#uscite del mese
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Uscite di luglio
Film in uscita a luglio:
03/07 Gian Paolo Barbieri - L'uomo e la bellezza (Emilio Scatarzi)
06/07 Rido perché ti amo (Paolo Ruffini)
06/07 Raffa (Daniele Luchetti)
13/07 Le mie ragazze di carta (Luca Lucini)
13/07 Come pecore in mezzo ai lupi (Lyda Patitucci)
13/07 Tramonto a nord ovest (Luisa Porrino)
13/07 Double soul (Valerio Esposito)
13/07 Mi raccomando (Ciro Villano)
19/07 Cattiva Coscienza (Davide Minnella)
27/07 Noi anni luce (Tiziano Russo)
27/07 Hai mai avuto paura? (Ambra Principato)
Serie in uscita a luglio:
Netflix:
04/07 Il principe (docuserie)
Prime video:
14/07 L'estate nei tuoi occhi (film)
#userò un tag#uscite del mese#ditemi se va bene così o volete altro#ovviamente io conosco solo la roba italiana
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Forse tutti avete visto la foto che ritrae l’allineamento della Luna con la Basilica di Superga e il Monviso. È una foto perfetta che racconta di un’attesa lunga sei anni. Io però voglio raccontarvi un’altra storia, quella del fotografo che l’ha scattata. Una storia di pazienza, di tenacia e di coraggio. Coraggio di cambiare radicalmente strada nel momento più difficile della propria vita.
Voglio iniziare però proprio da quello scatto, e da una domanda: si possono aspettare sei anni per scattare una #fotografia? Alla fine del 2017 Valerio aveva segnato sul calendario tutte le date delle fasi lunari, in particolare quelle in cui la luna tramontava in un determinato punto. Ogni sera “giusta” partiva per provare a portare a casa l’immagine che aveva sognato, ma c’era sempre un problema: le nuvole, la pioggia, la nebbia, la foschia… Così per sei volte, all’inizio di ogni anno, ha compilato il calendario e non ha mai sprecato una data possibile, ma senza successo. Alla fine, alle 18:52 del 15 dicembre 2023, la lunga attesa è stata premiata e la sua vita è cambiata.
All’inizio l’idea era quella di allineare la Basilica di #Superga e il #Monviso per fotografarli insieme. Valerio si era fatto aiutare dal mappamondo di Google Earth e aveva individuato quattro possibili punti. Il punto ideale lo aveva trovato a nord-est di Torino, sopra Castagneto Po, a 380 metri d’altezza. La prima volta che c’è salito si è reso conto che in quell’istantanea che aveva immaginato poteva entrare anche un terzo soggetto: la luna. Da quel momento si è messo a studiarne le fasi per scoprire che ci sarebbe stato soltanto un giorno perfetto in tutto l’anno.
E al sesto tentativo, dieci giorni prima di Natale, ha capito che forse ce l’avrebbe fatta: il cielo era limpido e l’aria asciutta. Così si è messo ad aspettare e quando tutto si è allineato e ha visto la sagoma del Monviso disegnata sulla Luna ha scattato. La mattina dopo, soddisfatto del risultato, ha spedito il file alla #Nasa, per partecipare al concorso “Astronomy Picture of the Day”, la risposta non si è fatta attendere: per l’ente spaziale americano la sua è stata la foto del giorno di Natale.
«È come se questa foto avesse sbloccato qualcosa, migliaia di persone hanno condiviso quell’immagine e hanno scoperto le mie foto che sono uscite dal Piemonte e sono andate in giro in tutto il mondo».
Conosco Valerio Minato pH da più di dieci anni, da quando ho notato il suo banco sotto i portici di Piazza Vittorio a Torino. Non vendeva libri, borse di cuoio, gioiellini, ma le sue fotografie, stampate su un supporto rigido e a prezzi accessibili a tutti. Ricordo che mi avevano colpito i soggetti ricorrenti: il Monviso, la Mole Antonelliana, il Po, le vecchie vetture del tram, ritratti però con prospettive originali.
Lo vedevo ogni fine settimana, con qualsiasi tempo, dietro il suo banco dalla mattina alla sera. Ho cominciato a fermarmi a chiacchierare e siamo diventati amici. Valerio è nato nel 1981 a Biella e nella sua vita la fotografia è arrivata dopo i trent’anni. Si era diplomato perito chimico tintore, aveva trovato subito un lavoro in un’industria tessile, poi era passato in una fabbrica chimica del settore gomma: «A 24 anni, dopo cinque passati in fabbrica, ho avuto un bruttissimo incidente sul lavoro: ho quasi perso un braccio, risucchiato da una macchina. Sono stato un mese e mezzo in ospedale, ho subito cinque interventi chirurgici, e tra un’operazione e l’altra ho deciso di cambiare tutto».
Così ha lasciato Biella e si è iscritto all’università a #Torino: Scienze forestali e ambientali. «Volevo una vita nuova, stare in un mondo completamente diverso. Volevo la natura e l’aria aperta».
All’ultimo anno di università compra una macchina fotografica e per gioco inizia a scattare, dopo la laurea trova lavoro in un’azienda, ma la passione per l’immagine occupa sempre più spazio dentro di lui. «Quando mi hanno offerto un contratto a tempo indeterminato ho deciso di dire di no, di fare una scelta ancora più totale di libertà. Ispirato dai banchi sotto i portici di Via Po mi sono iscritto all’albo degli “Operatori del Proprio Ingegno” e ho aperto il punto vendita delle mie foto».
Mario Calabresi
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NASCONO I CONDOMINI PER GLI ANZIANI: PER ESSERE FELICI INSIEME
Sono due i condomini per anziani nati in Italia con l’obiettivo di offrire la possibilità di vivere la terza età in un ambiente indipendente ma all’interno di una comunità organizzata che favorisce il benessere fisico e sociale.
L’ultimo aperto è un elegante edificio di Torino con parquet e soffitti affrescati, con 40 appartamenti organizzati come una comunità e numerosi servizi inclusi e condivisi. La peculiarità del condominio risiede nel fatto che non si tratta di una casa di riposo o di una RSA ma di un luogo dove gli anziani possono vivere in modo autonomo ma protetto, con accesso a strutture comuni e assistenza condivisa. Qui si trova una palestra con sauna, una biblioteca, un bistrot e una sala per concerti da camera. Ogni giorno un ricco programma di attività come ginnastica, lezioni di musica, d’arte, visite ai musei o uscite nei mercati e concerti riempiono le giornate dei condòmini. L’edificio dispone inoltre di un sistema di telemedicina e sorveglianza attiva 24 ore su 24 che garantiscono sicurezza e assistenza continua ai suoi abitanti. Chi vuole può cucinare, invitare gli amici o organizzare incontri ma per chi non se la sente, tutte queste cose le organizza il condominio.
Una struttura simile è stata inaugurata anche a Siena nello scorso mese di ottobre 2023 dal gruppo Specht Italia con una piscina, bar, ristorante e cinema interni. Qui le persone con più di 65 anni si sentono a casa loro ma con tutti i vantaggi di una struttura residenziale assistita.
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Fonte: Torino News; Specht Group; Guild living; foto di Mart Production
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STORIA LUNGA, MI SPIACE.
Stasera mi è tornata in mente una persona appartenente al mio passato, forse perché ieri ho finito la nuova serie di Zerocalcare o forse per il soggetto del video.
Nella nostra compagnia c'era un tizio un po' particolare, che si aggregava a noi quando facevamo una partita di giochi di ruolo o quando, semplicemente, si usciva a bighellonare senza far nulla di socialmente produttivo.
Si chiamava Paolo ed era un ragazzo solo, con un padre che faceva massacranti turni in fabbrica e una madre sempre in comunità psichiatrica.
Non era affatto una cima ma si presentò quando stavamo cercando comparse per un cortometraggio molto trash con alieni e motociclisti che si menavano... ma quello merita un racconto a parte.
Paolo era molto ingenuo, ai limiti del caso sociale, e mi spiace dire che purtroppo era considerato da molti una specie di mascotte, da perculare quando faceva una delle sue solite uscite o da consolare quando andava in crisi perché non trombava (nessuno trombava ma credo che lui intuisse qualcosa del suo futuro).
Io poi cominciai l'università e quando tornavo vedevo solo una piccola manciata di amici, gli unici che mi sono resistiti accanto fino a oggi, e Paolo diventòquindi una figura di contorno, una di quelle comparse della vita frenetica di un giovane sulla soglia dell'età adulta, meritevoli solo di un cenno con la testa o di un 'oi...' sussurrato mentre ci si incrocia di corsa.
Un giorno successe una cosa che a distanza di 30 anni, dentro di me, non riesco ancora a perdonarmi... o meglio, che avrei voluto (o dovuto) fare e che invece non feci, una leggerezza con cui forse mi colpevolizzo in modo martireo ma che sento magari lo avrebbe reso diverso da quello che poi diventò.
Lo incontrai nel negozio di giochi di ruolo e di videogames che aveva appena aperto un nostro amico e con fare bambinesco mi tirò fuori un'agendina a fisarmonica, una di quelle con le due estremità magnetiche che si chiudevano a guscio di conchiglia
Guarda! - disse - Questa è l'agendina su cui voglio scrivere il numero di telefono di tutti i miei amici! Dai, dammi il tuo numero così lo scrivo!
Io tergiversai perché sapevo che mi avrebbe chiamato in continuazione per chiedermi di uscire, un accollo che ok in compagnia ma che da solo proprio non mi sentivo di prendere.
E feci una cosa orribile: gli diedi un numero sbagliato.
La parte nobile di me pensava che era la cosa giusta da fare, visto che da lì a poco sarei partito per il militare e che non potevo permettere che lui chiamasse i miei genitori agli orari più disparati (i cellulari erano una roba che allora usavano solo gli stronzi incravattati e pasturati a coca)... la realtà era che lo volevo scaricare perché dovevo andare avanti per la mia vita, finire il militare, cominciare a lavorare, magari a Parma, e farmi una famiglia con la mia nuova morosa (che infatti rimase incinta un anno dopo ma io per famiglia intendevo solo noi due... vabbe').
Partii quindi per il servizio di leva, prima a Fano per il corso addestramento reclute e poi a Bologna nel reparto comando supporti tattici nucleo NBCR (quelli con le tute gialle che se li vedi arrivare nei film soncazzi). E di Paolo persi completamente memoria.
Durante una licenza medica a Viareggio (un mese prima mi ero beccato una forma encefalica di morbillo insieme a tipo 200 commilitoni) stavo facendo uno dei primi LAN party a Doom, la principale fonte di guadagno del mio amico che nel suo negozio aveva messo quattro computer in rete e faceva le centinaia di mila lire al giorno.
Mentre stavo cercando di decapitare con la motosega un dodicenne che era solito farsi le seghe sui manga hentai mi sentii battere sulla spalla ma il boato dei fucili a canne mozze nelle cuffie che indossavo probabilmente coprì la voce che mi chiamava.
Un altro battere sulla spalla, più forte, al quale risposi con un pacato 'NON È IL MOMENTO DI ROMPERE I COGLIONI!', forse detto con voce un po' troppo alta ma tra le cuffie e l'adrenalina davvero il bon ton era stato sciacquonato via e correva veloce giù per le fogne verso il mare.
A quel punto, improvvisamente, cominciai a uccidere tutti gli avversari, uno dietro l'altro... bam! BAM! BAM! BAAAAM! MORITE STRONZI!... un attimo - pensai - troppo facile... gli avversari erano tutti immobili in mezzo all'arena del deathmatch, senza sparare un solo colpo.
Distolsi lo sguardo dallo schermo e fissai i tre tizi con cui stavo giocando: erano a bocca aperta con occhi sgranati e stavano fissando terrorizzati qualcosa che, evidentemente, stava succedendo dietro di me.
Feci ruoteare lentamente la sedia girevole da gamer, con la musica di Doom che ancora mi incalzava i timpani e notai tre cose in rapida successione: gli spostamenti d'aria che fino a poco prima mi raffreddavano la schiena sudata non erano prodotti dal ventaglio di una tizia col cosplay di Lamù (come mi sarebbe tanto piaciuto con la fantasia) ma da un paio di anfibi chiodati che come per magia erano sospesi in aria e scalciavano in direzione della mia faccia; la seconda era che dentro gli anfibi c'era un tizio vestito con jeans attillati, maglietta con croce celtica, bomber pieno di spillette rubate in qualche museo della Waffen-SS e capelli rigorosamente rasati... e la terza, per mia fortuna, che il tizio era trattenuto per le braccia dal proprietario del negozio e da qualche adolescente diventato muscoloso a forza di portare in giro mazzi di Magic da 20 chili l'uno.
Io guardavo come ipnotizzato le strisce nere di lucido da scarpe che il tizio lasciava sulla moquette del negozio mentre scalciava e si agitava per raggiungermi con le pedate e l'unica cosa che pensavo era 'Ma chi cazzo si mette così tanto lucido sulle scarpe da lasciare i segni a terra?'
Poi mi ricordai delle cuffie e quando me le tolsi, fu anche peggio.
Una voce che stentavo a riconoscere mi stava urlando 'FROCIO PEZZO DI MERDA COMUNISTA! LO SAI CHI STAI IGNORANDO? EH?! LO SAI?! IO SONO IL PORTABANDIERA DELLA...' e qua disse una parola che nelle sue intenzioni doveva suonare molto arianamente germanica ma che venne fuori come fanno parlare i turisti tirolesi nei film dei Vanzina.
La cosa divertente è che io in quel periodo una rissa non me la sarei mai fatta scappare e chiunque altro lo avrei percosso ripetutamente con una gamba la tavolo che avrei svitato silenziosamente mentre facevo di sì con la testa con sguardo compìto e invece quella volta restai completamente immobile.
Vidi portare Paolo fuori dal negozio a forza, senza nemmeno riuscire a chiudere un po' di più la mascella.
E poi non sentii mai più parlare di lui.
Fino a Marzo di quest'anno, quando - non chiedetemi perché... forse per lo stesso motivo che mi spinge a girovagare con street view nei luoghi che un tempo mi resero quello che sono - cercai Paolo B. su facebook e trovai il suo profilo, aperto al pubblico.
Ho impiegato parecchi giorni a liberarmi del senso di vuoto e di tristezza che mi venne non nel leggere quello che scriveva (poche frasi sgrammaticate e sconclusionate) ma nel vedere le foto che postava.
Paolo aveva migliaia di foto tutte pressoché uguali... un selfie ogni mattina con faccia seria e la testa ancora appoggiata sul cuscino, labbra leggermente dischiuse e un espressione che nel suo povero immaginario doveva essere da duro.
Migliaia di foto a ritroso nel tempo e tutte con un solo like.
Il suo.
Ci credete se vi dico che mi sono messo a piangere?
Per me non era un bel periodo e in una parte molto spinosa e dolorosa del mio cuore mi sono detto che, forse, se gli avessi dato il mio numero di telefono oggi sarebbe stato una persona felice, circondato dall'amore dei suoi amici e magari con una donna accanto.
E invece sentivo di averlo lasciato scivolare via dalla vita di tutti noi che stavamo andando avanti, senza nemmeno fare il gesto di tendere la mano.
Vabbe'... ve lo volevo raccontare perché, razionalmente, ero riuscito a farmene una ragione ma poi Zerocalcare ha rigirato il coltello in quella succitata parte spinosa e dolorosa del mio cuore.
Zerocalcare e forse quel video che ho fatto alla lucciola che stasera è rimasta incastrata dentro la zanzariera della camera, a brillare inutilmente per richiamare altre lucciole che mai avrebbe potuto raggiungere.
Quella lucciola poi l'ho liberata... ma avrei voluto liberare anche Paolo.
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Ci vorrebbe Pannella.
Non che abbia mai votato radicale, ma un tizio come lui, Pannella, ci vorrebbe anche adesso, anzi soprattutto adesso, visto che molti fanno finte battaglie per i diritti umani per farsi un pò di pubblicità. Lui era uno tosto, tanto di cappello infatti, un intellettuale che riscì negli anni a vincere anche delle battaglie importanti per tutti noi dello stivale. Si è vero erano altri tempi e i suoi metodi adesso non sarebbero più efficaci, forse. Adesso vedo spesso il nome di Cappato, sempre radicali, che lotta per l'approvazione di una legge sul fine vita, che però mi pare che ci sia già e risale ad un secolo fa circa, però spesso viene oscurato da notizie meno importanti e più da rivista patinata, come oramai il grege è abituato. La vita è mia e la gestisco io, sarebbe uno slogan efficace, anche se bisogna sempre vedere caso per caso, ricordo Monicelli, qualche mese prima la sua morte rilasciò un'intervista dove diceva che era rimasto solo, tutti i suoi amici era morti e i parenti avevano altro da fare che stare dietro ad un vecchio di oltre 90 anni, così quando gli diagnosticarono un cancro alla prostata si lanciò dal balconcino del terzo piano della clinica dove era ricoverato. Tanto di cappello anche a lui, che nonostante tutto ha capito che era meglio farla finita; ma è proprio questo che in qualche modo (secondo me) affligge l'uomo moderno, non tanto la morte che come sappiamo è inevitabile, ma il fatto di voler vivere più a lungo possibile, a che pro? Quando si raggiunge una certa età, alcuni anche molto prima, non si cammina più bene, i movimenti sono impacciati e spesso dolorosi, non si vede più bene, non si sente più bene, non si può fare sesso, non si può mangiare più tante cose ecc ecc. Anche mio nonno arrivato oltre i 90 mi disse un giorno che era stufo.
Va bè questo è un discorso che va molto sul personale, ma io personalmente sono già stufo a quasi 52 anni, e se penso che potrei arrivare a 90 (visto che 3 nonni su 4 sono morti dopo i 100) mi viene il freddo, non che voglia morire domani, al massimo domenica, ma diciamo che altri 20 anni tirati, forse anche meno, ci stanno, poi è tutto eccesso, questo stando alle medie odierne.
Detto questo oggi fa un caldo boia, il termometro fuori nel patio segna oltre 30°, anche se il patio è come una serra con due parti aperte quindi fa poco testo, ma comunque fa caldo per un posto come questo, riscaldamento globale? Ma anche locale. Ho stretto un patto con mio figlio che ha finito il servizio militare e per questa estate si rilassa, beato lui, taglierà l'erba sotto compenso, almeno mi sono levato dai coglioni una cosa, mi aiuterà a fare le pulizie e cercherà di dare una mano in casa quando può e se vuole, direi che un pò di soddisfazione c'è in tutto questo.
Il lavoro? Lo lascerei subito, ma temporeggio cercando altro anche se la vedo difficile, per ora mi tengo questo. Ieri uscito dallo stabile ho incontrato una coppia che non faceva parte ufficialmente del vecchio gruppetto degli amici, ma che di tanto in tanto ci bazzicava, soprattutto lui, per via dei giochi da tavolo e di momenti culinari o uscite random. Abbiamo parlato un pò e ci siamo raccontati cosa è successo in questo, forse, 3 anni che non ci siamo sentiti, mi hanno detto che dopo che vanno nell'isola a raccogliere campioni (fanno i ricercatori di biologia) si faranno sentire per un caffè o una cena o quello che ci viene prima, vedremo, secondo me non si fanno sentire, ma non si sa mai.
Detto questo vado a magnà e vi lascio a Pannella.
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#UniCrediit: Al via gli incontri per la gestione dei nuovi esuberi
Aperto il tavolo di confronto tra azienda e sindacati firmatari sul tema esodi e riconversione del personale (a tutta Bolla per 600 colleghi) Il primo incontro è stato giovedì 12, e altri sono già programmati per il resto del mese di settembre (18,19, 24, 25 e 26) e per ottobre (1, 2, 10,11) . Dettagli in questo post: Unicredit: dal 12 settembre incontro con i sindacati su 1000 uscite…
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Anche oggi, come spesso mi capita da un mese a questa parte mi sveglio al mattino col magone allo stomaco. C’è mancanza, l’ansia ti assale. Non si riesce a capire tutto quello che è successo…dopo tanti sacrifici finisce tutto quello che hai costruito con una persona nel momento che doveva essere il più bello dopo quasi un anno di relazione a distanza. Non vedere l’ora di rientrare a casa per stare con una persona, aiutarla magari con lo studio, regalare qualche momento di spensieratezza e farsi le “coccole” che spesso sono venute a mancare. E poi arrivano quei momenti in cui si ripensa alle risate, alle uscite, al mare e ai viaggi. Si pensa a tutto ció che si è condiviso e vissuto ed è stato tutto così bello. Puó succedere anche di avere ansie, paure e insicurezze ma non si dovrebbe mai mettere mai in dubbio la forza di amare…il problema è quello: forse e probabilmente io amo ancora. E si…capita pure che ci si fa del male, non ci si sente per un tot di tempo ma allo stesso tempo si dovrebbe capire che non bisogna odiare le persone e bisogna essere consapevoli che non si riuscirà mai a dimenticare totalmente perchè quello che si prova non si è mai provato con nessuna. Poi pensi:
Quanto manca andare a ballare con te, ubriacarsi e fare i cretini?
Quanto manca il passeggiare mano nella mano?
Quanto manca darti un bacio al tramonto?
Penso possiate immaginare.
Poi magari arriva un momento in cui la rabbia ha preso il sopravvento e da un momento all’altro finisce tutto.
Magari un giorno lei si chiederá “perchè non mi ha più scritto? Se una persona ci teneva doveva fare qualcosa”. La risposta in questi casi è difficile da dare ma credo si possa immaginare benissimo. Non è che non ci si scrive perchè non ci si tiene, perchè non ci si ama o altro…non ci si scrive perchè a volte dopo l’ultima litigata la rabbia potrebbe far dire cose spiacevoli oppure attuare comportamenti sbagliati ed è meglio farla passare o magari il cuore ne ha risentito ed è stato offuscato. Testa e cuore difficilmente vanno a braccetto. Probabilmente ci si sente in colpa e pure sbagliati. Capita pure di esser presi per una persona che non si è e si ha la paura di soffrire ancora…la delusione non andrà mai via perchè si crede in un “noi”, le vere coppie lo hanno sempre fatto e spesso ci si ritrova con quei punti interrogativi che fanno esplodere il cervello. In quel momento si lavora tanto su se stessi, si iniziano a leggere dei libri e a praticare anche dei nuovi hobby…Ma posso dire solamente una cosa…non c’è un secondo della giornata in cui non ci si pensa (almeno per me), riascoltare le nostre canzoni pure se non è al tuo fianco, ripensare alle cene con i genitori e alla spensieratezza che si aveva o riguardare chat, foto e video. Non doveva e non poteva finire così. Dov’è stato l’errore? Parlando personalmente io volevo solo crescerla al meglio e aiutarla in tutto. Magari si sbaglia a mettere sempre al primo posto una persona e a dare priorità a lei piuttosto che a me stesso e ovviamente sono consapevole che questi comportamenti possano far pensare altro ma giustamente quando rientravo per 1-2 settimane volevo vederla tutti i giorni perchè oltre alla distanza non è stato un anno piacevole e lei è sempre stata il mio punto di forza con cui mi sfogavo e sempre pronta a supportarmi. Come io per lei ovviamente. Non avró la forza di scriverle e probabilmente e non so se leggerà mai questo messaggio ma voglio che lei sappia che la vorró sempre bene e non ho odio nei suoi confronti…questa parola non la conosco. Porteró sempre un bel ricordo e saró ancora qui con lei se ne avrà di bisogno o se qualcuno dovesse trattarla male. Le basterà scrivermi. È sempre stata una ragazza forte ma allo stesso tempo so che ha tante paure e insicurezze e guardate io mi sento tanto in colpa per non averla aiutata o almeno ci stavo provando ma forse non sono stato bravo a capirla. Vorró sempre il suo bene e le faccio un grande in bocca al lupo per gli esami.
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Circa un mese fa era successa questa cosa che mi aveva fatta rimanere un po' male, avevo passato il compito ad una persona con cui stavo diventando amica perché era in difficoltà e non sapeva farlo, poi mi sono accorta di quanto questa persona non fosse onesta e di quanto fosse invece pronta a mettermi nei casini pur di pararsi il culo. Oggi sono uscite le valutazioni di quel compito, per qualche motivo a me oscuro lei ha preso un voto più alto del mio, con codice copiato interamente da me. Quando l'ho saputo mi sono messa a piangere come una deficiente non perché mi interessi alla fine qualcosa di quel voto ma perché non riesco a capacitarmi di quanto la gente possa essere sleale. Già un mese fa mi sono sentita dire da persone a me vicine che devo smetterla di aiutare persone così, di essere generosa con persone che non lo meritano, oggi sinceramente mi sento una stupida, e mi sento delusa dalle persone, mi chiedo perché si debba necessariamente diventare stronzi con gli altri. Sono dispiaciuta tantissimo perché comportamenti così cattivi mi feriscono e basta
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Fare il capo scout richiede molti sacrifici e tantissimo tempo. Non è solo andare a riunione il sabato pomeriggio e fare attività con trentatré bambini, ma è anche fare tre riunioni di sabato pomeriggio ed una di domenica mattina. È fare ogni due settimane il pranzo con i bambini del C.d.A. prima della riunione con tutto il branco, è fare il catechismo quaranta minuti prima di ogni riunione. È organizzare le uscite a maggio e giugno di una notte fuori. È anche fare staff il martedì sera, preparare ogni singola attività per le riunioni, fare Co.Ca il venerdì o mercoledì sera ogni due settimane. È fare pattuglia di zona una volta al mese, che sia online o in presenza, da ottobre ad aprile, preparare il programma ed ogni singola attività nel minimo dettaglio per gli eventi di zona (ed ogni volta che si fa Co.Ca o pattuglia non si torna a casa prima dell’una nonostante il giorno dopo la sveglia sia comunque alle sei e mezza). Oppure tipo questa sera sono tornata all’una e mezza e mi sono dovuta mettere a fare il dolce per l'uscita di domani perché non ho avuto tempo per cuocerlo nel pomeriggio siccome quando sono tornata a casa poi sono dovuta correre a riunione e a seguire ad un evento di zona.
Fare il capo scout ti chiede di rinunciare a molte cose per poter dare spazio ad altre, avrai tutti i weekend pieni per nove mesi e per riuscire ad incastrare gli impegni della quotidianità dovrai fare tipo tetris con gli orari anche per l’impegno più sciocco.
Sono circa quindici ore a settimana che spendiamo per fare gli educatori, per dare un’alternativa educante alla scuola o allo sport. I ragazzini sono stronzi, testardi, rosiconi e ti fanno sgolare eppure noi ogni sabato stiamo lì in mezzo a loro nonostante il mal di testa. Li facciamo cantare, urlare, correre, costruire, sporcare. Li facciamo anche arrabbiare, così come loro fanno con noi. Li facciamo sfidare con loro stessi. Li mettiamo alla prova, così come loro fanno con noi. Proviamo a dare loro strumenti di crescita e per migliorarsi. I bambini sono difficili da gestire, ma lo sono anche gli adulti. Ed anche se a mesi alterni dico “No, che palle, io mollo” poi a mollare davvero non riesco perché alla fine agli eventi di zona mi diverto da morire, perché mi fa sentire tremendamente soddisfatta vedere i bambini riuscire nelle loro prede o nelle loro specialità, vedere piccoli miglioramenti nei loro comportamenti; perché mi fa sentire felice essere per loro un punto di riferimento, sapere di star lasciando un piccolo seme nella loro vita che sarà importante, che farà sbocciare con il tempo dei valori che per me sono la cosa più bella al mondo.
Sapere di star ridando indietro all'associazione tutto quello che io ho ricevuto gratuitamente da bambina, da ragazza e da adulta, essere oggi io un capo, accanto a coloro che sono stati i miei capi da bambina, mi rende realizzata in modo genuino che ogni volta che ci penso dico "Cavolo, proprio io, la lupetta musona che odiava questi cretini oggi sono qui nei panni di Bagheera per provare a far innamorare altri bambini di questo grande gioco, di questa grande famiglia".
Fare il capo scout ti richiede molti sacrifici e tantissimo tempo però fa parte del gioco.
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è da giorni che penso a questo messaggio e a come scriverlo, ho avuto questa discussione nella mia testa centinaia di volte.
sono stanca.
e sono stanca di definirmi così, uso questo aggettivo su di me da così tanto tempo che spesso mi sembra che non ci sia nientaltro da dire.
"che persona è Sophie?" "stanca".
descrizione completa della mia persona.
in questi giorni non faccio altro che piangere, in continuazione, anche per le cose sciocche.
mi cade dello zucchero? è un chiaro segno della mia incompetenza. pianto di tre ore.
la lavatrice non centrifuga? sono assolutamente inadatta a qualsiasi ruolo. altro pianto.
sto piangendo talmente tanto che i miei occhi ormai si sono abituati, rimangono gonfi e rossi a priori, così posso simpaticamente dire che in realtà mi sono spaccata di canne.
ho perso le mie uniche due amiche e mio padre nel giro di un mese.
solo che se le prime sono vive e vegete ma semplicemente se ne battono il cazzo, l'altro è morto e sepolto (più o meno, direi cremato).
non mi sono mai sentita così sola in vita mia e così incapace di chiedere aiuto.
che poi, mi sono fatta pure un tatuaggio sulla difficoltà di chiedere aiuto. cosa pretendevo da me stessa?
io so di non meritare molte cose che sto vivendo adesso. lo so, è così, ci dev'essere stato qualcosa che è andato storto e adesso mi ritrovo ad essere il guscio vuoto di ciò che una volta ero.
mi ero ripromessa di non volermi più sentire così.
invece dopo anni sono nuovamente qui, a sentirmi ancora peggio per gli stessi atteggiamenti.
a sentirmi nuovamente nessuno, piccola e inutile. la persona che puoi mettere sulla mensola per poi dimenticatene, come se fosse un soprammobile.
ora, io mi impegno sempre un sacco.
nei rapporti umani posso permettermi di dire di essere una fuoriclasse.
cene, uscite, mostre, concerti, viaggi, shopping, ti porto anche i fare i brunch se vuoi.
quando arrivo a dirti che ti voglio bene, lo percepisci che è reale, che quel "bene" lo puoi quasi toccare, perché è effettivamente lì.
ecco, ora io non so mai come interpretare il bene che mi viene detto e che poi, quando c'è da dimostrarlo, non si può toccare.
quando la persona che me lo ha detto quel "ti voglio bene" sparisce e basta a fronte di uno dei periodi più brutti e tosti della tua vita.
anzi, proprio il più brutto.
come devo interpretare il tutto? era un ti voglio bene a tempo determinato? a progetto? un po' lo stagista dei ti voglio bene?
non so se queste persone si rendono conto di ciò che lasciano e del male che fanno.
non so se si rendono conto che determinati gesti fatto e che il tempo speso non è dovuto, anzi, determinate cose vanno guadagnate e bisogna esserne anche grati; il tempo è la nostra risorsa più importante e mi avvilisce notare come la utilizziamo accanto a persone che non se ne fanno nulla.
smetterò mai di sentirmi così?
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Sto iniziando a valutare l'idea di mollare a piccoli passi il lavoro, intendo proprio il lavoro in generale, non quello presso la mia azienda.
Ho iniziato a fare due conti, e potrebbe aver senso.
Da quando ho finito la ristrutturazione della casa, ovvero fine 2019, cosa che ha portato il mio conto corrente letteralmente a zero, dopo 3 anni pieni, dove non mi sono fatto mancare nessuna cagata, mi ritrovo 40k sul conto, ovvero soldi in più dopo aver versato contributi, le tasse, le uscite la sera, i viaggi, gli acquisti del cazzo, il che vuol dire che ogni anno metto da parte un 13k del quale potrei fare a meno almeno per la metà, ovvero lavorare al 90% e non lavorare più due Venerdì al mese, ad esempio. Se la smettessi di fare il coglione con le spese, potrei arrivare anche all'80% e fare 4 giorni la settimana per sempre, conservando il mio "vero" tenore di vita, e non quello che penso di avere.
Il piano c'è, devo solo convincermi e maturarlo.
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TROPPI LIBRI
“Nell’ultimo decennio, anche a causa di decisioni prese in sede distributiva, molte cose sono cambiate nel mercato del libro. La sovrapproduzione è la più evidente e discussa, ma il lettore avveduto si sarà accorto anche della mutazione di quelli che sono considerati i “mesi buoni” per le uscite. Prima, la primavera era il massimo; poi la “data ideale” (se mai esiste) ha cominciato ad arretrare fino a inizio anno, e infine anche i mesi autunnali sono diventati ambiti, dando vita a una situazione simile a quella francese, dove si parla infatti di rentrée, per l’invasione di titoli che ha luogo in libreria tra settembre e ottobre. Il risultato è che un sacco di cose interessanti escono assieme, e il lettore ha una certa difficoltà a decidere da dove cominciare, mentre i libri si accumulano non solo sul comodino ma anche sulla scrivania, per terra, in cucina...“ Con queste parole Vanni Santoni, curatore della rubrica dei libri su “Linus” di novembre, inizia l’articolo sui libri del mese. Dinamiche editoriali a parte, Santoni, per altro sempre attento e circostanziato nelle sue recensioni, sembra non voler spingersi a pronunciare il giudizio che molti lettori (non occasionali), ormai hanno maturato: la maggior parte dei libri che vengono pubblicati sono spesso di qualità mediocre, forse anche meno che mediocre e qualche volta vera spazzatura. Non sarà certo questo il motivo per cui in Italia si legge pochissimo poiché fortunatamente ci sono tantissimi volumi di qualità eccelsa, ma è certo che le uscite davvero importanti non superano il numero di una ventina l’anno (comprendendoci tutto, saggistica, narrativa, ecc. testi scientifici a parte). Insomma, per farla breve, c’è troppa gente che scrive e quasi tutti scrivono male, in maniera stereotipata, una scrittura falsa, scrivono nel modo in cui pensano che i lettori vogliano leggere, sono “scriventi” (chiamarli scrittori sarebbe davvero troppo), autoreferenziali, boriosi, egocentrici. È passato qualche decennio da quando Gomez-Davila scrisse un celebre e quanto mai attuale aforisma: “La letteratura non finirà quando non scriverà più nessuno, ma quando scriveranno tutti”. Ecco, ci siamo quasi…
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Vabbè solo due foto per ora le altre saranno per VanityFair o Manintown fidatevi
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Giulio
Ho conosciuto Giulio Repetto, dovrei dire, a URMA. Ma come spesso accade, a URMA ci si vede e basta, e solo dopo, altrove, ci si presenta; di solito con un 'ehi, ma tu non eri a URMA?'. Quell'altrove fu Trans D'Havet 2019. Salimmo sul pullman che porta alla partenza e condividemmo i primi chilometri fino al Brazome. Da quella notte ho condiviso momenti molto intensi con Giulio, belli e brutti, e anche se non è una di quelle persone che vedi una volta a settimana, e nemmeno una volta al mese a dire il vero, penso di poter dire che sia un amico. Ma veniamo all'intervista: io non faccio grandi domande e solo raramente mi arrivano grandi risposte. Questa volta sì, forse perché non c'era bisogno di dire le parole giuste per farsi capire, bastava lanciare un sassolino. Mi sono divertito a scrivere le domande e mi sono divertito a leggere le risposte, e spero vi divertiate voi a leggerle. Buona lettura.
Ciao Giulio, è un po’ che non ci vediamo. Come state tu, la Cate e Cjiorven?
Un po' stanchi per via del lavoro ma bene dai, Cjiorven comincia ad avere i suoi anni ma sta bene anche lei.
Sai che non so quando e come hai iniziato a correre?
Ho iniziato decisamente tardi rispetto alla media, avevo già 47 anni, nel 2016. È iniziato tutto per caso, a Padova fanno delle uscite serali di gruppo e una sera degli amici che già correvano mi hanno invitato ad andarci, erano 8 km di argine, ho detto “ma sì proviamo”. Sono arrivato distrutto e con i polmoni in fiamme ma cominciavo ad incuriosirmi. Qualche settimana dopo sempre gli stessi amici mi dicono che c’è una corsa sui colli, mi pare fossero 12 km, ci vado e lì ho la folgorazione, piove a dirotto e mi diverto come un matto mentre tutti imprecano nel fango.
Mi fa ridere che i miei abbiano molti amici in comune con te e la Cate, perché sono amicizie che non c’entrano nulla con la corsa. Ti saluta Martina (Peretti, Vicenza, giro Xgocce nel mareX), dice ‘chi sa se si ricorda di me’.
Sì fa un po’ ridere ma non è nemmeno troppo strano se consideri che i tuoi dovrebbero avere più o meno la mia età, forse fa più ridere il fatto che io abbia più cose in comune con te che con loro. Martina me la ricordo benissimo, spero se la passi bene, salutamela se la vedi.
Giulio si lamenta dei suoi acciacchi, come al solito, dopo aver chiuso URMA 2022, con una Giulia Chiorri realmente infortunata.
Cosa vuol dire punk?
Se mi avessi chiesto qualcosa tipo ‘perché il mondo esiste?’ forse avrei avuto meno difficoltà a risponderti. Inizialmente il termine punk era riferito ad un determinato genere musicale o un modo di vestire, poi è diventato una sorta di aggettivo per definire un certo tipo di attitudine. Per me essere punk significa fondamentalmente essere degli idealisti, anteporre le proprie idee di fronte a tutto, fregarsene se non sono condivise dalla massa o se a volte possono addirittura andar contro al proprio interesse personale. Ti faccio qualche esempio. Fino al 2004 in Italia esisteva il servizio militare obbligatorio, in alternativa per chi era contrario c’era l’opzione del servizio civile che però quando venne istituito durava due anni, al posto di uno di leva. Due anni non sono pochi quando hai vent’anni; eppure i primi obiettori di coscienza che erano contrari al servizio militare si facevano 24 mesi al posto dei 12 dei loro coetanei che sceglievano di fare servizio di leva. Alla fine, un punk è uno che fa le sue cose perché è convinto che vadano fatte in un certo modo senza aspettarsi niente in cambio, è quello che se ne sta in disparte ma magari un giorno poi si fa arrestare solo per affermare le sue idee.
Ti dà fastidio che oggi tutti si definiscano punk, a partire dalle aziende?
In realtà no, mi è abbastanza indifferente. Il mercato fagocita tutto, gusti musicali, abitudini alimentari tutto diventa merce in questo sistema. Uno può definirsi come meglio crede, poi sono le sue azioni che lo determinano per quello che è.
Cos’è un ultrarunner?
Una persona che ha un buon rapporto con se stessa.
Qual è il tuo stile di corsa?
Già ti vedo che ridi mentre scrivi questa domanda! Non ho uno stile, corro e basta. Mi piace la corsa semplice senza attrezzatura, non mi piace pianificare i percorsi, non ho mai avuto un orologio né tantomeno un GPS, mi piace uscire soprattutto d'estate borraccia in mano, pantaloncini e correre finché non viene buio.
In una vecchia intervista su URMA dicevi che il mondo della corsa è corrotto, andrebbe raso al suolo e rifatto da capo. Cosa c’è di sbagliato nel nostro sport?
Non era esattamente così, Paco mi chiedeva cosa avrei detto io da giovane nei confronti della corsa e io immaginavo che avrei detto qualcosa del genere visto che odiavo le istituzioni e le avrei volute radere tutte al suolo. In realtà oggi non vedo niente di così sbagliato nel mondo della corsa, è tuttavia un mondo che conosco poco e in cui mi identifico ancora meno ma non ho niente di personale contro di questo.
Salendo verso la Litegosa durante il nostro primo tentativo di correre Translagorai in meno di 24 ore, cinque giorni prima di laurearmi, ottobre 2020.
Pensi che quello che è accaduto negli ultimi cinque o dieci anni in Italia, questa scena alternativa, sia riuscita a cambiare qualcosa?
A livello generale non penso abbia cambiato molto, siamo sempre un numero sparuto di corridori ‘alternativi’, però sicuramente ha cambiato la visione della corsa di quelle persone che sono state attratte in qualche modo dal mondo di URMA o dalle altre piccole realtà locali. Ci sono tanti che si iscrivono a tutte le corse e poi si lamentano del percorso balisato male, del pacco gara, della giuria. Però poi continuano ad andarci. Dopo URMA ci sono state delle persone che invece si sono poste un po’ di domande su quello che stavano facendo e sostenendo, che hanno voluto diventare più partecipi e meno spettatori-consumatori, è un piccolo passo però a URMA va decisamente il merito di aver innescato questa scintilla.
Una sera di fine ottobre di un paio di anni fa, davanti a un fuoco acceso ricordo che fissando le fiamme mi hai detto ‘è tutto finito’. Pensi che sia così? È finita un’era?
In realtà mi ci hai fatto pensare tu qualche giorno fa, prima non me ne ero reso conto completamente ma gli anni che vanno tra il 2017 e il 2021 sono stati effettivamente un ciclo che secondo me si è concluso a URMA l’anno scorso. Credo che con quel ‘è tutto finito’ volessi intendere che tutto quello che sarebbe venuto dopo non sarebbe stato né meglio né peggio, ma sicuramente diverso, forse troppo diverso per chi aveva vissuto la prima fase. Sono cose difficili da spiegare anche perché mentre le si vive si è talmente coinvolti da non rendersi esattamente conto dell’importanza di quanto sta accadendo. Forse essendo un po’ più vecchio degli altri ho avuto la fortuna di essere un po’ più conscio del valore di tutto ciò, dico fortuna perché mi ha portato ad un coinvolgimento totale, un po’ simile a come quando da ragazzino mi imbattei nel punk. Là fuori c’era un branco di visionari che volevano solo correre liberi nei boschi e io volevo farne parte, cosa poteva esserci di più esaltante?
Ti faccio una domanda intima, forse non è il luogo giusto, se vuoi la tagliamo. Ma mi interessa. Come hai vissuto URMA l’anno scorso, e come pensavi che l’avresti vissuta prima di andarci?
Partiamo dalla fine, pensavo che l’avrei vissuta molto male, anzi malissimo, e vista la mia tendenza alla malinconia non è stato nemmeno semplice decidere di parteciparvi. In realtà poi ne sono stato felice e credo che tutto sia andato come doveva andare, anzi, anche meglio. C’era tanta gente che non c’entrava niente? Può essere, ma io ho ritrovato diverse persone con cui mi sono sento affine e ho passato due giorni con loro tra mille chiacchiere, cucinando, correndo, ridendo, non potevo chiedere di più.
E come pensi che la vivrai quest’anno?
Emotivamente non ne ho idea, per il resto non è che sia propriamente famoso per l’organizzazione. Diciamo che se mi dai un weekend libero e il serbatoio del van pieno io sono già mezzo soddisfatto in partenza.
Cosa ti manca?
Preferisco non rispondere.
Passo Zebrù, luglio 2020.
Abbiamo provato Translagorai insieme la prima volta. Giornata assurda. Cosa ti ricordi?
Per me è stata una bellissima cosa, me la sono goduta dall’inizio alla fine, compreso quel sottile brivido di quando sai che stai facendo una mezza cazzata ma ne sei cosciente e la cosa ti diverte. Il fatto che avessi deciso di fare questa corsa senza sapere che dietro ci stava Paco è stata forse la cosa più assurda. Per il resto ho un ricordo nitido e bellissimo di una giornata sospesa senza tempo, ti sarò sempre grato per averla condivisa, da solo sarei ancora lì a vagare in qualche canalone.
Grazie Giulio
"Forse la coppia più assurda che abbiamo visto finora. In bocca al lupo Giulio Repetto e Filippo Caon!"
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Gennaio e Febbraio non li ho mai capiti come mesi. Sarà che io gli Acquario e i Pesci non li ho inquadrati bene e sarà che il freddo mi porta a un letargo sociale incredibile. Fatto sta che come la metti, in questi due mesi perdo le relazioni, ma non mi va di vedere bene il motivo, poi in estate ci penso.
Ho aperto un sito (www.hiraparadise.it che poi è il nome di instagram) e dentro ci voglio mettere disegni, quadri e foto. Al momento sto recuperando le robe fatte negli anni e poche non sono. Questa settimana ho fatto 11 quadri con lo smalto. 32x45. Ci metteranno un mese per asciugare. Ho comprato 2 rullini per la macchina fotografica da un sito tedesco, io che di analogico non ci capisco un tubo. Sono uscite le foto che qualche sabato fa mi ha fatto una collega (che poi fa foto bellissime in analogico), il commento più bello è stato "hai un culo fotogenico" perché erano foto di nudo.
Anche in piena pigrizia e in piena confusione emotiva, le cose le faccio, però cose per me, che la maggior parte delle volte sono inconcludenti. A sentir parlare i miei, gli amici, i professori, io sono uno che le cose non le fa, che poi è vero, le cose che faccio, le faccio per me, poi se avanzano tempo e forze, faccio per altri.
Preso dalla tesi e dall'apertura di Word, ho sistemato quella cosa che era il BLA, che è tipo un libro che ho scritto due anni fa (oh se volete, ve lo mando). Poi ieri notte ho scritto la sinossi e l'ho mandata a Fazi editore perché aveva la candidatura aperta. Vabbè non risponderanno, si sa, però se ci penso nella biografia che chiedevano ho scritto "al momento sono disoccupato perché non ho ancora preso il titolo di dottorato, e quindi vivo nel magico mondo del precariato", come a dire "sono disperato, aiutatemi voi".
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Un anno di Meloni ed eccoci qui.
Come fa la gente ad andare avanti? Stando ai dati ufficiali (Isee, dichiarazioni dei redditi etc.) il 70-80% degli italiani è più povero di me.
Ho uno stipendio decente, insomma, forse anche superiore alla media, non ho mutui o affitti o debiti da pagare etc.etc.
Eppure ormai ce la faccio a stento. Ogni mese le entrate coprono a stento le uscite. Oggi una bolletta un po' più alta del previsto, ma tutto sommato parliamo di questioni di decine di euro, comunque inattesi, mi ha provocato un senso di ansia e di disagio che non provavo da molto tempo, per faccende economiche.
Intorno, sento sempre più persone inventarsi secondi lavori o comunque tentare di aumentare le entrate facendo straordinari su straordinari.
Questo governo è in carica da un anno e, fra tante cose che sono evidentemente peggiorate (una per tutte: la sanità pubblica, che sta rapidamente avviandosi al fallimento), una è indubbia: gli stipendi sono praticamente fermi, mentre tutto costa sempre di più.
Agli italiani però sembra andar bene così, l'importante era avere al governo qualcuno che sa sempre indicare un colpevole con cui prendersela. I percettori di redditi di cittadinanza, i giovani che frequentano i rave, i migranti che ci invadono, "l'Europa", i comunisti. Nemmeno gli alieni delle remote galassie la faranno franca.
In mancanza di soldi, pagheremo pane e salame con gli slogan vittimisti e le fotocopie dei libri di Vannacci e Sallusti.
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