#miei testi
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Il mattino
Il mattino non è un concetto
o un intervallo di tempo
Il mattino è una vibrazione
Una frequenza della luce
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Nuovi mini video sul mio canale YouTube
#pensieri per la testa#persa tra i miei pensieri#YouTube#canale YouTube#Disney#disneyana#forever young#miraculous#miraculous ladybug#miraculous chat noir#miraculer#paint 3d#testi canzoni#canzoni Disney#cartoon#cartone animato#movie#film
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#sanremo#sanremo 2023#mare di guai#ariete#no ragà non avete idea ce l'ho in ripetizione da ieri sera sta canzone mi sta dando livelli di brainrot assurdi#qualsiasi canzone emotiva wlw mi crepa il cuore sono debole#e i testi di calcutta mi prendono sempre che ci possiamo fare#il numero spropositato di ascolti su spotify sono tutti miei
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Molto interessante che il governo si è triggerato per questo testo btw
#ho letto testi più espliciti signori miei non avete idea#ma vabbè abbiamo dei fascistoidi ci sta#sanremo 2023
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A volte il suono delle campane ha un effetto dirompente su di me.
Mi ritrovo proiettato in un mattino della mia infanzia, oppure dentro una pagina di un racconto che ho letto durante il Liceo, o dentro il viaggio che feci in un paese straniero, sicuramente in una vita precedente.
Quel suono, apre squarci nel tessuto spazio-temporale, di cui crediamo sia fatta la Realtà e mi rivela invece che la realtà è un gorgo, un imbuto, un mulinello in cui precipitano continuamente immagini, sensazioni, flash, pensieri, intuizioni, ricordi, emozioni.
Mi ci vogliono minuti e minuti, e, a volte, interi quarti d'ora, per rimettermi in piedi, per ricostituirmi come persona, per tornare a quella dimensione a cui gli altri si riferiscono, usando una parola che convenzionalmente è il mio nome : "Carlo".
Questo, produce, il suono di campane, udito in lontananza.
E al ritorno da questa esperienza, a volte, mi pare di essermi immerso in un torrente, un ruscello di montagna. Di aver nuotato e galleggiato su acque remote e profondissime...
Dopo quel bagno, tornare alla quotidianità richiede tempo.
Come risalire sulla riva di un fiume e ritrovati gli abiti consueti, rivestirsi.
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Una delle cose più tristi di questi tempi è che non esiste proprio la solidarietà . Quella femminile ormai è quasi un miraggio . Parlo dei social ma anche nella vita lavorativa ancora più in generale nella quotidianità. Poi internet ha aumentato la cattiveria, anzi secondo me quella già era presente solo che dal vivo manifestarla è più difficile ,così eccoli lì i leoni da tastiera. Tante volte ho pensato (e a volte l'ho fatto) di levarmi anche da qui perché stufa di essere giudicata , condannata addirittura spesso presa come 'pesante' o 'altezzosa' perché non ho piacere di rispondere alla qualsiasi persona. Quando ho aperto questo spazio lo feci perché volevo un posto dove non mi importava apparire perfetta , nei miei testi , nelle mie immagini , in ogni cosa che posto . Mi importava dare voce alla mia testa. Con il tempo mi sono pentita più volte di scrivere i miei monologhi ,perché la gente stai pur certa che per scriverti una cattiveria lo perde il suo tempo , per fermarsi invece a scrivere anche solo una parola di confronto o un pensiero ,una riflessione, questo tempo non lo perdono. E da li capisco che le persone che usano il loro tempo a giudicare o sputare sentenze sono le prime ad essere tristi, insucure o semplicemente insoddisfatte. Per non parlare che se posto culi e tette ricevi più assensi , che un post come questo che passerà in cavalleria . Tutto questo per dire che l'umanità anzi la disumanità mi spaventa ogni giorno , per mia figlia in primis ma anche per quanto riguarda la mia vita.
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Storia Di Musica #351: Bob Dylan & The Band, Before The Flood, 1974
C'è un'altra ricorrenza periodica nelle Storie di Musica, e che capita quasi sempre a Dicembre: un racconto di un disco di Bob Dylan. Dopo tanto tempo vi racconto quando nasce la mia fascinazione per lui. Tra i libri della libreria dei miei mi capitò tra le mani, io andavo alle elementari, un libro, Bob Dylan: folk, canzoni e poesie, a cura di Alessandro Roffeni, Newton Compton Editori, pubblicato nel 1978 e comprato anni dopo dai miei ad una Festa dell'Unità. Mi affascinava anche perché aveva i testi inglesi a fronte e quel libro, che conservo ancora con affetto, aveva un'introduzione che finisce così: in un "ritmo di distorsione impoetica" si consuma l'impossibilità stessa di fare "grande" poesia, di additare le risoluzioni definitive: nelle pulsioni dell'eros, nella ricerca martellante di concatenazioni linguistiche nervose e oltraggiosamente impure, Dylan, e con lui l'uomo contemporaneo, cerca un instabile e mai risolto rapporto con l'irriducibile spietatezza del divenire storico.
Siccome è dicembrina, la collezione del mese avrà un'idea celebrativa, perchè i dischi che ho pensato festeggiano tutti mezzo secolo, omaggio questo anche ad una delle mie migliori amiche che è nata nello stesso anno di questi album.
La storia di oggi inizia quando Dylan, con una mossa clamorosa, abbandona la Columbia nel 1973, la casa discografica che lo scoprì e per cui aveva pubblicato i suoi primi 13 dischi, per passare alla neonata Asylum di David Geffen (che la fondò nel 1971 con Elliot Roberts) costruita per riabilitare la musica folk. Dylan in quel periodo iniziò a curare personalmente la sua attività finanziaria. Con la Asylum pubblica Planet Waves nel gennaio del 1974, un disco nato quando Robbie Robertson si trasferì a Malibù vicino casa di Dylan a metà del 1973. Il rapporto con Robertson e The Band è fortissimo: erano ancora The Hawks quando furono chiamati ad aiutare Dylan nella fondamentale transizione elettrica di metà anni '60, gli innumerevoli concerti insieme, e fu con questi musicisti che Dylan, dopo il misterioso e terribile incidente in moto del 1966, si ritirò in cantina a suonare per riabilitarsi (cose che diventeranno i mitici The Basement Tapes nel 1975). Planet Waves è un disco intimo, quasi di emozioni domestiche, che spiazza perchè sembra che Dylan abbia abbandonato l'epica universale della sua musica. Nasce l'idea di promuovere il disco con un tour e appena dopo la pubblicazione Geffen organizza 30 date in 21 città, in teatri e palazzetti al coperto, in circa un mese di tour. Il materiale registrato, nelle due date di Los Angeles del 13 e 14 Febbraio e a New York il 30 gennaio, venne pubblicato a Giugno con il titolo Before The Flood, addirittura un doppio live, il primo live della storia discografica dylaniana (le registrazioni precedenti verranno pubblicate molto tempo dopo) a testimonianza di un evento non secondario: dall'incidente del 1966, e tolta la partecipazione al Concerto per Il Bangladesh organizzato da George Harrison, è la prima tournee di Dylan in 8 anni.
Il titolo prende probabilmente spunto da un racconto, Farn Mabul, scritto da Sholem Asch, scrittore e drammaturgo ebreo-polacco, il cui figlio, Moses, era molto amico di Dylan, che lo aiutò ad organizzare la sua casa discografica, Folkways Records, che era attiva nel folk revival (e che quando chiuse, nel 1987, aveva così materiale ritenuto importante che fu acquisita dalla Smithsonian Society). Tra l'altro, l'ultima canzone di Planet Waves, Wedding Song, finisce così: We can't regain what went down in the flood. Nonostante il Tour fosse stato pensato per promuovere il disco, alla fine da Planet Waves arriva pochissimo, è piuttosto l'occasione per Dylan e i fidati musicisti della Band di riprendere le meraviglie spesso suonate insieme in studio e rivoltarle, riarrangiarle nel modo più imperscrutabile, tanto che le canzoni si riconoscono solo quando il canto irrompe e ne rivela la natura. In generale, dopo qualche data di rodaggio, le serate erano composte da un set con Dylan con la Band, un set solo del gruppo, uno solo di Dylan, e poi qualche bis di nuovo insieme. Ricordo qui gli strepitosi musicisti della Band, tutte leggende: oltre a Robbie Robertson, Garth Hudson, Levon Helm, Richard Manuel e Rick Danko, una line up indimenticabile.
Il risultato fu all'epoca rivoluzionario, perchè non si era abituati a sentire Dylan live sul disco: nel doppio c'è la sua massima espressione poetica, con buona parte dei suoi classici, da Like A Rolling Stone a Blowin' In The Wind, da Ballad Of Thin Man a Knockin' On Heaven's Door, da Just Like A Woman ad una rockeggiante Highway 61 Revisited. A questi si aggiungono le meraviglie della Band: capolavori come The Weight, The Night They Drove Old Dixie Down, The Shape I'm In. Dylan si ricuce le canzoni in abiti diversi, abbandona il canto romantico e spesso è furente nell'interpretazione, tanto che il critico Robert Christgau dirà in una famosa recensione del disco appena uscito "Without qualification, this is the craziest and strongest rock and roll ever recorded. All analogous live albums fall flat.", puntando l'attenzione sulla intensificazione musicale dei suoi classici in veste dal vivo.
Il disco divenne un successo, in Top Ten negli Stati Uniti e in Gran Bretagna (che va ricordato per numero di dischi in classifica era un luogo di Dylan mania da oltre un decennio). E in Dylan scatta qualcosa: la Columbia, pentita, gli richiede di ritornare a casa, e Dylan prima regala alla storia uno dei dischi più belli di sempre, Blood On The Tracks e poi parte il circo musicale del Rolling Thunder Avenue, il secondo tour consecutivo.
Negli anni furono ripubblicati dalla Columbia altre date, anche in cofanetto, ma niente di così sfavillante come l'edizione del cinquantenario che è arrivata nel 2024: 27 cd, 417 esibizioni inedite, registrazioni appena mixate e note di copertina di Elizabeth Nelson, che raccolgono tutti i concerti di quel tour, storicamente uno dei più importanti della musica rock occidentale.
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La dichiarazione finale del G7 è composta di 19.842 parole. Apro il mio tablet sul bordo del lago di Sevan. Sono venuti a trovarmi alcuni amici cacciati dall’Artsakh (Nagorno-Karabakh), desertificato della sua popolazione indigena dagli invasori giunti dall’Azerbaigian tirando cannonate su Stepanakert e su tutti i villaggi abitati. Una espulsione totalitaria equivalente al genocidio, qualcosa di così disumano da spaccare le ossa della mia anima.
Ma so che tutto questo è stato vissuto dolorosamente anche da tanti italiani, a differenza del loro governo e del Parlamento (maggioranza e opposizione, presenzialisti e assenteisti). Tutti adoratori della Costituzione, questi politici, e tutti a citare l’articolo 11 che «ripudia la guerra». Ma ci dev’essere un post-scriptum riservato, che si passano tra loro le generazioni di potenti: non c’è scritto che bisogna ripudiare chi fa la guerra e annienta poveri cristi, purché in cambio stipino di gas
i nostri serbatoi, e di caviale certi tipetti, e di denaro le nostre fabbriche di cannoni e aerei militari per trasferire paracadutisti di reparti d’assalto sui tetti di sciagurate minoranze cristiane…
Sono ingiusto a non fare distinguo. Non tutti i parlamentari e i ministri e i sottosegretari hanno sacrificato gli armeni dell’Artsakh alla ragion di Stato (ma val la pena sopravviva uno Stato che ha ragioni così miserabili per campare, al punto da accarezzare massacri e pulizie etniche purché gli autori siano bravi fornitori?); non tutti hanno chiuso gli occhi, ci sono pochi meravigliosi deputati e senatori coraggiosi, oltre a qualche Nicodemo che nel silenzio dissente. Oso qualche nome: Centemero, Formentini, Zampa, Pozzolo, Orsini, Malagola, Fassino e se dimentico qualcuno, scriva che – se sono ancora vivo – rimedierò.
Speranze tradite
Ho letto la dichiarazione finale firmata da capi di Stato e premier del G7. Ho usato i dispositivi dell’intelligenza calcolatrice che permettono di scrutare il succo dei testi. Avevo moderate speranze di trovare un impegno per tutelare la piccola culla delle memorie cristiane, un luogo che non è simbolico e basta, ma palpitava. Uso il passato! Il Nagorno era abitato da centoventimila cristiani. Nel settembre del 2020 l’Azerbaigian sostenuto dai turchi si era già preso metà del territorio. Russia e Bielorussia, che avrebbero dovuto intervenire in base ai trattati sottoscritti con l’Armenia, hanno lasciato fare. Nel 2022, quattro giorni prima dell’aggressione all’Ucraina, Putin e il dittatore azero Ilham Aliyev hanno firmato un trattato che ha consentito alla Russia di triangolare gas e petrolio con l’Occidente tramite il simpatico tiranno il cui padre Heydar fu vice di Breznev e colonna asiatica del Kgb. Nel 2023, dopo uno stillicidio di attacchi e assassinii, e l’assedio utile per far morire i bambini di fame, il colpo finale. In centomila espropriati della loro essenza furono costretti, per non essere schiavizzati o appesi ai pali, ad andarsene in Armenia. L’Italia era corsa in soccorso del vincitore sin dai primi giorni del 2023 firmando un accordo per la “modernizzazione” (dichiarazione ufficiale del governo di Baku) delle forze armate azere.
Clima 53, Nagorno 0
Ed ecco il G7 a presidenza italiana. Speravamo in Giorgia Meloni, ma forse l’essersi affidata a Elisabetta Belloni come sherpa per fissare accordi, non è stata una grande idea, almeno per noi disgraziati cristiani del Caucaso. Avevamo sperato nella presenza al G7 di Borgo Egnazia dello Stato più amico di noi armeni che esista in Occidente, almeno sulla carta: in Francia circa 750 mila suoi cittadini sono “arméniens de France”; ma dovrebbero esserlo anche gli Stati Uniti e il Canada, nazioni in cui i miei fratelli assommano a un milione e mezzo. Risultati? Siamo invisibili, siamo inesistenti. Esiste anche un genocidio che passa attraverso la soppressione del problema, l’impiparsene.
Tra i circa 20 mila lemmi ho fatto contare al computer alcune parole chiave. Innanzitutto nomi di Stati o territori: Russia 61 occorrenze, Ucraina 57, Cina 29, Nord Corea 14, Palestina 13, Israele 11, Iran 11, Gaza 9, Libia 6, Armenia 0, Nagorno-Karabakh 0, Azerbaigian 0./
Nomi per problematiche: clima/cambiamento climatico 53, gender 25, diritti umani 24, dignità umana 3, migrazioni/migranti 38, inquinamento 12, plastica 9, libertà 13, libertà religiosa 0, persecuzione 1, persecuzione religiosa 0.
Come si vede, l’Armenia e la sparizione di una nazione cristiana dalle cartine geografiche in Caucaso non sono un problema che interessi i grandi. Qui batterò ancora qualche colpo in alfabeto Morse, o vi siete stancati anche voi?
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La seconda che hai detto!
Accade che incontri così tanta Bellezza, che avverti il bisogno, la gioia, di poterla condividere con altre persone in grado di vederla, toccarla, sfiorarla, comprenderla e amarla.
Si chiama "con-divisione", ma non ha nulla a che fare con la "divisione", la Bellezza non viene mai divisa, Lei no, Lei resta sempre tutta intera. Intatta. Pura.
È questo il miracolo, questa la Magia.
Più la condividi e più si moltiplica. Dà le vertigini a pensarci. Ti inebria.
Arrivi allora a sentire l'ebrezza della Condivisione, come un vino frizzante che ti circola nelle vene.
E la tua vita, ne è trasformata.
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Kirill Mist
via @matchamatea
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L'ineluttabile
Tutto era ineluttabile, come è ineluttabile il contenuto dei libri di matematica.
F. Dürrenmatt, [Der Alte, 1945], Il Vecchio, in Racconti, Milano, Feltrinelli, 1996 [trad. U. Gandini]
Immagine: foto di due miei vecchi testi della MIR Publishers, Mosca.
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Per Te
Amo la gente innamorata
innamorata di una persona,
di un'idea, del proprio lavoro.
Del talento che si porta dentro
da quand'era bambina.
Amo la gente innamorata
perché viaggia sollevata da terra
E galleggia in una nuvola di luce
fatta di stelle ed arcobaleni.
e vede scintillare l'intera materia cosmica
e se ci stai a parlare oltre alle parole
ti accorgi di quanto le brillano gli occhi
e così pure i gesti, e perfino il loro silenzio
è luminescente come un astro
o un campo di grano a maggio.
Pulsa la luce di mille lucciole
nei polsi sottili, nelle sue azzurre vene.
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Non c’è saggezza nel diventare vecchi, ma c’è l’autorevolezza dell’irreparabilità.
La vecchiaia (è questo il nome che gli altri le danno)
può essere il tempo della nostra felicità.
l’animale è morto o è quasi morto.
rimangono l’uomo e la sua anima.
Vivo tra forme luminose e vaghe
che non sono ancora le tenebre.
Buenos Aires,
che prima si lacerava in suburbi
verso la pianura incessante,
è diventata di nuovo la Recoleta, il Retiro,
le sfocate case dell’Once
e le precarie e vecchie case
che chiamiamo ancora il Sur.
Nella mia vita sono sempre state troppe le cose;
Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare;
il tempo è stato il mio Democrito.
Questa penombra è lenta e non fa male;
scorre per un mite pendio
e assomiglia all’eternità.
I miei amici non hanno volto,
le donne sono quel che erano molti anni fa,
gli incroci delle strade potrebbero essere altri,
non ci sono lettere sulle pagine dei libri.
Tutto questo dovrebbe intimorirmi,
ma è una dolcezza, un ritorno.
Delle generazioni di testi che ci sono sulla terra
ne avrò letti solo alcuni,
quelli che continuo a leggere nella memoria,
a leggere e a trasformare.
Dal Sud, dall’Est, dall’Ovest, dal Nord,
convergono i cammini che mi hanno portato
nel mio segreto centro.
Quei cammini furono echi e passi,
donne, uomini, agonie, resurrezioni,
giorni e notti,
dormiveglia e sogni,
ogni infimo istante dello ieri
e di tutti gli ieri del mondo,
la ferma spada del danese e la luna del persiano,
gli atti dei morti, il condiviso amore, le parole,
Emerson e la neve e tante cose.
Adesso posso dimenticarle. Arrivo al mio centro,
alla mia algebra, alla mia chiave,
al mio specchio.
Presto saprò chi sono.
Jorge Luis Borges, "Elogio dell'Ombra"
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«Il cuore di un Anarchico sanguina sempre, il mio perchè sono consapevole che Anarchia è solo pura utopia, e perchè il mondo che osservo con i miei occhi non mi piace, e lo vorrei diverso.
Vorrei che nessuno fosse padrone e che nessuno fosse più servo,
vorrei che l'uomo riuscisse finalmente ad autogestirsi e a collaborare con gli altri, vorrei non avere più nessun uomo politico che gestisca il mio futuro e quello di migliaia di altre persone, vorrei che nessuno sia più mercenario di guerra al servizio del potere.
Vorrei che l'uomo non avesse più inibizioni come una legge imposta dall'alto e che l'unica legge fosse la nostra morale. Vorrei che la gente smettesse di credere in valori sbagliati come il consumismo.
Vorrei che l'uomo fosse finalmente libero.»
Faber❤️
Oggi è l'11 Gennaio ed in questo giorno, nel 1999, a Milano moriva il grande cantautore Fabrizio De Andrè. Era nato a Genova nel 1940 e viene considerato uno tra i più grandi cantautori italiani di ogni tempo. Insieme a Gino Paoli, Bruno Lauzi, Umberto Bindi e Luigi Tenco ha fatto parte della cosiddetta "Scuola Genovese". Libertario, pacifista e di pensiero anarchico, i suoi testi hanno raccontato di emarginati, prostitute e ribelli, ma anche il tema dell'amore è stato affrontato con grande e particolare originalità. Alcuni suoi testi, considerati vera e propria "poesia", sono stati inseriti in antologie scolastiche di letteratura. E' il cantautore con maggiori riconoscimenti dal "Premio Tenco" (prestigioso premio tra i più importanti riconoscimenti musicali italiani, creato in omaggio a Luigi Tenco e riservato ai cantautori) con sei targhe e la vittoria di un Premio Tenco. Attraverso le sue canzoni s'interessò anche di rivalutare certi idiomi locali, come il genovese ed il gallurese. Conosciuto anche con l'appellativo di “Faber”, che gli dette l'amico attore Paolo Villaggio, riferendosi alla predilezione da parte di De Andrè per le matite ed i pastelli “Faber-Castell”. L'esordio discografico avvenne nel 1961 con un 45 giri che conteneva i due pezzi: Nuvole Barocche” e “E Tu La Notte” e nel 1963 avvenne il suo debutto televisivo nel programma “Rendez-Vous”. Tra la miriade dei grandi successi di De Andrè, possiamo ricordare ' in estrema sintesi, “La Canzone di Marinella”, “Il Pescatore”, “Via Del ampo”, “Bocca di Rosa”, “Creuza De Ma'”, “La Guerra di Piero”, “Amore Che Vieni, Amore Che Vai”, “Dolcenera”, “Amico Fragile”, “Don Raffaè”. Dopo la scomparsa, gli furono intestate in varie parti d'Italia, vie, piazze, parchi, biblioteche e scuole.
Bruno Pollacci
Direttore dell'Accademia d'Arte di Pisa
Ricordando Faber...Buongiorno🌈
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آهنگ زندگی زیباست تقدیم به شما دوستان و همراهان نازنینم این آهنگ قبلا رکورد و آماده شده ولی بدلیل شرایط این چند ماهه پخش اون به تاخیر افتاد. به امید آزادی ❤️ آیریک _ زندگی زیباست آهنگساز: آیریک ترانه: رومی تنظیم: سیمون 🇬🇧The song "Life is beautiful" is dedicated to you my dear friends This song has already been recorded and prepared, but because of the situation of these few months, its release was delayed. Hoping for freedom ❤️ Ayric _ Zendegi zibast Composer: Ayric Lyrics: Rumi Arrangement: Simone 🇮🇹La canzone "La vita è bella" è dedicata a voi miei cari amici Questa canzone è già stata registrata e preparata, ma a causa della situazione di questi pochi mesi, la sua uscita è stata ritardata. Sperando nella libertà ❤️ Ayric _ Zendegi zibast Compositore: Ayric Testi: Rumi Arrangiamento: Simone #Ayric #Ayric_Music #AyricMusic #آیریک #ایریک #اریک #موزیک #Music #موسیقی #ayrick #airik #airic #song #zendegi_zibast #ayric_zendegi_zibast
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“Sei un pervertito come tutti gli altri”. No.
Bisogna chiarire alcune cose: in questo blog scrivo quello che voglio, quando voglio, come voglio, e per i motivi che voglio. Se voglio parlare del mio pene, lo faccio. Se voglio parlare della psiche femminile, lo faccio. Se voglio parlare della mia vena poetica, lo faccio. E così via. Questa mia libertà è sufficiente per associarmi a un pervertito? Lo trovo un ragionamento immaturo, se non addirittura infantile, puerile, fallace. Sono un pervertito? No, per i canoni odierni e per come viene immaginato e descritto un pervertito oggigiorno. Ho una spiccata fantasia, un erotismo innato che spesso mi accompagna, una passionalità intrinseca e introversa come il mio carattere. Pertanto da qualche parte, e nello specifico prevalentemente qui, in qualche modo viene fuori. L’utilizzo di certi vocaboli, di certe metafore/similitudini/allegorie, m’appassiona. Quindi, quando ne ho voglia, mi abbandono a questa pratica. Tutto ciò per dire che non ho bisogno di sotterfugi e mezzucci vari, per parlare del mio pene. Se la ruota gira, la lascio girare a prescindere. E con “ruota” non mi riferisco al mio pisello che fa l’elicottero. È un modo di dire. La libertà espressiva m’eccita mentalmente perché viviamo in una prigione dorata. Io parlo liberamente di tante cose, mica solo della mia sessualità. Siamo solo all’inizio, è un po’ presto per fare bilanci. Onestamente parlando, trovo molta (ma molta) più perversione in quasi tutti i prodotti di Hollywood (film e serie tv), piuttosto che nei miei testi. Comprendo che ognuno abbia un metro di giudizio diverso, ma stride che mi vengano dirette accuse palesemente prive di fondamento. Vuoi che scenda nei dettagli della mia vita privata? Be’, una cosa che non puoi sapere è che sono sessualmente vergine. Una scelta fatta anni addietro e a cui ho sempre mantenuto fede, per il semplice fatto che non ho trovato la ragazza che mi convincesse che il suo corpo valesse più della mia purezza. O meglio: che il nostro amore valesse più di quello per il mio tempio immacolato. Sarò molto esplicito: non me ne faccio nulla di una ragazza che apre le gambe pronta ad accogliermi, se poi non ci vado d’accordo. Se poi non è la persona che vorrei che fosse. Se poi non corrisponde ai miei desideri e alle mie richieste. Preferisco, piuttosto, eclissarmi. Tutelarmi, preservarmi, proteggermi. La vita non è il sesso, ragazze. E so che molte di voi non lo capiscono, ma il sesso molto spesso altro non è se non il mezzo più veloce per dimenticare. Per arrivare al culmine del piacere fisico senza fatica. Per sbrigarsi a godere. Tumblr è principalmente questo proprio per tali motivi. E io ne approfitto, ne cavalco certamente l’onda. Ma a modo mio, sempre, e mettendo i puntini sulle i. Perché si ritiene necessario. Perché è ovvio che amo le ragazze giovani (che belle), ma se m’imbatto in una quarantenne con un cervello sopraffino, mi dimentico di tutto il resto. Sono umano, ma la perversione in senso stretto la lascio agli altri. Io sogno, fantastico.
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