#vene difficili
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F. è una ragazza dal cuore inquieto, curiosa del mondo e delle persone, ha un'anima libera. Zaino in spalla e si parte, sempre pronta ad esplorare nuovi angoli del mondo, tra paesaggi mozzafiato e culture diverse. La sua anima vibrante trova nutrimento nell'arte: visita mostre con entusiasmo, perdendosi tra pennellate di colore e sculture evocative.
Nelle sue vene scorre una melodia inarrestabile che fa ascoltare a pochi. Canta e balla anche se non le riesce benissimo, ma la fa sentire libera, dando vita ad emozioni che si intrecciano con le note. Il suo talento si manifesta anche nel dipingere, dove linee delicate prendono vita su carta, raccontando storie fantastiche e mondi immaginari.
F. è un vortice di energia e passione, istintiva, fugace, diretta e molto dura con sé stessa e la vita. Una musa ispirata dalla bellezza, anche se complicata, del mondo che la circonda. La sua vitalità contagiosa e il suo entusiasmo per la vita sono una fonte di ispirazione per chiunque la incontri. può destare fastidio la sua irrefrenabile voglia di sapere, di ironizzare anche su cose difficili, ma preferisce il sorriso rispetto ad una tremenda tristezza che molto spesso già si porta dentro.
F. si stupisce ancora per le piccole cose, per i fiori che sbocciano a primavera, per delle carezze date con spontaneità e per un'accurata e sensibile sincerità.
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Lo sento nelle vene, lo sento nei brividi che mi vengono sulla pelle, lo sento nel peso del dolore delle lacrime versate che sta arrivando uno di quei periodi difficili da affrontare, uno di quei periodi che ti distrugge dall'interno, senza che gli altri se ne accorgano, uno di quei periodi che ti lascia a terra senza più fiato, nel dolore, nel vuoto, nella solitudine, nella disperazione, senza speranza, senza più voglia di lottare, di vivere questa vita che non fa altro che deluderti e ferirti non appena ti distrai un attimo.
- romyy999
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Ho sempre scelto te.
Ho scelto te anche quando le cose erano difficili, quando non mi parlavi, quando mi odiavi, quando non c'eri e la tua mancanza la sentivo fin dentro le vene.
Tra tutte le cose belle io ho scelto te,
l'unica persona capace di distruggermi.
Stella Daniels
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Scopri le profondità della terra con la tecnologia rivoluzionaria di Minelab Gold Monster 1000! Questo dispositivo avanzato è perfetto per rilevare efficacemente le più piccole pepite d'oro e vene sotto le condizioni più sfidanti e su terreni difficili. Con una garanzia di 3 anni e caratteristiche moderne che garantiscono facilità d'uso e operazione automatica, il Gold Monster 1000 è progettato per essere la scelta primaria per ogni cercatore d'oro, sia esso un principiante o un professionista.
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Oggi parlo di te:
Di quella voglia matta di non stare in silenzio] Oggi parlo di te
che hai tinto i tuoi capelli e poi li hai recisi, come se fossero i più belli fiori di campo
Ed hai pianto
Per uno stronzo
Oggi parlo dei fiori
Quelli che hanno colori vivi e non sembrano solo belli, ma sono anche buoni per via del loro profumo]
Oggi parlo di te, che ti stai affacciando all'amore e sei inesperta, come le dita che muovi per dare carezze sulle pelli dure come cuoio: le più difficili da amare, ma anche quelle che vuoi perché sanno tenere testa alla tua morbidezza]
Oggi parlo di te, che hai deciso di solcare la città, di sera, per trovarci il tuo mondo
Parlo di te: con lo zaino sempre sporco di sabbia che puzza di mare
Un po' come la tua anima non in tempesta, ma pura, bianca e schiumosa come il muschio]
E si vede: la schiuma la hai dentro agli occhi]
Oggi parlo di te, perciò ascoltatemi bene: bambina, figlia, donna, madre, ragazzina
Abbiate l'amore nelle vostre vene, perché l'amore è anche un modo di fare e non solo viene praticato, ma va anche insegnato]
E allora diffondetelo, con un sorriso, con un tocco, con uno schiaffo
Molte volte a livello morale
E allora tu lotti, e ti rendi conto che se hai l'amore in te, per il mondo e soprattutto per te stessa sei libera
Quindi parlo a te giovane donna
Di te che stai vivendo le tue curve come grano che si gonfia quando diventa maturo
Vivi da ragazzina, pensa come la donna che stai diventando per godere della tua libertà] Perciò è di te che parlo, è a te che parlo: a te che vivendo mi hai insegnato cosa vuol dire libertà.-Tua, Donna
Estratto da" Tua, Donna" di Jetaime. Baci:3
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~Io ho sempre scelto te e ho scelto te quando le cose erono difficili, anche quando non mi parlavi al manicomio ed eri rinchiuso, anche quando mi odiavi. E quando non c'eri la tua assenza sentivo dentro le vene. Tra tutti gli uomini ho scelto te * Patti,* l'unica persona che mi può distruggermi.
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“Io ho sempre scelto te. Ho scelto te anche quando le cose erano difficili, quando non mi parlavi, quando mi odiavi, quando non c'eri e la tua mancanza la sentivo fin dentro le vene. Tra tutte le cose belle io ho scelto te,
l'unica persona capace di distruggermi.🔱🔱🔱
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Una foto rarissima!
Ecco a voi un'immagine rarissima di un ago infilato per la prima volta dopo anni nel mio braccio. Solitamente mi trovano la vena sulla mano, una volta ci hanno provato sul polso ma hanno beccato un nervo che ha indolenzito il pollice per diverso tempo.
Oggi invece hanno chiamato un anestesista che ha lavorato con mia madre (sì, sono raccomandato, lo so) che mi ha fatto la cortesia di venire apposta a trovare la vena per iniettare il mezzo di contrasto.
Purtroppo esistono tre grandi assiomi incontrovertibili in questo universo. Uno di questi è che ho le vene impossibili da trovare. Beh, quasi impossibili, da oggi.
Mi hanno sempre detto per fare la TAC a digiuno e di bere prima e dopo. Ecco, stamattina sono arrivato con la vescica gonfia. Per poco non gliel'ho fatta sul lettino. L'avessi fatto sai che divertimento dopo a igienizzare tutto.
Di sicuro si vedeva nella TAC e infatti pure il tecnico, quando gli ho detto che mi scappava, mi ha detto: «Sì, infatti lo abbiamo visto durante l'esame» a quanto pare la vescica si notava bella piena.
Per il resto mi hanno detto che sono venuto bene. C'è poco da fare: sono fotogenico. Meglio: sono... Tachigenico, termine coniato da poco durante un dialogo con @noncecrisinelmercatodellebugie a cui è piaciuto molto. Ha detto proprio: "Cretino". La ragazza mi conosce bene, ormai.
Ho aspettato i canonici 20 minuti per verificare non avessi reazioni allergiche al liquido di contrasto e ne ho approfittato per mangiare un cornetto (per i milanesi/lumbard, brioche. Per i fighetti: croissant) ripieno alla marmellata con glassa mandorlata sopra. Oh, ero a digiuno con sola acqua, vi ricordo.
Ora non resta che aspettare sperando sia tutto apposto.
Praticamente la parte più facile. O no?
Devo ricordarmi pure di bere di più per i prossimi 3 giorni così da eliminare le scorie del mezzo di contrasto.
Non ho chiesto se va bene la Ferrarelle. Magari piscio più "effervescente naturale" e elimino prima le scorie.
Per la prima volta non è venuta mia madre. Meglio così: il Covid l'ha convinta ad essere più prudente e a non stancarsi troppo.
Resta sempre la mia Wonder Mamma, però (copyright by @surfer-osa).
That's all, folks!
#cronache ospedaliere#taaaaac direbbe Pozzetto#vene difficili#mdc mezzo di contrasto#esami medici#speriamo bene
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S e r e n i t à
La scoperta
Ma che bellezzaaa !
Quando tra due persone, che non si sono parlate o frequentate per mesi, l'incanto, la meraviglia, la sorpresa di una sintonia intatta e ritrovata e di comuni meccanismi che riguardano la comprensione ritornano a brillare, abbaglianti, così come tornano le risate, a risuonare !
È come ritrovarsi su un prato nei primi pomeriggi di febbraio ( mettiamo una data a caso: l'undici febbraio), quando ancora la Primavera ufficiale (quella astronomica) è ancora di là da venire, e invece tu già ti stupisci del tepore del sole e del cielo e dells carezza tiepida dell'aria e del calore che ti rimanda la terra riscaldata dal sole della mattina.
È dolce.
È elettrizzante.
È confortante.
Ti prende una gioia irrefrenabile pensando a tutti i pomeriggi che da oggi in poi, potranno arrivare a toccarci il cuore e a riempirci gli occhi di splendore e a far tremare i polsi nelle loro vene azzurrine e febbricitanti, di questa nuova e insperata euforia!
Ecco...
Scoprire che dopo lunghissimi interminabili mesi di assenza e silenzi difficili da deglutire, ora ritroviamo la comune frequenza, la leggerezza, l'ironia, i tempi perfetti del Dialogo, la sincronia in un suono di cascata primaverile e Tu capisci che quei meccanismi perfetti appartengono piu ad un passo di danza, ad una indistruttibile armonia comune ed interna, che ora ritrovi, più che al caso o ad una semplice coincidenza!
E all'improvviso, allora, sai.
Sai che non c'è proprio nulla di casuale! Perchè l'empatia e la telepatia esistono solo fra ben precisi individui che s'appartengono non da mesi o da anni ma da millenni! Da intere ere geologiche.
Beh... che dire?
È uno dei piaceri più belli ed intensi che io conosca.
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Improvvisamente sei diventata silenziosa, occhi bassi, zero sorriso, quando ti ho chiesto di guardarmi non ti sei mossa, quando ho insistito e ti sei girata, hai buttato su di me quello sguardo, il suo sguardo, buio, quello che io conosco bene, improvvisamente tutto è diventato silenzioso, nessun suono, solo i tuoi occhi tristissimi che urlavano, ti stavi aggrappando ai miei ancora più tristi perché hai capito che ero l'unica a capire davvero da sempre probabilmente.
"non riesco a controllarlo, non lo controllo più, la rabbia mi scoppia dentro non gestisco più niente potrei fare male, molto male" e poi quelle parole, tu scritte su carta io ripetute pari pari nella mia testa "riesco solo a trasformarlo in tristezza una tristezza distruttiva".
Non riuscivamo più a parlare io aggrappata al mio tu al tuo, tu che sapevi non aveva senso aggiungere altro io che improvvisamente mi sono sentita capita in modo così viscerale da stare male, da stare male per te che nonostante tutto cerchi sempre di tenere insieme i pezzi per le persone che hai vicino che ovviamente non capiscono, per non fare loro del male, distruggendoti però ancora di più quando non ci riesci. Tutti i tasselli del puzzle sono tornati al loro posto e quanto avrei voluto che alcuni pezzi potessero essere scambiati.
"io la amo, devo proteggerla da me stessa, è l'ultima persona a cui vorrei torcere anche un solo capello" le mie parole sono rimaste appese perché ci siamo guardate ancora e la morsa intorno al cuore è stata terribile.
Improvvisamente tachicardia, caldo assurdo, testa che gira, muscoli tesi e il tuo "non ce la faccio se resto dentro impazzisco" e abbiamo fatto l'unica cosa possibile: cercare aria. Sei scappata ed è stata la cosa più triste che io abbia visto, perché per quanto tu voglia scappare lui è dentro di te, è parte di te, i mostri possono essere conosciuti e magari anche amati, solo così puoi gestirli, più corri più lui si attaccherà a te, più diventerà cattivo , più il male più grande lo farai a te stessa.
Ti ho lasciata andare perché in quel momento l'aria non bastava, le persone soffocavano e i miei occhi ti ricordavano i tuoi e avevi il terrore di farmi del male.
Quando sei tornata il colore nei tuoi occhi era tornato ma quell'angolo di buio rimane sempre, lì dietro l'iride.
"Sto male ed anche se ora è abbastanza sotto controllo so che mi aiuterai se le cose dovessero diventare difficili, perché lo capisci ogni volta vero? Mi hai sempre aiutato ancora prima di saperlo, tu non hai paura."
Non ho paura.
Proprio con i traumi ho imparato a non avere paura, quando rischiavo di venire picchiata, quando sentivo le urla addosso e dentro, gli accendini sempre troppo vicini, i petardi a neanche un passo da me, i coltellini, i pugni, i "fai schifo", i "vattene, levati", i "dovresti cambiare", rabbia smodata e impossibile da frenare.
Dovrei avere paura e forse delle persone "violente per divertimento" la ho, ma per chi ha addosso un bagaglio del genere la paura è l'ultimo sentimento della lista.
Fa schifo ma a volte non essere i soli fa bene anche quando si sta malissimo e una mano che ti stringe la gamba sotto al tavolo quando il sangue nelle vene pompa troppo velocemente spesso basta, basta per fermare il sangue prima che arrivi agli occhi.
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Nei giorni in cui l’Italia si interroga su luci e tenebre di San Patrignano, con i pugni di SanPa - la straordinaria serie Netflix - ancora nello stomaco, non riesco fare a meno di ripensare a quest’uomo qui. Si chiamava Andrea Gallo, don Andrea Gallo, per tutti semplicemente “il Gallo” e, a differenza di Vincenzo Muccioli, credeva che le dipendenze fossero una faccenda troppo complessa per essere curate con catene e coercizione. Era convinto, il Gallo, che quella folla derelitta che, tra gli anni ‘70 e ‘80, aveva bussato alla porta della sua comunità di San Benedetto al Porto non cercasse Dio e nemmeno un padre ma semplicemente ascolto. Sapeva un po’ per esperienza e un po’ per intuizione che laggiù, sotto quel campo di battaglia di buchi, cicatrici e vene ormai inservibili, c’era l’uomo, in un’epoca in cui il “tossico”, il “drogato”, l’eroinomane, non era più nemmeno considerato una persona. Aveva fatto sua la lezione di Don Milani, il Gallo, aveva conosciuto il regime in Brasile, era stato cappellano sulla nave-scuola Garaventa, una specie di riformatorio galleggiante dove all’epoca venivano mandati i ragazzi difficili. Quelli che per tutti erano “casi disperati” da bastonare e raddrizzare a pane, acqua e ceffoni, per don Gallo erano “ragazzi di vita” a cui nessuno aveva mai chiesto chi fossero e cosa volessero. Insieme a quel giovane don, per la prima volta potevano uscire, andare al cinema, vivere persino momenti di autogestione. Troppo per durare. Infatti, dopo solo tre anni, lo avevano mandato via senza tante spiegazioni. È con questa fama che era approdato come viceparroco al Carmine, in quella chiesa quasi millenaria ad angolo, ai piedi di Castelletto. Nelle sue omelie sempre più affollate quel giovane prete parlava degli ultimi agli ultimi, divertendosi a scandalizzare i piccoli borghesi e la grande curia. Tempo pochi anni e sarebbe finita anche qui, come sempre, nell’estate del 1970. Nel quartiere era appena stata scoperta una fumeria clandestina di hashish, suscitando lo scandalo generale. Solo che, nella sua predica domenicale, invece di condannare il fatto, il Gallo aveva avvisato che “sono diffuse anche altre droghe, come quella de linguaggio, grazie alle quali un ragazzo può diventare “inadatto agli studi se figlio di povera gente” e un bombardamento di popolazioni inermi può diventare “azione a difesa della libertà”. Anche allora gli avevano dato del “comunista” e lo avevano spedito a Capraia in una via di mezzo tra castigo ed esilio. Lui, di fronte alle centinaia di uomini e donne scese in piazza per sostenerlo, aveva fatto l’unica cosa che sapeva fare: resistere, disobbedire, combattere. È in quei giorni che era arrivata la chiamata che gli avrebbe cambiato la vita: don Federico Rebora lo voleva accanto a sé come cappellano in quella piccola chiesa di San Benedetto, che di lì a poco sarebbe diventata comunità. Gli anni di piombo assomigliavano sempre più a quelli delle pere, in cui si cadeva crivellati dai colpi di una P38 e si moriva sulle panchine del centro con una siringa nel braccio. E quelli che riuscivano a sopravvivere venivano a bussare alla porta di quel prete che si diceva accogliesse tutti senza fare domande né pretendere redenzioni, oppure spediti qui dai magistrati che non sapevano più come svuotare le celle che esplodevano di derelitti ed emarginazione. “Ci capitavano tanti ragazzi disperati, sapevamo che se li avessimo lasciati andare sarebbero morti. Ma nessuno a Genova voleva prenderseli, ci sentivamo impotenti” dirà anni dopo un giudice dell’epoca. “Allora chiamavamo San Benedetto, a qualunque ora del giorno e della notte, perché sapevamo che sarebbero stati sempre accolti”. In 40 anni di attività la comunità di don Andrea e don Federico avrebbe accolto tossicodipendenti, emarginati, transessuali, diseredati, disadattati, invisibili, figli dell’umanità perduta, i primi migranti, i vinti di ogni battaglia, parlando di concetti come uguaglianza, solidarietà, dignità. Per 40 anni hanno provato a infangarlo, delegittimarlo, allontanarlo, trasferirlo, senza mai riuscirci. In un Paese che si lasciava sedurre dalle sirene proibizioniste, lui parlava di legalizzazione delle droghe leggere e fumava spinelli in diretta a Tursi. In un Paese spinto verso il celodurismo sanitario, il paternalismo spiccio, il patriarcato violento e sessista come unica strada, lui rimetteva al centro la persona con le sue infinite identità, anche sessuali. In un Paese che innalzava muri e serrava cancelli, lui apriva le porte a chiunque, senza mai chiuderle alle sue spalle. C’è una frase che racchiude il senso di tutta la sua missione. “Chi si droga non è un pazzo, un malato, un deviato, un debole o un pigro irresponsabile. È, prima di tutto, una persona. Legare il tossico al momento socioculturale è tentare di comprenderlo nella sua marginalità. Opporlo all’ambiente sociale è, al contrario, escluderlo in nome di una maggioranza parlamentare e, in quest’ottica, non sarà che un “deviante” da raddrizzare.” Quanto manchi, Don. Lorenzo Tosa
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Per gli adulti se diciamo “che depressione” dicono: non è mica depressione la vostra.
Diciamo “che ansia” e loro: non è mica ansia questa.
Diciamo ” io lo amo” e loro: alla vostra età non è amore.
Allora spiegateci voi cosa cazzo abbiamo, quando ci viene da piangere per una penna che cade, quando abbiamo paura del giorno dopo, quando ci sentiamo sole e desideriamo solo il nostro lui o la nostra lei accanto a noi, quando ci crolla il mondo addosso, la scuola contro, le amicizie finite, gli amori a distanza, non corrisposti, quelli difficili.
Dite sempre: se hai qualche problema dimmelo, ti ascolterò e non ti dirò niente, poi quando lo facciamo ci dite che siamo pazzi o non ci ascoltate proprio.
State sempre ad infierire, a dirci cosa fare e non, ci costringete a studiare, a dare il meglio di noi sempre in tutto, ed è ovvio, mica studiate voi, mica tornate da scuola con un brutto voto e il timore di dirvelo, mica passate voi quello che passiamo noi adolescenti.
Dite che questo é il periodo più bello della vostra vita, e poi ci tappate le ali, infrangete i nostri sogni e ci date sempre contro.
Il problema è solo nostro perché voi una famiglia già ce l’avete, non dovete preoccuparvi se il ragazzo/a che vi piace non vi caga, oltre al problema dell’economia non vi potete proprio lamentare.
Siete sempre così oppressivi, ci vedete tristi e manco ci chiedete come stiamo, se ci amiamo, se stiamo bene con noi stessi, ed è ovvio che ci aiutiamo con l’autolesionismo, la bulimia e nei casi estremi il suicidio.
Non vi stupite quando sentite al telegiornale che un adolescente ha tentato di uccidersi o si è tagliata le vene, pensate a quella povera ragazza/o perché l’ha fatto, perché stava così tanto male ad arrivare fino a quel punto, e a quegli idioti dei genitori che non si sono accorti dei loro figli.
Aprite gli occhi cazzo, sprecate almeno un minuto della vostra vita ad ascoltarci, e non chiamateci pazzi senza sapere le cose come stanno.
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Era mio padre
Io e mio padre siamo nati lo stesso giorno, il 7 Novembre. Questo mi ha fatto sempre pensare che ci fosse un legame speciale fra me e lui, che e’ stato per molto tempo, come per molte figlie, una specie di super eroe, senza mantello ma con molti super poteri. Il piu’ grande di tutti era saper parlare. Sapeva sempre cosa dire e come dirlo, aveva una capacita’ di parola che da bambina mi incantava, da adolescente mi irritava e da adulta gli ho invidiato.
Mio padre era un uomo alto e robusto, con gli anni non aveva perso il portamento e l’andatura, e i suoi capelli piu’ grigio scuro che bianchi lo facevano sembrare piu’ giovane dei suoi anni. Aveva uno sguardo sincero che esigeva sincerita’, ed era molto difficile sottrarsi a quello sguardo, sia nei momenti belli che in quelli brutti. Era autorevole senza essere autoritario, e di questo non l’ho mai ringraziato, perche’ quando ne ho capito l’importanza lui non c’era piu’. Non aveva bisogno di minacciare, di alzare la voce o peggio ancora le mani, o di sbandierare le solite frasi da genitore, bastava che mi guardasse che io capivo subito cosa e come.
Mio padre era un uomo buono, troppo buono credo, non per questo stupido, ma aveva una fiducia enorme nelle persone, una rettitudine morale che non gli permetteva di pensar male di nessuno, quasi neanche quando l’evidenza era davanti ai suoi occhi. Neanche di mia madre, che aveva sposato dopo che la mia madre naturale era morta e lui era rimasto solo con noi bimbe piccole senza mamma. Come spesso capita, questa nuova mamma aveva sposato lui ma non noi, che quindi eravamo un di piu’ del quale lei doveva occuparsi non volendolo fare, e che le ricordavamo costantemente che lui non era solo per lei. Sono stati anni molto difficili fin da quando mi posso ricordare, liti furibonde e discussioni interminabili, pianti, qualche piatto che volava ogni tanto, un disagio palpabile in ogni momento, anche in quelli “felici” nei quali nessuno litigava o teneva il muso o piangeva battendo pugni nel muro. Da bambina vivevo tutto questo con molta paura, temendo sempre di sbagliare o di aver gia’ sbagliato qualcosa, bastava un’occhiata di mia madre per gelarmi il sangue nelle vene e sentire il manico della scopa abbattersi sulla mia schiena. Da adolescente ho creduto per molto tempo di poter “aggiustare” le cose parlando, come avevo visto fare a mio padre tante e tante e tante sere. Non che le cose si fossero mai aggiustate, in realta’, ma pensavo che, se lui aveva insistito su quella strada per tutto quel tempo, probabilmente c’era una speranza, e allora giu’ parole e parole e parole. Solo verso i quindici, sedici anni cominciai a pensare che forse tutto quel parlare non servisse poi a molto, le cose non solo non miglioravano ma tendevano quasi a peggiorare, con porte chiuse e pianti al ritmo di “io non ce le voglio”. Un film che non cambiava mai. Nemmeno l’arrivo di una sorella cambio’ le cose, anzi, com’e’ facile intuire, per certi versi le peggioro’ ulteriormente.
Cosi’ fui costretta ad ammettere che quel super eroe non solo non era super, ma non era nemmeno un eroe. Quale eroe non salva la principessa dal drago? Io non solo non mi sentivo salvata da mio padre, ma mi sentivo condannata ad una vita che non avevo scelto e che mi ritrovavo a dover subire, sopportare, cercar di gestire. Cosi’, dopo infinite serate di riunioni familiari intorno al tavolo di cucina, noi da una parte, mia madre dall'altra, mio padre nel mezzo, infiniti tentativi di “aggiustare” le cose, di spiegare, di venirsi incontro, dopo infinite porte sbattute e violenze fisiche e psicologiche a tutti i livelli, un giorno guardai mio padre diritto negli occhi, quegli occhi che tante volte mi avevano guidata e sorretta, e gli dissi “babbo, tu l’hai sposata e tu la sopporti. Non io. Non piu’”. Non mi dimentichero’ mai il suo sguardo. Se l’avessi pugnalato alle spalle probabilmente gli avrei fatto meno male. Non disse nulla ma fu come se avesse detto tutto. Avrei voluto abbracciarlo e piangere sulla sua spalla, invece rimanemmo in silenzio un istante lungo un’eternita, poi mi voltai e andai in camera mia, domandandomi che cosa sarebbe successo da li’ in poi. Qualcosa di magico s’era spezzato, l’incanto era svanito, mi sentivo sola come non mai ma, per qualche strana ragione, libera.
Appena potei mi chiusi la porta di casa alle spalle, e misi fine a tutti quegli anni di angoscia, di paura, di tristezza, di inadeguatezza, di ingiustizie, di soprusi e di infelicita’. Non che avessi chiuso i rapporti con i miei, anzi, la lontananza aveva disteso gli animi e reso le cose piu’ facili, soprattutto per il fatto che loro facevano la loro vita e io la mia, perche’ “ognuno pedala sulla sua bicicletta” e non era previsto che loro si occupassero della “me” adulta. Ma a me andava bene cosi’, preferivo di gran lunga la difficile indipendenza alla dura vita familiare nella quale ero cresciuta.
Mio padre e’ morto venti anni fa una sera d’aprile, d’improvviso, senza soffrire, senza quasi rendersene conto.
Per tanto tempo ho provato rabbia nei suoi confronti, rabbia per non avermi salvata dal drago, per non aver lottato con le unghie e con i denti per la sua piccola principessa. Poi ho capito che in realta’ lui aveva lottato ogni giorno, inutilmente. Aveva lottato come lui sapeva, o poteva, o credeva fosse giusto. Un Don Chisciotte contro un unico mulino a vento che vinceva sempre.
Ho capito che il mio super eroe era un uomo.
Era mio padre.
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Io ho sempre scelto te. Ho scelto te anche quando le cose erano difficili, quando non mi parlavi, quando mi odiavi, quando non c'eri e la tua mancanza la sentivo fin dentro le vene. Tra tutte le cose belle io ho scelto te, l'unica persona capace di distruggermi.
-Blow.
#frasi blow#blow#love#amore#quotes#citazioni#frasi#libri#frasi film#citazioni amore#citazioni film#film#mancanza#scegliere#sentimenti
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Il punto é che é vero: non si smette mai di imparare. Per quanto sia una frase fatta o un cliché, é vero. Ho vissuto uno degli anni più difficili della mia vita, i cambiamenti più estremi nel giro di qualche mese e sono ricascato in qualche vizio. Sono ricascato in pensieri controproducenti, ho trovato la forza nel sangue che mi scorre nelle vene perché significa che sono vivo.
Ho perso la forza a causa di quello stesso sangue perché significa che sono ancora vivo, che lo sono anche quando non vorrei.
Ma sono andato avanti, ho messo da parte tutti i miei istinti più spaventosi e scabrosi, li ho affrontati, combatto ogni buio della mia anima, anche quelli più difficili in cui si nasconde la voglia di abbandonarmi alla violenza della morte.
Mi sono messo in discussione anche quando non dovevo: sono andato avanti anche se ogni tanto torno indietro.
Ho forzato me stesso: sono uscito, ho dato una possibilità alle persone che mi amano, ho dato una possibilità alle persone che volevano conoscermi ed, ogni tanto, mi sono fidato.
Anche adesso, mentre scrivo, vorrei vomitare via tutto fino all'ultimo anelito di vita.
Non lo faccio perché voglio un messaggio di speranza, ho bisogno di sperare che come nei romanzi di formazione che amo, alla fine di tutti gli ostacoli e le tribolazioni, ci sarà un miglioramento.
Ho bisogno di credere che, alla fine, smetterò di odiarmi e di odiare l'idea di respirare, svegliarmi ogni giorno senza sentirmi necessariamente sfiancato.
Ho bisogno di credere che riuscirò ad essere all'altezza di tutto l'amore che mi circonda, di poterlo ricambiare senza sentirmi manchevole.
Sto imparando ancora a vivere, a respirare ed a svegliarmi. Sto imparando a superare tutto quello che la mia mente mi mette contro, il modo in cui plasma la realtà per farmela apparire insopportabile.
Alle volte, però, vorrei soltanto essere qualcun altro.
Guardo i miei alunni e proprio ieri, sono salito sulla sedia per prendere un libro.
"É bella l'altezza, prof?"
Quando mi sono girato erano tutti in piedi sui loro banchi.
"Oh capitano, mio capitano."
Ed ho capito che un po' di speranza, la vita, te la mette davanti.
Anche quando la tua mente fa di tutto per oscurarla.
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26.11.2020
(Crediti all'artista)
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Sapete, negli ultimi tempi sono successe un sacco di cose, un enorme insieme di eventi che mi hanno portato a riflettere su diverse questioni.
Una di queste ultime, è il come una persona affronta i momenti difficili e i periodi in cui la disperazione prende il controllo della sua vita.
Quando parlo con qualcuno dei miei problemi e delle situazioni che sto affrontando, spesso mi capita di sentirmi dire queste frasi:
"Ma come fai a parlarne con leggerezza?"
"Ma come fai a scherzarci sopra?"
"Secondo me non è poi così grave come dici, dato che stai ridendo e scherzando!"
(Da notare i colori delle frasi. BI PRIDE STAND UP!! 🏳️🌈)
Ecco, quando mi sento rivolgere certi commenti mi ribolle il sangue nelle vene in una maniera assurda.
Non ho ancora capito il perché, ma la maggior parte della gente si aspetta che un individuo, durante un periodo difficile della sua vita, si abbandoni al crogiolarsi nel dolore più lacerante 24h su 24, e che perda completamente la capacità di sorridere anche davanti alla cosa più divertente del mondo.
E che se ci scherza sopra, significa che in realtà non sta soffrendo veramente, ma che è in cerca di attenzioni neanche fosse un bambino capriccioso.
E questo mi fa incazzare come una bestia.
Dove c'è scritto che una persona non può soffrire se ride e scherza con gli altri?
Dove c'è scritto che una persona che soffre può essere considerata tale solamente se cade in depressione, se piange dalla mattina alla sera, eccetera?
Ognuno affronta i problemi come preferisce:
C'è chi piange, chi si rinchiude in camera, chi si sfoga prendendo a pugni il sacco da boxe, chi urla in un luogo isolato,...
E c'è anche chi usa l'ironia e le risate, nessun metodo di sfogo è migliore di un altro.
Quindi, per favore, piantatela una volta per tutte di ripetere le frasi che ho citato all'inizio, piuttosto offrite aiuto a chi sta male ascoltandolo e mettendosi nei suoi panni.
Su questa Terra non siamo tutti uguali (e menomale, il mondo è bello perché è vario), e nessuno si deve permettere di sottovalutare il dolore e la sofferenza di chi gli sta intorno.
Sminuirla non farà altro che spingere l'individuo sofferente a sentirsi incompreso, e ciò lo porterà a chiudersi in sé stesso, con tanto di possibili conseguenze negative (autolesionismo, isolamento sociale, eccetera...).
Può sembrare poco, ma fidatevi, far sentire la propria vicinanza ed il proprio sostegno ad una persona può fare miracoli.
Imparate ad essere empatici, davvero, fatelo.
E tenete a freno la lingua quando qualcuno si apre con voi, la sofferenza si può nascondere anche dietro un sorriso a 94 denti.
~ Psycaliya
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