e quindi la “speranza” e la “libertà” di essere), ma quando già sei pieno fino all’orlo non hai più alcuno spazio per te e per quello che potresti anche solo essere, arriverà un giorno in cui scoppierai e non solo ti renderai conto di non essere quello che volevi essere, ma di non avere neanche più la “possibilità” e la “libertà” di esserlo. E infine, ingabbiato nella prigione che tu stesso ti sei costruito, perderai anche la speranza, fin quando tutto quello che desidererai sarà solo finire il prima possibile quella vita di merda che tu stesso ti sei condannato a vivere…
Grazie per aver condiviso il tuo pensiero con tanta cura e profondità. È sempre arricchente confrontarsi con prospettive diverse, anche quando non rispecchiano del tutto il mio punto di vista. Vorrei però precisare alcune cose, con il massimo rispetto e senza alcuna intenzione polemica.
Prima di tutto, mi spiace che il mio approccio possa essere stato interpretato come personale o imposto da un modello sociale. Tutto ciò che il mio blog cerca di fare è offrire spunti poetici e riflessivi. Le frasi e i concetti che condivido non rappresentano necessariamente il mio vissuto o una visione rigida della vita, ma piuttosto frammenti di pensieri che possono piacere o meno, invitando comunque a riflettere senza imporre verità.
Per quanto riguarda l’idea di "casetta e famiglia felice", sono d'accordo che per alcuni possa sembrare un’aspirazione imposta dalla società. Tuttavia, ognuno di noi ha un background unico, con desideri e obiettivi che nascono dal proprio vissuto e non da una pressione esterna. Ciò che per qualcuno è un cliché, per un altro può essere un sogno autentico e personale. Credo sia importante rispettare queste differenze senza giudicarle a priori.
Infine, apprezzo il tuo richiamo alla ricerca della felicità personale prima di tutto. Anche io credo fermamente che il primo passo per costruire qualcosa con gli altri sia stare bene con sé stessi. Tuttavia, aggiungerei che non dobbiamo temere di cambiare strada o di ripensare ai nostri obiettivi lungo il percorso: ogni scelta, anche se imperfetta, ci permette di crescere e imparare.
In conclusione, credo che la vita non sia una corsa a raggiungere modelli imposti, ma un'opportunità per costruire qualcosa che rispecchi davvero chi siamo. Le scelte che facciamo ogni giorno possono illuminare il nostro cammino e quello degli altri, e questo è un dono che vale sempre la pena coltivare.
Grazie ancora per aver dedicato il tuo tempo a riflettere su ciò che condivido. È proprio attraverso confronti come questo che nascono pensieri più aperti e ricchi.
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Capitolo #3/ Noi siamo dall’altra parte
I’d be there for you
Poi, Yark pensò a tutti i bambini che aveva mangiato così spesso. Come se, così facendo, avrebbe potuto alleviare il suo senso di colpa, Yark pensò che non sarebbe stato irragionevole per lui venire mangiato, questa volta.
—‘Yark’ Bertrand Santini
Cap. Precedente: Cap. 2-3
#3-1_otogiri_tobi/ la porta, aprila
Non era spaventoso, nemmeno particolarmente inquietante. Tuttavia, il cuore di Otogiri Tobi batteva all'impazzata.
“Non guardare”
Disse Baku.
Non guardare, Tobi, anche.
O forse non era 'Non guardare', ma 'Non devi guardare'.
Perché?
Tobi non riusciva a staccare gli occhi da lei mentre giaceva a faccia in giù nel mezzo del cortile. La ragazza era in una pozza di sangue. Quella pozza di sangue stava espandendo la sua area di momento in momento. Le sue dita, braccia e gambe si contorcevano.
“Non va bene!”
Qualcuno coprì gli occhi di Tobi.
Era stato il custode Haizaki.
“Non dovresti vedere! Otogiri-kun, non farlo……!”
Ricordava solo vagamente cosa accadde dopo.
Pensava fosse arrivata un'ambulanza. E inoltre, anche la polizia. Un ufficiale della polizia gli fece molte domande. Pensava di aver risposto onestamente alle domande. Sembrava che le lezioni pomeridiane fossero state cancellate. Quando Tobi lasciò la scuola, tutti gli studenti avevano già lasciato l’edificio scolastico. Un dipendente della struttura venne a prenderlo in macchina. Non voleva farlo, ma sopportò e tornò alla struttura con l’auto del dipendente.
Per uno o due giorni, la scuola rimase chiusa. Arrivò il fine settimana. Tobi stava leggendo tutti i libri della struttura, stordito, chiacchierando con Baku e sonnecchiando. Non aveva voglia di uscire.
A volte gli passava per la mente Takatomo. Però, Tobi non la conosceva molto bene. In realtà, non la conosceva affatto. Non sapeva nemmeno il suo nome, Takatomo Miyuki, finchè non lo sentì da un agente di polizia. Non aveva senso pensare a qualcuno che nemmeno si conosce. Dal principio, non c’era niente a cui pensare.
Perché Takatomo aveva saltato?
Non era possibile Tobi capisse.
Quando, di lunedì mattina, provò a lasciare la struttura, un dipendente della struttura gli disse che se non voleva andare a scuola, non doveva sforzarsi. Tobi lo ignorò.
“Ti sta bene?”
Chiese Baku.
“Che cosa?”
Chiese Tobi. Baku non disse nulla.
L’insegnante con gli occhiali dalla montatura nera era in piedi davanti al cancello della scuola. Di solito lanciava a Tobi uno sguardo pieno d’odio, ma questa mattina, quando vide Tobi, si aggiustò gli occhiali e guardò in basso.
“Mi sento stonato……”
Mormorò Baku.
Tobi si cambiò le scarpe nell’armadietto delle scarpe e andò in classe. Aveva la sensazione che mancasse qualcosa, o meglio era deluso.
Se ne accorse poco prima di entrare in classe.
Sicuramente, era perché Shiratama non lo stava aspettando.
La terza classe del secondo anno era silenziosa. Non tutti erano in silenzio. Alcuni studenti stavano parlando di qualcosa con dei loro amici. Tuttavia, la loro voce era chiaramente più bassa del solito. Tutti parlavano con moderazione. Non si sentivano risate. Nessuno stava ridendo.
Shiratama era seduta al proprio posto. Si alzò quando vide Tobi. Dopodiché, in qualche modo, si inchinò.
“Buongiorno”
“……Giorno”
Sentì gli occhi dei suoi compagni di classe su di lui. La maggior parte degli studenti in classe stavano guardando Tobi.
“È perché sei un testimone”
Disse Baku con un mezzo sorriso. Eh già.
È così quindi.
Takatomo Miyuki sembrava essere in gravi condizioni.
Durante le lezioni del mattino, l’insegnante Harry, noto anche come Harimoto, diede a tutti una spiegazione.
“È in cura in ospedale, ma non ha ancora ripreso conoscenza”
Harimoto non indossava la sua solita maglia rossa, ma una camicia bianca e pantaloni neri. Non sapeva il perché. Tobi non ne aveva idea.
“Penso che anche tutti voi siate preoccupati, appena noi insegnanti sapremo qualcosa di nuovo ve lo faremo sapere. Sembra che stiano circolando strane voci, ma per favore non credeteci. Va bene?”
Cos’erano quelle strane voci?
Tobi non lo sapeva.
C’erano così tante cose che non capiva.
Questo mondo era fatto di cose che Tobi non conosceva.
Nella terza classe del secondo anno, escluso Tobi, c’erano trentacinque studenti. Uno dei trentacinque studenti era una studentessa di nome Shizukudani, che andava all’ufficio dell'infermeria della scuola. Tobi non l’aveva mai vista. Quindi, in realtà, c’erano trentaquattro persone. Tra quelle trentaquattro persone e Tobi, c’era un qualcosa come una membrana trasparente. Quella membrana sottile ma infrangibile, separava quasi completamente Tobi e le trentaquattro persone.
Tobi aveva molta nostalgia di quella membrana.
Se quella membrana fosse stata ancora intatta, non si sarebbe preoccupato in questo modo per i suoi compagni di classe. Era sicuro che neanche ai suoi compagni di classe sarebbe importato di Tobi.
Anche se erano nel mezzo della lezione, alcuni studenti lanciarono un’occhiata a Tobi. Alcuni studenti fingevano di guardare fuori dalla finestra per scrutare distrattamente Tobi.
Anche Tobi si guardava intorno in classe senza rendersene conto. Quando lo faceva, di solito finiva per stabilire un contatto visivo con qualcuno e si sentiva davvero a disagio.
Shiratama sembrava star pensando a qualcosa, e spesso guardava in basso. Anche se la sua pelle era naturalmente bianca, la sua carnagione sembrava ancora più pallida. Non si sentiva bene? Forse non aveva dormito molto.
Si chiese se Shiratama fosse in confidenza con Takatomo. Tobi non lo sapeva.
Tra la seconda e la terza ora, durante l’intervallo, una studentessa iniziò a piangere. Fino ad allora era rimasta in piedi a parlare tranquillamente con altre due studentesse. Poi iniziò a singhiozzare.
“Chiami……”
Le altre due studentesse erano visibilmente turbate.
Sulla schiena della studentessa singhiozzante era aggrappata una strana creatura, come un pipistrello o uno scoiattolo volante.
Kon Chiami stava piangendo.
Shiratama cercò di avvicinarsi a Kon Chiami. Però, si fermò a metà.
Alla fine, le due studentesse condussero Kon Chiami fuori dall’aula. Le tre tornarono dopo aver sentito il rintocco che annunciava l’inizio della lezione. L’insegnante non rimproverò le tre.
Finita la terza ora, Masaki Shuuji, noto anche come Masamune, che aveva una strana creatura simile a un tarsio nella posa di “Iwazaru” sulla sua testa dai capelli corti, si schiarì la gola davanti alla lavagna.
“Allora. Lo capisco, ma mi chiedo che atmosfera sia questa. No, capisco, ok? Capisco, certo. Tuttavia, anche se restiamo depressi, non vuol dire che accadrà qualcosa. Non sto dicendo che dovremmo fare casino. Ma magari dovremmo essere un po’ più normali, no?”
La reazione dei loro compagni di classe fu lenta. Circa l’ottanta percento era confuso e il restante venti percento era alquanto infastidito. Tobi la vedeva così.
“—Sguzade!”
Masamune mise le mani sul tavolo dell’insegnante e inarcò le sopracciglia all’ingiù*. Sembrava stesse cercando di fare una faccia piangente.
*A forma di otto
“Ho parlato troppo, io, Sguzademih……”
Ci fu qualche piccola risata. In situazioni come questa, le persone spesso ci scherzano sopra. Tobi rimase piuttosto impressionato, ma alcune persone sembravano offese.
“Non fare lo scemo, sul serio”
Uno studente lo disse a bassa voce, come a volerlo sputare fuori. Non fece solo quello. Lo studente calciò il pavimento. Anche se più che un calcio sembrava stesse raschiando il pavimento con la suola della scarpa, fece un certo rumore.Tobi, poiché era seduto al banco vicino a quello dello studente, rimase un po’ sorpreso. Anche Baku, che era appeso alla scrivania, tremò, “Oh……” ed emise un suono.
La sua frangia era così lunga che quasi gli copriva gli occhi. Credeva che il suo nome fosse Asamiya. Pensava fosse proprio Asamiya. Asamiya come? Shinobu. Giusto. Asamiya Shinobu.
Masamune stava guardando Asamiya. Però, Masamune distolse subito lo sguardo da Asamiya. Non fare lo scemo, sul serio. Le parole di Asamiya non erano arrivate alle sue orecchie?
Tuttavia, la strana creatura seduta sopra la testa di Masamune, nella posa di Iwazaru, stava fissando Asamiya con entrambi i suoi occhi simili a quelli di un tarsio.
Si sentiva così? O forse, Tobi stava pensando troppo.
A parte Iwazaru, Kon Chiami stava decisamente guardando di lato Asamiya. C’era anche la strana creatura aggrappata alla schiena della ragazza, che girò il suo viso da bambino umano verso Asamiya.
All’improvviso una domanda balenò nella testa di Tobi.
Perché Takatomo Miyuki aveva saltato?
Dopo aver terminato il pranzo scolastico in pochissimo tempo, Tobi lasciò l’aula con Baku in spalla. Il tempo non era male. Però, il cortile era chiuso. Perché era una scena del crimine. Poteva salire sul tetto senza attraversare il cortile, purché uscisse. Ci aveva un po’ pensato, ma non ne aveva voglia. Non voleva andare sul tetto. Questo perché Takatomo era saltata giù. Una studentessa, sua compagna di classe, si era lanciata dal tetto dell’edificio scolastico. Perché aveva saltato?
Tobi camminò velocemente per i corridoi della scuola. Non aveva alcuna destinazione. Si sentiva male quando stava fermo.
Era solo in momenti come questi che Baku non diceva nulla. Cupo e silenzioso. Tobi era un po’ seccato. Un Baku che stava in silenzio, era solamente uno zaino.
Non poteva andare sul tetto. Per colpa di Takatomo che era saltata giù.
Era colpa di Takatomo? Si chiese se la colpa fosse di Takatomo?
Non pensava fosse così. Anche Takatomo probabilmente non saltò giù perché le piaceva. Cosa succede se salti giù? Poteva immaginarlo. Era sicura non sarebbe stata bene. Si sarebbe ferita gravemente.
Sarebbe potuta morire.
Tobi non capiva. Non capiva affatto i sentimenti di Takatomo. Non c’era modo che lui potesse capire.
A quel punto l’ora di pranzo era finita. Mentre gli studenti cominciarono ad andare e venire nel corridoio, Tobi andava in giro cercando un posto dove non ci fosse nessuno in giro. Era come se stesse scappando e nascondendo, come un idiota.
Per qualche motivo Baku non parlava.
Forse, era solo uno zaino? In effetti, sarebbe potuto essere sempre stato solo uno zaino.
Tobi lo pensò. Ma, ovviamente, non era così.
Non preoccuparti, dimmi qualcosa, Baku.
Se lo dicesse, perderebbe. In cosa avrebbe perso? Era forse una battaglia?
Non c'era nessuno nel corridoio del terzo piano dell'edificio delle aule speciali. Sentendosi un po' stanco, Tobi si sedette sulle scale.
L'edificio delle aule speciali aveva tre piani. Tobi era seduto sulle scale. Questa scala conduceva al tetto. A meno che non si scalasse il muro come faceva Tobi, non si poteva raggiungere il tetto senza usare queste scale.
Takatomo doveva essere salita sul tetto usando queste scale. Salite le scale c'era una porta. In qualche modo, Takatomo era riuscita ad aprire la porta chiusa.
La chiave del tetto era sparita.
Il custode Haizaki lo aveva detto.
Probabilmente Takatomo aveva preso la chiave. Sulla parete della sala insegnanti, credeva, c'erano molte chiavi appese in fila vicino alla scrivania del vicepreside. Takatomo aveva rubato la chiave del tetto da lì? Era un posto molto importante, quindi sarà stato difficile. Ad ogni modo, Takatomo aveva probabilmente usato quella chiave per aprirla. Aprì la porta, e andò sul tetto. E infine, saltò giù.
Tobi aveva guardato attentamente Takatomo dopo che era caduta nel cortile. Tuttavia, non riusciva a ricordare i dettagli. Takatomo era a faccia in giù. Però, la faccia? Era verso il basso? Tuttavia, si chiese se stesse guardando di lato? Le braccia e le gambe erano piegate? Erano dritte?
Quando chiudeva gli occhi e provava a ricordare, il suo cuore iniziava a battere all’impazzata. Gli faceva male il petto.
No, non ricordarlo.
Era come se il suo cuore stesse lottando per trattenere Tobi.
“……Che cosa sono?”
Sentì il rumore di dei passi. Qualcuno stava salendo le scale. Dal secondo al terzo piano. Tobi era seduto sulle scale che andavano dal terzo piano al tetto. Tirò un sospiro.
Tobi cercò di alzarsi.
“Ah”
Era Shiratama quella che stava salendo le scale. Quando Shiratama vide Tobi, sul suo volto apparve un sorriso.
“Quindi eri qui, Otogiri-kun”
“Già……”
Tobi si sedette sulle scale a testa bassa. Shiratama rimase per un po’ di fronte a Tobi. Nessuno dei due aprì bocca. Dopo un po’, Shiratama si sedette accanto a Tobi.
“Stavi cercando Tobi, Oryuu?”
Chiese Baku. Shiratama annuì.
“Sì. Volevo parlargli”
“Ma è noioso. Ci ho parlato con questo qua. Tobi non è bravo a parlare, a differenza mia”
“Non è così. Non è per nulla noioso”
Shiratama stava giocherellando con la pochette che aveva sulle ginocchia.
“Non mi sono mai sentita annoiata quando parlavo con Otogiri-kun, io”
“Abbiamo iniziato da poco, però……”
Mentre Tobi sceglieva le parole da dire, osservava le dita di Shiratama che giocava con la sua pochette. Le sue unghie erano tagliate con cura. Non c’era alcuna parte bianca.
“Da quando abbiamo iniziato a parlare, non è passato molto tempo”
“A pensarci bene, è così”
Shiratama poi, “Strano” mormorò. Cosa c’è di strano? Tobi lo stava per chiedere. Non poteva chiedere il perché.
Alla fine, non parlava veramente con Shiratama. Non era che stavano in silenzio. Ma non avevano avuto una conversazione che si potesse definire conversazione. Quando la gente passava e li fissava come a dire ‘Cosa stanno facendo, quelli?’, a Shiratama non sembrava importare. Tobi, onestamente, era un po’ preoccupato. Però pensava che andasse bene finchè per Shiratama non era un problema, e gradualmente aveva iniziato a non preoccuparsene più.
Fino all’inizio delle lezioni pomeridiane, i due rimasero sulle scale dell’edificio delle aule speciali. Di tanto in tanto si davano delle risposte casuali, ma per il resto rimanevano seduti fianco a fianco.
Non gli importava. Era strano non si sentisse a disagio anche se rimanevano in silenzio.
A metà della quinta ora, Asamiya Shinobu dalla lunga frangia, alzò all’improvviso la mano.
“Che succede, Asamiya?”
L’insegnante se ne accorse e lo chiamò ad alta voce. Sebbene Asamiya stesse alzando la mano destra, appoggiò entrambe i gomiti sul banco e gemette. Non provò a dire nulla.
L’aula era rumorosa, ma poi divenne silenziosa. Asamiya aprì finalmente bocca.
“Non mi sento tanto bene”
“Capisco. È meglio non esagerare. Il membro del comitato sanitario di questa classe, chi è?”
Quando il professore lo chiese, Kon Chiami alzò la mano.
“Sono io”
“Kon, porta Asamiya in infermeria”
“Va beeene”
Quando Kon stava per alzarsi dal suo posto, si udì un forte rumore. Non era Kon. Quel suono proveniva da Asamiya. Asamiya spinse da parte la sedia, si alzò e si trascinò verso la porta.
Kon inseguì frettolosamente Asamiya.
“Asamiya-kun!”
“Non venire!”
Asamiya aprì la porta, poi guardò Kon. Aveva un incredibile atteggiamento minaccioso. Kon indietreggiò.
“Vado da solo, sto bene……”
Asamiya lo aggiunse con tono debole, come se stesse cercando una scusa, e lasciò l’aula.
Qualcuno sussurrò “Che paura……” e così disse.
Varie voci si sollevarono qua e là in una reazione a catena.
“Silenzio!”
L’insegnante, banban, è batté entrambe le mani.
“Siamo a lezione. Kon siediti”
“Però……”
Kon guardò avanti e indietro tra l’ingresso e uscita dell’aula e il posto di Asamiya dove non era più seduto nessuno. Era preoccupata per Asamiya?
Tobi in qualche modo rivolse la sua attenzione a Masamune. Masamune aveva le mani congiunte davanti alla bocca. Sarebbe potuta essere una coincidenza, ma la posa era simile a quella dell’Iwazaru che aveva sopra la testa.
Quando Kon tornò al suo posto, l’insegnante riprese la lezione.
Va bene così?, pensò Tobi. Andava bene lasciare Asamiya da solo? Asamiya era davvero andato in infermeria da solo?
Stabilì più volte il contatto visivo con Shiratama. Shiratama inarcò leggermente le sopracciglia e increspò leggermente le labbra. Quando i loro occhi si incontrarono verso la fine della lezione, Shiratama mosse le labbra come a voler dire qualcosa. Non era sicuro di cosa stesse cercando di dire.
Quando suonò la campanella per segnalare la fine della quinta ora, Tobi si alzò dal suo posto prima che l’insegnante potesse annunciare la fine della lezione. Poco prima di lasciare l’aula, si rese conto di aver dimenticato Baku.
“Oi, Tobi! Ehi! Tu!”
Baku urlò. Tobi lo ignorò e lasciò l’aula. Mentre percorreva il corridoio, si chiese dove stesse andando. Si diresse provvisoriamente al bagno, ma non ne aveva bisogno. Questa non era la destinazione di Tobi.
Tobi si fermò davanti all'infermeria. Anche se si era diretto qui da solo, Qui?, pensò.
Proprio qui.
L’infermeria.
Tobi era davvero curioso riguardo Asayama. Asamiya era davvero in infermeria, oppure no? Tobi voleva confermarlo.
Confermare, per poi fare cosa? Non c’era niente che potesse fare. Non aveva mai parlato con Asamiya. Non voleva nemmeno parlargli.
C’era qualcosa di sbagliato. Tobi si comportava in modo strano. Anche lui pensava fosse strano.
No, non l'aveva ancora fatto. Era ora. Poteva tornare indietro e basta.
“Otogiri-kun!”
Se Shiratama non fosse arrivata, senza fiato, Tobi avrebbe sicuramente voltato le spalle. Shiratama si avvicinò a Tobi, si chinò in avanti e si tenne il petto.
“……A-anche… io s-sono… preoccupata per… A-Asamiya-kun……”
“Ecco perché non devi correre a tutta velocità……”
“Uuuh……Otogiri-kun, sei incredibilmente veloce. H-ho provato a raggiungerti……”
Shiratama tirò fuori un fazzoletto dalla tasca della gonna e con quello si asciugò il viso.
“Sto sudando un sacco”
“C’era davvero bisogno, di raggiungermi?……”
“Se me lo chiedi; in qualche modo, sì”
“Ecco……”
Tobi esitò. Shiratama fece “Hmm?” e si avvicinò al suo volto. Tobi si sentiva un po’ timido, ma non si tirò indietro. Riuscì a non perdere terreno.
“Io e Asamiya……come posso dirlo, non abbiamo alcun contatto……”
“Siamo ottimi amici io e lui”
“Ah, capisco”
“Eravamo nella stessa classe quando eravamo in prima. A volte chiacchieriamo”
“A volte, chiacchierate……”
“Cose come ‘C’è il sole oggi, eh’, o ‘Fa caldo in questi giorni’, o ‘Fa già freddo, vero?’”
“E questo, sarebbe essere ottimi amici……?”
“Non puoi parlare del tempo con una persona con cui non vai d’accordo”
“……ah è così?”
“Non è così?"
“Beh che dire. Non ne so molto di socializzazione, io. Probabilmente avrai ragione, Shiratama-san……”
“Ho ragione?”
“Forse”
“Quando tu, Otogiri-kun, concordi con le mie opinioni, mi sento felice”
Shiratama abbassò timidamente lo sguardo e si mise il fazzoletto in tasca.
Shiratama entrò in infermeria, “Permesso” dopo aver detto questo. Tobi non aveva mai usato l’infermeria. Però, sapeva che nell’infermeria c’era un’infermiera scolastica con un camice bianco.
L’infermiera scolastica non c’era.
C’era una sostituta?
Una studentessa con gli occhiali era seduta con le gambe incrociate su una sedia con uno schienale.
“Ah”
Quando la studentessa vide Shiratama, i suoi occhi sbatterono le palpebre dietro gli occhiali.
“Ma guarda un po’, Shiratama-dango”
“Shizukudani-san”
Shiratama non sembrò troppo sorpresa, si limitò a dire “Ciao” e salutò.
Si era completamente dimenticato.
Una dei suoi compagni di classe frequentava l’ufficio dell’infermeria della scuola. Shiratama fu quella che ne parlò a Tobi. Quindi, naturalmente, Shiratama si aspettava che la studentessa fosse nell’infermeria.
“Stupidamente educata come sempre, Shiratama-dango”
Shizukudani rise con un tono nasale. Appoggiò il gomito sulla scrivania e fece girare una penna con la mano. Anche se aveva smesso di andare a scuola, iniziando a frequentare l’infermeria della scuola, sembrava molto rilassata.
“Voglio dire, Shiratama-dango……”
Tobi disse a bassa voce, Shizukudani smise di far girare la penna.
“Il tuo nome, com’era? Sei il tizio super stramboide della terza classe, vero? Shiratama-dango, non devi dirmelo. Voglio ricordarmelo da sola. Sento di potermelo ricordare. Hmmm……Giusto, ora ricordo, era questo. Otogiri Tobi. Ho ragione, vero?”
“……beh, sì”
“D’ora in poi ti chiamerò Tobi-tobi”
“Eeh……”
“Obi-obi, Giri-giri o Tobi-tobi, quale preferisci?”
“……Beh, forse Tobi-tobi”
“Bene, allora è deciso, Tobi-tobi”
“Ma cos’ha, sta qui?……”
“Sonooo Shizukudani. Puoi chiamarmi Ruka-chiiin. Il mio nome completo è Shizukudani Rukana. Non mi importa se mi chiami Ruka-chin, ma mi dà fastidio, quindi se mi chiami davvero così, ti picchio. Piacere”
Shizukudani fece “Hey” e pugnalò il cielo con la punta della penna. Tobi non voleva essere picchiato o pugnalato. Pensò che sarebbe stato meglio evitare di chiamarla Ruka-chin. Non voleva davvero chiamarla con quel nome così informale.
Tobi diede una rapida occhiata all’infermeria. C’era uno sgabello senza schienale. C’era un tavolo rotondo su cui era posizionato un laptop. Due sedie. C’erano tre letti in totale, separati da delle tendine. Solo uno aveva le tendine chiuse.
“Shizukudani-san, Asamiya-kun è venuto in infermeria?”
Quando Shiratama lo chiese, Shizukudani indicò con la punta della penna il letto dove le tende erano chiuse.
“È lì. Sta riposando. Non si sentiva bene”
Shiratama guardò il soffitto e chiuse gli occhi. Mise le mani sopra al petto e sospirò.
“……Meno male”
“Eh?”
Shizukudani voltò la testa e guardò Tobi. Perché guardava Tobi? Tobi distolse lo sguardo.
La tendina si aprì e apparve la faccia di Asamiya.
“Shiratama-san……e pure Otogiri. Cosa siete venuti a fare?”
Asamiya sembrava essere di pessimo umore, peggiore anche delle sue condizioni fisiche. Li guardò male e alzò gli occhi, Shiratama sembrava completamente depressa.
“Asamiya—“
Tobi esitò a parlare. Avrebbe dovuto aggiungere kun o san? Asamiya aveva chiamato Tobi semplicemente Otogiri, abbandonando gli onorifici. Non ne aveva forse bisogno?
“I capelli”
“……Eh?
“La frangia. È lunga”
“Aah……”
“La mattina, al cancello della scuola, il tipo con gli occhiali dalla montatura nera—“
“Il professor Yagarashima?”
“Beh, non so il suo nome. Quel professore non ti richiama?”
“Beh, lo fa. A volte”
"Immaginavo"
“Sì”
“È tutto”
Tobi lo pensò dopo aver finito di parlare. Ma cosa volevo dire con questo? Dato che nemmeno Tobi lo capiva, Asamiya doveva essere ancora più confuso.
“……Sul serio, cosa diavolo siete venuti a fare qui? A parte Shiratama, Otogiri, non mi hai mai parlato, no?”
“Hai ragione……”
“Beh, non solo io, ho visto raramente Otogiri parlare con qualcuno”
“Già……”
Tobi non poté fare a meno di gemere. Se Tobi fosse stato nei panni di Asamiya, gli sarebbe sembrato molto strano.
“Eccooo!”
Avevano inviato una scialuppa di salvataggio? Shiratama intervenne con un po’ di forza.
“Asamiya-kun, come ti senti? Ti fa male da qualche parte?”
“……Non è quello”
Asamiya si sedette sul letto. Non indossava scarpe. Le aveva tolte e aveva i piedi spogliati sul pavimento. Tobi sgranò gli occhi.
C’era qualcosa sotto il letto. Asamiya non se n’era accorto? Quella cosa era ai piedi di Asamiya. Era fuori dalla sua vista? Se avesse guardato in basso, lo avrebbe visto sicuramente. Non era piccolo. Dopotutto, aveva le dimensioni della parte superiore del un corpo di un essere umano. Era piuttosto grande.
La forma era in qualche modo simile alla parte superiore di un corpo umano, aveva le braccia. Tuttavia, non erano due. Ne aveva ben quattro. Aveva anche una testa. Era calva. Non si sapeva davvero che aspetto avesse la sua faccia. Sembrava un essere umano, ma anche un’altra creatura misteriosa. Non aveva nemmeno un paio di occhi. Ne aveva due paia. Ne aveva quattro.
Tobi notò sottilmente l’espressione di Shiratama. Shiratama guardò Tobi e sorrise. Doveva aver cercato di trasmettere qualcosa a Tobi, facendo una faccia sorridente.
Tobi aveva sentito parlare di Shizukudani da Shiratama. La proprietaria del posto vacante della terza classe del secondo anno. Andava a scuola nell’infermeria. Lei è Shiratama erano nella stessa classe quando erano al primo anno. Inoltre, portava con sé una strana creatura.
Il Baku di Tobi.
La Chinurasha, nota anche come Chinu, nascosta nella borsa di Shiratama.
L’Iwazaru di Masamune.
La cosa simile a uno scoiattolo volante o un pipistrello di Kon Chiami.
Rispetto alle loro, la strana creatura di Shizukudani sembrava ancora più strana. Non era esagerato definirlo grottesco. Era quasi un mostro. Il suo aspetto era inquietante fin dall’inizio, e anche i suoi movimenti erano inquietanti.
Il mostro di Shizukudani cominciò a muoversi sul pavimento con una fluidità spaventosa, torcendo le sue quattro braccia e dimenando le dita. Sembrava potesse inoltre arrampicarsi sulle pareti. Era come un insetto. Sarebbe stato abbastanza spaventoso trovare un insetto di quelle dimensioni. Inoltre, sembrava umanoide. Era già un incubo.
Il mostro di Shizukudani seguì il muro fino a raggiungere l’angolo del soffitto, contraendo abilmente le sue quattro braccia e incastrandole perfettamente lì. I suoi quattro occhi si muovevano di qua e di là.
“È un po’ strana, vero?”
Disse Asamiya con una voce cupa. Parlava del mostro di Shizukudani? Tobi lo pensò per un momento, ma Asamiya sembrava stesse parlando di qualcos’altro.
“La nostra classe. È strana. Non ne posso più……”
“Strana?”
Chiese Shizukudani dal nulla mentre faceva girare la penna. Dopo aver posto la domanda, Shizukudani disse “Ah, ho capito” e si diede una risposta da sola.
“L’incidente, eh? L’incidente del salto. Se fosse tutto normale, non accadrebbero cose del genere, giusto? Ovviamente. È proprio tremendo, eh. Ruka-chin è nell’infermeria, quindi le cose sono piuttosto semplici”
Asamiya fece schioccare la lingua e scosse la testa irritato.
“Se non capisci, non dire nulla”
“Spaventoso”
Shizukudani tremò e si abbracciò le sue stesse spalle. Tutto il suo corpo stava tremando.
“Quel tipo di cose, potresti non farle più? Fanno paura. Ruka-chin non va più a scuola. Finalmente sono riuscita a frequentare dall’infermeria della scuola, sai?”
“Dovrebbe importarmi? Miyu è in condizioni critiche e priva di sensi. Verrà mai salvata?……”
Questa volta fu Asamiya a iniziare a tremare. A differenza di Shizukudani, sembrava che il suo corpo tremasse e non si volesse fermare.
“Scuuusa”
Shizukudani unì i palmi delle mani. Non sembrava si stesse scusando sinceramente.
“Però chi è Miyu? Chi? Ah, Takatomo-san? Era Takatomo Miyuki? Il suo nome. È lei Miyu? Eh? Mica vi frequentate?”
“Certo che no. ……Ti sbagli. Viviamo vicini, quindi siamo amici d’infanzia. Però, da quando abbiamo iniziato le scuole medie non ci parlavamo più molto. Tuttavia, anche i nostri genitori si conoscono……”
“È un rapporto familiare, giusto?”
Quando Shiratama annuì in segno di comprensione, Asamiya fece “Ecco perché!” e gridò.
“Non usciamo insieme, quante volte devo dirvelo……”
“Asamiya, non sei piuttosto emotivamente instabile?”
Shizukudani rise leggermente. La proprietaria del posto vacante con un mostro non sembrava avere una personalità molto buona.
“Però, quella classe* sembra certamente avere un problema. Ruka-chin lavora qui** cinque giorni alla settimana, quindi ne sono consapevole. Ce ne sono parecchi, eh? In molti della terza classe vengono qui per dei mal di stomaco o roba del genere. Non pensate che questo genere di cose siano causate da una malattia mentale? Non mi sto vantando, ma Ruka-chin è piuttosto ben informata. Solo per i soggetti coinvolti, sapete?”
*Scritto come furigana (di solito sono piccoli ideogrammi in hiragana posizionati vicino ai kanji più difficili da leggere), nel testo originale c'è scritto "La terza classe del secondo anno"
**Scritto come furigana, nel testo originale c'è scritto "In infermeria"
“……Anche Miyu?”
Chiese Asamiya. Shizukudani fece “Yeeess” e per qualche motivo rispose immediatamente in inglese.
“Recentemente, è stata qui alcune volte. Si è riposata e prese qualche medicina. Un’altra persona che mi viene subito in mente, Yoshizawa-kun? Quello figo. Inoltre, anche Murahama-san e Shimomaeda-san venivano spesso qui. Ah, non insieme, ma separatamente eh”
Quando Tobi sentì quei nomi, l’unico volto che gli venne in mente fu quello di Yoshizawa. Figo, aveva detto Shizukudani, era un bel ragazzo, rinfrescante e gentile.
“Murahama, Shimomaeda……”
Asamiya borbottò e si morse il pollice della mano destra.
“Entrambe quelle ragazze, sono amiche di Kon. Fino a poco tempo fa, Miyu usciva spesso con Kon”
Tobi guardò in faccia Shiratama.
Alla schiena di Kon Chiami, era sempre attaccata una strana creatura, simile a un pipistrello o uno scoiattolo volante.
Quindi, qual era il punto?
Non riusciva a spiegarlo nello specifico, ma lo aveva davvero colpito.
Shiratama abbassò gli occhi e disse questo.
“Kon-san, però, sembra piuttosto scioccata……”
Infatti, tra la seconda e la terza ora, Kon piangeva apertamente. Le due studentesse che stavano confortando Kon erano probabilmente Shimomaeda e Murahama.
“Non mi interessa però”
Asamiya si mise la testa tra le mani. Si spettinò.
“……Non importa chi piange o urla, Miyu non migliorerà. Non so se ci sia qualche speranza che la situazione migliori. Non saperlo, è spaventoso. Io, ho paura……Non riesco a dormire. Continuo a pensare a cose brutte. Essere incoscienti……Mi chiedo cosa si provi. Immagino non si possa riuscire a sentire alcun suono. Vuol dire che nemmeno sogni? Tuttavia, mi chiedo se ci sia una leggera sensazione. Miyu è in ospedale……Non si sentirà sola, in quelle condizioni? Non si può muovere, le farà male. Perché non ho notato nulla, io? No……Non è così. In realtà, lo pensavo. Miyu si comportava in modo strano. Mi chiedevo cosa ci fosse che non andava. Ma era da molto tempo che non le parlavo. Se le avessi parlato all’improvviso, sarebbe stato inquietante. Quindi……non ho fatto niente. Ero curioso a riguardo. Ma non mi sarei mai aspettato accadesse una cosa del genere……”
Shizukudani guardava fuori dalla finestra e faceva girare la penna. Il mostro di Shizukudani non si muoveva dall’angolo del soffitto.
Suonò la campanella.
Asamiya alzò lo sguardo e guardò Tobi e Shiratama con gli occhi spenti.
“Non dovete andare? La sesta ora, non sta per iniziare?”
“Già……Giusto”
Shiratama abbracciò la pochette dove si trovava Chinu. Era dubbiosa?
“Vuoi paccare?”
Quando glielo chiese per testarla, Shiratama scosse la testa da un lato all’altro scuotendo i suoi lunghi capelli, come se dicesse fosse oltraggioso.
“No che non pacco. Non è così……Asamiya-kun”
“Cosa?”
Asamiya mise la mano sulla tendina.
“Io, vorrei sdraiarmi un po’. Se dovete andarvene, fatelo in fretta”
“Andiamo a farle visita—”
“……Huh?”
“Ti piacerebbe andare? All’ospedale dov’è ricoverata Takatomo-san. Se non ti dispiace, vorrei portare anche Otogiri-kun”
“Eh”
Venne completamente colto di sorpresa.
Shiratama fissò Tobi con uno sguardo estremamente serio. Era per caso una richiesta questa? Se Tobi non sbagliava, sembrava lo stesse implorando. Non poteva fare a meno di pensarlo.
Fare visita?
All’ospedale?
Di Takatomo?
Perché?
Anche se andassero lì, non si trattava solo di una piccola malattia o di un osso rotto. Takatomo era in condizioni critiche. Si diceva fosse incosciente. Non sarebbe stato possibile farle alcuna visita. Però, questo avrebbe dovuto saperlo anche Shiratama. Eppure, per qualche motivo, gli stava chiedendo di andarla a trovare. A quanto pare Shiratama voleva che Tobi la seguisse.
“……Beh, va bene”
Dopo la scuola, Tobi seguì Asamiya e Shiratama all'ospedale dove era ricoverata Takatomo Miyuki. Ci vollero quindici minuti a piedi per raggiungere l'ospedale.
Parlarono con il ricevimento generale, ma Takatomo era nell'ICU* e non era permesso farle visita. Anche i membri della famiglia potevano vederla solo per un tempo limitato.
*Scritto come furigana, nel testo originale c'è scritto "Reparto di terapia intensiva"
“Giusto, capisco……”
Asamiya si sedette sulla panchina nella sala d’attesa. Tobi è Shiratama non si sedettero.
“Va bene provare a venire, ma non potremo mai incontrarla……”
“Beh, Takatomo-san è nel reparto di terapia intensiva. Dovremmo andarci?”
Shiratama non aveva ancora rinunciato? Si chiese perché non si arrendeva. Tobi non capiva. Anche Asamiya era confuso sulla sedia.
“Non si può entrare, quindi penso sia inutile……”
“Giusto in caso”
Sembrava che Shiratama fosse ancora un po’ determinata ad andare.
“Oryuu, è sorprendemente invadente”
Mormorò Baku. Shiratama guardò Baku, e fece un lieve sorriso.
Controllò la planimetria dell’ospedale affissa al muro e sembrava che l’ICU fosse al terzo piano dell’edificio principale. Sarebbe stato facile raggiungere il terzo piano con l’ascensore. Ma c’era una porta davanti all’ICU, ed era chiusa. A meno che un dipendente dell’ospedale non aprisse la porta con la sua carta ID o chieda al citofono di aprirla dall’interno, non sarebbero potuti entrare.
“Era per questo che ve lo avevo detto, visto?……”
Asamiya sembrava più triste che arrabbiato. Sulla via del ritorno notò una piccola sala d’attesa. Una donna seduta là su una panchina chiamò Asamiya.
“Shinobu-kun?”
Quella donna sembrava essere la mamma di Takatomo. Quando Asamiya si avvicinò, gli occhi della donna si riempirono di lacrime.
“Sei venuto fin qui? Mi dispiace davvero, Shinobu-kun. Miyu, non è nelle condizioni di poterti incontrare……”
"No, immagino fossi preparato a non poterla incontrare……Però, non potevo restare fermo"
Con una voce soffocata, Asamiya presentò Shiratama e Tobi alla madre di Takatomo come loro compagni di classe. La madre di Takatomo chinò più volte la testa, e li ringraziò per essere venuti.
Onestamente, Tobi non poteva sopportarlo.
Gli dispiaceva per la madre di Takatomo. Tuttavia, Tobi non sapeva davvero che tipo di sentimenti provava nei confronti di Takatomo. Avrebbe dovuto dirlo alla madre di Takatomo? Tobi aveva assistito al momento esatto in cui Takatomo saltò giù. Non aveva potuto fermare Takatomo. Non c'era stato modo di fermarla. Tobi si sarebbe dovuto scusare per questo? Doveva scusarsi. Pensava fosse stato brutto? Era un punto delicato.
Persone come Otogiri Tobi, che non provavano alcun particolare senso di colpa, potevano avere un cuore freddo.
Perché una persona dal cuore freddo era qui?
Nell'ospedale dov'era ricoverata Takatomo.
Shiratama tirò leggermente la manica di Tobi.
Asamiya stava parlando con la madre di Takatomo. Sembrava che Shiratama volesse andarsene da qui. Tobi annuì.
Quando seguì Shiratama, in qualche modo finirono per tornare nell'ICU. Naturalmente, la porta rimaneva chiusa.
"Non si può entrare, no?"
Quando Tobi lo disse, Shiratama aprì la sua pochette senza rispondere.
Dall'interno della pochette uscì un soffice animaletto. Dalla testa gli spuntavano due corna. Inutile dirlo. Era Chinurasha.
Chinu saltò dalla pochette al braccio di Shiratama. Anche se non era lenta, i suoi movimenti erano instabili. Tuttavia, Chinu si arrampicò sul braccio di Shiratama e alla fine raggiunse la sua spalla destra. Chinu sembrava orgogliosa di se stessa mentre si girava verso di loro.
"Yoo"
Quando Baku la salutò casualmente, Chinu inclinò leggermente la testa, Uyuuu, ed emise un suono del genere. Pure se non stava cercando di imitare Chinu, anche Tobi inclinò la testa.
"……Eh? Cosa?"
"Chinu"
Shiratama alzò la testa e appoggiò la guancia su Chinu. Chinu non si muoveva minimamente.
Quando Tobi cercò di aprire bocca, Baku lo fermò.
"Shhh. Sta zitto, Tobi"
Che cos'era?
Avrebbe potuto protestare, ma nemmeno Baku avrebbe detto una cosa del genere senza motivo. Tobi guardò Shiratama e Chinu.
Le rotonde pupille di Chinu erano lisce.
Sembrava stesse dormendo.
"Da qui, riesci a raggiungerla? Eh? Chinu……"
Sussurrò Shiratama a Chinu.
Cosa doveva raggiungere?
La piccola bocca di Chinu si mosse.
"Perché……"
Lo sentì chiaramente. Era una voce. Non era un verso. Era diversa dalla voce di Chinu. Non era nemmeno la voce di Shiratama. Ovviamente, nemmeno quella di Tobi o Baku.
"Perché, era mio. —Il mio……"
Non era un uomo. Era la voce di una donna. Tobi sentiva freddo.
"……Cos—Eh? Di chi……"
"Io……Le chiavi……Cioè……Le chiavi erano……"
Era Chinu? Non muoveva la bocca come fanno gli umani quando parlano. Ma apriva e chiudeva la sua piccola bocca con piccolissimi movimenti. Quindi era Chinu quella a parlare?
Perché Chinu?
Era questa la voce di Chinu?
"Le chiavi……Del tetto……Le chiavi……All'interno del banco……Le chiavi sono……"
Sembrava la voce di una giovane donna.
Le chiavi.
Del tetto, le chiavi?
All'interno del banco?
"Ah—"
Tobi rabbrividì. Non era che quella voce gli fosse familiare. Anche nella sua classe c'erano poche persone a cui riusciva a ricollegare il volto al nome. Non ricordava le voci a meno che non fosse qualcosa di speciale. Quindi, forse, e Tobi lo pensò. La voce di quella ragazza usciva dalla bocca di Chinu. Era possibile? Non era logico. Era un'idea folle.
Che sia la voce di Takatomo Miyuki, questa?
"In qualche modo, l'ha raggiunta"
Disse Shiratama a bassa voce.
"La voce di Takatomo-san"
Era una voce che non sarebbe dovuta essere ascoltata.
Una voce che non sarebbe dovuta essere sentita.
Lei aveva perso conoscenza a causa delle ferite riportate ed era ricoverata su un letto nel reparto di terapia intensiva.
"Non ce la faccio più……"
Le parole di Chinu risuonarono nelle orecchie di Tobi.
Quel giorno, Takatomo corse fuori dall'aula della terza classe del secondo anno e non tornò più. In quel momento lei urlò.
Non ce la faccio più.
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